Movimento dei Focolari
Teresa d’Avila e il carisma dell’unità

A onça eu engoli inteira

A-onça-eu-engoli-inteiraA Onça eu engoli inteira é uma fábula muito divertida que conta as peripécias de um grupo de animais (uma onça, um macaco, uma capivara, um jacaré, um tuiuiú e um tamanduá) que se reuniu para tentar desvendar o mistério que envolve a árvore Pau-Brasil, uma das mais antigas da floresta. Todas as vezes que algum animal se aproximava do Pau-Brasil, era aterrorizado por uma voz sinistra que os ameaçava dizendo: ―A onça eu engoli inteira, a capivara eu parti ao meio, o jacaré eu fiz em pedaços e o macaco está no meu papo… Todas as evidências apontavam para a existência de um monstro invisível que resolvera se apoderar da floresta. Para enfrentá-lo, o grupo precisaria reunir suas melhores habilidades, muita astúcia e coragem. Depois de muitas trapalhadas, sustos e traquinagens, os animais irão se surpreender quando estiverem cara a cara com tal monstro invisível. Por que ler Um livro recheado de virtudes, valores e sentimentos que podem ajudar as crianças a assarem ela fase de socialização na vida escolar e até mesmo em casa, na convivência entre irmãos e parentes. Ao se identificarem com as características, habilidades e anseios dos animais da fábula, as crianças percebem rapidamente que por trás de uma ação existem consequências boas e ruins, reações inesperadas, sentimentos contraditórios e ações surpreendentes relacionadas ao respeito, amizade, compaixão, união e ao senso de equipe. Com um projeto gráfico primoroso, ilustrações em xilogravura e muito humor, A Onça Eu Engoli Inteira é uma excelente oportunidade de iniciar com as crianças uma boa reflexão sobre o comportamento social nos dias de hoje. Editora Cidade Nova

Teresa d’Avila e il carisma dell’unità

Ao lado de João Paulo II

Organizado pelo jornalista polonês Wlodzimierz Redzioch e lançado originalmente na Itália em março de 2014, o livro reúne 21 breves entrevistas de amigos colaboradores estreitos de João Paulo II. Dentre os depoimentos, destaca-se a entrevista exclusiva concedida pelo papa emérito Bento  XVI. Nas “confidências” dos entrevistados emergem os traços marcantes de um grande líder, bem como episódios do seu cotidiano, colocando juntos um homem culto e inteligente, afetuoso e humilde, místico, bem-humorado e atentíssimo aos problemas do ser humano, dos povos e do planeta. Por que ler João Paulo II foi uma das personalidades mais marcantes do século XX e início do século  XXI. Em 27 anos como papa da Igreja Católica, destacou-se não apenas como líder religioso, mas também como líder civil. Segundo analistas, o “papa polonês” foi determinante na queda do comunismo em seu país e em toda a Europa Oriental, mudança política acontecida de maneira pacífica. Tendo visitado praticamente todos os países do mundo, em seu desejo de ir ao encontro das pessoas, foi um perspicaz intérprete do homem da crise da modernidade, insuflando-lhe esperança e confiança. João Paulo II foi reconhecido “Homem do Ano” pela revista Time (1994) e como santo pela Igreja Católica (2014).Na abundância de publicações sobre João Paulo II, o presente livro diferencia-se por falar do papa a partir daqueles que privaram de sua convivência íntima até por décadas, transmitindo suas memórias com grande afeto e calor. Maiores informações: Editora Cidade Nova (11) 4158-8890 / 4158-8893 comunicacao@cidadenova.org.br

Dio e Cesare

Dio e Cesare

Il volume offre un originale e stimolante contributo al dibattito attuale sulla secolarizzazione. Il termine è oggi presentissimo nel dibattito culturale italiano, utilizzato in un’accezione negativa come progressiva “scristianizzazione” della società e cultura occidentali. In realtà il termine presenta una grande varietà di significati. Si può intendere come contrapposizione tra religione e ragione, tra dogma e verità scientifiche. L’uomo non solo “fa a meno” di Dio, ma si propone di “cancellarlo”. Si può anche intenderlo come un fenomeno interno alla civiltà cristiana in cui si assiste ad una progressiva emancipazione dalla visione cristiana della società, della vita, della politica. Un terzo approccio, positivo, rilegge il momento della Creazione come inizio del processo di secolarizzazione, intesa come autonomia rispetto al Creatore delle realtà create, secolari. L’incarnazione di Dio in Cristo conferma la positività dell’accezione cristiana del termine: fenomeno dunque dell’incarnarsi di principi di verità rivelata nella storia; principi di verità che si fanno saeculum al punto che se ne perde progressivamente la consapevolezza delle origini cristiane. Seguendo questa prospettiva, il volume offre un originale e stimolante contributo al dibattito attuale
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Filippine, sentirsi a casa

20141013-01«Chiara Lubich ci ha lasciato come eredità lo spirito di famiglia, essendo aperti all’umanità. Questa è la “magna charta” della nostra comunità locale a Dumaguete, nella regione centrale di Visayas, nelle Filippine. Non sono mancate le occasioni per sperimentarlo. Ci è stata comunicata la situazione di una madre e un bambino che avevano bisogno di una casa, per un tempo indeterminato. Abbiamo aperto la nostra, senza pensare alle conseguenze. Per essere il più possibile accoglienti abbiamo preparato tutto, studiato un po’ la cultura del loro Paese di origine. Dopo un mese dal loro arrivo ci siamo accorti che era una grande sfida, abbiamo dovuto cambiare tante abitudini. Entrambi portavano con sé il disagio dell’esperienza precedente. La madre, agitata e piena di odio, dubitava dell’amore di Dio. Il bambino era sempre più irrequieto, violento e capriccioso. Quando la situazione è diventata impossibile da sostenere abbiamo rivolto il nostro sguardo a Gesù crocefisso, che ci sembrava dicesse: “ Se non mi amate voi, chi mi amerà?”. Questo ci ha dato coraggio per andare avanti. Capivamo che dovevamo metterci in dialogo con loro per amare più concretamente. Cucinando ad esempio i piatti preferiti, o svolgendo le attività più adatte. Ci sembrava importante che il bambino frequentasse la scuola e la mamma trovasse un lavoretto. Così, ci siamo dati da fare: ciascuno ha offerto suggerimenti per il lavoro, e attraverso una comunione dei beni abbiamo fatto fronte ad alcune necessità, come la divisa per il bambino. Alcuni hanno fatto i turni per stare con lui quando la mamma era al lavoro. Questo ha portato tanta gioia fra tutti. Invitati ai compleanni e alle feste dei membri della comunità, mamma e figlio hanno trovato una cerchia di amici e poco dopo hanno detto di sentirsi a “casa”. Con il tempo,  attraverso l’amore di tutti, hanno cominciato a riconoscere l’amore di Dio; la madre ha avuto l’opportunità di cominciare una nuova vita, affittando un appartamento – che abbiamo arredato insieme – e trovando una sua autonomia. Un altro episodio ci ha visti accanto a una coppia, quando al marito è stato diagnosticato un tumore in stadio avanzato. Solo la moglie aveva un reddito stabile, ma subito si sono impoveriti, quando hanno iniziato la cura. La comunità ha cercato di amarli concretamente: non è stato solo contribuire con denaro, ma anche con il proprio tempo e la conoscenza su come prendersi cura di un ammalato come lui. Quando era già costretto a letto, le sorelle delle Suore di San Francesco della Congregazione dei poveri si sono offerte di portargli la Comunione ogni giorno. Abbiamo vissuto tutta la vicenda con la coppia fino all’ultimo. Durante la cerimonia funebre, la comunità si è fatta carico delle funzione, dei preparativi della Chiesa e del funerale. Si sentiva forte il senso della famiglia. Un’amica di nostra figlia è venuta da noi mentre alcuni, giovani e adulti insieme, stavano preparando un’attività. È stato qualcosa di nuovo per lei, vedere come una persona adulta dà molto rispetto e credibilità alle idee dei giovani, cosa non comune nell’ambiente dove è cresciuta. Ci ha raccontato che prima di incontrare le gen (giovani del Movimento), la sua vita “era un disastro”. Non prendeva sul serio la scuola e faceva uso di droghe. A un certo punto mia figlia, che è la sua migliore amica, si è trasferita per studio in un’altra città, ma le gen hanno continuato a starle vicino. Noi l’abbiamo accolta in casa, e pian piano ha cominciato a cambiare, fino a migliorare il rendimento scolastico e cessare l’uso di droga». (altro…)

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Olanda: occidente e libertà

20141010-01«In Olanda non ci sono le guerre, non c’è la povertà come in altri paesi del mondo, non abbiamo i disastri naturali né la persecuzione dei cristiani o di altri popoli. Viviamo in un paese libero in cui possiamo fare e dire quello che vogliamo. E forse questa libertà era in quel momento il mio nemico più grande». Comincia così il racconto di Laura, una giovane olandese che ha partecipato attivamente alla realizzazione della 35ª Giornata nazionale per i giovani cattolici dell’Olanda. Un festival con musica dal vivo, stand, condivisione di esperienze: quest’anno, per la prima volta, i giorni sono stati 2, e sono stati ospitati dalla cittadella dei Focolari a Marienkroon (Nieuwkuijk), in un paesaggio suggestivo tra i boschi. Erano 700 i giovani arrivati lì nel weekend del 28 e 29 giugno. «È stato un festival proprio bello, pieno di gioia e sole, molto informale – continua Laura – Le band suonavano, qualcuno mangiava zucchero filato o partecipava ad un workshop, c’era sempre qualcosa da fare o sperimentare». Durante la preparazione, la tv nazionale Talpa, contatta gli organizzatori. Si tratta di partecipare a un reality in cui un attore e un cantante visitano diversi gruppi in Olanda che condividono una passione o uno stile di vita. Trascorrono un po’ di tempo con loro, interviste e una cena per dire grazie. Quando hanno sentito parlare di questo festival per i giovani cattolici, hanno chiesto di passare il fine settimana con loro. «In questo periodo di grande critica nei confronti della Chiesa cattolica in Olanda, ci sembrava che questa poteva essere un’opportunità grande per mostrare a tutta la nazione una chiesa giovane, vivace e piena di forza e coraggio. Allo stesso tempo avevamo un po’ di timore, non sapendo come le interviste sarebbero state modificate per la trasmissione finale». Vengono scelti tre giovani da intervistare durante il festival, tra questi anche Laura: «Durante le conversazioni precedenti all’intervista finale, ho capito che volevano creare un’immagine di un giovane cattolico secondo un preciso stereotipo: noioso e con una visione limitata sul mondo. Domande sui rapporti pre-matrimoniali, su vivere e predicare il Vangelo, sui pregiudizi che esistono nella Chiesa oggi e le scelte che stavo facendo nella vita in quel momento. Ci ho dovuto pensare qualche giorno prima di accettare l’invito. Tanti pensieri mi giravano in testa: ‘Non si sa chi guarderà questo programma. Forse i miei amici dell’università, i vicini di casa, professori, persone che non mi accettano a causa della mia fede’. Ero sicura che con questa intervista avrei trasmesso una certa immagine di me a tutto il Paese, l’immagine di una ragazza che dedica la sua vita alla Chiesa e alla costruzione di un mondo unito. E questo non mi lasciava tranquilla. Ho dovuto fare un passo grandissimo per superare questa paura di rivelare la mia anima, i miei ideali, davanti ad un pubblico di un milione e mezzo di persone. Alla fine ho detto di sì. L’intervista è andata molto bene. Ci saranno le persone che vedranno l’intervista e faranno commenti negativi o non vorranno più rimanere in contatto con me. Però l’Amore intenso e infinito che sento dentro di me per essere rimasta fedele a Dio e al suo piano su di me come giovane cattolica mi dà una grandissima gioia. Non avrei potuto dare una testimonianza più grande della mia fede e della mia passione per un mondo unito». (altro…)

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15 días con Pablo VI

pabloVI_webContenido: El pontificado de Pablo VI (1963-1978), sucesor de Juan XXII, es inseparable del Concilio Vaticano II, tanto en su desarrollo como en su inmediata aplicación, El papa Montini tomó el nombre  y el espíritu de san Pablo, apóstol de las gentes, viajero y predicador infatigable del Evangelio, escritor inspirado y prolífico, místico enamorado de Cristo. Según el cardenal Poupard, tres palabras resumen bien su programa: conciencia, renovación y diálogo de la Iglesia con el mundo. Antes de hablar hay que escucharla voz y el corazón del hombre; comprenderlo y respetarlo; y allí donde lo merezca, ir por su mismo camino (Ecclesiam suam, 33). En un tiempo convulsionado, Pablo VI renovó la liturgia y la curia, predicó el anuncio universal del Evangelio, trabajó por la unidad de los cristianos, el diálogo con los no creyentes, la paz y la solidaridad. Datos del autor:  El cardenal Paul Paupard, presidente emérito del Pontifício Consejo de la Cultura, trabajó em la Secretaría de Estado hasta 1971 y conoció muy de cerca de Pablo VI.  Grupo Editorial Ciudad Nueva – Buenos Aires

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¡Sed santos!

Pablo6Preparado por: Juan Gil Aguilar y Ana Hidalgo Sinopsis: Beatificación de Pablo VI Este libro nos ofrece una selección de escritos del papa Pablo VI (1963 a 1978) entresacados de sus discursos, homilías y alocuciones y que demuestran, en palabras de su sucesor Francisco, «tres aspectos fundamentales que nos testimonió y enseñó: el amor a Cristo, el amor a la Iglesia y el amor al hombre: actitudes fundamentales, pero también apasionadas, de Pablo VI. […] Su testimonio alimenta en nosotros la llama del amor a Cristo, del amor a la Iglesia, del impulso a anunciar el Evangelio al hombre de hoy con misericordia, con paciencia, con valentía y con alegría». Editorial Ciudad Nueva – Madrid  

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Argentina, mille giovani per una pazzia

FJ08Un falò con le maschere di un carnevale fuori stagione. È il gesto simbolico con cui si conclude la festa dei giovani alla Mariapoli Lia lo scorso 28 settembre. Una giornata attesa da tempo e preparata con cura dai giovani che vivono un’esperienza di fraternità nella cittadella argentina dei Focolari. “Vediamo molti problemi nel nostro mondo, e qualcuno aspetta che siano gli altri a cercare soluzioni. Qui siamo 90 giovani di 20 Paesi che hanno deciso di non aspettare più. Vogliamo essere i protagonisti di questo cambiamento, e abbiamo scoperto la ricetta: lavorare per costruire l’unità della famiglia umana”. Esordiscono così, dal palco della festa, i giovani organizzatori, rivolgendosi ai 1000 giovani che hanno raccolto il loro invito. Provengono dall’Argentina, Paraguay, Uruguay e Brasile. I 400 che vengono dalle città più lontane arrivano già dal giorno prima: approfondiscono lo stile di vita della cittadella con varie attività: visite guidate nei vari posti di lavoro, le piccole aziende dove ciascuno si impegna mettendo a frutto i propri talenti. E la sera, la prima proposta shock: una notte senza alcol, ma con musica, ballo, coreografie nel miglior stile giovane, e… la risposta è entusiasta! FJ02La mattina presto arriva un saluto inatteso, col quale l’impegno di ciascuno risulta potenziato da un appoggio di dimensione mondiale. Al Centro Mariapoli di Castelgandolfo (Italia) l’Assemblea dei Focolari volge al termine e la presidente Maria Voce saluta le persone sparse in tutto il mondo durante una diretta internet: «Permettetemi che oggi faccia un saluto speciale. Mi riferisco ai giovani della Mariapoli Lia, in Argentina, che stanno per cominciare la Festa dei giovani. Siamo tutti con loro, perché possano esprimere la loro gioia e coinvolgere coloro che parteciperanno, nel tema che hanno scelto: “Vivamos esta locura”, viviamo questa pazzia». FJ07Pazzia che fa da sfondo a tutta la manifestazione. Maschere e colori da tutte le provenienze e un sole splendente creano il clima ideale per l’inizio della festa. All’improvviso irrompe una murga (gruppi teatrali caratteristici dell’Uruguay) che invade la scena, e da lì escono i vari personaggi che danno vita a canzoni, danze o pezzi teatrali. Alcuni portano le proprie testimonianze sull’essere autentici nelle desisioni prese, su come vivere il momento presente e fare una scelta decisa di Gesù come Ideale della vita. E continuano: “Da pazzi quali siamo, viviamo qui, nella Mariapoli Lia, e cominciamo un cammino che ci porta alla fraternità, dedicando un anno della nostra vita per vivere, nel concreto, l’amore di cui parla il Vangelo, un amore pronto a dare la vita fino alla fine”. “È esattamente questa “pazzia dell’amore” che si può donare quando si cerca di accogliersi così come siamo, togliendo le maschere che ci fanno essere solo “uno in più” in una moltitudine senza forma”. Dopo questa proposta audace si va avanti con momenti di preghiera, giochi, workshop per concludere dando fuoco alle maschere che ciascuno aveva ricevuto all’arrivo. Un invito a portare nei posti dove ciascuno vive, studia, lavora, la “locura”: la pazzia sperimentata in questo giorno di festa. (altro…)

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La comunicación en la pareja

familia_comunicacion_WEBContenido: Nos gusta pensar la historia de una pareja como un viaje. En un determinado momento llega al andén el tren del amor. Se parte de la mano. El deseo es llegar a destino “juntos”. Al momento de la partida, el cielo está despejado y hay sol. Con el tiempo, el escenario cambia: señales de lluvias, hielo, nieblas. Puede haber tempestades imprevistas. El sol reaparece a ratos. Después, aparecen nuevamente las nubes. A veces se tiene la impresión de que ese “sí, para siempre” ya no tiene sentido y que la única solución es bajarse del tren, quizá tomar otro con la esperanza de que el cielo se mantenga despejado. Pero uno de los límites de la condición humana es que las variaciones atmosféricas, relacionadas con los acontecimientos de la vida, nos son previsibles. Entonces, el desafío es saber si esas manos pueden seguir abrazándose para siempre. Este libro es el fruto de muchas relaciones. Mientras te dispones a leerlo, estás recorriendo el tramo de tu propio viaje. Quizás esté soleado, quizá con nieve o estés en medio de una tormenta… De todas formas, se trata de un momento único, irrepetible. También nosotros nos estamos encontrando contigo y ¿qué sucede en un encuentro? Salimos recíprocamente cambiados, ya no somos los mismos de antes. Deseamos que la lectura de estas páginas pueda abrir la puerta a un nuevo diálogo entre nosotros, contigo mismo, con la persona que está a tu lado, que pueda reflorecer la esperanza debilitada, que puedas descubrir o redescubrir la belleza y la singularidad del “viaje” que están haciendo juntos… Los autores: Rino Ventriglia es neurólogo, psicoterapeuta, analista transaccional docente y supervisor, desde siempre apasionado por el ser humano. En 2003 dio vida al Centro Logos, centro de formación que se inspira en los valores propuestos por la cultura de la unidad de Chiara Lubich y de la filosofía del okeness del Análisis Transaccional. Es director de la Escuela de Psicoterapia de la escuela analítico-transaccional psicodinámica de la ciudad de Caserta. Enseña Psicología de la Relación en la Facultad Teológica de Capua. Ha publicado numerosos artículos en revistas nacionales e internacionales de psicoterapia. Rita della Valle es ginecóloga, sexóloga, docente del Método Billings, y desde hace muchos años está comprometida en el campo social. Desde 2005 es vicepresidente del Consultorio Familiar de la Diócesis de Capua. En estos años ha conducido numerosos congresos sobre sexualidad. Su pasión: el Ideal de la unidad propuesto por Chiara Lubich. Juntos, desde hace muchos años, están comprometidos en el Movimiento Familias Nuevas de los focolares. Con algunas familias de ese movimiento siguen, en particular, a las parejas deseosas de fortalecer su relación a través de seminarios que se realizan en Loppiano (Florencia, Italia). Participan como expertos en temas de comunicación y de afectividad en congresos para novios, parejas y familias. Siguen, en su región, parejas de separados en una nueva unión. Grupo Editorial Ciudad Nueva – Buenos Aires

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5 Steps to Great Parenting

5_steps_to_great_parenting_frontAbout this Book After raising 5 children Rowley sat down and helped by his wife JoAnn, does a wonderful job communicating some very simple yet extremely important ideas for raising a family. As a result, his thoughts, intuition, and experiences unfold in a way that feel like a conversation around the kitchen table. Available from New City Press (NY)

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Dalla Polonia: “Il mio primo anno a Sophia”

Małgorzata Szwarc (a sinistra) con due colleghe

Małgorzata Szwarc (a sinistra) con due colleghe

Intervistiamo Małgorzata, per gli amici, Gosia, a Loppiano, luogo dove si sviluppa “la cultura delle relazioni”,  come ha ricordato papa Francesco nel suo recente video messaggio in occasione dei primi 50 anni della sua fondazione: “c’è un urgente bisogno, infatti, di giovani di uomini e donne che, oltre ad essere opportunamente preparati nelle varie discipline, siano al tempo stesso, impregnati della sapienza che sgorga dall’amore di Dio”. Quali sono i tuoi primi ricordi del tuo arrivo allo IUS, un anno fa? “Quando sono arrivata a Sophia sapevo solo dire ‘Mi chiamo Gosia e vengo dalla Polonia. Imparare l’italiano non è stato uno scherzo…. La sera quando le altre andavano a dormire, restavo a studiare. Ricordo che spesso sentivo parole che in polacco hanno un altro significato e rimanevo confusa. Cosa metteresti in evidenza per uno studente appena arrivato? “L’aspetto dell’esperienza a Sophia di cui sono più contenta (e che non mi aspettavo!) è l’intensità della vita nelle residenze: è la lezione più arricchente e concreta sull’ascolto e sul dialogo che ho ricevuto. E il primo passo è saper dimenticare se stessi per accogliere l’altro, per riuscire a vivere quello che studiamo nei corsi. In aula siamo concentrati verso il contenuto delle lezioni, ma nelle residenze questa scelta è necessaria per riuscire a far convivere abitudini, culture e pensieri molto diversi”. Qualche esempio? Si fanno tante cose: si prepara da mangiare, si fanno le pulizie, c’è il tempo per fare tante belle conversazioni e ovviamente si studia. Poi ci sono anche i momenti di relax, come feste o vedere un film. La vita insieme comporta un confronto su tutto e ci sono anche situazioni difficili, incomprensioni. Ma è attraverso questi momenti che siamo cresciute insieme, dove abbiamo imparato ad accoglierci come siamo.” Cos’ha voluto dire per te trovarti a vivere all’estero? “Il fatto che Sophia sia in Italia, mi ha aiutato a cercare la mia identità. Il confronto con gli altri mi ha portato a chiedermi se le mie abitudini e le mie caratteristiche sono ciò che ho scelto di essere o solo la somma delle tradizioni e delle convinzioni che il posto dove sono cresciuta mi ha trasmesso: ad esempio la fede che, in un paese molto cattolico come la Polonia, è un aspetto importantissimo. Ancora non ho trovato tutte le risposte, forse ci vorrà tutta la vita, ma ho ancora un anno intero da vivere a Sophia!” Quali sono stati i corsi che ti hanno interessato di più, e perché? “Soprattutto i corsi dell’area teologica e dell’area etica e sociologica (come “Antropologia ed etica della persona” ed “Etica della vita professionale”). Lungo ciascuno di questi percorsi, ad un certo punto c’era qualcosa che mi toccava profondamente, che potevo provare a fare entrare anche nella mia vita quotidiana. All’inizio non capivo bene il significavo del titolo rilasciato dallo IUS: “Fondamenti e prospettive di una cultura dell’unità”, ma dopo un anno so che quelle parole non sono lì per caso. Sono stati importanti anche i corsi di Economia. Per la prima volta ho compreso che i beni non devono essere solo moltiplicati, acquistati o venduti, ma possono essere condivisi, secondo la logica di una economia di comunione.” Pensi che questo percorso offra una qualificazione adeguata alle domande della società? “È difficile rispondere perché le domande cambiano di continuo mentre si cercano le risposte. Ma Sophia ti apre la mente. E con una mente aperta spero di poter capire meglio ciò che caratterizza la mia società, ciò che è al cuore delle relazioni tra le persone, per poter incidere su di esse. Penso che un frutto sostanziale che porterò con me sarà la ricerca della condivisione.” Fonte: intervista a Małgorzata Szwarc, Polonia – “Il mio primo anno allo IUS” (altro…)

Mi aiuti a crescere?

Mi aiuti a crescere?

Come aiutare bambini e adolescenti a conquistare una crescita serena, una personalità solida e una relazionalità sana. L’infanzia e l’adolescenza: momenti della vita appassionanti per le continue scoperte e novità, ma anche “segnati” da grandi contraddizioni e disagi, psicologici e relazionali. Nel volume gli Autori si mettono in ascolto dei bambini e degli adolescenti cercando di capire le situazioni che provocano loro dolore, distinguendo il loro modo di “soffrire” e chiedere aiuto quando si trovano nell’ambiente familiare e il disagio che esprimono quando si trovano a contatto con il mondo esterno. Città Nuova ed.
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LoppianoLab 2014, un bilancio

20141006-01Economia, gender, educazione, famiglia, immigrazione e intercultura, gioco d’azzardo, riforme e partecipazione politica; imprese che “prediligono” i poveri al profitto: sono tra i temi toccati nei 15 laboratori di LoppianoLab, dal 3 al 5 ottobre. Sulla questione del gender, si è dato spazio non solo alla riflessione sulla scottante problematica, ma soprattutto alla condivisione di storie, dolori, esperienze, nello sforzo di stimolare il dialogo tra le diverse sensibilità. Riguardo al gioco d’azzardo, si è parlato delle oltre 60 città raggiunte dal Movimento Slotmob, in sostegno agli esercenti di bar e luoghi pubblici che hanno rifiutato le slot machine, numerose le iniziative sociali e culturali per il risanamento di persone, luoghi e comunità da questa piaga. Sul fronte economico, la Virtual Expo e la Convention di Economia di Comunione hanno permesso di disegnare una vera e propria mappa nazionale delle aziende che aderiscono al progetto EdC. Inoltre, al Polo Lionello Bonfanti, è in partenza il progetto “La Toscana verso Expo 2015” in collaborazione con la Regione Toscana: una serie di eventi preparatori sui temi del bene comune, della biodiversità e forme d’impresa, dell’economia civile e della felicità pubblica. 20141006-05Una Workshop School di EdC, un Seminario delle Scuole di Formazione Politica promosse dal Movimento Politico per l’Unità, e le proposte dell’Istituto Universitario Sophia, hanno sottolineato l’impegno dei numerosi giovani presenti a LoppianoLab a costruire reti trasversali sul territorio non solo con le istituzioni e la politica, ma anche con il mondo imprenditoriale e del lavoro. «Solo una società in cui tornare a fidarsi l’uno dell’altro può definirsi correttamente civile; solo allora potremo dirci l’un l’altro: ‘non importa da dove vieni, purché si possa andare avanti insieme’», ha affermato Luca Gentile, direttore editoriale di Città Nuova. 20141006-02Una partecipazione inattesa nei 3 giorni di LoppianoLab: 3.000 sono, infatti, le presenze registrate. Tra queste, il premier Matteo Renzi, che ha fatto tappa nella cittadella dei Focolari nel corso della festa per il 50° per «portare la stima, l’amicizia, la vicinanza di tutte le istituzioni italiane». Il Presidente del Consiglio ha riportato l’attenzione su tre tematiche: l’unità, prima di tutto, che definisce «scelta politica con la “P” maiuscola», «una grande sfida politica che nasce da una straordinaria intuizione». Il Polo imprenditoriale e la scommessa dell’Economia di Comunione, che costituiscono «un nuovo modello per l’economia, un paradigma economico per il nostro tempo», in cui «c’è bisogno di riflettere su come la crisi ha cambiato il nostro sistema produttivo e occupazionale». Infine, ricordando la definizione di Loppiano dello scienziato Ugo Amaldi («Città della fiducia»), Renzi ha sottolineato quanto oggi ci sia bisogno di fiducia: «Fiducia venuta meno ormai non solo nelle relazioni interpersonali, ma soprattutto nel futuro». Mentre accoglienza, dialogo e cura dell’istruzione per generare il bene comune – non solo dell’Italia, ma dell’umanità – sono i punti emersi nel video messaggio di papa Francesco, vera sorpresa per gli abitanti della cittadella e tutti i partecipanti a LoppianoLab, con il suo augurio a «guardare avanti e puntare in alto con fiducia, coraggio e fantasia».


Foto su Flickr: www.flickr.com/photos/sif_loppiano/15436576965/ Rivedi la diretta http://vimeo.com/album/2594769/video/108039234 (altro…)

Video messaggio di papa Francesco per il 50° di Loppiano

http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=L7HYXR8mrNo


«Cari fratelli e sorelle abitanti tutti di Loppiano, buonasera. Con voi saluto anche tutte le persone che oggi popolano la cittadella voluta da Chiara Lubich, ispirata al Vangelo della fraternità – quella fraternità universale – e coloro che da ogni angolo del mondo sono collegati e partecipano alla festa per i primi 50 anni della sua fondazione. Loppiano è una realtà che vive al servizio della Chiesa e del mondo, per la quale ringraziare il Signore; una cittadella che è testimonianza viva e efficace di comunione tra persone di diverse nazioni, culture e vocazioni, avendo anzitutto cura nel quotidiano, di mantenere tra voi la mutua e continua carità. Sono contento che abbiate scelto per questa vostra ricorrenza il giorno in cui in tutta la Chiesa si festeggia San Francesco di Assisi, testimone e artefice di pace e fraternità. È una felice coincidenza anche per me, davvero. Gli abitanti di Loppiano, quelli che vivono stabilmente e quelli che vi trascorrono un periodo di esperienza e di formazione, vogliono diventare esperti nell’accoglienza reciproca e nel dialogo, operatori di pace, generatori di fraternità. Proseguite con rinnovato slancio su questa strada, vi auguro che sappiate restare fedeli e possiate incarnare sempre meglio il disegno profetico di questa cittadella fiorita dal carisma dell’unità proprio 50 anni fa. Vivere questo in sintonia profonda con il messaggio del Concilio Vaticano II che allora si stava celebrando, il disegno cioè di testimoniare, nell’amore reciproco verso tutti, la luce e la sapienza del Vangelo. Loppiano scuola di vita, dunque, in cui vi è un unico maestro: Gesù. Si, una città scuola di vita per far ri-sperare il mondo, per testimoniare che il Vangelo è davvero il lievito e il sale della civiltà nuova dell’amore. Ma per questo, attingendo alla linfa spirituale del Vangelo, occorre immaginare e sperimentare una nuova cultura in tutti i campi della vita sociale: dalla famiglia alla politica, all’economia. Cioè la cultura delle relazioni. Principio della sapienza è il sincero desiderio di istruzione, la cura dell’istruzione è amore. Non è un caso che a Loppiano abbia sede, da qualche anno, l’Istituto Universitario Sophia eretto dalla Santa Sede. C’è un urgente bisogno, infatti, di giovani, di uomini e donne che, oltre ad essere opportunamente preparati nelle varie discipline, siano al tempo stesso, impregnati della sapienza che sgorga dall’amore di Dio. Cari amici, di cuore auguro, a Loppiano e a tutti voi, di guardare avanti e guardare avanti sempre, guardare avanti e di puntare in alto con fiducia, coraggio e fantasia. Niente mediocrità. Vi affido a Maria Theotokos, Madre di Dio, che vi accoglie tutti nel santuario al cuore della cittadella. E a voi chiedo di pregare per me. Vi saluto e vi benedico. Arrivederci».


Servizio della Radio Vaticana: Loppiano compie 50 anni. Il Papa: è testimonianza viva di fraternità (altro…)

Teresa d’Avila e il carisma dell’unità

7 modi per vivere una vita piena a 93 anni

20141006-011. Dare – Lo spazio che si occupa crescendo si restringe quando si invecchia, e sto costantemente eliminando le cose che una volta pensavo siano indispensabili. Recentemente, ho dato via qualcosa di cui poi ho avuto bisogno. Ma ho pensato che la persona potrebbe farne buon uso, e Dio avrebbe preso cura di me. Pochi giorni dopo ho ricevuto da qualcun altro esattamente la cosa che avevo dato via. Così ho deciso che il dare è uno stile di vita che non invecchia mai, e il centuplo è sempre nuovo. 2 Nuove amicizie – Tutti si preoccupano per i bambini quando iniziano la scuola e devono incontrare i nuovi compagni, ma nessuno pensa ad una novantenne che entrando in una casa per gli anziani dovrebbe ripartire da zero. Ho dovuto imparare ad ascoltare persone che possono pensare in modo molto diverso e capire quanto ognuno vuole essere amato. 3. Preghiera – Quando si invecchia diventa più facile aver tempo per pregare. Cerco di essere aggiornata su tutto ciò che accade e tengo un elenco d’intenzioni per cui pregare. Si potrebbe pensare che a 93 anni avrei potuto smorzare i difetti nel mio carattere, ma mi ritrovo a fare gli stessi sbagli che ho cercato di correggere tutta la mia vita. Ho imparato come ricominciare e rimettermi a vivere bene il momento seguente. 4. Salute – Sono cosciente che il mio viaggio si avvicina al suo completamento, per cui è meraviglioso essere ancora in grado di andare a fare ginnastica, a mangiare bene, riuscire a mettere le gocce negli occhi e prendere tutti i farmaci come prescritto. Ho un rapporto stretto con chi è già nell’aldilà, in Paradiso. Affido delle cose diverse a ciascuno e chiedo a loro di aiutarmi e di darmi la forza quando le cose sono un po’ dure. Ci vuole un vero e proprio atto di fede per credere nel valore della tua vita quando molti intorno vedono la cosa in modo diverso. 5. Armonia – Non ho bisogno di molti vestiti o mobili, ma cerco di mantenere in ordine quello che ho. Con la mia vista così scarsa, non sono sicura se i colori corrispondono, e potrei essere tentata di pensare: “Che importa?” Ma poi penso che anche a 93 anni, dovrei cercare di essere un’espressione della bellezza di Dio nel modo in cui mi vesto e nell’armonia dell’arredamento del mio appartamento. 6. Learning – Ho sempre voluto imparare nuove cose, così cerco di studiare i documenti del Santo Padre e guardare i DVD sul catechismo o su altri argomenti. Non praticherò mai più il mio lavoro d’infermiera, ma fa parte della mia vocazione il rimanere aggiornata sugli sviluppi nella mia professione: forse qualcosa che leggo potrebbe essere utile per qualcun altro. Amo la saggezza e prego spesso lo Spirito Santo di aiutarmi a non dire parole inutili. 7. Collegamenti – In passato cercavo di tenermi in contatto con altre persone inviando lettere o usando il telefono. Invece, i tempi sono cambiati, e se a 50 anni ho preso la patente di guida, ora ho dovuto imparare ad usare l’email per poter avere notizie e rimanere in contatto con tutti. Sto imparando poco a poco, perché finora so muovere il mouse solo in una sola direzione! La mia conclusione? Sì, è un po’ difficile avere l’età di 93 anni, ma questo non significa che non si può avere una vita piena e appagante.

Agatha O’Donnell

Fonte Living City (altro…)

Teresa d’Avila e il carisma dell’unità

Loppiano compie 50 anni

20141004-02È per le 19.00 ora italiana l’apertura ufficiale del 50° di Loppiano (FI), primo centro internazionale dei Focolari e luogo di sperimentazione permanente di uno stile di vita fondato sul dialogo e l’accoglienza interculturale. In video messaggio l’augurio di Papa Francesco ai cittadini di Loppiano e a quanti seguiranno l’evento. Ha confermato la sua partecipazione il presidente del Consiglio Matteo Renzi per l’amicizia che lo lega da anni alla cittadella, sin dai tempi del suo impegno politico in Toscana. L’evento, trasmesso in diretta streaming su loppiano.it e da TV2000 alle 22.30, segna l’inizio di un anno d’iniziative culturali, un percorso di conoscenza e diffusione dei valori che animano la vita di Loppiano e che hanno attirato fino ad oggi oltre un milione e duecentomila persone da tutto il mondo. Con i suoi attuali 800 abitanti di oltre 60 Paesi, Loppiano assume la fisionomia di un laboratorio interculturale permanente, al servizio della pace e dell’armonia tra i popoli. I primi 50 anni del Centro internazionale verranno ripercorsi attraverso interviste con i protagonisti della prima ora, contributi artistici internazionali, testimoni di tradizioni culturali e religiose non cristiane che, tornando nei propri Paesi, hanno tradotto quanto vissuto a Loppiano in azioni politiche, lavoro, modelli educativi nei diversi ambiti sociali e culturali. Le sinergie con il territorio e le istituzioni sono raccontate attraverso il contributo delle diverse componenti culturali ed economiche della cittadella e delle comunità locali. Conduce la serata l’attrice Barbara Lo Gaglio insieme agli attori Paolo Bonacelli e Fabrizio Bucci. L’intero evento è una co-produzione Centro Internazionale Loppiano – TV 2000. L’appuntamento s’inserisce nella cornice di LoppianoLab, laboratorio nazionale di economia, cultura, cittadinanza, comunicazione e formazione con il metodo e l’orizzonte della cultura dell’unità. È promosso dal Polo industriale Lionello Bonfanti, l’Istituto Universitario Sophia, il Gruppo Editoriale Città Nuova e la cittadella di Loppiano. Alle precedenti edizioni hanno partecipato complessivamente oltre 10.000 visitatori da tutt’Italia; oltre 200 le attività economiche che vi hanno preso parte; 32 i patrocini di Comuni, Province e Regioni Italiane nella sola edizione 2013. Tra gli ospiti già presenti quest’anno ci saranno anche i registi Pupi Avati e Fernando Muraca, il filosofo Umberto Galimberti, l’On. Anna Ascani, il direttore del quotidiano Avvenire Marco Tarquinio, il teologo Piero Coda, gli economisti Luigino Bruni e Benedetto Gui, il giornalista RAI Gianni Bianco oltre a rappresentanze politiche e istituzionali del territorio. Dirette streaming e Twitter 4 ottobre 2014 ore 9.30 – Convention Economia di Comunione (Polo Lionello Bonfanti) ore 10.00 – Laboratorio “Governanti e governati” (Auditorium Loppiano) ore 15.30 – Convegno centrale di LoppianoLab 2014 “Una mappa per l’Italia. Tra relazioni, lavoro, cultura” (Auditorium Loppiano) 5 ottobre 2014 ore 9.30 – Laboratorio “Ero straniero e tu…?” (Auditorium Loppiano) Cooperativa Loppiano Prima. Semi di un percorso di comunione (Sede Fattoria Loppiano – dal sito della cooperativa Loppiano Prima)


Logo_Loppiano_50esimoLink all’evento su focolare.org e Sito ufficiale di Loppiano: www.loppiano.it Per seguire LoppianoLab sui Social: Blog Facebook Twitter  @LoppianoLab Twitter: #50Loppiano L’evento verrà trasmesso in diretta streaming su loppiano.it e da TV2000 alle 22.30 (altro…)

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L’anima dell’Etiopia

  Con i suoi 98 milioni di abitanti, l’Etiopia è il secondo Paese più popolato del continente africano, dopo la Nigeria. Da quasi due decenni ha conquistato la pace dopo una terribile guerra con la vicina Eritrea, durata oltre 17 anni, e che ha messo in ginocchio i due popoli. Oggi è considerata il centro dell’Africa: vi ha sede l’Unione Africana e vi si giocano gli interessi di popoli interi. Ci sono tutte le ambasciate del continente e sono rappresentate 115 Nazioni extra-africane. A scrivere del viaggio è la giornalista Liliane Mugombozi, direttrice di New City Africa, invitata – insieme ad altri due focolarini – dal vescovo della diocesi di Meki, nel nord del Paese, dal 10 al 23 agosto scorsi. «Sono di ritorno dall’Etiopia dove, con Charles e Legesse, siamo stati invitati dal vescovo Abram. Ora per me, il Corno d’Africa non è più solo il terrorismo in Somalia o la dittatura in Eritrea; né l’Etiopia solo l’Aeroporto di Addis Abeba dove fare scalo nei miei voli per Roma. 20141003-01Ora Addis è per me il sorriso di quel ragazzo che mi ha aiutato a portare la valigia, è nello sguardo accogliente della suora che mi ha accolta presso il centro in cui ho potuto riposare prima di riprendere il viaggio l’indomani. L’ho trovata palpitante e viva in quel sacerdote che con premura mi ha introdotto nella realtà di questo popolo, in quella donna lebbrosa, stigma della società, in quel giovane desideroso di conoscermi. E ancora, in quel dolore appena sfiorato per i muri che ancora dividono la Chiesa Cattolica e Ortodossa. L’incontro con 4 vescovi, tra qui l’arcivescovo di Addis Abeba, Bernhaneyesus Souraphiel, ha avuto su di noi un forte impatto. La loro speranza nel contributo che i Focolari possono portare è grande. In quei giorni abbiamo potuto condividere, dal di dentro, la vita della piccola comunità cattolica: davvero un’esperienza edificante! La testimonianza evangelica dell’esiguo gruppo dei cattolici, raggiunge non solo i cristiani della Chiesa Ortodossa antica e diverse chiese pentecostali in crescita dappertutto, ma anche le altre presenze religiose del Paese, specie quella musulmana. 20141003-02Abbiamo trovato una Chiesa viva e impegnata, che ha  saputo farsi carità incarnata nelle strutture della società ai livelli: nell’istruzione, nella sanità, nell’agricoltura… in una società che cambia e si evolve a ritmi vorticosi. Camminando per le strade, passando tra la gente, si coglie un Paese che “vibra” su tutti i fronti: politico, sociale, nelle comunicazioni, con enormi possibilità di sviluppo. L’auspicio espresso dai vescovi è quello di “cercare la chiave d’accesso per entrare in questo mondo con i valori del Vangelo. La politica non basta, occorre fare la nostra parte. Da tanto tempo sentiamo che la Chiesa ha bisogno di laici formati. E voi siete tra questi… il Movimento dei Focolari qui deve essere coinvolto nella formazione dei laici…”. Ho ricordato le parole che Giovani Paolo II rivolse a Chiara Lubich, alcuni anni fa, invitandola a contribuire a «dare un’anima all’Europa». Anche le parole dei vescovi in Etiopia mi risuonavano così, come se ci dicessero «anche qui occorre dare un’anima a questo Paese». (altro…)

Teresa d’Avila e il carisma dell’unità

Vangelo vissuto: in famiglia

1517778_ArticoloRiconciliazione Anni fa mia madre e i suoi fratelli vendettero una proprietà. Uno degli zii, insoddisfatto della parte ricevuta, s’era opposto alla vendita di un rudere rimasto, rompendo ogni rapporto con gli altri. Considerando assurdo questo litigio per quattro pietre, sono andata a trovarlo con la mamma, portando in dono un libro sulla famiglia con delle esperienze positive. Con lo zio litigioso si è trattato soprattutto di ascoltare le sue ragioni, capire i motivi del suo rancore. Solo poco prima di andare via, ho potuto dirgli qualcosa sul valore della pace in famiglia. Con mia sorpresa si è offerto di accompagnarmi in auto al pullman e, nel salutarmi, ha abbracciato anche sua sorella che prima non aveva neanche salutata. M. F. L. – Italia Non sarebbe nata I genitori e le amiche la spingevano ad abortire. Ma lei, ragazza madre, sicura di poter contare su di noi, ha tenuto duro e ha dato alla luce Maria, una bambina bella ma gracile. Per cinque mesi ce l’ha affidata per completare i suoi studi all’estero. A volte ci chiedevamo se avevamo fatto bene: con nessuno dei nostri figli ci siamo dovuti svegliare tante volte di notte, nessuno è stato così ammalato come Maria! Ma poi un pensiero: senza la nostra disponibilità Maria non sarebbe neanche nata e sua madre chissà dove sarebbe finita. Quando è ritornata, i suoi l’hanno accolta. Un anno dopo si è sposata ed ora ha tre figli. F. Z.- Repubblica Ceca Solidarietà Da circa dieci anni sto vivendo con il babbo l’evolversi della sua malattia: al posto del negoziante del corso pronto alla battuta con tutti e del nonno orgoglioso dei suoi nipoti, c’è ora una persona dipendente in tutto dagli altri. Dopo l’iniziale ribellione da parte mia, che vedevo tutto il negativo della situazione, mi sono accorta che questa malattia ha messo in moto tanta solidarietà. Ci sono infatti persone che vengono a far compagnia alla mamma, i parenti si sono fatti più attenti e disponibili… E poi c’è la badante filippina che ha un ottimo rapporto con noi tanto da essere considerata una di famiglia: abbandonata dal marito, venire ad assistere il babbo le ha permesso di mantenere i suoi tre figli. N. B.- Italia Un filo d’oro I nostri figli avevano appena terminato gli studi superiori quando mio marito si è ammalato gravemente, lui che era forte come una roccia. È cominciato il suo calvario di degenze e debilitanti interventi chirurgici. Avendo come nostro unico sostegno Dio, Michele ed io ci siamo preparati al distacco ormai vicino. In un momento di confidenza tra noi, mentre il male lo tormentava, mi incoraggiava: «Se una donna meravigliosa. Sono fortunati i nostri figli ad averti per madre». E restituendomi l’anello nuziale, ha aggiunto: «Ti voglio bene, ti voglio bene per sempre. Ti aiuterò di più quando non apparterrò più alla terra». Quando Michele è morto è come se ci avesse portati con sé; nello stesso tempo lo sentiamo accanto a noi vivo come non mai. Un filo d’oro unisce il cielo la terra. L. S.- Italia (altro…)

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Birmania, Thailandia,Vietnam: la speranza dai giovani

20141001-03

I giovani di Yangon

L’amore per la libertà è uno dei messaggi più forti che ci arriva dal popolo birmano, anche attraverso la figura della leader pacifista Aung San Suu Kyi, Nobel per la pace 1991, che ha fatto conoscere a tutto il mondo le vicende di un popolo da poco uscito dall’isolamento. Più silenziosa ma ugualmente tenace è l’azione dei Giovani per un mondo unito che a Yangon, ex-capitale del Paese, hanno organizzato in primavera un mini Genfest, rifacendosi all’appuntamento mondiale che si è svolto a Budapest nel 2012 e che aveva radunato allora 12.000 giovani. Prendendo spunto dal motto “Let’s Bridge”, hanno presentato, con l’immagine del ponte, le varie fasi per creare rapporti tra persone, culture, popoli. Le storie raccontate erano frutto dell’impegno dei giovani su ecologia, pace, cultura del dare, rapporti in famiglia. Non sono mancati momenti di sospensione per l’elettricità difettosa, che più volte ha fatto saltare l’impianto tecnico. Ma il messaggio è passato: fare il primo passo per lanciare un ponte verso l’altro. Dopo il Genfest di Yangon, i giovani del Myanmar si sono recati al nord, rispondendo all’invito di un gruppo di 80 studenti di Mandalay, per un altro Genfest locale. In 14 sono partiti da Yangon e dopo una notte di viaggio hanno raggiunto gli altri. “Abbiamo vissuto momenti molto belli con i giovani di Mandalay – raccontano -. Grazie alla loro amicizia e semplicità, eravamo già come fratelli e sorelle. Con quest’atmosfera, hanno potuto capire facilmente quello che volevamo trasmettere”. E la costruzione di ‘ponti’ con tutti, si concretizza: per 3 volte hanno fatto visita ad orfanatrofi o case per anziani per condividere il loro amore e sostegno. Hanno organizzato un post Genfest sia a Yangon che a Mandalay per promuovere la fraternità e la pace. Attività che, come un tam-tam, coinvolgono altri amici.
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Sport for Peace in Vietnam

In Vietnam, spazio allo sport, con una giornata di “Sport for Peace”. L’appello per la pace – sullo sfondo della grave situazione mondiale – è stato accolto sentitamente. Anche i giovanissimi, aderendo all’invito di Papa Francesco di amare e prendersi cura dei più anziani e dei più piccoli, si sono dati appuntamento per visitare una casa per anziani e un orfanatrofio. A Bangkok, in Thailandia, “Connect” è l’iniziativa promossa dai giovani, col significato di collegarsi ad altri e lo strumento scelto sono stati i workshop: arte, canto, danza e cucina. «Abbiamo visto arrivare non solo giovani, ma anche alcune famiglie con i loro bambini – raccontano – Eravamo oltre 60, anche di altre nazionalità: Pakistan, Myanmar, Cina ed un folto gruppo da Timor Est». In seguito, visite ai bambini dello slum di Bangkok, coinvolgendo un gruppo di studenti universitari; azioni di raccolta fondi per le vittime di calamità naturali: l’anima è stata la creatività giovanile da una parte, e lo spirito di solidarietà con la certezza che l’amore di Dio vince tutto, dall’altra. E poi sono andati verso nord…
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Thailandia: il nuovo centro di accoglienza per i giovani tribali.

Dopo 5-6 ore di viaggio dalla città di Chiang Mai si arriva in un posto sperduto dove sta nascendo un nuovo centro di accoglienza per i giovani dei villaggi tribali. «Siamo andati per visitare i 18 giovani che fanno “home schooling” e insieme costruiscono questo centro con le loro mani. Lo scopo di questo viaggio era vedere insieme come mettere su un programma di formazione basato sulla Parola di Vita. Così abbiamo iniziato a lavorare con una nuova “periferia” – i giovani delle tribù – che sta molto a cuore alla Chiesa locale». (altro…)

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La benedizione della lunga vita

20140930-01Il 28 settembre, in Piazza San Pietro, papa Francesco ha incontrato gli anziani e i nonni nella prima giornata internazionale dedicata alla terza età, promossa dal Pontificio Consiglio per la Famiglia. L’incontro dal titolo: “La benedizione della lunga vita“, è coinciso con la Giornata di preghiera per il Sinodo sulla Famiglia, ispirandosi ai molti interventi del Papa che più volte ha ricordato la tragedia della “cultura dello scarto” tipica di “un popolo che non custodisce i suoi anziani”, scartandoli “con atteggiamenti dietro ai quali c’è un’eutanasia nascosta”. Francesco ha abbracciato con affetto Benedetto XVI, presente durante la prima parte dell’incontro: «Ho detto tante volte che mi piaceva tanto che lui abitasse qui in Vaticano, perché era come avere il nonno saggio a casa. Grazie!». «Noi cristiani – ha affermato il Papa nel suo discorso – insieme a tutti gli uomini di buona volontà, siamo chiamati a costruire con pazienza una società diversa, più accogliente, più umana, più inclusiva, che non ha bisogno di scartare chi è debole nel corpo e nella mente, anzi, una società che misura il proprio “passo” proprio su queste persone.» L’incontro, è stato un’occasione per riaffermare che – come aveva detto Mons. Paglia, presidente del dicastero per la famiglia, «l’anzianità non è un naufragio ma una vocazione: si sono allungati gli anni di vita ma su questo tema non è stata sviluppata una riflessione adeguata né nella politica né nell’economia, né nella società né tanto meno nella cultura». 20140930-02«Va ripensata la vecchiaia e va ripensato anche l’impegno degli anziani nel mondo e della Chiesa nei loro confronti. Oltre a tutti gli aspetti civili, c’è una cultura che gli anziani possono trasmettere, particolarmente attenta a non concepire l’indebolimento della vita come la tragedia finale ma come una testimonianza di speranza nell’aldilà». L’evento del 28 settembre è situato nella giornata di preghiera per il Sinodo sulla famiglia, “luogo fondamentale e primario dove un anziano può vivere dentro una trama di relazioni che lo sostengono” – ancora Mons. Paglia – e che a sua volta è chiamato a vivificare e ad arricchire. Gli anziani non sono soltanto oggetto di attenzione e di cura ma anche soggetto di una nuova prospettiva di vita». Per avvicinarci a questa dimensione della vita consigliamo due brevi letture, di recente pubblicate da Città Nuova per la collana Passaparola. Invecchiare in forma, di Valter Giantin, con focus sull’aspetto della salute, considerando che “teoricamente ogni essere vivente comincia ad invecchiare all’atto del primo aggregarsi di due cellule” . Alzheimer, di Tamara Pastorelli. Per l’autrice scrivere questo libro ha significato “confrontarsi con la paura”, “quella di perdere la memoria, la mia identità, la mia dignità, ammalandomi di Alzheimer”. Una sofferenza che si affaccia in molte famiglie. (altro…)

Teresa d’Avila e il carisma dell’unità

Si conclude l’Assemblea 2014

Il 28 settembre alle 12.30 una diretta internet ha segnato la conclusione dei lavori dell’Assemblea generale dei Focolari. Si riparte con l’impegno a vivere come “uomini-mondo”, secondo l’espressione coniata da Chiara Lubich e rievocata da papa Francesco nell’udienza del 26 settembre: «Uomini e donne con l’anima, il cuore, la mente di Gesù e per questo capaci di riconoscere e di interpretare i bisogni, le preoccupazioni e le speranze che albergano nel cuore di ogni uomo». Caloroso e aperto era stato durante l’udienza lo scambio con i cristiani di varie Chiese e le persone di convinzioni non religiose presenti. La sua consegna ai Focolari ha avuto una grande risonanza nei 494 rappresentanti di 137 Paesi: evidente, infatti, la consonanza con le conclusioni a cui l’Assemblea generale 2014 era arrivata dopo tre settimane di intenso lavoro – a partire delle oltre 3000 istanze arrivate da tutto il mondo – e riassunte nelle linee guida che orienteranno l’impegno del Movimento nei prossimi sei anni. Tre sono le parole in cui si è concentrato il discorso di Francesco: contemplare (“immersi nella folla, uomo accanto ad uomo”, citando un pensiero di Chiara Lubich), uscire, fare scuola, accompagnate dal forte invito alla gratuità, alla creatività e all’arte del dialogo, “che non s’impara a buon mercato”. E tre le parole contenute nelle linee guida emerse dall’Assemblea: uscire, insieme, opportunamente preparati. Si tratta di orientamenti, che portano come titolo lo scopo specifico dei Focolari “Che tutti siano uno”, e che adesso le comunità dei Focolari, sparse nei vari continenti, applicheranno, secondo i bisogni concreti e le esigenze specifiche di ogni area geografica. Vedi anche: Contemplare, uscire, fare scuola: le 3 parole di Francesco ai Focolari Intervista a Maria Voce e Jesús Morán Assemblea Focolari: un cammino di unità che si vede Documentazione assemblea L’Assemblea generale raccontata ai giornalisti  (altro…)

Ottobre 2014

“Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete” Gesù si vede già pane.  E’ dunque quello il motivo ultimo della sua vita qui sulla terra. Essere pane per essere mangiato. Ed essere pane per comunicarci la sua vita, per trasformarci in lui.  Fin qui il significato spirituale di questa parola, con i suoi richiami all’Antico Testamento, è chiaro. Ma il discorso si fa misterioso e ostico quando più avanti  Gesù dice di se stesso: “Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6,51b) e “se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita” (Gv 6,53). E’ l’annuncio dell’Eucaristia che scandalizza e allontana tanti discepoli. Ma è il dono più grande che Gesù vuol fare all’umanità:  la sua presenza nel sacramento dell’Eucaristia, che dà la sazietà dell’anima e del corpo, la pienezza della gioia, per l’intima unione con Gesù. Nutriti di questo pane ogni altra fame non ha più ragione di esistere.  Ogni nostro desiderio di amore e di verità è saziato da chi è lo stesso Amore, la stessa Verità. “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete” Dunque questo pane nutre di Lui fin da quaggiù, ma ci è dato perché possiamo a nostra volta saziare la fame spirituale e materiale dell’umanità che ci circonda. Il mondo non riceve tanto l’annuncio di Cristo dall’Eucaristia, quanto dalla vita dei cristiani nutriti di essa e della Parola, i quali predicando il Vangelo con la vita e con la voce, rendono presente Cristo in mezzo agli uomini. La vita della comunità cristiana, grazie all’Eucaristia, diventa la vita di Gesù, una vita quindi capace di dare l’amore, la vita di Dio agli altri. “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete” Con la metafora del pane, Gesù ci insegna anche il modo più vero, più “cristiano” di amare il nostro prossimo. Infatti, che cosa significa amare? Amare significa “farsi uno” con tutti, farsi uno in tutto quello che gli altri desiderano, nelle cose più piccole e insignificanti e in quelle che forse a noi importano poco ma che agli altri interessano. E Gesù ha esemplificato in maniera stupenda questo modo di amare facendosi pane per noi.  Egli si fa pane per entrare in tutti, per farsi mangiabile, per farsi uno con tutti, per servire, per amare tutti. Farsi uno anche noi dunque fino a lasciarsi mangiare. Questo è l’amore, farsi uno in modo che gli altri si sentano nutriti dal nostro amore, confortati, sollevati, compresi.

Chiara Lubich

Pubblicata su Città Nuova 2000/14, p.7.


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Vecchiaia. Quella bellezza nascosta

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Foto: Antonio Oddi

«Ma agli occhi di Dio, sarà più bello il bambino che ti guarda con occhietti innocenti, tanto simili alla natura limpida e tanto vivi, o la giovinetta che splende come la freschezza d’un fiore appena aperto, o il vecchio avvizzito e canuto, ormai curvo, quasi inabile a tutto, in attesa soltanto forse della morte? II chicco di grano, così promettente quando, tenue più d’un filo d’erba, aggrappato ai chicchi fratelli, attornianti e componenti la spiga, attende di maturate e svincolarsi, solo e indipendente, nella mano dell’agricoltore o in grembo alla terra, è bello e pieno disperanza! E bello però anche quando, ormai maturo, e scelto fra gli altri, perché migliore, onde, sotterrato, dar vita ad altre spighe, esso che la vita ormai contiene. È bello, è l’eletto per le future generazioni delle messi. Ma quando sotterrato, avvizzendosi, riduce il suo essere in poca cosa, più concentrata, e lentamente muore, marcendo, per dar vita ad una pianticella, diversa da esso, ma che di esso contiene la vita, forse è più bello ancora. Bellezze varie. Eppure una più bella dell’altra. E l’ultima la più bella. Dio le vedrà cosi le cose? Quelle rughe che solcano la fronte della vecchietta, quel camminare curvo e tremolante, quelle brevi parole piene d’esperienza e di sapienza, quello sguardo dolce di bambina e donna insieme, ma più buono dell’una e dell’altra, è una bellezza che noi non conosciamo. È il chicco di grano che, spegnendosi, sta per accendersi ad una nuova vita, diversa dalla prima, in cieli nuovi. Io penso che Dio veda cosi le cose e che l’appressarsi al Cielo sia di gran lunga più attraente che le varie tappe del lungo cammino della vita, che in fondo serve solo per aprire quella porta». Chiara Lubich: Forse più bello ancora, in Scritti Spirituali/1, Città Nuova, Roma, 1991, pp. 111-113. (altro…)

Teresa d’Avila e il carisma dell’unità

[:de]Chiara Lubich[:]

[:de]Chiara Lubich - Neuestadt19 Meditationen über das “neue Gebot” Jesu: “Liebt einander!” Zusammengestellt aus Vorträgen, Aufzeichnungen und Telefonkonferenzen von Chiara Lubich.

Mitwirkende: Sprecherin: Gudrun Griesmayr
Ausstattung: Hörbuch

Verlag Neue Stadt[:]

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Congo, una giornata in prigione

20140609-01Le 3 storie che seguono ci aprono uno squarcio di vita completamente diverso da quello a cui siamo abituati. Non solo il carcere in sé, ma anche la solitudine, l’abbandono, la corruzione, la difficoltà di accedere ai beni primari, e un’ondata di vita che arriva da intere comunità, da gruppi di bambini, da famiglie. Esperienze illuminate dal Vangelo, e da un’unica parola: «Ero carcerato e mi avete visitato» (Mt. 25,37). Kikwit. La prima visita alla prigione, quest’anno, è stata quella delle comunità locali: tutti insieme, circa 300 persone. «Dopo aver fatto una comunione dei nostri beni – scrivono Jean Kuvula e Nicole – vestiti, scarpe, manioca, mais, verdure, pondu (verdura preparata dalle foglie della manioca), sapone, sale, ci siamo dati appuntamento all’entrata del penitenziario. Il complesso musicale “Gen Unité” si era ben preparato per i canti della S. Messa.  Appena sistemati noi, sono entrati i detenuti, in gruppi. Dopo la Messa, solenne e molto bella, il direttore ci ha presentato. Il motivo della nostra visita? “Vogliamo condividere con voi il momento doloroso che state vivendo, e dirvi che Dio vi ama. Noi preghiamo per voi. Vorremmo che siate sicuri che Gesù vi farà uscire da qui e che non farete più del male”. Distribuiti i vestiti a chi ne aveva bisogno, il resto dei beni lo abbiamo consegnato al direttore. Abbiamo poi condiviso con loro esperienze sulla Parola di Vita, con la proposta di far arrivare il foglietto con la spiegazione della Parola di Dio ogni mese. Tanti hanno pianto di commozione; Nel ringraziarci, il direttore ci ha detto che tanti prigionieri sono abbandonati da tutti». Anche i e le gen 4 (i bambini dei Focolari) di Kikwit hanno l’abitudine di visitare i prigionieri della prigione centrale ogni anno alla Vigilia di Natale. «I bambini avevano portato vestiti, scarpe, viveri – scrive Jean – e curiosamente c’erano tante scarpe da adulti, fatto che dimostrava che i genitori sostenevano l’azione. Un gen 4 ha preso la parola spiegando: “Avevo fame, tu mi hai dato da mangiare. Avevo sete, tu mi hai dato a bere. Ero in prigione e tu mi hai visitato. Ecco il motivo per il quale siamo venuti. Voi siete Gesù che veniamo a visitare”. Un altro gen 4: “Maman Chiara ci dice di amare tutti e di festeggiare il compleanno di Gesù. Gesù che domani nascerà, vuole consolarvi, voi che state soffrendo. Vi dice di perseverare nel Suo amore e vuole che possiate uscire. Gesù desidera che vi pentiate e che non facciate più del male, per non tornare ancora in prigione”. Dopo queste parole si è fatto un grande silenzio. Un detenuto ha chiesto da dove venivamo, mai aveva visto così tanti bambini (circa 200) in rappresentanza di tutte le parrocchie di Kikwit, andar a trovare i prigionieri. Il direttore ringraziando tutti i gen 4, ha detto che era Dio che li aveva mandati, perché il giorno prima non c’era più niente da mangiare». 20140609-02A Goma, si avvia invece il progetto di una mensa nel carcere centrale. La famiglia André Katoto e Julie, responsabili sul posto, racconta: «Nella nostra ultima visita nella prigione centrale, aprile 2014, abbiamo scoperto la mancanza di razioni regolari di cibo. I detenuti ricevono i viveri dalle loro famiglie e sono autorizzati a venderli all’interno del penitenziario, dove rimangono, sparsi qua e là per terra e nel cortile. Questo sistema, tollerato dalla direzione, giustifica le autorità provinciali a non fornire il cibo. Nasce così l’idea di creare una mensa in prigione, ma come arrivarci?! Abbiamo cercato di contattare il Ministro provinciale della Giustizia. Lo incontriamo casualmente in ospedale. È stata l’occasione per presentare la nostra idea come soluzione duratura al problema di accesso ai beni primari. Il ministro ci ha assicurato il suo sostegno e ci ha inviato da due suoi consiglieri per studiarne la fattibilità. Siamo adesso in attesa dell’apertura della mensa».   (altro…)

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Intervista a Maria Voce e Jesús Morán

Intervista_MariaVoce_JesusMoran«Alla nuova presidente augurerei di saper ascoltare sempre lo Spirito Santo e, di conseguenza, costruire tutto “in unità”» – aveva dichiarato Maria Voce pochi giorni prima della sua rielezione, senza sapere che queste parole sarebbero diventate l’incipit del suo secondo mandato. Approfittando di una delle pause dell’assemblea dei Focolari ancora in corso (si concluderà il 28 settembre prossimo), le diverse edizioni Città Nuova intervistano la neo rieletta presidente dei Focolari e Jesús Morán, copresidente. Le domande riguardano la vita del Movimento e le grandi sfide che lo attendono. Ne riportiamo di seguito alcuni stralci; qui l’intervista integrale in lingua italiana. In che modo ascoltare e mettere in pratica quanto sta dicendo papa Francesco alla Chiesa e alla società di oggi? Maria Voce: «Dobbiamo farlo a partire dal carisma dell’unità: anche noi dobbiamo pensare ai poveri e agli emarginati, ma partendo dal nostro specifico, non solo a livello personale, il che è necessario, ma senza mai prescindere dal carisma». «Mi sono entusiasmata quando papa Francesco ha detto a Redipuglia che “la guerra è una follia”. È una malattia, quindi è da curare. Quale tipo di cura possiamo offrire noi focolarini? L’unica che abbiamo è il nostro carisma, non abbiamo altro. Un carisma che ci chiede di costruire rapporti di pace, di conoscenza reciproca anche fra persone che non si guardano in faccia, tra persone che si odiano, per contribuire al cammino verso l’unità». Jesús Morán: «Noi non ci caratterizziamo per la frenetica ricerca di spazi di potere, non è nel nostro stile. Piuttosto cerchiamo di iniziare dei processi». «Papa Francesco paragona la Chiesa non tanto a una sfera quanto a un poliedro, affermando così che le tendenze più importanti sono spesso emerse in periferia. Tutto ciò mi sembra che si combini perfettamente con un’Opera che ha un principio di unità molto forte. D’altronde anche Chiara (Lubich) stessa ha fondato molto spesso in periferia, valga per tutti l’esempio dell’Economia di Comunione nata in Brasile, oppure quello dell’ecumenismo che ha acquisito nuove prospettive negli incontri di Chiara con Athenagoras a Istanbul, mentre a Fontem [Camerun] è emersa l’inculturazione “alla focolarina”… Questo principio possiamo viverlo anche noi, e cioè andare alla periferia e cogliere quel qualcosa che vi emerge e che poi diventa universale». Come rispondere alle grandi sfide poste dalla situazione mediorientale, nella quale i focolarini sono in prima linea? Maria Voce: «Ho l’impressione che il Movimento stia facendo molto di più di quanto non appaia. Ho ricevuto in questi giorni una lettera dalle focolarine di Damasco che mi chiedevano il consenso di recarsi a trovare la comunità di Aleppo, dove già ci sono dei focolarini. Ho risposto di sì, anche se i rischi sono innegabili: il carisma dell’unità può e deve essere presente in questi posti per costruire rapporti, per portare un po’ di pace. Ovviamente le soluzioni politiche a livello internazionale sono necessarie, così come gli aiuti umanitari che peraltro arrivano e sono più o meno ben distribuiti; il Movimento da parte sua contribuisce a sradicare l’odio dal cuore degli uomini, operazione senza la quale non potranno mai essere trovate delle soluzioni politiche vere e durature». «Se c’è qualcosa che il carisma può fare è di diffondere la cultura dell’incontro, la cultura della fiducia reciproca, la cultura dell’amore, aiutando ad esempio chi è nel bisogno indipendentemente della religione di appartenenza o dallo status sociale, dal confine che lo divide da un’altra fazione. (…) Bisogna anche chiedersi che cosa abbia da dire il carisma dell’unità di fronte a questi conflitti, quale sia l’incidenza possibile… Ricordo che Chiara, citando un episodio vero accaduto in Colombia, disse che si può fermare la mano d’un terrorista semplicemente facendo un atto d’amore. Tutto ciò dobbiamo farlo impegnandoci di più e meglio, tutti insieme». Jesús Morán: «Si tratta in sostanza di sviluppare i dialoghi che ci sono tipici. Questi giorni in Assemblea nel mio gruppo di riflessione c’era un musulmano: avere un fratello di un’altra religione con cui condividere tutto non è cosa da poco, un fratello che si sente rappresentante del Movimento dei Focolari musulmano. È un miracolo! Questa presenza dei Focolari nelle terre islamiche va perciò sviluppata, così come va promosso il nostro dialogo interreligioso. Poca cosa? Forse, ma mi sembra che sia qualcosa di fondamentale». «Una chance che abbiamo è quella di avere contatti diretti con persone del Movimento in questi luoghi di sofferenza: è importante dare voce alla realtà vera, a quello che si sta vivendo attraverso le parole dei protagonisti. Ciò vuol dire spesso trasmettere una visione diversa dei fatti e dei problemi rispetto a quella diffusa generalmente dai media. C’è spesso una grande confusione, e spesso non si dà voce a chi è in favore della pace». La Chiesa e la società si confrontano con la questione famiglia. In questo campo i Focolari hanno una lunga esperienza da offrire… Maria Voce: «Non si può ridurre la questione familiare nella Chiesa a una questione esclusivamente sacramentale. I sacramenti sono segni efficaci della grazia, ma restano segni e possono essercene anche altri. Una persona mi ha scritto dopo aver ascoltato l’introduzione ad un mio tema sull’Eucaristia. È una donna separata che convive con un divorziato con figli e che sente fortemente di essere cristiana e cattolica, e avverte il disagio di questa sua posizione che, in un certo senso, la mette al di fuori della Chiesa cattolica. Ma lei mi scrive: “Non mi sono mai sentita fuori da essa e continuo a frequentare la chiesa. Quando vado a chiedere la benedizione al sacerdote che distribuisce il sacramento, in quel momento Gesù entra anche dentro di me. Io cerco di vivere, di fare la mia parte. Sto facendo un cammino”». «Dio ci chiede in effetti di aiutare tutti a percorrere il proprio cammino di santità, cioè di avvicinarsi a Dio con i mezzi a disposizione (…). Chiara ci spiegò a suo tempo le “fonti di Dio”: non aveva messo l’accento solo sulla sua presenza nell’Eucaristia, ma anche su altre presenze di Dio nel mondo, anche nella Parola e nel fratello. Penso che il Movimento possa essere l’abbraccio a queste famiglie; ma siccome esso è parte della Chiesa, abbracciando queste persone le facciamo sentire meno estranee perché abbracciate da una porzione di Chiesa. Più tardi si potranno proporre altre esperienze, altre vie; vediamo cosa dirà il Sinodo. Mi sembra però illusorio pensare che emergano delle soluzioni straordinarie; verranno fuori piuttosto delle esperienze plausibili ed efficaci, non tanto delle soluzioni universali». Jesús Morán: «Il problema della famiglia prima di essere un problema sacramentale è antropologico. È in gioco il disegno stesso di Dio sull’uomo, sul rapporto tra uomo e donna, sulla relazionalità in quanto tale, quindi sulla dinamica del dono, dei rapporti (che potremmo definire “trinitari”). Senz’altro ci stiamo giocando tanto e il papa lo ha anche detto: non facciamo il Sinodo per risolvere il problema dei divorziati, non è quello che ci preoccupa perché alla fine si potranno trovare delle soluzioni già provate nei secoli passati. Il problema è molto più serio: cosa succede all’uomo d’oggi, come cresce, che tipo di relazionalità impara e dove la impara? Questo è il vero problema della famiglia. Ci conforta sapere che anche tante voci laiche, non necessariamente cattoliche, mettono l’accento su questo problema della relazionalità e sul futuro della famiglia e dell’umanità». (altro…)

Teresa d’Avila e il carisma dell’unità

Sierra Leone, oltre l’Ebola

20140923-01Sierra Leone, Guinea, Liberia. Nazioni che raramente si affacciano sui media occidentali, negli ultimi mesi associate a “ebola”. Sono, infatti, i più colpiti dalla più grave epidemia del virus registrata fino ad oggi, dalla scoperta del virus nel 1976. «Dopo la lunga sofferenza della guerra adesso siamo ancora sotto la prova con questa epidemia. La paura cresce, ma anche la consapevolezza che assumendo le misure necessarie – a volte contro la natura e la cultura della gente, come stare isolati – possiamo combattere questo virus. Dappertutto la Chiesa sta cercando di portare il suo aiuto, come amore concreto a tutti», ci scrivono dalla Sierra Leone. In questi giorni la sofferenza è acuita dalla quarantena richiesta alla popolazione: si vive dentro le mura domestiche per arginare il rischio del contagio. Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (report del 18 settembre) su oltre 5mila casi sono oltre 2600 le vittime del virus che causa la febbre emorragica. «Ci dicono di essere prudenti – scriveva un religioso vicino ai Focolari ancora nel mese di giugno – A Messa non si dà neppure il segno della pace per evitare contatti, ma sapere con precisione dove ci sia il pericolo è difficile. Anche noi nell’ospedale cattolico abbiamo avuto un caso di un ammalato scappato dall’ospedale specializzato per l’ebola a Kenema, che è venuto a curarsi qui senza che i medici sapessero nulla. Quindi si può immaginare l’apprensione che ci ha toccato da vicino». Anche gli incontri della comunità dei Focolari si devono sospendere, come le attività previste con i giovani. Si ravviva una catena per sostenersi reciprocamente: e allora telefonate, messaggi. Per dirsi cosa? «La ferma volontà di continuare ad amare, ora che siamo ancora una volta sotto il peso della prova». In una lettera ai membri del Movimento dei Focolari in Sierra Leone, la presidente Maria Voce aveva scritto esortando ad «andare avanti con coraggio, a testimoniare l’Ideale [dell’unità] in tutti i modi possibili» e ringraziando per la testimonianza che «moltiplica nella vostra terra tanti frammenti di fraternità». Aveva assicurato, inoltre, la vicinanza e la preghiera di tutto il Movimento nel mondo. «Personalmente cerco sempre di rimanere fedele all’impegno e promessa fatta di continuare a vivere l’Ideale dell’unità anche qui in Sierra Leone», confida J.K., manifestando anche il suo dolore nel dover sospendere i contatti. Ma a sostenerlo è la Parola di Vita, l’impegno comune a vivere il Vangelo che porta luce anche nelle situazioni più disperate, come questa. E Alfred: «Come sai, la situazione qui in Sierra Leone non è bella. È difficile per noi muoverci da un posto all’altro. Ma questo non mi ferma, anzi mi sprona a vivere di più il Vangelo. Cerco di vivere ogni momento per Gesù ed offrire tutto a Lui durante la giornata. Essere fedele al Vangelo è ancora il mio desiderio più profondo. Ti ringrazio per tutto l’amore che hai per noi gen della Sierra Leone. Ti sentiamo qui con noi». E infine, Padre Carlo, ringrazia per avere a cuore anche “questo angolo di mondo”, quando sembrano vincere «la paura, l’ansia, l’inattività, a volte la disillusione perché le autorità sono lente a fare il bene della gente. Ma poco a poco scopriamo che tutti questi aspetti sono il volto di Gesù crocifisso e abbandonato ed allora ci rituffiamo ad amare. E quell’amore ha uno spessore nuovo e più profondo». (altro…)

Teresa d’Avila e il carisma dell’unità

Gesù Eucaristia

Chiara Lubich_Gesù Eucaristia_a cura di Ciardi_CN 2014Caposaldo della Fede cristiana, punto fondamentale della “Spiritualità dell’unità”, il significato profondo dell’Eucaristia: “Sacramento di unità”. «Sei entrato nella mia vita più dell’aria nei miei polmoni, più del sangue nelle mie vene». Questa confidenza di Chiara Lubich, esprime il profondo rapporto personale che ha saputo instaurare lungo tutta la sua vita con Gesù Eucaristia. Punto fondamentale su cui si basa la spiritualità dell’unità essa produce frutti inaspettati che la rivelano “sacramento di unità”, come il Concilio Vaticano II ha riaffermato con convinzione, facendo nascere una comunità nuova e germi di resurrezione nella storia e nella natura. Lungo il libro Chiara Lubich, attraverso pagine di diario e brani di conversazioni inedite, così come attraverso scritti pubblicati ma spesso non noti, attraverso episodi vivi e concreti narra la sua graduale scoperta della presenza di Gesù Eucaristia nella sua vita e in quella del Movimento a cui ha dato vita. Una narrazione che diventa “mistagogia”, una proposta discreta che convince e coinvolge il lettore nella medesima esperienza. Le opere di Chiara Lubich contano 58 titoli pubblicati, con oltre 220 edizioni e ristampe e traduzioni in più di venti lingue. Fabio Ciardi, dei Missionari Oblati di Maria Immacolata, è professore ordinario presso l’Istituto di Teologia della vita consacrata “Claretianum” (Roma). Ha pubblicato vari volumi per Città Nuova. Ultimo in ordine di tempo: I detti di Papa Pafnunzio, in cammino nel deserto (2014). Chiara Lubich: Gesù Eucaristia.  Collana: Meditazioni – Ed. Città Nuova

Teresa d’Avila e il carisma dell’unità

Loppiano festeggia i suoi primi 50 anni

Loppiano-01I pionieri ricordano che la prima avanguardia arrivò sulle colline del Chianti con una cinquecento. Era la prima domenica d’ottobre 1964 e non c’era praticamente nulla: casolari diroccati e terreni incolti a parte. Oggi, 50 anni dopo, Loppiano è un centro internazionale che ha totalizzato oltre 1.200.000 presenza da tutto il mondo, si sostiene con attività economiche, conta una decina di scuole di formazione alla fraternità per giovani, adulti, famiglie, sacerdoti; ha assistito alla nascita del polo Bonfanti che ospita una trentina di aziende che aderiscono al progetto di Economia di Comunione; ha un santuario intitolato alla Madre di Dio, la Theotokos che fa parte di un Complesso Architettonico con centro congressuale, sale polivalenti e un Istituto Universitario, Sophia. È una spiccata internazionalità il punto di forza di Loppiano, con i suoi attuali 700 abitanti di oltre 60 Paesi. Chi vi soggiorna ha la possibilità di sperimentare una convivenza civile aperta ai contributi delle diverse componenti sociali, etniche, religiose, al servizio della pace e dell’armonia dei popoli. La cittadella, dunque, si propone come snodo e laboratorio di sperimentazione per l’Italia e il mondo di una socialità che pone al centro l’accoglienza, il dialogo e la valorizzazione dei diversi apporti culturali; quale spazio migliore di LoppianoLab per festeggiare questo cinquantesimo? 50Loppiano-01L’apertura ufficiale di questo anno di festeggiamenti – con eventi che si snoderanno lungo tutto il 2015 – sarà sabato 4 ottobre 2014, all’Auditorium di Loppiano, a partire dalle ore 19.00. Ha annunciato la propria partecipazione, Maria Voce, neo eletta Presidente dei Focolari. Sarà un momento di festa in cui si guarderà alla cittadella da una diversa prospettiva, ovvero dal “mondo verso Loppiano”. Questi 50 anni verranno ripercorsi attraverso interviste con i protagonisti della prima ora, contributi artistici dal respiro internazionale, video di ieri e di oggi.
Sarà un viaggio nella storia e nelle sfide presenti e future che questo prototipo di convivenza pone alle città del Terzo millennio. Vi saranno testimoni di tradizioni culturali e religiose non cristiane che, tornando nei propri Paesi, hanno tradotto quanto vissuto a Loppiano in azioni politiche, in lavoro, in modelli educativi nei diversi ambiti sociali e culturali. Le sinergie con il territorio e le istituzioni verranno raccontate col contributo delle diverse componenti culturali ed economiche della cittadella: il Polo Lionello Bonfanti dell’Economia di Comunione, lIstituto Universitario Sophia, la Cooperativa Loppiano Prima e il Centro internazionale dei Focolari di Loppiano. A partire dalle 20.00 Loppiano darà quindi il via all’ “Opencity”: una sorta di città a porte aperte che proporrà ai partecipanti e a quanti interverranno i gusti, la musica e la ricchezza delle culture dei suoi abitanti.


Logo_Loppiano_50esimoLink all’evento su focolare.org e Sito ufficiale di Loppiano: www.loppiano.it Facebook: www.facebook.com/loppiano.it Twitter: #50Loppiano L’evento verrà trasmesso  in diretta streaming su loppiano.it e da TV2000 alle 22.30 (altro…)

Teresa d’Avila e il carisma dell’unità

Vangelo vissuto, mettersi al servizio

images Gioco d’azzardo «Ogni volta che mio marito giocava d’azzardo era sempre un litigio a casa. Grazie ai rapporti costruiti al centro sociale, dove ogni tanto mi fermavo a fare un po’ di pulizie, tornavo a casa con una forza nuova per affrontare i problemi. Un giorno in un gruppetto si leggeva il Vangelo e si parlava dell’amore al nemico. Pensando a mio marito col quale litigavo sempre, ho provato ad avere un’attenzione diversa verso di lui. Col passare dei mesi anche in lui qualcosa è cambiato. Un giorno si è trovato coinvolto in un litigio per il gioco. Stava per uccidere l’avversario quando il pur fragile cambiamento iniziato in lui lo ha bloccato. Per non vivere una doppia vita, ha tagliato definitivamente con il gioco». A.R.- Filippine  Attesa di pensionamento «In attesa di ricevere la lettera di pensionamento, un po’ alla volta do le consegne ai colleghi. Ho quasi finito, ma la lettera non arriva e non ho più un lavoro specifico affidato. Cosa fare? Quasi ogni giorno mi devo inventare un nuovo lavoro: ora si tratta di vecchie carte che non avevo mai tempo di esaminare a fondo, ora di situazioni sospese per risolvere le quali occorre andare a consultare persone di uffici diversi… E poi c’è la collega a cui ho passato il lavoro, che è dovuta rimanere a casa perché ha i bambini malati: quando torna le offro aiuto per sbrigare il lavoro rimasto arretrato. Insomma, da fare non mi manca e il tempo in attesa del pensionamento non è tempo di sosta, ma tempo prezioso da vivere momento per momento. Mi viene in mente il periodo, poco dopo aver cominciato a lavorare, in cui la scoperta che le parole del Vangelo si potevano non solo leggere e studiare, ma vivere, dava significato ad ogni gesto. Ora sento che quella stessa passione può accompagnare questo tempo». E.P.-Italia Gratuità «Da noi il denaro sta occupando il primo posto nelle famiglie, distruggendo così i valori. Ma da chi crede nel Vangelo e si sforza di viverlo nascono iniziative a cui mai si sarebbe pensato. Per esempio, quando al nostro gruppo di famiglie è stato chiesto un servizio di volontariato per contribuire alla nascita di un centro per la rieducazione di handicappati fisici, la proposta è stata accolta da tutti con entusiasmo. Abbiamo iniziato con lo sradicare piante e tagliare l’erba per preparare il terreno. La gente dei dintorni è rimasta sorpresa nel vederci lavorare con slancio e per di più gratuitamente, proprio perché nel nostro ambiente la gratuità quasi non esiste, essendo sempre stati abituati a ricevere». A. C.-Rep.Democratica del Congo (altro…)

Teresa d’Avila e il carisma dell’unità

Jesús Morán Cepedano

JesusMoran-bJesús Morán Cepedano è stato eletto copresidente del Movimento dei Focolari il 13 settembre 2014, dall’Assemblea generale riunita al Centro Mariapoli di Castel Gandolfo, Roma. È nato il 25 dicembre 1957 a Navalperales de Pinares, Avila (Spagna), da una famiglia di commercianti che ben presto si trasferisce a Cercedilla, nella Sierra di Madrid. Ha incontrato il messaggio evangelico proposto dal Movimento dei Focolari durante gli studi universitari, attraverso la testimonianza di alcuni coetanei. S’imbatte così nella novità e nelle esigenze rivoluzionarie che la vita del Vangelo comporta. Decide di donarsi a Dio nella comunità del focolare nel 1977. Dopo un periodo di formazione dal 1979 al 1981 alla cittadella di Loppiano (Italia) parte per l’America Latina. Dal 1996 al 2004 è delegato dei Focolari per il Cile e la Bolivia. Là viene ordinato sacerdote il 21 dicembre 2002. Dal 2004 al 2008 è corresponsabile del Movimento nel Messico e a Cuba. Nell’Assemblea generale dei Focolari del 2008 viene eletto consigliere generale e incaricato dell’aspetto della formazione culturale degli appartenenti al Movimento. Nel 2009 inizia a far parte della “Scuola Abba”, centro interdisciplinare di studio dei Focolari, per la sua specializzazione in antropologia teologica e teologia morale. Si è laureato in filosofia presso l’Università Autonoma di Madrid ed ha conseguito una licenza in teologia dogmatica presso la Pontificia Università Cattolica di Santiago del Cile. Attualmente sta concludendo il dottorato in teologia alla Pontificia Università Lateranense, Roma. Ha pubblicato diversi articoli su temi di antropologia filosofica e teologica.

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Primo congresso EdC in Paraguay

1487947_10204720139580359_9047858147159557142_oSi è concluso il 7 settembre ad Asunción, con 120 partecipanti tra dirigenti d’impresa, lavoratori e studenti provenienti anche dall’Argentina, il primo congresso paraguayano di Economia di Comunione (EdC); occasione tanto attesa che si è unita al tradizionale incontro di primavera degli imprenditori EdC argentini, il 34°. Focus dell’appuntamento era la figura dell’imprenditore che sposa il progetto di Economia di Comunione. «Un imprenditore – spiega il prof. Luigino Bruni, coordinatore mondiale del progetto, in collegamento Skype – che sceglie la povertà». Un’affermazione forte che potrebbe lasciar intendere che ricchezza o meglio, benessere, ed EdC sono incompatibili. La risposta giunge da German Jorge, (Paranà, Argentina) proprietario di un centro di distribuzione di materiali edili con 60 dipendenti: «L’imprenditore EdC soffre della povertà, altrimenti non sarebbe tale. Non è immune all’indigenza, ma fa di essa una scelta di vita, portandola nell’azienda». «Nell’economia capitalista” – continua Germán – l’obiettivo dell’azienda è generare ricchezza. Nel nostro caso generare ricchezza è un segnale che dice che le cose vanno bene, ma non è il fine. Il fine è la comunione e il processo stesso è comunione: ci generiamo come persone facendo azienda. E l’azienda in questo modo non è una macchina per fare soldi, ma una comunità di persone». 10177268_10204461747213917_5882582352701120384_nUno stile imprenditoriale, questo, di successo e vincente, come dimostra la storia di Ramon Cerviño di Cordoba, proprietario di una ditta di strumentazione medica. Spiega che il segno distintivo dello stile aziendale di un tale “leader d’impresa” è la scelta della comunicazione a tutto campo all’interno dell’ambiente di lavoro. Non pone i poveri prima dell’azienda, ma scopre, accetta e assume la diversità e le necessità dell’altro. Molte le testimonianze d’imprenditori che hanno fatto questa scelta: dalle storie di 10458209_10204461716613152_4148305717617632112_npiccoli commercianti, come le vicende di una parrucchiera, di una negoziante e di una venditrice ambulante che hanno creato micro-imprese assieme alle loro famiglie, esempi stimolanti di lavoro e tenacia. Ma c’è anche la storia di una grande azienda come “Todo brillo”, a cui i partecipanti al congresso si sono recati in visita. Un’impresa paraguayana, leader nel campo delle pulizie, con oltre 600 dipendenti, nata dalla scelta di Maria Elena di rinunciare ad un posto come dirigente di una prestigiosa banca. Con i suoi figli ha avviato, lasciando tutti i vantaggi e le comodità del caso. «Avevamo ‘pensato’ questo progetto per dar lavoro a chi non aveva potuto studiare – racconta Maria Elena – per moltissimi di loro rappresentiamo l’unica possibilità d’inserimento occupazionale». Ora si torna tutti alle proprie attività e imprese ma con una forza ed un impegno in più: essere generatori di un’economia più umana e fraterna. (altro…)

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Maria Voce

Note biografiche

Maria_VoceMaria Voce, eletta presidente del Movimento il 7 luglio 2008 dall’Assemblea generale dei Focolari, prima focolarina a succedere alla fondatrice, Chiara Lubich deceduta il 14 marzo dello stesso anno, il 12 Settembre 2014 è stata eletta per il secondo mandato consecutivo. Una scelta, frutto della comunione tra i 500 partecipanti all’Assemblea generale, provenienti da tutto il mondo. È nata ad Ajello Calabro (Cosenza – Italia), il 16 luglio 1937, prima di sette figli. Il padre era medico; la madre, casalinga. Nell’ultimo anno di studi di giurisprudenza a Roma (1959) incontra all’università un gruppo di giovani focolarini e rimane affascinata dalla loro testimonianza evangelica. Terminati gli studi esercita la professione a Cosenza diventando il primo avvocato donna nel foro della città. Successivamente compie studi di teologia e di diritto canonico. Nel 1963, imprevista e “travolgente”, la chiamata di Dio a seguire la strada di Chiara Lubich a cui risponde con immediatezza: lascia una carriera promettente e parte per la scuola di formazione delle focolarine di Grottaferrata (Roma). Chiara le darà il nome di Emmaus, col quale da allora in poi sarà conosciuta nel Movimento. Esso, rimanda al noto episodio dei due discepoli in cammino con Gesù dopo la resurrezione e richiama il cuore del carisma dei Focolari: Gesù che si fa presente «dove due o più sono uniti» nel Suo nome. Dal ‘64 al ‘72 è in Sicilia nei focolari di Siracusa e Catania, dal ‘72 al ‘78 fa parte della segreteria personale di Chiara Lubich e nei successivi dieci anni vive nel focolare di Istanbul, dove intreccia rapporti a livello ecumenico con l’allora Patriarca di Costantinopoli Demetrio I e numerosi Metropoliti, tra cui l’attuale Patriarca Bartolomeo I, in quel tempo segretario di SS. Demetrio, oltre ad esponenti di varie Chiese. In questa metropoli turca a grande maggioranza musulmana, è un dialogo della vita che caratterizza i suoi rapporti con i seguaci dell’Islam. In qualità di esperta in diritto, dal 1995 è membro della Scuola Abbà, il Centro Studi interdisciplinare presieduto da Chiara Lubich, e dal 2000 è anche corresponsabile della Commissione internazionale di “Comunione e diritto”, rete di professionisti e studiosi impegnati nel campo della giustizia. Dal 2002 e fino all’approvazione avvenuta nel 2007 collabora direttamente con Chiara Lubich per l’aggiornamento degli Statuti generali del Movimento. Il 7 luglio 2008 viene eletta presidente del Movimento dei focolari e indica sin dall’inizio come stile della presidenza l’impegno a «privilegiare i rapporti» e a tendere con tutte le forze al fine per cui è nato il Movimento: perseguire l’unità a tutti i livelli, in tutti i campi, percorrendo le vie del dialogo aperte da Chiara Lubich. Il 27 luglio 2008, a conclusione dell’Assemblea generale Maria Voce viene ricevuta da Benedetto XVI nella sua residenza di Castelgandolfo, insieme al Copresidente Giancarlo Faletti e ad una rappresentanza internazionale del Movimento. Il 23 aprile 2010 papa Benedetto XVI la riceve in udienza privata. Il papa parla di «carisma che costruisce ponti, che fa unità» e invita a continuare nella sua attuazione con amore sempre più profondo e nella tensione alla santità. Nell’ottobre del 2008 partecipa e interviene al Sinodo dei vescovi su “La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”. Il 24 novembre 2009 è nominata da Papa Benedetto XV nominata da Papa Benedetto XVI Consultore del Pontificio Consiglio per i Laici ed il 7 dicembre 2011 Consultore del Pontificio consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione. Numerosi i viaggi per incontrare le comunità del Movimento sparse nel mondo e proseguire nei contatti con personalità del mondo civile ed ecclesiale, dell’ambito culturale e politico, ecumenico ed interreligioso. Di particolare rilievo: gennaio 2009 in Africa, gennaio-febbraio 2010 in Asia, febbraio 2011 in Terra Santa, marzo-aprile 2011 in Nord America e marzo-aprile 2012 nei Paesi dell’Ispano-America, gennaio-febbraio 2013 in Australia e Nuova Zelanda, agosto-settembre 2013 in Giordania, marzo-aprile 2014in Brasile. Tappe importanti per rafforzare i legami di amicizia e collaborazione intrapresi nei quasi 70 anni di vita del Movimento dei focolari, e che lasciano intravedere nuovi sviluppi nel cammino di fraternità. Il 12 Settembre 2014 è stata eletta per il secondo mandato consecutivo. A giro di posta è arrivata la conferma della Santa Sede – come previsto dagli Statuti dei Focolari: “All’inizio di questo secondo mandato, auguriamo alla Dott.ssa Maria Voce particolare assistenza dello Spirito Santo e affidiamo il suo servizio all’intercessione materna di Maria Santissima, di cui oggi ricorre la festa del suo Santo Nome”, scrive il card. Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per il Laici. (altro…)

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Assemblea Focolari: eletto il copresidente

Assemblea-JesusMoran-b«Qualcuno mi ha chiesto se avevo dormito la notte. Ho risposto di sì, ma che probabilmente non succederà altrettanto dopo la partita del ‘mio’ Real Madrid  contro l’Atletico!». Ha esordito con una battuta che ha sortito l’effetto di alleggerire l’intensità del momento, Jesús Morán Cepedano, neoeletto copresidente dei Focolari per i prossimi sei anni, il 13 settembre 2014. Tangibile la gioia dell’intera Assemblea, mentre Maria Voce lo ringraziava per aver accettato di condividere con lei la responsabilità del Movimento. Anche la Santa Sede ha espresso la conferma del nuovo copresidente, necessaria secondo gli Statuti dei Focolari, in una lettera firmata da mons. Rylko in cui gli augura «di svolgere fedelmente e generosamente il suo compito, in profonda unità con la Presidente e a vantaggio di tutta l’Opera di Maria». E non poteva certo mancare il grazie di Maria Voce anche a Giancarlo Faletti, copresidente uscente, «per aver condiviso così bene questa responsabilità per sei anni», parole seguite dalla standing ovation di tutta la sala. Nel Movimento dei Focolari la figura del copresidente mette in luce l’aspetto dell’unità, che trova fondamento nelle parole di Gesù «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18,20).  Secondo gli Statuti dei Focolari il primo dovere del copresidente è «essere sempre nella più profonda unità con la presidente», simbolo dell’unità del Movimento «che, assieme a lei o in sua sostituzione, dovrà anch’egli servire».

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Jesús Morán Cepedano

Jesús Morán è nato nel 1957 ad Avila. E’ focolarino sacerdote. Consigliere uscente del Consiglio generale per l’aspetto della formazione culturale dal 2008, è membro della Scuola Abba, centro studi interdisciplinare del Movimento. Per oltre 25 anni ha vissuto al servizio dei Focolari in Cile, Bolivia, Messico e Cuba. Laureato in filosofia e teologia, sta concludendo attualmente il dottorato in teologia all’Università Lateranense (Roma). I lavori dell’Assemblea proseguono con l’elezione delle consigliere e dei consiglieri generali. Molto attesa l’udienza con papa Francesco il 26 settembre in Vaticano. (altro…)

Teresa d’Avila e il carisma dell’unità

Vivir una espiritualidad de comunión

vivir-la-espiritualidad-de-comunion_WEBContenido: “Qué agradable es vivir en unidad”, dice el salmista. Pero qué difícil también hacerlo si una espiritualidad de comunión que nos enfoque en la unidad y en el amor mutuo. Esta es la propuesta del Concilio Vaticano II. Esta espiritualidad es también el contenido central de la carta apostólica de Juan Pablo II, Novo Millennio Ineunte: “Hacer de la Iglesia la casa y la escuela de la comunión: este es el gran desafío que tenemos ante nosotros en el milenio que comienza (…)”. Vivir una espiritualidad de comunión presenta los elementos esenciales de tal espiritualidad y lo hace enfocándose en el mandamiento que Jesús llama “suyo” y “nuevo”, la verdadera medida del amor cristiano; revelación divina y una novedosa forma de entender la realidad, inclusive la economía, en términos de una ontología trinitaria.   Sobre el autor: Thomas Norris es un sacerdote de la diócesis de Ossory (Irlanda) y profesor de Teología en el St. Patrick’s College de Maynooth. Es miembro de la Comisión Teológica Internacional y autor de varias publicaciones. Grupo Editorial Ciudad Nueva – Buenos Aires

Teresa d’Avila e il carisma dell’unità

La Desolata

20140915-01«Se la persona di Cristo e il suo insegnamento si inserivano nella storia per spaccarla in due, spingendo l’umanità a pentimento, e cioè a mutamento, per rin­novarsi e mettere in atto l’uomo nuovo, in una città nuova, quella lacerazione, più o meno consapevol­mente, agiva nel cuore di Maria, messa in mezzo alle due età e alle due mentalità, rendendo talora acerbo quel suo sforzo di capire Gesù, di seguire Gesù, di essere una con Gesù. La lezione e il dolore non finirono allora. S’arrivò al punto che, durante la predicazione del Figlio, le accadde di non poter avvicinarlo: non poter esser ammessa alla sua presenza. Maria insomma diveniva, lungo la profezia di Simeone, la madre desolata. Quel «desolata» mette l’accento sulla solitudine, in cui ella più patì, quando Gesù usci a vita pubblica e la lasciò a Nazareth, lei vedova, tra una parentela avversa; e quando più tardi Gesù la lasciò anche come madre sostituendo Giovanni a sé nella figliolanza. Sola tra tutti, la benedetta fra le donne, la madre del genere umano: la nuova Eva. Con quel suo patimento Maria addolorata concorreva dunque alla generazione della Chiesa; e cioè del popolo di Dio, il quale poi le verrà da Cristo stesso dato, in persona di Giovanni, come figlio: il figlio al posto di Gesù, o meglio un altro Gesù. Ma per tal modo, se la profezia di Simeone aveva iniziato il «martirio» della Vergine, esso, anche per lei, culminò al Calvario, quando una lancia di ferro trapassò il petto di Gesù. Quella lancia trapassò l’anima a Maria. Sotto la croce, Maria risultò nettamente la donna del popolo che tiene le parti di Dio. Davvero si può dire, in certo senso, che Gesù ebbe bisogno di lei, non solo per nascere, ma anche per morire. Ci fu un momento in cui sulla croce, abbandonato dagli uomini in terra, si senti abbandonato anche dal Padre in cielo: allora si rivolse alla madre, ai piedi della croce: alla madre che non lo aveva disertato e vinceva la natura per non cadere in quella prova sotto cui ogni donna sarebbe crollata. Poi morto il figlio, continuò la madre a patire. Egli morto fu deposto sulle ginocchia di lei: impo­tente più di quand’era bambino. Un Dio morto sulle ginocchia di una madre vedova! Allora, si, ella fu regina. Poiché Gesù ricapitolava l’umanità, era l’umanità, per un tratto, l’umanità intera di tutti i tempi, custodita sulle ginocchia di Maria, la quale apparve, in quella desolazione, la madre e la regina della fa­miglia umana trasmigrante sulle strade del dolore. La sua grandezza fu pari alla sua angoscia: il dolore d’una madre, che si trovava a custodire l’umanità svenata, sotto la colpa, nell’esilio di tutti i tempi. Quando la madre del bell’amore divenne pure madre del dolore, e i sette doni dello Sposo le si con-vertirono in sette spade, si aperse nel cuore il trauma che con 1a piaga del Figlio doveva convogliare al Padre tutta l’umanità, riconducendola alla fonte. Fu la gene­razione — la rigenerazione — per sangue e lacrime. Allora ella fu la collaboratrice del Redentore; ma pro­prio questa mansione la fece più veramente la madre del bell’amore. La unì a noi, la immedesimò alla nostra sorte. Cosi l’umanità rinacque. E cosi la Chiesa nacque». Da: Igino Giordani, Maria modello perfetto, Città Nuova, 2001, pp. 118-127 (altro…)