Nov 10, 2018 | Chiara Lubich, Chiesa, Cultura, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«La fratellanza universale è stata anche il programma di persone non ispirate da motivi religiosi. Il progetto stesso della Rivoluzione francese aveva per motto: “Libertà, uguaglianza, fraternità”. Ma, se poi numerosi Paesi, nel costruire regimi democratici, sono riusciti a realizzare, almeno in parte, la libertà e l’uguaglianza, non è stato certo così per la fraternità, più annunciata che vissuta. Chi invece ha proclamato la fraternità universale, e ci ha dato il modo di realizzarla, è stato Gesù. Egli, rivelandoci la paternità di Dio, ha abbattuto le mura che separano gli “uguali” dai “diversi”, gli amici dai nemici, e ha sciolto ciascun uomo dalle mille forme di subordinazione e di schiavitù, da ogni rapporto ingiusto, compiendo, in tal modo, un’autentica rivoluzione, esistenziale, culturale e politica. […] Lo strumento che Gesù ci ha offerto per realizzare questa fraternità universale è l’amore: un amore grande, un amore nuovo, diverso da quello che abitualmente conosciamo. Egli infatti – Gesù – ha trapiantato in terra il modo di amare del Cielo. Questo amore esige che si ami tutti, non solo quindi i parenti e gli amici; domanda che si ami il simpatico e l’antipatico, il compaesano e lo straniero, l’europeo e l’immigrato, quello della propria Chiesa e quello di un’altra, della propria religione e di una diversa. Domanda oggi ai Paesi dell’Europa occidentale di amare quelli dell’Europa centrale e orientale – e viceversa –, e a tutti di aprirsi a quelli degli altri continenti secondo la visione dei fondatori dell’Europa unita. Quest’amore chiede che si ami anche il nemico e che lo si perdoni qualora ci avesse fatto del male. Dopo le guerre che hanno insanguinato il nostro continente, tanti europei sono stati modelli di amore al nemico e di riconciliazione. […]
Quello di cui parlo è, dunque, un amore che non fa distinzione e prende in considerazione coloro che stanno fisicamente accanto a noi, ma anche quelli di cui parliamo o si parla, coloro ai quali è destinato il lavoro che ci occupa giorno per giorno, coloro di cui veniamo a conoscere qualche notizia sul giornale o alla televisione. Perché così ama Dio Padre, che manda sole e pioggia su tutti i suoi figli: sui buoni, sui cattivi, sui giusti e sugli ingiusti (cf Mt 5,45). […] L’amore portato da Gesù non è poi un amore platonico, sentimentale, a parole, è un amore concreto, esige che si scenda ai fatti, e ciò è possibile se ci facciamo “tutto a tutti”: ammalato con chi è ammalato; gioiosi con chi è nella gioia; preoccupati, privi di sicurezza, affamati, poveri con gli altri. E, sentendo in noi ciò che essi provano, agire di conseguenza. Quante forme di povertà conosce oggi l’Europa! Pensiamo, a mo’ d’esempio, all’emarginazione dei disabili e degli ammalati di Aids, al traffico delle donne costrette a prostituirsi, ai barboni, alle ragazze madri… Pensiamo ancora a chi rincorre i falsi idoli dell’edonismo, del consumismo, della sete di potere e del materialismo. Gesù in ognuno di loro aspetta il nostro amore concreto e fattivo! Egli ritiene fatto a sé qualsiasi cosa si faccia di bene o di male agli altri. Quando ha parlato del giudizio finale ha detto che ripeterà ai buoni e ai cattivi: “L’hai fatto a me; l’hai fatto a me” (cf Mt 25,40). Quando poi questo amore è vissuto da più persone, esso diventa reciproco ed è quello che Gesù sottolinea più di tutto: “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato” (Gv 13, 34); è il comandamento che egli dice suo e “nuovo”. A questo amore reciproco non sono chiamati solo i singoli, ma anche i gruppi, i Movimenti, le città, le regioni e gli Stati. I tempi attuali domandano, infatti, ai discepoli di Gesù di acquistare una coscienza “sociale” del cristianesimo. É più che mai urgente e necessario che si ami la patria altrui come la propria: la Polonia come l’Ungheria, il Regno Unito come la Spagna, la Repubblica Ceca come la Slovacchia… L’amore portato da Gesù è indispensabile all’Europa perché essa diventi una famiglia di nazioni: la “casa comune europea”». Chiara Lubich, Stoccarda 8 maggio 2004 (altro…)
Nov 5, 2018 | Centro internazionale, Chiesa, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Hanno scelto la Svezia, per il suo profondo significato nel cammino ecumenico, i 40 vescovi di diverse Chiese cristiane, amici dei Focolari che si riuniranno dal 6 al 9 novembre. L’incontro si svolgerà a due anni dall’evento di Lund che ha dato nuovo impulso al dialogo ecumenico: nella dichiarazione comune firmata da Papa Francesco e dal vescovo Munib Younan, allora Presidente della Federazione Luterana Mondiale, si legge tra l’altro: “Ci impegniamo a testimoniare insieme la grazia misericordiosa di Dio, reso visibile in Cristo crocifisso e risorto. (…) ci impegniamo a un’ulteriore crescita nella comunione radicata nel battesimo, mentre cerchiamo di rimuovere i rimanenti ostacoli che ci impediscono di raggiungere la piena unità conforme al volere di Cristo che desidera che siamo una cosa sola, perché il mondo creda (cfr. Gv 17,22)”. Intessere una comunione che diventi testimonianza è il significato di questi periodici convegni dei vescovi amici dei Focolari che desiderano anche approfondire la spiritualità dell’unità nata dal carisma di Chiara Lubich.
Dopo le tappe di Gerusalemme, Costantinopoli (Istanbul), Londra, Augsburg, Katowice e altre città significative per il cammino ecumenico, i partecipanti di 12 Chiese cristiane e provenienti da 18 Paesi si riuniranno per riflettere sul tema: “Il soffio dello Spirito, la Chiesa e il mondo di oggi”. Sarà presente Maria Voce, Presidente dei Focolari che svolgerà il tema: “Lo Spirito Santo anima della Chiesa, nell’esperienza e nel pensiero di Chiara Lubich”. Diverse le tematiche in campo: dalla sfida ecumenica oggi in diverse regioni geografiche, al senso della riconciliazione nella cultura contemporanea, al rinnovamento della Chiesa, alla sinodalità. Uno spazio sarà anche dedicato alla commemorazione congiunta della Riforma (2017) e al suo significato per le Chiese oggi. Stefania Tanesini (altro…)
Ott 29, 2018 | Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Sono medico internista e appartengo alla Chiesa russo-ortodossa. Come persona e come credente sono stata formata dal mio parroco e dalla spiritualità di Chiara Lubich. Ero ancora molto giovane quando, a contatto con le focolarine di Mosca, ho avvertito la chiamata a seguire Dio in modo radicale e da sette anni vivo nel focolare di Belgrado (Serbia). In Serbia c’è una tradizione particolare, unica: la festa della Slava, che le famiglie celebrano nel giorno del santo protettore di quella famiglia: per il popolo serbo, la Slava è antica quanto il cristianesimo stesso. Nessuna nazione cristiana ha questo tipo di celebrazione, tranne gli ortodossi serbi. Per una famiglia serba, la Slava, come importanza, viene subito dopo la Pasqua e il Natale. I missionari cristiani ortodossi, che convertirono i serbi alla santa fede ortodossa, cristianizzarono anche le loro consuetudini. Divenendo cristiani ortodossi, i serbi accettarono il santo o i santi del giorno in cui venivano battezzati. Per quanto riguarda la cultura serba, la Slava è un elemento unico e ininterrotto attraverso tutta la storia del popolo serbo ortodosso. Poiché i serbi si trovano in una regione geografica tra l’Oriente e l’Occidente, tra culture diverse, la Slava è divenuta una festa identificata con il proprio nome e la propria esistenza. La sua osservanza è compiuta anche da organizzazioni culturali e sociali, da città e perfino da unità militari. Insieme ai parenti, si riuniscono in quel giorno amici e conoscenti; la casa è aperta a tutti quelli che arrivano. Il nostro focolare è composto da focolarine cattoliche di varie nazioni e da me. Da tempo sentivamo il desiderio di fare nostra questa bellissima tradizione del popolo serbo e viverla insieme ai nostri fratelli e sorelle. Nella scelta del santo protettore, nello spirito ecumenico del focolare, siamo state aiutate dal nostro amico monaco, padre Djordje, che ci ha proposto di festeggiare le sante donne “mironosice” (le “donne che si recarono al sepolcro con gli aromi”), alle quali la Chiesa ortodossa dedica una settimana intera a partire dalla seconda domenica dopo la Pasqua. Così da quattro anni abbiamo cominciato a celebrare la Slava del focolare. Tanti nostri amici ortodossi sono stati entusiasti della nostra decisione e ci aiutano a preparare il necessario per la festa. Ogni anno, per la domenica delle sante donne al sepolcro, accogliamo in focolare i nostri amici di varie Chiese, tra cui anche i nostri vicini di casa, qualche collega di lavoro, operaio o medico. Il momento principale – il rito del taglio del pane di Slava – viene celebrato dal nostro amico padre Djordje, davanti all’icona delle donne al sepolcro. Si inizia con una preghiera raccolta, accompagnata da canti, poi con commozione, tenendoci tutti per mano, preghiamo secondo la tradizione della festa di Slava. Dando la benedizione per la prima volta, padre Djordje ci ha indicato le sante donne del sepolcro come modelli e protettrici del focolare, incoraggiandoci, sull’esempio delle donne che seguirono Gesù, ad essere “come il sale che trasforma la società e tutti attorno”. Al rito segue l’agape, con varie specialità culinarie, in un’atmosfera di festa e comunione, come in una famiglia. Una nostra conoscente ci aveva detto che vede in questo passo “una vera inculturazione che apprezza e fa propria la cultura dell’altro: un cristianesimo vero”. Fonte: NU, Nuova Umanità, n. 231, p. 75. (altro…)
Ott 24, 2018 | Chiesa, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Nel cuore dell’Europa, la Svizzera, con i suoi 7,8 milioni di abitanti in un territorio di 41 mila km, è un piccolo Paese dalla grande varietà linguistica, culturale e religiosa, spesso additato come un modello riuscito di integrazione. La spiritualità dell’unità, particolarmente congeniale ad un tessuto sociale già orientato ai rapporti e alla reciproca accoglienza, qui si è rapidamente diffusa fin dagli inizi degli anni ‘60, ed ha attecchito con profonde radici. Molte delle intuizioni sugli sviluppi successivi della spiritualità dei Focolari sono legate ai soggiorni estivi di Chiara Lubich nelle valli della Svizzera. Dal 1975 è attivo, a Baar, nel Canton Zugo, un Centro di Formazione, aperto a tutti, divenuto nel tempo il cuore della cittadella dei focolari “Eckstein” (pietra angolare), dove operano alcune piccole imprese. Il Centro favorisce i momenti di contatto e incontro, non solo tra i cristiani cattolici e riformati.
A fine settembre, nella cittadina svizzera, dapprima nella Sala del Comune, quindi nei locali del Centro, per un gruppo più ristretto di superiori e responsabili, si è svolto (con un contributo “dietro le quinte” dei membri del focolare) un incontro per circa 400 religiosi e religiose appartenenti a ottanta comunità, tra cui una decina della Chiesa della Riforma e una comunità ortodossa, e rappresentanti di istituti secolari, movimenti, comunità e famiglie ecclesiali. «Oggi abbiamo bisogno di aiutarci ad essere uno accanto all’altro, a non guardare le nostre barriere o le nostre diversità, che devono rimanere. Ma dobbiamo fare in modo che tutte le nostre diversità risplendano in un’unica grande esperienza, alla sequela di Cristo e dei nostri fondatori» ha affermato il card. João Braz de Aviz, presente all’incontro. In un’intervista, il Prefetto della Congregazione per la Vita Consacrata ha spiegato:«Tutte le varie strutture che formano la Chiesa, religiosi, eremiti, monaci, monache, frati suore, istituti secolari, tutti stanno cercando una via comune. Nella cultura attuale tutto si è ravvicinato».
«In questo momento – spiega – abbiamo bisogno di un cammino da fare insieme, e anche noi degli ordini, delle congregazioni, della vita consacrata abbiamo bisogno di uno strumento, di un tipo di vita che ci avvicini in tutti i modi. Non è il cammino fatto prima, quello di una spiritualità individuale, che si conserva. Si deve passare ad una capacità di guardare insieme, di guardare l’altro con l’attenzione con cui guardiamo a noi stessi. Tutto ciò noi lo stiamo imparando, a cominciare da noi cardinali». E ha concluso: «Vorrei che noi tutti potessimo, in questo momento, sommare le nostre bellezze e formare questa grande unità, ricordando quello che dice Papa Francesco: “L’unità non si costruisce distruggendo, ma armonizzando la diversità”. È un cammino che alle volte crea un po’ di fatica, perché dobbiamo imparare ad uscire verso gli altri, “il primo movimento che dobbiamo fare per andare verso l’altro”, come dice il Papa. Se non usciamo da noi stessi, rimaniamo al centro. Questo sta nascendo qui in Svizzera, con semplicità, come se fossimo tutti alla scuola di Maria». (altro…)
Ott 18, 2018 | Chiesa, Cultura, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Il prossimo appuntamento con gli Amici di “Insieme per l’Europa” si terrà a Praga, terra degli “hussiti”, della “primavera di Praga”, della “rivoluzione di velluto”. La grande storia del popolo ceco farà da sfondo al dialogo tra i partecipanti. È una storia travagliata, caratterizzata da grandi risvegli idealistici e spirituali, dalla ricerca della giustizia e della verità, spesso però finiti con disillusioni fortissime. Questo è il caso dei tre momenti menzionati: il movimento hussita si è scatenato dopo la morte del sacerdote Jan Hus, bruciato sul rogo nel 1415, considerato dai suoi seguaci martire della verità; purtroppo le guerre seguenti, nelle quali non si trattava più della verità, ma del potere, hanno completamente devastato il Paese. Così anche, molti secoli dopo, nel 1968, gli attori principali della “primavera di Praga” con il grande sostegno ed entusiasmo di tutta la nazione – cosa mai vista prima – volevano installare un regime socialista “dal volto umano”, liberato da tutte le menzogne e crudeltà del passato recente; sfortunatamente questa speranza è stata distrutta sotto le ruote dei carri armati ed è finita nella rassegnazione generale. E poi la “rivoluzione di velluto” del 1989, che ancora tanti ci ricordiamo molto bene, è stata portata avanti dal motto del protagonista principale, Vaclav Havel: “L’amore e la verità devono vincere sopra la menzogna e l’odio”. Nessuno però si aspettava che sarebbe seguita una lotta così dura: i valori spirituali dei primi mesi, fortemente sentiti durante le manifestazioni popolari nelle piazze, pian piano si sono spenti, sostituiti dal pragmatismo della “tecnologia del potere”. La bandiera del Presidente della Repubblica ceca porta la dicitura “La verità vince”. Tuttavia dalla versione originale sono state tolte due parole: “La verità di Dio vince”. Siamo sicuri che la Sua verità vincerà alla fine della storia.

Jiři Kratochvil
“Insieme per l’Europa” vuol dare un contributo per costruire l’unità tra l’Europa dell’Est e dell’Ovest. Che ruolo ha la Cechia? La Cechia è un Paese molto secolarizzato. La maggioranza della popolazione non vuole identificarsi con una Chiesa. Ma, sorprendentemente, il numero degli atei dichiarati diminuisce. Tra la gente, i giovani e gli intellettuali, esiste una fortissima sensibilità verso i valori spirituali e culturali. Lo ha dimostrato il modo caloroso con cui, nel 2009, Papa Benedetto XVI è stato accolto a Praga. I laici secolarizzati, con tratti e lineamenti diversi, si trovano in tutte le parti dell’Europa. La Cechia potrebbe diventare un piccolo “laboratorio” di dialogo. Pensando al futuro dell’Europa quali ulteriori sfide si presentano per raggiungere l’unità? Si dice che ogni nazione – e questo vale anche per un continente – vive di quelle idee dalle quali è nata. Basta ricordarsi da dove è nata l’Europa: da Gerusalemme (fede), da Atene (ragione) e da Roma (diritto). Su queste fondamenta è cresciuta la sua grandezza e ricchezza culturale, spirituale e materiale. Oggi stiamo per affrontare la situazione di una migrazione di popoli, simile a quella dall’inizio del Medioevo: la sfida più grande consiste nel saper convivere con l’alterità dei nuovi arrivati. Non dobbiamo illuderci: l’Europa, come la conosciamo, prima o poi sparirà, anche per motivi di crescente denatalità. Noi cristiani dobbiamo essere la “minoranza creativa”, dobbiamo tornare alle radici della nostra tradizione e a tutti i valori che ne sono nati. Su questa base spirituale, chiedendo sempre la grazia di Dio, possiamo cercare una nuova unità nella nuova Europa. Jiři Kratochvil, nato nel 1953, laureato in economia a Praga, ha lavorato nel settore finanziario di varie amministrazioni statali. Dopo la caduta del comunismo ha aiutato la Caritas a rinnovarsi. Vissuto in Canada, Italia e Germania, oltre che in Cechia e in Slovacchia, attualmente lavora a Praga come traduttore per la Conferenza episcopale ceca. Fonte: together4europe.org (altro…)