Feb 11, 2014 | Spiritualità
«Il padre spirituale, un giorno, chiede a Chiara: “Quale fu il momento in cui il Signore sofferse di più?”. “Nell’orto degli Olivi, suppongo”. “No, a mio parere, sofferse di più sulla croce, quando emise il grido: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mt 27,46; Mc 15,34)”. Egli uscì, e Chiara discorrendo con Dori (una sua allieva, tra le prime a seguirla, n.d.r.) e poi con altre cominciò a polarizzare il suo amore – e il suo studio – su quel grido: su quel momento d’angoscia, in cui Cristo si era sentito abbandonato persino dal Padre, per il quale s’era fatto uomo. “Sono convinta che Gesù abbandonato sarà l’ideale che risolverà tutti i problemi del mondo: esso si diffonderà sino agli ultimi confini della terra”.
Questa convinzione si doveva consolidare, di anno in anno, nelle prove d’ogni sorta, mercé cui il suo ideale si impiantava tra gli uomini. Gesù abbandonato così divenne l’amore di Chiara. E divenne l’amore – l’ideale, lo scopo, la norma – dell’Opera di Maria (o Movimento dei Focolari, n.d.r.). Un giorno ella ci spiegò: “Se, quando sarò anziana cadente, verranno dei giovani a chiedermi di definire loro, stringatamente, il nostro ideale, con un filo di voce risponderò: È Gesù abbandonato!”». Fonte: “Erano i tempi di guerra…”, Chiara Lubich – Igino Giordani, Città Nuova Ed., Roma, 2007, pp. 122-123. (altro…)
Gen 12, 2014 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Difensore della pace ad ogni costo, Igino Giordani divenne ufficiale nella prima guerra mondiale, dove fu ferito e decorato. Insegnante, antifascista, bibliotecario, sposato e padre di quattro figli, era un noto polemista dell’area cattolica, pioniere dell’impegno dei cristiani in politica, scrittore e giornalista. Dopo la seconda guerra mondiale, vissuta da antifascista costretto all’esilio, venne anche eletto alla Costituente. Fu deputato, laico illuminato, pioniere dell’ecumenismo. Fu ancora lui, a portare le realtà dei laici sposati e della famiglia all’interno del focolare, aprendolo – in certo modo – all’intera umanità. Chiara Lubich, per questi e altri motivi ancora, considerò Giordani, familiarmente chiamato “Foco”, uno dei “cofondatori” del Movimento dei Focolari.
L’incontro con Chiara avvenne nel suo ufficio alla Camera dei deputati, a Montecitorio, nel settembre del 1948. Giordani attraversava un momento particolarmente difficile della sua vita, sia spirituale che politica: «Studiavo temi religiosi con passione – scriverà nel suo postumo Memorie di un cristiano ingenuo –, ma anche per non pensare alla mia anima, del cui aspetto non ero edificato: pesava su di essa la noia; e per non confessare questa sua paresi, io mi ingolfavo nello studio e mi stancavo nell’azione. Credevo che non ci fosse altro da fare; possedevo in qualche modo tutti i settori della cultura religiosa: l’apologetica, l’ascetica, la mistica, la dogmatica, la morale…; ma li possedevo culturalmente. Non li vivevo interiormente».
Quel giorno, dinanzi alla sua scrivania, si accomodò una compagnia eterogenea, che apparve subito originale fin dalla sua composizione per un uomo esperto di vita ecclesiale com’era Giordani: un conventuale, un minore, un cappuccino, un terziario e una terziaria francescana, cioè Chiara stessa. Infatti scriverà più tardi: «Vederli uniti e concordi mi parve già un miracolo di unità». Chiara prese la parola, accolta dal cortese scetticismo del deputato: «Ero sicuro di ascoltare una sentimentale propagandista di qualche utopia assistenziale». E invece non fu assolutamente così. «C’era un timbro inusitato in quella voce – commenterà –: il timbro d’una convinzione profonda e sicura che nasceva da un sentimento soprannaturale. Perciò, di colpo la mia curiosità si svegliò e un fuoco dentro prese a vampare. Quando, dopo mezz’ora, ella ebbe finito di parlare, io ero preso in un’atmosfera incantata: come in un nimbo di luce e di felicità; e avrei desiderato che quella voce continuasse. Era la voce che, senza rendermene conto, avevo atteso. Essa metteva la santità a portata di tutti». Giordani chiese a Chiara di mettere per iscritto quanto veniva dicendo, cosa che lei fece rapidamente. Ma personalmente volle approfondire la conoscenza fatta. Poco alla volta riconobbe nell’esperienza del focolare l’attuazione del desiderio di Giovanni Crisostomo: che i laici vivessero come dei monaci, ma senza il celibato. «L’avevo coltivato tanto, dentro di me, quel desiderio – proseguirà nel suo racconto –: e perciò avevo amato l’istruzione del francescanesimo in mezzo al popolo e la direzione verginale di santa Caterina da Siena sui caterinati, e avevo assecondato iniziative che parevano sfociare verso la rimozione dei confini frapposti fra monachesimo e laicato, tra consacrati e gente comune: confini dietro cui la Chiesa pativa come Cristo al Getsemani. Una cosa avvenne in me. Avvenne che quei pezzi di cultura, giustapposti, presero a muoversi e animarsi, ingranandosi a formare un corpo vivo, percorso da un sangue generoso. Era penetrato l’amore e aveva investito le idee, traendole in un’orbita di gioia». E, per esplicitare questa “scoperta”, usava ripetere una frase che racconterà a tanti negli ultimi anni della sua vita, trascorsi, una volta deceduta l’amatissima moglie Mya, in quel focolare che tanto amava, a Rocca di Papa: «Movevo dalla biblioteca intasata di libri, verso la Chiesa abitata da cristiani». Fu una vera e propria conversione, una nuova conversione, che « svellendomi dalla stasi in cui parevo murato, urgeva ad immettermi in un paesaggio nuovo, sconfinato, tra cielo e terra, sollecitandomi a nuovamente camminare». È attualmente in corso la causa di canonizzazione di Igino Giordani, detto familiarmente “Foco”. Biografia di Igino Giordani www.iginogiordani.info (altro…)
Dic 21, 2013 | Centro internazionale, Spiritualità
«Il Natale è il sublime mistero dell’amore di un Dio che amò talmente gli uomini da farsi uomo. Come è stato scritto il mistero dell’Incarnazione è il documento della eccesiva carità di Dio. Per abbracciare in essa tutti, Egli, nascendo in una grotta, tra capi di bestiame, si mise sotto a tutti: i poveri più poveri lo contemplarono al di sotto della loro stessa miseria. Celebrare il Natale vuol dire ravvivare la coscienza dell’amore portato dal cielo in terra da Gesù, e distribuito da Lui con la vita e con la parola. Oggi si ha un bisogno speciale di ravvivare – e ripulire – il concetto dell’amore, perché la convivenza umana rischia di farsi sempre più triste in quanto difetta d’amore. L’amore colloca l’uomo sul livello di Cristo, difatti il bene (o il male) fatto al prossimo è valutato, al giudizio supremo, come fatto a Cristo.
Ora, dalla penuria di amore – da questa incapacità di volersi bene –, si distilla la noia, con la tristezza. Ridare oggi l’amore ai fratelli è ridar loro la gioia, la pace, la vita, e a questo fine il Natale risuscita il gusto dell’innocenza e della semplicità; riscopre quella fonte di letizia che è Cristo in mezzo a noi, come al presepio in mezzo a Maria, Giuseppe e i pastori. Il Signore è nato perché rinascessimo noi. Egli è la vita, e noi eravamo – siamo, nelle tenebre –. Passiamo dalle tenebre alla vita se amiamo i fratelli. L’impegno cristiano esige eroicità, una riscossa contro la mediocrità, una vittoria sul compromesso. Vuole vita nella libertà, che è libertà dal male, comunque si presenti: prostrazione di forze fisiche, fallimento finanziario, delusione in rapporti umani, desolazione in mezzo al mondo… Importante è non cedere, nessuno forse ti dirà «bravo»! Le onorificenze s’appuntano su altri petti. Magari certa gente ti chiamerà fanatico o ingenuo. Tu dovrai spremere da tutta la desolazione che ti assale, una più ardente fame di Dio, e già da questa trai stimoli. Ci sono frasi semplici e profonde, della profondità del divino, che esprimono questo compito. Frasi di Gesù: «Voi siete il sale della terra…». «Voi siete la luce del mondo…». Il sale da sapore agli alimenti nascondendosi in essi. La luce illumina, come silenzio che penetrando rischiara. La condotta del cristiano deve essere tale da dare un sapore (un sale) alla vita (se no non si sa che si vive a fare) e un indirizzo ad essa. Non si può non pensare alle miserie del mondo, dovute in gran parte alla mancanza di amore… L’amore è vita per l’uomo. In Gesù fu l’Amore che, incarnatosi in Maria, assunse la nostra umanità, inserendovi la vita di Dio». Igino Giordani in: Città Nuova, 25.12.1967 – n.23/24 (altro…)
Dic 5, 2013 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«La rivoluzione sociale, all’inizio di una nuova era, cominciò da una fanciulla quindicenne. Ma una rivoluzione integrale, tale cioè che comprendesse non solo il corpo, ma anche lo spirito, non solo il tempo, ma anche l’eternità. Questa fanciulla si chiamava Maria. Un’ebrea d’un villaggio squalificato, da cui si credeva che non potesse uscire nulla di bene: Nazareth. Al principio del grande mutamento ci fu dunque una donna. Viveva in un tugurio, conosceva la miseria delle famiglie stipate in grotte e viventi tra sacrifici. Partecipava la profonda, impetuosa sete e fame di giustizia sociale del suo popolo. Nel seno di questa fanciulla germogliò l’artefice della rivoluzione sociale. Il figlio di Dio stava per nascere uomo, quale figlio di Maria. La purezza perfetta si stava incarnando col sangue puro di quella stessa purezza, nella persona di lei tutto era degno, e non poteva esserci in lei ombra di colpa originale. Ora questa fanciulla, che in se stessa già significava la più sbalorditiva rivoluzione, essendo la più umile delle creature era stata scelta alla più alta delle mansioni, ed essendo la più ignota delle donne doveva divenire la donna più invocata dalle generazioni. Ancella umile e, nello stesso tempo cuore forte. Si appoggia alla potenza di Dio. È la donna perfetta: la donna completa. Senza macchia e senza paura. Pronta al sacrificio, ma sicura della giustizia, tutta amore e perciò tutta libertà. La sua bellezza ha avvolto la donna di luce nuova, che nella sua scia si è rilevata. La Madonna ha innalzato nei secoli la donna, ha messo in una luce divinizzante la funzione della madre. La sua maternità dolce è così universale che in ogni tempo i popoli l’hanno chiamata Nostra Donna – Nostra Signora. Dopo che il Padre mise tra noi la Madre, la convivenza prese un’aria di casa, e lo starci è una festa. Poiché la degenerazione dell’umanità cominciò con una donna, quando il Creatore volle purificare gli uomini scelse ancora una donna, e da lei ricominciò. Scelse Maria di Nazareth, una donna senza macchia». Igino Giordani in: Le Feste, Società Editrice Internazionale, 1954. (altro…)
Nov 1, 2013 | Chiesa, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«La vita è l’immagine del teatro. Nel teatro quel che più si vede sono i casi patologici: divorzi, adulteri, manie. Nella vita quel che più risalta sono le guerre, le sciagure, gli scempi con i loro protagonisti, demagoghi, ladri, pazzi… E uno crede di stare in un teatro, dove l’ispirazione sia sostituita dalla follia. Occorre una sensibilità e una visibilità dello spirito per avvertire di là dai problemi le virtù che fioriscono nell’ombra, l’eroismo che si consuma tra quattro mura, le resistenze di lavoratori e di madri, di studiosi e di maestri. Occorre ricreare in se il silenzio per sentire la corrente del bene, quella corrente in cui circola con la bontà degli uomini la grazia di Dio e di cui troppi hanno perduto la nozione e ignorano l’esperienza. Se attingiamo a questa fonte vediamo come diventa labile ombra l’immagine di uomini importanti, che fanno parlare di se i giornali e riempiono di frastuono le giornate. Altrimenti rischiamo di impoverirci, in solitudine, senza aiuto, ciascuno solo di fronte alla tragedia del mondo. Questa solitudine si annida dentro di noi, e l’anima richiede la solidarietà di altre anime, vuole la sua vita sociale. Le anime che amano, donando solidarietà, sono quelle dei santi, non solo di quelli cospicui, degli altari e del martirologio, ma anche le umili, le innumerevoli umili anime che in questo momento tribolano come noi per le azioni dannose degli uomini in ogni angolo del pianeta. Illusione?… Non più di quella per cui il nostro pensiero d’un balzo oltrepassa i termini del mondo. Vediamo le forze cosmiche dai loro effetti, sperimentiamo la comunione dei santi dai frutti. E prima di tutto dalle energie che porta alla nostra vita interiore, e poi dagli stessi aiuti che da ogni parte adduce alla nostra stessa esistenza esteriore. Se oggi tante creature usano ciò che a loro non è necessario per aiutare le popolazioni in difficoltà, se migliaia di missionari, infermieri, servitori volontari dell’umanità accorrono ad assistere esseri umani mai visti e si prodigano per loro sino al sacrificio della propria vita, se tante persone soffrono della sofferenza altrui e spendono la vita nel produrre il bene a vantaggio di figli d’altri, lo fanno seguendo la voce dell’amore che è la voce di Dio. Coi doni spirituali che derivano da queste azioni si opera una convivenza di anime, che è superiore alle divisioni politiche e territoriali, linguistiche e castali: una comunione che agisce nella sostanza ed è fatta della sostanza stessa delle nostre anime, quali uscirono dalle mani di Dio, sostanza divina dunque. Noi pensiamo a tutte queste umili creature che visitano tuguri, medicano piaghe, portano pane a famelici e speranze a tribolati. E dietro loro e con loro i grandi fratelli e le luminose sorelle che le precedettero in quella donazione e in quella fatica: i santi degli altari e quelli che, non segnati nel martirologio, sono iscritti nel libro della Vita. E infaticabilmente partecipano alla nostra esperienza, sorreggono la nostra pazienza e alimentano la nostra forza. Noi oggi pensiamo più particolarmente a loro per meglio inserirci nel circuito del loro amore, il quale è lo spirito stesso di Dio che per esso a noi si comunica». Igino Giordani in: Le Feste, Società Editrice Internazionale, 1954. (altro…)