Gen 18, 2023 | Nuove Generazioni, Testimonianze di Vita
Al via la prima edizione del premio annuale promosso dalla Fondazione Chiara Badano Ti piace aiutare concretamente gli altri? Hai un’idea su un progetto di solidarietà e non vedi l’ora di avviarlo? Bene, c’è un’iniziativa che potrebbe interessarti.
Il 29 ottobre 2022 durante l’anniversario della nascita della Beata Chiara Luce Badano, la Fondazione che tiene viva la sua memoria ha istituito la prima edizione del Premio Solidarity. È un evento annuale per promuovere progetti di solidarietà in ogni parte del mondo. Chiara Luce fin da piccola ha mostrato la sua passione per i più bisognosi, i più deboli, gli emarginati della società, anziani e bambini in particolare. Per questo motivo la Fondazione Chiara Badano ha deciso di istituire questo premio. L’obiettivo è infatti di sostenere e incentivare progetti per la promozione di azioni positive rivolte alle fasce deboli della popolazione (anziani, persone con disabilità, immigrati…) e azioni volte al contrasto dello sfruttamento e della violenza su donne e bambini, nuove povertà e per la salvaguardia del pianeta. Il premio individuerà ogni anno un progetto innovativo su specifiche tematiche di rilievo sociale, con l’obiettivo di diffonderne i contenuti per farne patrimonio comune. Lo scopo sarà sostenere il progetto attraverso un contributo economico di 2mila euro, incentivarlo attraverso una comunicazione efficace sui social media e aprirlo a nuove forme di sostegno. Al premio possono aderire organizzazioni e gruppi, anche informali, composti in maggioranza da giovani under 30, con un progetto che promuova e sostenga la cultura e la pratica della solidarietà. La scadenza per la presentazione dei progetti (20 gennaio 2023) è stata prorogata al 20 febbraio. Per maggiori info leggi il bando. La Fondazione Chiara Badano promuove inoltre anche il Premio Art, un’iniziativa per dare ai giovani la possibilità di esprimere – attraverso talenti artistici – quanto lo stile di vita di Chiara Luce li abbia affascinati e ispirati. A marzo 2023 uscirà il bando per la sesta edizione. www.chiarabadano.org
Lorenzo Russo
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Gen 17, 2023 | Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Senza categoria
KidsAction4Peace è l’iniziativa alla quale aderiscono i più giovani del Movimento dei Focolari, i e le Gen4 ed i e le Gen3, che invitano i bambini e le bambine a mettersi in gioco per costruire la pace. Un modo semplice ma concreto per guardare a chi, in questo momento, vive la sofferenza e l’ingiustizia della guerra. Per dare un contributo, abbiamo tempo dal 25 al 30 gennaio 2023 Ciao a tutti! Siamo alcuni bambini e ragazzi che ci impegniamo a costruire la pace a scuola, a casa, nello sport cercando di essere gentili e di aiutare chi ha bisogno. Come possiamo aiutare i nostri amici che si trovano in mezzo alla guerra? Chiediamo ai nostri capi di Governo o di Stato di aiutare i popoli in guerra a fare la pace! Vuoi darci una mano anche tu?
- Fai un disegno, o scrivi una poesia o una letterina sulla pace.
- Scrivi sopra lo slogan #KidsAction4Peace (puoi anche chiedere a un adulto di fare la foto e metterla sui social con questo slogan).
- Spediscila tra il 25 e il 30 gennaio all’indirizzo postale del tuo capo di Governo o di Stato. Puoi anche farne di più e mandarli ad altri Governanti. Qui trovi la lista per Paese. (Il 30 gennaio è anche la giornata scolastica della non violenza).
- Chiedi ad almeno altri 5 bambini di fare lo stesso e fai girare questo messaggio.
Abbiamo saputo che il 9 e 10 febbraio molti di questi Governanti si incontreranno a Bruxelles, così speriamo che le nostre lettere e disegni arrivino al loro cuore. Ciao!! Sofia (12), Agnese (10), Matteo (10), Costanza (10), Nicola (9), Mattia (8), Teresa (8), Cristina (7), Anastasia (7) dell’Italia; Leonor (11), Margarida (9), Leonor (9), Joao (8), Leonor (8) del Portogallo; Thiméo (12), Mathilde (11), Adéline (8), Aurélien (5) del Belgio https://www.youtube.com/watch?v=4_I2pOTDzVU (altro…)
Gen 17, 2023 | Spiritualità, Testimonianze di Vita, Vite vissute
Imparare a fare il bene vuol dire impadronirsi di un alfabeto che ci permette di cogliere la volontà di Dio nella nostra vita e andare incontro all’altro. È un alfabeto fatto di gesti e la giustizia non è che il tesoro prezioso da ricercare, la gemma desiderata e la meta di questo nostro agire. L’incidente Stavo tornando a casa per il pranzo quando la macchina davanti a me ha preso a sbandare per poi capovolgersi. Mi fermo ed esco dall’auto per prestare aiuto. Grazie anche all’arrivo di altri soccorritori gli infortunati vengono estratti dal veicolo, insanguinati: sono un’anziana signora, un uomo giovane e un bambino. Per timore di essere coinvolto nell’incidente nessuno però si è fatto avanti per portarli in ospedale. Toccava dunque a me! Sono molto emotivo e talvolta la vista del sangue mi ha fatto perdere i sensi. Ma stavolta c’era da farsi coraggio e agire. Al pronto soccorso per accettare i feriti chiedevano una somma che in quel momento non avevo; vero che avrei potuto fare un assegno: era un rischio, ma non potevo abbandonarli. Così ho firmato l’assegno e dopo essermi assicurato che i feriti erano ben sistemati (come il buon samaritano), sono ripartito. Mi sentivo leggero, come dopo un esame: avevo superato l’ostacolo della mia emotività ma soprattutto ero stato d’aiuto a dei fratelli in un momento cruciale. Ho provato la gioia vera del Vangelo. (Marciano – Argentina) Rinascita L’adolescenza ribelle di uno dei nostri figli, la sua depressione, gli attacchi di panico, le amicizie distruttive, le dipendenze avevano aperto una grande ferita nella nostra famiglia. Dentro di me cresceva un fiume di rabbia, di sentimenti ostili che, sommati, mi facevano agire negativamente verso mio marito e gli altri figli. Come madre consapevole di essere fallita, mi sono sempre più chiusa in me stessa. Una cara amica, vedendomi in tale stato, mi ha consigliato di parlare con un sacerdote. La grazia è arrivata proprio in quel colloquio. Come se Dio rompesse le spesse pareti del cuore dove erano rinchiuse le mie lacrime, ho pianto a lungo, ho gridato tutte le cose terribili accadute a nostro figlio nel corso degli anni. Quel giorno la liturgia riportava una frase di Ezechiele che confermava la mia rinascita: “Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò dalla vostra carne il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne” (Ez 36, 26). Nella preghiera ho ritrovato la pace per poter essere accanto ai figli come un punto sicuro. (W.Z. – Polonia) Perdono Una mia conoscente aveva ricevuto dal fratello un messaggio che le annunciava la morte improvvisa della moglie e la pregava di andare a trovarlo. Lei però non era mai stata in buoni rapporti con la cognata, specialmente da quando aveva impedito al marito di andare a trovare la madre sul punto di morire. Anche certe amiche le dicevano che faceva bene a non andare da un fratello che non si era comportato bene con tutta la famiglia. La donna, a modo suo molto religiosa, ha cominciato a pregare per la cognata, a far celebrare messe di suffragio… ma non si è mossa: non riusciva a perdonare il fratello. Come convincerla dell’incongruenza del suo cristianesimo? Proprio quel mese la Parola di vita era incentrata sull’amore scambievole. Come tentativo ho portato alla mia conoscente il foglietto con il commento che spiegava come vivere quel comando evangelico. Dopo alcuni giorni, la vedo arrivare in casa mia tutta sorridente: era per raccontarmi che dopo aver letto quel foglietto non aveva più potuto resistere, era andata dal fratello e si era riconciliata con lui. (D.P. – Brasile)
A cura di Maria Grazia Berretta
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno IX – n.1- gennaio-febbraio 2023) (altro…)
Gen 16, 2023 | Nuove Generazioni, Sociale
Aver “fretta” di andare verso l’altro, come la Vergine Maria. È questo il cuore del messaggio della prossima Giornata Mondiale della Gioventù (GMG) che si svolgerà a Lisbona (Portogallo) dall’1 al 6 agosto 2023. Alcune curiosità sui preparativi. “Cari giovani, sogno che alla GMG possiate sperimentare nuovamente la gioia dell’incontro con Dio e con i fratelli e le sorelle. Dopo lunghi periodi di lontananza e isolamento, a Lisbona – con l’aiuto di Dio – ritroveremo insieme la gioia dell’abbraccio fraterno tra i popoli e tra le generazioni, l’abbraccio della riconciliazione e della pace, l’abbraccio di una nuova fraternità missionaria!”. È questo l’augurio con il quale Papa Francesco, dalla Basilica di San Giovanni in Laterano (Roma) si è rivolto ai giovani di tutto il mondo il 15 agosto 2022, in occasione della Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, spiegando il significato profondo del tema scelto per la prossima Giornata Mondiale della Gioventù: “Maria si alzò e andò in fretta” (Lc 1,39). In tempi così difficili, in cui l’umanità, provata dal trauma della pandemia, è straziata dal dramma della guerra, l’episodio evangelico della Visitazione è la strada sulla quale si muoveranno i passi di tantissimi giovani che dall’ 1 al 6 agosto 2023, prenderanno parte a Lisbona all’incontro internazionale; un momento di grande gioia e l’occasione per poter testimoniare, meditare e condividere insieme sui passi di Maria. Ma come procedono i preparativi di questa GMG? Ce ne parla Mariana Vaz Pato, una giovane designer di Lisbona, parte di un’équipe del Movimento dei Focolari che si occupa dell’organizzazione: “Quando ho saputo che la GMG si sarebbe svolta in Portogallo, ho reagito a questa notizia con grande gioia. Ho deciso subito di far parte di questa squadra perché sentivo di poter dare il mio contributo, dedicare il mio tempo per la costruzione di questo grande evento”. Mariana, cosa succede dietro le quinte in questo momento? Dietro le quinte c’è molto da fare e lo spirito generale è di grande entusiasmo. In questo momento, l’attenzione maggiore è rivolta alle iscrizioni, che sono appena state aperte, e dobbiamo spargere la voce per non lasciare nessuno fuori.
La mia équipe ha lavorato su diversi momenti del programma della GMG. Una di queste è la preparazione di una catechesi proprio alla luce del carisma dell’unità e in questa fase stiamo lavorando sui contenuti legati al tema della GMG, seguendo le linee guida del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita. Ci stiamo occupando della realizzazione di uno stand nella Città della Gioia (Fiera delle Vocazioni), dove i pellegrini troveranno contenuti interattivi ed esperienze da tutto il mondo, legate alle varie fasi della vita di Maria e con il complesso internazionale Gen Verde stiamo preparando un altro momento – i laboratori Start Now – che si svolgeranno in un quartiere sociale, in una zona periferica di Lisbona, e culmineranno in una delle tappe del Festival della Gioventù. Oltre al programma principale della GMG, sentiamo il bisogno di offrire un incontro post-GMG, dove i partecipanti possano fare un’esperienza di riflessione di tutto ciò che hanno vissuto durante la Giornata. L’incontro si svolgerà presso la Cittadella Arco-Íris ed è aperto a tutti coloro che desiderano partecipare. Inoltre, siamo anche impegnati in altri gruppi per l’accoglienza dei pellegrini, la gestione dei volontari e il coro ufficiale. Cosa significa per un giovane oggi “alzarsi” e partire in fretta? Il tema di questa giornata ci chiama ad andare in missione, avendo come esempio Maria, che ha risposto alla chiamata di Dio. Penso che per i giovani “alzarsi” significhi essere missionari. Cioè, essere pronti a partire, a uscire da sé stessi (dalla comodità di stare seduti), per andare verso il prossimo, non rimanendo indifferenti ai problemi che esistono intorno a noi. Anche questa GMG è affidata ad alcuni Santi Patroni o testimoni della fede, figure di riferimento che hanno in corso questo processo. Perché è così importante oggi aspirare alla santità? Penso che aspirare alla santità sia aspirare alla felicità. Per i giovani è importante avere un modello di riferimento e i santi sono la prova che è possibile avere uno stile di vita cristiano e diverso da quello che vediamo intorno a noi. La figura che mi colpisce di più, ad esempio, è la Beata Chiara Badano. Il modo in cui ha vissuto, controcorrente e con grande fiducia in Dio, sono fonte di ispirazione e ci mostrano che è possibile farsi santi anche nel mondo di oggi. Per maggiori informazioni visita il sito: JMJ Lisboa 2023
Maria Grazia Berretta
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Gen 12, 2023 | Testimonianze di Vita, Vite vissute
Il 31 dicembre 2022 ci ha lasciato Luisa Del Zanna, una delle prime focolarine di Firenze. Era nata nel 1925 in una famiglia cristiana con 8 figli. Conosciuta la spiritualità dell’unità subito l’ha fatta propria. Nel 1954 entra a formar parte del focolare di Firenze. Negli anni successivi ha visto nascere e seguito le comunità del Movimento in tutte le vocazioni e si è dedicata ad essi con amore, intelligenza, sensibilità e delicatezza. Dal 1967 sarà a Rocca di Papa dove Chiara Lubich l’ha chiamata per occuparsi della sua segreteria e l’archivio, che ha coordinato fino al 2007, e la nascita del Centro Santa Chiara, per la comunicazione, insieme a Vitaliano Bulletti. “Custode dei ‘tesori dei Focolari’ – si legge in un articolo del 2008 su Città Nuova – Luisetta, un nome che ti accarezza, che ti fa pensare ad una creatura delicata e gentile. E lo è davvero nella sua figura minuta, Luisa Del Zanna, una di quelle persone alle quali si affidano solitamente compiti importanti per la loro discrezione, competenza, fedeltà, del cui valore non sempre ci si rende conto perché non appaiono ma senza le quali certi ingranaggi finirebbero per incepparsi…”. Nei suoi primi anni di vita di focolare lavorava come maestra in un paesino tra le montagne che raggiungeva facendo un pezzo di strada in groppa a un asino dovendo stare fuori tutta la settimana. E’ proprio di quegli anni la esperienza che ha scritto nel 1958 che e pubblichiamo a continuazione. “Per favore, la strada per Bordignano?[1]” Dopo quattro ore di corriera ero arrivata al Comune Capoluogo di quel paese che sulla carta topografica (scala 1:100.000) non ero riuscita a trovare. Nessuna agenzia d’informazioni ne sapeva dare notizia, né gli orari dei vari mezzi di trasporto lo menzionavano. Eppure, il foglio di nomina parlava chiaro: “La S.V. è invitata a prendere servizio venerdì 7 ottobre nella scuola elementare di Bordignano del Comune di Firenzuola”. E il nome era scritto a carattere stampatello, non ci si poteva sbagliare. La persona alla quale avevo rivolto la parola – un omone alto e robusto – mi squadrò con aria interrogativa: “Come ha detto?” e mi fece ripetere la domanda. Credeva d’aver capito male. Allora indicò lontano: “Vede quel colle laggiù? Dietro ce ne sono altri due e poi c’è B…. Io ci vado anche ora a portare la posta”. Non esitai un momento a capire che vi andava a piedi: gli stivaloni che calzava e il suo viso abbronzato lo facevano intravedere chiaramente. Ebbi un attimo di sgomento: riguardai quel colle, gli stivali di quell’uomo, capii che non c’erano altri mezzi, mi feci coraggio. “Vengo con lei”, dissi decisa. Il portalettere parve non capire, come prima, ma io mi misi in cammino e lo seguii. Furono tre lunghe ore di viaggio, interrotto solo da brevi momenti di sosta in cima alle salite ripide; c’erano raffiche impetuose di vento dove la vallata si apriva.
Alla fine, arrivai: tre case di pietra allineate e su, in cima a una stradina alberata, la chiesa col campanile. Salutai un vecchietto, seduto con la pipa in bocca, sulla soglia di casa. Gli dissi che ero la maestra. Si alzò e si mosse per accompagnarmi. Entrammo per una porta sconnessa nella seconda di quelle case in fila, tutte proprietà del vecchietto; la prima era la bottega, fornita di tutto (tranne di poche cose che non avevo e che proprio mi sarebbero servite). C’erano scarpone chiodati, fiammiferi, trappole per topi (di tante specie, quelle), pane raffermo, quaderni, di tutto insomma. Salimmo una scaletta e si entrò nella scuola. Uno stanzone, pochi banchi accatastati in un angolo (non ne avevo mai visti di quel genere: ci stavano in uno solo di quelli anche sei bambini), una sedia spagliata, una lavagna rotta: era tutto l’arredamento. – Di qua c’è la sua abitazione – mi spiegò il vecchietto – può essere contenta! Quest’anno c’è l’acqua corrente. L’ho fatta mettere io, a mie spese! M’introdusse in una cucinetta; in un angolo spiccava il caminetto spento. Avevo freddo. Cominciava a imbrunire: cercai l’interruttore della luce per accenderla, ma non c’era. (Imparai, nei giorni che seguirono, ad usare la lampada a carburo e a lavorare e a scrivere alla luce di quella linguetta di fuoco tremolante). Cercai quel giorno stesso il Pievano (seppi che era la Pieve la sua chiesa, la più bella tra quelle della vallata e dei poggi circostanti) e lo pregai di bandire alla Messa domenicale, che la scuola iniziava. “Eh, Signorina, è tempo di raccolta. Ora ci sono le castagne e poi le olive; i ragazzi aiutano molto in questi lavori. Di scuola – aggiunse – se ne parlerà a gennaio”. Mi parve impossibile. Avevo imparato da qualche tempo a non indietreggiare nelle difficoltà, anzi – mi avevano detto – servono da pedana di lancio – e avevo visto che era vero. Trovai un altro modo per far sapere che ero arrivata. Individuai le abitazioni dei miei alunni tra quelle casette sparse, isolate e vi andai. La prima fu la casa di Angiolino e Maria. Mi è rimasto di quella un ricordo vago di nero e di fumo. C’era Maria accoccolata in un cantuccio tra la cenere del focolare (aveva male alla gola), teneva il braccino alzato sul viso perché non la vedessi. Angiolino era in piedi: in un angolo con la testa bassa, seguiva il discorso che facevo con la mamma. Durante il colloquio conobbi la sfiducia di quella gente nella scuola e più ancora nell’insegnante. Ascoltai molto, in silenzio. Mi sforzavo di capire il parlare di quella donna in un dialetto duro, astioso, quasi incomprensibile. Seppi che il ragazzo da due anni aveva lasciato la scuola, senza aver compiuto gli studi elementari, per le monellerie che perpetrava a danno dei maestri. Dissi poche cose: ero venuta per loro, la scuola era gratuita, i ragazzi avrebbero avuto il pomeriggio libero per aiutare nel lavoro dei campi. “Vedremo – disse la donna – manderò Maria”. Nel congedarmi salutai il ragazzo: “Vorrei far bella la scuola per i piccoli che verranno, se puoi venirmi ad aiutare… t’aspetto”. Non ci fu bisogno di molti altri inviti. I bambini arrivavano uno ad uno, a coppie i fratellini, incerti, timorosi. Si erano dati la voce incontrandosi per i giuochi, nei campi, durante la custodia del gregge, o trovandosi insieme nel bosco curvi per la raccolta delle castagne. “Vieni anche tu? È bello, sai!” “Ci si sta bene, la maestra non batte!” La scuola diventò accogliente in breve tempo con l’aiuto valido di Angiolino. La natura di ottobre offriva un ricco materiale di ornamento nel colore vario delle sue foglie. Incominciò il lavoro. Avevo conosciuto una maestra: la sua scuola si ispirava a quella del Maestro Divino. Volli fare anch’io come lei. Nei pochi anni precedenti del mio insegnamento avevo cercato di conoscere i metodi pedagogici più in voga e di farli miei. Ogni anno però terminava con un senso di fallimento e di sconfitta. Ma questo era il metodo pedagogico di un Dio: non poteva fallire. Stabilii i miei rapporti con gli alunni e i rapporti degli alunni tra loro sul comando di Gesù: “Amatevi scambievolmente…”. Fu la base di tutto il lavoro di quell’anno. La scuola divenne un piccolo paradiso. Il libro preferito fu il Vangelo e le intelligenze di quei bambini, inusate e chiuse al ragionamento umano, si aprivano alla logica evangelica con una spontaneità sorprendente. Era impegnativo quel metodo. “Pro eis sanctifico me ipsum” (Per loro santifico me stesso), l’aveva detto Gesù, altrimenti non aveva efficacia. Era una battaglia e occorreva esser forti; c’era però l’Alimento che le dava la forza e non ne feci a meno, mai. Anche quando gli uffizi funebri nelle parrocchie lontane richiedevano la presenza del Pievano ed egli se ne partiva a cavallo assai prima dell’alba, non mancava l’appuntamento nella chiesetta per avere Gesù, e valeva la pena sfidare per questo il buio e l’abbaiare dei cani lungo il sentiero. Mi accorsi alla fine dell’anno che la vita evangelica dei piccoli non si era fermata entro le mura della scuola, ma si era riversata a casa, nella famiglia. Me ne accorsi dal saluto riconoscente dei genitori che non erano rimasti indifferenti a quel soffio di vita gioiosa che i bambini, tornando portavano tra loro. Era scomparsa dagli animi la scorza rude che me li aveva fatti sembrare insensibili e, inconsciamente in loro era entrata quella stessa vita.
Esperienza di Luisa Del Zanna
[1] Bordignano, nel comune di Firenzuola (Firenze, Italia). (altro…)
Gen 3, 2023 | Centro internazionale, Chiesa
Durante il suo incarico come Presidente del Movimento dei Focolari, dal 2008 al 2021, Maria Voce ha avuto la possibilità di conoscere ed incontrare più volte Papa Ratzinger. In un’intervista ci ha raccontato del suo rapporto con il Papa emerito e la sua impressione sul contributo del pontificato di Papa Benedetto alla Chiesa e al mondo. “L’impressione, quando fui ricevuta in udienza nel suo studio, fu quella di entrare come in un salotto di casa dove si poteva parlare ed essere accolti con amore, direi, con amorevole attenzione. Nello stesso tempo con signorile finezza, tatto, delicatezza”. Alla notizia della dipartita di Papa Benedetto XVI i ricordi di Maria Voce, già Presidente del Movimento dei Focolari, corrono subito a quel 13 aprile 2010, quando, insieme all’allora Copresidente dei Focolari, d. Giancarlo Faletti, fu ricevuta dal Papa. “Era il secondo anno dopo la morte della nostra fondatrice, Chiara Lubich – continua Maria Voce – Insieme al Copresidente siamo andati a mettere nelle mani del Papa la vita del Movimento. E ci siamo accorti che lui aveva tante realtà molto presenti. L’abbiamo anche aggiornato del viaggio in vari Paesi asiatici dal quale eravamo appena rientrati. Ha mostrato il suo compiacimento anche per la tappa fatta in Cina, giacché questo Paese era una grande frontiera per la Chiesa. Si è rallegrato per quello che il Movimento faceva per aiutare il cammino di riconciliazione tra i Vescovi cinesi e il Papa. Ci ha dato la sua benedizione e ci ha spronati ad andare avanti nel cammino della santità. Personalmente, mi ha fatto sempre impressione la sua fine gentilezza e nello stesso tempo la calorosa e familiare accoglienza. Aveva un grande senso di armonia, forse dato dal suo amore per la musica, che si rivelava anche nell’arredamento del suo studio: un luogo accogliente come una casa, sacro come una chiesa”.
In quali altre occasioni ha incontrato Papa Benedetto XVI come Presidente dei Focolari? “Nel 2008 ha ricevuto me e il Copresidente Faletti, subito dopo l’Assemblea Generale dei Focolari nella quale eravamo stati eletti, la prima dopo la morte della nostra fondatrice. Mi ha poi invitata, viaggiando nello stesso suo treno insieme a numerose personalità, alla “Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo” tenutasi ad Assisi il 27 ottobre 2011, a 25 anni dalla prima giornata realizzata da Papa Giovanni Paolo II nell’86. Infine, ho partecipato alla sua ultima udienza il 27 febbraio 2013 dopo l’annuncio delle sue dimissioni”. Quali riflessioni suscitò in lei quella sua decisione? “Quando si è accorto di non avere più le forze per adempiere il suo compito, ha avuto il coraggio di lasciare il posto ad altri che, a suo giudizio, avevano più forze e possibilità di fare meglio. Una scelta che, come dissi anche allora, mi
sembra abbia offerto un distillato della sua riflessione teologica e spirituale. Ha evidenziato il primato di Dio, il senso che la storia è guidata da Lui. E ci ha indirizzato a cogliere i segni dei tempi e a rispondervi con il coraggio di scelte sofferte, ma innovative. Con una chiara nota di speranza per “la certezza che la Chiesa è di Cristo”. Penso di non sbagliare affermando che la Chiesa alla quale Papa Benedetto ha sempre guardato, anche nel compiere questa scelta, è una “Chiesa-comunione”, frutto del Vaticano II ma anche prospettiva, “sempre più espressione dell’essenza della Chiesa” come aveva lui stesso sottolineato. E quel “sempre più” ci dice che ancora non l’abbiamo pienamente realizzata e invita ciascuno di noi a lavorare in quella direzione con sempre maggiore responsabilità”. All’indomani della sua elezione a Pontefice, Chiara Lubich aveva scritto: “Per la conoscenza diretta che ho di lui, avendo doti particolari per cogliere la luce dello Spirito, non mancherà di sorprendere e superare ogni previsione”. A suo avviso, qual è stato il contributo più significativo portato alla Chiesa da papa Benedetto XVI? Cosa dice alla Chiesa di oggi e a quella che il Sinodo sta preparando per il futuro? “Papa Ratzinger ha saputo cogliere la realtà dei Movimenti nella Chiesa come la “primavera dello Spirito”. Fondamentale il suo discorso, ancora da Cardinale, al Congresso dei Movimenti prima del grande incontro della Pentecoste 1998 con Papa Giovanni Paolo II. Un suo testo del 1969 contenuto in un ciclo di lezioni radiofoniche è impressionante pensando ai tempi di oggi; rivela la sua profonda spiritualità ed essenzialità ed una prospettiva che sarà stata presente al suo cuore in tutto il pontificato. Egli affermava infatti che per la Chiesa si stavano preparando tempi molto difficili, che la sua vera crisi era appena incominciata e doveva fare i conti con grandi sommovimenti. Ma, l’allora card. Ratzinger, si diceva anche certissimo di ciò che rimarrà alla fine: non la Chiesa del culto politico, ma la Chiesa della fede. Essa non sarà più la forza sociale dominante nella misura in cui lo era fino a poco tempo fa. Ma la Chiesa conoscerà, concludeva, una nuova fioritura e apparirà come la casa dell’uomo, dove trovare vita e speranza oltre la morte”.
Anna Lisa Innocenti
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Gen 2, 2023 | Chiesa, Cultura
Il teologo Piero Coda ricorda Papa Benedetto VI e lo straordinario contributo di sapienza da lui dato al cammino della Chiesa nel nostro tempo. Mons. Coda, nel 1998 al Congresso Mondiale dei Movimenti ecclesiali, l’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, card. Joseph Ratzinger, fece uno storico discorso sul ruolo dei Movimenti ecclesiali. Quali, secondo lei, i punti essenziali di quell’intervento? Quanto quelle parole hanno contributo a cambiare il ruolo dei movimenti nella Chiesa? Sì, fu davvero un discorso storico! Lo ascoltai dal vivo, essendo presente al Congresso. La grande competenza teologica e la conoscenza della storia della Chiesa, così come l’esperienza del Concilio e poi – nel ruolo da lui svolto in Vaticano – della sua implementazione a livello universale permisero a Ratzinger di collocare con chiarezza il significato dei Movimenti ecclesiali nella missione della Chiesa. Il punto centrale da lui proposto consiste nel riconoscere in essi l’azione dello Spirito Santo che lungo i secoli sempre di nuovo, con ondate successive, rinnova il Popolo di Dio col dono dei carismi: da San Benedetto agli Ordini Mendicanti nel Medioevo, dalla Compagnia di Gesù agli Ordini missionari negli ultimi secoli, sino appunto all’inaspettata fioritura carismatica in concomitanza col Concilio. Di qui l’affermazione di Giovanni Paolo II, in sintonia con l’insegnamento del Vaticano II, secondo cui la Chiesa è edificata grazie alla co-essenzialità dei “doni gerarchici” – il ministero conferito dal sacramento dell’Ordine – e dei “doni carismatici” – la libera elargizione di grazie speciali di luce e di vita tra tutti i discepoli di Gesù.
In occasione della morte di Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, Papa Benedetto XVI scrisse un ampio messaggio di cordoglio. Quale rapporto aveva avuto la Lubich con lui? Chiara – me lo disse personalmente – fu molto colpita da quel discorso del Cardinale del 1998 di Ratzinger e gliene fu sempre grata. Del resto, visitando il Centro Mariapoli di Castel Gandolfo (Roma) e celebrandovi la Santa Messa nella Festa dell’Immacolata, l’8 dicembre del 1989 riprendendo la parabola evangelica, egli disse di vedere la crescita di un grande albero nato da un piccolo seme, in cui trovano riposo gli uccelli del cielo… I primi anni del pontificato di Benedetto XVI coincisero con gli ultimi della vita di Chiara: che non poté più incontrarlo di persona e gioire del fatto che, a un anno dalla sua morte, nell’enciclica Caritas in veritate, Papa Ratzinger faceva menzione dell’economia di comunione. Cosa dice il pensiero e la vita di papa Benedetto XVI alla Chiesa di oggi e a quella di domani, che il Sinodo attuale sta contribuendo a delineare? Suo imperdibile contributo è stato richiamare con la sua autorevolezza di uomo di Dio e di grande teologo una decisiva verità: l’opera di rinnovamento messa in moto dal Vaticano II va promossa in presa diretta col nucleo vivo del Vangelo di Gesù e nell’alveo della Tradizione ecclesiale. Come ha puntualizzato nel magistrale discorso alla Curia romana del dicembre 2005 – primo anno del suo pontificato – quando dell’evento conciliare ha tracciato la risolutiva chiave d’interpretazione: “riforma nella continuità”. Non è un caso che il libro più noto dell’ancor giovane teologo Ratzinger, apparso in prima edizione nel 1968 e tradotto nelle principali lingue, porti il titolo di Introduzione al cristianesimo. A segnalare che la pedana di lancio per un profetico salto in avanti è la fede di sempre in Gesù. Né è senza significato che, da Papa, abbia voluto riservare tre encicliche alle virtù teologali: la carità, la speranza, la fede. Sottolineando con forza il primato della prima, perché evoca il nome stesso del Dio che si rivela in Gesù. Quel Gesù cui ha dedicato un’appassionata trilogia come invito all’incontro con il principio vivo della fede, che non è appunto una bella idea, ma Lui stesso. Fedeltà, dunque, al patrimonio della fede. Ma perché da essa si sprigionino la ricchezza e la novità del Vangelo. Questo il segreto della forza e del fascino durevole del magistero di Benedetto XVI. E lei personalmente, quale è il ricordo più bello che porta con sé di papa Ratzinger? L’ho incontrato molte volte, prima da Cardinale e poi da Papa, sperimentando sempre la sua grande cordialità e la sua squisita attenzione. Ho anche avuto l’occasione di conversare a lungo con lui di teologia, nel contesto di una serie di seminari con altri studiosi, a livello internazionale, quand’era Prefetto della Dottrina della Fede, rendendomi conto (con crescente gratitudine a Dio) dello straordinario contributo di sapienza da lui dato al cammino della Chiesa nel nostro tempo. D’accordo con Chiara comunicai a Papa Benedetto l’idea di dar vita all’Istituto Universitario Sophia: “Una bella cosa… – esclamò – se ce la fate…”. Ricordo, infine, la sua gioiosa sorpresa quando, incontrandolo nel corso di un’udienza con il primo gruppo degli studenti, Caelison, uno studente non-vedente, spontaneamente gli confidò: “A Sophia abbiamo trovato la luce!”.
Stefania Tanesini
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Dic 31, 2022 | Centro internazionale, Chiesa
Le parole di Margaret Karram, presidente del Movimento dei Focolari in occasione della dipartita di Sua Santità, Papa Benedetto XVI Stima, riconoscenza e grande commozione riempiono ora il mio cuore mentre esprimo la più profonda gratitudine per l’opera e la vita di Papa Benedetto XVI, a nome mio e del Movimento che egli ha seguito e accompagnato con vicinanza e amore. Con tutta la Chiesa ci stringiamo attorno a papa Francesco nel ridonarlo a Dio, certi che sia già stato accolto nella gloria del Cielo e lo farò di persona, il 5 gennaio prossimo, partecipando alle esequie in Piazza San Pietro. Ho avuto il dono di accogliere Papa Benedetto, nel maggio 2009, a Gerusalemme, partecipando a varie tappe del suo pellegrinaggio in Terra Santa. Due momenti mi rimangono particolarmente impressi, le sue parole al Santo Sepolcro: “La pace qui è possibile”. “la Tomba Vuota – ha continuato – ci parla di speranza, quella stessa che non delude, perché è dono dello Spirito della vita”. Molto forte per me è stata anche la partecipazione ad una messa privata nella Delegazione Apostolica di Gerusalemme, celebrata proprio da papa Benedetto XVI. Ho colto la sua tenerezza paterna e la grandezza della sua carità che si esprimeva con un gesto di riconoscenza per tutto ciò che il Movimento dei Focolari aveva fatto per preparare la sua visita.
Nel 1989, poi quando era ancora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il Card. Joseph Ratzinger fu invitato da Chiara Lubich per un dialogo con le focolarine, riunite in occasione degli esercizi spirituali annuali, a cui anch’io stavo partecipando. Rispose a domande molto varie ed a un certo punto pronunciò parole che non ho dimenticato. A proposito del futuro della Chiesa e dell’umanità disse: “L’ultima parola della storia del mondo sarà la comunione, sarà il diventare comunione, non solo tra noi ma, essendo incorporati nell’amore trinitario, diventare comunione universale, dove Dio è tutto in tutti” [1]. Oggi, nel momento in cui l’amato Papa Benedetto XVI è tornato alla casa del Padre, questa sua espressione risuona in me quasi come un testamento spirituale. Sono parole di un’attualità straordinaria, che oggi gettano luce e speranza su un’umanità afflitta da conflitti di cui non vediamo la fine. Ci siamo nutriti del suo pensiero così illuminato, quello di un grande teologo che, ancora giovanissimo, partecipò al Concilio Vaticano II, trasmettendo e presentando negli anni la novità di una chiesa-comunione, fatta di conoscenza della Parola e di carità tradotta in pratica. All’indomani della sua elezione a Pontefice, Chiara Lubich così si espresse: “Per la conoscenza diretta che ho di lui, avendo egli doti particolari per cogliere la luce dello Spirito, non mancherà di sorprendere e superare ogni previsione” [2]. Non dimenticheremo poi il ruolo chiave che ebbe nel 1998, quando Papa Giovanni Paolo II in occasione della festa di Pentecoste, convocò in piazza San Pietro i Movimenti ecclesiali e Nuove Comunità. In quell’occasione, il card. Ratzinger tenne una lezione magistrale dal titolo: “I movimenti ecclesiali e la loro collocazione teologica”, in cui delineò il profilo dei movimenti e delle nuove comunità e il rapporto imprescindibile con la Chiesa. Alcuni passaggi del suo intervento continuano ad essere per me e per il Movimento, di grande luce per poter essere strumenti di comunione nella Chiesa e braccia di Cristo per l’umanità: “(…) è molto evidente che lo Spirito Santo è anche oggi all’opera nella Chiesa e le concede nuovi doni – disse allora – grazie ai quali essa rivive la gioia della sua giovinezza (cfr. Sal 42, 4). Gratitudine per quelle tante persone, giovani e anziane, che aderiscono alla chiamata dello Spirito e, senza guardarsi né attorno né indietro, si lanciano gioiosamente nel servizio del Vangelo. Gratitudine per i vescovi che si aprono ai nuovi cammini, fanno loro posto nelle proprie rispettive Chiese, dibattono pazientemente con i loro responsabili per aiutarli a superare ogni unilateralità e per condurli alla giusta conformazione”[3]. Insieme alla Chiesa tutta, ringrazio Dio per il dono che Papa Benedetto XVI è stato per il nostro tempo e prego che sappiamo cogliere e tradurre in vita la profondità del suo pensiero teologico, la fedeltà al Vangelo e il coraggio di una testimonianza di vita capace di condurre la Chiesa sui sentieri della verità, della fratellanza e della pace.
Margaret Karram Presidente del Movimento dei Focolari
[1] Visita del Card. Joseph Ratzinger all’incontro delle focolarine, risposte alle domande. Castel Gandolfo, 8 dicembre 1989. Archivio Chiara Lubich in Archivio Generale Movimento dei Focolari. [2] Dichiarazione di Chiara Lubich in: Comunicato Stampa Movimento dei Focolari, 20 aprile 2005 [3] I movimenti nella Chiesa. Atti del Congresso mondiale dei movimenti ecclesiali, Roma, 27-29 maggio 1998, Coll. Laici oggi 2, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1999 (altro…)
Dic 29, 2022 | Cultura, Focolari nel Mondo, Testimonianze di Vita
Due tappe fondamentali per vivere scambi culturali, formare percorsi di inclusione attraverso l’arte e valorizzare talenti musicali. Yann Dupont è un professore francese. Insegna all’istituto Sainte Catherine di Villeneuve-Sur-Lot, in Francia. Aveva un sogno nel cassetto: portare alcuni suoi studenti in Madagascar, a Moramanga per uno scambio culturale con la scuola di Antsirinala. Per caso un giorno Dupont incontra Valerio Gentile del Gen Rosso. Un dialogo vivace, semplice, sincero. Nasce un’idea: perché non andare insieme in Madagascar, Gen Rosso e cinque suoi studenti per uno scambio culturale e umanitario? Detto fatto! I giovani francesi sono stati così inseriti nel gruppo di formazione “train the trainer” dove hanno partecipato anche alcuni giovani interessati alle arti dello spettacolo. Avevano come motto le parole vissute poi durante i workshop in Madagascar: “chiamare per nome, mettersi nelle scarpe dell’altro, vivere l’uno per l’altro con gioia, ricominciare”. Un tour a novembre di 8 giorni – grazie al sostegno economico della ONG Edugascar – in 4 città diverse: Ambatondrazaka, Moramanga, Antsirinala, Antingandingana. Le giornate sono trascorse fra workshop di danza, percussioni, canto e concerti. Oltre 500 giovani coinvolti. “Crediamo che tutti abbiamo sperimentato un pezzetto di mondo più unito qui in Madagascar – affermano dal Gen Rosso -. Abbiamo scoperto un popolo che trasmette speranza, pazienza, senso di adattamento, serenità e coraggio nell’affrontare la vita con le sue sfide quotidiane”.
Nancy Judicaelle, giovane malgascia racconta: “Da un lato sono triste che il tempo con loro sia stato così breve, ma sono tanto felice e profondamente commossa, sperimentando una gioia inspiegabile”. Angel, uno dei giovani partecipanti aggiunge: “Il concerto è stato formidabile, perché abbiamo fatto uno scambio sulla musica, sull’educazione dei figli, il rispetto dell’ambiente. È stato uno spettacolo grande in cui anche i bambini hanno potuto dare il loro contributo per tutta la nostra comunità”. I cinque studenti francesi insieme al Gen Rosso hanno proseguito il tour, prima ad Antsirinala dove li ha accolti – in un clima di festa e cordialità – una scuola di 200 bambini e ragazzi gemellata con la scuola di Villeneuve, e poi ad Ambatondrazaka. Qui l’incontro con la comunità dei Focolari, in festa perché era la prima volta che il Gen Rosso sbarcava in Madagascar. “Ho vissuto momenti incredibili, di scambio culturale avvenuto in maniera del tutto naturale tra il Gen Rosso e il popolo malgascio umanitario – afferma Dumoulin Nicolas, reporter francese che ha seguito il tour -, includendo un gruppo di studenti francesi presente qui per uno scambio. È stata una grande avventura di vita”. Tappa in Libano Altro importante viaggio per la band internazionale è il Libano per il progetto HeARTmony. Dopo l’esperienza in Bosnia, questo programma formativo nel mese di novembre ha fatto tappa a Beirut, per giovani interessati alle metodologie dell’inclusione sociale per migranti e rifugiati attraverso l’arte. Uno sprone per rafforzare le competenze interculturali e riflettere sulle cause e gli effetti delle migrazioni nel Mediterraneo. Adelson, Michele, Ygor e Juan Francisco, in rappresentanza del Gen Rosso si sono ritrovati con i giovani di Caritas Egypt, Caritas Lebanon e membri di Humanité Nouvelle Lebanon.
Atterrati a Beirut sono stati accolti calorosamente dai membri dei focolari. Lo scopo principale del viaggio era quello di imparare ad utilizzare la musica e l’arte come strumenti per avvicinare le persone, soprattutto chi vive ai margini della società come ad es. i migranti, per farle sentire accolte in una comunità. “L’arte è un mezzo potente, – sottolinea Adelson del Gen Rosso – la musica arriva dove noi spesso non riusciamo con le parole. Una persona si può sentire amata e rispondere all’amore in tanti modi”. Il metodo è quello di sempre: attraverso workshop di canto, musica, percussioni si cerca di valorizzare i talenti dei partecipanti in vista della costruzione dello spettacolo finale. Una sera la band e i partecipanti al progetto sono stati invitati ad una festa organizzata dalla comunità dei focolari di Beirut: fare musica e conoscersi. È stata l’occasione per condividere alcune esperienze di vita e scoprire meglio la realtà che oggi vivono i giovani libanesi. “Voglio andarmene via, ma sento che il Libano cambierà solo se io ho il coraggio di restare, se metto in pratica quanto ho imparato” racconta una giovane ragazza durante la serata. “In questo momento è difficile dire ai giovani di restare, ma le parole di questa ragazza mi hanno colpito profondamente – continua Adelson -. Penso che da qui si possa ripartire: mettere l’amore nelle cose che facciamo, per diventare protagonisti della propria realtà. Forse non vedremo i risultati subito, ma sono certo che presto il Libano rinascerà, come una fenice”!
Lorenzo Russo
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Dic 28, 2022 | Cultura, Nuove Generazioni, Testimonianze di Vita
Le emozioni vissute in un anno indimenticabile e le prospettive per il nuovo anno Il 2022 difficilmente lo dimenticheremo. La guerra in Ucraina, paragonabile ad un virus ancora senza vaccino ci ha segnati ogni giorno di quest’anno che volge al termine. È stata però un’occasione per tanti artisti nel dare messaggi di pace e speranza. E così è nato il brano “We Choose Peace”, inciso dal gruppo artistico internazionale Gen Verde proprio con l’inizio del conflitto in Ucraina. Il videoclip, registrato insieme ai giovani della cittadella di Loppiano e lanciato durante la Settimana Mondo Unito, è stato di forte attualità durante tutto il 2022, soprattutto ai vari concerti in giro per l’Europa. La band ha inciso anche un altro brano, “Walk On Holy Ground”, scritto in particolare per i seguaci di San Vincenzo de’ Paoli ma anche per tutti quelli che si sentono chiamati a seguire Gesù. “Sentirmi guardata ed amata da Colui che mi ha scelta così come sono – racconta dal Gen Verde Andreína Rivera cantante Venezuelana – mi ha dato la forza di continuare con ancora più convinzione”. Quest’anno è stato anche caratterizzato dal ritorno dei concerti nelle piazze e nei teatri, con workshop e laboratori, dopo poco più di due anni di stop dovuto dalla pandemia. Vari i concerti del Gen Verde in Italia e in uno speciale tour europeo. L’esperienza più forte si è vissuta nel carcere femminile a Vechta, in Germania.
“Per la prima volta sono stata in grado di non sentirmi in prigione. Era così bello – ha raccontato una detenuta al termine del concerto -. Non ho sentito nessuna differenza, loro erano come noi. Alcune di loro avevano anche le lacrime negli occhi. Ci hanno capito davvero”. E ancora: “Molte canzoni erano così adatte alla nostra situazione, soprattutto la canzone “On the other side” perché aiuta a non giudicare chi è diverso da te”. Un’altra detenuta sottolinea come “il tempo è passato così in fretta e non volevamo che finisse. Le storie delle canzoni sono anche il mio passato ed è per questo che non mi sento sola con il mio dolore. Ora so che anche altre persone con le stesse storie, con lo stesso dolore, sono riuscite a ritrovare la felicità”. Dicevamo del ritorno dopo la pandemia. Per il Gen Verde è stato emozionante riprendere con lo Start Now Workshop Project, cioè ritrovare i giovani nei laboratori artistici e salire sul palco insieme a loro.
“È stato forte incontrare i giovani da diverse parti d’Europa – confida dal Gen Verde Raiveth Banfield, cantante panamense -. Donando le nostre esperienze tanta luce riaffiorava nei loro occhi. Una conferma che vale la pena vivere per la fratellanza universale”. A queste parole fanno eco quelle di due giovani ragazze slovacche: “Prima di venire non sapevamo bene a cosa andassimo incontro. All’inizio non volevamo neanche uscire da noi stesse. Poi nei workshop abbiamo scoperto che tutti avevamo tanto in comune, anche se non ci conoscevamo o non potevamo capirci per le lingue diverse. Così abbiamo scoperto che ognuno di noi ha una piccola luce dentro di sé, nonostante qualche piccola oscurità. Questa esperienza è indimenticabile: la porteremo con noi per il resto della vita”. Al Gen Verde si comincia a intravedere un 2023 pieno di sorprese e novità. “Ci prepariamo da vari mesi perché sarà carico di viaggi, tour, concerti e anche di varie sorprese – afferma Alessandra Pasquali, cantante e attrice italiana -. Non possiamo svelare ancora molto perché ci sono cose in elaborazione, tanto lavoro in corso”. Nei primi mesi del 2023 il Gen Verde sarà di nuovo in Germania e poi in Austria, Romania e d’estate in Portogallo per la Giornata Mondiale della Gioventù, oltre che in varie città italiane. Tra queste ultime il 24 febbraio ad Assisi ci sarà un concerto dedicato alla pace.
Lorenzo Russo
Info: https://www.genverde.it/ (altro…)
Dic 27, 2022 | Testimonianze di Vita
La preghiera non è solo la via migliore per cercare Dio ma, più di ogni altra cosa, è l’essere disponibile a farsi trovare da Lui. È da questa esperienza di grazia che deriva la nostra forza ed è proprio nella preghiera che alcuni giovani del Perù, dinanzi ad una situazione dolorosa, hanno trovato la risposta. Come vivere la preghiera? È questo il tema sul quale le comunità del Movimento dei Focolari sono chiamate a riflettere questo anno e che ha avuto un ruolo da protagonista anche il 13 novembre 2022, durante la giornata Gen2day, che ha visto coinvolte le realtà giovanili del Movimento dei Focolari, collegate in diretta streaming da tante parti del mondo. Tante le esperienze sull’importanza della preghiera. Tra queste quella di un gruppo di gen di Arequipa (Perù), raccontata da un video attraverso le parole di Verónica, Alejandra, Anel e Katy. “Vogliamo condividere con voi una esperienza d’amore, unità e preghiera che abbiamo vissuto di recente e che riguarda in particolare una gen, nostra grande amica, Pierina. Una settimana dopo il suo compleanno è successo qualcosa di inaspettato, una notizia che ha sconvolto a tutti: Pierina ha avuto un malore con conseguenze molto serie. Abbiamo compreso subito la gravità della situazione e che sarebbe stato un processo lungo e delicato. Eravamo molto preoccupati e sentivamo di avere le mani legate. Cosa fare? Improvvisamente è nata dal nostro cuore l’idea di recitare un rosario e una preghiera alla Beata Chiara Luce Badano per la salute di Pierina. Insieme alla comunità dei Focolari di Arequipa, abbiamo cominciato tutti i giorni alle 8 o alle 9 di sera a incontrarci via web. Abbiamo potuto osservare come, pian piano, questo momento insieme ha dato vita a frutti inaspettati, anche in noi. Ogni notte questo rosario era la nostra forza. Anche se la situazione continuava ad essere complicata, rimettevamo tutto nelle mani di Dio: la salute di Pierina, la sua guarigione ed anche la forza per la famiglia. Sono passati i mesi ed è stato molto bello vedere come Pierina sia uscita dalla terapia intensiva e abbia poi iniziato una lenta ripresa. Ci è sembrato un segno che questa preghiera doveva continuare. Ci siamo accorti che questo spazio prezioso che ci eravamo ritagliati era diventato un momento per sperimentare l’unità tra noi, in cui ciascun membro poteva non solo affidare la vita di Pierina a Dio, ma anche portare i suoi dolori, le sue fatiche, condividere e scoprire la bellezza dell’incontro con Dio. É stata un’esperienza molto bella, che fino ad oggi è una forza per tutti noi”.
A cura di Maria Grazia Berretta
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Dic 23, 2022 | Centro internazionale, Dialogo Interreligioso
Vinu Aram, direttrice dello Shanti Ashram, visita il Centro Internazionale del Movimento dei Focolari (Rocca di Papa- Roma). Un momento di grande condivisione ricordando l’eredità preziosa che l’incontro con Chiara Lubich le ha lasciato: vivere in unità per un mondo migliore; un’occasione speciale per augurare un Natale di gioia a tutti coloro che si preparano a vivere questa festa. “Credo che il nostro viaggio continui ad avere un gran significato. Basti pensare ai primi semi lanciati, il lavoro che abbiamo svolto insieme e il desiderio costante di un mondo pacifico. A che punto siamo? Pensate a una famiglia in cui ciascuno ha la propria particolarità, ma dove c’è anche coesione. Ci fidiamo l’uno dell’altro, con rispetto e con molto amore”. Sono parole di fraternità quelle usate da Viru Aram, indiana e indù, direttrice del Centro Internazionale Shanti Ashram, da tempo amica e collaboratrice del Movimento di Focolari. La sua recente visita a Margaret Karram, Presidente di Focolari, il 23 novembre 2022 presso il Centro Internazionale del Movimento a Rocca di Papa (Italia), è stata un’occasione per rafforzare questo legame, riflettere insieme su alcune tematiche che affliggono questo tempo e considerare strade comuni per rendere il mondo un posto migliore. Vinu, secondo lei di cosa il mondo oggi ha davvero bisogno? Credo abbia bisogno di un ascolto vero e sincero. Oggi ciò che ci viene richiesto è umanità e l’umanizzazione della nostra esperienza vissuta. Abbiamo fatto molto, in alcuni casi bene, ma a volte il costo da pagare è stato alto. Ci troviamo nel bel mezzo di quella che abbiamo definito una confluenza di crisi e la pandemia del COVID-19 ha aggravato tutto. Il virus non ha fatto discriminazioni ma in un mondo diseguale ha prosperato. Credo che sia necessario agire rafforzati da tutto ciò che abbiamo fatto di buono, ma anche informati su ciò che possiamo fare meglio: il rispetto per l’ambiente, per la vita umana e la sua sacralità. Il modo in cui viviamo, il modo in cui governiamo e condividiamo le risorse, prevede una responsabilità nei confronti dei nostri figli. Sono il nostro presente e il nostro domani. È necessario fare le cose non solo in modo diverso, ma tenendo conto degli interessi di tutti. Oggi sono tantissimi i Paesi e le regioni del mondo colpiti da violenza e conflitti, alcuni di questi dimenticati. Da insegnante, quale messaggio dà ai suoi ragazzi? Quello di promuovere in loro una mentalità di pace, affinché non solo le nazioni e le comunità possano lavorare per la pace, ma anche i popoli stessi. La pace è la base fondamentale su cui avanza la prosperità. Ma se si guarda al mondo, gli indicatori di violenza superano quelli di vita pacifica. Sia che si tratti della sfera sociale sia che si tratti della sfera economica o altro. E ogni conflitto in tutto il mondo, toglie la dignità essenziale della vita umana. Quel che serve sono narrazioni di pace. La gente deve credere che sia possibile. Abbiamo bisogno di esperienze vissute dinanzi alle quali giovani e bambini possano dire: “Ah, se questo funziona, possiamo farlo anche noi”. Servono le strutture giuste, condivisione e dialogo di altissima qualità, sinceri, che portino davvero alla trasformazione. Così, come diceva spesso il Mahatma Gandhi, in modo gentile, possiamo scuotere il mondo.
Maria Grazia Berretta
Attivare i sottotitoli in Italiano https://youtu.be/Sm3O6PbLE1A?list=PLKhiBjTNojHqtFwgi5TYI3T7zRvAuOZiD
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Dic 23, 2022 | Testimonianze di Vita
L’Avvento è un tempo di raccoglimento, di attesa ed è un tempo che ci sveglia dal torpore, sorprendendoci con l’incarnazione di un Dio che si fa “piccolo” per venire ad abitare in mezzo a noi. Il mistero del Natale ci riporta al concreto, e accogliere Gesù bambino nella nostra vita diventa la possibilità per ciascuno di convertirsi di nuovo e guardare con gratitudine alla propria quotidianità. Una carità sempre nuova Da quando è scoppiato il conflitto in Ucraina siamo stati coinvolti nella raccolta di cibo e vestiario e nell’accoglienza dei profughi. In parrocchia è iniziata anche una catena di preghiere per la pace. Noi abbiamo accolto una mamma ucraina con due figli. Per la lingua, sulla base del ceppo slavo, non ci sono stati problemi, anche se l’inglese è quasi un esperanto… ma come organizzare la vita a persone completamente disorientate? In famiglia siamo già in cinque e per gli ospiti abbiamo chiesto aiuti a parenti e amici. Si trattava di organizzare anche gli spazi, un’esperienza mai fatta. Dopo i primi giorni, facili per la novità ma difficili per il resto, abbiamo notato nei nostri figli, tutti adolescenti, un senso di responsabilità che prima non avevano mostrato: aiuto nelle faccende domestiche, fare la spesa, accompagnare dal medico qualcuno, insegnare qualche parola slovacca, cucinare, stirare. Il dolore dei nostri ospiti è la sospensione, la mancanza di orizzonte. E accogliere questo dolore sordo non è solo un buon modo per aiutare qualcuno, ma aiuta noi a vivere meglio la nostra fede e a trasformarla in carità sempre nuova. (J. e K. – Slovacchia) Dio ti fa visita Rimasto vedovo, non ho avuto più riferimenti per il futuro. Le due figlie, già fuori casa, avevano una vita davanti. Risposarmi? Ma il mio problema non era soltanto la mancanza di una compagna, bensì un grande interrogativo sul senso della vita. Ho cominciato a bere, sempre più. Un giorno si è presentato alla mia porta un ragazzo del Bangladesh che vendeva calzini. Vedendomi in uno stato pietoso, si è offerto di risistemare la cucina e si è messo a lavare mucchi di piatti e stoviglie fino a creare una parvenza di ordine. Mentre bevevo il caffè che mi aveva preparato, gli ho chiesto notizie di lui. Era in Austria in cerca di lavoro per sostenere i genitori anziani e un fratello malato. In breve, pochi giorni dopo si trasferiva da me. Oltre a darmi una mano per le faccende di casa, gli ho trovato altri lavoretti presso amici. Quando vedeva che mi assaliva l’inquietudine, quel ragazzo semplice e buono cercava di distrarmi. Posso dire che mi ha salvato. Attraverso di lui, sento che Dio è venuto verso di me, è venuto a farmi visita. (F.H. – Austria)
A cura di Maria Grazia Berretta
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VIII, n.2, novembre-dicembre 2022) (altro…)
Dic 22, 2022 | Centro internazionale
Messaggio di Margaret Karram, Presidente del Movimento dei Focolari, in occasione del S. Natale 2022 https://www.youtube.com/watch?v=YGt4KlwM9N8 Vorrei fare gli auguri più belli di Natale a tutti e lo faccio attraverso una poesia che ho scritto in questi giorni. Vieni, signore Gesù, affrettati a venire, il mondo intero non resiste più! Una notte cupa è scesa quaggiù. La stella cometa è scomparsa dal cielo blu. Chi ci guiderà ora a Betlemme per incontrare il Principe della pace? Chi ci aiuterà a riaccendere nei cuori le fiamme di un amore che arde e si fa arte? È Natale. Torna, torna Signore Gesù. Vogliamo accoglierti come non abbiamo fatto mai. più di ieri vogliamo riconoscerti In chi soffre: nel povero, nel solo, nel disperato, nell’ammalato, nell’abbandonato. Donaci di sentire il grido di chi non spera, di chi non crede più! Donaci di essere persone di pace. Donaci coraggio, donaci audacia per fare eco agli angeli e come loro annunciare: gioia, speranza, serenità, fraternità.
Margaret Karram
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Dic 19, 2022 | Chiara Lubich
Tra pochi giorni arriva Natale. Una festa che ci dà l’occasione per ritrovarci in famiglia e rinnovare i rapporti, al di là delle luci e dei regali. Dio si fa bambino e nasce nella povertà di un presepio. Nel Natale 1986 Chiara Lubich invitava le comunità dei Focolari ad andare incontro a chi più soffre. Anche oggi ci sono molti fratelli e sorelle che si trovano a vivere situazioni di sofferenza e attendono il nostro sollievo, la nostra condivisione. […] Oggi il calore del Natale porta a sentirci tutti più famiglia, più uno fra noi, più fratelli: a condividere quindi ogni cosa: gioie e dolori. Dolori soprattutto con quelli che, per le più varie circostanze, trascorrono questo Natale a tu per tu con la sofferenza. […] La sofferenza! Quella che investe totalmente a volte le nostre persone o quella che ci sfiora e mescola l’amaro con il dolce nelle nostre giornate. La sofferenza: una malattia, una disgrazia, una prova, una circostanza dolorosa… La sofferenza! […] Se guardiamo con occhio umano la sofferenza, siamo tentati di cercarne la causa o in noi, o fuori di noi, nella cattiveria umana ad esempio, o nella natura, o in altro… […] E tutto ciò può essere anche vero, ma, se pensiamo solo in tal modo, dimentichiamo il più. Ci scordiamo che dietro la trama della nostra vita sta Dio con il suo amore, che tutto vuole o permette per un motivo superiore, che è il nostro bene. […] Gesù, dopo averci invitati a prendere la nostra croce per seguirlo, non afferma forse: Perché “chi avrà perduto la sua vita (e questo è il colmo del patire), la troverà” (Mt 10, 39)? Il dolore è quindi speranza di salvezza. […] Che dire, allora, oggi, ai nostri che si dibattono nella sofferenza? […] Avviciniamoli anzitutto con sommo rispetto: anche se ancora forse non lo pensano, essi sono in questo momento visitati da Dio. Poi condividiamo, in tutto quanto è possibile, le loro croci e cioè teniamo Gesù in mezzo con loro effettivamente. Assicuriamoli anche del nostro continuo ricordo e della nostra preghiera, perché sappiano prendere direttamente dalle mani di Dio quanto li angustia e li fa soffrire e lo possano unire alla passione di Gesù, onde sia potenziato al massimo. […] E ricordiamo loro quel meraviglioso principio cristiano della nostra spiritualità, per il quale un dolore amato come volto di Gesù crocifisso e abbandonato si può tramutare in gioia. […] Sia dunque questo il nostro Natale […]: condividere ogni sofferenza con i nostri fratelli più provati ed offrire le nostre a Gesù Bambino.
Chiara Lubich
(Chiara Lubich, Conversazioni, Città Nuova, Roma 2019, pag.265-268)
https://www.youtube.com/watch?v=T4GCVOR9ias&list=PL9YsVtizqrYteytxWjDuo6dI2RcHiLFkw (altro…)
Dic 14, 2022 | Cultura
Il Centro Evangelii Gaudium (CEG), apre le iscrizioni al Corso di Formazione alla Sinodalità, un contributo concreto per rispondere alla chiamata della Chiesa a camminare insieme. Il Centro Evangelii Gaudium (CEG), centro di formazione all’interno dell’Istituto Universitario Sophia, si prepara, nel 2023, ad avviare un Corso di Formazione alla Sinodalità, un percorso formativo elaborato in sinergia con la Segreteria Generale del Sinodo e in collaborazione con altri centri di formazione e istituti accademici in Italia e non solo. Ma perché parlare di sinodalità? Ce lo spiega il Prof. Vincenzo di Pilato, docente di teologia Fondamentale presso la Facoltà Teologica Pugliese in Italia e coordinatore del CEG.

Prof. Vincenzo di Pilato
“Lo scorso 16 ottobre papa Francesco ha comunicato la decisione di voler svolgere in due sessioni la prossima XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. ‘Tale decisione – si legge nel Comunicato stampa – scaturisce dal desiderio che il tema della Chiesa sinodale, per la sua ampiezza e importanza, possa essere oggetto di un discernimento prolungato non solo da parte dei membri dell’Assemblea sinodale, ma di tutta la Chiesa’. Questa è la sfida che il Corso vuole raccogliere: coniugare al meglio possibile il camminare ‘insieme’ con il camminare ‘tutti’. Lo stiamo sperimentando a livello di diocesi, parrocchie, movimenti, congregazioni, ovunque: la sinodalità senza la vita nello Spirito si riduce ad assemblearismo stonato e inconcludente. Abbiamo bisogno di ‘case e scuole di comunione’, ma anche di ‘palestre di sinodalità’ in cui imparare ad ascoltare e seguire lo Spirito Santo. Facile a dirsi! Il Corso vorrebbe mettersi al servizio di quest’altra sfida: far incontrare l’esperienza spirituale con le scienze teologiche e umane. È quanto auspicato dai Dicasteri pontifici, in particolare quelli impegnati sul versante della formazione, che in varie occasioni hanno suggerito corsi di questo genere aperti a tutte le vocazioni. La stessa Segreteria Generale del Sinodo si è mostrata particolarmente coinvolta nell’iniziativa. Avremo, infatti, l’onore di aprire il Corso con il cardinale Segretario Mario Grech, il prossimo 17 gennaio 2023. Professore, in che modo si svolgerà questo corso e a chi è rivolto?
Il corso è triennale. Si snoda in 4 periodi dell’anno (3 moduli accademici e un incontro residenziale), trattando tematiche in sintonia con il processo sinodale in corso. Ci si può iscrivere per l’intero anno o per il singolo modulo. La lingua ufficiale sarà l’italiano, ma con traduzioni simultanee in spagnolo, portoghese e inglese. È un corso destinato a tutti i membri del popolo di Dio, dai vescovi agli operatori pastorali, dai sacerdoti alle suore, dai seminaristi ai laici. Per quest’anno, con prudenza, manteniamo il corso online. Si consiglia – dove possibile – la partecipazione a gruppi di una stessa comunità, parrocchia, diocesi per rendere il Corso una vera e propria “palestra di sinodalità”. Due o più partecipanti che potranno dialogare tra loro in stile sinodale, diventeranno anche “moltiplicatori” del corso, o dei suoi temi principali, nella comunità dove sono inseriti. Durante un incontro con le varie realtà ecclesiali legate al Movimento dei Focolari, il Copresidente, Jesús Morán, ha parlato della spiritualità di comunione (citando la Novo Millennium Ineunte di San Giovanni Paolo II) e di sinodalità come due momenti legati tra loro, ma distinti. Può approfondire questo concetto? Ci stiamo preparando al prossimo Giubileo nel 2025 con un prolungato cammino sinodale senza precedenti nella storia della Chiesa. All’indomani dell’ultimo Giubileo del 2000, S. Giovanni Paolo II riconosceva che “molto si è fatto dal Concilio Vaticano II in poi anche per quanto riguarda la riforma della Curia romana, l’organizzazione dei Sinodi, il funzionamento delle Conferenze episcopali. Ma certamente molto resta da fare” (NMI, 44). Cosa intendeva con quel “molto resta da fare”? Credo non fosse per lui un’espressione retorica, bensì profetica. Nel 2015, cinquantesimo dell’istituzione del Sinodo dei vescovi, così si espresse papa Francesco: “Il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio”. Ecco la reciproca convergenza ispirata tra questi due Giubilei: da una parte, la “spiritualità” della comunione per penetrare nella più alta contemplazione del mistero di Dio Trinità custodito dentro e tra tutte le creature; dall’altra, la sinodalità come “cammino” in cui rimanere, sull’esempio di Gesù e di Maria, mescolati fra tutti, partecipando “a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio” (Evangelii gaudium 87). È chiaro, dunque, che non esiste spiritualità di comunione senza sinodalità e viceversa. La comunione fino all’unità è il mistero di Dio rivelatoci da Gesù Crocifisso-Risorto e per sempre presente nel destino dell’umanità; la sinodalità è il cammino che ci permette di renderlo visibile “affinché il mondo creda” (Gv 17,21). Cosa significa concretamente tutto questo per ciascuno di noi e quali le tappe per vivere questa chiamata? Anzitutto sentendoci parte di un unico popolo, non un gruppo di individui posti l’uno accanto all’altro come birilli su una pista da bowling o passeggeri in una cabina di ascensore. Rivolgendosi ai giovani, papa Francesco lo ha così spiegato: “Quando parliamo di ‘popolo’ non si deve intendere le strutture della società o della Chiesa, quanto piuttosto l’insieme di persone che non camminano come individui, ma come il tessuto di una comunità di tutti e per tutti, che non può permettere che i più poveri e i più deboli rimangano indietro: “Il popolo vuole che tutti partecipino dei beni comuni e per questo accetta di adattarsi al passo degli ultimi per arrivare tutti insieme” (Christus Vivit, 23). Ecco: camminare insieme senza lasciare nessuno indietro, riconoscendo la presenza di Cristo in chiunque ci passa accanto. È questa la radice della uguale dignità e libertà di ciascuno di noi. Sentirsi un unico popolo è la premessa, ma anche lo scopo della sinodalità, così come Gesù è, al contempo, la Via e il nostro compagno di viaggio. In ciascun membro del popolo di Dio dimora lo Spirito Santo, come in un tempio, e l’unica legge tra tutti dovrà essere il comandamento nuovo di amare come lo stesso Gesù ci ha amati (cf. Gv 13,34). Ci auguriamo che il Corso sia un tratto di strada fatto insieme con lo sguardo rivolto ai confini del Regno di Dio che incontriamo ogniqualvolta c’è un prossimo da amare.
Maria Grazia Berretta
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Dic 14, 2022 | Testimonianze di Vita
La fedeltà di Dio è incrollabile, come una roccia, e questa è la rivelazione salvifica non solo per il popolo di Israele dopo l’esilio come annuncia Isaia, ma per ciascuno di noi. Confidare nel Signore vuol dire dunque costruire la nostra esistenza andando alla radice, perché più sono profonde le fondamenta più si potrà costruire in alto; più ci affideremo a Lui, più solidi saranno anche i nostri gesti. Tensioni di famiglia Quando mio fratello D., arrabbiato per come era stato trattato da R. (un altro fratello), ha affermato di non volerlo più vedere, ho pensato che alla nostra età, siamo tutti oltre i 70, dovremmo avere più misericordia. Da lì l’idea di riunire la famiglia per un picnic a Jells Park, su un terreno neutro. Ma il giorno stabilito R. non si è fatto vedere. Non mi è rimasto che pregare perché il suo cuore ostinato si ammorbidisse. Giorni dopo gli ho telefonato: non stava bene e non mangiava da tempo. Ho risposto che gli avrei portato una buona zuppa. Una volta da lui, era grato soprattutto perché non lo avevo giudicato. Più tardi, a casa, ho chiamato D. per informarlo e lui si è detto pronto a far visita al fratello se avessi organizzato la cosa. La domenica successiva, quando i due si sono incontrati, c’è stato un po’ d’imbarazzo iniziale, ma dopo un po’ hanno cominciato a parlare abbastanza normalmente; alla fine R. ci ha invitati per una cena. Sono felice del risultato e spero che il mio piccolo contributo possa sanare certe tensioni in famiglia. (Gill – Australia) La mancia Prima del recente aumento degli stipendi per i medici e il personale sanitario, era prassi in Ungheria dare ai medici una mancia secondo il loro servizio, come una tassa prestabilita. Da primario chirurgo, per i miei princìpi non concepivo questo andazzo: anche perché sapevo che tanti, senza possibilità economiche, prendevano in prestito i fiorini per i medici. Per questo mi rifiutavo, anche se tutti facevano diversamente, finché una collega mi ha fatto notare che non accettare la mancia poteva essere segno, per i pazienti, che non avrei fatto bene l’operazione. Un giorno, vedendo un’anziana signora tirar fuori la solita busta per me, le dissi: “Io come medico sono a suo servizio e sono pagato per questo, ma se lei è più tranquilla che accetti questa offerta, le propongo che la faccia arrivare ad una famiglia in difficoltà”. Lei si fece pensierosa, poi prendendomi la mano: “Dottore, quello che mi dice mi garantisce che lei pensa veramente alle persone. La ringrazio e, se è d’accordo, sarei contenta di aiutare assieme a lei qualcuno che ha bisogno”. (P.M. – Ungheria)
A cura di Maria Grazia Berretta
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VIII, n.2, novembre-dicembre 2022) (altro…)
Dic 7, 2022 | Chiara Lubich
Immaginate una ragazza innamorata; innamorata di quell’amore che è il primo, il più puro, non ancora dichiarato, ma che incomincia a bruciare l’anima. Una gioia caratteristica, difficile a riprovare nella vita, gioia segreta. Qualche giorno prima del 7 dicembre mi era stato detto di vegliare la notte precedente accanto al crocifisso per meglio prepararmi allo sposalizio con Dio, sposalizio che doveva avvenire nella maniera più segreta. La sera ho tentato questa veglia, inginocchiata accanto al letto davanti a un crocifisso di metallo che ora ha mia madre. Al mattino mi sono alzata verso le cinque. Ho indossato il miglior vestito che possedevo e mi sono incamminata, attraversando tutta la città, verso un piccolo collegio. Una bufera infuriava, così che dovetti farmi strada spingendo l’ombrello avanti. Mi pareva esprimesse che l’atto che stavo facendo avrebbe trovato ostacoli. Arrivata al collegio: cambio di scena. Un enorme portone si apre da solo senso di sollievo e di accoglienza, quasi braccia spalancate di quel Dio che mi attendeva. La chiesetta era adornata alla meglio. Sullo sfondo campeggiava una Madonna immacolata. Prima della Comunione ho visto, in un attimo, quello che stavo per fare non sarei più potuta tornare nel mondo. Io mi sposavo. Sposavo Dio. Quell’aprire gli occhi su ciò che stavo facendo – ricordo – è stato immediato, breve, ma così forte, che mi è caduta una lacrima sul messalino. Un lungo ringraziamento. Credo d’aver fatto la strada di ritorno verso casa di corsa. Mi sono soffermata soltanto vicino, mi sembra, al vescovado, a comperare tre garofani rossi per il crocifisso che mi attendeva in camera. Sarebbero stati segno della festa comune. Tutto qui. Con le più rosee previsioni il 7 dicembre ’43 non avrei potuto pensare quello che oggi vedo. Lode a Dio, gloria a Maria, regina d’un regno che ha – senza metafora – invaso il mondo.
Chiara Lubich (Estratto da “oggi l’Opera compie trent’anni, “ Rocca di Papa, 7 dicembre 1973)
https://www.youtube.com/watch?v=2i80L6Srdh8&list=PLKhiBjTNojHqNPFPXKJgyiqn8c7NKZ0ME (altro…)
Dic 6, 2022 | Chiara Lubich, Cultura
Da qualche mese è nelle librerie italiane il volume delle Opere di Chiara Lubich “Lettere”. Abbiamo incontrato Florence Gillet del Centro Chiara Lubich, teologa e studiosa della fondatrice dei Focolari, che ha curato questa pubblicazione.

Florence Gillet
Dopo aver suonato il campanello del Centro Chiara Lubich, nei pressi del Centro Internazionale dei Focolari a Rocca di Papa (Italia), la Dottoressa Gillet mi accoglie con gioia e mi invita ad entrare in sala riunioni. Dappertutto ci sono armadi che contengono targhe e oggetti che ricordano le lauree honoris causa e i doni ricevuti da Chiara Lubich nei suoi viaggi in diversi Paesi del mondo, oltre a numerosi libri sulla fondatrice dei Focolari tradotti in varie lingue, alcuni dei quali scritti o curati dalla Gillet. Quando iniziamo a parlare il suo accento rivela la sua origine francese. Mi racconta che si è imbattuta nel carisma dell’unità alla fine del 1965 e tre mesi dopo era alla cittadella internazionale di Loppiano, in Italia, per approfondire quell’ “ideale” che aveva tanto cercato e alla fine trovato. Lo studio della teologia presso l’Università Pontificia Gregoriana, l’ha condotta a Roma ed è stata una tra le prime donne a frequentare questa università. Poi Parigi per qualche anno e nuovamente Roma. Si illumina quando racconta le sue esperienze in alcuni Paesi africani dove ha realizzato “focolari temporanei”, così chiamati per la durata di brevi periodi. Nel 2008, è stata invitata ad entrare a far parte del Centro Chiara Lubich, nato quell’anno, per poter studiare e lavorare alle pubblicazioni degli scritti della Fondatrice dei Focolari. concentrandosi dal principio sui punti cardini della Spiritualità dell’unità. Da poco ha visto la luce nella collana Opere di Chiara Lubich, il volume “Lettere 1939 – 1960”, di cui è la curatrice.
“C’è una grande varietà in queste lettere – spiega Florence Gillet -: alcune sono proprio di purissima direzione spirituale; ci sono le lettere di aggiornamento; ci sono lettere di consolazione; ci sono lettere che sgorgano dall’anima di Chiara Lubich, soprattutto quelle alla sorella, nelle quali dice cose molto forti. Però c’è un comune denominatore tra di esse. Prima di tutto il genere letterario: sono lettere. In secondo luogo, in ciascuna è possibile trovare “l’anima” di Chiara, il suo sapersi “fare uno”, come dice San Paolo quando afferma ‘mi sono fatto tutto a tutti’. Anche nel comunicare il suo segreto giacché dappertutto è evidente il chiaro il riferimento a Gesù abbandonato”. A che cosa paragonare questo volume? È la domanda che la Gillet si pone nell’introduzione e di cui ci fa dono con un’immagine molto eloquente: “Se fosse un giardino, sarebbe un giardino all’inglese senza forme geometriche, senza simmetrie, ma dove la natura è poesia e libertà con, tuttavia, rigore e ordine. Se fosse una strada, sarebbe un cammino, a volte avventuroso ma ben segnato, con meta sicura e una guida sperimentata. Se fosse una casa, sarebbe ospitale, con molte stanze tutte collegate e armoniose tra di loro, calda e aperta”. Il libro contiene 338 lettere (una selezione delle tante scritte dalla Lubich) che porteranno il lettore a contatto diretto con i primi anni del nascente Movimento dei Focolari e lo sviluppo del suo carisma. “Consiglio a tutti di fare lo sforzo – continua Florence – di incominciare a leggere a partire dall’introduzione, per cogliere la chiave di lettura, e poi proseguire con le lettere, una ad una, ordinatamente, lasciare che ‘parlino al cuore’”. Il lettore troverà lettere a persone, altre collettive a comunità nascenti, a membri della sua famiglia; altre ancora, più dottrinali, nelle quali Chiara spiega il suo Ideale. “Fare questo libro è stato un lavoro appassionante – conclude -. E penso che lo sarà anche per i lettori”.
Carlos Mana
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Dic 3, 2022 | Chiesa, Ecumenismo
Il 21 novembre 2022 presso il Centro Internazionale del Movimento dei Focolari (Rocca di Papa- Italia) si è tenuto l’incontro dal titolo “Popolo di Dio, crocevia delle diversità. Tanti nodi, una sola rete” che ha riunito insieme le diverse realtà ecclesiali legate al carisma dell’unità. “Siamo una porzione di Chiesa con colori diversi, con sfumature di colore diversi; tanti colori quanti sono i carismi, i ministeri, i territori di provenienza, i popoli. Il nostro compito è quello di creare in questa diversità l’unità, soprattutto creare comunità nelle quali si viva il Vangelo in maniera piena”. Sono le parole di Suor Tiziana Longhitano, della congregazione delle francescane dei poveri, responsabile del Centro delle consacrate aderenti al Movimento dei Focolari, una tra i tanti partecipanti presenti all’incontro “Popolo di Dio, crocevia delle diversità. Tanti nodi, una sola rete”, che si è tenuto il 21 novembre scorso e che ha riunito persone provenienti da vari Paesi e diverse vocazioni, una quarantina in presenza e circa 600 collegate via zoom. Un momento di condivisione per capire quali sono i passi da compiere, guardando insieme al bellissimo cammino di questi anni, cominciato nell’aprile del 1982, in Aula Nervi, in Vaticano, con il congresso “Il Sacerdote oggi, il religioso oggi”. Quell’appuntamento vide la partecipazione di circa 7000 tra presbiteri e religiosi che, attraverso testimonianze da ogni parte del globo, evidenziarono i frutti dell’incontro del carisma dell’unità e il rinnovamento portato in tante comunità religiose e parrocchie. Oggi tantissime realtà continuano a raccogliere quei frutti, sintomo di un processo in atto, non solo all’interno del Movimento dei Focolari, ma in tutta la Chiesa; realtà illuminate da una “profezia”, come la definisce Margaret Karram, Presidente del Movimento dei Focolari, nel suo intervento, “una profezia che si è fatta strada e continua a maturare per divenire sempre più realtà (speriamo) condivisa e praticata in tutta la Chiesa”. Nell’arco di questi 40 anni, diocesi, parrocchie, presbiteri e varie comunità carismatiche hanno condiviso esperienze, generato comunità alla luce del carisma dell’unità, presentandosi non più come singoli pezzi di Chiesa ma come un unico corpo, un popolo che vive la cultura della comunione, si ascolta e cammina insieme. Basti pensare all’ importante sviluppo che ha avuto il Movimento Parrocchiale e il Movimento Diocesano in questi ultimi anni e l’impegno di sacerdoti, religiosi, consacrati e laici nel Cammino Sinodale. Tante le esperienze raccontate durante questo evento. Dal Brasile Desi, Focolarina sposata, e Matheus, seminarista, raccontano come l’appello alla sinodalità e la chiamata a lavorare in sinergia con tutte le realtà del Movimento dei Focolari hanno portato alla nascita di vari Congressi pastorali che hanno messo al centro l’ascolto, la conoscenza e la formazione: “i nostri cuori si stanno allargando verso ciò a cui siamo chiamati: ‘Perché tutti siano UNO’- dice Desi. Dall’Equador giunge invece la testimonanza del Nunzio Apostolico, Mons. Andrés Carrascosa, e di alcuni sacerdoti dell’Arcidiocesi di Quito i quali, a seguito di alcuni esercizi spirituali hanno maturato il desiderio di dare vita a un gruppo per poter meditare la Parola di Vita: “ho fatto una esperienza più profonda della Parola- dice Padre Ramiro Ramirez- l’ho fatta più viva in me, ho imparato a capire meglio il Vangelo (…) e ciò anche con i miei confratelli sacerdoti (…). Padre Charles Serrano aggiunge: “Sapevo che ci sarebbe stato un incontro di circa 15 sacerdoti e che ci sarebbe stato anche il Nunzio, ma quando sono arrivato ho trovato sacerdoti bisognosi di guarigione, con fragilità, con dolori e con il cuore spezzato. Sono arrivato anche io così (…). Anche se la prima volta che ho partecipato ho detto che non sarei tornato nemmeno se fossi stato pazzo, ora penso di essere pazzo, perché il secondo martedì di ogni mese non vedo l’ora di tornare (…). Una Chiesa, quella di oggi, che ha bisogno di vivere la fraternità per rafforzarsi “formando, di fatto, un popolo al servizio del Regno di Dio, a favore della vita, là dove essa grida di più”, come racconta Suor Maria Inês Vieira Ribeiro, collegata da Aparecida (Brasile). Ecco, dunque, che la diversità di ciascuna realtà diventa la vera ricchezza della Chiesa che, nonostante le fatiche di questo tempo, guarda ai suoi figli come i possibili santi di domani. È l’esperienza dei giovani del Movimento Carismi per l’unità che, che dopo aver conosciuto l’ideale di Chiara Lubich, vogliono porre il carisma di ciascuno a contatto con quello dell’altro. Da questo, durante la pandemia, nasce “Santi insieme, come in Cielo così in Terra”, una serie di incontri via zoom, un laboratorio, per condividere esperienze, mettere in pratica il Vangelo e incoraggiarsi vicendevolmente a vivere con entusiasmo ciascuno la propria consacrazione.
Maria Grazia Berretta
Per vedere l’incontro completo clicca su: (3) POPOLO DI DIO, CROCEVIA DELLE DIVERSITA’ – YouTube (altro…)
Dic 1, 2022 | Centro internazionale
Il Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC) ha ospitato il 28 novembre Margaret Karram e Jesús Morán, rispettivamente presidente e co-presidente del Movimento dei Focolari, e altri membri della comunità dei Focolari, offrendo loro una visita guidata al Centro Ecumenico e discutendo, tra l’altro, di unità, riconciliazione, impegno a costruire un dialogo interreligioso, Fede e Costituzione e comunicazione. Il Segretario Generale facente funzione del WCC, Rev. Prof. Ioan Sauca, ha espresso apprezzamento per le numerose occasioni in cui il WCC e il Movimento dei Focolari, che ha recentemente partecipato all’XI Assemblea del WCC a Karlsruhe (Germania), hanno collaborato nel passato. Sauca ha affermato che il WCC riconosce l’importanza della cooperazione e del sostegno reciproco tra il WCC e il Movimento dei Focolari, che potranno collaborare all’interno del nuovo paradigma intraprendendo il pellegrinaggio verso la giustizia, la riconciliazione e l’unità. “I cristiani delle diverse chiese appartenenti al Movimento dei Focolari hanno partecipato alle assemblee del WCC con le delegazioni delle rispettive chiese e sotto altre denominazioni”, ha osservato Sauca, che ha ricordato la lunga cronologia della passata cooperazione tra i due gruppi. “Il vostro impegno nel promuovere il dialogo tra cristiani, ebrei e musulmani, così come il vostro sostegno a favore di un riavvicinamento tra israeliani e palestinesi, sono risorse di grande ispirazione sia per il movimento internazionale dei Focolari che per altri”, ha detto Sauca. Inoltre, il personale del WCC e i rappresentanti del Movimento dei Focolari hanno esaminato gli ambiti di collaborazione passati e futuri e hanno condiviso le rispettive esperienze nel contesto dell’unità e dell’ecumenismo. Nel porgere i suoi più cordiali saluti, Karram ha espresso grande lietezza per l’opportunità di far visita al WCC, a 20 anni di distanza dall’ultima visita di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari. “Vent’ anni fa, Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, venne in questo luogo su invito dell’allora segretario generale Konrad Raiser e del prof. Ioan Sauca”, ha affermato Karram. “Sono molto grata di essere qui con voi oggi per commemorare questo anniversario. Rendo lode a Dio perché sono consapevole di camminare su un terreno che considero sacro.” Karram ha assicurato il WCC della volontà e della capacità del Movimento dei Focolari di proseguire insieme nel cammino. “Voglio aggiungere che non solo possiamo camminare insieme – ma dobbiamo tenerci per mano – non basta camminare insieme ma bisogna tenerci per mano, avanzando fianco a fianco. Questa è una promessa.” Il Rev. Prof. Dr. Jerry Pillay, neo-eletto Segretario Generale del WCC, ha encomiato le diverse occasioni in cui la comunità dei Focolari e il WCC si sono scambiati idee e intuizioni nel corso degli anni. “La nostra collaborazione ha avuto luogo su diversi livelli”, ha affermato.
Fonte: CEC
Intervento completo di Margaret Karram Galleria fotografica della visita dei dirigenti del Movimento dei Focolari al WCC https://www.youtube.com/watch?v=-Lx8IklNEPQ&t=53s https://www.youtube.com/watch?v=q7OMciDbHA8&t=2s (altro…)
Nov 30, 2022 | Focolari nel Mondo, Senza categoria
Restare tiepidi di fronte all’annuncio della Parola è come rimanere “ciechi, nudi ed infelici” (Ap 3, 17). Tuttavia Dio continua a bussare alla porta dell’uomo, soprattutto nei momenti più bui della vita; come un padre cerca il figlio, così Dio non si stanca di rincorrerci e per chi ascolta la sua “chiamata” è preparata la gioia piena. Soluzione provvidenziale Quando i nostri figli erano piccoli, e anche durante la loro adolescenza, gite e viaggi insieme erano stati sempre occasioni di festa. Da quando siamo rimasti in due, ci siamo resi conto di essere cambiati, come se avessimo percorso strade diverse e ci fossimo allontanati l’uno dall’altra. Parlare tra noi è diventato difficile per non urtare la suscettibilità dell’altro. Siamo arrivati ad ammettere di aver bisogno di trovare un nuovo modo di comunicare, ricorrendo all’aiuto di uno psicoterapeuta. Parlandone con un’amica, lei mi ha confidato di aver vissuto le stesse situazioni con il marito e che erano arrivati all’orlo del divorzio. La soluzione provvidenziale era stata entrare a far parte di una comunità della loro parrocchia, impegnata in opere di carità. L’ho proposto a mio marito che è stato d’accordo. Da allora la nostra vita è cambiata: donando il nostro tempo, le nostre energie e aprendo la porta di casa ad altri, abbiamo ritrovato non solo il senso di vivere ma un modo per comunicare. Anche con figli e nipoti sperimentiamo una gioia più grande. (F.d.A. – Croazia) Il valore del farsi uno Dopo gli studi di architettura a Firenze, ero ritornato per le vacanze al mio paesino sulle colline toscane dove i miei stavano ristrutturando la vecchia casa colonica di famiglia. Esaminato il progetto, ho espresso le mie perplessità, considerate sia la condizione statica dello stabile, sia le modifiche necessarie a preservare la struttura originale. Mio fratello però ha reagito malamente, accusandomi davanti a tutti di voler fare il saputello. Avrei voluto dimostrare che avevo ragione, ma siccome da un gruppo conosciuto a Firenze che s’impegnava a vivere il Vangelo avevo imparato il valore del “farsi uno con l’altro”, come dice san Paolo, ho messo da parte la mia idea, per evitare di litigare. Al momento di iniziare i lavori il capomastro ha spiegato che quel progetto non poteva essere portato avanti e ha consigliato delle modifiche che coincidevano con quelle suggerite da me. Mia madre, a questo punto, ha concluso: “Vedi, figlio mio, qui ti consideriamo sempre un bambino e non accettiamo quello che hai imparato. Cerca di capire tuo fratello”. (C.G. – Italia)
A cura di Maria Grazia Berretta
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VIII, n.2, novembre-dicembre 2022)
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Nov 25, 2022 | Nuove Generazioni, Testimonianze di Vita
Questa è una delle pagine del diario di Irene, una giovanissima redattrice di Teens, rivista del gruppo Città Nuova, fatta dai ragazzi per i ragazzi. Attraverso i suoi occhi e le sue parole il racconto di un viaggio in una terra segnata dalle divisioni e l’incontro con il progetto “Armonia tra i popoli”, che grazie all’arte e la danza diffonde bellezza e speranza alle nuove generazioni di Betlemme. https://www.youtube.com/watch?v=MhwctaMl0ng (altro…)
Nov 24, 2022 | Sociale, Testimonianze di Vita, Vite vissute
Nei mesi scorsi il Pakistan è stato colpito da alluvioni che hanno provocato numerose morti e distrutto moltissime strutture. Il Coordinamento Emergenze del Movimento dei Focolari, con AMU (Azione per un Mondo Unito) e AFN (Azione Famiglie Nuove), si è attivato subito per assicurare una prima assistenza e beni di prima necessità. La forza distruttrice dell’acqua ha provocato ingenti danni alle comunità del Pakistan coinvolte dalle alluvioni che hanno iniziato a scatenarsi su questo territorio già da metà giugno 2022 e hanno messo in ginocchio un terzo del Paese.
Molte sono le conseguenze che ancora oggi colpiscono la popolazione. Per questo il Coordinamento Emergenze del Movimento dei Focolari, con AMU e AFN, non appena saputo dell’emergenza, ha lanciato una raccolta fondi per sostenere la fornitura di pacchi alimentari, vestiario e prodotti sanitari a circa 500 famiglie nelle località di Nowshera a nord del Pakistan, Tando-Alla-Yar e Kotri nel Sindh, Sangar a sud del Pakistan ed altre località in corso di valutazione. In tanti si sono mobilitati per rispondere alle prime richieste di aiuto e per valutare sul campo le necessità più urgenti. A fronte del numero di sfollati sempre crescente, fin dalle prime settimane si sono organizzate delle spedizioni di aiuti, che continuano ancora oggi, pur considerando la precarietà dei trasporti, e la maggior parte di queste famiglie sono già state raggiunte. Inoltre, alcuni membri del Movimento dei Focolari presenti sul posto sono coinvolti direttamente non solo nella preparazione e distribuzione dei pacchi, ma anche nell’assistenza medica per coloro che hanno bisogno di cure e medicine per combattere soprattutto tifo, dengue, colera, malaria, come ci racconta Fabian Clive, membro della comunità dei Focolari di Karachi: “Il 16 ottobre 2022 ci siamo recati in un villaggio a Haji Hafiz Shah Goth, a circa un’ora di viaggio dalla città di Kotri e lì abbiamo allestito un campo medico. I medici presenti hanno visitato 200 persone tra bambini, donne e uomini.
La maggior parte delle persone non ha la possibilità di sottoporsi a visite mediche regolari sia perché sono piuttosto costose sia perché, a causa di questa emergenza non hanno accesso alla città. Il nostro obiettivo è allestire campi medici nelle diverse aree del Sindh che ancora non hanno avuto questo tipo di assistenza. Una chiamata alla responsabilità e la volontà grande di dare un contributo”. A distanza di settimane la situazione resta dunque allarmante e man mano che le acque scendono di livello, emerge l’enorme gravità delle devastazioni, aggravate dalla malnutrizione e dalle malattie. Le necessità delle comunità aumentano, cambiano ogni giorno, per questo portare avanti azioni di risposta, continuando ad abbracciare questo Paese, è un desiderio condiviso. Se anche tu vuoi contribuire alla raccolta fondi del Coordinamento emergenze del Movimento dei Focolari per il Pakistan puoi donare su:
Azione per un Mondo Unito ONLUS (AMU) |
Azione per Famiglie Nuove ONLUS (AFN) |
IBAN: IT58S 05018 03200 000011204344 presso Banca Popolare Etica |
IBAN: IT92J 05018 03200 000016978561 presso Banca Popolare Etica |
Codice SWIFT/BIC: ETICIT22XXX |
Codice SWIFT/BIC: ETICIT22XXX |
CAUSALE: Emergenza Pakistan |
I contributi versati sui due conti correnti con questa causale verranno gestiti congiuntamente da AMU e AFN. Per tali donazioni sono previsti benefici fiscali in molti Paesi dell’Unione Europea e in altri Paesi del mondo, secondo le diverse normative locali. I contribuenti italiani potranno ottenere deduzioni e detrazioni dal reddito, secondo la normativa prevista per le Onlus, fino al 10% del reddito e con il limite di € 70.000,00 annuali, ad esclusione delle donazioni effettuate in contanti. |
Maria Grazia Berretta
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Nov 22, 2022 | Focolari nel Mondo, Senza categoria, Testimonianze di Vita
Il misericordioso è colui che è capace di perdonare l’altro e spesso anche se stesso. Tuttavia la misericordia non è solo una disposizione interiore, ma è la via che ci unisce a Dio. Il Suo immenso amore per noi non è un sentire ma un agire; l’atto attraverso il quale ciascuno di noi “rinasce”. Vivere in pace Non era la prima volta che notavo manomissioni nelle mie terre. Non avevo mai avuto nemici e mio padre mi aveva insegnato a costruire buoni rapporti, ma stavolta volevo vederci chiaro. Chiesi aiuto alla Madonna e una notte mi appostai nel frutteto assieme a un altro contadino. Come avevo supposto, a una certa ora vidi arrivare il mio vicino assieme a due figli, muniti di cassette da frutta. Il piano era di fotografarli in flagrante: disorientati dai flash, i tre andarono subito via lasciando a terra la frutta raccolta. L’indomani, verso sera, la moglie del vicino chiese a mia moglie il favore di distruggere le foto e di non denunziare il marito. Come d’accordo, mia moglie rispose: “Non so di che foto state parlando, mio marito è fuori da due giorni”. Da quel giorno le cose cambiarono: un’ insolita gentilezza e prontezza ad aiutare nella raccolta… In una pausa di riposo, il vicino ammise che, venuto a prendersi delle mele “per assaggiarle”, aveva visto dei lampi. Replicai: “Da qualche tempo in paese succedono cose strane. L’importante per noi è vivere in pace”. (V.S.E. – Italia) Un vero cambiamento Col pensionamento, ho ripercorso la mia vita: un fallimento totale! Non sono sposata per l’opposizione dei genitori alla mia scelta di un ragazzo buono ma non del nostro “rango”. Con i fratelli e la sorella rapporti pressoché cancellati per via dell’eredità spartita ingiustamente, secondo loro. Posso dirmi ricca, eppure quale vuoto s’era fatto dentro e attorno a me! Ero in ospedale quando una nipote venuta a trovarmi ha pronunciato una frase che non mi lasciava in pace: “Zia, il tuo guaio è che sei posseduta dal male. In te è scomparso ogni segno di bene”. Una volta dimessa, ho cercato un sacerdote al quale confidare ciò che mi angosciava. Dopo avermi ascoltata, gli è parso che in qualche modo io volessi vendicarmi con la vita, con la famiglia, con tutti e mi ha spronata a pensare di più agli altri: festeggiando con qualche dono i compleanni dei parenti, chiedendo notizie ai vicini, scrivendo agli ex alunni… piccoli gesti ma passi verso la luce. Nella disperazione ho messo in pratica quel suggerimento. È dura, ma sento che qualcosa cambia. (G.I. – Spagna) Amiche nella malattia Durante il periodo in cui mia madre è stata ricoverata in ospedale avevo conosciuto la sua compagna di stanza, Klari. Stesso stadio del cancro, stesso ritmo delle chemioterapie. Erano diventate amiche, ma qualcosa le divideva: da giovane Klari era stata attivista comunista e non accettava la fede cattolica professata da mia madre. Non polemizzavano, ma si sentiva che nessuna delle due mollava le proprie convinzioni. Comunque mia madre era sempre disponibile e per aiutare Klari, che non aveva parenti, aveva coinvolto noi della famiglia per i bisogni di lei: piccole necessità, qualche pratica da sbrigare, telefonare a qualche amica. Quando la condizione della salute s’è aggravata in entrambe, ho notato una differente accettazione della malattia: da mia madre, sempre attenta nei riguardi dell’amica, traspariva una grande pace; Klari invece era insofferente e aggressiva ma prima che entrasse in coma ha ringraziato mia madre per come le era stata accanto. Era diventata ormai una della nostra famiglia. (P.F.H. – Germania)
A cura di Maria Grazia Berretta (tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VIII, n.2, novembre-dicembre 2022)
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Nov 18, 2022 | Cultura
Presentato al Parlamento europeo a Bruxelles (Belgio) il documento di posizioni condivise tra cristiani e marxisti verso una comune etica sociale, frutto di un cammino lungo otto anni (e due secoli). Un progetto di dialogo trasversale: è così che si autodefinisce Dialop, il lavoro in atto tra cristiani e marxisti in Europa da alcuni anni, che ha preso la spinta decisiva dopo un incontro in Vaticano di alcuni rappresentanti della sinistra europea con papa Francesco (leggi anche: Dialop: cristiani e marxisti al lavoro insieme).
Lo scorso 8 novembre, col supporto del gruppo della Sinistra al Parlamento europeo, in collaborazione con il Movimento Politico per l’Unità e New Humanity, nell’edificio Altiero Spinelli, 40 persone si sono riunite in presenza da 9 Paesi dell’Unione e altre hanno seguito in streaming la presentazione del position paper “Alla ricerca di un comune futuro in solidarietà”. Il documento sulle posizioni comuni nel dialogo cristiano socialista, scritto dal prof. Michael Brie – presidente del comitato scientifico della fondazione Rosa Luxemburg e – dal sociologo belga prof. Bennie Callebaut dell’Istituto Universitario Sophia, analizza come da antagonisti nel passato, cristianesimo e marxismo abbiano davanti un altro muro da abbattere, quello del capitalismo selvaggio, e come trovino affinità sorprendenti nel presente. Nel messaggio e nella persona di papa Francesco trovano anche una figura che unisce, un leader e un compagno di viaggio. “Nelle lotte comuni – afferma il position paper – stiamo lavorando a progetti guidati da visioni condivise”. Quali siano questi progetti, nel documento è declinato con delle piste di lavoro: “un’economia della vita; una comunità curante; una politica di trasformazione solidale; un mondo in cui ci sia spazio per molti mondi; la dignità di ogni individuo in un mondo ricco di beni comuni; e per un insieme di pace”, e la domanda su come essi si esprimano nel concreto, al momento del dibattito, è dunque inevitabile. La esprime il prof. Léonce Bekemans (Cattedra Jean Monnet, Università di Padova). A rispondere è Walter Baier, di transform!europe, tra gli iniziatori e coordinatori di Dialop: “Ci muoviamo su tre livelli”, spiega, “il dialogo, come iniziativa culturale, per arrivare a diventare un think tank; coinvolgere le persone nel lavoro per la solidarietà, come è stato per le iniziative per migranti e rifugiati; suscitare un coinvolgimento a livello politico soprattutto per la costruzione della pace”. A fare gli onori di casa è Marisa Matjas, eurodeputata portoghese del Bloco de Esquerda, vice presidente del Partito della Sinistra Europea al Parlamento Europeo. Ricorda con passione le parole di papa Francesco ai membri del Parlamento Europeo nel 2014 “dette nel momento in cui avevamo più bisogno di sentirle”. “Ci ha parlato lui di tenere viva la democrazia in Europa, di occupazione e diritti dei lavoratori, di istruzione, migrazioni, nel momento in cui l’UE ignorava i massicci movimenti di persone in arrivo dalla Siria; ha parlato anche della dignità dei diritti umani, abbiamo molte cose in comune su cui dobbiamo lavorare insieme”.
“Oggi abbiamo bisogno, come del pane con cui vivere, di visione, di spirito, di alleanza. E’ l’ora di sperare e far sperare «al plurale». A questo c’invita Dialop”, afferma il teologo Piero Coda nel suo intervento di apertura sui “Comuni sentieri verso una società globale, giusta e fraterna”. Un plurale che chiede e invita ad allargare sempre più le alleanze, non solo il mondo cattolico, ma tutto il mondo cristiano, in una dimensione ecumenica, non solo il cristianesimo, ma le religioni, non solo la sinistra, ma le varie anime politiche che si impegnano per il bene comune, la difesa dell’ambiente. Certo, occorre lo sforzo iniziale di mettere da parte la pretesa – citando il documento di “avere il monopolio della verità”. “Un’etica sociale trasformativa e trasversale deve contare sul contributo di altri attori e tradizioni, insieme a marxisti e cristiani, che sono presenti nel nostro continente e hanno visioni del mondo diverse”, ribadisce in proposito don Manuel Barrios Prieto, Segretario Generale di COMECE, includendo il concetto di fraternità umana, a partire dalla firma del documento di Abu Dhabi del 2019 e dalla Fratelli Tutti. Un impegno rinnovato nel dialogo riparte da Bruxelles, con uno slancio di inclusività, coscienti che il dialogo è un “lavoro in corso permanente”.
Maria Chiara De Lorenzo
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Nov 16, 2022 | Centro internazionale
Fra i primi focolarini sposati e co-iniziatore del Movimento Famiglie Nuove, Danilo Zanzucchi si è spento serenamente il 16 novembre 2022 all’età di 102 anni nella sua abitazione di Grottaferrata (Roma) attorniato dalla moglie Anna Maria, dai loro cinque figli (Chiaretta, Michele, Mariannita, Giovanni e Francesco) e alcuni dei 12 nipoti. Primogenito di una stimata famiglia di Parma (Italia), nelle sue trasferte a Milano per seguire le prime costruzioni da lui progettate, Danilo incontra il carisma dell’unità attraverso Ginetta Calliari – una delle prime compagne di Chiara Lubich -. Già fervente cattolico, impegnato in politica e presidente diocesano della FUCI – Federazione Universitaria Cattolica Italiana – e successivamente degli Uomini di Azione Cattolica, avverte di impegnarsi radicalmente con Dio e di reimpostare la propria vita sul Vangelo vissuto. Una scelta, questa, condivisa anche da Anna Maria che diventerà sua sposa.
Attorno ad essi nasce la prima comunità di Parma, mentre per loro due si staglia luminosa l’innovativa vocazione di focolarini sposati aperta da Igino Giordani. Nati i primi quattro figli decidono di lasciare la promettente carriera di ingegnere e i privilegi di una vita agiata per trasferirsi come famiglia-focolare nella capitale e dedicarsi a tempo pieno alle finalità dei Focolari. Fra i primi incarichi di Danilo, il completamento della struttura di Rocca di Papa destinata a Centro Mariapoli e, in seguito, a sede internazionale del Movimento. Collaborerà poi con l’Editrice Città Nuova.
In stretto contatto con Chiara coopera alla formazione di generazioni di coniugati dei diversi continenti che come lui desiderano di seguire la scia di Giordani. Nel 1980 viene invitato con Anna Maria come uditore al Sinodo sulla famiglia e nel 1981 Chiara Lubich lo chiama nel Consiglio centrale del Movimento con il ruolo, insieme alla moglie, di coppia guida di Famiglie Nuove a livello mondiale. Risale agli anni Ottanta anche la nomina papale a consultore e, successivamente, a membro del dicastero vaticano per la famiglia. Responsabilità queste che lo vedono, insieme ad Anna Maria, ospite più volte nella dimora di papa Wojtyla e testimonial del loro servizio alla famiglia in trasmissioni televisive trasmesse anche in mondovisione. Con l’avvento di Benedetto XVI la collaborazione con la santa sede si intensifica al punto che il pontefice chiede loro di scrivere il testo per la Via Crucis (2012) al Colosseo di Roma da egli presieduta.
La lunga vita di Danilo, per i molteplici talenti ricevuti e fatti così abbondantemente fruttificare, è un inno di gloria a Dio disteso nel tempo. L’intero Movimento dei Focolari, in particolare la schiera di focolarini sposati e la miriade di famiglie di ogni parte del mondo di cui è stato esempio, confidente, punto di riferimento amabile e sicuro, gli sono profondamente grati. Una riconoscenza che va alla sua figura di uomo: un gigante di rettitudine, di tenerezza, di semplicità e di sapienza. Grazie Danilo anche per non aver mai smesso di impersonare quel bambino evangelico che da sempre traspariva dal tuo essere, dal tuo dire, dal tuo fine umorismo, dai tuoi acquerelli, dalle innumerevoli vignette che spesso improvvisavi (magari su tovagliolini di carta) per la gioia di tutti noi.
Anna e Alberto Friso
https://youtu.be/YN0zxcORLtY (altro…)
Nov 16, 2022 | Nuove Generazioni
Uno sguardo sul mondo con l’obiettivo di diffondere “buone notizie”. È questo ciò che anima le redazioni Teens International sparse in varie parti del pianeta e supportate dai gruppi editoriali Città Nuova. Uno spazio creato dai ragazzi per i ragazzi dove poter scambiare opinioni e idee; formarsi alla produzione di contenuti per vari media; trovare insieme modelli di comunicazione guidati da valori veri. https://www.youtube.com/watch?v=ZZuo5lohx8o&list=PL9YsVtizqrYtRzIRPgjiIk5yzCtFx5lrU (altro…)
Nov 15, 2022 | Famiglie
Ascolto e condivisione. “Nessuno solo” è un percorso di accompagnamento e testimonianza che da qualche tempo coinvolge genitori con figli LGBT in varie nazioni del mondo. “Non lasciare nessuno solo” è l’invito che Chiara Lubich rivolge, nel testo “Una città non basta”, a chi vuole trasformare le città nelle quali viviamo, mettendo in pratica l’amore del Vangelo. Un invito che porta, giorno dopo giorno, ad impegnarsi per rendere i luoghi nei quali abitiamo, spazi di fraternità dove ciascuno si senta amato e accolto. È pensando a questo invito che il Movimento Famiglie Nuove dei Focolari ha chiamato “Nessuno solo” i percorsi/laboratorio di accompagnamento, condivisione di vita e di testimonianze che da qualche tempo porta avanti con coppie di varie nazioni (Italia, Portogallo, Germania, Belgio e Brasile) con figli LGBT. Gli incontri si sono svolti dapprima in presenza con alcuni collegati on line, poi, a causa della pandemia, interamente on line. Nonostante le grandi distanze geografiche e le notevoli differenze culturali, gli incontri sono stati fonte di condivisione e di grande arricchimento reciproco. Pian piano si è diventati un’unica famiglia nella quale le domande, le sofferenze, le ferite e le conquiste di ognuno sono diventate di tutti. Ciò ha fatto nascere il desiderio di incontrarsi dal vivo e così, dal 14 al 16 ottobre 2022, si è svolto nel Centro Mariapoli di Castel Gandolfo (Italia) un laboratorio in presenza con la partecipazione di 60 persone. Oltre alle coppie di genitori che da tempo seguono il percorso e ad alcuni responsabili di varie realtà dei Focolari, il programma è stato arricchito dalla presenza di alcuni giovani con orientamento omosessuale, che sono stati membri attivi del Movimento dei Focolari. Ascoltare quindi le testimonianze dei genitori, ma anche quelle dei figli è stato molto toccante, ha permesso di conoscersi di più e illuminare con la luce del Vangelo tutte queste esperienze. Si è cercato di comprendersi, anche attraverso il contributo di esperti, senza pregiudizi. Padre Amedeo Ferrari, francescano, teologo e moralista, padre Pino Piva, gesuita, teologo molto coinvolto nella pastorale di vari gruppi di persone LGBT, Katrien Verhegge, psicoterapeuta belga, impegnata su questi temi a livello governativo nella sua nazione e Roberto Almada, anche lui psicoterapeuta, hanno accompagnato il gruppo con molta sapienza ed equilibrio, aiutando i partecipanti a comprendere il cammino che sta facendo la Chiesa cattolica, a non aver paura e ad aprirsi con coraggio alle sorprese sempre inaspettate dello Spirito, a dilatare la capacità di ascoltare, accogliere, accompagnare ed integrare. Padre Pino Piva, ha invitato tutti a continuare ad aiutare ed accompagnare “le famiglie – genitori e altri familiari – a vivere l’accoglienza umana e cristiana prima di tutto: un figlio si accoglie sempre! E in questo la famiglia aiuta la Chiesa ad essere Famiglia che accoglie ed integra i suoi figli senza condizioni”. I giorni di incontro hanno generato in tutti i presenti un forte desiderio di diventare veri compagni di viaggio per ogni prossimo che incrocia il nostro cammino. Certamente non si sono trovate tutte le risposte ai diversi interrogativi. Ci sono tante domande ancora aperte, tra di esse anche capire come assicurare un percorso di accompagnamento, per approfondire e vivere il carisma dell’unità. Padre Amedeo Ferrari, ha invitato tutti ad “avere presente che ogni persona possiede un’inviolabile dignità. Perciò anche le persone che sperimentano la tendenza omosessuale devono essere accolte con rispetto e pari dignità come ogni altra persona, evitando nei loro confronti ogni tipo di pregiudizio o discriminazione”.
Raimondo e Maria Scotto
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Nov 14, 2022 | Chiara Lubich
La parola del Vangelo proposta per questo mese di novembre 2022 ci sprona a mettere in pratica la misericordia verso i fratelli. Chiara Lubich, in questo brano del 15 ottobre 1981, pronunciato durante una conferenza telefonica mondiale, invitava tutti gli ascoltatori a rivivere questo amore misericordioso caratteristico fin dai primi tempi dei Focolari. Un appello che anche oggi può aiutarci a crescere nel cammino personale di unione con Dio e con la comunità. È questo ciò che oggi voglio sottolineare a voi tutti: l’unità. L’unità deve trionfare: l’unità con Dio, l’unità fra tutti gli uomini. E quale il modo? Amare tutti con quell’amore di misericordia che era caratteristico nei primi tempi del Movimento, quando si era deciso di vedere ogni mattina, durante tutta la giornata, il prossimo che incontravamo, in famiglia, a scuola, al lavoro, ecc., dappertutto, vederlo nuovo, nuovissimo, non ricordandoci affatto dei suoi nei, dei suoi difetti, ma tutto coprendo con l’amore. (…) Avvicinare tutti con quest’amnistia completa nel nostro cuore, con questo perdono universale. E poi farci uno con loro in tutto, tranne che nel peccato, tranne che nel male. Perché? Per ottenere quel risultato meraviglioso a cui Paolo, l’Apostolo, aspirava. Lui diceva: “Farsi tutto a tutti per guadagnare a Cristo il maggior numero” (Cf. 1 Cor 9, 19). Ecco, se noi ci facciamo uno col prossimo, facilitati anche da questo perdono, potremo passare il nostro Ideale[1] agli altri. E una volta ottenuto ciò, stabilire la presenza di Gesù fra noi e loro, di Gesù il Risorto, di Gesù che ha promesso di essere sempre con noi nella sua Chiesa, e si fa in certo modo vedere, sentire, quando è in mezzo a noi. Questa deve essere la nostra opera principale: vivere in modo che Gesù viva fra noi, Egli che è il conquistatore del mondo. Se saremo uno, infatti, molti saranno uno e il mondo potrà un giorno vedere l’unità. E allora? Costituire dappertutto cellule di unità: nella propria famiglia, nel caseggiato, con quelli coi quali si gioca, o si studia, o si lavora, con tutti, il più possibile, accendere questi fuochi dovunque.
Chiara Lubich
(Chiara Lubich, in Conversazioni, a cura di Michel Vandeleene, Opere di Chiara Lubich, Città Nuova, 2019, pp. 63-64) [1] Si riferisce al modo tipico del Carisma dell’unità di vivere il Vangelo.
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Nov 13, 2022 | Centro internazionale
Il Movimento dei Focolari aderisce al “Trattato di non proliferazione dei combustibili fossili”, sottoscritto dal Dicastero vaticano per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, dal Parlamento Europeo, dal Parlamento delle religioni mondiali e da oltre 2900 fra scienziati, accademici, associazioni e rappresentanti dei diversi credi religiosi. “Noi, sottoscritti, invitiamo i governi di tutto il mondo ad adottare e attuare un Trattato di non proliferazione dei combustibili fossili, con urgenza, per proteggere le vite e i mezzi di sussistenza delle generazioni presenti e future attraverso una graduale ed equa eliminazione dei combustibili fossili in linea con il consenso scientifico di non superare 1,5ºC di riscaldamento”. Queste le parole di introduzione alla lettera firmata da oltre 2900 fra scienziati, accademici, associazioni e rappresentanti dei diversi credi religiosi, dal Dicastero vaticano per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale e Parlamento Europeo alla quale ha aderito anche il Movimento dei Focolari per chiedere ai leader mondiali un Trattato di non proliferazione dei combustibili fossili. Petrolio, gas e carbone sono la causa principale della crisi climatica. Il mondo ha già abbastanza potenziale di energia rinnovabile per espandere comodamente l’accesso all’energia per tutti. Eppure la dipendenza dai combustibili fossili continua mentre gli esperti lanciano l’allarme su come carbone, petrolio e gas siano un danno per la nostra salute pubblica, la biodiversità, la pace nel mondo e il nostro clima. Sebbene l’accordo di Parigi abbia fissato un obiettivo climatico globale cruciale, molti governi hanno continuato ad approvare nuove estrazioni di carbone, petrolio e gas anche se bruciare questi combustibili fossili comporterebbe emissioni sette volte superiori a quelle compatibili con il mantenimento del riscaldamento al di sotto di 1,5°C. Per raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi c’è bisogno della cooperazione internazionale per fermare esplicitamente l’espansione dei combustibili fossili. Questo è il motivo per cui si sta sviluppando un notevole slancio dietro la proposta di un Trattato di non proliferazione dei combustibili fossili. Lunedì 7 novembre 2022 a Sharm-el-Sheikh, in Egitto è iniziata la COP27, la conferenza mondiale sul clima con la partecipazione di oltre 140 capi di stato e di governo. Durante questo evento si è svolto il convegno dal titolo “Il diritto a un ambiente sano: fede e prospettive etiche” organizzato dal Parlamento delle religioni mondiali, in collaborazione con l’UNEP Al-Mizan (progetto delle Nazioni Unite con diverse organizzazioni islamiche sull’ambiente). Il diritto a un ambiente sano è sostenuto dagli insegnamenti etici delle tradizioni di fede del mondo sulla giustizia e sulla valorizzazione della natura. Esperti e leader religiosi si sono confrontati su questo argomento dal punto di vista dell’etica religiosa e dei valori condivisi, della cultura e della difesa e chiedono ai leader mondiali riuniti in Egitto di sottoscrivere il Trattato di non proliferazione dei combustibili fossili.
Lorenzo Russo
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Nov 12, 2022 | Cultura
Nell’Inaugurazione dell’Anno accademico 2022/2023, parole di incoraggiamento e sprone, per un’università che si vuole nel futuro. Le parole del Gran Cancelliere card. Betori, del vice-Gran Cancelliere Margaret Karram, del rettore Declan O’Byrne e del prof. Mauro Magatti, docente di Sociologia all’Università cattolica del Sacro Cuore.
Come ogni anno, il principale appuntamento di una comunità accademica è l’inizio ufficiale delle attività. Di questi tempi, di fronte alle complesse sfide della cultura e della socialità che esce dalla prova della pandemia e che si trova a confrontarsi col ritorno della guerra sul territorio europeo, non è cosa di poco conto. Anche quest’anno si è aperto a Loppiano (Figline-Incisa Valdarno-Italia) l’Anno Accademico 2022/2023 dell’Istituto Universitario Sophia, alla presenza di 350 persone. Il titolo dato all’appuntamento, il 15° della serie, è stato: “Cambio di paradigma: l’università del futuro”. Al solito, Sophia ha voluto cogliere l’occasione per cercare di aprire percorsi inediti, presentare qualcosa di quella “poliedricità” che è parte costitutiva del suo patrimonio. Il Gran Cancelliere, sua eminenza il card. Giuseppe Betori, che sin dall’inizio ha accompagnato e sostenuto il percorso di Sophia, ha detto nel suo saluto che Sophia “comincia ad entrare nel tempo della maturità”. Ed ha raccomandato “di attingere sempre alle radici carismatiche alla base dell’Istituto, radici da cui emerge la vita”, anche quella accademica.
La Vice Gran Cancelliere, Margaret Karram, presidente del Movimento dei Focolari ha posto l’accento sul rinnovamento che, dopo la fase iniziale, caratterizza l’attuale momento dell’Istituto. “Constatiamo che una nuova generazione di docenti, che si sono formati accademicamente in questo Istituto – ha detto −, sta raccogliendo il testimone da chi ha iniziato. Mi riferisco ai professori ‘della prima ora’ a cui va tutta la mia stima e gratitudine. Sono coloro che, con coraggio, hanno lasciato i prestigiosi incarichi che ricoprivano in altri atenei per dare vita al sogno di Chiara Lubich: far nascere, cioè, un’istituzione universitaria al servizio della Chiesa e dell’umanità, che desse consistenza culturale e accademica al carisma dell’unità, per concorrere alla realizzazione del ‘che tutti siano uno’ (Gv 17,21)”. La missione dello IUS appare di non secondaria importanza in questo momento storico di “frammentazione dei saperi e delle opinioni” che richiede attenzione e dedizione: “Solo mettendoci in ascolto della Sapienza di Dio – ha continuato Margaret Karram −, solo lasciandoci plasmare da essa e adoperandoci, a partire da noi stessi, a far sì che si trasformi in cultura, si traccerà la via per rispondere alle tante domande del pensiero contemporaneo e si potrà contribuire a sanare le ferite e gli immensi dolori che affliggono l’umanità”. Ben sei sono le parole che i rappresentanti degli studenti, Merveille Kouatouka e Valentina Alarcón, hanno voluto proporre nella loro breve presentazione: accogliere, ascoltare, scoprire, contemplare, osare, desiderare, cioè i sei verbi che gli studenti hanno volute scegliere nell’approfondimento di una materia che solitamente non si trova nelle università, la “condivisione” (materia che a Sophia dà crediti universitari, perché espressione dello stile di vita che l’istituto vuol favorire): “Un invito ad aprire un cammino – hanno detto −, a creare ed essere ‘luogo’ in cui condividere la Sapienza e nutrirsi reciprocamente. Ci piace ricordare l’invito di Benedetto XVI nella Caritas in veritate: ‘La verità, infatti, è lógos che crea diá-logos e quindi comunicazione e comunione’”.
Il rettore f.f., il prof. Declan O’Byrne − da poco nominato in successione coi predecessori, il prof. Piero Coda, preside fino al 2020, e il prof. Giuseppe Argiolas, rettore dal 2020 − ha voluto nel suo intervento concentrare l’attenzione su un’espressione presente nel Piano strategico del 2014, che quest’anno verrà rinnovato, che parlava di Sophia come «università del futuro». Si è chiesto il rettore: “In che senso si può fare un’affermazione del genere?”. Non vuol dir che “Sophia pensi di essere una specie di modello di come possano essere altre università”. Può significare piuttosto “pensare Sophia come un luogo universitario a servizio al futuro. Spostare l’attenzione cioè dal già al non-ancora”. E, ancora e soprattutto, “Sophia, in continuità con la missione della
Chiesa, deve sapere orientare il suo lavoro verso il futuro e deve saper superare le rigide distinzioni tra le discipline, ma anche collegare lo sforzo transdisciplinare ad una visione informata al destino di tutte le cose di diventare uno in Cristo”. Nella sua prolusione, il prof. Mauro Magatti, ordinario di Sociologia generale all’Università cattolica del Sacro Cuore e amico della prima ora di Sophia, ha spaziato con le sue riflessioni sull’idea di università. Ha detto: “Non si può comprendere la vita sociale senza tenere conto di questa capacità di operare uno scarto di piano, un salto quantico rispetto a vincoli che sembrerebbero configurare una impasse, o un determinismo inscalfibile. In questo senso, lo spirito può essere pensato come ciò che è capace di “infinire nel finito”, di “infinitizzare” mediante proiezioni che aprono linee di fuga e spazi di libertà al di là del dato di fatto”. E ancora: “Abbiamo bisogno di una nuova conoscenza e perciò di una nuova università”. In che modo? “Per abitare il tempo della complessità, occorre riconoscere, valorizzare, coltivare una ragione aperta, multidimensionale, diffusa, incarnata, in costante dialogo e interrogazione con ciò che è non razionale, a-razionale, sovrarazionale”. “Abitare il tempo della complessità” è l’invito del prof. Magatti. La comunità accademica di Sophia, e la vasta schiera dei suoi amici raccoglie la sfida.
Michele Zanzucchi Foto: Cittadella di Loppiano
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Nov 9, 2022 | Centro internazionale
Il saluto di Margaret Karram, Presidente del Movimento dei Focolari, ai volontari e alle volontarie in formazione riuniti insieme a Castel Ggandolfo il 5 novembre 2022 e la gioia nel condividere con loro la bellissima lettera ricevuta da Papa Francesco. https://youtu.be/izLQ6PkQsHA (altro…)
Nov 7, 2022 | Dialogo Interreligioso, Testimonianze di Vita
A 25 anni dall’apertura del Focolare a Chiangmai (Thailandia), l’intervista a Metta Surinkaew, tra i primi membri buddisti del Movimento dei Focolari, oggi collaboratrice per il dialogo interreligioso. “Le religioni sono una variegata qualità di piante che sbocciano di continuo, conferendo bellezza e produttività in un equilibrio e un’armonia per tutta la terra”.
Un’immagine bellissima che ci conduce tra le vette della Thailandia e di cui ci fa dono Preyanoot Surinkaew, soprannominata Tom, ma meglio conosciuta come Metta, che nella lingua Buddha significa “compassione”. “Sono nata in una famiglia del nord del Paese. Qui il buddismo è la radice della nostra cultura e fin da piccola ho vissuto in una comunità basata sullo stile di vita buddista proprio vicino ai monaci del tempio del nostro villaggio”. Metta, quando è avvenuto l’incontro con la spiritualità del Movimento dei Focolari? Ho conosciuto il Movimento dei Focolari nel 1993. All’età di 19 anni vedevo il mio villaggio spopolarsi e la società cambiare radicalmente. Il tempio, che durante l’infanzia era un posto dove poter correre, giocare liberi e osservare gli anziani partecipare alle cerimonie si era trasformato in un luogo dove ‘cercar fortuna’ e chiedere un numero buono per la lotteria. Mi chiedevo: “come posso, nel mio piccolo, aiutare la società?”. Proprio nel periodo in cui quelle domande sorgevano nella mia mente, ho avuto l’opportunità di frequentare un campo giovanile con tanti ragazzi del Movimento dei Focolari. Ciò che mi ha colpito di più è stato il clima di armonia e il rapporto fraterno che si era creato tra tutti, anche se di religioni diverse. Ogni parola che udivo si trasformava in vita vera per quei giovani e immediatamente decisi che anche io avrei seguito quello stile di vita. Inoltre, scoprivo sempre di più con gioia che alcuni degli insegnamenti proposti dal Vangelo erano simili anche nel buddismo e che anche tra noi di religioni diverse era possibile stabilire quell’unità.
Cosa è necessario affinché questo avvenga anche nel quotidiano? Avere una mente aperta, desiderosa di accogliere l’identità altrui e imparare dalla bellezza degli insegnamenti e delle pratiche di altre religioni, con amore e rispetto. Questo fa nascere la consapevolezza che è possibile vivere insieme come “fratelli e sorelle”, superando le barriere che esistono tra le religioni stesse. L’evento organizzato il 12 e il 14 agosto 2022 per celebrare il 25° anniversario dall’apertura del primo Focolare a Chiangmai è stata un’ulteriore occasione per farne memoria. Che momento è stato? Una grande festa. Abbiamo organizzato un tour insieme alla nostra comunità composta da persone cristiane e buddiste nei posti visitati da Chiara Lubich nel 1997, un momento decisivo che ha aperto la strada per il dialogo interreligioso con gli amici buddisti in Thailandia. Fu durante quel viaggio, infatti, e grazie all’incontro con il Gran Maestro Phra Ajahn Thong, che Chiara Lubich intuì l’importanza che avrebbe avuto l’apertura del focolare: continuare a vivere e lavorare per il dialogo interreligioso. È stato bello durante quei giorni di festa vedere ciascuno pregare secondo la propria religione e, nel segno del rispetto, assistere alla preghiera dell’altro. È la conferma che quel legame di profonda amicizia nato tra Chiara e Phra Ajahn Thong e stato consegnato a tutti noi e, come un filo d’oro, continua ancora oggi a tenerci uniti. Papa Francesco nel suo recente viaggio in Kazakhstan ha affermato: “Abbiamo bisogno della religione per rispondere alla sete di pace del mondo”. Cosa ne pensi alla luce della tua esperienza? Ogni religione, diversa dalle altre e a seconda della cultura e dell’origine, mira a consentire agli esseri umani e alla società di raggiungere l’obiettivo finale della verità e della pace, ma gli insegnamenti e le varie pratiche devono trasformarsi in vita per essere una testimonianza affidabile. Il significato chiave dell’esistenza umana è questo: “Pace nel cuore delle persone e pace nella società”. La vera via del dialogo è prima di tutto comprendere appieno gli insegnamenti della propria religione per poi lavorare insieme agli altri, fraternamente, ad un progetto di vera pace.
Maria Grazia Berretta
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Nov 4, 2022 | Testimonianze di Vita
In occasione della Festa Liturgica della Beata Chiara “Luce” Badano, il 29 ottobre 2022, Sassello, la sua città natale, apre le porte e si riunisce per vivere insieme un momento di commemorazione in ricordo di questa giovane che ancora oggi continua a ispirare con la sua testimonianza. Avrebbe compiuto 51 anni in questo 29 ottobre 2022, la Beata Chiara Badano. Una giovane ragazza innamorata di Dio che, all’età di 17 anni, scoprì di avere un tumore osseo e, anche nella malattia, non smise mai di alimentarsi dell’amore per Dio, più forte di ogni altra cosa. Nella sua città natale, Sassello, un comune italiano nella provincia di Savona (Italia) circondato da boschi e bellissime colline, quel giorno erano tanti i giovani, i bambini e gli adulti venuti a salutarla in occasione del suo compleanno che coincide con la sua Festa Liturgica. A 32 anni dalla morte, la sua testimonianza continua ad arrivare a tanti e i frutti di una vita vissuta nella luce ispirano tanti ad andare oltre gli ostacoli, a scoprire una carezza dell’Amore di Dio anche nelle difficoltà e nei dolori; a dare la vita per chi ha più bisogno.
Una giornata che ha avuto inizio a mezzogiorno al Camposanto presso la cappella della famiglia Badano, dove tantissime persone provenienti da vari Paesi, si sono trovate attorno alla tomba di Chiara per il “Time-Out”, un minuto di raccoglimento per chiedere la pace in tutto il mondo. È stato un momento semplice ma profondo, di riflessione e di preghiera, al quale hanno preso parte la mamma di Chiara, Maria Teresa, il Sindaco di Sassello, Daniele Buschiazzo, il Vescovo della Diocesi di Acqui, Mons. Luigi Testore e i componenti della Fondazione Chiara Badano. “Il 29 ottobre generalmente è un momento che arricchisce tutta la comunità. – ha affermato il Sindaco – E il fatto che poi siano soprattutto i giovani che riconoscono nella figura di Chiara un riferimento importante, ci inorgoglisce ancora di più. Che questo sia un momento d’incontro dove si affrontino temi importanti ogni anno, come appunto quest’anno sulla pace, è un elemento di vitalità anche per il nostro Comune e la nostra comunità”. Nel pomeriggio, presso la parrocchia della Santissima Trinità, nel centro di Sassello, in tanti hanno partecipato alla Santa Messa, celebrata da Mons. Testore, alla presenza del Parroco di Sassello don Enrico Ravera. “Chiara ci mostra appunto che cosa voglia dire accogliere l’Amore di Dio e scoprire costantemente questo Amore – ha detto il Vescovo -. Quindi ha saputo vivere la sua breve vita soprattutto con questa prospettiva, lasciandoci una impronta fortissima che ciascuno di noi può riprendere: scoprire l’Amore di Dio e lasciarsi guidare da questo Amore per costruire la propria vita”.
5ta edizione del “Premio Art 2022” Subito dopo la Santa Messa, la Fondazione Chiara Badano, ha annunciato i nomi dei vincitori del “Premio Art 2022”, che dà la possibilità ai giovani di testimoniare con i propri talenti quanto la storia di Chiara Badano, il suo ideale e il suo stile di vita li abbia affascinati, coinvolti e ispirati. I vincitori di quest’anno sono Manuel Arduini di Cattolica (Italia), nella categoria “ragazzi” (10-16 anni) con un disegno ispirato a Chiara, intitolato “Il cammino verso la luce”. “Quello che mi ha ispirato a fare questo disegno è stata la fede di Chiara ‘Luce’ nella Chiesa e in Dio” ha spiegato il vincitore. Hanno vinto il premio nella categoria giovani (17-35 anni) Guilaine, Darlene, Ashura, Evasta ed Erica del Burundi. Le 5 ragazze di Bujumbura in Burundi, del Centro Chiara Luce del Movimento dei Focolari, hanno scritto le parole per una canzone (sulla base di una musica tradizionale) e preparato una coreografia che esprime la gioia di aver conosciuto la vita di Chiara “Luce” e l’aiuto che il suo esempio rappresenta per le loro vite. Una menzione speciale della giuria è andata alla canzone presentata da un gruppo di bambini di Bujumbura per la categoria ragazzi. Il premio e la pergamena sono stati ritirati da Chiara Cuneo, consigliera al Centro Internazionale del Movimento dei Focolari che ha portato il saluto della Presidente Margareth Karram e del Copresidente Jesus Morán.
Prima di concludere la cerimonia di premiazione, Pasquale Capasso e Martina Bolino di Arzano (Italia), vincitori della categoria giovani per l’anno 2020, hanno presentato la canzone con cui hanno vinto quell’edizione, “Qui per l’eternità”, la cui premiazione in presenza a causa della pandemia non era stata possibile. “Arrivato all’ultima pagina del libro su Chiara “Dai tetti in giù” scritto da Franz Coriasco – spiega Pasquale Capasso – mi sembrava che questa storia dovesse continuare. Mi sono venuti in mente tanti ragazzi, come me, come noi, che cercano di spendere la loro vita mettendo al servizio degli altri i propri talenti. E quindi, l’esperienza di questa canzone doveva sicuramente essere una esperienza comune, anche con gli altri ragazzi e amici… ed è venuta fuori questa canzone, che è uno stimolo a portare avanti il testimone che Chiara ci ha lasciato, perché è un impegno che ci sentiamo tutti noi di prenderci”. “È nata un po’ come gioco… – ha aggiunto Martina Bolino – abbiamo accolto questo gioco ed è uscita una condivisione di gioia pazzesca che, appunto, contagia, quindi ringraziamo chi ci ha fatto questo invito”. Premio “Solidarity Chiara Luce Badano” Al termine della premiazione dei vincitori di “Art 2022”, ci sono stati anche la presentazione ed il lancio del nuovo Premio “Solidarity 2022”: un’iniziativa annuale per promuovere progetti di solidarietà in ogni parte del mondo, che si unirà al premio artistico. “Chiara, fin da piccola, ha mostrato una vera passione per i più bisognosi, i più deboli, i più emarginati della società, anziani e bambini in particolare – ha spiegato Cristina Cuneo, componente della Fondazione Chiara Badano – per questo motivo, su ispirazione e sollecitazione di Ruggero Badano (papà di Chiara) e Delfina Giribaldi, la Fondazione, ha deciso di istituire il ‘Premio Solidarity Chiara Luce Badano’, in accordo con il mandato statutario di sostenere e incentivare progetti per la promozione di azioni positive rivolte alle fasce deboli della popolazione”. La scadenza per la presentazione dei progetti, secondo le modalità indicate dal bando presente sul sito ufficiale di Chiara, è il 20 gennaio 2023 alle ore 12 CET. Per maggiori informazioni sulla Beata Chiara “Luce” Badano e la sua storia: www.chiarabadano.org
Anita Martinez
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Ott 30, 2022 | Focolari nel Mondo, Senza categoria
- Data di Morte: 31/10/2022
- Branca di Appartenenza: Volontaria
- Nazione: Brasile
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Ott 26, 2022 | Testimonianze di Vita
Andare incontro al prossimo, amarlo nella pienezza, vuol dire spesso ritornare sui nostri passi, anche quando pensiamo che le nostre ragioni meritino di essere ascoltate. Vuol dire riporre le armi e sfoderare atti di gentilezza. Il ritorno di papà Per motivi di lavoro mio marito si era assentato un’intera settimana, per cui mi ero trovata a gestire da sola quattro figli a casa in seguito alla chiusura delle scuole per il Covid-19. Scontenta, andavo rimuginando: “Era giusto per lui assumersi tante incombenze?”. E dentro di me montava l’ansia di sfogarmi al suo ritorno. A un certo momento però mi sono accorta che la più piccola dei bambini stava preparando con cura un disegno da regalare al papà al suo ritorno. Quel gesto gentile mi ha fatto riflettere, è stato per me un vero esame di coscienza. “Ed io? Che accoglienza gli farò? Lo assalirò con le mie recriminazioni elencando i pesi di cui mi sono dovuta sobbarcare?” mi sono detta. Quel disegno è stata l’occasione per cambiare direzione e per decidere – stavolta insieme ai figli, entusiasti all’idea – di accogliere il papà con una festa, preparando cose buone da mangiare e decorando gli ambienti. Quando mio marito è arrivato, è stato colto di sorpresa. Stanco, ma felice di essere a casa, ha commentato: “Voi non sapete cosa significhi per me avere una famiglia così!”. (M.S. – Ungheria) Ricucire i rapporti Anni fa il mio rapporto con un vicino di casa si è rotto. Inutili i miei sforzi per riconciliarci con lui. Di recente, vedendo il nome del suo santo sul calendario, mi è venuta un’idea. Prima però, avendo lui traslocato, ho dovuto fare qualche ricerca per rintracciarlo. La mattina del suo onomastico mi sono presentato a casa sua con un certo tremore e un cesto di doni. Ad aprirmi è la moglie, che mi accoglie cordiale: “Chi si vede! Mi scusi, ma non l’avevo riconosciuta”; e annuncia l’arrivo di suo marito. Mi chiedevo come avrebbe reagito. Mai però avrei immaginato il grande abbraccio con cui mi ha accolto, ripetendo: “Che regalo mi ha fatto venendo a trovarmi! Sono stato cattivo, ma sai, molto dipende dal mio caratteraccio!”. In salotto, ci siamo intrattenuti in cordiale conversazione per circa due ore. E al momento dei saluti, ha voluto offrirmi alcuni prodotti dei suoi campi. Per quest’incontro che ha recato gioia ad entrambi ho ringraziato Dio: solo lui poteva infondermi il coraggio per osare e credere di più al bene che si nasconde in fondo al cuore di ogni uomo. (E.B. – Italia)
A cura di Maria Grazia Berretta
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VIII, n.2, settembre-ottobre 2022) (altro…)
Ott 24, 2022 | Chiesa, Sociale
Il 4 ottobre 2022 è stato presentato in Vaticano il docufilm “La Lettera”, uno sguardo su come agire per il bene della nostra “casa comune”, ideato dal Movimento Laudato Si’, oggi disponibile in forma gratuita su Youtube Originals in 12 lingue. Arouna Kandé è un giovane studente senegalese nato in un piccolo villaggio che lavorava in fattoria, tra capre e polli, ma la progressiva distruzione dell’ambiente ha spinto il giovane musulmano a lasciare il villaggio. Il giovane racconta, a proposito della città costiera di Saint-Louis, che l’innalzamento delle acque ha già costretto migliaia di persone a lasciare le loro case. “La mia famiglia, in Senegal – dice–, non ha fatto nulla per causare la siccità del nostro villaggio e le inondazioni in città. Ci investono le scelte fatte da altre persone. Il futuro però sta arrivando, è mio e io ne farò buon uso”. Nel docufilm “La lettera”, presentato dal Movimento Laudato Si’, del quale il Movimento dei Focoalri è partner, la storia di Arouna Kandé si intreccia con le vicende del capo indigeno brasiliano Cacique Odair Dadá Borari, dell’attivista indiana quattordicenne Ridhima Pandey, deiconiugi americani Asner,, biologi marini, e della irlandese Lorna Gold, tutti molto attivi per la salvaguarda dell’ambiente.
Con una lettera che parte dal Vaticano e raggiunge ognuno di loro comincia un viaggio nel proprio vissuto fino a ritornare in Vaticano dove Papa Francesco intavola con loro un dialogo in un clima d’intima confidenza e profondo ascolto. Infine, l’azione si sposta ad Assisi, nei luoghi di San Francesco. Lì, il Cardinale Raniero Cantalamessa, offre una prospettiva unica per capire le radici francescane del messaggio della Lettera Enciclica Laudato Si’, dedicata da Papa Francecso alla cura della casa comune. Il film è stato presentato in Vaticano il 4 ottobre, festa del santo di Assisi, alla presenza dei protagonisti, del regista Nicolas Brown e della sua équipe insieme ai produttori. Nella Sala del Sinodo, Arouna Kandé ha spiegato l’importanza di sensibilizzare l’opinione pubblica su questi temi. Ha raccontato di scuole che sono spazzate via dall’acqua e di centinaia di ragazzi che non avevano un posto asciutto dove riposare, costretti a dormire per giorni in piedi. Il ragazzo ha raccontato di essersi trasferito in una città costiera, dove il livello del mare si sta innalzando. Non si è arreso: ora è uno studente universitario e sta ideando una nuova Ong per guidare la prossima era dello sviluppo sostenibile nel suo Paese. Arouna è quindi testimone delle migliaia di persone che hanno esperienza diretta della crisi climatica e che possiedono le conoscenze necessarie per risolverla. Anche Ridhima Pandey, liceale indiana di 14 anni, che ha partecipato a manifestazioni per chiedere conto ai governi della loro azione in materia di clima. Ha fondato una Ong per aiutare le giovani donne a diventare attiviste per il clima. Ridhima ha affermato che saranno le giovani future generazioni quelle che soffriranno per l’abuso della terra e l’incuria a livello mondiale. “La nostra generazione – i giovani – è e sarà la più vulnerabile”. “La lettera” è un film da vedere in famiglia, nelle comunità, nelle scuole perché il messaggio che riceve ciascuno dei protagonisti è diretto ad ogni abitante del pianeta e ci permette di prendere coscienza che tutti possiamo fare la nostra piccola o grande parte per curare, come dice papa Francesco nella Laudato Si’, “la nostra casa comune”. Il film sará disponibile in forma gratuita su Youtube Originals doppiato in 12 lingue a partire del 2 novembre 2022. https://theletterfilm.org/
Carlos Mana
Attiva i sottotili in italiano https://www.youtube.com/watch?v=Rps9bs85BII (altro…)
Ott 17, 2022 | Collegamento, Testimonianze di Vita
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Ott 13, 2022 | Chiesa
L’11 ottobre 1962 si aprivano i lavori del Concilio Vaticano II. A 60 anni di distanza, una riflessione ed uno sguardo su questa ricorrenza storica ed eccezionale nella vita della Chiesa. “Il Concilio che inizia sorge nella Chiesa come un giorno fulgente di luce splendidissima. È appena l’aurora: ma come già toccano soavemente i nostri animi i primi raggi del sole sorgente!”. Con queste parole Papa Giovanni XXIII, concludeva l’11 ottobre del 1962, la celebrazione solenne nella Basilica di San Pietro, dando inizio ad una nuova era. Sono passati 60 anni dall’apertura del Concilio Vaticano II, un Concilio ecumenico, cioè universale, e un momento di grande comunione per affrontare, alla luce del Vangelo, le nuove questioni poste dalla storia e rispondere ai bisogni del mondo. I lavori, portati avanti successivamente da Paolo VI, si protrassero fino al dicembre del 1965 e proprio un mese prima la chiusura dell’evento conciliare Chiara Lubich, Fondatrice del Movimento dei Focolari, scriveva: “Oh! Spirito Santo, facci diventare, attraverso ciò che già hai suggerito in Concilio, Chiesa viva: questa è l’unica nostra brama e tutto il resto serve a questo”[1]. Parole frutto del crescente fervore che animava già i movimenti e le nuove comunità ecclesiali preconciliari; segno indelebile di quella “circolarità ermeneutica che, in virtù dell’azione dello Spirito Santo nella missione della Chiesa, s’instaura tra il magistero di un Concilio come il Vaticano II e l’ispirazione di un carisma come quello dell’unità”[2]. Ma con che occhi, oggi, guardare a questo anniversario? Ce ne parla Vincenzo Di Pilato, docente di Teologia Fondamentale presso la Facoltà Teologica Pugliese (Italia). Professor Di Pilato, quali sogni animarono il desiderio di dar vita a questo Concilio? A partire dalla decisione risoluta di convocare un Concilio universale, il 25 gennaio 1959, ultimo giorno della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, papa Giovanni XXIII cercò di spiegare le sue intenzioni impiegando termini che oggi sono diventati fortemente significativi, quali ad esempio: aggiornamento, segni dei tempi, riforma, misericordia, unità. Nei mesi precedenti all’apertura del Concilio, il papa si attendeva da esso che fosse un’epifania del Signore (cf. Es. ap. Sacrae Laudis, 6 gennaio 1962), che avrebbe portato Roma a diventare una nuova Betlemme. I Vescovi di tutto il mondo, come un tempo fecero i Magi, sarebbero giunti ad adorare Gesù in mezzo alla sua Chiesa. Roncalli sognava una Chiesa sinodale, una Chiesa in uscita “dal recinto chiuso dei suoi cenacoli” (10 giugno 1962); una “Chiesa di tutti, particolarmente dei poveri” (11 settembre 1962) perché lo “scopo” del Concilio coincideva con quello dell’Incarnazione e della Redenzione, ovvero “il congiungimento del cielo con la terra… in tutte le forme della vita sociale” (4 ottobre 1962). Perché soffermarsi a riflettere su questa ricorrenza oggi? Non è una ricorrenza come le altre, ma l’occasione irrinunciabile per una rinnovata presa di coscienza davanti a un tempo di grazie speciali. La Chiesa – forse un po’ appesantita dai suoi duemila anni – è incoraggiata a tornare a “sognare”, a rivivere cioè anche oggi quell’evento nello Spirito del Risorto con la certezza che Egli è qui e lo sarà «fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Cosa altro potrebbe significare il processo sinodale impresso da papa Francesco se non quello di perpetuare la Pentecoste in ogni tempo e in ogni luogo? Inoltre, nel periodo precedente e, soprattutto, successivo al Concilio, la crescente vitalità di nuovi movimenti, come ad esempio il Movimento dei Focolari e altre aggregazioni di fedeli e comunità ecclesiali, hanno favorito la maggior comprensione del principio della co-essenzialità tra la dimensione istituzionale e la dimensione carismatica della Chiesa. È importante fare memoria di questa sinergia dello Spirito che fa sì che la Chiesa non sia mai lasciata sola dinnanzi alle immani sfide che di volta in volta si presentano nel cammino della storia. In una parola: la Chiesa è il luogo della fraternità dove ha inizio il Regno di Dio i cui confini vanno ben oltre quelli visibili della Chiesa stessa. La “corresponsabilità” dei laici nella Chiesa, parola riconducibile al Concilio, è un cammino ancora aperto… Sì, è certamente un discorso in divenire ed equivale a riconoscere l’uguaglianza fondamentale di tutti i battezzati; a rivedere il rapporto presbiteri-laici; ad apprezzare la circolarità delle vocazioni; a mettere in atto tutte le strutture di comunione e le forme di sinodalità che sono già possibili; a puntare sulla collegialità episcopale e nel presbiterio stesso (fra il clero e con il vescovo); a scoprire la co-essenzialità dei ministeri e dei carismi; a promuovere la piena reciprocità uomo-donna nella Chiesa; ad impegnarsi nel dialogo ecumenico e interreligioso; ad aprirsi in un rapporto autenticamente dialogico con il mondo circostante, con la/le cultura/e, valorizzando la capacità e la disponibilità all’ascolto, che la familiarità con il Cristo ci dona e ci affina; promuovere nuovi tentativi di dar vita a piccole vivaci comunità locali. In una parola: far sì che emerga Cristo non solo in ciò che diciamo, ma nei rapporti che costruiamo con ogni prossimo e a tutti i livelli.
Maria Grazia Berretta
[1] [1] C. Lubich, Una nuova Pentecoste, dal diario, 11 novembre 1965, in La Chiesa, a cura di B. Leahy e H. Blaumeiser, Città Nuova, Roma 2018, p. 69. [2] Piero Coda, in occasione del Convengo “Il Concilio Vaticano II e il carisma dell’Unità di Chiara Lubich”, Firenze, 11-12 marzo 2022. (altro…)
Ott 12, 2022 | Focolari nel Mondo, Senza categoria, Testimonianze di Vita
Essere testimoni autentici senza mai rassegnarci. Vivere il Vangelo nella vita di ogni giorno ci richiede questo: mettere da parte le nostre paure e andare oltre i nostri limiti o le nostre convinzioni; confidare nei doni che Dio ci ha fatto perché è li che risiede la nostra forza. Senza rancore La messa era giunta alla conclusione. Mentre don Carlo, il nostro parroco, impartiva una benedizione particolare a uno dei parrocchiani che aveva compiuto quel giorno il suo novantesimo compleanno, io ero intenta a scattare qualche fotografia della scena. Era presente alla cerimonia anche sua sorella, venuta per l’occasione dalla Svizzera francese. All’uscita dalla chiesa mi sono avvicinata a lei e le ho chiesto il suo numero di cellulare così da poterle inviare l’intera serie di foto. Volentieri me l’ha fornito, ringraziando. Più tardi lei ha telefonato a casa mia, mentre io ero assente; le ha risposto mio marito, che al mio ritorno mi fa: “Ma tu parli con quella persona, malgrado tutto quello che ci ha fatto?” Si riferiva a vecchi dissapori intercorsi tra quella signora e noi. “Certo! – mi son sentita di rispondergli –. Non voglio partire da questo mondo avendo rancore verso qualcuno! La verità è che siamo tutti fratelli, anche se a volte ce ne dimentichiamo”. Mio marito non ha replicato, ma per un po’ l’ho visto piuttosto pensieroso. (Loredana – Svizzera) L’esame Vivo a Firenze con altri quattro amici, anch’essi studenti universitari che, come me, desiderano modellare la loro vita secondo l’esempio dato da Gesù. L’appartamento dove abitiamo è molto umido e per scaldarci usiamo la stufa a legna. Non è l’unica difficoltà, che però diventa un incentivo per volerci veramente bene. Per esempio, col collega col quale preparo un esame abbiamo tempi e metodi di studio diversi. Vorrei mollare e proporgli di studiare separatamente. Ma quando ne parlo agli altri ragazzi, mi consigliano di insistere, di provare a comprendere meglio il mio compagno di studi. Capisco che devo continuare ad amarlo. Non mancano i momenti di tensione e di scoraggiamento, ma lui mi dice che venire a studiare da noi gli piace, perché respira un’altra aria. Alla fine, l’esame va bene e lui vuole festeggiare in pizzeria, non solo con me, ma con tutti noi e dice: “l’esame superato è stato il frutto del nostro volerci bene, ma anche della comprensione dei tuoi amici”. (Gioacchino – Italia)
A cura di Maria Grazia Berretta
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VIII, n.2, settembre-ottobre 2022) (altro…)
Ott 10, 2022 | Chiara Lubich, Focolari nel Mondo, Senza categoria
L’ incontro personale e profondo con Dio nella preghiera risignifica tutta la nostra esistenza. Riconoscere in Lui l’autore della grazia ci concede la possibilità di amare da figli, di perderci nel suo sguardo, fino a diventare preghiera vivente. […] Come sappiamo, la nostra spiritualità, personale e comunitaria insieme, ci porta ad estendere il nostro amore verticalmente, come si dice oggi, verso Dio e orizzontalmente verso il prossimo; e la santità, che ne deriva, è data dalla equilibrata presenza di questi due amori. Ma è facile per alcuni (e lo sta dimostrando la tendenza, alle volte, all’attivismo) sviluppare in modo particolare la dimensione orizzontale dell’amore e, forse, non altrettanto quella verticale. E’ vero che noi tutto quanto facciamo lo rivolgiamo in genere a Lui: è per Lui che amiamo, che operiamo, che soffriamo, che preghiamo… Ma, se col continuo “farci uno” con i prossimi siamo arrivati ad amarli spesso anche col cuore, siamo certi di amare pure Dio non solo con la volontà, ma insieme col cuore? Alla fine della nostra vita non potremo presentarci a Dio assieme agli altri, alla comunità, ma dovremo farlo da soli. E siamo sicuri che, in quel momento, tutto l’amore raccolto nel nostro cuore, durante la nostra esistenza, si verserà spontaneamente, come dovrebbe essere, su Colui che dovremmo aver sempre amato e che incontreremo e ci giudicherà? […] Arriverà senz’altro anche per noi quel momento e, tenendolo presente, dovremmo sin da adesso cercare di approfondire meglio ed al massimo il nostro rapporto con Dio. Si può, infatti, amare come servi e compiere tutto quanto il padrone vuole senza rivolgergli parola; o si può amare come figli col cuore, riempito dallo Spirito Santo, di amore e di confidenza nel proprio Padre: quella confidenza che porta a parlare spesso con Lui, a dirgli tutte le nostre cose, i nostri propositi, i nostri progetti; quella confidenza, quel divino desiderio che porta a non vedere l’ora che arrivi il momento dedicato esclusivamente a Lui, per mettersi in contatto profondo con Lui. E’ la preghiera, la preghiera vera! E’ ad essa che dobbiamo tendere, fino ad arrivare ad essere preghiere viventi. C’è una bella frase del teologo Evdokimov, a proposito della preghiera: “Non basta – dice – avere la preghiera, bisogna diventare, essere preghiera, costruirsi in forma di preghiera…”¹. Costruirsi in forma di preghiera, essere preghiera, come vuole Gesù, che ha detto: “Conviene sempre pregare”². Io credo che nel cuore di molti di noi ci sia un vero patrimonio d’amore soprannaturale che può trasformare la nostra vita in autentica preghiera, che può costruirci in preghiera. Si tratta di raccoglierlo nei momenti opportuni. In questo prossimo tempo impegniamoci allora a parlare spesso con Dio, anche in mezzo all’attività. Cerchiamo di migliorare proprio in questo. Già il dire un “Per Te” prima di ogni azione, trasforma questa in una preghiera. Ma non basta. Incominciamo un colloquio serrato con Lui ogni volta che è possibile. Solo così, alla fine della vita, potranno fiorire sulle nostre labbra espressioni d’amore a Dio, simili a quelle dei santi. […]
Chiara Lubich
(Chiara Lubich, Conversazioni, Cittá Nuova 2919, pag. 551-553)
1. P. Evdokimov, Ortodossia, in Aforismi e citazioni cristiane, cit. p. 153. 2. Cf. Lc 21, 36.
https://youtu.be/mV3dPufxu74 (altro…)
Ott 3, 2022 | Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Senza categoria
Selezionati 15 progetti per il Seed Funding Program, programma di microfinanziamento che sostiene e incoraggia iniziative di ecologia integrale significative e promettenti in diverse parti del mondo. Il Movimento dei Focolari, FaithInvest e MundellEarth a supporto dell’iniziativa. Quella che il mondo si ritrova a vivere oggi è una crisi complessa, sociale e ambientale e ciò che anima maggiormente le persone sembra proprio il desiderio di trovare delle soluzioni per rispondere concretamente a questo problema. Agire per il bene della nostra “casa comune”, come ama definirla papa Francesco, ascoltando “il grido dei poveri, del pianeta e delle nuove generazioni”. Anche il Movimento dei Focolari ha deciso di voler fare la sua parte e ha compreso di avere la responsabilità di studiare a fondo i problemi che affliggono il mondo e di compromettersi in azioni concrete.
Con questo desiderio di trovare strategie partendo da un approccio integrato, è nato il Seed Funding Program (SFP) in partnership con FaithInvest e MundellEarth. Questo programma di microfinanziamento mira a sostenere e incoraggiare iniziative significative e promettenti in diverse parti del mondo per la realizzazione di piani ecologici locali all’interno delle comunità dei Focolari per camminare insieme verso un’ecologia integrale. Dalle Filippine all’Argentina, dei 33 progetti che hanno risposto al bando, 15 sono stati selezionati per ricevere il finanziamento e sviluppare il loro lavoro con aspetti ambientali e sociali nelle loro comunità. I progetti sono guidati da giovani, con sforzi intergenerazionali, inseriti nelle loro comunità locali, orientati all’ecologia integrale e motivati da valori spirituali. Durante l’incontro di avvio del SFP, che si è svolto il 3 settembre 2022, tutti i partecipanti hanno potuto ispirarsi ai progetti degli altri, dalle cooperative di carpenteria riciclabile alla formazione integrale dei giovani. Un momento di grande condivisione a cui hanno preso parte anche Catherine Devitt (Faith Plans Programme Manager di FaithInvest) John Mundell (Presidente di MundellEarth) ed Etienne Kenfack (Consigliere del Movimento dei Focolari per l’aspetto della “Vita fisica e natura”).
Ana Clara Giovani e Bianca Carvalho
I 15 progetti selezionati Per saperne di più sul progetto: https://www.new-humanity.org/es/project/seed-funding-program/ (altro…)
Set 30, 2022 | Focolari nel Mondo, Vite vissute
L’intensa esperienza vissuta da Jenny López, responsabile del Centro per Anziani Chiara Lubich, a Lámud (Amazzonia peruviana). La storia del suo incontro con L. Una mattina, nel mio ufficio in Comune, ho ricevuto un fascicolo in cui si chiedeva un aiuto per ricoverare un’anziana presso il nostro Centro. Il file portava solo il nome della persona, L., e il numero del documento. Ho, quindi, chiesto un referto più completo e una diagnosi aggiornata dello stato di salute. Dal Comune di provenienza mi hanno spiegato che l’anziana era stata vittima di violenze da parte della sua stessa famiglia. Lei, una persona vulnerabile, aveva le braccia contuse, era incapace di muoversi e in stato di totale abbandono. Era prudente che fosse allontanata dalla sua casa e dalla suo paese. In qualità di responsabile della Casa Hogar “Chiara Lubich”, ho chiesto alle autorità locali di accelerare le pratiche per questo caso che mi sembrava urgentissimo. Il Tribunale doveva emettere una sentenza perché l’anziana signora potesse lasciare la sua casa, ma il giudice era in ferie. Decisi, allora, di offrire la nostra disponibilità ad accoglierla subito assumendomi ogni responsabilità.Per raggiugerla ci sono volute 7 ore di viaggio su strade dissestate. L’abbiamo trovata sola nella sua casetta, addormentata, quasi morente. Mi sono avvicinata a lei chiamandola per nome ma non rispondeva. Ho firmato subito il verbale per poterla trasferire e abbiamo passato quella notte in un ostello. Non riuscivo a dormire, la mia mente e la mia anima erano concentrate su ciò che sarebbe potuto succedere. Mi sono alzata presto e ho offerto tutte le mie paure nella preghiera.Il giorno dopo ho chiesto il sostegno di un’assistente sociale per poter finalmente tornare a casa da mio marito le miei bambine e i mei genitori anziani, ma in quel momento non c’era disponibilità.È stato difficile scegliere ma sentivo dentro di non dover mollare. La vita di L., legata ad un filo, dipendeva solo da un nostro piccolo sforzo. E così è passato un altro giorno.Ho sussurrato a L.: “Tu soffri come Gesù sulla Croce e io sono qui con te. Se devi andare in Paradiso, non sarai sola, io ti accompagnerò”. Ho trascorso la notte con lei, poi, al mattino seguente, sono arrivati i medici che l’hanno curata, idratata, e solo dopo abbiamo potuto trasferirla all’Hogar, dove è stata accolta con tanto affetto. Erano necessari però ben 23 flaconi di una medicina molto forte. Ho fatto il giro di tante farmacie e, infine, una sembrava averne delle confezioni, ma l’impiegata dubitava che le fiale raggiungessero quel numero. Guardando nella scatola invece, ce ne erano proprio 23. Il suo volto era sorpreso: “È così, quando cammini con Dio”, le ho detto felice. Dopo quel lungo viaggio, L. ha potuto riposare. Qualche giorno fa Dio l’ha chiamata a sé, circondata dall’amore e le preghiere di tutti noi, e con l’unzione degli infermi. Pur nel dolore, rimane in tutti la gioia di avere amato questa cara anziana che ha così sofferto, ma che lascia una scia di amore e di preghiere per lei da persone di tutto il mondo. La sua breve presenza è giunta come un dono che ci ha lasciati tutti “in punta di piedi” ma con una fiducia rinnovata in Dio. Jenny López Arévalo (Lámud, Amazonas, Perù)
Testimonianza raccolta da Gustavo E. Clariá
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Set 29, 2022 | Centro internazionale
Il Movimento dei Focolari ha pubblicato un Bilancio di Comunione per il periodo 2020-2021, strumento di informazione per far conoscere le principali azioni ed interventi di questa realtà nel mondo; un documento dettagliato che è utile a ciascuno per vivere e camminare insieme verso la realizzazione dell’unità e della fraternità. Per la prima volta il Movimento dei Focolari pubblica un bilancio di missione e decide di farlo alla luce di questo tempo di crisi ed incertezza, che porta con sé gli strascichi della pandemia e le ferite ancora aperte dei tanti conflitti nel mondo. Ma è proprio quando più grandi e comuni appaiono le problematiche che sembra emergere un sentimento popolare di vera fraternità e solidarietà.
Ecco, dunque, che questo Bilancio di Comunione, più che essere un semplice report si propone di restituire al lettore una narrazione esplicativa delle azioni e degli interventi del Movimento dei Focolari, mettendo in luce ciò che unisce e quanto ancora è da migliorare. Il Bilancio dà particolare rilievo all’elemento chiave che si evince dal nome stesso: la comunione. Lo stile di vita proposto dal Movimento, infatti, ha alla base la tensione a mettere in pratica l’amore che attinge le sue radici al Vangelo. Un amore che – come diceva la fondatrice dei Focolari Chiara Lubich (1920-2008) – richiede di amare tutti, amare per primi, “entrando nella pelle dell’altro”, in modo che questo amore si estenda fino a diventare reciproco, a diventare, per l’appunto, comunione. In questa ottica il documento vuole mettere in luce gli effetti della comunione stessa, di ciò che si ha e di ciò che si è, in una volontaria e libera condivisione. Allo stesso tempo vuole farsi esso stesso strumento che apre al dialogo e alla comunione, come ha affermato la Presidente Margaret Karram nelle sue parole introduttive: “È con questi sentimenti che desidero offrirlo a voi tutti perché possa divenire anch’esso uno strumento di dialogo, per costruire ponti e diffondere una cultura e prassi di fraternità. Mi sta tanto a cuore che possiamo imparare a vivere sempre meglio questa comunione, questo scambio, in un rapporto di reciprocità che ci rende sorelle e fratelli e promuove un’autentica famiglia in cui le diversità ci arricchiscono e ci legano in un’unità armonica”.
Stefania Tanesini
Per leggere il Bilancio di Comunione in italiano clicca qui (altro…)
Set 27, 2022 | Chiesa, Cultura, Focolari nel Mondo, Senza categoria, Sociale, Testimonianze di Vita
Il 24 settembre 2022 papa Francesco si è recato ad Assisi per incontrare i giovani economisti, imprenditori e changemakers di Economy of Francesco giunti da oltre 100 Paesi del mondo per la terza edizione dell’evento, la prima in presenza. Pace, cura, servizio, tutela, amicizia, alleanza, riconoscimento, dignità, condivisione, felicità. Sono queste le dieci parole dell’economia della vita che i giovani economisti, imprenditori, changemakers hanno deciso di incarnare nella realtà, su invito di papa Francesco. Non un’utopia, “perché la stiamo già costruendo”, conclude il “Patto” firmato il 24 settembre scorso nel teatro Lirick di Assisi dalla quattordicenne Lilly Ralyn Satidtanasarn, a nome di tutti i partecipanti di The Economy of Francesco (EoF), e dallo stesso papa Francesco. Un’adolescente thailandese e il vescovo di Roma sono i custodi di questa “giara del futuro”. Un’anfora di carta e inchiostro in cui i ragazzi e le ragazze hanno raccolto i loro impegni personali, nati e maturati in tre anni di sessioni di lavoro online. “Insieme al testo del Patto, li affideremo alla terra come radici dell’economia di domani, nel roseto della Porziuncola, da dove i figli di Francesco partirono per il mondo”, ha detto Lourdes, uno dei tre conduttori che si sono alternati sul palco, su cui c’era una trentina di coetanei, tra cui gli otto testimoni. Sognatori con i piedi, però, ben piantati per terra, capaci di rivoluzionare il mondo con “l’amore, con l’ingegno e con le mani”. Come Facundo Pascutto, argentino di Lomas de Zamora, enorme città-satellite di Buenos Aires che, insieme alla facoltà di Scienze sociali, trasforma associazioni di quartiere, sindacati, università, cooperative, mense comunitarie, unità penitenziarie e imprese in “piccole Assisi”, cioè spazi di incontro tra i differenti attori sociali. O Henry Totin, del Benin, che, con l’associazione Javev, ha reso una pianta infestante – il giacinto d’acqua o togblé – una risorsa economica per i contadini della valle di Ouémé. O ancora Maryam, attivista per i diritti delle donne, fuggita all’Afghanistan dei taleban proprio grazie alla rete di contatti attivata da The Economy of Francesco. È impossibile sintetizzare il caleidoscopio di storie e storia su cui si fondano i dodici punti del Patto. Alcune nuovissime, come “la Fattoria di Francesco”, inventata da Mateusz Ciasnocha, contadino della Polonia del Nord, che proprio nel corso del processo innescato dal Papa ha trovato il modo di coniugare agricoltura e giustizia. “Come? Rispettando i campi e quanti li lavorano. Ora abbiamo creato una nuova impresa in Nigeria per sostenere la produzione famigliare di cinque villaggi della zona di Ibadan”, ha raccontato. Altre, invece, sono antiche. La Comunità di pace di San José de Apartadó ha venticinque anni. “È stata fondata il 23 marzo 1997 quando nessuno parlava di economia circolare e coltivazioni sostenibili. Non ne sapevamo molto nemmeno noi. È avvenuto tutto per ‘chiripa’”. Ha ripetuto questa parola più volte José Roviro. “Vuol dire ‘fortuna’ o ‘provvidenza’”, spiega. Costituito da un gruppo di contadini sfollati del conflitto colombiano, la Comunità ha scelto di dire no alla violenza. “Poiché l’avevamo sperimentata sulla nostra pelle – ha aggiunto Sayda Arteaga -, abbiamo deciso di non infliggerla ad altri”. Ora l’iniziativa – sostenuta da Operazione colomba – produce alimenti sostenibili grazie a un sistema di lavoro comune. Dal modello pioniere, poi, si irradiano altri percorsi. “La neo-nata Fondazione Rut partirà proprio dalla Comunità il processo di ascolto per elaborare una grande piattaforma digitale (Inter Zona) sulle violazioni dei diritti umani e le forme di resistenza nonviolenta”, hanno sottolineato Annamaria De Paola e Giovanna Martelli. Esempi piccoli e grandi di un’altra economia possibile in cui credono i giovani di Eof e, alcuni di loro, “in mattine particolarmente luminose, hanno già intravisto l’inizio della terra promessa”. Quanto ci vuole per raggiungerla? Troppo, sostengono gli scettici, spesso non proprio disinteressati. Il popolo di Eof non se ne preoccupa e ora prosegue il cammino con l’apertura di The Economy of Francesco 2.0. In questo sono profetici: abitano la notte, come la sentinella del brano di Isaia. Non hanno risposte per i passanti angosciati che domandano quanto manca allo spuntare del sole, eppure li ascoltano. Sono donne e uomini del dialogo notturno. Perché – è risuonato ieri con forza dal palco di Assisi – “non c’è alba più bella di quella che ci sorprende in compagnia dei profeti”.
Di Lucia Capuzzi
Fonte: Papa Francesco firma il “patto” con giovani: «Una nuova economia non è utopia» (edc-online.org) Discorso papa Franscesco: Visita del Santo Padre Francesco ad Assisi in occasione dell’evento “Economy of Francesco” (24 settembre 2022) (vatican.va) Video: – IT – Papa Francesco e la comunità EoF – YouTube
Set 26, 2022 | Chiara Lubich
Se vogliamo imitare Gesù, dobbiamo cercare di mettere in pratica quanto lui ha detto e fatto. Parole e gesti che troviamo nel Vangelo, un testo sempre attuale e tutto da vivere. Vedremo così che è possibile trovare una via di soluzione anche ai conflitti e ai problemi che quotidianamente ci troviamo ad affrontare. Lavare i piedi… Non c’è dubbio: questo gesto di Gesù è un’illustrazione chiara, concreta ed efficace del comando dell’amore; Gesù vuol dare ai suoi discepoli un insegnamento di quell’umiltà che è alla base dell’amore. (…) Proprio perché Gesù è il Signore e il Maestro, il suo esempio diventa norma per i suoi. La comunità cristiana, e quindi ognuno di noi, è invitata a farne la regola d’oro della propria vita. Gesù, poco dopo, lo esprimerà come legge fondamentale della Chiesa: il discepolo deve amare i suoi fratelli come Lui stesso ci ha amati. (…) L’imitazione che Gesù ci chiede non consiste nel ripetere pedestremente il suo gesto, anche se dobbiamo averlo sempre dinnanzi a noi come luminosissimo e impareggiabile esempio. Imitare Gesù significa comprendere che noi cristiani abbiamo senso se viviamo “per” gli altri, se concepiamo la nostra esistenza come un servizio ai fratelli, se impostiamo tutta la nostra vita su questa base. Allora avremo realizzato ciò che a Gesù sta più a cuore. Avremo centrato il Vangelo. Saremo veramente beati.
Chiara Lubich
(Chiara Lubich, Parole di Vita, Città Nuova, 2017, p. 234/5)
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Set 23, 2022 | Testimonianze di Vita
Avvicinarsi all’altro significa diminuire la distanza tra noi e lui e questo comporta il perdere quella fetta di spazio che è solo nostra; significa mettere da parte quanto abbiamo da fare per abbracciare la vita dell’altro. Scegliere l’ultimo posto per mettersi a servire. Una paziente esigente Nel reparto dove lavoravo come infermiera una signora ricoverata in camera singola pretendeva di essere servita per ogni piccola necessità. Io vedevo che soffriva: forse sentiva avvicinarsi la fine. Un giorno, dopo aver mandato via sgarbatamente il sacerdote in visita ai degenti, ha fatto scrivere sulla porta un avviso: non voleva visite, soprattutto di preti. Ogni mattina, iniziando il mio turno di lavoro, per amare Gesù sofferente in quella signora cercavo di accontentare tutti i suoi desideri: metterle a posto il cuscino, portarle un bicchiere d’acqua, aprire di più la finestra, chiuderla ecc… Un giorno mi ha chiesto: “Come fa ad avere così tanta pazienza con me?”. Ho indicato il Crocifisso appeso alla parete: “È lui che me la dà”. Da allora il rapporto fra noi è cresciuto. Una notte in cui stava peggio ha insistito con l’infermiera di turno perché telefonasse in parrocchia per far venire subito un sacerdote. Poco dopo si è confessata ed ha ricevuto la Comunione. Quando sono arrivata al lavoro, lei era tranquilla. Alle dieci si è spenta. (Vreni – Svizzera) Far sorridere il mondo Mohammed non ha ancora 22 anni, è curdo iracheno e ha già vissuto alcuni anni in Svezia. Ora è venuto in Italia per una questione di documenti. Ha due occhi limpidi e buoni. Lo faccio accomodare nell’ufficio per spiegargli come funziona il dormitorio Caritas dove verrà accolto temporaneamente. Grazie all’inglese, possiamo capirci un po’. Cerco di interessarmi a lui e alla famiglia, ai motivi che lo hanno spinto a lasciare la sua terra e al suo breve ma già intenso passato, dimenticando le situazioni – comunque dolorose – che ho conosciuto prima del suo arrivo. Quando è entrato, mi sembrava stanco e teso, ora lo vedo pian piano distendersi. Spesso sorride. Alla fine, mi dice: “In sei anni non ho mai incontrato una persona che mi accogliesse come hai fatto tu questa mattina. Mi hai fatto passare lo stress”. E mi ringrazia. Poi mi chiede di scrivergli su un foglio il mio nome, ma quando il colloquio finisce e mi saluta, mi chiama “papà”. (S.U. – Italia)
A cura di Maria Grazia Berretta
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VIII, n.2, settembre-ottobre 2022) (altro…)
Set 20, 2022 | Chiesa, Ecumenismo, Spiritualità
In un clima di gioia, pace e fraternità, si è conclusa da qualche giorno l’11.ma Assemblea generale del Consiglio Ecumenico mondiale delle Chiese, a Karlsruhe, Germania. Il racconto dell’ équipe del Centro “Uno”, segreteria internazionale per l’ecumenismo del Movimento dei Focolari, presente all’evento. “L’amore di Cristo muove il mondo alla riconciliazione e all’unità”. È stato questo il tema cristologico attorno al quale si è svolta l’11.ma Assemblea generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC) che ha avuto luogo a Karlsruhe (Germania) dal 31 agosto all’8 settembre 2022. Presenti i rappresentanti di circa 350 Chiese, Delegati e leader membri del CEC, leader di altre comunità di fede che collaborano con il Consiglio per l’unità dell’umanità, nonché una delegazione sia della Chiesa ucraina, che di quella russa. Un forte segno e una testimonianza concreta di come questo Consiglio sia veramente una piattaforma perennemente aperta al dialogo. I partecipanti provenienti da tutti i continenti della terra hanno portato con sé l’’immagine viva di tutta l’umanità, nella sua diversità, sofferenza e ricchezza. Hanno raccontato le loro storie, il loro grande amore per Cristo, le lotte per la pace, e il desiderio di mirare proprio all’unità. Un progetto che per essere realizzato non necessita di un amore qualsiasi, ma dell’Amore che nasce dal cuore della Trinità, che si trova solo nel contatto con Dio. Questo è stato espresso nella speciale importanza e cura data della preghiera. Ogni giorno, infatti, cominciava e si concludeva pregando, all’interno di una tenda spaziosa e luminosa allestita proprio in memoria del luogo del patto, dove il popolo ebraico si incontrava con Mosè. La diversità delle liturgie, delle lingue, della musica, dei canti e dei costumi, hanno alimentato la gioia e lo stupore della ricchezza dell’unica fede comune, espressa in un’infinità di modi. Le delegazioni sono giunte a Karlsruhe come pellegrini che vogliono accompagnarsi e sostenersi a vicenda, tracciare nuove direzioni e testimoniare insieme l’amore di Dio. A guidare la delegazione della Chiesa Cattolica il cardinal Kurt Koch, che all’apertura dell’evento ha fatto dono di alcune parole di Papa Francesco scritte per l’occasione, incoraggiando i partecipanti a crescere nella comunione fraterna in nome di Cristo, per essere credibili come Chiesa in uscita e per confortare il mondo in un’epoca di divisioni e guerre. Il contributo del Movimento dei Focolari si è inserito come un tassello in questo grande mosaico, con una presenza di oltre 30 persone, cattoliche e di varie Chiese, tra vescovi amici dei Focolari, focolarine e focolarini, gen (i giovani del Movimento), volontari di Dio e un amico musulmano. Essere presenti insieme a tante persone delle varie Chiese è stata una esperienza unica per ciascuno di noi e un’occasione preziosa per sentirci una cosa sola nell’amore di Cristo. L’assemblea si è conclusa deliberando un report, accolto da una maggioranza che ha espresso il suo consenso, e che fa riferimento a tre sfide significative del nostro tempo: giustizia climatica, giustizia razziale, uguaglianza fra uomo donna – sottolineando in che modo le Chiese possono affrontarle. Elementi che non solo ci mettono in cammino ma, come si legge in alcune righe di questo documento finale, rivelano la somiglianza con gli obiettivi e con lo spirito che guida il Movimento dei Focolari: “Si può definire la ricerca dell’unità che è ispirata dall’amore e radicata in una relazione profonda e reciproca: un ‘ecumenismo del cuore’. È l’amore cristiano che ci spinge a camminare accanto onestamente e con tutto il cuore l’un l’altro, per cercare di vedere il mondo attraverso gli occhi degli altri e per provare compassione gli uni per gli altri”.
Centro “Uno”
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Set 19, 2022 | Chiara Lubich
San Paolo, nel versetto scelto come “Parola di vita” di settembre 2022 afferma che lui si è fatto servo di tutti. In questo commento a quella Parola del 1972, Chiara Lubich incoraggia chi vuol essere portatore d’unità a servire umilmente il fratello. Ogni persona che vuole realizzare l’unità deve vivere ciò che dice Paolo: “Da liberi farsi servi di tutti per guadagnare a Cristo il più gran numero di anime”[1]. Nel Nuovo Testamento, il verbo “servire” si presenta sotto due sfumature diverse: a volte significa: “servire per amore”, altre: “servire da schiavo”. Si sa come gli schiavi allora non avessero nessun diritto. Esistevano solo per il padrone. Così i cristiani dovevano considerare tutto quello che possedevano – il proprio lavoro, i propri carismi, la propria preghiera – a servizio dei fratelli. Riguardo, ad esempio, al carisma di ciascuno, Pietro scrive: “Mettetelo al servizio gli uni degli altri”[2]. Riguardo al lavoro: “Chi rubava non rubi più, fatichi anzi… per avere qualcosa da elargire a chi si trova in necessità”[3]. Riguardo alla preghiera: “Vi saluta Epafra, vostro compatriota, servo di Gesù Cristo. Egli non si dà pace per voi nella preghiera…”[4]. Anche la preghiera era al servizio degli altri. Che possiamo fare noi cristiani (…) nella nostra vita quotidiana? Anzi tutto ravvivare questo senso d’umiltà, attuando quanto dice Luca: “Il maggiore fra voi si comporti come il più piccolo, e colui che governa come colui che serve”[5]. Se così sarà, scompariranno del tutto certi atteggiamenti di superiorità nel comando, tanto odiosi e anacronistici. E in un rinnovato cristianesimo non si conoscerà più il servilismo. Risplenderà invece la fraternità cristiana, in quella sua caratteristica bellezza che fa esclamare: “Ecco quanto è buono e giocondo che i fratelli abitino insieme”[6]. Poi occorrerà ricominciare ogni giorno a servire chi ci sta vicino, in ogni occasione che si presenta, sull’esempio di Gesù, lavorando per gli altri, mettendo i propri talenti e doni al servizio degli altri, pregando per gli altri, come per sé. Se tutti gli uomini o almeno un gruppo esiguo di essi fossero veri servi di Dio nel prossimo, presto il mondo sarebbe di Cristo.
Chiara Lubich
(Chiara Lubich, Parole di Vita, Cittá Nuova, 2017, p. 101-2)
[1] 1 Cor 9, 19. [2] Cf. 1 Pt 4, 10. [3] Cf. Ef 4, 28. [4] Col 4, 12. [5] Lc 22, 26. [6] Sal 133, 1.
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