Gen 3, 2007 | Sociale
Il Sudan non è solo Darfur. Attorno alla capitale Khartoum, sfollati che giungono a più riprese dal Sud, a causa della lunghissima guerra civile, vivono in bidonville, con l’inevitabile seguito di povertà e di fame. Qui non esistono infrastrutture: né acqua, né ospedali, né scuole, né elettricità e i bisogni, in campo alimentare, sanitario, educativo sono immensi. La Chiesa è loro vicina, ma è necessario il sostegno di tutti perché possa proseguire nelle sue attività. Per questo il Movimento ha accolto la proposta di sostenere il progetto “Salvare il salvabile”, di cui hanno scritto i responsabili locali dei Focolari. «Nel maggio 2006, durante un viaggio in Sudan abbiamo costatato di persona la situazione molto difficile in cui vive gran parte della popolazione. Siamo stati toccati dall’amore e dalla testimonianza eroica di persone che si impegnano con perseveranza al servizio della popolazione più bisognosa. Tante le persone incontrate nelle bidonville, dove si vive in modo precario in capanne di paglia o di terra. Ci hanno colpito la dignità profonda, l’accoglienza ricevuta, la vitalità e la loro fede. C’è stato chi, alla domanda “Come stai?”, con un grande sorriso ha risposto: “Benissimo, non siamo mai soli: Dio è con noi…”. I momenti più belli sono stati nel partecipare alle loro Messe con le danze e gli splendidi canti al ritmo dei tamburi».
Col progetto “Salvare il salvabile”, finora sono state realizzate scuole, aule – alcune sono solo tettoie – per i circa 52.000 bambini che abitano le baraccopoli. Il progetto mira ad assicurare la scolarità fino alle superiori ed un pasto al giorno agli studenti, sottonutriti. Una buona istruzione per questi giovani, educati con valori e testimonianze positive, consente una vita dignitosa ed evita loro di cadere nella spirale della violenza. Come contribuire – E’ necessario provvedere alla costruzione di aule dove mancano; alla riparazione dei servizi igienici; alla sostituzione di infrastrutture che stanno crollando; acquisto di materiale didattico; stipendi per 950 insegnanti; formazione del personale docente. Del progetto è direttamente responsabile la Diocesi di Karthoum, a cui andranno i fondi raccolti anche attraverso l’Azione Mondo Unito (AMU). (Confronta Amu Notizie n. 4/2006 .pdf) Per informazioni: amu@azionemondounito.org www.azionemondounito.org (altro…)
Dic 31, 2006 | Parola di Vita
Umlazi: uno dei tanti sobborghi delle grandi città del Sud Africa sorti negli anni '50 per la popolazione di colore. Vi abitano circa 750.000 persone. Penuria di scuole, di ospedali, di alloggi dignitosi. Neppure un campo per giocare a calcio. La disoccupazione supera il 40%. La povertà genera violenze, abusi e diffusissimo il contagio dell'AIDS. Tanti si sentono isolati, hanno paura di parlare delle loro sofferenze, dei loro mille problemi.
Cosa fare? si sono chiesti i responsabili delle varie comunità cristiane di Umlazi. Occorre “rompere il silenzio”, si sono detti, e aprire un dialogo con ciascuno fatto di ascolto e di comunione di vita, per portare insieme le difficoltà. Hanno iniziato con i giovani, intavolando con loro un dialogo costruttivo e costruendo rapporti sempre più profondi.
Forti di questa esperienza i cristiani di Umlazi hanno proposto, per la “Settimana di preghiera per l'unità” dei cristiani, che si attua in questo mese in molte parti del mondo, il brano del Vangelo di Marco da cui è tratta la Parola di vita. Sia la ricerca dell'unità tra i cristiani che la risposta cristiana alla sofferenza umana sono entrambe intenzioni presenti nella “Settimana” – secondo il commento della Guida alla “Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani” 2007. Mentre Gesù è in viaggio, gli viene condotto un sordomuto e Lui lo guarisce pronunciando la parola “Effatà”, ossia “Apriti”. La gente, al vedere ciò, esprime meraviglia e gioia ed esclama:
«Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!»
I miracoli di Gesù sono l'espressione del suo amore per quanti incontra sul proprio cammino. Sono anche “segni” del mondo nuovo che egli è venuto ad instaurare. La guarigione del sordomuto è il segno che Gesù è venuto a donarci una capacità nuova di intendere e di parlare.
“Effatà” è stata la parola pronunciata anche su di noi, al momento del nostro battesimo.
“Effatà”: e Lui ci apre all'ascolto della Parola di Dio, perché la lasciamo penetrare in noi.
“Effatà” è il suo invito ad aprirci all'ascolto di tutti quelli nei quali si è identificato: ogni persona, soprattutto i piccoli, i poveri, i bisognosi, e ad instaurare con tutti un dialogo d'amore che arriva a condividere la propria esperienza evangelica.
Riconoscenti a Gesù per quanto continua ad operare in noi, proclamiamo, come la folla a suo tempo:
«Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!»
Come vivere questa Parola di vita?
Infrangendo la nostra “sordità” e facendo tacere i rumori che, dentro e attorno a noi, ci impediscono di ascoltare la voce di Dio, della nostra coscienza, dei nostri fratelli e sorelle.
Da tante parti ci giunge, spesso tacita, una richiesta di aiuto: un bambino che domanda attenzione, una coppia di sposi in difficoltà, un ammalato, un anziano, un carcerato che hanno bisogno di assistenza. Ci giunge il grido di cittadini che invocano una città più vivibile, di lavoratori che domandano maggiore giustizia, di popoli interi a cui è negata l'esistenza… Distratti da mille interessi e attrattive, spesso l'orecchio del nostro cuore non è attento a quanti ci sono attorno. Oppure, ripiegati sui nostri bisogni, ci può capitare di far finta di non sentire.
La Parola di vita ci domanda di “ascoltare” per portare insieme agli altri le preoccupazioni e le difficoltà, così come di condividere le gioie e le attese, in una ritrovata solidarietà. Ci invita a non essere “muti”, ma a trovare il coraggio di parlare: per partecipare le esperienze e le convinzioni più profonde; per intervenire a difendere chi non ha voce; per fare opera di riconciliazione; per proporre idee, soluzioni, strategie nuove…
E quando l'impressione di non essere all'altezza delle situazioni ci farà sentire impari, ci sosterrà una certezza: Gesù, che ci ha aperto orecchi e bocca:
«Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!»
E' l'esperienza di Lucy Shara, del Sud Africa, che, trasferitasi con la famiglia a Durban, si era trovata ad affrontare la vita di una grande città e con essa ad incominciare un nuovo lavoro, di responsabilità. Erano gli anni dell'appartheid ed era inusuale che una donna africana rivestisse posti di dirigenza.
Un giorno si rende conto che tra gli operai si sta diffondendo una forma asmatica acuta, causata dalle cattive condizioni di vita sul lavoro. Molti di essi improvvisamente sparivano oppure si assentavano dal lavoro per lunghi mesi. Ne parla con il vicedirettore proponendo una soluzione: installare un efficiente macchinario per la depurazione dell'ambiente. E' una forte spesa e l'azienda rifiuta.
Lucy, che da tempo cerca di vivere la Parola di vita, trova in essa la sua forza e la sua luce. Avverte dentro di sé come un fuoco che le infonde coraggio, che la mantiene calma in tutte le trattative e la pone in sincero ascolto delle opinioni espresse dalla direzione. “Ad un certo punto – racconta – mi sono fiorite sulla bocca le parole giuste per difendere coloro che erano senza voce. Sono riuscita a far capire come il rilevante costo iniziale si sarebbe ammortizzato per le migliorate condizioni di salute degli operai, non più costretti ad assentarsi per malattia”.
Le sue sono parole convincenti. Il depuratore viene installato, l'asma scende dal 12% al 2% e di pari passo cala l'assenteismo. La direzione la ringrazia, le dà perfino un extra bonus nello stipendio. Tra gli operai si diffonde la gioia e nella fabbrica si respira una nuova “atmosfera”, in tutti i sensi!
Chiara Lubich
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Dic 27, 2006 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Sociale
«Il messaggio del Vangelo, vissuto da persone che hanno condiviso tutto con noi e insieme hanno cercato per noi i mezzi di sostentamento, è diventato qualcosa che ci ha liberati dentro, e ci ha aperto un nuovo orizzonte, che ci ha portato a fare della nostra vita un “santo viaggio”, e ci ha resi “soggetti” della trasformazione del nostro ambiente sociale». Sono nato e abito nell’isola che ora è denominata S. Terezinha, alla periferia della città di Recife nel Nord-est del Brasile. Oltre trenta anni fa il suo nome era “Isola dell’Inferno”, per il grave degrado in cui viveva. Da allora il Movimento dei Focolari svolge in questa comunità un’azione di promozione sociale e allo stesso tempo spirituale e culturale. Per questa esperienza vissuta insieme è sorta l’Associazione degli abitanti dell’isola S. Terezinha, della quale sono stato presidente per cinque mandati consecutivi, con l’obiettivo di far vivere agli abitanti un’esperienza comunitaria, diventando così protagonisti del proprio sviluppo. Abbiamo scelto come motto la frase del Vangelo: “Cercate prima di tutto il Regno di Dio e la sua giustizia…”. Ponendo in Dio la nostra forza, il Vangelo è diventato come una bussola nella nostra vita perché, a quell’epoca, vivendo in un paese a sistema capitalista e ancora sotto il regime militare, quasi tutte le comunità erano orientate a partiti che avevano scelto la lotta come unica proposta per il superamento delle disuguaglianze sociali. Noi invece eravamo sempre aperti a dialogare con gli amministratori pubblici, indipendentemente dalle correnti partitiche, manifestando chiaramente le nostre posizioni come comunità. Ne sono seguiti avanzamenti e conquiste: la bonifica di un’area che prima era sempre allagata a causa delle piogge o dell’alta marea; la costruzione di case anche con il sostegno dello Stato, per risolvere il problema della mancanza di abitazioni; l’istituzione di una scuola elementare, che conta più di 600 alunni, per combattere l’analfabetismo. Per arrestare il problema della mortalità infantile abbiamo aperto un ambulatorio in collaborazione con il Comune di Recife e con l’appoggio di organizzazioni tedesche. Abbiamo aperto anche un centro per il recupero dell’infanzia denutrita. Per combattere la disoccupazione, abbiamo creato un’impresa di materiale da costruzione in cemento, che dà lavoro a 7 padri di famiglia. Attraverso l’iniziativa delle adozioni a distanza è sorta anche un’associazione di sostegno all’infanzia e agli adolescenti che svolge un’opera preventiva, occupando i bambini e gli adolescenti nel tempo libero dall’orario scolastico con una formazione umana ed educazione civica. Il rispetto e il riconoscimento delle autorità competenti non hanno tardato ad arrivare: non conoscevano l’esperienza evangelica che vivevamo “dietro le quinte”, ma ci vedevano come una comunità organizzata e un popolo che sa lottare. L’amore che ci spinge invita a crescere, a migliorare. Non possiamo accontentarci di come abbiamo vissuto ieri. Con l’apertura democratica sono sorti nuovi sistemi di partecipazione come il “Bilancio Preventivo-Partecipativo” secondo il quale le comunità eleggono i propri rappresentanti per poter discutere col Comune e trattare l’impiego di parte delle risorse finanziarie che sono decise dal Sindaco e dalla giunta. La città è divisa in 6 aree, chiamate “Regioni Politico-Amministrative” e vengono eletti i rappresentanti come delegati di questo bilancio di partecipazione: in tutto 470. Nel corso di un’assemblea sono stato eletto delegato della mia regione, per rappresentare nei negoziati non solo la mia comunità, ma anche vari villaggi della zona. Anche nell’esercizio di questo mandato, ho avuto l’opportunità di sforzarmi di vedere Gesù nell’altro, secondo le parole del Vangelo: “Qualunque cosa hai fatto al minimo l’hai fatta a me!”. Facile, quando si tratta di qualcuno che appartiene alla mia stessa comunità, ma più difficile quando si tratta di qualcuno che non sempre agisce in accordo con le aspirazioni dei meno avvantaggiati. Dovevo lavorare per la mia comunità, ma allo stesso tempo mantenere il rapporto con loro, non solo per diplomazia. Un giorno in una riunione discutevamo l’allocazione dei finanziamenti. I delegati presenti volevano includere solamente le località dei delegati che partecipavano alla riunione. Ricordando che dobbiamo “amare la patria altrui come la nostra” e, in questo caso, amare la comunità dell’altro come la nostra, dissi che non era giusto sacrificare una comunità soltanto perché i suoi rappresentanti non erano presenti, e che non avremmo dovuto guardare solo alle nostre necessità, ma anche a quelle degli altri. Accolsero la mia proposta. In un’altra occasione, in cui non avevo potuto essere presente a causa del mio lavoro, si era constatato che i fondi destinati ad una piazza dell’Isola Santa Terezinha non erano sufficienti. Anche senza la mia presenza, gli altri delegati stanziarono una parte delle loro risorse per la nostra piazza. Sono vari i frutti di questo lavoro congiunto: siamo riusciti ad asfaltare le strade principali dell’Isola, oltre alla costruzione della piazza; abbiamo ottenuto attrezzature per il nostro centro sanitario e patrocini per le manifestazioni culturali. Poi, in altri villaggi e comunità della zona di Recife, siamo riusciti ad avviare varie opere di costruzione, insieme ad altri delegati del bilancio partecipato. (J. – Recife) (altro…)
Dic 19, 2006 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
La celebrazione, che si è svolta alla Camera dei Deputati, presso il Parlamento di Brasilia lo scorso 7 dicembre, ha visto la partecipazione di oltre 200 deputati federali, a poche settimane dal recente insediamento dei nuovi organi legislativi e di governo. Il Presidente dell’assemblea parlamentare, on. Aldo Rebelo, ha inviato un messaggio. La notizia della sessione solenne in onore del Movimento politico per l’unità (Mppu) figurava anche sul sito istituzionale della Camera, all’interno del
calendario ufficiale dei lavori. “Nel particolare momento storico che vive il Brasile, al crocevia di scelte politiche cruciali, sia sul piano nazionale che internazionale per il suo popolo come per numerosi paesi emergenti, ci siamo trovati a vivere una giornata davvero importante” – così l’on. Lucia Crepaz, Presidente del Mppu internazionale, al rientro dal suo viaggio. “Nel corso della sessione ho ascoltato deputati di partiti diversi interrogarsi e prendere posizione sulla fraternità universale, principio ispiratore del Mppu. E devo dire che, se negli ambienti della politica a volte la si considera una categoria fragile, inadatta alla faticosa composizione degli interessi, lì al contrario è emersa ancora una volta la sua capacità di progetto, di farsi contenuto e metodo politico, guida delle azioni personali quotidiane come di grandi trasformazioni politiche”. La piccola storia del Mppu è stata tratteggiata dall’On. Luiza Erundina, che ha ricordato anzitutto il messaggio di Chiara Lubich consegnato ai parlamentari nel 1998 da Ginetta Calliari – una delle prime compagne della Lubich, confondatrice dei Focolari in Brasile. In seguito, nel 2001, la fondazione del Movimento politico per l’unità, a cui è seguita l’espansione nei diversi Stati del Brasile, con una serie di iniziative politiche in tutto il territorio e nelle sedi politiche istituzionali, che non hanno mancato di coinvolgere anche il Parlamento a Brasilia. Nelle due giornate successive, la Convention del Mppu ha accolto altre decine di politici e amministratori, funzionari, cittadini interessati e studiosi, provenienti da 25 Stati del Brasile, per tracciare i prossimi percorsi di azione, a partire da quanto realizzato dal 2001 ad oggi.
Per l’occasione, messaggi di partecipazione sono giunti anche dai centri nazionali Mppu di Argentina, Uruguay e Paraguay, dove questa esperienza procede similmente già da qualche anno. Il Movimento Politico per l’Unità – Nato per iniziativa di Chiara Lubich nel 1996, può essere definito un laboratorio internazionale di dialogo politico che riunisce politici appartenenti a schieramenti diversi e operanti nei più vari contesti sociali e politici, che trovano nel Carisma dell’unità una fonte di ispirazione e di motivazioni universali per operare congiuntamente a favore del bene comune. (altro…)
Dic 18, 2006 | Nuove Generazioni
«…Questo mondo ricco si è “accalappiato” il Natale e tutto il suo contorno, e ha sloggiato Gesù! Ama del Natale la poesia, l’ambiente, l’amicizia che suscita, i regali che suggerisce, le luci, le stelle, i canti. Punta sul Natale per il guadagno migliore dell’anno. Ma a Gesù non pensa». Da queste parole di Chiara Lubich, nella meditazione “Hanno sloggiato Gesù”, è nata una singolare iniziativa, promossa dai più piccoli del Movimento dei Focolari: i e le gen 4. Ogni Natale, dal 1996, sfidando il freddo dell’inverno e del consumismo sfrenato, offrono Gesù bambino sulle piazze principali, nei centri commerciali delle grandi città.
Quest’anno per la loro azione “Hanno sloggiato Gesù”, sono andati alla conquista del Central Park di New York, sono a Roma a Piazza del Popolo, nella centralissima Via Po a Torino… Dal Centro Gen 4 mondiale sono partiti più di 8.000 piccoli cestini, destinati a fare da culla al piccolo Gesù che troverà casa dalla Spagna al Giappone, dall’Africa alla Svezia. Ecco alcuni flash da varie parti del mondo: Torino – Portare tanti Gesù bambino Avendo sentito al telegiornale la notizia che alcune catene di supermercati hanno abolito dalle loro vendite i presepi in quanto “poco commerciabili”, Margherita, una bambina di Torino, ha esclamato: «Quest’anno dobbiamo portare tanti, tanti Gesù bambino!». Germania – E ritorna con due buste I e le gen 4 della Germania hanno la loro bancarella in un mercatino di Natale. Un uomo si avvicina, prende in mano una statuetta di Gesù bambino, lo guarda, lo riguarda … ma poi si allontana senza prendere niente. Le gen 4 decidono di regalarglielo. Lo raggiungono in fretta: “Ti vogliamo regalare questo!”. I suoi occhi si illuminano. Racconta che ha perso il lavoro e per questo non ha i soldi per prendere una statuetta, poi li saluta e va a casa. Dopo un po’ ritorna con due buste. Anche lui vuole regalare qualcosa ai gen 4. Nella prima busta trovano una preghiera che ha copiato per loro, e nella seconda, una lettera che dice: “Ciao carissimi bambini! Voglio ringraziarvi per il più grande dono che esiste. Non lo dimenticherò mai. Mi avete fatto una grande sorpresa! Auguro a tutti un buon Natale e bei regali”. Dallas (Texas) – Neanche il tempo di fermarsi
Davanti ad un alto grattacielo pieno di uffici, i e le gen 4 di Dallas sono riusciti per la prima volta ad avere il permesso di offrire Gesù Bambino. Ma non è facile: le persone passano frettolose, mormorando: “No, thank you!” o domandano: “Cosa sono? Biscotti?”. “Come mai tutte queste persone non hanno neanche il tempo di fermarsi per portare Gesù a casa?” si chiedono sgomenti i gen 4. E chiedono a Gesù di aiutarli a far arrivare a tutti il suo amore: non importa se non arrivano i soldi per i poveri, sanno di essere lì per portare Lui nel mondo. Non si danno per vinti: preparano dei cartelloni colorati che mostrano alle persone, offrendo Gesù Bambino come regalo di Natale e cantando canzoni natalizie. Ora le persone si fermano e prendono Gesù Bambino. Una signora che voleva prendere una statuetta si è resa conto di aver dimenticato a casa il portafoglio. Senza indugio, i gen 4 subito glielo regalano, e lei se ne va commossa e felicissima. Anche i gen 4 sono felici: ancora una volta Gesù ha trovato casa. Al momento di contare i soldi, si ricordano di dover dare il 10% alla ditta davanti alla quale hanno offerto Gesù Bambino. Tutti insieme vanno nell’ufficio del direttore che, toccato, dice di non volere niente: vuole dare anche lui il suo contributo perché attraverso i gen 4 i soldi arrivino a chi ne ha bisogno. Trento – Siete invitati tutti a casa mia Silvia e Monica si trovano per fabbricare i Gesù Bambino di gesso: perché non invitare anche i loro amichetti? Silvia prepara dei bigliettini: “Sabato pomeriggio siete invitati tutti a casa mia per fare Gesù Bambino” e il giorno dopo li distribuisce a tutti i suoi compagni di classe. Il sabato sono in dieci all’opera! Prima di cominciare, Silvia e Monica fanno vedere a tutti un video dove i gen 4 spiegano come è nata l’azione “Hanno sloggiato Gesù”. Nessuno vorrebbe più tornare a casa e si lasciano con la promessa di ritrovarsi presto. Pisa – Un atto d’amore lo posso fare anch’io! Un distinto signore, trovandosi davanti Lorenzo che gli offre il piccolo Gesù, ha risposto: «Non mi interessa, io sono ateo» e Lorenzo: «Io sono un gen 4. Cosa vuol dire ateo?». «E cosa vuol dire gen 4?» ribatte il signore. «I gen 4 sono quelli che fanno gli atti d’amore». «Anche se non credo, un atto d’amore lo posso fare anch’io!» conclude il signore, e prende un Gesù bambino lasciando una generosa offerta. (Altri episodi sono raccolti nel libro “Hanno sloggiato Gesù”, Città Nuova 2005) (altro…)
Dic 18, 2006 | Spiritualità
Natale.
L’Invisibile si è reso visibile. Il Verbo si è fatto carne. La luce ha brillato tra le tenebre. Se Dio è disceso in terra per noi, non c’è dubbio che ci ama! Se Dio ci ama tutto è più leggibile: dietro i tratti oscuri dell’esistenza si può scoprire la mano amorosa di Lui, un perché spesso a noi ignoto ma un perché d’amore. Chiara Lubich (altro…)
Dic 1, 2006 | Cultura, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Nel deserto fiorisce la fraternità. E’ il titolo del libro appena pubblicato da Città Nuova editrice. Matilde Cocchiaro, l’Autrice, attraverso la testimonianza di quanti, cristiani e musulmani, lo hanno conosciuto, ripercorre la vita e l’esperienza di Ulisse Caglioni, seme di speranza per il futuro di questa terra. IL VOLUME – «…È stata la fedeltà di Ulisse all’amore evangelico del prossimo che ha permesso di scoprire e di vivere profonde amicizie islamo-cristiane, ponendo su questo cammino un segno di Dio»: sono le parole dell’arcivescovo di Algeri, Mons. Henry Teissier, alla notizia della morte di Ulisse Caglioni (1943-2003). Di umili origini bergamasche, Ulisse all’età di 20 anni incontra e aderisce alla spiritualità dell’unità del Movimento dei Focolari. Nel 1966, dopo essersi consacrato a Dio all’età di 23 anni, gli viene proposto di andare in Algeria. Inizia così un’avventura che durerà più di 30 anni segnata da un fecondo “dialogo della vita” con il mondo musulmano. Un dialogo fatto di poche parole, ma intessuto di piccoli gesti d’amore, di attenzione all’altro, di rispetto, di ascolto. Un dialogo che frutta rapporti profondi e induce chiunque egli avvicina a fare altrettanto.
Nov 30, 2006 | Parola di Vita
Il poeta che compone il canto da cui è tratta la Parola di vita è stato in pellegrinaggio al tempio di Gerusalemme. Avrebbe voluto rimanervi, come le rondini che vi hanno fatto il nido, ma è dovuto tornare alla sua terra. Pensa con nostalgia alle “amabili dimore” del Signore dove ha sperimentato la presenza di Dio. Decide allora di tornare e si rimette in viaggio per salire a Gerusalemme. Sarà un “santo viaggio” che lo porterà nuovamente “davanti a Dio”. Come in tutte le culture e le religioni il viaggio diventa una parabola della vita.
Il “santo viaggio” è il simbolo del nostro itinerario verso Dio. Siamo infatti diretti verso una mèta che non dovremmo chiamare “morte”, ma “incontro”, perché inizio di una nuova Vita nell’incontro con Dio. Tutti vi siamo destinati, chiamati da Lui.
Perché, allora, non impostare la nostra esistenza in relazione al traguardo che ci aspetta? Perché non fare dell’unica vita che abbiamo, un viaggio, un viaggio santo, perché Santo è Colui che ci attende?
Sì, tutti siamo chiamati a divenire santi secondo il cuore di Dio ; quel Dio che ci ama uno per uno di amore immenso e ha sognato e disegnato per noi un doveroso cammino da seguire, e un traguardo preciso da raggiungere.
«Beato chi trova in te la sua forza e decide nel suo cuore il santo viaggio»
Certo, siamo figli del nostro tempo che ama l’attivismo, a volte sfrenato, l’efficienza, che valorizza alcune professioni e ne sottovaluta altre, che copre di silenzio certi momenti della vita per paura, nell’illusione di cancellarli…
Forse, anche a noi, influenzati o abbagliati da simili tendenze, può succedere di sprecare inutilmente energie. E può accadere che si vedano inutili i giorni di riposo, superflui i momenti di preghiera, o si considerino le malattie e le varie difficoltà, che Dio permette per un suo fine d’amore, intralci alla propria vita.
Come incamminarci o riincamminarci seriamente nel santo viaggio? Non è difficile scoprirlo: fare non la nostra volontà, ma la volontà di Dio; seguirla nel momento presente della vita, consapevoli che – e questo è un grande dono – per ogni azione che compiamo in questa maniera c’è una grazia speciale che la accompagna, la “grazia attuale”, che illumina l’intelligenza e inclina al bene la nostra sensibilità e la nostra volontà.
Anche chi non ha un preciso credo religioso può fare della sua vita un capolavoro, intraprendendo con rettitudine un cammino di sincero impegno morale.
«Beato chi trova in te la sua forza e decide nel suo cuore il santo viaggio»
Se la vita è un “santo viaggio” lungo il tracciato della volontà di Dio, il nostro cammino domanda di progredire ogni giorno. L’amore che ci spinge invita a crescere, a migliorare. Non possiamo accontentarci di come abbiamo vissuto ieri. “Oggi, meglio di ieri”, possiamo ripeterci ogni tanto…
E quando ci fermiamo? Quando retrocediamo, ricadendo negli errori o anche solo nella pigrizia? Dobbiamo abbandonare l’impresa, scoraggiati dai nostri sbagli? No, in questi momenti la parola d’ordine è “ricominciare”.
Ricominciare, mettendo nella misericordia di Dio questo nostro passato con i suoi sbagli, i suoi peccati.
Ricominciare, ponendo tutta la fiducia nella grazia di Dio più che nelle nostre capacità. Non dice la Parola di vita che troviamo in Lui la nostra forza? Ogni giorno ripartiamo come fosse il primo.
E soprattutto camminiamo insieme, uniti nell’amore, aiutandoci gli uni gli altri. Il Santo sarà in mezzo a noi e Lui si farà nostra “Via”. Lui ci farà capire più chiaramente la volontà di Dio e ci darà il desiderio e la capacità di attuarla. Uniti tutto sarà più facile ed avremo la beatitudine promessa a chi intraprende il “santo viaggio”.
«Beato chi trova in te la sua forza e decide nel suo cuore il santo viaggio»
Mi viene qui in mente una persona amica.
Enzo Fondi ha 22 anni quando a Roma, nel 1951, decide di impegnarsi interamente per Dio nel nascente Movimento dei Focolari. Dopo la laurea in medicina e chirurgia lo troviamo a lavorare come medico in un ospedale di Lipsia, e testimoniare, anche al di là della “cortina di ferro”, l’amore evangelico. E' ordinato sacerdote. Passa negli Stati Uniti per portare lo stesso messaggio.
Negli ultimi anni l’impegno nel dialogo interreligioso, che il Movimento attua, lo porta in luoghi e ad impegni diversi, ma sempre unico il progetto: seguire Dio nella sua volontà. Completa il “santo viaggio” la sera dell'ultimo dell'anno 2001; viene trovato davanti al computer, al lavoro, col capo poggiato sul tavolo, il volto sereno senz'ombra di dolore. Più che morto sembra passato dolcemente da una “stanza” all'altra.
Quindici giorni prima della morte aveva scritto: “Le ultime volontà, il testamento. Per me, è l'ultima volontà di Dio quella che Lui vuole da me adesso. Non ce n'è un'altra. Lasciare fatta in perfezione l'ultima volontà di Dio, qualunque essa sia, quella è la mia ultima volontà. Non so quale sarà poi veramente l'ultima volontà di Dio che farò nella vita. Una cosa però so: che, come per quella di questo attimo, avrò la grazia attuale che mi aiuta a farla tanto in quanto mi sarò esercitato nello sfruttare questa grazia vivendo bene il presente.”
Chiara Lubich
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Nov 28, 2006 | Chiara Lubich
Le condizioni di salute di Chiara Lubich sono in progressivo miglioramento. Ricoverata al Policlinico Agostino Gemelli di Roma il 2 novembre scorso per insufficienza respiratoria causata da un episodio infettivo polmonare, Chiara Lubich è stata dimessa dal reparto di terapia intensiva. Il Direttore del reparto, prof. Massimo Antonelli, ha dichiarato che “la risposta positiva alle terapie ha consentito il raggiungimento di un quadro clinico stabile e soddisfacente”. Viva è la gratitudine del Movimento per le cure prestate, per la disponibilità e la competenza del Direttore e dei suoi collaboratori. Il 21 novembre, aveva fatto visita a Chiara il cardinale Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, dopo aver presieduto la S. Messa per l’inaugurazione dell’Anno accademico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Insieme ad una nuova benedizione del Papa, le ha consegnato a suo nome un rosario. Il giorno successivo Chiara Lubich ha ricevuto la visita del prof. Lorenzo Ornaghi, Rettore dell’Università Cattolica. Tra i messaggi che giungono ogni giorno: Il Capo del Governo italiano, Romano Prodi, auspica che “il suo ‘soggiorno’ in ospedale sia molto breve”, perché – aggiunge – “c’è troppo bisogno di lei…”. Hanno scritto anche la Presidente dell’Irlanda, Mary McAleese, parlamentari europei, italiani e brasiliani di diversi schieramenti, vari sindaci, tra cui il sindaco di Roma, Walter Veltroni e Alberto Pacher, sindaco di Trento, città natale di Chiara, che esprime la vicinanza della città per la sua salute. Il Segretario Generale del Consiglio mondiale delle Chiese, il pastore metodista Samuel Kobia, auspica che Chiara possa “riprendere le sue attività al servizio della Chiesa e del mondo”. E così il rev.do Ishmael Noko, Segretario generale della Federazione Luterana mondiale. Frère Alois, successore di Frère Roger Schutz, fondatore della Comunità ecumenica di Taizé, in una lettera ricorda la profonda comunione tra il priore e Chiara Lubich. Espressioni di augurio e assicurazione di preghiere sono giunte dal Segretario Generale della Conferenza mondiale delle religioni per la pace (WCRP), dr. William Vendley, da amici ebrei, tra cui rabbini e personalità di Israele, Argentina e Stati Uniti. Il rabbino-capo di Roma, Riccardo Di Segni, augura “che il suo corpo sia forte come il suo spirito e possa superare questa crisi”. Amici musulmani, indù e buddisti, in vari Paesi, pregano per Chiara, tra cui leader di movimenti e organizzazioni, come molti afro-americani, insieme al loro leader, l’Imam W.D. Mohammed e all’Imam Pasha della Moschea di Harlem (New York); dall’India, Didi Athawale, Presidente del movimento Swadhyaya Family, assicura “preghiere speciali”. Tra i buddisti, Nichiko Niwano, Presidente del Movimento giapponese Rissho Kosei-kai, invoca “la benedizione di Dio e di Buddha”, perché – scrive – “la tua leadership continui ad essere faro di speranza per milioni di uomini nel mondo”. (altro…)
Nov 27, 2006 | Non categorizzato
L’assistenza sanitaria, in Camerun, pur avendo fatto negli ultimi anni passi da gigante nella cura dell
a malattia del sonno e nel far nettamente abbassare il tasso di mortalità infantile, manca degli strumenti adeguati per la prevenzione e la cura di altre patologie, come il tumore ginecologico – fra le principali cause di mortalità per le donne. I mezzi però esistono: si tratta solo di condividerli. Per questo l’Amu (Azione per un Mondo Unito) ha lanciato un progetto di cooperazione internazionale sanitaria, con l’obiettivo di creare all’interno dell’ospedale di Fontem e nel dispensario di Fonjumetaw, in Ca
merun, un Centro Oncologico di riferimento regionale e dare il via ad un programma di prevenzione e trattamento per il tumore ginecologico. Il progetto, accolto dalla Regione Toscana, che ha messo a disposizione l’esperienza delle proprie strutture sanitarie e un cospicuo finanziamento, prevede l’educazione sanitaria della popolazione, la formazione professionale del personale sanitario locale, l’installazione di attrezzatura medica, ed ha alla base una cultura sanitaria fondata su un nuovo agire medico, che metta al centro il senso della vita, la dignità e il valore della persona, il rapporto salute-malattia sia nella dimensione personale che sociale. Patrocinato dal Ministero della Salute, e con la collaborazione di Azienda ospedaliera di Firenze-Careggi, Asl 4 di Prato, Università di Firenze, Centro Internazionale Studenti Giorgio La Pira, Associazione Culturale “Medicina Dialogo Comunione”, l’iniziativa è stata presentata lo scorso 25 novembre presso la sede Rai di Firenze, nel corso di un convegno scientifico che ha visto la partecipazione di 150 persone, fra specialisti, rappresentanti delle istituzioni e medici camerunensi. Presenti anche la dott.ssa Laura Bazzini, medico dell’ospedale di Fontem, toscana e da oltre 10 anni in Camerun, e il dott. John Ivo Robert Leke, Presidente Società Camerunese di Ginecologia e Ostetricia, dell’Università di Yaoundè. L’ospedale di Fontem – Nato negli anni ’60 per iniziativa del Movimento dei Focolari, dispone oggi di 115 posti letto e cura ogni anno circa 30 mila persone, per le patologie più comuni nella zona. Ultimamente è stato aperto un reparto per la cura dell’Aids. Il dispensario di Fonjumetaw, che dista da Fontem 20 kilometri ed è collegato all’ospedale, ha 13 posti letto e dispone di un reparto maternità e di un ambulatorio per pazienti esterni. Tuttavia, nonostante il prezioso livello dell’assistenza offerto, nei due presidi manca ancora uno spazio specifico per le patologie tumorali e spesso queste patologie vengono scoperte soltanto quando lo stadio è avanzato, se non addirittura terminale. Per ulteriori informazioni email: laurafalchi@tiscali.it www.azionemondounito.org
Nov 21, 2006 | Chiara Lubich, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
“In questo tempo si attende la rinascita di una umanità che sostituisca al grido della solitudine, dell’orfanezza e dell’angoscia, il grido della gioia, della bellezza e della speranza. Chiara Lubich e i focolarini sono impegnati proprio in questo rinnovamento”. Così il prof. Lombardi, rettore dell’Università Cattolica “Cecilio Acosta” di Maracaibo (Venezuela), presentando le motivazioni del riconoscimento conferito a Chiara Lubich: la laurea Honoris causa in Arte.
Nel 2003 l’Ateneo aveva assegnato a Chiara la laurea h.c. in Arte. Non essendo possibile consegnargliela personalmente, il prof. Angelo Lombardi e la sua signora sono venuti a Rocca di Papa. La consegna si è svolta, con molta semplicità e profondità insieme, al Centro internazionale dei Focolari a Rocca di Papa, sabato 18 novembre 2006, alla presenza dei membri del Consiglio generale del Movimento.
Il prof. Lombardi ha spiegato con toccanti parole la motivazione del conferimento a Chiara Lubich di una laurea in Arte: “La bellezza – ha detto, tra altre cose – è il culmine, il pieno compimento, la realizzazione della persona. E’ questo che abbiamo colto in Chiara”. Poi ha aggiunto: “Mentre generalmente una laurea h.c. è un onore per chi la riceve, in questo caso si verifica il contrario: è un onore per l’Università che la conferisce”. A nome di Chiara Lubich, don Oreste Basso ha ricevuto la pergamena del riconoscimento, mentre la poetessa Lilia Boscán de Lombardi, moglie del rettore, con espressioni commosse, ha consegnato a Gisella Calliari, tra le prime compagne della fondatrice, un mazzo di orchidee bianche per Chiara, degente in questi giorni al Policlinico Gemelli di Roma.
L’Università Cecilio Acosta di Maracaibo è stata fondata nel 1982 dalla Chiesa cattolica locale. Ha indirizzo umanistico, con facoltà di filosofia, teologia, arte, musica, educazione, comunicazione e numerose specializzazioni. E’ in progetto l’ampliamento con altre facoltà. Una sua caratteristica è l’educazione culturale a distanza in cui le tecnologie della comunicazione giocano un ruolo importante. Infatti, il 70 per cento dei 9.000 studenti sono sparsi in tutto il Paese e seguono questo tipo di insegnamento.
Nov 12, 2006 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
Sono stata Procuratore generale, specializzata in antinarcotici, in Colombia, per circa 11 anni. Ho dovuto seguire numerosi casi contro il crimine organizzato, per il 98% con risultati positivi. Sempre sono stata consapevole che ogni reato riguarda la vita di un uomo e di una famiglia, e che essi esigono rispetto, amore, considerazione, malgrado la gravità, penalmente rilevante, degli atti commessi. Mi sentivo felice in un compito che mi dava la possibilità di fare un’esperienza continua di Dio, e realizzata personalmente e professionalmente, oltre ad avere una sicurezza economica. Contavo poi su un’eccellente squadra di lavoro, esperti investigatori con grandi valori umani e professionali. La corruzione, però, cercava d’infiltrarsi più che mai in tutte le istituzioni pubbliche, soprattutto tra gli operatori della giustizia. Il mio agire radicale e retto coinvolgeva tutto il gruppo di lavoro, e quindi le investigazioni avvenivano nel pieno rispetto della legge. Un giorno abbiamo “toccato” qualcuno che si considerava intoccabile. L’offerta non si è fatta attendere: vari milioni, che potevano assicurare tanta serenità a livello economico. Non potevo, né volevo cedere, né potevo far finta di niente. Da quel momento le cose sono cambiate per me, sul lavoro, in famiglia e nella vita quotidiana. Di fronte al rifiuto, sono arrivate minacce, pressioni da parte dei superiori e infine il licenziamento, insieme ad uno dei miei migliori investigatori che, come me, non aveva ceduto alla corruzione. Nel cuore ho provato tanta amarezza, sfiducia e delusione. Vivevo da sola con i miei due figli perché, mio marito anni prima mi aveva abbandonato. Guardando i miei figli, indifesi, ho pensato che tutto è permesso da Dio per la nostra santificazione. Sentivo che stavo pagando il prezzo per rimanere nella retta strada. D’accordo con loro ci siamo proposti di ridurre tutte le spese. Eravamo sereni, perché sicuri dell’immenso amore di Dio. Ho chiesto a Dio la forza necessaria per perdonare quelli che mi costringevano a cambiare il tenore di vita che avevo condotto fino a quel momento. Sforzandomi di vivere “un’amnistia completa del cuore”, ho trovato la vera libertà e la forza di ricominciare. Con il denaro che mi restava dalla liquidazione e qualche risparmio ho acquistato un pulmino scolastico. La mia giornata, come autista, iniziava alle 4.45 per trasportare i bambini delle scuole. Mi costava attraversare i luoghi dove sapevo di poter incontrare i miei precedenti colleghi o i superiori. Rapidamente era circolata la notizia che “il Procuratore, chiamato ‘la dama di ferro’, faceva l’autista”. Alcune risate e commenti spiacevoli sono arrivati anche alle mie orecchie. Dopo circa un anno, un professionista che conoscevo, mi ha chiesto di collaborare per la preparazione di un lavoro per l’Ufficio dell’ONU contro la droga. Ciò mi ha permesso di rientrare nuovamente nel campo della mia specializzazione, seppure con un compenso minimo, collaborando con operatori di tutta l’America Latina e dei Caraibi. L’Organismo internazionale ha apprezzato la mia professionalità e serietà e mi ha assunto con uno stipendio mensile dignitoso. Sto ora dando lavoro anche ai miei colleghi della Procura. All’inizio avevo timore di affrontarli, conoscendo il loro modo scorretto di agire e gli apprezzamenti su di me. Ho chiesto alla Madonna di darmi l’umiltà necessaria per dimenticare il passato e non giudicare. Non è stato facile ma sento molto forte l’amore di Dio per me e per la mia famiglia. (D. L. – Colombia) (altro…)
Nov 12, 2006 | Cultura
SOMMARIO
Editoriale
ESSERE CHIESA OGGI – di Piero Coda – L’obiettivo di questo editoriale è limitato: esso si propone di offrire qualche spunto per una riflessione più corale e approfondita sulla situazione della Chiesa cattolica oggi, guardando ad alcune sfide che la interpellano. Per sintonizzarsi sulla lunghezza d’onda di quanto vive e patisce la Chiesa, ci si colloca in quel cammino impegnativo, e per molti versi inesplorato, da essa intrapreso col Concilio Vaticano II. Certo è che, con questo grande evento dello Spirito Santo, la Chiesa cattolica, senza nulla perdere della sua identità, si è anche impegnata a mostrare alla storia un volto nuovo. Un volto che solo poco per volta andiamo scoprendo e i cui tratti vengono in rilievo dall’esperienza di tutto il Popolo di Dio, dagli impulsi dello Spirito (i carismi) donati alla Chiesa prima e dopo il Concilio, dal rapporto della Chiesa con l’avventura di vita vissuta dagli uomini e dalle donne del nostro tempo. Un volto che, come intuisce il Concilio e come viene esplicitato da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI, riflette in sé il volto di Maria, immagine e centro vivo della Chiesa di Gesù. Per semplificare il discorso, si sviluppa in questa luce l’indicazione che, per suggerimento di Paolo VI, ha fatto da criterio architettonico dei lavori e dei documenti del Concilio: il “chi è?” della Chiesa (e cioè la sua identità) e la Chiesa nel mondo di oggi (e cioè la sua missione).
Nella luce dell’ideale dell’unità
EQUILIBRIO DIVINO – di Chiara Lubich – In questo testo, datato anni Cinquanta, di commento al brano di Luca 21,19, viene ripresa la versione della Volgata che, tradotta letteralmente, significa: «Con la vostra pazienza possederete le vostre anime» invece dell’attuale traduzione della CEI che suona: «Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime». LA COMPIUTA VERITA’ – di Pasquale Foresi – La conoscenza ha un significato esistenziale. Non ci può essere una vera conoscenza che non attinga pienamente l’io profondo di chi pensa. Così è stato infatti per ogni contributo veramente decisivo nella storia del pensiero umano e questa è anche una delle grandezze del cristianesimo, ma con una novità assoluta. Se infatti prima del suo avvento, una concezione filosofica implicava una scelta dell’esistenza, con il cristianesimo le filosofie vengono superate. Cristo presenta l’esistere ed il pensare in una sintesi completamente nuova, che è la sintesi rivelata. Inoltre il cristianesimo non propone una dottrina astratta, ma una Persona. La sintesi assoluta, la verità del cristianesimo, si trova nel Cristo, il Verbo di Dio che s’incarna nell’umanità, la Verità in una persona. Per questo lui è il Maestro, cioè non solo il portatore di una religiosità, ma anche la nuova “scuola” alla quale bisogna andare. Saggi e ricerche MUSICA, VERITÀ, DIO. RIFLESSIONI SU ALCUNE SIGNIFICATIVE TESTIMONIANZE – di Mauro Mantovani – Questo contributo intende proporre alcune brevi riflessioni a partire dalle significative testimonianze di itinerari esistenziali che, anche per mezzo dell’esperienza musicale (se non proprio attraverso di essa), sono approdati ad aprirsi al mistero e alla trascendenza. Se davvero la musica ha aiutato – e lo ha fatto meglio di altre esperienze – uomini e donne, pur nella sovrabbondante diversità delle loro storie e vicende individuali, ad indirizzarsi verso l’Assoluto e la verità che in esso abita, non è fuori luogo chiedersi quale sia, se c’è, il suo “segreto”. Facendo riferimento a figure assai variegate come Nietzsche, Claudel, Marcel, García Morente e Cioran, si può trovare una conferma su come l’esperienza musicale sia davvero in grado di suscitare momenti preziosi di verità, a partire dalla verità con se stessi, e di rapporto con la Verità. È colpo del dardo, urto del cuore e marcatura a fuoco nell’intimo. LAS MENINAS DI DIEGO VELÁZQUEZ – di Peter Seifert – Il saggio propone una nuova lettura del celebre quadro Las Meninas di Diego Velázquez e mette in evidenza come le variazioni pittoriche all’interno di questa grande tela siano un modo di giocare con le nostre percezioni. Viene anche sottolineato come certe tendenze atte a sconcertare lo spettatore siano profondamente radicate nell’opera dell’artista. Se non è sorprendente che un quadro dell’epoca barocca inviti ad un sorta di “memento mori”, in quest’opera è la struttura stessa della composizione ed il modo di dipingere che guidano alla scoperta della transitorietà della nostra esistenza e non solo qualche simbolismo esteriore. Infine l’Autore allarga lo sguardo su una recente opera cinematografica in cui le opere d’arte vengono considerate come qualcosa di vivo e presente, piuttosto che soltanto come qualcosa di sepolto dalla storia. ESSERE FAMIGLIA. ESSERE GENITORI. TRA INDIVIDUALISMO E BISOGNO DI RELAZIONALITA’ – di Michele De Beni – Di fronte all’attuale crisi che attraversa la famiglia, non si può negare la necessità di una nuova centralità e presa di coscienza della suo tipico contesto costitutivo: la dimensione relazionale, consapevoli che questo nuovo scenario richiede di creare anche nuovi contesti formativi e di promozione della cultura della famiglia. Tra le più naturali risorse a disposizione va certamente individuato l’aiuto informale che le famiglie stesse e i vari gruppi che compongono le singole comunità possono offrire alla vita di coppia e familiare. Così, porsi in ascolto e in aiuto della famiglia non ha sempre e necessariamente come obiettivo la cura delle sue patologie. Molto spesso si tratta di valorizzarne piuttosto gli elementi positivi, la loro integrazione con nuove e più approfondite competenze, lo sviluppo di risorse che possono esser riattivate e potenziate. Si tratta di uno straordinario lavoro di rete, di mutuo aiuto tra famiglie, tra gruppi e tra gruppi e istituzioni, orientato a stimolare nuove strategie centrate su una cultura della reciprocità. E’ POSSIBILE LA FRATERNITA’ NELLO SPORT? – di Paolo Crepaz e Alois Hechenberger – I concetti di dialogo, amicizia, pace, sono da sempre presenti nella cultura dello sport, auspicati quale frutto della pratica sportiva stessa. A livello sportivo istituzionale la pace è spesso addirittura rivendicata come conquista possibile solo attraverso lo sport, lì dove, si afferma, avrebbero fallito finora religione e politica. Allo sport viene attribuita la capacità di sviluppare le relazioni sociali, di essere fattore di comprensione internazionale e strumento di pace, di essere «componente essenziale della nostra società», capace di trasmettere «tutte le regole fondamentali della vita sociale» e portatore di valori educativi fondamentali quali «tolleranza, spirito di squadra, lealtà». Lo sport, con forza, reclama abbinata a sé anche l’immagine di strumento di incontro e di fratellanza. Ma con quale effettiva convinzione, con quale reale spessore? Fair play e fratellanza sono davvero sinonimi? E’ possibile la fraternità universale nello sport? A queste domande ha cercato di dare risposte il seminario su Sport e fraternità, promosso da Sportmeet a Roma il 3 settembre 2006.
Spazio letterario
«Nuova Umanità» continua nelle sue pagine l’apertura di spazio dedicato alla produzione letteraria. ECO – di Claudio Guerrieri
In dialogo
Riportiamo il testo degli interventi svolti in parallelo durante il 1° Simposio «Ebrei e Cristiani in dialogo» organizzato dal Movimento dei Focolari e tenutosi a Castel Gandolfo (RM) dal 23 al 26 maggio 2005, nella sessione dedicata al tema della relazione tra Dio e l’uomo nella tradizione cristiana ed ebraica. DIO E L’UOMO NELLA TRADIZIONE CRISTIANA – di Jesus Castellano Cervera – L’Autore – scomparso prematuramente nel giugno scorso e che vogliamo qui ricordare con affetto per tutti gli anni di collaborazione con la rivista –, presenta alcuni pensieri che sono propri della tradizione cristiana rappresentata soprattutto da alcuni mistici i quali manifestano un profondo senso di Dio e della sua trascendenza ed immanenza, e fedeli alla tradizione della Scrittura del primo Testamento e all’insegnamento di Gesù, sotto l’azione dello Spirito Santo di Dio, continuamente ci riportano a questo profondo senso religioso, proprio delle Scritture Sacre della tradizione ebraica e cristiana. Le loro parole sono parole di esperienza, di intuizione spirituale, di forte senso del divino, come le parole dei profeti d’Israele, autentici testimoni del Dio vivente, che vivono alla sua presenza e percepiscono la sua rivelazione nel mormorio soave della contemplazione. LA RELAZIONE TRA DIO E L’UMANITÀ NELLA TRADIZIONE EBRAICA – di Irene Kajon – Maimonide e Hermann Cohen, due tra i filosofi più importanti dell’ebraismo, pongono nello spirito di giustizia e di carità, che si esprime nelle opere, ciò che unisce l’uomo a Dio: di qui lo stretto legame tra l’amore dell’uomo verso Dio, che si identifica con il conoscere e assumere come norme i Suoi attributi, e l’amore dell’uomo per l’altro uomo, il vicino e il lontano.
Libri
Todeschini affronta il ruolo che ha avuto il carisma francescano nella nascita dell’economia di mercato. Ne risulta un quadro sorprendente e affascinante, che mostra come la povertà scelta volontariamente dai francescani creò le premesse culturali e poi anche teoriche per la comprensione della nascente economia di mercato. Todeschini mostra che l’etica economica moderna è stata il prodotto di un processo interno alla cristianità, nel quale il carisma di Francesco ha svolto un ruolo decisivo. INDICI «NUOVA UMANITA’» 2006 – a cura di Antonio Coccoluto NUOVA UMANITÀ XXVIII – Novembre-Dicembre – 2006/6, n.168
Nov 12, 2006 | Cultura
Città nuova, rivista del Movimento dei focolari, ha celebrato i suoi 50 anni con un Convegno nazionale a Roma, presso la Sala Umberto, lunedì 13 novembre 2006. L’evento dal titolo: “Città nuova, un progetto chiamato fraternità“ ha concluso così una serie di appuntamenti nelle principali città italiane. “Gratitudine e sostegno” ha espresso alla rivista il sindaco di Roma Walter Veltroni, definendo Città nuova “un ponte, una voce che ha cercato di dire parole importanti, promotrice dell’idea del dialogo, dell’amore, della fratellanza”. Una rivista che ha portato avanti “l’idea della città come luogo di convivenza e coesistenza tra esseri umani diversi”, ha continuato il primo cittadino, che non ha mancato di ricordare la fondatrice dei Focolari, Chiara Lubich, ricoverata al Gemelli: “Chiara è sempre vicina alla città ed anche a me personalmente. Le siamo molto vicini con amicizia e immensa ammirazione. Città nuova è una delle sue grandi invenzioni”. Caloroso anche il saluto di mons. Claudio Giuliodori, direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali della Cei: al riconoscimento a Chiara Lubich che ne ha dato l’avvio, e della “fecondità di un’esperienza umana e cristiana, quella dei Focolari”, ha fatto seguito l’augurio che “la semina abbondante fatta con passione e intelligenza in questi 50 anni possa continuare a produrre frutti per una città sempre più a misura d’uomo”. La manifestazione si è aperta con la sintesi storica di Giuseppe Garagnani, direttore del periodico, e, per l’editrice Città Nuova, di Giannino Dadda, amministratore delegato del complesso editoriale. Un video di Chiara Lubich sulla figura di Maria, trasparenza di Dio, estratto da un suo discorso del 2003, ha indicato un possibile modello a cui ispirarsi per i comunicatori. Il programma si è articolato attorno a tre tavole rotonde moderate da Pietro Cocco, giornalista della Radio Vaticana, e dai caporedattori di Città nuova Paolo Lòriga e Michele Zanzucchi. La prima, incentrata sul tema della fraternità, ha visto la presenza di membri del Centro studi dei Focolari (Vera Araujo, Luigino Bruni, Alberto Lo Presti e mons. Piero Coda, della Lateranense). Su “Dialogo: tattica o arte” si sono confrontati Mario Marazziti, portavoce di Sant’Egidio, Shahrzad Houshmand, teologa musulmana, Lisa Palmieri Billig, membro dell’American Jewish Committee, ed Eugenio Cappuccio, regista. L’ultima tavola rotonda, sul ruolo di Città nuova nei media ha visto gli interventi dei giornalisti Luigi Accattoli (Corriere della Sera) ed Ignazio Ingrao (Panorama), del Prof. Gianpiero Gamaleri (Università Roma Tre) e Vincenzo Santarcangelo (San Paolo Editrice). Tra gli altri, il prof. Gamaleri ha paragonato Città nuova a un albero che dà ombra e frutti a molti, un segno di speranza che ha davanti a sé un grande futuro.
Nov 7, 2006 | Chiara Lubich
Papa Benedetto XVI, informato personalmente dal Cardinale Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, dello stato di salute di Chiara Lubich, ieri ha voluto farle pervenire la sua benedizione e l’assicurazione della sua preghiera e vicinanza “umana e spirituale”. Le condizioni cliniche di Chiara si stanno progressivamente stabilizzando. Era stata ricoverata giovedì 2 novembre nel reparto di rianimazione del Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” per un’insufficienza respiratoria causata da un episodio infettivo polmonare. Prosegue il trattamento medico. Alla preghiera dei membri del Movimento nel mondo, si uniscono anche fondatori e responsabili di vari movimenti e comunità cattolici e di varie Chiese.
Nov 2, 2006 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Sono banchiere di professione, avvocato come specializzazione professionale, e contadino per hobby. Da studente sono stato un leader dei giovani del Partito Comunista delle Filippine. Crescendo ho sperimentato la forte tensione tra i proprietari terrieri che godevano di una ricchezza esagerata e i contadini che soffrivano una estrema povertà. I proprietari terrieri avevano più di quanto potevano spendere, mentre i contadini guadagnavano meno di $ 1 al giorno. Anche con moglie e figli lavorando la terra, erano eternamente nei debiti. Mio padre lavorava in una raffineria di zucchero e per la sua integrità è diventato un leader tra i lavoratori. Un giorno un lavoratore mi disse: “Io rispetto tuo padre perché non permette mai di essere comprato”. Ispirato dal suo esempio ho giurato a me stesso di vivere per la giustizia sociale a tutti i costi, anche con la rivoluzione violenta se fosse stato necessario. Far parte del settore della gioventù del Partito Comunista mi ha permesso di parlare dei diritti dei contadini in diverse manifestazioni. Durante una marcia mi sono trovato faccia a faccia con la morte, quando la polizia ha puntato la pistola verso di me. Durante il periodo della legge marziale nelle Filippine, molti dei miei amici sono stati presi dai militari e messi in prigione. Altri si sono rifugiati sulle montagne per continuare la rivoluzione con la guerriglia. Io ho evitato la sorte dei miei amici perché uno zio ricco mi ha fatto andare a Manila per studiare legge all’Università sostenendo le spese. Un amico di università un giorno mi ha invitato ad un concerto organizzato dal Movimento dei Focolari. In quell’occasione ho conosciuto Tess che è poi diventata mia moglie. Dall’inizio Tess mi ha detto apertamente che non si sarebbe mai innamorata di un ateo. Comunque, abbiamo scoperto che condividevamo gli stessi interessi: la giustizia sociale. Ambedue volevamo la rivoluzione. Ma mentre io volevo cambiare gli altri, lei voleva cambiare se stessa. Pian piano ho cominciato a capire la sapienza della sua visione e sono arrivato al punto di condividerla in pieno. Il padre di Tess era un industriale che aveva dato inizio ad alcune compagnie, tra cui una fattoria e una banca rurale che erano sull’orlo del fallimento. Il padre ha chiesto a Tess se eravamo interessati a dare una mano e noi vi abbiamo visto un’occasione per vivere i nostri ideali. Abbiamo iniziato a trattare giustamente i lavoratori, a dar loro salari giusti, a condividere il profitto con loro. Abbiamo organizzato una cooperativa per le mogli per minimizzare i costi e aumentare i risparmi. La banca rurale era in grave difficoltà per anni di abbandono. Abbiamo incoraggiato gli impiegati ad aver confidenza nel nostro servizio e a riacquistare la fiducia del pubblico nella banca. Abbiamo condiviso con loro i nostri valori cristiani e vedere nei clienti non solo una fonte di guadagno ma un prossimo da servire. Lentamente il business ha cominciato a crescere. Nel 1991 Chiara Lubich ha lanciato l’Economia di Comunione. Abbiamo subito risposto alla sfida aprendo 8 nuove succursali nella provincia. Nel 1997 una forte crisi finanziaria ha scosso tutta l’Asia. Tante ditte hanno chiuso. La banca accanto a noi ha chiuso perché i clienti, presi dal panico, hanno prelevato tutti i soldi. Anche la nostra banca ha tremato per il prelievo di parecchi soldi, ma la Provvidenza di Dio ci ha sempre assistito. In un’ occasione un cliente è venuto dopo l’orario di chiusura a depositare una somma superiore a quanto era stato prelevato. È stato durante questo periodo che siamo venuti a conoscenza del progetto micro-finanza o prestito ai poveri senza garanzia. Sembrava assurdo in quel momento che la banca potesse rischiare tanto. Ci sono stati momenti di perplessità se potevamo avventurarci in un simile progetto di implicazioni radicali. Ma, non volendo escludere i poveri dall’aver accesso al credito, abbiamo deciso di fare il passo nel buio, ed è così che è nata l’Agenzia di Credito Bangko Kabayan. È passato tanto tempo da quando, come studente, avevo giurato di vivere per portare la giustizia sociale a tutti i costi. Attraverso l’esperienza di questi anni ho sperimentato che il Vangelo vissuto è la più potente rivoluzione sociale mai esistita. (F. G. – Filippine) (altro…)
Nov 2, 2006 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Un momento molto importante nella mia vita è stato il 2 Marzo 1997, giorno nel quale mio nipote, Bruno Alberto, di 8 anni, è scomparso improvvisamente, mentre si trovava in vacanza con la sua famiglia. Il dolore dei genitori, come pure il mio, era enorme, tremendo. Subito, la Comunità dei Focolari, della quale faccio parte si è impegnata in un’intensa ricerca del bambino. Gli Organi di Giustizia e le istituzioni pubbliche di sicurezza invece erano abbastanza assenti. In Argentina infatti non c’è una legislazione che garantisca l’immediata ricerca di un minorenne quando questo viene rapito. Questo vuoto legale, che allontanava sempre più la possibilità di ritrovare il bambino, accresceva il senso d’impotenza, aggiungendosi al dolore della scomparsa. Intanto i casi di rapimento di bambini si facevano sempre più frequenti. Cercando di andar al di là di questo dolore, che ci ha richiamato sempre Gesù crocefisso che grida l’abbandono, e col desiderio di fare qualcosa affinché altri non sperimentassero la stessa impotenza, è nata la campagna “Alerta Niño” (attenzione bambino), con l’obiettivo di richiamare l’attenzione del potere pubblico su questa grave situazione. Alla campagna, promossa dalla Comunità dei Focolari in tutta l’Argentina, hanno subito aderito moltissime altre persone di buona volontà. Si è costituita una Commissione con avvocati ed esperti, che hanno appoggiato dei progetti di legge alla Camera della Nazione Argentina, progetti che puntavano alla nascita di un “Istituto di prevenzione e ricerca del minorenne sparito”. L’iniziativa ha avuto l’appoggio di numerosi vescovi ed istituzioni della Chiesa cattolica, di moltissimi enti pubblici e privati e di deputati e senatori di tutto il Paese. Purtroppo, nonostante l’impegno, il percorso legislativo del progetto si è fermato, ottenendo solo l’approvazione di un “Registro Nazionale di Bambini e Adolescenti Scomparsi”, senza prendere in considerazione la necessità di una ricerca immediata dei minorenni. Aderendo alla proposta, sono state presentate alle Camere, più di 85.000 firme da tutta l’Argentina, ed in più numerose lettere da diversi rappresentanti della popolazione. I mezzi di comunicazione locali e nazionali hanno diffuso l’iniziativa e coscientizzato la società su questa problematica e sulla necessità di trovare strumenti di prevenzione e di ricerca per la scomparsa di un minorenne. Tutto questo lavoro è stato finanziato dalla comunione dei beni delle persone del Movimento dei Focolari e con lo sforzo disinteressato di chi ha lavorato nella campagna durante questi 9 anni. Nell’attesa di ottenere l’esito positivo sul piano legislativo nazionale, si sono presentate delle proposte a livello municipale e regionale. La prima attuazione è avvenuta nel Municipio di Rosario, dove il Consiglio Deliberante, il 12 settembre 2002, ha approvato all’unanimità il nostro progetto ed ha sancito una legge comunale, che ha istituito un “Registro Municipale di Bambini Scomparsi”. E’ nata una linea verde per le denunce e per raccogliere informazioni che, oltre ad orientare e sostenere la famiglia, coordina azioni con le Forze dell’Ordine, e prevede la diffusione della foto del bimbo nelle pagine web del Municipio e sui mezzi di comunicazione. Nel 2004 si è collaborato nella ricerca di quindici bambini scomparsi, con un esito positivo in tutti i casi, secondo i dati della Difesa Civile. L’esperienza della città di Rosario si è poi diffusa ad altri Comuni ed oggi sono già più di venti quelli che hanno approvato una legge al riguardo, o sono sul punto di attuarla, non soltanto in Argentina ma anche in paesi vicini come Uruguay e Paraguay. Un giorno una mamma disperata ci ha telefonato alle 11 di notte dalla città di ‘Las Rosas’ (a 120 Km da Rosario), dicendoci che Mariela, la figlia di 14 anni, era improvvisamente scomparsa. Era uscita al mattino per andare a scuola, ma non vi era mai arrivata. Alcuni l’avevano vista alla stazione degli autobus e si pensava che fosse andata a casa di sua sorella che abitava a Rosario. Per questo le autorità non avevano incominciato la ricerca. Le abbiamo suggerito di telefonare alla Difesa Civile. Gli operatori della Difesa Civile si sono messi immediatamente in azione: hanno chiesto delle foto, hanno cercato negli ospedali, nelle questure, in tutta la tutta la città. Proprio per la tempestività con cui si è intervenuti, la ragazza è stata ritrovata durante la mattinata, nel centro della città, in salute anche se un po’ confusa. Di recente è stato approvato da parte della legislatura Regionale un “Registro di Bambini e Adolescenti Scomparsi”, organismo col quale abbiamo collaborato fin dall’inizio. In seguito a questo traguardo raggiunto, con il quale sono stati creati strumenti legali e si è ottenuta la coscientizzazione della popolazione, anche le forze di sicurezza ora si muovono più celermente. Sentiamo che la realtà è cambiata. Ora sono diversi gli enti pubblici pronti ad intervenire in caso di rapimento di un bambino e ci sono più possibilità di poterlo trovare subito. Anche se mio nipote Bruno ancora non è stato trovato, sentiamo una grande e profonda gioia per questi altri bambini ritrovati. (M. G. – Argentina)
Nov 2, 2006 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
In un convegno estivo del Movimento dei Focolari abbiamo voluto approfondire alcune tematiche di attualità. Tra queste l‘importanza di una moralizzazione nell’ambito scolastico. In questo contesto è emerso il problema del non corretto svolgimento degli esami scolastici. Spesso capita che si è promossi se si hanno raccomandazioni, a prescindere dal merito e dalla preparazione. Ciò influisce negativamente sulla formazione dei giovani che si convincono che nella società si va avanti, non in base alle capacità umane e professionali, ma se si hanno appoggi. A seguito di ciò abbiamo preso contatto con i responsabili dell’attività educativa della Chiesa locale e con loro abbiamo promosso un Forum per affrontare il problema. Hanno partecipato 127 insegnanti e si è presa coscienza della necessità della trasparenza e dell’onestà nello svolgimento del compito di insegnante. Al termine del Forum sono stati formulati alcuni principi soprattutto per aiutare gli studenti a studiare con profitto, seguendoli in modo continuativo, e per combattere ogni forma scorretta di svolgimento degli esami scolastici. Tutti hanno aderito con soddisfazione a questi impegni. Successivamente si è svolto un grande incontro per tutti gli insegnanti della provincia. Hanno partecipato 2000 insegnanti, il Commissario del governo per l’Educazione, un rappresentante del Parlamento, diversi funzionari del Ministero e sacerdoti e religiosi impegnati nel campo della scuola. Le proposte avanzate per il migliore svolgimento dell’attività scolastica e per la moralizzazione degli esami sono state accolte. Certo, gli ostacoli sono stati e sono tuttora innumerevoli. A volte sembra di dover lottare contro una montagna , ma siamo pronti a tutto , anche a pagare di persona. Infatti alcuni di noi hanno avuto serie minacce, ma il futuro dei nostri ragazzi ci sta troppo a cuore! Come conseguenza di questa azione, nell’esame statale per l’ammissione all’Università di 600 studenti, gli insegnanti esaminatori si sono impegnati a svolgere gli esami correttamente. Al termine degli esami, gli stessi esaminatori hanno detto che tutto era stato condotto in modo legale. Anche gli studenti sono stati molto soddisfatti. Sperimentiamo la forza di un’azione intrapresa insieme con la grande famiglia del focolare, con la quale cerchiamo di formare una nuova mentalità, un nuovo costume, per cui ognuno ha la possibilità di realizzarsi senza ricorrere all’illegalità. Non siamo ingenui, è solo un inizio, ma ora non molliamo più! (N. O. – Nigeria)
Nov 2, 2006 | Cultura
A causa delle tante minacce che incombono sulla nostra vita quotidiana, la società contemporanea si è guadagnata il titolo di “società globale del rischio”. Quando si pensa alle molte e diverse tensioni che affliggono sia le singole persone che l’intera comunità umana, ci vengono subito in mente la fame e la povertà, le tensioni geopolitiche, le guerre ed il terrorismo, la crisi ambientale e tanti altri mali che sussistono ancora oggi, dopo secoli o che sono apparsi proprio nella nostra epoca. Ma c’è anche un altro tipo di tensione, più sottile ma altrettanto nociva alla sicurezza personale e collettiva: la pratica dell’illegalità e la corruzione.. Possiamo citare qualche esempio: ricercare l’utile personale contro la giustizia verso gli altri; usare il potere pubblico per fini privati; fare disparità di trattamento; corrompere i pubblici funzionari per ottenere vantaggi ingiusti. Queste cose ed altre costituiscono l’illegalità. Sappiamo che a volte queste pratiche sono così diffuse che vengono date per scontate e diventano per alcuni, perfino accettabili. Così diventa difficile alle persone discernere fra il bene e il male e questo comportamento equivoco, compromette indubbiamente la giusta convivenza sociale e civile ed il corretto svolgimento dei rapporti sociali. La pratica dell’illegalità in se stessa poi mina lo scopo della giustizia: custodire il bene comune salvaguardando la dignità del singolo. Oltre alla necessità di rispettare la legalità, la giustizia richiede la promulgazione di leggi che assicurino l’uguaglianza e la libertà di tutti, dando a ciascuno le stesse opportunità. L’uomo, come attore della giustizia, deve rispettare la legalità perché questo significa l’adempimento dei propri obblighi verso gli altri. Solo questo tipo di comportamento può liberare l’uomo dai condizionamenti dei propri interessi, favorendo la stabilità e la vitalità dei rapporti sociali. Una società giusta è basata su due principi fondamentali: il rispetto per la dignità della persona e la tutela delle condizioni necessarie per la convivenza sociale. Come dice Papa Benedetto XVI nella sua prima enciclica Deus Caritas Est, la giustizia, “deve reggere l’attività dei poteri pubblici ed é a fondamento dell’ordine sociale”. L’illegalità e la corruzione attaccano ed annientano proprio questo scopo, minando il sistema giudiziario. Dunque l’illegalità e la corruzione influiscono negativamente e direttamente su quest’ordine sociale, minacciando la pratica della giustizia. In altre parole, l’illegalità e la giustizia non possono coesistere perché l’una è la negazione dell’altra. Si sente tanto parlare del bisogno di un’azione di contrasto alla corruzione e all’illegalità diffusa. Qui viene in mente subito l’attività repressiva. Certamente la repressione è uno strumento essenziale per custodire sia i diritti dell’individuo che il bene comune, ma da sola questa reazione non può essere la soluzione per eliminare le ingiustizie. Noi, operatori giuridici, che abbiamo scelto di vivere questa spiritualità collettiva nata dal carisma di Chiara Lubich, sentiamo che bisogna evidenziare il significato profondo della giustizia, secondo cui il bene individuale coincide e si sviluppa insieme al bene comune. Questo, perché la visione cristiana considera tutti gli uomini legati da un legame d’amore, perché figli del medesimo Padre e quindi tra di loro fratelli. Questa visione mette in rilievo non solo il danno che provoca la pratica dell’illegalità, ma anche la necessità di esigere un sistema legislativo che abbia come obiettivo il bene comune. Ma in termini concreti cosa significa questo? Significa che il senso della fraternità sollecita a farsi carico delle situazioni di sofferenza sociale del prossimo e adoperarsi per eliminarne le cause, al fine di un maggior beneficio di tutti. L’esperienza concreta della vita dimostra che queste finalità possono essere conseguite con comportamenti e rapporti animati dall’amore per l’uomo, sia come singolo che come collettività. Quest’amore inoltre spinge non solo a non praticare l’illegalità ma anche a non tacere davanti alle ingiustizie. Ci richiede di essere protagonisti, se necessario, per sollecitare i poteri pubblici per la tutela dei diritti fondamentali, in primo luogo degli esseri umani più deboli e indifesi. L’amore, soprattutto non permette che, in nome della presunta libertà dell’individuo, si metta in pericolo la giustizia dei rapporti nei comportamenti individuali e sociali, nelle leggi e nelle decisioni dell’autorità. La fraternità non lascia spazio ad alcuna forma di ingiustizia. (Simone Borg – Docente di diritto internazionale, Università di Malta e Università di Leuven, Belgio)
Nov 2, 2006 | Dialogo Interreligioso, Nuove Generazioni
Tramandare alle giovani generazioni lo “Spirito di Assisi”, proposto al mondo da Giovanni Paolo II nella memorabile giornata, che vide riuniti nella città di Francesco i leader di tutte le religioni del mondo, è l’obiettivo del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, nel 20.mo anniversario della “Giornata di Preghiera per la Pace” del 27 ottobre 1986. L’incontro riunisce giovani di diverse tradizioni religiose con l’intento di far loro riscoprire e mantenere vivo questo spirito, quale motivo di speranza per il futuro. Hanno aderito all’invito un centinaio di giovani di 27 Paesi, tra cristiani – cattolici e di altre Chiese e comunità –, ebrei e seguaci di varie tradizioni religiose: induismo, taoismo, buddismo, giainismo, Islam ed altre. Il programma comprende sessioni plenarie, dibattiti di gruppo o in tavole rotonde, pellegrinaggi a luoghi significativi della spiritualità francescana. Nel Sacro Convento sono stati predisposti luoghi separati per la preghiera e la meditazione dei diversi gruppi religiosi; i giovani cattolici parteciperanno all’Eucaristia domenicale e a vari momenti di preghiera. Il programma – L’incontro entrerà nel vivo il 5 novembre con la sessione inaugurale aperta dal Vescovo di Assisi, Domenico Sorrentino. Poi la riflessione di fondo su “L’impatto di Assisi 1986” e la Liturgia Eucaristica presso il Sacro Convento. Nel pomeriggio sono previste le testimonianze dei gruppi che in questi venti anni hanno particolarmente coltivato e promosso lo “spirito di Assisi”: Comunità di Sant’Egidio, Buddisti Tendai del Giappone, Comunione e Liberazione, Movimento dei Focolari. Nella giornata del 6 novembre, Kathryn Lohre, del Consiglio Ecumenico delle Chiese, si rivolgerà ai giovani sul tema “Sostenere i valori comuni e rispettare le differenze”, mentre martedì 7 il card. Paul Poupard, farà il punto sull’attuale situazione del dialogo interreligioso, accentuando il ruolo dei giovani in un mondo multireligioso e multiculturale. Ai giovani è affidata la stesura di un “Messaggio” di speranza e di incoraggiamento al mondo intero, nel segno della condivisione dello “Spirito di Assisi”. L’incontro si concluderà a Roma, nella mattinata dell’8 novembre, con la partecipazione all’Udienza Generale del Santo Padre. (altro…)
Ott 31, 2006 | Parola di Vita
Nel linguaggio comune la parola “giustizia” richiama il rispetto dei diritti umani, l'esigenza di uguaglianza, l'equa distribuzione delle risorse umane, gli organismi chiamati a fare rispettare le leggi.
E' questa la giustizia di cui parla Gesù nel “discorso della montagna”, da cui è tratta la beatitudine? Anche, ma essa viene come conseguenza di una giustizia più ampia che implica l'armonia dei rapporti, la concordia, la pace.
La fame e la sete richiamano i bisogni elementari di ogni individuo, simbolo di un anelito profondo del cuore umano mai pienamente appagato. Secondo il Vangelo di Luca, Gesù avrebbe detto semplicemente: “Beati gli affamati” . Matteo spiega che la fame dell'uomo è fame di Dio, il solo che può saziarlo pienamente, come ha ben capito sant'Agostino che, all'inizio delle Confessioni, scrive la famosa frase: “Ci hai fatti per te, e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te” .
Gesù stesso ha detto: “Chi ha sete venga a me e beva” . Lui, a sua volta, si è cibato della volontà di Dio .
Giustizia, nel senso biblico, significa dunque vivere in conformità al progetto di Dio sull'umanità: l'ha pensata e voluta come una famiglia unita nell'amore.
«Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati»
Il desiderio e la ricerca della giustizia sono da sempre inscritti nella coscienza dell'uomo, glieli ha messi in cuore Dio stesso. Ma nonostante le conquiste e i progressi compiuti lungo la storia, quanto è ancora lontana la piena realizzazione del progetto di Dio. Le guerre che anche oggi si combattono, così come il terrorismo e i conflitti etnici, sono il segno delle disuguaglianze sociali ed economiche, delle ingiustizie, degli odi.
Gli ostacoli all'armonia umana non sono soltanto di ordine giuridico, ossia per la mancanza di leggi che regolano la convivenza; essi dipendono da atteggiamenti più profondi, morali, spirituali, dal valore che diamo alla persona umana, da come consideriamo l'altro.
Lo stesso nell'ordine economico: il crescente sottosviluppo e divario tra ricchi e poveri, con l'iniqua distribuzione dei beni, non sono frutto soltanto di certi sistemi produttivi, ma anche e soprattutto di scelte culturali e politiche: sono un fatto umano.
Quando Gesù invita a dare anche il mantello a chi chiede la tunica, o a fare due miglia a chi chiede di farne una con lui , indica un “di più”, una “giustizia più grande”, che supera quella della pratica legale, una giustizia che è espressione dell'amore.
Senza amore, rispetto per la persona, attenzione alle sue esigenze, i rapporti personali possono essere corretti, ma possono anche diventare burocratici, incapaci di dare risposte risolutive alle esigenze umane. Senza l'amore non ci sarà mai giustizia vera, condivisione di beni tra ricchi e poveri, attenzione alla singolarità di ogni uomo e donna e alla concreta situazione in cui essi si trovano. I beni non camminano da soli; sono i cuori che devono muoversi e far muovere i beni.
«Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati»
Come vivere questa Parola di vita?
Guardando il prossimo per quello che realmente è: non soltanto un essere umano con i suoi diritti e la sua fondamentale uguaglianza davanti a tutti, ma come la viva immagine di Gesù.
Amarlo, anche se nemico, con lo stesso amore con cui lo ama il Padre, e per lui essere disposti al sacrificio, anche supremo: “Dare la vita per i propri fratelli” .
Vivendo con lui nella reciprocità del dono, nella condivisione di beni spirituali e materiali, così da diventare tutti una sola famiglia.
Allora il nostro anelito ad un mondo fraterno e giusto, così come Dio lo ha pensato, diventerà realtà. Lui stesso verrà a vivere in mezzo a noi e ci sazierà della sua presenza.
«Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati»
Ecco come un lavoratore raccontò la sue dimissioni: “La ditta dove lavoro si è da poco unita con un'altra ditta della stesso settore. Dopo questa fusione, mi hanno chiesto di rivedere l'elenco degli impiegati, perché nella nuova sistemazione del lavoro tre di loro dovevano essere licenziati.
Tale disposizione, però, non mi è sembrata fondata, ma al contrario piuttosto affrettata, sbrigativa, presa senza alcuna considerazione delle conseguenze di ordine umano che essa avrebbe comportato per gli interessati e le loro famiglie. Cosa fare? Mi sono ricordato della Parola di vita. L'unico modo era fare come Gesù: amare per primo. Ho presentato le mie dimissioni e ho detto che non avrei firmato i tre licenziamenti.
Le dimissioni non le hanno accettate, e anzi mi hanno chiesto in che modo pensavo di inserire gli impiegati nella nuova organizzazione. Io avevo già pronto il nuovo piano del personale, che rendeva agile e molto utile l'inserimento di tutti nei vari settori. Hanno accettato, e siamo rimasti tutti a lavorare.”
Chiara Lubich
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Ott 30, 2006 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Il card. Antonelli: “L’economia di comunione, niente affatto utopistica” L’arcivescovo di Firenze, cardinale Ennio Antonelli, è intervenuto all’inaugurazione del primo Polo europeo delle aziende di Economia di comunione, che sorge nei pressi della cittadella internazionale dei Focolari, a Loppiano, sui colli toscani, vicino Firenze. Aveva esordito citando il Papa: “Benedetto XVI ha detto più volte che la storia è guidata da minoranze creative. Stasera partecipiamo ad un evento importante di una minoranza creativa”. Ne ha evidenziato le radici: l’amore evangelico, un amore che “non riguarda solo persone singole, elemosina e volontariato, ma riguarda la cultura, le strutture e i dinamismi della società. E’ il criterio di trasformazione del mondo” come afferma il Concilio. “Mi pare – ha aggiunto – che stasera comprendiamo meglio che cosa tutto questo significa”. Ed ha definito l’idea dell’Economia di comunione “niente affatto utopistica”, ma che “certo richiede grandi energie spirituali, grandi motivazioni, ma è così affascinante che può contagiare tante altre imprese”. Il Presidente Prodi: “Quanto si sta inaugurando ha un ruolo esemplare nella società” “In ogni società, per andare avanti abbiamo bisogno di esempi”. Così il Presidente del Consiglio italiano intervenuto a sorpresa alla cerimonia inaugurale. Il Presidente Prodi si è detto grato per questa realizzazione, per l’impegno di “trasparenza nei bilanci, rispetto delle leggi, e libera condivisione degli utili per attivare una rete di solidarietà”. Ed ha ribadito: “Ogni società ha bisogno di esempi, perché altrimenti si inaridisce, e tutto diventa standard ripetitivo. Qui c’è un esempio. Qui c’è un di più a cui non tutti sono chiamati, ma è il segno di un progresso nella convivenza umana”. Il Polo rende visibile una via economica tesa a sanare il divario tra ricchi e poveri Arrivando al Polo si è subito colpiti dalla originale costruzione che si estende su 9600 metri quadri, ma non appare come un capannone industriale. 5621 gli azionisti. Anche pensionati, casalinghe, studenti sono coinvolti: attraverso l’azionariato diffuso che costituisce la E.di C. spa, si sentono protagonisti di un progetto che ha respiro mondiale. Un’impresa non facile, quella di trasferire la propria azienda o di creare nuove filiali, come è emerso dai flash delle esperienze di questi imprenditori. Ma affascina – è stato detto – venire al Polo per essere una comunità di aziende che si apre al territorio, che si rende visibile per dare il proprio contributo di etica al mondo dell’economia, al sogno di colmare il divario tra ricchi e poveri. Il prof. Zamagni: “Per far rifiorire l’impresa, bisogna ricentrare tutto sulla persona” “La finalità di queste aziende – ha detto Cecilia Manzo, presidente della E.di C. spa, che gestisce e promuove il Polo – suscita la compartecipazione dei dipendenti nella gestione dell’azienda”. E’ proprio quest’ultimo aspetto che è stato sottolineato dal prof. Zamagni, docente di Economia Politica all’università di Bologna. “Oggi, in quest’epoca post-industriale – ha detto – il fattore strategico non è più la macchina, né il capitale, ma la persona umana. Se vogliamo che l’impresa torni a fiorire, bisogna ricentrare tutto sulla persona. Più degli incentivi è importante agire sulle motivazioni di chi lavora”. E’ quanto avviene nelle imprese di Economia di comunione: gli stessi dipendenti condividono il fine per cui l’impresa è nata. “Un’idea geniale, che ha giocato di anticipo”. Chiara Lubich – La consegna di un motto: “Dio opera sempre” La fondatrice dei Focolari, a cui si deve, quindici anni fa, il lancio dell’Economia di Comunione, in un messaggio ha auspicato che il Polo sia “una risposta concreta ai problemi economici di oggi”. Ed ha dato al Polo un motto: “Dio opera sempre”, iscritto su una targa in cotto realizzata dallo scultore Benedetto Pietrogrande, scoperta oggi. “E questo per ricordarci del valore che Dio dà al lavoro, all’ingegno creativo proprio dell’uomo”. Ha poi precisato un altro aspetto di questo progetto: l’essere “parte costitutiva” delle cittadelle del Movimento, chiamate ad essere “un bozzetto di una società nuova basata sul Vangelo”. (altro…)
Ott 27, 2006 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
COMUNICATO STAMPA N. 3
Incisa in Val d’Arno, 28 ottobre 2006 Per una società senza più poveri – E’ questo il sogno che anima il progetto dell’Economia di comunione lanciato da Chiara Lubich quindici anni fa nel corso di un viaggio in Brasile di fronte allo scandalo del divario crescente tra ricchi e poveri. Un progetto che coinvolge a tutt’oggi oltre 700 imprese che stanno sul mercato, in vari Paesi. Un’esperienza che si rende visibile nei poli imprenditoriali che stanno nascendo in alcune cittadelle dei Focolari. Si inaugura il primo polo europeo, con 15 aziende, la costruzione che sviluppa 9600 metri quadri, sorto presso la cittadella internazionale di Loppiano nei pressi di Firenze. Un convegno, svoltosi ieri, venerdì 27 ottobre, nella cittadella e che ha visto una folta partecipazione internazionale, ha approfondito questa esperienza innovativa. Titolo: “Semi di fraternità in economia”. E’ possibile la fraternità in ambito economico? E’ l’interrogativo da cui trae spunto la sociologa brasiliana Vera Araujo. Evidente è l’urgenza di rifondare i punti nodali dell’economia sul principio di fraternità, in un mondo dove il mercato è diventato “una sorta di potere che impone i suoi criteri di giudizio, cultura, valori, metodi a popolazioni, stati, istituzioni”. Risultato: continua crescita delle disuguaglianze. L’attuazione in questi 15 anni del progetto dell’economia di comunione dimostra che è possibile basare l’economia sulla fraternità. Non solo: si può imprimere una svolta, anche se ancora a livello germinale. Ne ha parlato l’economista Luigino Bruni. La prima idea lanciata da Chiara Lubich è la tripartizione degli utili delle imprese: una parte per i più poveri, una per il suo sviluppo e la creazione di nuovi posti di lavoro; una terza parte per la formazione alla nuova cultura del dare in antidoto alla cultura consumista dell’avere. Elementi innovativi che contribuiscono ad un mondo senza più indigenti. “Certo le aziende dell’economia di comunione saranno sempre poche rispetto al numero delle imprese sui mercati, ma – ha osservato il prof. Bruni – i grandi cambiamenti epocali sono spesso il risultato di minoranze carismatiche che hanno dato vita a modelli e a comunità visibili capaci di generare uno spirito emulativo”. L’urgenza di una svolta è invocata anche dalla Banca europea. Uno studio sottolinea “che le crisi si fronteggiano oggi ricostruendo società e valori, nella necessità di un nuovo obiettivo che, nelle imprese non sia solo profitto, e nella persona faccia emergere la capacità di ‘solidarietà sociale’”. Lo ha evidenziato la docente di diritto, Adriana Cosseddu. Significativa l’esperienza di un imprenditore nell’ambito farmaceutico, Armando Tortelli, brasiliano. Dirige la Prodiet: 180 dipendenti, 35 milioni di dollari di fatturato. Fa parte del primo polo imprenditoriale, sorto in Brasile nei pressi di San Paolo. Un’impresa che proprio per aver condiviso gli utili, in questi anni ha registrato una crescita anche nei rapporti con i dipendenti, i concorrenti, senza cedimenti alla corruzione ed evasione fiscale. Nel pomeriggio la testimonianza dei poveri. Toccante il racconto di Letty Mumar di Manila. Povertà, morte del primo marito e abbandono poi del secondo marito. Due figli di cui uno down. Poi l’impatto con il centro sociale dei Focolari. L’esperienza dell’amore dei fratelli la porta alla riscoperta di Dio. Gli aiuti dell’economia di comunione. Non è puro assistenzialismo, ma un aiuto che nasce dalla prossimità e immette voglia di crescere in tutte le dimensioni. Il primo figlio arriva all’università, il secondo, down, può frequentare una scuola pur costosa. Si impegna nello sport. Alle para-olimpiadi delle Filippine riceve 8 medaglie, arriva primo alla corsa veloce. Seguono poi brani di lettere giunte da tutto il mondo: rivelano altri squarci di vita che riacquista dignità, spirito di iniziativa, e che mette a sua volta in moto la solidarietà verso altri ancora più poveri. Altri “segni di fraternità in economia” sono emersi dal dialogo che si è aperto in una tavola rotonda con vari protagonisti dell’economia sociale con cui in questi anni i Focolari hanno intavolato un confronto fertile e arricchente: Acli, Unicoop di Firenze, Compagnia delle Opere, Banca etica, CGM Consorzio. Sono emerse radici diverse, ma valori comuni, coniugati nei modi e con le opere più varie. Acli – Nascono nel 1945. 900.000 soci. Sono luoghi dove si concretizza la vocazione sociale della persona, specie del lavoratore e si trasforma in cittadinanza, in impegno civile e politico, pre-condizioni della democrazia. “In questi anni – ha detto il Presidente Andrea Olivero – abbiamo cercato di reinterpretare il nostro impegno cercando le vie per umanizzare l’economia. L’impegno attuale: la riscoperta di quanto sancito sin dalla fine degli anni 50: mettere al centro la fraternità. Non sono parole, ma atti, regole concrete, non solo nella comprensione del singolo ma anche nell’’ordinamento politico, economico, civile. Banca Popolare Etica – Nasce nel 1994 dall’associazione di 22 organizzazioni del no profit. “Ma – afferma il dirigente Mario Cavagna, ha radici molto profonde. Risalgono ad uno dei primi testi sulla finanza etica, sull’onda lunga del ’68. Si incrocia con il nascere del commercio equo e solidale”. E’ una banca di credito cooperativo e promuove il messaggio culturale legato alla finanza etica. Sostiene il mondo no profit e l’economia solidale. Finanzia la cooperazione sociale, la cooperazione internazionale, la tutela dell’ambiente, la società civile. In questi anni diventa socio anche della Edic spa a sostegno della nascita del Polo, per il comune obiettivo di salvaguardare nell’economia la centralità dell’uomo. Unicoop di Firenze – Ha origini nel 1891, quando nasce la prima cooperativa di consumo. Oggi opera nelle 7 province toscane. Un milione di soci, 7500 dipendenti. 2 miliardi di fatturato annuo. Solidarietà, cultura, consumo consapevole. “L’ultimo versante – ha detto il presidente Turiddu Campaini – è quello dell’attività solidaristica a favore dei Paesi del terzo mondo che si sviluppa in modo più accentuato. In questi anni difficili per l’economia abbiamo cercato di ridurre le voci di costo. Una voce non ha subito flessioni: la voce “solidarietà”. Si riesce a mobilitare 2 milioni di euro, per la realizzazione di progetti con la collaborazione di varie realtà di volontariato, rilevante quella dei Focolari”. Compagnia delle Opere – Nasce nel 1986 per una intuizione di mons. Luigi Giussani. E’ una associazione di rilevanza nazionale, 41 sedi in Italia. 11 sedi all’estero. Un arcipelago di realizzazioni. Quale il segreto? “Condividendo i bisogni degli altri – ha detto il dott. Antonio Mandelli, presidente della Federazione imprese sociali, tra le opere della Compagnia – ci apriamo a un dinamismo che ci stimola a fare tutto il possibile e al meglio per rispondere con sistematicità e con creatività a questi bisogni”. CGM Consorzio – Nasce nel 1987. E’ formata da 3 società di scopo e 83 consorzi locali, ci sono associate circa 1300 cooperative di servizi sociali, sanitari, educativi e di inserimento lavorativo per categorie svantaggiate. Entro la rete CGM operano 35.000 lavoratori di cui circa 9000 persone svantaggiate e volontari. Il traguardo: “Migliorare i luoghi dove viviamo, ha detto Claudia Fiaschi, tra i dirigenti del Consorzio. Ci accomuna l’amore per l’uomo e le comunità operando sul territorio”. In un giro di battute finali, Antonio Mandelli ha espresso una speranza ed un impegno comune: “Come al tempo delle invasioni barbariche, che avevano devastato l’intero territorio italiano, i benedettini hanno contribuito alla ricostruzione della società, così oggi, da questi piccoli luoghi, quali sono queste opere, può partire la rigenerazione della società. Luoghi che hanno un aspetto impegnativo: richiedono tutta la nostra vita”. Claudia Fiaschi ha evocato il concetto della rete “per rendere visibili e dare voce a queste opere che scomodano la cultura prevalente. Farsi cioè carico di comunicare in modo efficace questa esperienza perché si trasformi in prassi, in cultura”. L’impressione comune è che questo confronto abbia segnato l’inizio di un nuovo cammino. Ufficio di Segreteria e Relazioni Esterne via Castagneto, 21 50064 Incisa in Val d’Arno (FI) tel. 055/8334427 info@edicspa.com www.edicspa.com Per informazioni: Stefania Tanesini Addetta stampa cell. 338-5658244
Ott 26, 2006 | Cultura
Comunicato stampa n. 2
sabato 28 ottobre 2006 Burchio – Incisa Valdarno (Firenze) Diretta TV su Telepace dalle ore 15.30 La cerimonia di inaugurazione avverrà alla presenza delle autorità civili e religiose, del mondo imprenditoriale e di azionisti. Saranno presenti i soci fondatori della E. di C. spa, e dirigenti del Movimento dei Focolari, delegati da Chiara Lubich. Sul tema “Il Polo Lionello nell’oggi dell’economia”, interverrà il prof. Stefano Zamagni, ordinario di Economia presso l’Università di Bologna. Venerdì 27 ottobre 2006 – Convegno “Segni di fraternità in Economia” Prospettive attuali dell’economia di Comunione – ore 10-17,30 Salone S. Benedetto – Cittadella di Loppiano (Incisa Valdarno – Firenze) Oltre agli interventi degli esperti, tra cui la sociologa brasiliana Vera Araujo e il docente di economia Luigino Bruni:
dalle Filippine l’esperienza del Banco Kabayan e la testimonianza di chi è stato sostenuto dall’economia di comunione
dal Brasile imprenditori del primo polo dell’EdC, il Polo Spartaco.
Tavola rotonda con i protagonisti dell’economia sociale: esponenti di Banca Etica, Acli, Unicoop Toscana, CGM Consorzio, Compagnia delle Opere. Attese oltre 700 persone dalle varie regioni italiane e imprenditori dalla Germania e Francia. “In tempi come questi l’apertura di un polo di imprese che creerà nuovi posti di lavoro è già di per sé una cosa positiva e tutt’altro che banale. Ma soprattutto le caratteristiche e l’idealità che animano il polo Lionello Bonfanti sono per noi la prova concreta che è possibile coniugare insieme dinamismo e competitività con i valori etici e la solidarietà”. Così il Presidente della Regione, Claudio Martini, intervenendo alla tavola rotonda su “Toscana etica e sviluppo: il progetto di Economia di Comunione” che lunedì 23 ha aperto la settimana di eventi in preparazione alla inaugurazione del Polo Lionello Bonfanti. Vi hanno partecipato in 200 tra imprenditori e rappresentanti del mondo politico bancario ed di associazioni di categoria. Conferenza stampa – Alcuni dati – Il Polo Lionello Bonfanti si estende su un’area di 9600 metri quadri, conta su 5.621 azionisti, ospita già 15 aziende che a pieno regime saliranno a 30. Questi i dati forniti dai dirigenti della E. di C. spa che gestisce il Polo, alla conferenza stampa, seguita alla tavola rotonda, convocata dallo stesso presidente della regione Toscana, ClaudioMartini, presso la sede del polo Lionello Bonfanti. “Imprese ‘for profit’ che destinano una parte non trascurabile degli utili al ‘non profit’, cioè ai più indigenti – ha spiegato Giuseppe Manzo, vicepresidente dell’E.di C. spa – destinando il 30 per cento degli utili ad uno specifico fondo di solidarietà. Un progetto – ha ricordato – lanciato da Chiara Lubich 15 anni fa dal Brasile, per lottare contro la povertà e l’ingiustizia del divario tra ricchi e poveri. Appello a cui hanno risposto oltre 700 aziende di tutto il mondo, più di 200 in Italia”. Dal sito www.edicspa.com sono scaricabili comunicati stampa, programma, schede di approfondimento, modulo di accredito. Foto: si possono richiedere all’addetta stampa. Per l’evento del 27 ottobre è gradito l’accredito. Per motivi organizzativi, il 28 ottobre, l’accredito è obbligatorio. Per informazioni: Stefania Tanesini Addetta stampa cell. 338-5658244 Ufficio di Segreteria e Relazioni Esterne via Castagneto, 21 50064 Incisa in Val d’Arno (FI) tel. 055/8334427 info@edicspa.com www.edicspa.com
Ott 23, 2006 | Cultura
Che cos’è l’Economia di comunione
Come nasce l’idea – È davanti allo “scandalo di un mondo fatto di lussuosi grattacieli e di baracche disumane”, durante un viaggio di Chiara Lubich a San Paolo in Brasile nel ’91, che “si accende la scintilla ispiratrice di quella che subito viene chiamata Economia di Comunione”.
L’obiettivo: un futuro senza più indigenti
Il progetto – La fondatrice dei Focolari si rivolge in modo specifico al mondo imprenditoriale, all’impresa. Propone un agire economico che coniughi economia e comunione, ispirato ad una nuova cultura, “la cultura del dare” antidoto alla “cultura consumista dell’avere”. La novità: suscitare aziende che “producano per condividere” destinando una parte degli utili ai più poveri, una parte alla promozione della cultura di condivisione ed un’altra parte per sostenerne lo sviluppo dell’azienda stessa. Questa idea rimbalza in tutto il mondo ed oggi sono oltre 700 le aziende produttive e di servizi che hanno raccolto questa sfida, alcune costituendosi appositamente, altre orientando all’economia di comunione il proprio operare. Infatti l’intero stile di agire economico, di gestione aziendale e di aiuti agli indigenti è ispirato alla comunione, alla reciprocità. L’economia di comunione, novità dottrinale. Fin dall’inizio la riflessione culturale – tesi di laurea, articoli, monografie, convegni accademici – ha accompagnato l’esperienza concreta, e la dimensione vitale ha ispirato gli studi, dando luogo ad una reciprocità tra teoria e prassi che costituisce uno degli aspetti più tipici dell’EdC.
Il Polo delle imprese di Economia di Comunione italiane e l’ E. di C. s.p.a.
I Poli imprenditoriali. Sono espressione tipica dell’economia di comunione. Sede di alcune aziende, sono il punto di riferimento per tutte le altre aderenti od orientate al progetto. Ad essi si rapportano, in maniera costante, studiosi ed economisti che vi trovano originali “laboratori” di una economia rinnovata. Far nascere anche in Italia un Polo imprenditoriale, “faro di credibilità” per l’economia di comunione, a cui potranno collegarsi le aziende italiane gestite secondo questo progetto: è la sfida che Chiara Lubich lancia il 5 aprile 2001 a Castelgandolfo (Roma), alla scuola internazionale per operatori dell’Economia di Comunione. Il 13 ottobre 2001 si costituisce la E. di C. s.p.a., con sede in Loppiano, Incisa in Val d’Arno (Firenze). E’ una società ad “azionariato diffuso” che con i 5621 soci attuali, testimonia l’impegno di quanti, pur non imprenditori, desiderano essere protagonisti dell’Economia di Comunione. Ha come fine la realizzazione e la gestione del Polo imprenditoriale italiano, come pure la progettazione di iniziative connesse al suo sviluppo. Fortemente qualificante l’articolo 36 dello statuto: il 30% degli utili è devoluto ad un fondo speciale di solidarietà per far fronte alle necessità degli indigenti.
Struttura architettonica del Polo
La struttura del Polo esprime un forte valore simbolico, oltre che funzionale. La quinta muraria in mattoni vuole significare il radicamento nel territorio e la sua forma, concava, ricorda due braccia che accolgono. Attraversando la hall, punto di snodo delle diverse zone, si arriva nella galleria sulla quale si affacciano i laboratori e il corpo uffici: è la “piazza” di questa piccola comunità, luogo di incontro degli “abitanti” del Polo e spazio destinato ad eventi pubblici. L’interno è concepito in maniera modulare e flessibile: l’edificio sviluppa un totale di 9600 mq destinati ad usi produttivi, artigianali, spazi commerciali e uffici.
Il Polo e la cittadella internazionale di Loppiano
Una peculiarità dei Poli di Economia di Comunione è quella di sorgere nei pressi delle cittadelle del Movimento dei Focolari. Il Polo Lionello Bonfanti sorge in località Burchio, (Incisa Valdarno), a pochi chilometri dalla cittadella internazionale di Loppiano. Ne costituisce un importante completamento. Sin dal 1962 Chiara Lubich, ad Einsiedeln in Svizzera, guardando dall’alto di una collina il complesso di una delle abbazie che nei secoli erano state centri propulsori di civiltà, aveva intuito la possibilità che, dal Movimento potessero sorgere piccole città moderne composte di scuole, case, industrie -città/pilota -per un mondo nuovo, la cui legge fosse quella del Vangelo, l’amore reciproco. Loppiano, nata due anni dopo, nel 1964, è la prima delle oltre 30 cittadelle sorte nel mondo, e la più sviluppata. L’internazionalità è la sua caratteristica: oltre 800 i suoi abitanti provenienti da 70 Paesi dei 5 continenti. Negli anni, via via assume l’aspetto di una città, anche se in miniatura. E’ formata da case, scuole, centri d’arte, attività artigianali e agricole. Ogni anno sono più di 40.000 i visitatori. Per lo stile di convivenza che testimonia, Loppiano è di luce anche per le grandi città multiculturali e multietniche di oggi.
Ott 23, 2006 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Dopo le “Porte aperte al Polo Lionello Bonfanti” – un momento di festa che domenica 22 ottobre ha visto la partecipazione di oltre 2000 abitanti di Incisa e del Valdarno – il Polo si è confrontato con le istituzioni regionali. Riportiamo ampi stralci di quanto pubblicato da ‘Prima Pagina’ sulla tavola rotonda svoltasi lunedì 23 ottobre, presso la sede del Polo a Burchio, Incisa Valdarno, dal titolo: “Toscana, etica e sviluppo: il progetto di economia di comunione”. Era questo il secondo dei quattro appuntamenti che precedono l’inaugurazione del Polo, sabato 28 ottobre.
Conta su 5.621 azionisti, ospita già 15 aziende che saliranno presto a 30. E’ il Polo italiano delle aziende di Economia di comunione ‘Lionello Bonfanti’ che ha sede in Toscana, vicino alla città internazionale di Loppiano, sede storica del Movimento dei Focolari. Al convegno ‘Toscana, etica e sviluppo: il progetto di economia di comunione’ tenuto nella sala del nuovo polo produttivo, hanno partecipato, tra gli altri, l’assessore regionale alla cooperazione internazionale, perdono e riconciliazione fra i popoli, Massimo Toschi, e il Presidente della Regione Toscana Claudio Martini, che ha preso parte, insieme al sindaco di Incisa, Fabrizio Giovannoni, alla conferenza stampa organizzata a conclusione della mattinata, per illustrare le finalità dell’iniziativa da parte dei responsabili di E.di.c. spa, la società che fa riferimento al Movimento dei Focolari, che ha realizzato e gestisce il polo. “Il polo Bonfanti – ha detto Martini – rappresenta per la Regione Toscana una buona notizia, soprattutto per le caratteristiche e l’idealità che lo animano. Sono per noi la prova concreta che è possibile coniugare insieme dinamismo e competitività con i valori etici e la solidarietà”. Martini ha concluso esprimendo la sua ammirazione per l’iniziativa e assicurando la collaborazione della Regione Toscana. Fra le ipotesi allo studio il Presidente Martini ha annunciato quella di una riduzione dell’imposizione fiscale per questa tipologia di imprese, sul modello di quanto già avviene per le zone di montagna, per le imprese giovanili e per le onlus.
Sono di diversi tipi le imprese che costituiscono il nuovo polo imprenditoriale intitolato alla memoria di ‘Lionello Bonfanti’, magistrato, che fu uno dei fondatori, negli anni ’60 della città internazionale del Movimento dei Focolari, a Loppiano. Si va dalle imprese manifatturiere a quelle di servizi, comprese le società di consulenza e di assicurazione e presto anche un attrezzato poliambulatorio medico. C’è anche chi ha pensato di mettere insieme la pausa caffè con l’acquisto di un libro, ma anche con l’acquisto di un capo di maglieria. E’ questa l’idea innovativa che lega PhiloCafè dell’imprenditore bresciano Bertagna, con la libreria Arcobaleno e la pasticceria Dulcis in Fundo: un modello importato dagli Usa per l’aspetto imprenditoriale, declinato in modo originale grazie alla destinazione sociale di una quota degli utili pari al 30%. Sono questi tre esempi delle 15 “imprese ‘for profit’ che destinano una parte non trascurabile degli utili al ‘non profit’” che oggi fanno parte del polo ‘Bonfanti’, come ha detto Giuseppe Manzo, vicepresidente di E.di C. nell’illustrare la filosofia che li ha portati a costituire una società di capitali, con uno statuto che all’articolo 36 prescrive a ciascun aderente che il 30% degli utili sia destinato ad uno specifico fondo di solidarietà. Il Polo Bonfanti è il primo di questa tipologia in Italia e in Europa, il settimo nel mondo. In totale, le aziende di Economia di Comunione sono oggi, nel mondo, quasi 800. Oltre 200 operano in Italia e di queste una trentina in Toscana. (da ‘Prima Pagina’ Quotidiano Telematico della Regione Toscana- 23/10/06)
Ott 19, 2006 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Il Polo Lionello Bonfanti, che verrà inaugurato sabato 28 ottobre prossimo, alle ore 15,30, alla presenza di numerosi imprenditori, di autorità civili e religiose, è tra le espressioni tipiche dell’Economia di Comunione, progetto che conta 15 anni di vita. Lanciato in Brasile nel 1991 da Chiara Lubich, la fondatrice dei Focolari, ha come obiettivo contribuire a sanare il crescente divario tra ricchi e poveri. L’inaugurazione sarà preceduta da una settimana di eventi: • 22.10 – Porte aperte al Polo Lionello • 23.10 – Incontro regionale con le istituzioni e il mondo economico • 25-26.10 – Seminari multidisciplinari di formazione per imprese pubbliche e private • 27.10 – Convegno: “Segni di fraternità in economia”
Il Polo italiano delle Aziende di Economia di Comunione sorge in località Burchio, Incisa in Val d’Arno (FI), nei pressi di Loppiano, la cittadella internazionale dei Focolari. Inizialmente ospiterà 15 aziende italiane di svariati settori: tessile, artigianale, impiantistico e alimentare, oltre che studi professionali di consulenza fiscale e amministrativa, servizi assicurativi, informatici, di consulenza e formazione aziendale. Sarà punto di convergenza, luogo di scambio di idee e progetti, offerta di servizi per le oltre 200 aziende italiane aderenti al progetto dell’Economia di Comunione. Sinora sono 7 i poli imprenditoriali nel mondo, in varie fasi di realizzazione: il primo e più sviluppato sorge in Brasile, nei pressi della cittadella dei Focolari di Vargem Paulista (San Paolo). Una peculiarità di questi poli è quella di sorgere nei pressi delle cittadelle del Movimento dei Focolari, a completamento di quello che mira ad essere un bozzetto di una società rinnovata, improntata alla fraternità. Anche per questo il Polo italiano porta il nome di “Lionello Bonfanti”, magistrato, che fu tra i primi artefici della cittadella di Loppiano.
Ott 18, 2006 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Io nella proposta dell’Economia di comunione ho intuito una potenzialità nuova, perché riguarda l’uomo nella sua integralità. Tutta l’attività economica e produttiva deve essere orientata al “dare”, un dare che coinvolge i rapporti con le persone. Volli subito partecipare a questo progetto e aderii di slancio all’idea di far nascere una clinica nella città di Vargem Grande con altri professionisti dell’ambito sanitario. Sentivo che il progetto mi riguardava e così ne parlai con mio marito. Anche lui desiderava dare la vita per fare di questo progetto una realtà. Sei mesi dopo ci siamo trasferiti con i nostri cinque figli a Vargem Grande, a circa 140 km dalla città dove abitavamo, per iniziare l’attività dell’impresa: la Policlinica Ágape. Abbiamo lasciato alle spalle tutto: il nostro lavoro, la casa, gli amici. Non è stato facile e le difficoltà sono state tante, ad esempio l’adattamento dei ragazzi nella nuova scuola. All’inizio l’azienda è partita con un laboratorio d’analisi cliniche, perché questa era la necessità più urgente della comunità locale. Poi, per rispondere al crescere dei bisogni della città, è stata creata una clinica, con tutte le specialità mediche. Oggi la “Policlinica Agape” offre 17 specialità mediche, oltre al laboratorio di analisi cliniche, con diagnostica d’immagine, e ambulatori di psicologia, fonologia, fisioterapia. Vi sono occupate 54 persone. La principale caratteristica della nostra azienda è riassunta nel suo nome: agape, amore fraterno. Vorremmo che tutti i pazienti vi trovassero non soltanto la soluzione di un problema sanitario ma qualcosa in più. Per offrire questa accoglienza ai nostri pazienti, c’è bisogno di formarsi continuamente all’idea di salute integrale, che ha come suo fondamento il rapporto interpersonale, ed è questo il nostro primo impegno. Tra di noi, non tutti hanno una fede religiosa, però tutti credono nell’uomo e nei suoi valori e cerchiamo sempre di vivere la “Regola d’oro” – “fai agli altri quel che vorresti fosse fatto a te” – a cominciare dai rapporti di équipe e poi con tutti i pazienti. Questa azienda non ha ancora un modello ben definito, ma lo stiamo costruendo, nuovo, giorno per giorno secondo i principi dell’Economia di Comunione, che non significa, però, soltanto dare gli utili. Sarebbe un’incoerenza fare la comunione degli utili e non trattare bene i dipendenti o i clienti, considerandoli solo un mezzo per il profitto. Fedeli a questo stile, dedichiamo tempo sia ai collaboratori sia ai pazienti, perché questo serve a costruire rapporti veri e autentici. Un medico che aveva lavorato con noi e poi si era dimesso per fare la specializzazione, quando ha finito il corso è ritornato a chiederci di assumerlo, perché, diceva: “Ho lavorato in tanti posti diversi e ho sentito la mancanza del rispetto, dell’onestà e della gioia che c’è qui”. C’è stato il caso di un collega medico che si mostrava molto chiuso e scostante con le persone e allora mi sono chiesta se l’avevamo amato veramente fino in fondo. Ho proposto agli altri dell’équipe una citazione che sentivo adatta al caso nostro: “Ogni essere umano ha almeno dieci qualità e quando non si riesce a riconoscerle, il problema non è lui, siamo noi”. Ci siamo allora sfidati a trovargli queste qualità. Mesi dopo, questo medico è venuto a dirmi: “Ero una bestia e voi state facendo di me un uomo”. Da allora ha cominciato ad aprirsi con noi e con i pazienti. La nostra cafeteria si è trasformata in un luogo d’incontro che abbiamo chiamato: “Spazio culturale Agape”. E’ un luogo aperto alla città e, recentemente, ad un gruppo di artisti che ne fanno lo spazio espositivo per le loro opere, con beneficio per i nostri pazienti. La clinica ha ospitato persino il primo concerto di musica lirica di Vargem Grande, alla presenza delle personalità pubbliche più importanti. Un’esperienza importante che stiamo portando avanti in collegamento con un progetto del Governo dello Stato di São Paulo, riguarda l’inserimento lavorativo di alcuni giovani. Si é cercato sempre di tenere un rapporto corretto e coerente con il potere costituito (Comune, Camera comunale e Segreteria della sanità) e quindi anche con i politici di tutti gli schieramenti. Abbiamo partecipato attivamente all’elaborazione del Piano Direttivo per la città, nel quale si prevede la sua attuazione nei prossimi dieci anni. Con ciò percepiamo che la Policlinica Agape sta diventando un’azienda di riferimento nella città. (D. B. – Brasile)
Ott 18, 2006 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale
Finita l’Università, volevo iniziare un Dottorato di Ricerca in Scienze Sociali. Sin da piccola, infatti, cercavo una risposta alla sofferenza e all’ingiustizia sociale. Mi sono ricordata che Chiara, proprio nel 1991, aveva consegnato ai giovani il compito di studiare l’Economia di Comunione. Ho deciso di prendere sul serio la proposta di Chiara. Si trattava veramente di una sfida, perché il mondo accademico è sempre molto diffidente verso ciò che non conosce e sentivo che mi sarei trovata di fronte questo ostacolo. Non mi sbagliavo: il mio professore non credeva per niente al mio progetto di studio. Lavoravo con lui da 7 anni, lo stimavo molto come docente e come studioso. Ha reagito fortemente e mi ha detto: “Cosa ti hanno fatto questi, ti hanno svuotato la testa? Ti sei dimenticata di tutto quello che hai imparato e studiato finora?”. È stato un duro colpo: davo molto peso alla sua valutazione e mi accorgevo che non sarebbe stata un’impresa facile portare avanti questa idea: stavo rischiando molto, perché si sarebbero potute chiudere tante porte nell’ambiente accademico. Ancora oggi, come avevo temuto, la mia carriera risente di questa scelta. Eppure, allora come oggi, continuo a notare che l’adesione a questo progetto alimenta con luce sempre nuova la mia professione e mi sostiene. Ho concluso il dottorato e assisto, come tanti, ai progressi del progetto di Economia di Comunione. Ora vedo concretamente la possibilità di contribuire alla formazione culturale delle persone, a vari livelli, per portare una visione del mondo che ha come punto di partenza e d’arrivo l’unità. La mia esperienza non è isolata: sono numerose le tesi di laurea e di dottorato dedicate all’Economia di Comunione. Addirittura in alcune università del mondo si insegna questa materia accanto ai nuovi modelli di economia sociale e civile per le numerose novità culturali che introduce. Tra queste: la reciprocità come metodo di sviluppo fraterno; la comunione, non la filantropia; il profitto come mezzo per un mondo più giusto e più umano, non come scopo dell’attività d’impresa, e la fraternità come proposta di gestione aziendale. L’economia torna a essere amica dell’uomo e della società, il mercato si umanizza, la ricchezza condivisa diventa una strada di felicità e di fioritura umana. (K. L. – Brasile)
Ott 18, 2006 | Nuove Generazioni
Settimana Mondo Unito 2006 – Numerose le attività in cantiere. Solo qualche esempio: in primo piano l’impegno per la ricostruzione nel sud del Libano; ad Augsburg, in Germania, un’originale iniziativa per favorire
l’integrazione e l’accoglienza degli stranieri: verrà allestita, al centro della città, una lunga tavolata, con lo slogan “tutti a un solo tavolo”. Tra le iniziative sportive, a Perugia, il tradizionale “Pallavolando”; un torneo a Rieti, dal titolo “SportiAMO”, con raccolta di materiale scolastico per una scuola della Croazia; un “Happy Day” a Viterbo, giornata di sport, musica, teatro rivolta ai ragazzi, per un progetto di aiuto in favore dell’Argentina. E ancora iniziative sociali, marce per la pace, dialogo tra universitari, veglie di preghiera…. A conclusione, collegamento telefonico two-ways fra 100 città dei 5 continenti, sabato 21 ottobre, ore 12 e domenica 22 ottobre, ore 18. Focus sul dialogo interreligioso: carrellata di esperienze di giovani cristiani, musulmani, indù e buddisti, da Spagna, Nigeria, India, Tailandia, sud del Libano, Mindanao (Filippine), Belgio, Tangeri, Chicago, Sarajevo. La risonanza da parte delle istituzioni pubbliche è cresciuta di anno in anno. Ne sono prova piazze e strade dedicate al “Mondo Unito”, collegamenti telefonici trasmessi nei municipi delle città, Patrocini di Comuni e di Stati. Infatti nella SMU si trovano due elementi essenziali per attirare l’attenzione: una grande idea, il mondo unito, la fraternità universale; un luogo dove concretizzarla, la città. Come nasce l’idea: è a conclusione del Genfest 1995 a Roma che viene lanciata “Una proposta, a tutti noi, ai giovani del mondo intero, alle istituzioni nazionali e internazionali, pubbliche e private, a tutti. Anzi un appuntamento: alla Settimana Mondo Unito. Lo scopo? Evidenziare e valorizzare le iniziative che promuovono l’unità… ad ogni livello”. Per saperne di più: www.mondounito.net
Ott 16, 2006 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Dalla presentazione del Segretario Generale della Cei, S.E. Giuseppe Betori
Una celebre frase di sant’Agostino, ripresa dalla Lumen gentium (n. 8), dice: «La Chiesa prosegue il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio». Tra le consolazioni, cui faceva riferimento sant’Agostino, vi sono – nell’antichità come ai nostri giorni – i testimoni. Su questo vuole riflettere il quarto convegno ecclesiale nazionale di Verona (16-20 ottobre) che ha per titolo Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo. http://www.convegnoverona.it All’inizio del nuovo millennio, la Chiesa vuole guardare soprattutto al futuro, ma essa lo può fare solo sulla scia del proprio Maestro e delle numerose donne e uomini che gli hanno reso testimonianza in tempi lontani e vicini. Il volume che qui viene presentato, propone un itinerario attraverso le regioni italiane. Emerge così il mosaico di una Chiesa ricca, variegata, bella, ma anche radicalmente presente in ogni angolo della nazione. 97 i modelli di testimonianza evangelica raccolti nel volume, tra cui 6 testimoni del Movimento dei Focolari: Igino Giordani, padre di 4 figli, uomo di cultura di rilievo del Novecento italiano, deputato, scrittore, giornalista, pioniere dell’ecumenismo. Ha contribuito, tra l’altro, all’incarnazione nel sociale della spiritualità dell’unità e agli sviluppi ecumenici del Movimento. Maria Elena Holzhauser e Enzo Maria Fondi, tra i primi compagni di Chiara Lubich. I giovani: Chiara Luce Badano; , servi di Dio. (altro…)
Ott 15, 2006 | Non categorizzato
Il Movimento politico per l’unità è stato fondato da Chiara Lubich 10 anni fa. Era il due maggio ‘96, a Napoli; ricordo ancora come fosse oggi, l’emozione di quella fondazione! Eravamo politici di vari partiti, cittadini semplici, funzionari e, insieme, avevamo posto a Chiara Lubich le nostre perplessità: è possibile realizzare nella nostra vita politica frutti ispirati ai grandi valori della pace, della giustizia, del rispetto della vita di ogni persona, in qualsiasi condizione; è possibile costruire davvero una politica al servizio dell’unità della famiglia umana? Domande che, mi sembra, anche oggi potremmo riproporre alla stessa maniera, guardando la situazione politica dei nostri paesi e forse, ancor più guardando la situazione dell’umanità su tutto il globo. Lei ci sfidò: è possibile, ma a due condizioni: – porre i grandi valori dell’umanità – la pace, la giustizia, l’amore per la persona, per la comunità – prima delle personali legittime diversità partitiche; – prendere come categoria ispiratrice della politica quel legame che unisce tutti gli uomini e le donne tra loro: la fraternità universale, l’unica categoria che può reggere l’impatto della realtà politica attuale che chiede contemporaneamente risposte locali e mondiali, nella città e insieme nel mondo intero. Concluse dicendo: ”Cominciate a vivere così tra voi, amandovi a vicenda, rispettando le vostre diversità, apprezzandole come ricchezze, cercando l’unità di intenti tra voi e poi con tutti, a favore di tutti!” L’adesione fu piena! E nacque il Movimento politico per l’unità. In questi dieci anni l’espansione del Movimento è stata a dire il vero un po’ straordinaria. E’ stato definito “un laboratorio internazionale di lavoro politico comune, tra cittadini, funzionari, studiosi, politici impegnati a vari livelli, di ispirazioni e partiti diversi, che mettono la fraternità a base della loro vita”1. Attualmente è presente in 15 Paesi. Quali le caratteristiche principali che contraddistinguono questa politica di comunione? 1. La prima caratteristica è quella di puntare a colmare la distanza tra cittadini e istituzioni, per realizzare un rapporto vero tra chi sta nel palazzo e chi ne rimane fuori. Tutti diventano i soggetti: cittadini, funzionari, studiosi e studenti di politica, politici e militanti dei partiti, ognuno cosciente del proprio ruolo diverso, ma legati da un rapporto di reciprocità. La dimensione collettiva è uno dei punti di forza della nostra sperimentazione, che ha come metodo il dialogo. In questo orizzonte l’espressione “vocazione politica” non riguarda più pochi eletti, ma acquista il significato di una chiamata universale all’amore al fratello. 2. L’altra caratteristica che ci distingue è l’internazionalità: oggi l’orizzonte della politica è grande quanto il mondo. I problemi di ambiente, comunicazione, mercato, giustizia sociale, non si possono più portare a soluzione chiudendo i confini sulla nostra piccola dimensione. La rete della politica di comunione è transnazionale, la mondialità diventa per noi un habitus, nelle relazioni tra i membri, ma anche nelle nostre strutture di governo. Cosa vuol dire in concreto? Vuol dire abbandonare la stretta visuale del proprio angolo di mondo, della propria parte politica, ecc., per riconoscere e assumere come soggetto politico la famiglia umana. Se ogni uomo è mio fratello, il suo destino mi interessa come il mio. Si tratta di lavorare per uomini e donne profondamente radicati nei propri popoli, che amano la propria cultura e diversità, ma percepiscono la diversità e la cultura dell’altro popolo come una ricchezza. Ma andiamo al cuore della novità: la fraternità universale, scelta,alla luce del carisma dell’unità, come vera e propria categoria politica. Come agire nell’attuale crisi politica? Andando fino in fondo, scopriamo che ciò che manca è una cultura adeguata, categorie che reggano l’impatto dei problemi, senza sfuggirli. Scegliere la fraternità universale vuol dire avere il coraggio di andare alla radice. Chi ha riferimenti religiosi la vede come espressione dell’esperienza dello scoprirsi tutti figli di Dio e quindi fratelli fra noi. Altri invece la trovano nelle radici profonde di ogni essere umano. Oggi le scienze biologiche e mediche del resto ci dicono che non ci sono tante razze, ma un’unica razza, quella umana, legata da caratteristiche appartenenti a tutti. Qualcuno potrebbe chiedersi se non sarebbe più semplice continuare a parlare di solidarietà senza ricorrere al concetto di fraternità, termine molto meno conosciuto ed utilizzato in politica; la solidarietà ha già una sua storia e una sua coniugazione politica specifica. Bruno Mattéi, filosofo francese, sostiene: “Al contrario della solidarietà (gestionale e umanitaria), la fraternità è attenzione incondizionata all’altro e presuppone che la mia libertà non si possa realizzare senza la libertà dell’altro e che, a questo titolo, io ne sono responsabile.” Per lui la fraternità è un principio originario più “solido” in relazione alla costruzione di una politica adeguata, che affronti la totalità dei problemi. E Gúrutz Jáuregui, docente di Diritto Costituzionale all’Università del Paese Basco, porta il discorso ancora più avanti, sostenendo che solo dalla fraternità possono nascere risposte adeguate alle sfide di oggi. Nella prospettiva della fraternità acquistano nuovo significato anche i capisaldi del progetto politico della modernità: la libertà e l’uguaglianza. La libertà perchè sia, per tutti, il fondamentale diritto a potersi scoprire unico e irripetibile e l’uguaglianza perchè sia davvero riconoscimento e garanzia ad ognuno di pari accesso alle risorse e alle opportunità. Scegliere la fraternità vuol dire sentire la posizione dell’altro come necessaria alla costruzione della comunità, ascoltare l’altro come portatore di un contributo valido, mettere gli interessi della propria parte dopo l’interesse della comunità. Quale il risultato? Una reale capacità di capire le domande dei cittadini e di saper dare risposte più vere. Il luogo principe dove applicare questa nuova cultura è dentro le nostre città, che sia un quartiere di una megalopoli, un piccolo villaggio di montagna, dovunque sia il nostro angolo di mondo, lì è la nostra sfida. Sempre più viene in forte rilievo l’esigenza di mettere al centro del nostro impegno proprio il locale, questo primo luogo dove si vivono e si possono cambiare le relazioni primarie, tra le persone e tra cittadini ed istituzioni. E’ lì che i drammi e i problemi della nostra convivenza hanno il loro impatto quotidiano più vivo ed è lì che chiedono la prima risposta. E’ a partire dalle città che si possono sperimentare nuove risposte di partecipazione, di responsabilità, di solidarietà alle domande che i cittadini pongono alla politica2. Il Movimento politico per l’unità si candida a dare il suo contributo specifico dentro la storia e il suo contributo, anche attraverso l’impegno formativo. Ed ecco il progetto scuole, progetto di una rete internazionale, anche qui globale e locale, capace di andare avanti di pari passo con una sincera inculturazione, che è scoperta della propria ricchezza. Avvertiamo infatti che un punto di forza della nostra azione deve essere la capacità di crescere insieme alle nuove generazioni, trasmettendo ai giovani la formazione spirituale e culturale necessaria per agire concretamente al servizio della propria comunità. Lucia Fronza Crepaz presidente del Movimento Politico dell’unità, Roma, Italia
(1) Chiara Lubich, Discorso pronunciato in occasione della II Giornata dell’Interdipendenza, Roma 12 settembre 2004
(2) Per dare un forte contributo in questa direzione, nel novembre 2001, abbiamo promosso una conferenza internazionale a Innsbruck, in Austria: “Mille città per l’Europa”, a cui hanno collaborato varie istituzioni e personalità politiche europee, tra cui l’allora Presidente della Commissione europea Romano Prodi. 1.300 i partecipanti qualificati, tra cui erano rappresentati 700 comuni dell’Europa dell’Est e dell’Ovest
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Ott 15, 2006 | Cultura
La storia dell’umanità è costellata di esperienze civili ed economiche originate da correnti spirituali, nate cioè da carismi. L’Europa, per un esempio, non sarebbe come oggi la conosciamo, anche sotto il profilo sociale ed economico, senza il movimento benedettino o quello francescano, da cui hanno avuto origine innovazioni fondamentali anche per quella che sarebbe poi diventata l’economia di mercato. Le “ reduciones ” dei gesuiti in Sud America restano ancora oggi un esempio luminoso di civiltà. I carismi sociali di tanti fondatori di ordini religiosi tra il XVIII e il XIX secolo, che hanno dato vita ad ospedali, scuole, opere caritative, hanno segnato la nascita e lo sviluppo del moderno stato sociale (welfare state). Tutte esperienze a movente ideale e spirituale, certamente, ma che hanno arricchito e in certi casi determinato lo sviluppo economico e sociale delle nostre civiltà. L’Economia di Comunione è un episodio di questa storia secolare di esperienze spirituali che danno vita anche a significative esperienze economiche. Il Movimento dei Focolari, lo abbiamo visto, ha fin dall’inizio espresso anche tutta una dimensione sociale e civile: la comunione di vita è dal 1943 diventata naturalmente ma decisamente anche comunione dei beni, con lo scopo di arrivare a “nessun bisognoso”. Dopo quasi mezzo secolo di questa pratica quotidiana di comunione dei beni, in un viaggio di Chiara in Brasile è nata nel maggio del 1991 l’esperienza economica dell’Economia di Comunione. Che cosa è l’Economia di Comunione? Per comprenderla occorre inquadrarla dentro questa storia millenaria dell’umanità e della Chiesa. La scintilla ispiratrice si accese durante quel viaggio di Chiara a San Paolo in Brasile, davanti allo scandalo di un mondo fatto di lussuosi grattacieli e di disumane baracche (favelas). Invitò così l’intera comunità brasiliana del Movimento, che da tempo attendeva e pregava per una economia più giusta e umana, a dar finalmente vita anche ad una nuova economia. Ed ecco nascere quella che fu subito chiamata Economia di Comunione: imprese moderne, efficienti, che operano all’interno dell’economia di mercato, ma che vivono l’intera vita economica come amore, come amore fraterno, comunione. Quale lo scopo di questa nuova visione dell’economia? Arrivare a comunità, a società, e in futuro ad un mondo senza più indigenti. Certo, l’economia contemporanea è una realtà articolata e complessa. L’EdC è un progetto particolare, necessariamente limitato, ma che tocca un aspetto cruciale del sistema economico globalizzato: il rapporto tra ricchezza e povertà. Ma come, in concreto? Questo grande obiettivo deve essere raggiunto destinando i profitti prodotti per tre finalità: 1. la crescita dell’impresa e quindi la creazione di posti di lavoro; 2. contribuendo alla crescita delle Cittadelle del Movimento dei Focolari che formano “persone nuove”; 3. per sovvenire chi si trova in situazione di bisogno immediato. Gli utili, dunque, suddivisi in tre parti; ognuna di queste parti contribuisce ad un mondo senza indigenza, e quindi più giusto e fraterno: creando lavoro, creando una cultura nuova, e con interventi per le situazioni di emergenza. Oggi le imprese che in tutto il mondo si ispirano all’Economia di Comunione sono diverse centinaia, e si sono sviluppati sette “poli industriali”. Altri due aspetti. Non basta produrre utili e donarli affinché ci sia una economia di comunione. Occorre che la comunione sia lo stile di agire economico e di gestione aziendale nella ordinaria attività economica. Ecco quindi l’esigenza, avvertita fin dall’inizio ma che in questi ultimi anni è sempre più sentita dagli attori del progetto, di dar vita a “strutture organizzative di comunione”, che rendano visibile anche nelle dinamiche gestionali e di governance, la cultura della comunione e della fraternità. Il “vino nuovo” dell’Economia di Comunione, richiede “otri nuovi” capaci di contenerlo e farlo maturare. Inoltre, non basta produrre ricchezza e metterla in comunione, per sconfiggere la miseria. Ecco quindi l’importanza che accanto agli aiuti immediati a chi è nel bisogno, si creino posti di lavoro, e ci si formi tutti ad una cultura del dare, ad una cultura della gratuità e della condivisione. Quando una persona indigente, a contatto con una spiritualità, inizia a cambiare mentalità ed a vivere la cultura del dare, è in quel momento che inizia ad uscire dalle trappole della miseria, e la vita può fiorire, perché l’incontro con un carisma risveglia la dignità della persona e la sua vocazione all’amore. La nostra proposta per un mondo senza bisognosi non è l’assistenzialismo ma la reciprocità, dove tutti danno e tutti ricevono. Non è forse anche la poca attenzione alla reciprocità, alla risposta da parte di chi riceve aiuti, che in questi decenni ha spesso portato al fallimento di tante politiche di sviluppo, pubbliche e private? La comunione-reciprocità è un metodo di lotta alla miseria, perché mette in atto la fraternità, e solo uno sviluppo fraterno è pienamente umano e duraturo. Certo, occorre arrivare a fare in modo che anche le strutture politiche, economiche e sociali vivano rapporti di fraternità. L’Economia di Comunione, però, mette in moto la libertà e la creatività di ciascuno, e anche in un mondo ancora spesso ingiusto e non fraterno, essa mette in moto una rivoluzione dal basso, che, come Maria, “innalza gli umili, e rimanda i ricchi a mani vuote”. Il tema della comunione è dunque centrale in tutta l’EdC, che non è un progetto dove ricchi imprenditori danno le briciole della loro tavola ai “poveri”, ma fratelli che aiutano fratelli, mettendo in pratica tutti gli aspetti della reciprocità. Ecco, quindi, il grande programma che Chiara mise e mette oggi di fronte a tutti noi: mostrare un brano di umanità dove si vive, anche in economia, la fraternità. La vita di questi primi quindici anni ci dice che un tale programma non è una utopia, ma è già possibile. Ogni carisma porta una novità: novità di vita ma anche di pensiero, novità dottrinale. L’EdC è questa novità, di vita e di pensiero, nell’economia. (altro…)
Ott 14, 2006 | Chiesa
Il cammino di comunione, il ruolo dei credenti laici, la presenza dei giovani, le prospettive per i movimenti, al centro del Convegno ecclesiale nazionale che si svolgerà a Verona. Da un articolo di Paolo Loriga (Città Nuova – 10 ottobre 2006) www.cittanuova.it
Ci siamo. L’appuntamento decennale della Chiesa italiana è alle porte. A Verona, dal 16 al 20 ottobre prossimi, i 2.700 rappresentanti della comunità cattolica nazionale si incontreranno per pregare e riflettere sui grandi temi che investono la società civile e la vita ecclesiale in questo turbolento inizio di millennio. Il culmine del convegno ecclesiale sarà giovedì 19 ottobre: Benedetto XVI pronunzierà il suo discorso all’assemblea dei partecipanti. Nel pomeriggio, presiederà la celebrazione eucaristica. Il card. Ruini, il giorno successivo, terrà la relazione conclusiva. Il grande appuntamento ecclesiale sarà invece aperto, lunedì 16, dalla prolusione del card. Tettamanzi, presidente del comitato preparatorio. Il giorno dopo si entrerà nel vivo della riflessione con la relazione del teologo Franco Brambilla e gli approfondimenti spirituali (Paola Bignardi), culturali (Lorenzo Ornaghi) e sociali (Savino Pezzotta). I 2.700 delegati (di cui 1.800 dalle diocesi, 250 dalle aggregazioni nazionali) si ripartiranno in gruppi di studio nei cinque ambiti tematici: vita affettiva, lavoro e festa, fragilità umana, tradizione e trasmissione, cittadinanza. Il termine speranza, presente nel titolo del convegno scaligero – Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo – sembra dirla lunga sulla necessità di ridare slancio e senso ad un Paese pervaso dalla precarietà del presente e dall’incertezza sul domani. Grandi attese, dunque, su Verona. Come accadde anche per i convegni precedenti della Chiesa italiana, ad incominciare dal primo, tenutosi a Roma nel 1976, a cui seguirono, con cadenza decennale, le tappe di Loreto e Palermo, dalle quali sono emerse linee pastorali e strategie culturali. Con i rapidi mutamenti del nostro tempo, per di più in crescente accelerazione, dieci anni sono diventati un arco temporale enorme. Dall’assise ecclesiale di Palermo del 1995, il Paese e il contesto internazionale sono mutati. Anche la Chiesa italiana. Legittimo chiedersi se siano emerse novità nel cammino preparatorio, quali speranze animino i cattolici. Da qui, il dialogo con mons. Giuseppe Betori, segretario della Conferenza episcopale italiana dal 2001: Testimoniare il Risorto è vocazione della Chiesa nel suo insieme. Ma nelle sfide complesse di oggi emerge il ruolo dei laici cristiani e la loro peculiare esperienza. Cosa si augura emerga dal convegno? «Mi auguro che emerga la figura di un laico cristiano, mi permetta la provocazione, che abbia la spina dorsale di mettere in pratica il titolo stesso del convegno, capace cioè di essere testimone credibile del Risorto mediante una vita rinnovata e capace di rinnovare il mondo. La speranza è un dono ricevuto che deve essere coltivato, fatto crescere e portato coraggiosamente in ogni settore del vivere civile, sociale e culturale, cioè nello spazio di azione proprio in cui vive e opera il laico cristiano. (continua…) Il Movimento dei Focolari sarà rappresentato a Verona da una delegazione. Vari sono stati i contributi nella fase di preparazione, come indicato nel documento inviato alla Conferenza episcopale italiana. (altro…)
Ott 13, 2006 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Il Paraguay ha una ricca storia, con grandi potenzialità. Un paese segnato da forti differenze tra campagna e città, tra sviluppo e povertà. La mia storia personale – racconta Cesar Romero – ha attraversato vari momenti. All’inizio la “passione” per l’umanità: il primo lavoro a 14 anni, poi i corridoi dell’Università e l’incontro con i giovani del Movimento dei Focolari. Poi le marce contro la lunga dittatura e i primi passi nella politica di partito. In seguito, la seconda tappa, quella della “delusione”: i tradimenti, le incoerenze, la mia stessa incapacità nell’attività politica. La sensazione di non poter fare niente per cambiare davvero le cose. La terza tappa, fondamentale, è stata quella della “scelta”: la scelta di amare sempre, che mi spingeva verso una politica attiva, intesa come mezzo di trasformazione della società. Nel 2000, dopo un lungo travaglio, insieme ad un gruppo di amici già impegnati nell’ambito dello sviluppo sostenibile, abbiamo costituito un’organizzazione. E’ nata così la “Fundación Yvy Porã” (Terra Bella) che, in sei anni di vita, ha promosso lo sviluppo di decine di progetti in tutto il Paraguay, sostenendo comunità di piccoli impresari, contadini, artigiani e indigeni, in centri urbani e rurali. Io però non ero ancora soddisfatto. Desideravo poter fare qualcosa di più. Così, insieme ad altri politici, mi sono impegnato nella preparazione dell’Incontro latino-americano dei sindaci che si è tenuto a Rosario in Argentina, il 2 e 3 giugno 2005, promosso dal Movimento Politico per l’unità. Ci sembrava l’occasione giusta per presentare alla società paraguaiana la fraternità come dottrina politica. Abbiamo scorso l’elenco dei sindaci per invitarli a questa manifestazione. Dalle risposte, dalle adesioni e dagli echi ottenuti, ci siamo detti: “E’ un Paraguay nuovo, un Paese risuscitato, che lavora in silenzio e noi vogliamo portarlo alla luce!”. Come un fatto che confermava questa scoperta, in quei giorni è apparso e si mantiene fino ad oggi, una pagina nuova in un giornale di grande diffusione che si intitola: “L’altro Paraguay”. All’incontro hanno partecipato, provenienti anche da altri Paesi dell’America del Sud, oltre 1000 politici, di cui 119 sindaci, 168 assessori e membri di consigli comunali, parlamentari, funzionari locali e nazionali. Contagiati dallo spirito di questo incontro, i 16 sindaci del Paraguay che avevano partecipato hanno proposto ad altri sindaci un progetto di collaborazione tra i vari Comuni. In occasione della “Giornata dell’amicizia in Paraguay”, il 30 luglio 2005, hanno stabilito un Protocollo d’intesa e di gemellaggio fraterno per sostenere e promuovere uno scambio di politiche di sviluppo locale. Questo accordo, senza precedenti in Paraguay, è stato firmato da 22 Comuni. In seguito, abbiamo dato vita ad appuntamenti periodici di approfondimento della dottrina della fraternità tra politici e stiamo costruendo la scuola paraguaiana di formazione civica e politica per giovani. (C. R. – Paraguay) (altro…)
Ott 12, 2006 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
In che misura l’ambito dell’Economia si inserisce nella preparazione al Convegno di Verona ed in che modo può contribuire ad indicare nuove linee per il mondo laico, in un panorama socio-politico tanto variegato? «Al Convegno di Verona sono previsti dei momenti di approfondimento tematico: sono dei momenti che prenderanno in esame aspetti di carattere economico come il lavoro, l’impresa, i consumi e le scelte economiche quotidiane. In tali ambiti avremo modo di riflettere assieme su queste tematiche, perché l’economia è uno dei primi luoghi in cui si concretizza la vita cristiana. Il cristiano non è per natura un “consumista” o colui che distrugge la natura, che consuma cose che non sono necessarie per la vita sua e dei propri familiari; è una persona che non mette i propri soldi in banche che finanziano il mercato delle armi, è una persona che quando consuma pensa a se stessa inserita nel mondo intero, dove ci sono tanti fratelli che non hanno da mangiare… Quindi le tematiche economiche sono trasversali alla vita di ogni cristiano, non è possibile prescinderne. Come lei diceva, io mi occupo di Economia di Comunione, un progetto particolare nato all’interno del Movimento dei Focolari, però guardato da tanti e in dialogo con tanti altri e, più in generale, dialogo, scrivo, lavoro con tante persone dell’economia sociale, cristiani ma anche persone di buona volontà di altre visioni o altri umanesimi. Il cristianesimo dei primi tempi della comunità di Gerusalemme – che gli Atti ci raccontano in modo meraviglioso – in cui nessuno era bisognoso, è un’immagine, un’icona, un dover essere, una profezia per tutti coloro che vivono per un’economia finalmente umana, finalmente giusta, siano essi cristiani o non. Però il cristianesimo, in ciò, ha una sorta di primato perché da 2000 anni ci parla di comunione di beni, ci parla di “Beati i poveri”, ci parla dei “ricchi” che non entrano nel Regno, quindi in quanto cristiani abbiamo una lunga storia e un grande patrimonio da donare a tutti coloro che cercano un’economia di giustizia. Anche la Chiesa italiana ha una suo patrimonio, in quanto nessun Paese come l’Italia ha visto nascere dalla Chiesa esperienze economiche come i monti di pietà del 1400, che hanno fatto nascere le prime banche moderne; o le abbazie benedettine che, non solo in Italia, hanno lanciato le prime forme di innovazione economica. Ma poi su su fino alle banche rurali, alle casse di risparmio, la cooperazione negli ospedali, nelle opere di assistenza o a scuola. C’è tutta una produzione in Italia di un’economia civile che nasce dalla Chiesa. Quindi non è possibile – dal momento che oggi che vi è una grande domanda da parte della gente – rimanere assenti nel dibattito attuale sul tema economico: pensiamo al movimento No-Global, alle OO.NN.GG., o a tutto ciò che vive oggi nel mondo e che chiede un’economia più giusta. E’ troppo grande il peso storico e culturale che abbiamo, per non dire la nostra. Quindi è giusto che la Chiesa italiana nell’ottobre 2006 a Verona dia uno spazio adeguato e significativo al tema economico». L’intervista integrale, a cura di Raffaele Aversano, è stata pubblicata su “Nuovo Dialogo” ottobre 2006 – Settimanale della Diocesi di Taranto (altro…)
Ott 12, 2006 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Come tappe di avvicinamento all’appuntamento veronese, il Servizio nazionale per il progetto culturale della Cei ha programmato cinque iniziative articolate sul territorio nazionale, in approfondimento dei diversi ambiti di riflessione che verranno proposti al convegno di ottobre. Fra queste, un convegno dedicato a “Il lavoro e la festa”, promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana svoltosi a Rimini dal 22 al 25 giugno scorsi. Un vero e proprio “villaggio” aperto tutto il giorno, in grado di accogliere tutti: residenti, turisti e lavoratori, con stands, aree di gioco, di sport, luoghi di incontro. Lavoro e festa: due termini che sembrano antitetici. Ma non è così. Di fronte alle profonde trasformazioni in atto nella società post-industriale, al convegno emerge l’idea che la festa rigenera l’uomo e dà senso al lavoro. Del lavoro vengono approfondite problematiche di grande attualità: “La famiglia tra tempi di lavoro e di festa”; “I giovani tra lavoro precario, desiderio di consumo e progettualità; i “Nuovi lavori e nuova imprenditorialità”, con la presentazione di numerose esperienze. Molte le associazioni e i movimenti che hanno offerto il loro contributo: da Rinnovamento nello Spirito a Comunione e Liberazione, dall’Associazione Papa Giovanni XXIII, all’Azione Cattolica, agli scout. Il Movimento dei Focolari, nella sessione di sabato 24, dedicata a “Nuovi lavori e nuova imprenditorialità”, ha presentato l’esperienza dell’Economia di Comunione, con il prof. Luigino Bruni e Alberto Frassineti, del polo imprenditoriale “Lionello Bonfanti” – nei pressi della cittadella internazionale di Loppiano (Firenze). A Rimini, tanti anche i momenti culturali e di festa: sul tema del lavoro si sono alternate recitazioni (con Nando Gazzolo e Claudia Koll), musica (Orchestra Mediterranea e Tosca), comicità (Gigi Cotichella), il musical del Gen Verde “Prime Pagine” e il 1° gala del cortometraggio promosso dalle Acli. (altro…)
Ott 11, 2006 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Domenica 22 ottobre 2006 -ore 15,30
“Porte aperte al Polo Lionello”
Dedicato a tutti coloro che vorranno visitarci e, in modo particolare, agli abitanti di Incisa, del Burchio e del territorio circostante Lunedì 23 ottobre 2006
Incontro con le istituzioni regionali ed il mondo economico del territorio per promuovere conoscenze e sinergie
(ad invito) Mercoledì e giovedì 25/26 ottobre 2006
Seminari multidisciplinari di formazione per amministrazione pubblica e imprese private
(gratuiti, su prenotazione) Per dettaglio corsi: www.pololionello-formazione.it Venerdì 27 ottobre 2006 – ore 10 Salone San Benedetto – Cittadella Internazionale di Loppiano – Incisa in Val d’Arno
Convegno: “Segni di fraternità in economia”
Il convegno intende approfondire l’Economia di Comunione e il suo progetto nei vari ambiti. Relatori: Dott.ssa Vera Araujo sociologa Centro Studi Movimento dei Focolari Prof.ssa Adriana Cosseddu docente di diritto penale commerciale, Università di Sassari Prof. Luigino Bruni docente di Economia Politica, Università Milano Bicocca ore 15 Tavola rotonda di approfondimento e conoscenza con esponenti di diverse realtà del mondo economico, cooperativo, sociale italiano ore 21 Intrattenimento musicale Sabato 28 ottobre 2006 – ore 15.30
Momento inaugurale al Polo Lionello, località Burchio
(su invito) e al Salone San Benedetto di Loppiano in collegamento audio/video (accesso libero) Saluto dei rappresentanti della Cittadella di Loppiano e del Consiglio di Amministrazione dell’E. di C. spa Videopresentazione delle aziende insediate al Polo Intervento del Prof. Stefano Zamagni ordinario di Economia Politica, Università di Bologna Saluto delle istituzioni nazionali e regionali Messaggio della fondatrice del Movimento dei Focolari, Chiara Lubich Scopertura della targa inaugurale (altro…)
Ott 9, 2006 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Testimoniare il Risorto è vocazione della Chiesa nel suo insieme. Ma nelle sfide complesse di oggi emerge il ruolo dei laici cristiani e la loro peculiare esperienza. Cosa si augura emerga dal convegno? «Mi auguro che emerga la figura di un laico cristiano, mi permetta la provocazione, che abbia la spina dorsale di mettere in pratica il titolo stesso del convegno, capace cioè di essere testimone credibile del Risorto mediante una vita rinnovata e capace di rinnovare il mondo. La speranza è un dono ricevuto che deve essere coltivato, fatto crescere e portato coraggiosamente in ogni settore del vivere civile, sociale e culturale, cioè nello spazio di azione proprio in cui vive e opera il laico cristiano Il convegno sarà intessuto di relazioni, lavoro nei gruppi di studio,visita e parola del papa. Ma da quello che lei ha intuito, quali note potranno caratterizzarlo? «Al centro di tutto c’è un protagonismo ecclesiale senza precedenti, grazie anche all’ulteriore slancio missionario che la Chiesa in Italia ha avuto negli ultimi dieci anni a partire dal convegno di Palermo nel ’95, attraverso la capillarità del Progetto culturale e le indicazioni degli Orientamenti pastorali dei vescovi Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. La Chiesa italiana di oggi è una Chiesa che vuole spendersi dentro la storia. Essa deve mostrarsi come luogo di illuminazione dell’esistenza e di apertura verso orizzonti nuovi di speranza; nonché come realtà istituzionale nella quale tale speranza diventa progetto ed esperienza. La verità cristiana, che si invera storicamente nell’esperienza di comunione dei credenti, è infatti capace di dare orientamento nuovo e autorevole – al di là delle “opinioni” diffuse – alla vita e all’ethos individuale e collettivo. Su queste convinzioni si inserisce con luminosità e forza il magistero del Santo Padre Benedetto XVI, che ci chiama a vivere la fede nella gioia e a testimoniarla a tutti nella sua ragionevolezza. Siamo certi che la sua parola a Verona darà ulteriore alimento a questa consapevolezza». Il convegno è un’occasione privilegiata di partecipazione e corresponsabilità. In quale senso potrà essere vissuto come il camminare dell’intero popolo di Dio all’insegna della comunione? «Il convegno di Verona non si può ridurre alle sole relazioni o ai confronti comunitari. Il cammino della comunità ecclesiale in Italia verso Verona si colloca all’interno di questa dinamica e, in particolare, all’interno di una coscienza di Chiesa che esige di impegnarsi sul fronte di una più chiara identità della fede e su quello di un più coraggioso slancio missionario. Al convegno ecclesiale di Palermo, si chiese un salto di qualità congiungendo una più intensa spiritualità e una più coraggiosa presenza di Chiesa nelle vicende della storia: contemplazione e missione, appunto. «Si tratta di fare passi avanti in questa direzione, con maggiore attenzione da una parte alla fonte della identità e della testimonianza, che è la persona di Cristo, e dall’altra alla condizione culturale di cambiamento in cui ci troviamo a rendere testimonianza. Questa prospettiva missionaria e testimoniale costituisce il terreno più solido per edificare la comunione tra le varie componenti ecclesiali». Testimoniare il Risorto è vocazione della Chiesa nel suo insieme. Ma nelle sfide complesse di oggi emerge il ruolo dei laici cristiani e la loro peculiare esperienza. Cosa si augura emerga dal convegno? «Mi auguro che emerga la figura di un laico cristiano, mi permetta la provocazione, che abbia la spina dorsale di mettere in pratica il titolo stesso del convegno, capace cioè di essere testimone credibile del Risorto mediante una vita rinnovata e capace di rinnovare il mondo. La speranza è un dono ricevuto che deve essere coltivato, fatto crescere e portato coraggiosamente in ogni settore del vivere civile, sociale e culturale, cioè nello spazio di azione proprio in cui vive e opera il laico cristiano.Modelli di laici cristiani capaci di vivere l’anelito alla santità non ne mancano: basta scorrere i testimoni del Novecento indicati dalle regioni ecclesiastiche. Laici del calibro di Giovanni Palatucci, Rosario Livatino, Annalena Tonelli, Vittorio Trancanelli e altri. Testimoni di santità laicale che con la loro vita, il loro stile e le loro azioni hanno riscritto pagine moderne e affascinanti di Vangelo». Il termine speranza, presente nel titolo, rimanda soprattutto ai giovani. Che ruolo giocheranno le nuove generazioni a Verona? «I giovani per la Chiesa italiana, e mi creda che non è una frase fatta, sono e saranno sempre il prezioso germe del futuro della comunità cristiana che è in Italia.Non mi riferisco solamente al popolo delle Giornate mondiali della gioventù. Quella è solo la punta di un iceberg. Penso ai ragazzi impegnati in parrocchia, nell’associazionismo, nei movimenti ecclesiali, e in tutti i contesti del vivere civile e sociale. Essi stessi nella Chiesa italiana sono “generatori” di speranza perché dimostrano una spiccata sensibilità e disponibilità ad intraprendere, alla sequela di Cristo, cammini di fede esigenti e impegnativi. Questa energia positiva però non è infinita e ogni tanto bisogna ricaricare le batterie per ripartire con slancio. «Per i giovani italiani il convegno di Verona servirà a questo, anche perché si colloca, provvidenzialmente, all’inizio di un percorso triennale pensato dai vescovi per loro.Un percorso formativo articolato, segnato anche da appuntamenti a livello nazionale e internazionale: nel 2007 il grande incontro nazionale a Loreto, nel 2008 la Gmg di Sydney e nel 2009 un evento significativo realizzato però nelle realtà locali». Dal convegno di Palermo ad oggi sono cresciuti la presenza e l’apportodei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità. Quali prospettive possono aprirsi per loro con l’assise veronese? «Negli ultimi anni abbiamo vissuto una nuova stagione di convergenza tra le diverse aggregazioni che compongono il mondo laicale cristiano. Le tensioni, che in passato avevano a volte pesato sul cammino ecclesiale, hanno lasciato il passo, più che a uno stile di pacifica convivenza, a un nuovo rapporto di stima e di collaborazione tra le associazioni e i movimenti stessi e tra aggregazioni ecclesiali e realtà parrocchiali e diocesane nel pieno rispetto dei carismi di tutti. «Da Verona si possono aprire prospettive nuove di fraternità, di unità e di forte convergenza, come avvenuto di recente in occasione del referendum sulla legge 40, per rendere il contributo dei cattolici al bene comune sempre più forte e incisivo. Questo convergere convinto e fecondo delle aggregazioni sul piano della presenza dei cattolici nel Paese è una verifica importante di come la comunione ecclesiale si vada radicando nel comune servizio al Vangelo, pur nel rispetto dei carismi e anzi valorizzandoli per la comune edificazione». a cura di Paolo Loriga – Città Nuova N. 19/2006 (altro…)
Ott 8, 2006 | Dialogo Interreligioso
“Facciamo di ogni ostacolo una pedana di lancio per una fraternità più profonda”. E’ l’invito che Chiara Lubich rivolge alle sorelle e ai fratelli musulmani, amici del Movimento, attraverso una lettera della Segreteria del dialogo interreligioso dei Focolari. Mentre si esprimono gli auguri per l’inizio del mese di Ramadan, periodo di digiuno e di preghiera per tutto il mondo islamico, in questa lettera viene lanciata una proposta: “Unirsi, cristiani e musulmani, che in vario modo condividono la spiritualità dei Focolari, in una giornata di preghiera e di digiuno per la pace. Questa giornata potrebbe essere l’ultimo venerdì di Ramadan, che quest’anno cade il 20 ottobre, come lo propongono già altre organizzazioni, al fine di promuovere una giornata di dialogo islamo-cristiano”. La preghiera e il digiuno saranno fatti da ciascuno secondo la propria religione, mentre tutti si ritroveranno uniti nell’intenzione di questa giornata e, quando è possibile, nella gioia di incontrarsi per momenti di scambio e di amicizia. Questa proposta si ispira all’iniziativa promossa per la prima volta da Papa Giovanni Paolo II, dopo i tragici attentati dell’11 settembre 2001. L’augurio è che, anche con questa iniziativa, “quest’anno, più che mai, il mese di Ramadan sia occasione di incontro nello spirito di fraternità, anche con cristiani, persone di altre religioni, o di altre convinzioni”. (altro…)
Ott 3, 2006 | Focolari nel Mondo
Arriva una richiesta di aiuto non prevista dai grandi progetti di una banca internazionale di sviluppo del Sud America: in risposta nasce il “ Piano Speranza”, progetto sociale che assumerà vaste dimensioni. Dieci anni fa ho cominciato a lavorare in una Banca internazionale di sviluppo, che ha un raggio di azione in tutto il Sud America, compreso il Brasile. All’inizio la Banca era specializzata in credito per infrastrutture: costruzione di strade, di centrali idroelettriche e altri grandi progetti. Con i fondi provenienti dagli utili si concedevano crediti non rimborsabili per studi macroeconomici e per la valutazione di impatto ambientale. Dopo un anno di lavoro, ho ricevuto la visita di alcune persone molto umili, sfinite, dopo un lungo viaggio. Ho letto il loro progetto con la richiesta di finanziamento, ma subito mi sono resa conto che non corrispondeva al tipo di progetti previsti dalla banca. Semplicemente avevano bisogno di un aiuto per sopravvivere. Vivevano in una zona vicina alla frontiera con il Perù. A causa della guerra nessuno prestava loro attenzione. Guardandomi con gli occhi pieni di speranza, mi hanno detto: “Sappiamo che lei può aiutarci”. Mi è nata dentro una preghiera: “Dio mio, aiutami ad aiutarti in questi fratelli”. Non sapevo da che parte incominciare. L’unica persona che avrebbe potuto fare qualcosa era il Presidente Esecutivo. Veniva spesso in Ecuador. Alla sua prima visita gli ho mostrato, come sempre, i grandi progetti realizzati e alla fine gli ho detto: “Ho qualcosa di specialissimo da proporti”. Gli ho mostrato le due pagine e gli ho parlato del progetto. Alle sue obiezioni gli ho lanciato una proposta: “Facciamo un’eccezione. Fammi lavorare su questo progetto. E’ un progetto sociale, ma piccolo, piccolo”. “Ma questo vuol dire che devo assumere persone che lo seguano e questo non posso farlo” ha replicato. “Me ne occupo io” – ero decisa – “Dammi solo il permesso per l’eccezione e al resto ci penso io”. “Va bene” – ha concluso – “che sia un’eccezione”. Molto contenta, sono partita verso la frontiera e abbiamo cominciato a lavorare sul progetto. Poi sono andata a parlare con il Presidente della Conferenza Episcopale e con tutti i Vescovi. Hanno accettato immediatamente. Ho proposto loro: “A questo punto dobbiamo parlare con il Presidente della Repubblica”. Ci siamo messi d’accordo, abbiamo chiesto un appuntamento e siamo andati a presentargli la proposta del progetto sociale. E’ rimasto un po’ sorpreso, ma ha approvato. Grazie ai fondi ricevuti, abbiamo potuto realizzare ospedali psichiatrici, un altro ospedale per persone con malattie incurabili, abbiamo lavorato molto con gli indigeni per procurar loro l’acqua, siamo intervenuti nelle scuole su tutto il territorio nazionale. E’ nato così il “Piano Speranza”. A breve è seguito il “Piano Speranza 2”. Ultimamente, l’esperienza vissuta è andata oltre, e un governo europeo ha affidato alla nostra istituzione il fondo per la conversione del debito estero per sviluppare progetti nell’area educativa e sociale. Nel 2000 le Nazioni Unite hanno proposto come obiettivi da realizzare per l’infanzia nei prossimi dieci anni l’alfabetizzazione e l’educazione dei bambini tra gli 0 e i 15 anni in tutti i Paesi sottosviluppati. Stiamo continuando a lavorare perché questa meta si raggiunga davvero. (C. C. – Ecuador) (altro…)
Ott 3, 2006 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Nel cammino di preparazione al 4° Convegno Ecclesiale nazionale di Verona c’è stato il pieno coinvolgimento delle Chiese locali e dei diversi organismi e soggetti ecclesiali. Il loro contribuito si è concretizzato con l’invio di relazioni di sintesi che mettono in luce il volto di una Chiesa che si interroga sulla dimensione culturale della fede e alle sfide che riguardano da vicino l’uomo che vive e lavora in una società sempre più complessa. Di seguito il documento elaborato dal Movimento dei Focolari.
Introduzione
“Testimoni di Gesù Risorto speranza del mondo” è l’attraente identità che la Chiesa cattolica in Italia pone innanzi ai suoi membri in occasione del suo IV Convegno Ecclesiale Nazionale. La scelta di un tale traguardo trae motivo senz’altro dall’intima convinzione che il Risorto è “la” speranza che Dio offre al mondo, ma anche dalla consapevolezza che i cristiani devono trovare vie nuove per farlo conoscere ed amare dalla nostra società sempre più secolarizzata e pur assetata di divino. Riteniamo che la presenza di “Gesù in mezzo ai suoi”, come viene intesa e vissuta nella spiritualità dell’unità caratteristica del nostro Movimento, può contribuire al cammino della Chiesa in Italia nell’attuale momento storico. Dove Cristo si rende presente nella reciprocità dell’amore non soltanto si dinamicizza la vita ecclesiale, ma si fa pure strada una realtà antropologica qualitativamente nuova che intercetta le aspirazioni più profonde di ogni persona umana ed è, allo stesso tempo, intimamente legata a Cristo. Vengono superate – come avvenne nelle prime comunità cristiane (cf. At 4,32; Gal. 3,28) – barriere sociali, culturali, razziali. Si fa l’esperienza di essere uno nella distinzione e distinti nell’unità, liberi ma non soli, in comunione con gli altri ma pienamente se stessi, ad immagine delle Persone della S.S. Trinità la cui vita da sempre è iscritta come anelito in ogni cuore umano, ma che senza il dono della Grazia, fuori del raggio d’azione del Risorto, non riusciamo a realizzare.
Il nostro contributo si articola in tre parti: 1. Partecipazione del Movimento dei Focolari al cammino di preparazione al Convegno 2. Riflessione teologica 3. Indicazioni sugli ambiti di testimonianza
1. Partecipazione del Movimento dei Focolari al cammino di preparazione al Convegno
Nell’anno 2005-2006 i membri del Movimento dei Focolari hanno particolarmente approfondito un punto centrale della spiritualità dell’unità: “Gesù crocifisso e abbandonato”. Nella prospettiva del Convegno di Verona esso è apparso di particolare attinenza e importanza per l’imprescindibile legame fra la morte e l’abbandono di Cristo in croce e la presenza del Risorto nella Chiesa. Siamo chiamati a dare testimonianza del Crocifisso/Risorto. Alcune specifiche iniziative a livello nazionale e locale sono state: 1. In ottobre 2005 riunione con i delegati zonali italiani del Movimento dei Focolari (ogni zona comprende una o più regioni italiane) per informarli del cammino di preparazione in corso, delle sue tappe, sottolineando fra l’altro l’importanza del coinvolgimento a livello diocesano, seguendo le indicazioni degli Ordinari diocesani. Vari membri del Movimento sono in effetti delegati delle Regioni Ecclesiastiche e Diocesi. 2. Presentazione del Convegno Ecclesiale nelle Mariapoli e altri incontri del Movimento per una opportuna sensibilizzazione dei membri. 3. Preparazione e pubblicazione del libro “Egli è vivo! La presenza del Risorto nella comunità cristiana”, a cura dell’Editrice Città Nuova, quale contributo a carattere teologico-spirituale per il Convegno. 4. Collaborazione nella organizzazione dell’evento preparatorio di Rimini su “Lavoro e festa”. Un nostro delegato il dott. Giuseppe Sbardella ha fatto parte del comitato organizzativo nazionale presso l’Ufficio per i problemi sociali e il lavoro. Il prof. Bruni e il dott. Frassineti sono intervenuti come relatori in una della tavole rotonde dell’evento. E’ stato allestito uno stand sull’economia di comunione. Il complesso musicale Gen Verde ha partecipato a una delle serate artistiche. 5. Due convegni promossi dal Movimento dei Religiosi dell’Opera di Maria (Mov.dei Focolari) d’intesa con il Consiglio CISM Triveneto, sui temi: “Dall’individuo alla reciprocità” Verona 26 marzo 2006; “Testimoni del Risorto” Cadine (TN), 21-26 agosto 2006. top
2. Riflessione teologica
«Egli è Vivo!» (cf. Mc 16, 11; Lc 24, 5.23; At 1, 3). È l’annuncio inaudito che al mattino di Pasqua le donne, piene di stupore, corrono a portare agli apostoli ancora increduli. «Gesù è Risorto!». È il grido gioioso che irrompe con forza travolgente dal cuore delle comunità cristiane nascenti e che presto riecheggia ovunque. «Gesù è Risorto! Egli è Vivo!». Come rimanere indifferenti a un tale annuncio, spesso sigillato dai primi cristiani a prezzo del loro sangue? «Noi abbiamo riconosciuto l’amore che Dio ha per noi e vi abbiamo creduto» (1 Gv 4, 16). «Così il cristiano può esprimere la scelta fondamentale della sua vita» (Benedetto XVI, Deus caritas est, 1). Egli crede perché lui pure ha “visto”, ha avvertito la straordinaria presenza del Risorto sempre vivo nella sua Chiesa e vi ha riconosciuto l’amore infinito di Dio per lui e per tutti noi. «E noi abbiamo creduto all’amore». In piena seconda guerra mondiale, a Trento, Chiara Lubich e le sue prime compagne avevano scelto questo versetto della prima lettera di Giovanni come scritta per l’unica tomba in cui venire sepolte nel caso fossero morte sotto i bombardamenti. Folgorate dalle parole rivolte a Chiara da un giovane sacerdote: «Dio ti ama immensamente», esse avevano trovato in questo centro della fede cristiana la ragione della loro vita e più ancora la loro vera e nuova personalità. Ma come ricambiare nel migliore dei modi – dato che presto avrebbero potuto morire per via della guerra – l’immenso amore di Dio da cui, per una grazia singolare, si sentivano avvolte? Il Vangelo rispose a questo loro ardente desiderio indicando il comandamento nuovo di Gesù: «Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi» (Gv 13, 34; 15, 12). L’attuarono senza mezzi termini ed ecco una nuova meraviglia: quel Dio che avevano scelto e che pensavano al di là delle stelle, lo percepivano ora, con i sensi dell’anima, presente nel loro piccolo gruppo. Era lui, Gesù, il Risorto che si faceva sentire adempiendo la sua promessa: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18, 20). E la gioia fioriva spontanea e con essa la luce e la pace e la forza. Come un tempo ai discepoli di Emmaus, il Risorto spiegava ora ad esse le Scritture, accendeva nei cuori una fiamma e le spingeva a nutrirsi di lui, anche quotidianamente, nel pane eucaristico. Nasceva in questo modo la spiritualità dell’unità così vicina alla spiritualità di comunione che, a conclusione dell’anno giubilare, il Santo Padre Giovanni Paolo II ha voluto dare a tutta la Chiesa quale impegno programmatico per il nuovo millennio (NMI 42-45). Essa può contribuire all’attuazione di quella “ecclesiologia di comunione” che è “l’idea centrale e fondamentale nei documenti del Concilio” . La comunione “incarna e manifesta l’essenza stessa del mistero della Chiesa. Essa è il frutto e la manifestazione di quell’amore che, sgorgando dal cuore dell’eterno Padre, si riversa in noi attraverso lo Spirito che Gesù ci dona (cf Rm 5,5), per fare di tutti noi « un cuore solo e un’anima sola » (At 4,32)” (NMI 42). Sin dalle prime righe della Lumen Gentium la Chiesa viene definita per la presenza di Cristo in essa come “il sacramento” ossia “il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (n.1). Cristo l’ha fondata ed è oggettivamente presente in essa tramite la Parola e i Sacramenti, nonostante le nostre infedeltà. Se tuttavia noi cristiani sapremo vivere uniti nell’amore come Lui vuole, allora la luce che emana dalla sua presenza brillerà con maggiore splendore sui nostri volti ed essa potrà essere vista da tanti, da tutti. Gesù lo attesta nel Vangelo di Giovanni: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35) e “Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17, 21). La nostra comunione fraterna in Dio è la condizione sine qua non perché Cristo possa essere riconosciuto e creduto. Di qui il monito di Giovanni Paolo II: “Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia, se vogliamo essere fedeli al disegno di Dio e rispondere anche alle attese profonde del mondo” (NMI 43). Esso riecheggia quello del Concilio sulle “presenti condizioni del mondo che rendono più urgente questo dovere della Chiesa, affinché tutti gli uomini, oggi più strettamente congiunti da vari vincoli sociali, tecnici e culturali, possano anche conseguire la piena unità in Cristo” (LG 1). Moltiplicare l’esperienza della presenza del Risorto, là dove due o più sono riuniti nell’amore vicendevole, è una via particolarmente efficace per rispondere a tali attese. Il carisma che Dio ha dato a Chiara Lubich è incentrato su questa presenza e getta luce sullo stile di vita ad essa confacente. Esso ha già risposto alle esigenze più profonde di decine di migliaia di cristiani, per lo più laici, alcuni dei quali sono ora passati all’altra vita in concetto di santità. Si tratta di vivere concretamente il primato della carità, secondo l’invito di san Pietro: “Soprattutto conservate tra voi una grande carità” (1 Pt 4, 8), soprattutto e cioè prima di tutto (“ante omnia mutuam et continuam caritatem habentes” – Vulg). Se alla base delle opere caritative, dell’apostolato, della catechesi, della liturgia ponessimo sempre il vicendevole amore, in cui si riceve la Parola di Dio e che è il frutto primo dell’Eucarestia, non saremmo più noi ad agire, testimoniare, insegnare, pregare, celebrare, ma sempre Gesù in noi. Ove è la carità ivi è Cristo nel cristiano e ove la mutua carità ivi è Cristo tra i cristiani. E la sua presenza, specie se tra due o più, è luce. Essa darebbe una singolare efficacia a tutte le nostre attività. Si tratta di non conoscere altro se non Cristo e questi crocifisso (cf 1 Cor 2,2) , di avere in sé i suoi medesimi sentimenti (cf Fil 2,5) e di conseguenza di stabilire dei rapporti di amore scambievole che siano in terra un riflesso della vita del Cielo, una partecipazione alla vita trinitaria: “che siano uno come io e te” (cf Gv 17,21). Nella sua lettera apostolica Novo Millennio Ineunte Giovanni Paolo II ci ha invitati tutti a “ripartire da Cristo” (NMI 29), a contemplare il suo volto, dolente e insieme risorto, per poi lasciarci ispirare nel nostro cammino ecclesiale e nelle programmazioni pastorali dal suo comandamento nuovo (cf NMI 42). Fedeli alla spiritualità dell’unità cerchiamo di offrire alla Chiesa in Italia il nostro contributo per rispondere tutti insieme a un tale invito. Questo proposito è stato ulteriormente incoraggiato dalla prima enciclica di Benedetto XVI nella quale egli ha desiderato parlare dell’amore, di Dio amore e dell’amore nostro come risposta al suo. “In un mondo in cui al nome di Dio viene a volte collegata la vendetta o perfino il dovere dell’odio e della violenza, questo è un messaggio di grande attualità e di significato molto concreto” (Deus caritas est 1). Ne siamo profondamente convinti. All’indomani del Concilio, Karl Rahner sosteneva che la riscoperta della centralità dell’amore del prossimo nella vita cristiana o, meglio ancora, la sintesi dell’insieme del mistero cristiano dal punto di vista della carità poteva essere la via privilegiata all’esperienza di Dio nel nostro tempo . Riprendendo e ampliando questa intuizione, Walter Kasper auspicava l’avvento di una nuova spiritualità che avrebbe congiunto nell’unità dell’amore di Dio e del prossimo la più grande fermezza possibile della fede alla più grande apertura sul mondo. Egli vedeva in una tale spiritualità del futuro la vera risposta al travaglio della Chiesa postconciliare “tesa tra una apertura che la disintegra in un umanesimo vago e generico ed una fermezza sclerotizzata che sopravvive senza possibilità di comunicazione accanto ai problemi dell’umanità attuale” . Dal 1989 è operante presso il Centro del Movimento dei Focolari la “Scuola Abbà”, laboratorio interdisciplinare di pensiero consacrato allo studio della ricchezza dottrinale del carisma dell’unità e delle sue molteplici implicazioni per la comprensione e l’esercizio delle diverse discipline scientifiche. Negli ultimi anni si stanno inoltre delineando, in seno al Movimento e in dialogo con esponenti qualificati del mondo della cultura, luoghi di elaborazione e linee di approfondimento in distinti campi disciplinari (teologia, filosofia, economia, politologia, psicologia, diritto, pedagogia, ecc.). Tali linee contribuiscono a rafforzare il nostro impegno di cristiani laici, con cui cerchiamo di informare dello spirito di comunione i vari ambiti della società. Molti vi hanno trovato una via per rispondere alla chiamata alla santità, “trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio” (LG 31). Non si tratta solo di un impegno individuale, perché si cerca di creare delle cosiddette “cellule d’ambiente” per stabilire la presenza di Gesù in mezzo e portare Cristo in mezzo alla società. Ci sembra una via importante anche per il dialogo con la o le culture contemporanee. Infatti molti non credenti o indifferenti, che rimarrebbero del tutto ermetici ad un discorso prettamente religioso, rimangono invece affascinati dalla novità – anche culturale – che uno stile di vita, fraterno e trinitario, può portare nei vari ambiti della società e in diverse discipline. top
3. Indicazioni sugli ambiti di testimonianza
Per ognuno degli ambiti individuati dalla Traccia di riflessione proponiamo alcuni spunti di riflessione e indicazioni. Vita affettiva Lavoro e festa Fragilità umana Tradizione Cittadinanza
Vita affettiva
Ci soffermiamo in particolare sulla famiglia. La grazia del sacramento del matrimonio aiuta l’attuazione del comandamento dell’amore reciproco che, se vissuto con radicalità evangelica, attira la presenza di Gesù anche tra gli sposi. Questo fa della famiglia una cellula viva della società e una piccola chiesa, capace di fecondità non solo biologica, ma spirituale e sociale; testimone autorevole e credibile della presenza del Risorto oggi, nel quotidiano di ogni persona, in tutte le culture, in tutti gli ambiti di attività che le competono: l’educazione, il lavoro, la cura dei piccoli e dei deboli, la solidarietà, l’esercizio dei diritti civili. E’ questa l’ esperienza di “Famiglie Nuove”, diramazione del Movimento dei Focolari. Organizzate in gruppi locali seguiti da una coppia matura e preparata, le “Famiglie Nuove” svolgono una formazione spirituale che si ispira alla “spiritualità di comunione”. L’impegno principale è di vivere la Parola di Dio nel proprio contesto e lo scambio delle conseguenti esperienze di crescita a tutti i livelli. La partecipazione in coppia è sempre sostenuta dall’impegno personale richiesto a ciascun coniuge, per essere pronti ad amare per primi negli inevitabili momenti di difficoltà. Organizzano attività di solidarietà e praticano tra loro una libera comunione di beni. Partecipano periodicamente a momenti di incontro a livello nazionale o internazionale, in cui approfondire la spiritualità del Movimento e sperimentare l’ampiezza del respiro della Chiesa. Vengono svolti corsi per fidanzati, scuole per famiglie, week-end per adolescenti, approfondimenti sulla comunicazione di coppia, sull’educazione dei figli, sulla sessualità, sul sacramento del matrimonio. Questi incontri offrono il contributo scientifico di esperti e uno spazio riservato alla condivisione del vissuto delle famiglie, in un equilibrio tra prospettive culturali e dimensione esperienziale sempre molto apprezzato dai partecipanti. Tali iniziative risultano occasioni di contatto anche con persone in ricerca o anche non credenti, interessate agli argomenti trattati, che spesso restano in contatto per un maggiore approfondimento. I frutti sia sul piano ecclesiale sia sul piano civile sono copiosi: ne è stata prova il Familyfest 2005, multi-congresso che si è svolto in contemporanea in 24 città italiane (vi hanno partecipato complessivamente 38.000 persone). In esso sono state proposte riflessioni su temi centrali per la vita cristiana, comunicati percorsi per una crescita nella fede, presentati progetti di iniziative di promozione comunitaria e sociale. top
Lavoro e festa
Il lavoro e la festa hanno in comune un elemento fondamentale: per essere attività pienamente umane hanno bisogno di gratuità. Il lavoro diventa fioritura umana e non alienazione quando l’attività lavorativa è vissuta come espressione profonda di sé, come dono agli altri, per e con gli altri. La festa da svago alienante diventa momento fondativo e costruttivo della comunità quando da sfogo egoistico e narcisistico (come spesso oggi la società dei consumi la concepisce), diventa momento rinsaldante del legame sociale e comunitario. La festa, come il lavoro, hanno poi un altro elemento in comune: sono attività umane che hanno in loro stesse la loro ricompensa. Anche in questo senso hanno bisogno di gratuità. Un lavoro che fosse solo un mezzo per guadagnarsi da vivere e non anche un momento in sé costruttore di identità individuale e sociale, sarebbe solo una maledizione per l’uomo. Invece, nella visione cristiana, il lavoro è un momento alto dell’umano perché mentre si lavora si partecipa all’attività creatrice di Dio. La festa è proprio l’archetipo delle motivazioni intrinseche. La festa non ha un valore strumentale, non è mezzo per altro, ma il fare festa insieme esprime l’esser parte di un destino comune, l’essere famiglia, l’essere comunità. Non c’è quindi festa senza gratuità: senza ci può essere solo svago o divertimento, ma la festa è qualcosa di più e di diverso. Per questa ragione, i due concetti – lavoro e festa – hanno bisogno l’uno dell’altro, si richiamano e danno senso a vicenda. Non c’è autentica festa senza aver prima o dopo lavorato. E’ il tempo del lavoro che dà senso, ritmo e bellezza alla festa – ecco perché non è mai festa piena quando in una famiglia non c’è lavoro ma disoccupazione. E, d’altra parte, senza la festa il lavoro diventa schiavitù dell’efficienza e del dio profitto. Infine, sia il lavoro che la festa sono attività sociali e relazionali: non si festeggia da soli, né si lavora mai da soli. Sia il lavoro che la festa oggi sono sottoposte a sfide radicali e profonde. In realtà la storia dell’umanità ha vissuto il rapporto festa-lavoro in modo complesso e spesso doloroso. Dove non c’è rispetto per l’uomo e la donna che lavora non c’è festa; dove non c’è spazio che per il lavoro – fosse anche un lavoro iper qualificato e stra-pagato – non c’è festa. La domenica, allora, non è solo il momento del non-lavoro, ma diventa il momento della gratuità, della socialità, della coltivazione e della creazione dei beni relazionali. E anche per questa ragione va protetta dal lavoro per servire il lavoro. Nella prassi sociale del Movimento dei Focolari il lavoro è stato sempre vissuto come dono, come espressione di gratuità. In particolare l’esperienza dell’Economia di comunione, nata quindici anni fa, è a questo riguardo una testimonianza concreta su come conciliare armoniosamente lavoro e festa. Se l’economia si apre alla comunione, all’interno e all’esterno della comunità aziendale, allora i beni relazionali non si oppongono ai beni economici, ma gli uni integrano e rafforzano gli altri. top
Fragilità umana
Parlare di fragilità è parlare della verità più profonda dell’uomo: riconoscere, nell’esperienza della propria limitatezza, di non bastare a sé stessi; questo è il punto di partenza per aprirsi al dialogo, al rapporto con l’Altro, che accoglie e riempie il nostro limite, e con l’altro uomo che condivide pienamente questa condizione di limite. Tale riconoscimento della comune umanità è la chance per una esperienza di fraternità. Con questa consapevolezza, parlare della malattia, della disabilità fisica e psichica, della cronicità, della anzianità è riflettere su realtà prima di tutto eminentemente umane; realtà che anche comportando inevitabilmente dolore e sofferenza non gettano la persona nel non senso, ma la aprono alla possibilità di un’esperienza di solidarietà. La società edonista e utilitarista, nella quale ci troviamo a vivere, rifiuta come tabù le situazioni in cui l’uomo sperimenta la fragilità, la sofferenza, la morte; essa cerca di isolare chi è colpito e in taluni casi rifiuta accoglienza a chi, non ancora nato, mostra già i segni della malattia o a chi inesorabilmente si avvia, forse con grandi sofferenze, verso una morte che a volte tarda ad arrivare. Il non senso appare oscurando questa esperienza di dolore: l’uomo rimane solo. Instaurare un dialogo profondo con la cultura contemporanea è difficile perché questa mentalità dell’utile che misura e quantifica la qualità di vita sostituendola alla percezione della sua sacralità, è pervasiva e sembra essere la risposta più efficace, la soluzione meno onerosa per il singolo, per le famiglie, ma soprattutto per la società monadizzata, ammutolita di fronte al dolore e incapace di dare risposte di solidarietà e di giustizia. Accogliere la fragilità come espressione della propria e della altrui umanità si può, se ad essa si restituisce il senso; un senso che scaturisce in modo misterioso e prorompente dall’esperienza di Gesù Crocifisso e Abbandonato, che proprio nell’attimo del suo Grido è pienamente uomo, perché pienamente Dio: unico capace di spiegare l’incomprensibile. Testimoniare il Risorto in questo particolare ambito dell’esistenza umana è la sfida che vede protagonista chi riconosce Gesù presente nella propria esistenza e nella società; chi accoglie profondamente, prima di tutto la propria fragilità, senza distogliere lo sguardo da chi soffre, ma accompagnandolo nel dolore quotidiano sapendo che “qualunque cosa avete fatto al più piccolo dei miei fratelli l’avete fatto a me”; inserire colui che soffre in dinamiche vitali per farlo sentire parte della famiglia umana, protagonista all’interno di una dinamica di amore che allevia il dolore. L’esperienza del Movimento dei Focolari nell’accoglienza della malattia e della morte è costellata dalla testimonianza di tanti che, a qualunque età, hanno vissuto e vivono questi momenti fondamentali della propria vita nella confidenza totale nella provvidenza di Dio, tanto da cogliere il disegno d’Amore di Dio per la loro esistenza. Anche la professione medica e di tutti gli operatori sanitari diventa un momento di testimonianza di fraternità: tra colleghi, vincendo la tentazione dell’antagonismo arrivista, collaborando al progetto di umanizzazione della medicina in ottica olistica e personalista; e con i pazienti accolti, prima di tutto, come fratelli da amare e quindi come persone da soccorrere e curare mettendo in campo il massimo della propria professionalità e competenza. In questa ottica la società può e deve farsi carico della fragilità umana attraverso gli strumenti che le sono propri: una politica sanitaria fortemente attenta ai bisogni dei più fragili; il sostegno a realtà che nascono dalla società civile (associazioni di malati, associazioni di famiglie) che vivendo in prima persona le situazioni di disagio sanno portare le istanze di chi vive il bisogno, indirizzando le scelte politiche in modo più efficace; sostenendo una ricerca che dia serie garanzie di essere al servizio del vero bene dell’uomo; promovendo campagne di formazione e informazione che aiutino e mettano in atto vere politiche di prevenzione. La persona è in tal modo vera unità di misura dell’agire dei professionisti, dei politici, di tutti gli operatori e può cogliere, anche di fronte alla estrema dimostrazione del proprio limite e della propria fragilità, la possibilità di fare una esperienza veramente umana, da non maledire, ma da vivere fino in fondo, non nella solitudine, ma all’interno di spazi accoglienti di fraternità. top
Tradizione Per questo ambito offriamo alcune indicazioni riguardanti i mezzi di comunicazione sociale. Dalle tante e diverse esperienze nei vari mezzi di comunicazione che il Movimento dei Focolari vive da anni, sta nascendo una proposta per il rinnovamento della cultura mediale. Si tratta di una necessità ineludibile, in una società dove la globalizzazione crea una cultura che condiziona i processi educativi, i costumi sociali, lo sviluppo. Questa proposta si è incarnata in NetOne, una libera associazione di comunicatori di tutti i settori dei media, e si può riassumere in alcune “coppie di valori”. Empatia e positività – E’ essenziale vivere l’interazione comunicativa partendo dall’ascolto profondo dell’altro, dal condividere la realtà di ogni essere umano. Questi valori dimostrano che esiste un tipo di coinvolgimento disinteressato che non obbedisce a compromessi; una capacità di ascolto che permette di entrare nella notizia nella sua massima ampiezza senza piegarla a interessi di parte. Completezza e trasparenza – Perché l’offerta comunicativa sia davvero un servizio offerto a tutti, deve partire da un patto tacito di sincerità e lealtà con la società stessa; patto che esige completezza di tematiche senza restrizioni ideologiche; trasparenza di prospettive senza ricerche sensazionaliste e, in definitiva, completezza e trasparenza degli elementi necessari per il rispetto scrupoloso della realtà. Solidarietà e pluralismo – Valori che costituiscono la base per lo sviluppo corretto della società dell’Informazione. Lo sviluppo delle nuove tecnologie, invece di rappresentare un impulso alla diffusione generale dell’educazione e formazione professionale, sta divenendo in realtà un fattore di continua separazione tra i popoli. La giusta distribuzione delle risorse e il rispetto della diversità culturale, possono frenare sia il “colonialismo culturale” che la “frontiera digitale”, arrestando il processo di globalizzazione mediatica. La “mission” di NetOne si può in sintesi identificare nella risposta di un orizzonte di “cultura dell’unità” alla domanda di prospettive dell’attuale mondo dei media. Questo sta avvenendo da parte di molti comunicatori connessi al progetto. Essi cercano di iniettare senso, contenuti, etica professionale nel lavoro e nei rapporti, avviando un programma di formazione ed educazione di comunicatori e recettori. Un esempio può essere l’esperienza cinquantennale dell’Editrice Città Nuova, nata in Italia ma diffusa in tutto il mondo, un esempio significativo di identità editoriale non chiusa in se stessa, ma parte essenziale di una vocazione di servizio al dialogo sociale, culturale, politico e religioso. top
Cittadinanza E’ necessario imparare a guardare ognuna delle nostre città e comunità locali, a conoscerle, non come una semplice somma di tanti individui, non come l’intrecciarsi caotico di percorsi casuali, ma come composizione e ricomposizione di una comunità. E’ possibile allora intravedere un disegno, una vocazione che ha una storia, con radici profonde nel passato, che deve prendere vigore nel presente, ma che chiede soprattutto di poter esprimere le sue potenzialità. Ogni comunità evidenzia così la sua diversità e, più se ne approfondiscono gli elementi specifici, con questo sguardo d’amore, più si rivelerà per quello che è: un tassello necessario ed insostituibile alla composizione dell’unità della famiglia umana. Di fronte alla astrattezza e alla frammentazione di tanti progetti politici, la nostra azione politica, fondata su questo sguardo, si legittima pienamente sviluppando questo essenziale compito: operare affinché la nostra città, la nostra regione, la comunità nazionale o internazionale per cui lavoriamo, riscopra le proprie caratteristiche bellezze, gli obiettivi che insieme si possono realizzare per il bene comune, le risorse che si possono mettere a disposizione di altre comunità e popoli. Diventare cittadini a pieno titolo, capaci di guardare in faccia la realtà e allo stesso tempo di modificare il corso degli eventi, significa cominciare a progettare a partire da una scelta decisa per l’incontro con l’altro. Tutto questo valorizza e fa crescere la città in ciascuno degli attori sociali che la compongono: può nascere così un soggetto politico comunitario, protagonista, un “popolo” abituato a pensare in termini di “noi”, chiave che a volte può diventare il punto da cui sollevare situazioni senza uscita. Questa relazionalità non sarà escludente, ma aperta, se partirà dalla consapevolezza che ogni uomo è mio fratello e i rapporti in qualsiasi nostra comunità sono espressione della fraternità universale, che rende ogni relazione aperta e contagiosa, e più rafforza i legami e più si apre. Chi è cristiano, la fonda sulla esperienza della paternità di Dio e quindi della fraternità tra tutti gli uomini; chi non ha riferimenti religiosi, la trova inscritta nella dignità propria di ogni uomo. Alla luce della fraternità universale, si delineano processi politici che hanno caratteristiche specifiche. La fraternità universale produce una forte scelta contro ogni tipo di elité escludente, che riconosce che ogni cittadino è titolare del medesimo status democratico. La fraternità chiede di spostare l’enfasi dal rappresentante al processo relazionale tra il cittadino e il suo rappresentante, processo che fonda l’autorità di colui che riceve il mandato politico. Legata alla caratteristica di cui sopra, c’è un’altra dimensione costitutiva, quella della politica intesa come vocazione per tutti. Cittadini, studenti e studiosi, politici di ogni livello, funzionari e diplomatici sono ugualmente soggetti politici , ognuno con la sua specificità e responsabilità, ma necessari tutti, e che in relazione l’uno con l’altro, costruiscono scelte politiche realmente democratiche. Pur ai primi passi, la categoria della fraternità ha già aperto varie sperimentazioni. In questi anni, ad esempio, si è sviluppato il “Patto politico-partecipativo”, un’esperienza – flessibile nella metodologia – che rilegge alla luce della fraternità il rapporto politico fondamentale, quello tra i cittadini detentori della sovranità, e i loro rappresentanti. Questo rapporto è diventato un vero e proprio patto, vissuto per tutta la durata del mandato tra l’eletto e i cittadini del suo territorio, che collaborano a definire le priorità dell’agenda politica uscendo dai confini ristretti del proprio bisogno individuale. Con varie conseguenze. Nel costante dialogo tra eletti ed elettori che il Patto rende possibile, si arricchiscono i contenuti del dibattito politico e le proposte di regolazione che ne derivano, contenuti e proposte che in genere risultano “schermati”, allontanati cioè dal contributo dei soggetti più deboli da un punto di vista economico o culturale. Al Patto partecipano infatti cittadini di diversa competenza professionale, culturale e di differente stato sociale. Viceversa, ciò che accade abitualmente, il fatto di privilegiare il confronto tra specialisti o professionisti della politica che condividono un determinato status economico e sociale, non fa che rendere sempre più difficile la partecipazione a quanti ne sono esclusi, ostacolando o rallentando le politiche a loro più vicine. In questo modo, dato che chi ha titolo per partecipare al dialogo è il cittadino in quanto tale, a prescindere dal voto espresso e da altri specifici legami di appartenenza, il Patto apre nuovi spazi alla rappresentatività dei mondi sociali all’interno delle istituzioni, favorendo il contributo del maggior numero di soggetti sociali che hanno diritto di esprimersi sia riguardo a problematiche di tipo settoriale che generale. Ridare soggettività politica a tutti i membri della comunità ci sembra un elemento strutturale indispensabile per rimettere in moto le dinamiche bloccate delle nostre stanche democrazie. (altro…)
Ott 1, 2006 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Viviamo a Gela, sulla costa meridionale della Sicilia, originariamente una delle più importanti e belle città della Magna Grecia, ma intorno agli anni ’70, vittima di una crescita urbanistica disordinata e a dismisura come conseguenza dell’insediamento di un grosso impianto industriale per la raffinazione del petrolio e della produzione chimica. Qualche anno fa cercavamo una casa più grande per la nostra famiglia, cresciuta con l’arrivo dei tre figli, e abbiamo scelto di risiedere in uno dei quartieri di nuova formazione. Era chiamato “Fondo lozza” e mancava di tutto: la strada non era asfaltata e con la pioggia spesso si riempiva di fango; non c’era illuminazione pubblica; non esistevano la rete idrica, quella fognaria e alcun sistema di depurazione, con notevoli problemi igienici e sanitari; di servizi sociali e di trasporto pubblico neanche a parlarne. Pian piano abbiamo dato vita a un comitato spontaneo che ha coinvolto i circa tre mila abitanti del quartiere. Si è instaurato un rapporto nuovo con le istituzioni locali: tra le prime iniziative abbiamo inviato più di quattromila cartoline al sindaco con la richiesta di realizzare le primarie opere di urbanizzazione. Da lì è nato un colloquio che si è sostituito alla contrapposizione, fatta spesso di blocchi ferroviari violenti e di insulti, ma fondata sui diritti riconosciuti dalla costituzione e dalle leggi. Abbiamo instaurato innumerevoli rapporti con le famiglie, le assemblee e le riunioni di quartiere. La cosa non è passata inosservata: l’amministrazione regionale ha stanziato 5 miliardi di vecchie lire per il risanamento del quartiere. Successivamente l’amministrazione comunale ha approvato il piano di recupero urbanistico del quartiere e si sono potuti realizzare l’illuminazione pubblica, la rete idrica, l’impianto di depurazione e la pavimentazione delle strade. Il nostro comitato verificava quasi ogni giorno l’attività delle istituzioni locali: dalle deliberazioni iniziali, all’affidamento degli appalti delle opere, alla loro esecuzione. Infatti la costruzione della rete idrica e fognaria è stata ultimata grazie alla tenacia e alla tempestività con cui cittadini e amministratori hanno affrontato il problema della sostituzione dell’impresa costruttrice che nel frattempo aveva abbandonato i lavori per motivi di natura aziendale. Il sindaco di Gela, parlando agli abitanti del quartiere e riferendosi all’esperienza vissuta con loro, così si esprimeva: “Convivono due realtà che lavorano insieme per far crescere la funzione sociale nel quartiere; in questo modo si è potuto giungere a un risultato comune, che da un lato vi ha portato benefici, dall’altro ha dato la consapevolezza a chi amministra di avere fatto un po’ del proprio dovere per rendere più a misura d’uomo questa città.” E’ avvenuta una svolta nel quartiere: a livello culturale, sociale e metodologico. La società deve poter andare alla ricerca di ciò che unisce pensando che il problema “tuo” è in realtà di tutti. E adesso la nostra zona si chiama “Quartiere nuovo” anche per il rapporto realizzato tra due realtà spesso contrapposte tra di loro: i cittadini e l’amministrazione pubblica. (R. e C. G. – Sicilia) (altro…)
Ott 1, 2006 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Un ingegnere ungherese che ha ricevuto dal Ministero dell’Ambiente un riconoscimento per aver contribuito, con il suo lavoro, alla realizzazione della fraternità nella famiglia europea Lavoro al Ministero dell’ambiente ungherese ed una parte della mia attività ha riguardato la partecipazione alle trattative relative all’adesione del nostro Paese all’Unione Europea, in particolare per quanto si riferiva al problema dell’inquinamento acustico. Nella prima fase del processo di adesione dei nuovi 10 Paesi, si dovevano confrontare i propri standard di rilevamento acustico con quelli dell’Unione Europea, esponendo la situazione del proprio Paese. Fino al 2002 infatti non esisteva una legislazione comune, in ambito europeo, sull’inquinamento acustico. I vari Stati dell’Unione Europea, quindi, stabilivano con procedimenti diversi il grado di inquinamento e i modi per proteggersene. Alle volte però era possibile che venissero forniti dati non sempre corrispondenti alla realtà. Nel corso dei lavori ho notato che era ormai abitudine basare i rapporti sulla reciproca diffidenza. Continuavo a ripetermi: ”Se si vuole costruire l’Europa unita, non ci si deve fondare sulla sfiducia, ma sulla sincera accoglienza e sul reciproco scambio, perché l’Unione Europea – lo dice il nome stesso – vuole essere una comunità e non un consorzio di interessi.” Era l’idea originaria dei Padri fondatori, com’è indicato nello Statuto. Poi questi valori si sono persi nell’attuazione pratica o magari spesso non venivano affatto messi in atto. Mi sono chiesto: ”Ma io, adesso, cosa posso fare?” Prima di tutto ho manifestato queste perplessità ai colleghi ungheresi: “Io non aspiro certo a una famiglia europea che lavora in modo scorretto e mette in difficoltà i nuovi membri. E neanche intendo, come nuovo Paese dell’Unione Europea, imbrogliare gli altri Paesi sulla nostra situazione, magari nel modo più elegante possibile….” Nella fase successiva, durante le trattative tecniche con gli esperti dell’Unione Europea, ho cercato di evidenziare con sincerità anche i problemi che ancora persistevano. Come capo della delegazione ungherese, ho scelto di confrontarmi continuamente con i miei colleghi nel corso della riunione, per poter rispondere insieme alle domande. Questo nuovo stile è stato apprezzato da tutti e i colleghi dell’Unione Europea, già durante la pausa che seguiva alla nostra relazione, ci hanno proposto di tenere le riunioni successive in Ungheria. Ci siamo preparati ad accoglierli e a farli sentire parte di un’unica famiglia europea: il programma infatti, oltre alle informazioni tecniche, prevedeva visite di Budapest nei luoghi che meglio esprimono la nostra cultura. Anche grazie a questa ospitalità, le trattative si sono svolte nella comprensione reciproca durante le fasi successive. In particolare, abbiamo collaborato a una nuova regolamentazione dell’Unione Europea per l’inquinamento acustico ed è nata una soluzione che rispecchiava veramente il pensiero e le aspirazioni di tutti. Ho cercato di partecipare attivamente al processo legislativo, sfruttando tutte le occasioni e avendo sempre presente l’idea della fraternità. Il risultato finale ha messo in evidenza che gli Stati membri pongono al primo posto la reciproca responsabilità gli uni verso gli altri. La nuova regolamentazione infatti – tenendo conto delle caratteristiche di ogni Paese e lasciando piena libertà a ciascuno Stato – prescrive una forma unitaria per la misurazione, la raccolta dei dati e la presentazione dei risultati. In questo modo in Europa è possibile portare a termine verifiche e valutazioni a tutto campo sullo stato dell’inquinamento acustico. Sulla base della valutazione dei dati raccolti a livello europeo ci sono le premesse perché l’intera comunità cerchi insieme le soluzioni per territori sempre più inquinati. E’ un nuovo importante passo per costruire una vera comunità solidale. (M. B. – Ungheria) (altro…)
Set 30, 2006 | Parola di Vita
Lungo tutto il Vangelo Gesù invita a dare: dare ai poveri, a chi domanda, a chi desidera un prestito ; dare da mangiare a chi ha fame , il mantello a chi chiede la tunica ; dare gratuitamente …
Lui stesso ha dato per primo: la salute agli ammalati, il perdono ai peccatori, la vita a tutti noi.
All’istinto egoista di accaparrare oppone la generosità; all’accentramento sui propri bisogni, l’attenzione all’altro; alla cultura del possesso quella del dare.
Non conta se possiamo dare molto o poco. L’importante è il “come” doniamo, quanto amore mettiamo anche in un piccolo gesto di attenzione verso l’altro. A volte basta offrirgli un bicchiere d’acqua, un bicchiere d’acqua “fresca” , come precisa il Vangelo di Matteo, un’offerta particolarmente gradita e necessaria in un paese caldo e riarso come la Palestina.
«Chiunque vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome (…), vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa»
Un bicchiere d’acqua, appunto, gesto semplice e grande agli occhi di Dio se compiuto nel Suo nome, ossia per amore.
E l’amore ha tutte le sfumature e sa trovare i modi più adatti per esprimersi.
È attento l’amore, perché dimentico di sé.
È premuroso l’amore, perché, scorta nell’altro una necessità, si fa in quattro per venirgli incontro.
È essenziale l’amore, perché sa accostare il prossimo anche solo con un atteggiamento di ascolto, di servizio, di disponibilità.
Quante volte, quando ci troviamo vicino a una persona, specie se sofferente, crediamo di renderle un gran servizio magari con i nostri consigli non sempre opportuni o con qualche chiacchiera di troppo…, che la può annoiare e appesantire.
Quanto importante invece è cercare di “essere” l’amore accanto a ciascuno! Troveremo la via diritta per entrare nel suo cuore e sollevarlo.
«Chiunque vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome (…), vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa»
La Parola di vita di questo mese potrà aiutarci a riscoprire il valore di ogni nostra azione: dai lavori di casa o dei campi e dell’officina, al disbrigo delle pratiche d’ufficio, ai compiti di scuola, come alle responsabilità in campo civile, politico e religioso. Tutto può trasformarsi in servizio attento e premuroso.
L’amore ci darà occhi nuovi per intuire ciò di cui gli altri hanno bisogno e per venire loro incontro con creatività e generosità.
Il frutto? I doni circoleranno, perché l’amore chiama amore. La gioia si moltiplicherà perché “c’è più gioia nel dare che nel ricevere”.
«Chiunque vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome (…), vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa»
Ricordo che, durante la seconda guerra mondiale, nella nostra città di Trento, in alcune località vivevano famiglie molto povere. Siamo andate a dividere con loro quanto avevamo di nostro; volevamo alzare il loro livello di vita in modo tale da arrivare tutti ad una certa uguaglianza.
Un ragionamento semplice che però ha dato frutti impensati: viveri, vestiario, medicinali hanno incominciato a circolare con insolita abbondanza… Nacque in noi la convinzione che nel Vangelo vissuto vi è la risposta ad ogni problema individuale e sociale.
Non era una utopia. Oggi centinaia di aziende sono coinvolte nel progetto di “economia di comunione”: improntare tutta la vita aziendale alla cultura del dare, e mettere in comune gli utili per scopi sociali, tra cui aiutare le persone in difficoltà, creando nuovi posti di lavoro e sovvenendo ai bisogni di prima necessità.
Ma le persone bisognose sono tante e i profitti di queste aziende non possono rispondere ad ogni necessità. Ecco allora che tanti di noi, dal 1994, versiamo una piccola somma ogni mese per i poveri.
Ne aiutiamo attualmente 7.000 in 55 Paesi.
Innumerevoli le testimonianze dei “bicchieri d’acqua” ricevuti e donati in una gara di generosità. Una tra tante, dalle Filippine: “Il nostro negozietto di carne a causa di una epidemia tra gli animali è fallito. Abbiamo dovuto fare debiti e non sapevamo più come andare avanti. Attraverso il vostro aiuto regolare siamo riusciti ad avere da mangiare ogni giorno. Presto ho capito che anch’io dovevo aiutare chi aveva più bisogno di me. Una vicina di casa aveva una malattia, soffriva tanto e aveva bisogno di aiuto anche materiale. L’ho aiutata fino a che lei è partita per il cielo, ed ho preso a sostenere economicamente il suo quinto figlio, perché il padre non poteva, essendo molto più povero di noi”.
Chiara Lubich
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Set 28, 2006 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale
Ero uno dei quattro direttori di vertice del porto di Genova, nel nord Italia, uno tra i più importanti del Mediterraneo. Ho dovuto lasciare il mio lavoro per ridimensionamento dell’incarico. Dopo lo smarrimento iniziale, con alcune persone, con le quali condivido la spiritualità dell’unità, abbiamo pensato di metterci al servizio dei cittadini della nostra città per costruire una società per l’uomo. Nella mia città era in funzione un’industria che produceva gas di scarico molto inquinanti, gli effetti di questo grave inquinamento nel quartiere erano evidenti. Negli ultimi dieci anni erano morte 700 persone per tumore al polmone, dovevamo dunque lavorare al progetto che portasse alla chiusura degli impianti senza far perdere lavoro a quelle 600 persone occupate nell’industria. In Olanda mi era rimasto impresso come venivano assemblate le bambole di porcellana cinese. Il corpo di porcellana proveniente dalla Cina era rivestito dell’abito che veniva dall’India e poi venivano montati gli occhi prodotti in Italia. Alla fine, il prodotto veniva confezionato in scatole e spedito al negozio. Anche l’area del porto di Genova, mi sembrava si prestasse alla realizzazione di una piattaforma portuale nella quale trasformare le merci più varie in prodotti finiti e confezionati. L’idea ha subito interessato le istituzioni della città. Si è così passati alla sua realizzazione. Il progetto avrebbe garantito 4.000 nuovi posti di lavoro, ben oltre i 600 dell’industria da chiudere e 12.000 posti di lavoro indiretti. Immediati i consensi. Lo stesso proprietario dell’industria riconosceva la validità del progetto per le prospettive di sviluppo. Tuttavia le difficoltà non sono mancate, ma i miei colleghi non cristiani mi dicevano: “Il progetto può anche morire, ma risorgerà ancora più bello”. Ed è stato così. A dicembre 2005 il proprietario dell’industria ha firmato un accordo per la chiusura degli impianti e la riconversione dell’area secondo il nostro progetto, nel quale sono ora occupati i 600 lavoratori in esubero. L’Unione Europea ha recentemente inserito il corridoio Genova – Rotterdam fra quelli di interesse europeo. La Banca Europea degli Investimenti ha dichiarato l’immediata finanziabilità. Il governo italiano ci ha proposto di prendere parte in futuro ai progetti di cooperazione tra sistemi portuali trasnazionali a beneficio dell’intera Unione Europea nell’ottica dell’alleanza tra i porti. E non è finita qui! Il porto di Rotterdam era per Genova un concorrente da combattere, mentre oggi è stato sviluppato un progetto di alleanza tra i due porti per una nuova rotta mondiale di collegamento fra l’Estremo Oriente e gli Stati Uniti. Questa idea è stata presentata alla Conferenza Mondiale dei Porti di Seoul ed è stata definita un’opportunità concreta per il miglioramento delle economie marittime mondiali. (R. Z. – Italia) (altro…)
Set 28, 2006 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale
Sono nata a Santa Maria, in una regione ai piedi delle Ande, ricca di cultura aborigena ma molto povera. Sono una discendente degli aborigeni “calchaquies”, sposata e madre di 7 figli. Per 12 anni mi sono formata alla Scuola Aurora. Lì, oltre a leggere, a scrivere e alla tessitura, ho imparato a vivere la spiritualità dell’unità. Nel 2003, di fronte alla disoccupazione dilagante, ho avviato una filanda per rifornire il laboratorio di tessitura della scuola. Non è stato facile convincere le donne della mia terra, da sempre discriminate, a riprendere il lavoro di filatura, dato che per arrivare alla filanda occorreva attraversare fiumi e fare ogni giorno molti chilometri. Non avevamo mezzi. A poco a poco ognuna ha messo a disposizione ciò che aveva: un fuso, dei chili di lana o la propria abilità in questa arte tradizionale. Rimaneva il problema dei costosi macchinari. Un giorno sono costretta a chiedere un passaggio e confido al conducente la mia preoccupazione. Egli mi dice che lui sapeva fare macchine per filare. “Ce le puoi fare?” gli domando. E lui: “Sì, mi pagherai quando potrai”. Non mancano altri ostacoli: perdiamo il locale in cui lavoriamo e la più esperta si licenzia. “Con tutto quel che ci succede non sarà che ci dobbiamo arrendere?” si domanda una ragazza, che esprime il dubbio di noi tutte. Durante il trasloco troviamo una immagine della Madonna. Mi sembra molto significativo e propongo alle altre di fare un patto: lavorare ogni giorno nell’amore le une verso le altre. Poco dopo riceviamo una donazione con la quale possiamo acquistare un immobile e delle attrezzature. Così è nato l’atelier “Tinku Kamayu” che significa “ Riunite per lavorare”. All’inizio eravamo 8 e oggi, dopo due anni, l’organico dell’azienda è salito a 18 artigiane con una produzione crescente. Oggi sento di essere parte di un grande progetto che mi coinvolge con tante altre persone calchaquies. Abbiamo ritrovato la nostra identità e, con quella, la speranza, la crescita culturale, la possibilità di lavoro per noi e per altri, e tutta la ricchezza delle origini del nostro popolo. Ora ci sentiamo persone utili non più umiliate, ma valorizzate e capaci di esprimere il proprio pensiero. (altro…)
Set 28, 2006 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Mary: «Gerry e io ci siamo sposati nel 1992 e siamo andati a vivere nell’Irlanda del Nord, un paese profondamente diviso per motivazioni religiose e politiche. Per anni i conflitti sono stati violenti, con molti morti e tante ferite ancora aperte. Sono un medico e prima del matrimonio avevo vissuto due anni a Fontem, la cittadella internazionale del Movimento in Camerun. Lì la spiritualità dell’unità con persone di diverse fedi, tribù e razze è diventata una realtà e questa esperienza mi è stata di grande aiuto in Irlanda del Nord. Nel quartiere dove abitavamo, infatti, era netto il confine tra la comunità cattolica e quella protestante: una strada divideva il piccolo paese di 160 case in due parti». Gerry: «Da anni non c’era alcun contatto tra cattolici e protestanti: pub separati (uno cattolico e uno protestante), scuole distinte e poi le chiese, le sale per il Vangelo e i centri sportivi erano rigorosamente divisi tra le due parti. Il problema politico irlandese era così radicato nella mente e nei cuori delle persone, che le rendeva incapaci di andare avanti, rassegnati al fatto che niente potesse cambiare. Molte iniziative politiche erano state tentate, ma erano fallite. Due anni dopo il nostro arrivo, siamo stati invitati a un incontro della comunità locale del Movimento dei Focolari, aperto sia ai cattolici sia ai protestanti, per proporre attività per i giovani del paese. L’incontro avveniva mentre le opposte fazioni politiche nord-irlandesi si apprestavano a cessare il fuoco. C’era grande speranza e, in certo modo, anche il nostro incontro poteva dirsi storico. I partecipanti erano tutte persone del posto, che però non si conoscevano. C’erano due sole persone che venivano da fuori: un inglese, protestante, che lavorava nella zona e Mary, cattolica, della Repubblica irlandese. Quella sera nacque un’associazione: l’inglese fu eletto presidente e Mary segretaria. Ancora oggi, dopo 12 anni, Mary ricopre questo incarico. Negli anni abbiamo realizzato tante iniziative per i bambini, per la comunità e per gli anziani. Con uno sforzo immenso si è costruita una comunità unita, ma a volte ciò è stato difficilissimo». Mary: «La forza che ci veniva dal vivere il Vangelo ci ha aiutato a superare le difficoltà e a costruire giorno per giorno la pace. Siamo stati anche sostenuti da enti governativi che hanno finanziato molti progetti. Un giorno due politici di partiti opposti mi hanno proposto l’idea di costruire un centro comune che potesse essere usato sia dai protestanti, sia dai cattolici. C’era un edificio abbandonato, in una meravigliosa posizione, che poteva essere ristrutturato. Abbiamo lavorato quattro anni per realizzare questo progetto. Poco prima del completamento, però, c’è stato un attentato alla scuola elementare cattolica, dove andavano i nostri quattro figli. Il clima è tornato a irrigidirsi e la situazione era così delicata che il nostro ufficio di comunità fu incendiato. Due importanti edifici della nostra piccola comunità sono andati distrutti. Abbiamo avuto paura, non lo nego, ma il Vangelo ci ha dato la libertà di ricominciare a lottare, rinnovando l’impegno di dare la vita, per arrivare alla pace e alla fratellanza. Il lavoro del nuovo centro è ripreso, ma proprio quando eravamo pronti a fissare una data per la sua apertura, è sopraggiunto un altro problema. I lampioni per l’illuminazione stradale erano stati addobbati con bandiere di un gruppo politico. Nessuno voleva togliere le bandiere, temendo reazioni. Gerry ha incontrato uno dei capi di quel gruppo, con cui avevamo già costruito un rapporto. Quella persona era sconvolta perché, proprio pochi giorni prima, aveva ricevuto una minaccia di morte. Ho sentito che dovevo accantonare le mie richieste per ascoltarlo e lasciargli esprimere la sua preoccupazione per questa situazione inaspettata. Poi mi ha chiesto perché ero andato lì. Alla mia richiesta, lui mi ha assicurato che avrebbe fatto il possibile per risolvere il problema. Dopo alcuni giorni, infatti, il nuovo centro è stato aperto e la minaccia non è stata attuata. In questa occasione abbiamo sentito di non essere soli: Qualcuno lassù, Dio Padre, ci seguiva col Suo amore». (M. e G. B. – Irlanda) (altro…)
Set 28, 2006 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Dieci anni fa alcuni membri del Movimento dei Focolari di Città del Messico sono venuti a trovare la nostra comunità indigena del monte Huasteca di Santa Cruz, formata da circa 3000 persone. Sono 32 le comunità indigene di quella zona, immersa tra colline verdi e boschi, ma senza vie di accesso per le auto. Le uniche strade che portano alle comunità si raggiungono a piedi. A causa di questo isolamento, spesso ci siamo trovati di fronte a numerose difficoltà, soprattutto di carattere sanitario, ecco perché sono nate le “brigate sanitarie”, formate da medici, infermieri e membri del Movimento dei Focolari che partono da Città del Messico e arrivano, fin dove la strada lo permette, in pullman o in camion. Da lì proseguono a piedi o a cavallo per portare medicine, cibo e vestiti. In questi anni a Santa Cruz è sorta una bella comunità dei Focolari, con profondi rapporti di fraternità tra noi indigeni, bianchi e meticci. Anche Marcelino fa parte della comunità indigena ed è, come me, un volontario. La spiritualità dell’unità ha cambiato la nostra vita radicalmente, rinnovandoci come uomini. L’amore di Dio, arrivato come un vento fresco, ci ha spinti a concepire la vita come dono per gli altri. Marcelino, per un anno è stato eletto responsabile della comunità di Santa Cruz. Era sorpreso e indeciso: sua moglie non voleva che accettasse, perché il responsabile della comunità non riceve alcuno stipendio per tale servizio, il che significava una grande perdita economica per la loro famiglia. Sentiva, però, che Dio gli chiedeva una nuova scelta di Lui, più radicale, e come volontario non poteva tirarsi indietro. Ne ha parlato con sua moglie e insieme hanno deciso che avrebbe accettato l’incarico e che avrebbero lavorato il doppio per mantenere la loro famiglia. Per questo incarico si sarebbe occupato dello sviluppo economico, religioso, culturale, di questioni legali e dei rapporti della nostra comunità con una cittadina vicina. Ha cercato la collaborazione tra tutti e ha scelto me come consigliere di fiducia, per portare avanti queste attività con Gesù in mezzo a noi. La nostra avventura insieme è iniziata proponendo al sindaco della cittadina di visitare la comunità. E’ rimasto talmente colpito dall’accoglienza cordiale, che ci ha assicurato la pavimentazione in cemento di alcune strade e di 152 piccole case. Immaginate la nostra gioia, dal momento che le strade sono di terra e diventano inaccessibili quando piove. Dopo alcuni mesi, però, le opere non erano ancora avviate. Ci sentivamo delusi, traditi, ma siamo andati avanti. Abbiamo deciso di incontrare il sindaco per avere chiarimenti, ma sembrava che avesse sempre impegni e non ci riceveva. Eravamo decisi a non mollare, perché sostenuti da Qualcuno lassù, certi che ci avrebbe accompagnato in ogni passo. Ci siamo messi davanti alla sede del municipio, senza fare confusione, ma non ci siamo mossi dal portone finché non gli abbiamo parlato. Finalmente, per la nostra insistenza, il sindaco ha dato il via ai lavori. Sì, molti. Il primo frutto è stato constatare quanto fosse maturata la nostra comunità. Questo è stato riconosciuto in occasione di un fatto che ha scosso tanto l’opinione pubblica: l’assassinio di un politico della nostra Regione in seguito a forti tensioni tra opposizione e maggioranza. Successivamente, in una riunione con i rappresentati politici locali e delle altre comunità indigene, la nostra comunità è stata portata come esempio di convivenza civile e democratica, per come aveva operato in quei difficili momenti. (A. L. – Messico) (altro…)
Set 28, 2006 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale
Sono stata Procuratore generale, specializzata in antinarcotici, in Colombia, per circa 11 anni. Ho dovuto seguire numerosi casi contro il crimine organizzato, per il 98% con risultati positivi. Sempre sono stata consapevole che ogni reato riguardava la vita di un uomo e di una famiglia, che esigono rispetto, amore, considerazione, malgrado la gravità, penalmente rilevante, degli atti commessi. Mi sentivo felice in un compito che mi dava la possibilità di fare una esperienza continua di Dio. Nello stesso tempo ero realizzata personalmente e professionalmente, oltre ad avere una sicurezza economica. Contavo poi su un’eccellente squadra di lavoro, esperti investigatori con grandi valori umani e professionali. La corruzione, però, cercava d’infiltrarsi più che mai in tutte le istituzioni pubbliche, soprattutto tra gli operatori della giustizia. Il mio agire radicale e retto coinvolgeva tutto il gruppo di lavoro, per questo le investigazioni avvenivano nel pieno rispetto della legge. Un giorno abbiamo “toccato” qualcuno che si considerava intoccabile. L’offerta non si è fatta attendere: vari milioni, che potevano assicurare tanta serenità a livello economico. Non potevo, né volevo cedere né potevo far finta di niente. Da quel momento le cose sono cambiate per me, sul lavoro, in famiglia e nella vita quotidiana. Di fronte al rifiuto sono arrivate minacce, pressioni da parte dei superiori e infine il licenziamento, insieme a uno dei miei migliori investigatori che, come me, non aveva ceduto alla corruzione. Nel cuore ho provato tanta amarezza, sfiducia e delusione. Vivevo da sola con i miei figli perché, mio marito anni prima mi aveva abbandonato. Guardando i miei due figli, indifesi, ho pensato che tutto è permesso da Dio per la nostra santificazione. Sentivo che stavo pagando il prezzo per rimanere nella retta strada. D’accordo con i figli ci siamo proposti di ridurre tutte le spese. Eravamo sereni perché sicuri dell’immenso amore di Dio. Ho chiesto a Dio la forza necessaria per perdonare quelli che mi costringevano a cambiare il tenore di vita che avevo condotto fino a quel momento. Sforzandomi di vivere “un’amnistia completa nel cuore”, ho trovato la vera libertà e la forza di ricominciare. Con il denaro che mi restava dalla liquidazione e qualche risparmio ho acquistato un pulmino scolastico. La mia giornata, come autista, iniziava alle 4.45 per trasportare i bambini delle scuole. Mi costava attraversare i luoghi dove sapevo di poter incontrare i miei precedenti colleghi o i superiori. Rapidamente era circolata la notizia che “il Procuratore, chiamato ‘la dama di ferro’, faceva l’autista”. Alcune risate e commenti spiacevoli sono arrivati anche alle mie orecchie. Dopo circa un anno un professionista, che conoscevo, mi ha chiesto di collaborare per la preparazione di un lavoro per l’Ufficio dell’ONU contro la droga. Ciò mi ha permesso di rientrare nuovamente nel campo della mia specializzazione seppure con un compenso minimo, collaborando con operatori di tutta l’America Latina e dei Caraibi. L’Organismo internazionale ha apprezzato la mia professionalità e serietà e mi ha assunto con uno stipendio mensile dignitoso. Sto ora dando lavoro anche ai miei colleghi della Procura. All’inizio avevo timore di affrontarli, conoscendo il loro modo scorretto di agire e gli apprezzamenti su di me. Ho supplicato la Madonna di colmarmi dell’umiltà necessaria per dimenticare il passato e non giudicare. Non è stato facile ma sento molto forte l’amore di Dio per me e per la mia famiglia. (D. L. – Colombia) (altro…)