Movimento dei Focolari

La porta accanto

Vivere nello stesso palazzo ed essere estranei. È quello che succede nella maggior parte dei casi. Basterebbe un pizzico di coraggio e un semplice gesto per incontrarsi davvero, un po’ come ha fatto la famiglia Scariolo. “L’incontro con l’altro è un arricchimento reciproco, al di là delle culture, delle religioni e delle ideologie. Ogni volta facciamo la scoperta che l’altro è stato creato come dono d’amore per me ed io per lui”. Con queste parole Adriana e Francesco Scariolo, focolarini svizzeri, sposati da 42 anni, raccontano un’esperienza che, qualche mese fa, li ha particolarmente arricchiti. “Viviamo nel Canton Ticino, nella Svizzera italiana, e da un anno e mezzo abitiamo in un palazzo con 13 appartamenti. Nei giorni prima di Natale 2021, abbiamo pensato di fare un giro di auguri, porta a porta . La sorpresa e la gratitudine di tutti i vicini è stata grande: ‘Io sono stato il primo inquilino di questo stabile e non è mai successo che qualcuno a Natale ci venisse a fare gli auguri’ ha detto uno di loro. ‘Noi siamo musulmani, ma vogliamo augurare anche a voi Buon Natale’ ha aggiunto un altro. Abbiamo anche distribuito a tutti un invito per un momento di festa di fine Anno e di auguri per un Buon 2022 a casa nostra. Così il 29 dicembre abbiamo tenuto un aperi-cena con tre famiglie, una musulmana e due cristiane delle quali una evangelica ed una cattolica, rispettando le norme di sicurezza e rigorosamente in mascherina. È stato un bel momento in cui ciascuno si è fatto conoscere con spontaneità. ‘É bello sapere che ci sono dei vicini con cui darsi una mano, salutarsi- ha affermato il marito della signora musulmana- ci fa sentire meno soli’”. È una cosa che avevate già fatto in passato? “Sì, non è la prima volta che cerchiamo di creare rapporti con gli altri condomini. Tutto è partito tanti anni fa sentendo parlare della “festa dei vicini”, un’ iniziativa proposta per dare alle persone la possibilità di incontrarsi. Ci siamo accorti che ci voleva anche un po’ di coraggio e di fantasia per fare la nostra parte e così abbiamo provato. All’inizio, approfittando del nuovo anno, mettendo nelle cassette della posta un biglietto di auguri, poi, secondo la reazione delle persone, facendo più amicizia, provando ad organizzare prima dell’estate un pranzo in giardino tutti insieme. In seguito abbiamo lasciato quel caseggiato per un periodo di volontariato all’estero durato 7 anni, ma al rientro, da quando siamo in questo nuovo palazzo, abbiamo voluto mantenere la tradizione”. Cosa vi ha sorpreso delle loro reazioni? “Vedere i loro volti sorridenti. Non se lo aspettavano, soprattutto in un periodo delicato come questo a causa della pandemia. Inoltre ci è sembrato un dono poter terminare gli ultimi giorni del 2021 con un momento di socialità dopo tanto isolamento, un segno che dà speranza e non frena la voglia di amare gli altri e costruire rapporti fraterni. Il 2 gennaio 2022 aspettavamo altre famiglie che si erano prenotate e che, per il distanziamento, non potevamo ospitare insieme alle altre. Alcune sono state colpite dal covid e quindi non sono potute venire, ma la cena con loro è solo rinviata a tempi migliori”. Cosa vuol dire per voi andare incontro al fratello? “Vuol dire andare incontro all’umanità di oggi attraverso semplici e quotidiani gesti d’amore. Per esempio, aiutare la vicina di casa che ogni tanto ha problemi con la TV, ascoltare la coppia che ha appena avuto un figlio, sciogliere i muri di indifferenza, di anonimato di cui sono fatti i rapporti e che la pandemia  ha ingigantito. La frase di Gesù “tutto quello che avrete fatto ad uno dei miei fratelli più piccoli l’avrete fatto a me” ci interpella. Allora ogni prossimo è veramente la persona che Lui ci mette accanto per essere accolto ed amato. E chi è più prossimo dei vicini di casa?”

Maria Grazia Berretta

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Hombre Mundo: artigiani di pace e unità

Hombre Mundo: artigiani di pace e unità

Dal 25 al 27 febbraio 2022 oltre 3000 ragazzi hanno testimoniato la fraternità universale attraverso azioni locali e globali, sviluppando una cittadinanza attiva. L’impegno per le grandi sfide del pianeta, dalla pace all’ambientale, alla lotta a fame e povertà. Voglia di stare insieme, ritrovarsi per costruire la pace, vivere la fratellanza universale, fare azioni per l’ambiente e le fasce più deboli. Tre giorni, dal 25 al 27 febbraio scorsi nei quali i Gen3, gli adolescenti del Movimento dei Focolari hanno vissuto il cantiere planetario Hombre Mundo. Oltre 3000 ragazzi da più di 600 punti sparsi nel mondo hanno vissuto azioni concrete e si sono collegati in videoconferenza online per testimoniare il mondo unito. Inoltre attraverso i social di teens4unity hanno potuto condividere video e foto delle proprie esperienze. Tantissimi i messaggi di pace e solidarietà. Fra tutti, quello dei Gen3 siberiani, dalla città di Krasnojarsk in Russia durante il loro Hombre Mundo hanno inviato un messaggio: “noi viviamo per la Pace”. Un messaggio carico di speranza soprattutto in questi giorni di conflitto fra la Russia e l’Ucraina. Il programma del cantiere planetario è stato diviso in tre tappe. 25 febbraio: il nostro stile di vita è l’arte d’amare: come l’abbiamo vissuta e la possiamo vivere durante la pandemia? Come continuare ad amare nel mondo virtuale dei social media? “Abbiamo capito – racconta Samira dal Congo – che dobbiamo accettarci reciprocamente nonostante le nostre differenze che sono di enorme ricchezza. È un modo per promuovere i valori e allo stesso tempo bandire gli anti-valori”. Ed Élise dalla Francia: “durante un incontro siamo stati molto toccati da alcune cifre riguardanti la mortalità infantile nel mondo, soprattutto a causa della mancanza di acqua potabile. Così abbiamo organizzato un concerto per raccogliere fondi per la perforazione di un pozzo in Cambogia che avrebbe fornito acqua pulita a una dozzina di famiglie per tutta la vita”. Il 26 febbraio i ragazzi hanno approfondito il loro impegno nell’ecologia integrale e per l’Obiettivo “Fame Zero”. Migliorare efficacemente la salvaguardia del pianeta e ridurre drasticamente la fame e la povertà, fino a farle sparire. Fra le varie esperienze raccontate, quella dei Gen3 dell’Austria per un progetto di riforestazione. “I soldi investiti per realizzare il progetto degli alberi li abbiamo raccolti durante il torneo Fair play che si e svolto a Vienna – raccontano -. Il tema era ‘Fair play contro il cambiamento climatico’. Quel giorno hanno partecipato circa 120 giocatori e 100 collaboratori. Con i soldi raccolti siamo riusciti ad acquistare circa 1500 alberi”. Il 27 febbraio è stato dedicato alla bellezza dell’incontro tra i popoli e il comune impegno per costruire un mondo di pace e unità. Un collegamento mondiale in videoconferenza live ha permesso ad oltre 3mila ragazzi collegati in 600 punti, di ritrovarsi e pregare per la pace. Poi il racconto di tante esperienze di pace e unità nonostante le numerose difficoltà. Come quella di una ragazza in Myanmar che vive una situazione politica molto difficile: molte famiglie devono lasciare le loro case e rifugiarsi nei centri di accoglienza. Lei desiderava fortemente poter fare qualcosa per loro. “Così mi sono messa a disposizione per aiutare i rifugiati che erano stati accolti in chiesa. Anche se ero stanca credevo che Dio era con me, mi guardava e mi dava la forza per andare avanti e aiutare gli altri. Adesso posso dire che è stato un periodo meraviglioso e bellissimo per me, conservo un ricordo indimenticabile”. In Libano invece Maria Sfeir, ambasciatrice di pace dal Medio Oriente insieme a Fouad Sfeir hanno raccontato come hanno “incorporato la cultura della pace, educando i nostri bambini e crescendoli con i buoni valori dell’amore e del dare per costruire una società migliore, in un ambiente di non violenza e giustizia”. Fra i tanti interventi, anche il Gen Rosso collegato dall’isola di Lampedusa in Italia, famosa per l’accoglienza dei migranti: “Siamo a Lampedusa per sostenere queste persone meravigliose che accolgono chi per guerra, fame, violenza è costretto a lasciare la propria terra. Lampedusa isola di fraternità, porto aperto, gente che guarda all’orizzonte e si lancia in mare per raggiungere e salvare chi è in balia delle onde. Lampedusa: lampada, faro luminoso che dice terra. Terra che dice casa. Da qui vogliamo dire: teniamo sempre spalancate le porte del nostro cuore”.   Poi il messaggio di Margaret Karram presidente dei Focolari: “Il cantiere lo avete costruito con la vostra testimonianza di vita – afferma -. (…) Non sentitevi soli, sappiate che il Movimento in tutto il mondo è con voi e vi sostiene. (…) Spesso anch’io mi sento impotente davanti al male nel mondo: guerre, ingiustizie, distruzione della natura. In questi momenti mi aiuta parlare con Dio. Mi dà forza e coraggio sapere che Lui è con noi. La certezza del suo amore mi scalda il cuore, mi rende capace di amare, di perdonare, di tendere la mano per costruire l’unità con quanti incontro ogni giorno. Sento che solo così posso essere io per prima una piccola artigiana di pace”.

Lorenzo Russo

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Ucraina: accordo con Caritas-Spes per l’assistenza alla popolazione

Ucraina: accordo con Caritas-Spes per l’assistenza alla popolazione

I contributi raccolti dal Coordinamento Emergenze del Movimento dei Focolari attraverso le ONLUS Azione per un Mondo Unito (AMU) e Azione per Famiglie Nuove (AFN), andranno a sostenere le attività di assistenza alla popolazione realizzate da Caritas-Spes Ucraina. Non si fermano le azioni di guerra in Ucraina e tra la popolazione ci sono migliaia di sfollati in fuga e moltissimi che cercano di sopravvivere tra rifugi e ricoveri di emergenza, dove si può ricevere un primo sostegno. Con i contributi raccolti attraverso l’appello lanciato dal Coordinamento Emergenze del Movimento dei Focolari, AMU e AFN stanno sostenendo anzitutto le azioni della Caritas-Spes Ucraina, che sta fornendo prima assistenza a migliaia di persone costrette ad abbandonare le proprie case per fuggire verso il confine o per rifugiarsi nei ricoveri sotterranei allestiti all’impronta dove possibile. L’impegno di Caritas-Spes è quello di offrire un rifugio sicuro, cibo, medicinali e prodotti di igiene, oltre ad un supporto psicologico a circa 500 madri con bambini sfollate e ospitate nei propri centri. Più di 2500 persone stanno inoltre ricevendo aiuti attraverso le Caritas parrocchiali e 14 mense che rimangono attive nelle zone di Kiev, Lutsk, Berdiansk, Kamenets-Podolsky, Zhytomyr, Charkiv, Leopoli, Odessa, Vinnitsa, e in varie città della Regione della Transcarpazia. Le immagini della guerra in Ucraina che ogni giorno arrivano dai media internazionali e le testimonianze dei nostri referenti sul territorio, come Mira Milavec, focolarina slovena che vive in Ucraina e collabora con Caritas-Spes, descrivono lo stato di emergenza di una popolazione sotto assedio, inerme di fronte ai bombardamenti, ammassata lungo le rotte per raggiungere i confini oppure in scantinati e rifugi dove sono stati sistemati giacigli di fortuna in attesa di un pasto caldo, di acqua potabile e di elettricità. Al confine con la Polonia la fila di disperati che vuole passare la frontiera raggiunge decine di chilometri. La Caritas-Spes di Leopoli ha organizzato l’assistenza specifica soprattutto per le mamme che cercano di scappare con bambini, anche piccolissimi, in braccio. Per loro c’è bisogno di tutto, soprattutto di acqua calda per poter preparare le pappe o cambiare i pannolini. A Odessa, sotto attacco, si stanno allestendo rifugi, anche sotto la cattedrale, il tutto scandito dal suono delle sirene che preannunciano l’arrivo del pericolo o la sua momentanea cessazione. A Vinnitsa uno psicologo sta organizzando incontri di formazione online per i volontari e gli operatori sull’aiuto psicologico da poter fornire in situazioni di stress come questo: alla prima hanno già partecipato più di 120 persone. Attualmente la raccolta fondi per l’emergenza relativa alla guerra in Ucraina, portata avanti dal Coordinamento emergenze del Movimento dei Focolari (AMU e AFN) ha già raggiunto i 100 mila euro ed è già stato effettuato un primo invio di fondi sul posto, che serviranno al supporto delle azioni della Caritas-Spes per la prima assistenza alle famiglie ucraine. Stiamo anche valutando la possibilità di sostenere le spese di accoglienza dei molti profughi ucraini che stanno arrivando nei Paesi circostanti, come Slovacchia e Polonia, accolti dalla generosità delle famiglie locali che stanno aprendo loro le proprie case. Purtroppo le azioni militari non si fermano e, come ci confermano i referenti locali, i bisogni aumenteranno. Aggiornamenti costanti sugli interventi di assistenza che stiamo realizzando sul posto, sono disponibili sui canali web e social di AMU e AFN. Per sostenere l’azione in Ucraina e l’assistenza alle famiglie sconvolte dalla guerra è possibile donare online sui siti: AMU: www.amu-it.eu/dona-online-3/ AFN: www.afnonlus.org/dona/ oppure attraverso bonifico sui seguenti conti correnti: Azione per un Mondo Unito ONLUS (AMU) IBAN: IT 58 S 05018 03200 000011204344 presso Banca Popolare Etica Codice SWIFT/BIC: ETICIT22XXX Azione per Famiglie Nuove ONLUS (AFN) IBAN: IT 92 J 05018 03200 000016978561 presso Banca Popolare Etica Codice SWIFT/BIC: ETICIT22XXX Causale: Emergenza Ucraina Foto: © Caritas-Spes Ucraina (altro…)

Notizie dal focolare in Ucraina

Donatella Rafanelli racconta a Maria Chiara Biagioni dell’agenzia SIR la vita della comunità del Focolare in Ucraina di questi ultimi giorni. Un viaggio di 29 ore da Kiev. “Ora il nostro sogno è tornare lì”. Un viaggio di 29 ore per uscire da Kiev e raggiungere una città ad ovest del Paese, Mukachevo. Il traffico per le strade, le lunghe file ai bancomat e dal benzinaio, i carro armati e la gente lungo la strada che chiedeva passaggi. A raccontare al Sir cosa succede in queste ore lungo la ‘via’ degli sfollati interni al Paese è un’ italiana di Pistoia, Donatella Rafanelli, focolarina, che dal 2019 vive a Kiev nella comunità del Movimento fondato da Chiara Lubich. ‘Eravamo a Kiev quando giovedì mattina molto presto ci hanno chiamato per dirci di fare velocemente le valige perché stavano sparando a 70 chilometri dalla capitale’, racconta Donatella. ‘Non sapevamo cosa fare anche perché per tutti era la prima volta che ci trovavamo in una situazione simile. Siamo andati allora a cercare il rifugio più vicino alla nostra casa e ci hanno indicato un parcheggio sotterraneo. Siamo tornate a casa e abbiamo chiamato l’ ambasciata italiana ad un numero verde di emergenza e loro ci hanno detto di rimanere a casa e di recarci nel rifugio solo se avessero dato l’ allarme’. Sembrava tutto normale. Era da giorni che la gente parlava della possibilità di un attacco a Kiev ‘ma quando è successo, la prima cosa che abbiamo fatto è stato guardarci negli occhi. Abbiamo detto: ci siamo, siamo in guerra. E abbiamo pregato. Abbiamo chiesto a Gesù di darci la forza e di dare la pace’. Da lì in poi è stata tutta una corsa contro il tempo. ‘Abbiamo messo insieme tre cose in un trolley. Ci siamo portate via pochissimo, giusto il necessario, e i documenti personali. Abbiamo subito cercato un biglietto di treno per poterci spostare a ovest ma erano esauriti. L’ aeroporto era chiuso. Abbiamo quindi scelto di muoverci in macchina’. Le strade in uscita da Kiev erano bloccate. ‘C’ erano file lunghissime davanti alla banca per ritirare i soldi e nei supermercati. Ci è voluto tanto tempo soprattutto per uscire dalla città. Ci siamo fermati due volte a fare benzina. Al primo benzinaio siamo stati in fila un’ ora. E proprio lì, mentre aspettavamo, abbiamo sentito i colpi che sparavano. È stato forte. Siamo rimasti immobili, in silenzio’. Ripreso il cammino, lungo la strada si vedevano i carro armati e gente che faceva l’ autostop per chiedere un passaggio. Sul tragitto, i telefoni inviavano e ricevano in continuazione messaggi e chiamate: con chi era partito, chi aveva deciso di rimanere. Per dare notizie e mettere in contatto le persone in fuga con le comunità dei focolari in Slovacchia e Polonia che hanno dato disponibilità ad accogliere. ‘Solo mentre viaggiavamo – confida Donatella -, ci siamo rese conto di quello che ci era successo. Non eravamo in macchina per andare ad un appuntamento o per fare un viaggio. Stavamo lasciando una città, la nostra casa. Non avremmo mai voluto andare via. Ma abbiamo capito che era impossibile rimanere’. A Mukachevo, Donatella e i suoi compagni di viaggio sono stati accolti da un sacerdote in una parrocchia e dalla comunità dei focolari di quella città. ‘Siamo qui in Ucraina. E questo per noi è importantissimo. Non siamo scappati. Noi vogliamo vivere e restare in questo Paese. Ci hanno offerto mille posti dove andare. Il fatto che siamo venuti via da Kiev è solo perché in questo momento è pericoloso. Non aveva nessun senso rimanere sotto i bombardamenti. Ora però il nostro sogno è tornare lì’. ‘La guerra? E’ una follia pura’, risponde senza esitazione Donatella. ‘Perché nessuno ha il diritto di togliere la vita a qualcun’ altro così come pure la possibilità di vivere una vita normale. Qui le persone hanno fatto tanti sacrifici per comprarsi una casa, mettere da parte dei risparmi. E adesso con la guerra, saltano i progetti di futuro, vanno in frantumi i sogni. Stiamo pregando perché questa follia finisca al più presto. Stiamo seguendo le notizie dei colloqui tra le delegazioni e degli sforzi che si stanno facendo a livello di diplomazia internazionale. Penso che l’ unica cosa che ci possa aiutare è un miracolo. E ci fanno un gran bene tutte le notizie che ci arrivano dalle persone che pregano per noi e manifestano in piazza per la pace. Ci vuole un miracolo’.

Maria Chiara Biagioni (SIR)

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Camminare insieme: il percorso sinodale in Terra Santa

Il Sinodo 2021-2023 indetto da Papa Francesco è l’occasione per rimettersi in ascolto e in dialogo con l’altro, l’opportunità di ritrovare la vera identità della Chiesa, “universale”, fin dal principio. Il percorso coinvolge tutte le diocesi del mondo, anche la Terra Santa. “Mentre ci accingiamo ad iniziare questo cammino, siamo più consapevoli che mai che noi, tutti insieme, come discepoli di Cristo in questa Terra, che è la Sua casa, siamo chiamati ad essere suoi testimoni. Ricordiamo che il suo più grande desiderio è quello che noi siamo uno (cfr. Gv 17).” È quanto si legge nella lettera del 26 gennaio 2022 inviata dagli ordinari cattolici ai capi delle Chiese cristiane in Terra Santa riguardo al Sinodo 2021-2023 indetto da Papa Francesco dal titolo “Per una Chiesa sinodale. Comunione, partecipazione, missione”. Con il desiderio esplicito di informare e coinvolgere i fratelli delle altre comunità ecclesiali locali in merito all’articolato percorso sinodale avviato anche in Terra Santa, il patriarca di Gerusalemme dei Latini, Pierbattista Pizzaballa, che firma il testo, sottolinea l’importanza dell’ascolto reciproco per crescere insieme in questo cammino di comunione. Uno sguardo alla missionarietà di una Chiesa “universale”, in particolare quella di Gerusalemme, di cui il patriarca aveva parlato il 9 novembre 2021, durante un incontro con i movimenti ecclesiali e le nuove comunità presenti in Terra Santa a seguito dell’apertura del cammino sinodale: “La nostra Chiesa, la Chiesa di Gerusalemme è nata al Cenacolo, a Pentecoste, ed è nata, già allora, come Chiesa universale e locale allo stesso tempo. (…) soprattutto in questi ultimi anni, si è arricchita di tanti carismi in più. Per questo motivo la vostra presenza qui non è soltanto un dono, un segno della Provvidenza (…), ma fa parte di un desiderio di Dio (…)”. I rappresentanti delle varie realtà presenti, hanno potuto in quella occasione ascoltarsi, dare testimonianza della propria esperienza e, con il prezioso aiuto del patriarca, capire meglio come affrontare il Sinodo a livello locale. Mons. Pizzaballa, nel rispondere a varie domande, condivide il suo pensiero sulla sinodalità che “è uno stile – dice- un modo di stare nella vita, nella Chiesa, ma anche fuori dalla Chiesa. È un atteggiamento. E l’ascolto, il dialogo sono espressione di questo (…)”. È necessario, dunque, che i vari movimenti e le varie realtà lavorino in “cross -platform”, andando al cuore dell’esperienza di “comunione” della Chiesa universale, esperienza che, più di altre sembra davvero difficile vivere in Terra Santa. “Per comunione io intendo la coscienza di appartenenza- continua- di un dono ricevuto, di una gratuità, di una vita inserita dentro l’altro (…).Tutto questo scaturisce dall’esperienza dell’incontro con Gesù. (…) dopo aver incontrato il Signore e aver fatto esperienza della salvezza tu capisci che questa esperienza diventa completa, profonda, quando viene condivisa in una comunità (…)”. Un desiderio profondo che si rinnova nelle parole di questa lettera inviata dagli ordinari cattolici ai capi delle varie Chiese cristiane in Terra Santa ed apre gli orizzonti, sottolineando anche la volontà di crescere nella fraternità e arricchirsi della saggezza altrui. La possibilità di ‘stare insieme’: questo è l’auspicio del cammino sinodale, un momento che ha il sapore di un pasto condiviso, di un dolore che si abbraccia in gruppo, di una gioia che non può aspettare di essere raccontata; è l’incedere dei discepoli di Emmaus che, benché delusi e tristi, camminano insieme e, nella comunione, si sostengono, finché il Risorto non si accosta a loro. L’occasione da non perdere, quella per riconoscerlo in mezzo a noi.

Maria Grazia Berretta

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Chiara Lubich: l’attualità del Vangelo

Accostarsi al Vangelo oggi significa trovare la Parola viva di Dio. Chiara Lubich, attraverso la sua esperienza vissuta con la prima comunità del Movimento a Trento, ci fa assaporare gli effetti della sua messa in pratica. Se un Dio parla a noi, come non accogliere la sua Parola? La Bibbia ripete per ben 1153 volte l’invito ad ascoltarlo. Lo stesso invito è rivolto dal Padre ai discepoli quando la Parola, il Figlio suo, viene a vivere in mezzo a noi: “Ascoltatelo”[1]. Ma l’ascolto di cui parla la Bibbia è fatto più col cuore che con le orecchie. È aderire interamente, obbedire, adeguarsi a quanto Dio dice, con la fiducia di un bambino che si abbandona alle braccia della mamma e si lascia portare da lei. (…) Si sente qui l’eco dell’insegnamento di Gesù che dichiara beato chi, avendo ascoltato la Parola di Dio, la osserva[2], e che riconosce come madre e fratelli suoi coloro che la ascoltano e la mettono in pratica[3]. (…) Il buon ascoltatore della Parola, afferma ancora Gesù al termine del “discorso della montagna”, è colui che la mette in pratica, dando consistenza alla sua vita come ad una casa fondata sulla roccia[4]. In ogni sua Parola Gesù esprime tutto il suo amore per noi. Incarniamola, facciamola nostra, sperimentiamo quale potenza di vita sprigiona, se vissuta, in noi e attorno a noi. Innamoriamoci del Vangelo fino al punto da lasciarci trasformare in esso e traboccarlo sugli altri. Questo è il nostro modo di riamare Gesù. Non saremo più noi a vivere, Cristo si formerà in noi. Toccheremo con mano la libertà da noi stessi, dai nostri limiti, dalle nostre schiavitù; non solo, ma vedremo esplodere la rivoluzione d’amore che Gesù, libero di vivere in noi, provocherà nel tessuto sociale in cui siamo immersi. L’abbiamo sperimentato fin dagli inizi del Movimento, durante la seconda guerra mondiale quando, a Trento, a motivo dei frequenti bombardamenti, correvamo nei rifugi portando con noi solo il piccolo libro del Vangelo. Lo aprivamo, lo leggevamo e, penso, per una particolare grazia di Dio, quelle Parole, sentite ripetere tante volte, si illuminavano di una luce nuovissima. Erano Parole di vita, da potersi tradurre in vita. (…) Abbiamo visto nascere attorno a noi una comunità viva, fatta, dopo soli pochi mesi, di 500 persone. Tutto era frutto della comunione con la Parola, che era costante, era una dinamica di minuto per minuto. Eravamo inebriati della Parola, possiamo dire che la Parola ci viveva. Bastava dirci: “Vivi la Parola?”, “Sei la Parola viva?”, per aumentare in noi l’accelerazione a viverla. Dobbiamo tornare a quei tempi. Il Vangelo è sempre attuale. Sta a noi crederci e sperimentarlo.

Chiara Lubich

(Chiara Lubich, in Parole di Vita, Città Nuova, 2017, pag. 789-791)   [1] Mt 17, 5. [2] Cf. Lc 11, 28. [3] Cf. Lc 8, 20-21. [4] Mt 22, 39. (altro…)

Ucraina: aiuti in sostegno alla popolazione

Ucraina: aiuti in sostegno alla popolazione

I contributi, raccolti attraverso le ONLUS Azione per un Mondo Unito (AMU) e Azione per Famiglie Nuove (AFN), serviranno per far arrivare alla popolazione ucraina aiuti di prima necessità, anche in collaborazione con le Chiese locali.

Il Coordinamento Emergenze del Movimento dei Focolari ha avviato una raccolta fondi straordinaria in sostegno della popolazione ucraina, attraverso le ONLUS Azione per un Mondo Unito (AMU) e Azione per Famiglie Nuove (AFN).

“Kiev” opera del pittore Michel Pochet

I contributi versati verranno gestiti congiuntamente da AMU e AFN per far arrivare alla popolazione ucraina aiuti di prima necessità per l’alimentazione, le cure mediche, la casa, il riscaldamento e l’accoglienza in diverse città del Paese, anche in collaborazione con le Chiese locali. È possibile donare online sui siti: AMU: www.amu-it.eu/dona-online-3/ AFN: www.afnonlus.org/dona/ oppure attraverso bonifico sui seguenti conti correnti:

Azione per un Mondo Unito ONLUS (AMU) IBAN: IT 58 S 05018 03200 000011204344 presso Banca Popolare Etica Codice SWIFT/BIC: ETICIT22XXX

Azione per Famiglie Nuove ONLUS (AFN) IBAN: IT 92 J 05018 03200 000016978561 presso Banca Popolare Etica Codice SWIFT/BIC: ETICIT22XXX

Causale: Emergenza Ucraina

Per tali donazioni sono previsti benefici fiscali in molti Paesi dell’Unione Europea e in altri Paesi del mondo, secondo le diverse normative locali. I contribuenti italiani potranno ottenere deduzioni e detrazioni dal reddito, secondo la normativa prevista per le Onlus (altro…)

Stop alla guerra in Ucraina: ricostruire lo spazio del dialogo e del negoziato politico

Dinanzi alle vicende che da giorni sconvolgono il mondo intero, il Movimento Politico per l’unità, che ispira la propria azione all’esperienza e all’ideale del Movimento dei Focolari, afferma il comune impegno a favore della pace raggiungibile solo attraverso un “fare” concreto. “Se vuoi la pace prepara la pace” così si esprimeva Igino Giordani, politico pacifista del ‘900. Solo un quotidiano multiforme sforzo di pace può fermare la guerra che la storia ha già dichiarato troppe volte come scelta folle. I mezzi della contrapposizione sono superati e aprono la strada a maggiore insicurezza, sia a livello locale che globale. Di questo siamo convinti politici, funzionari, cittadini, diplomatici del Movimento politico per l’unità, e da tutto il mondo esprimiamo la nostra vicinanza ai popoli che subiscono questa tragica guerra, mentre sosteniamo con forza chi, a vario titolo, continua a trattare per la pace, unica vera soluzione. Non è mai troppo tardi per riaprire la negoziazione e il dialogo, a breve e a lungo termine. Ci guidi l’obbligo della pace. Individuiamo queste tre direzioni principali di impegno: 1 – Spesso la creazione degli stati nazionali non è stata una scelta libera dei popoli, ma frutto di tavoli di trattative post-belliche, lasciti di imperialismi. Vecchie e nuove divisioni chiedono uno sforzo politico coraggioso, che dia nuovo significato alle identità nazionali, che interpelli le unioni continentali, prima tra tutte l’Unione Europea, al di là degli interessi immediati. 2- E’ la storia ad insegnarci che le sanzioni economiche lasciano indenni i governi e impoveriscono la società civile, le donne e gli uomini, soprattutto i bambini. La Siria ne è l’ultimo, gravissimo esempio. La scelta delle sanzioni va perseguita con cautela, perché non sia parte della logica della guerra e delle contrapposizioni di forza. La politica deve saper controllare i circuiti delle armi e della carbon industry e solo così edificherà una pace vera. 3- Davanti alla recrudescenza degli armamenti nucleari con il loro potenziamento strategico, oggi ad alta voce chiediamo ai nostri governi che venga firmato ed attuato il Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari, adottato solo da 122 Stati il 7 luglio 2017. La forza politica dell’ONU deve rimettersi in azione e la voce dei governi deve integrarsi con la voce delle città del pianeta, riunite in una apposita assemblea mondiale, per dare più forza ai nostri popoli. In queste ore in cui sembra prevalere il nudo potere della forza, affermiamo senza alcuna esitazione che crediamo ancora e sempre nella costruzione della pace, nei processi del dialogo, negli strumenti della politica. Sono le articolazioni della società civile, con la forza spirituale e culturale delle loro fedi e le tante buone pratiche, a dare luce ai grandi ideali che sorreggono la storia. Che i nostri rappresentanti facciano tacere al più presto le armi e ascoltino le donne e gli uomini della pace.

Mario Bruno, Presidente MPPU

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Ucraina: continuiamo a implorare il dono della pace

Una testimonianza dalle comunità dei Focolari, presenti in varie città del Paese, e l’invito ad unirsi a loro anche nella preghiera planetaria per la pace ogni giovedi alle 19,30 (ora italiana).

“In questo momento così drammatico ci sostengono la fede e l’amore che stiamo ricevendo da ogni parte del mondo attraverso messaggi, telefonate e preghiere. Vorremmo ringraziare ciascuno e ciascuna. Ci danno forza e aumentano la speranza che Dio ci faccia il dono, il miracolo della pace”. Con queste parole Donatella Rafanelli, focolarina italiana, insegnante, che vive nel focolare di Kiev racconta come stanno vivendo le comunità dei Focolari in Ucraina queste ore drammatiche.

“Nelle ultime settimane, con la tensione crescente – prosegue – sentivamo di vivere un momento veramente speciale della nostra vita, anche se la quotidianità scorreva come sempre. Parlando con le persone intorno a noi ci rendiamo conto di quanta paura, preoccupazione, tristezza e delusione ci sia, da mesi. Resa ancora più drammatica adesso con l’aggravarsi della situazione delle ultime ore”.

“Anche noi, come comunità del Movimento, non siamo certo immuni da tutto ciò – spiega ancora -. Ci siamo chiesti e continuiamo a chiederci cosa fare in questa situazione. Stiamo vivendo insieme anche questo momento doloroso. Siamo coscienti che non possiamo fare cose straordinarie o speciali, ma possiamo ascoltare chi ci circonda condividendo paure e preoccupazioni e cercare di capire, momento per momento, cosa sia meglio fare”.

Papa Francesco ieri ha invitato tutti, credenti e non, ad unirsi in una supplica corale per la pace vivendo, in particolare il 2 marzo, inizio della Quaresima, un giorno di preghiera e digiuno per la pace. Insieme a lui altri responsabili di varie Chiese cristiane, invitano alla preghiera per implorare il dono della pace.

Nel Movimento dei Focolari in tutto il mondo si continua ogni giorno il time-out (alle ore 12:00 in ogni fuso orario), un momento di silenzio e preghiera per la pace in ogni punto della terra.

“Qui in Ucraina ogni giovedì da un anno a questa parte – dice la Rafanelli – alle 19:30 (ora italiana) organizziamo un momento di preghiera per la pace, in italiano e ucraino, a questo link  Invitiamo tutti ad unirsi a noi anche per questo momento, al quale, negli ultimi tempi, si aggiungono tante persone di vari Paesi del mondo che hanno a cuore la pace”.

Il focolare in Ucraina si è aperto a Kiev nel maggio 2019, ma alcune comunità dei Focolari erano già presenti nel Paese. Il carisma dell’unità infatti era conosciuto nel Paese grazie a tanti membri del Movimento di nazioni vicine che, attraverso viaggi e contatti, avevano fatto conoscere questa spiritualità in varie città. Oggi i membri dei Focolari, di diverse età e vocazioni, sono presenti a Mukachevo, Uzhgorod, Storozhniza, Leopoli, Kiev e dintorni.

Anna Lisa Innocenti

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La forza delle religioni per l’ambiente

La forza delle religioni per l’ambiente

Il ruolo delle comunità di fede nel guidare il cambiamento climatico e la costruzione del futuro. Le potenzialità e l’umiltà. Il programma Faith Plans. Il ruolo dei Focolari. Intervista a Martin Palmer La Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP 26) a Glasgow si è conclusa a novembre 2021. Martin Palmer, ex segretario generale dell’Alliance of Religions and Conservation (ARC) e attuale CEO di FaithInvest ci aiuta a svelare il potenziale che le comunità di fede hanno nel guidare il cambiamento climatico e il ruolo che i Focolari possono giocare in questo contesto. Martin Palmer è un esperto internazionale delle maggiori tradizioni e culture religiose e autore di più di 20 libri su temi religiosi e ambientali. Collabora regolarmente con la BBC ed è un predicatore laico della Chiesa d’Inghilterra. Qual è il ruolo specifico delle comunità di fede di fronte a una crisi ecologica senza precedenti? “Le grandi fedi non sono solo fonti di antica saggezza spirituale. Sono anche tra gli attori più importanti del pianeta. Senza il lavoro educativo, medico, assistenziale e caritatevole delle comunità di fede attraverso le scuole, gli ospedali, il lavoro con i giovani, le agenzie assistenziali ecc. la società civile crollerebbe in poche settimane. Così, mentre l’aspetto spirituale è vitale perché ci dà la prospettiva più ampia del tempo, dello spazio e del significato, se ignoriamo il nostro ruolo come azionisti per la costruzione del nostro futuro finiamo a stare in disparte a gridare e sperare che qualcuno ci stia a sentire. È importante un ruolo attivo delle comunità di fede nel guidare il cambiamento. Ha notato un cambiamento di atteggiamento negli ultimi anni? “Vedo un enorme cambiamento. Per la prima volta tutti i principali gruppi ambientali religiosi come GreenFaithEco-SikhDaoist Ecological Temple NetworkHazon – il più grande gruppo ambientale ebraico e naturalmente ora il Vaticano attraverso il Movimento Laudato Si’ e i Focolari – stanno lavorando insieme, fianco a fianco portando il meraviglioso pluralismo di diverse credenze, valori e reti insieme, specialmente attraverso il programma Faith Plans”. Nell’ottobre 2021, in occasione della festa di San Francesco d’Assisi, papa Francesco e altri leaders religiosi tra cui l’arcivescovo di Canterbury Justin Welby e il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo, hanno lanciato un appello sul cambiamento climatico e un impegno pubblico a creare piani per l’ambiente. Perché è importante fare un piano? “Affinché le fedi siano davvero efficaci, abbiamo bisogno non solo delle meravigliose parole e della saggezza tratta dalle grandi correnti spirituali, ma abbiamo anche bisogno di sapere dove potrebbero essere artefici del cambiamento. Questo significa sapere quanto è esteso il loro ruolo nell’educazione in ogni luogo o paese; quante cliniche e ospedali hanno; dove sono i loro investimenti; quanta terra possiedono; quale gamma di competenze professionali ci sono nella comunità di fede e così via”. Qual è, secondo lei, il contributo specifico dei Focolari nel realizzare questa conversione ecologica? “Il ruolo dei Focolari è unico. Non solo siete una grande organizzazione di laici in una delle fedi più gerarchizzate del mondo, ma siete un’ispirazione che va ben oltre i vostri membri. Per decenni avete lavorato attraverso l’Economia di Comunione sulla realtà di vita e di lavoro della fede nella pratica del mercato. Creare nuovi modelli e iniziative sembra essere connaturale per voi, il vostro stile di condividere quello che fate è un’ispirazione. Avete decenni di lavoro interreligioso e una profondità e integrità che non si trova facilmente nel mondo interreligioso, spesso superficiale. I vostri legami con altre fedi mostrano una gioia per il pluralismo che non si trova spesso in organizzazioni religiose della portata e dell’impatto dei Focolari. Infine, sembra che abbiate già coinvolto alcune delle persone più carismatiche, altamente motivate, abili e premurose per il mondo, che sono già in azione”.

Nino Puglisi per cittanuova.it

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Cantiere Hombre Mundo planetario

Cantiere Hombre Mundo planetario

Dal 25 al 27 febbraio 2022 un progetto mondiale ideato e realizzato dai ragazzi che punta alla fraternità universale. Azioni locali e globali per favorire la conoscenza tra culture e religioni diverse, sviluppare una cittadinanza attiva, concretizzare l’impegno dei ragazzi per le grandi sfide del pianeta, da quella ambientale all’eliminazione di fame e povertà. “Abbiamo capito che dobbiamo accettarci l’un l’altro nonostante le nostre differenze che sono un’enorme ricchezza. È un modo per promuovere i valori e bandire gli anti-valori”. Claire Mulimbi è una gen3 – i ragazzi dai 10 ai 17 anni del Movimento dei Focolari – e vive nella Repubblica Democratica del Congo. Con queste parole racconta la sua esperienza dopo aver organizzato due giorni di “Hombre Mundo” nel mese di settembre 2021. “È stata un’esperienza molto bella di scambio di culture attraverso canzoni, danze, poesie e indovinelli. Con alcuni ambientalisti abbiamo imparato nozioni sull’ecologia, poi abbiamo piantato alcuni alberi”. Hombre Mundo è un progetto che coinvolge migliaia di ragazzi e ragazze del Movimento dei Focolari in tutto il mondo. Lo scopo è quello di formarsi alla fraternità universale favorendo la conoscenza di coetanei di altre culture e religioni, scoprendo e condividendo le ricchezze di ogni popolo, impegnandosi insieme per le grandi sfide del pianeta. Hombre Mundo infatti non è solo occasione di incontro e conoscenza, ma si basa anche su azioni concrete per sviluppare la cittadinanza attiva per il bene comune della comunità dove sono inseriti i ragazzi o in gemellaggio con altri. Hombre Mundo prevede quindi azioni a livello locale e mondiale accanto ad appuntamenti planetari, come quello che si terrà dal 25 al 27 febbraio 2022. Il primo Cantiere Hombre Mundo si è svolto nel 2014 in Argentina, poi nel 2017 nell’Europa Orientale se ne sono tenuti tre (in Croazia, Serbia e Polonia): si tratta di laboratori “laboratorio” internazionali per imparare a conoscere, amare, rispettare la patria dell’altro come la propria. Il programma viene pensato e realizzato direttamente dai ragazzi dalla scelta delle tematiche da affrontare alle testimonianze, dai testi alle canzoni. Questa edizione avrebbe dovuto avere due eventi centrali in Kenya e Costa d’Avorio e molti eventi locali in tanti Paesi del mondo. Per la prima volta invece, a causa della pandemia, sarà completamente online. Anche nella preparazione il web è stato un grande aiuto. Gašper Jošt, Gen3 dalla Slovenia racconta: “Ci siamo divisi in gruppi più piccoli per fuso orario e lingua. Noi della Slovenia ci siamo ritrovati con i alcuni ragazzi di Malta e Irlanda. Abbiamo così scritto una canzone. Miha ha scritto il testo e Anja la melodia. Con questo brano vogliamo incoraggiare le persone a continuare a costruire un mondo più bello e dire che finché ci sarà anche una sola persona che cercherà di farlo, questo incoraggerà gli altri e porterà loro speranza”. I gen3 di tutto il mondo inoltre hanno avviato anche varie azioni concrete per vivere e diffondere una cultura del dare e del condividere. Così i ragazzi di alcuni Paesi dell’Africa centro-orientale, del Vietnam, dell’Indonesia e del Myanmar hanno ricevuto materiale utile alla loro formazione. In India invece sono stati destinati fondi alla prevenzione al lavoro minorile, per costruire luoghi sicuri dove i bambini possano partecipare ad attività per ritrovare la loro autostima, socializzare con gli altri, sviluppare i propri talenti. Diventare sempre di più uomini e donne-mondo, cioè persone con un cuore aperto su tutta l’umanità con le sue ricchezze e le sue sfide da raccogliere e vincere, è l’obiettivo della tre giorni di quest’anno. Ogni giorno si approfondirà una tematica. Si partirà dalla vita personale per poi allargare lo sguardo intorno alle comunità nelle quali i ragazzi vivono e al pianeta. Il 25 febbraio sarà dedicato allo stile di vita che caratterizza questi ragazzi, l’arte di amare proposta da Chiara Lubich sarà al centro delle loro riflessioni e testimonianze, con particolare riferimento al periodo che stiamo vivendo: come viverla durante la pandemia? Come continuare ad amare nel mondo virtuale e dei social media? Il secondo giorno invece si approfondirà il loro impegno per l’ecologia integrale fino ad arrivare all’Obiettivo “Fame Zero”, il secondo dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite per il 2030. Il terzo giorno il titolo sarà “Che tutti siano uno” e l’attenzione si focalizzerà sulla bellezza dell’incontro tra i popoli ed il comune impegno per costruire un mondo di pace e unità. Al Cantiere 2022 parteciperanno anche il complesso internazionali Gen Verde, con un workshop di percussioni che coinvolgerà 60 ragazzi e ragazze della zona interamericana ed il Gen Rosso con un concerto per la pace il 26 febbraio alle ore 12:30 (ora italiana), in diretta dall’isola italiana di Lampedusa, famosa per l’accoglienza dei migranti. Prima del concerto, alle ore 12:00 (ora di Greenwich) ci sarà un collegamento mondiale per pregare tutti insieme per la pace. “Ogni uomo sul pianeta Terra è dotato di sfaccettature, facoltà, abilità e capacità che lo rendono un’opera d’arte inimitabile – afferma Granville di Bangalore (India) – Perciò, ogni volta che ci troviamo fianco a fianco, supportati da uno spirito di unità, costruiamo una galleria d’arte impressionante. Cosa significa Hombre Mundo per me? Una parola, credo, risponda perfettamente a questa domanda: unità. Non ci può essere unità senza amore. L’amore è il ponte sopra gli abissi della divisione. L’amore abbatte i muri che ci frammentano e ci unisce. È solo attraverso l’amore per il mio prossimo che posso fare la mia parte per creare un mondo in cui ognuno di noi, opere d’arte, si unisce per creare una galleria d’arte sinergica”. Per maggiori informazioni visita teen4unity.org

Lorenzo Russo

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Chiara Lubich: costruire la civiltà dell’amore

Le parole di Chiara Lubich sulle quali oggi proponiamo di meditare sono di una straordinaria attualità che non ci lasciano indifferenti e, senza dubbio, ci portano a guardarci intorno per agire in favore di ogni fratello. (…) Gesù durante la sua vita terrena ha sempre accolto tutti, in modo particolare i più emarginati, i più bisognosi, i più lontani. È l’amore con cui Gesù ha offerto a tutti la sua fiducia, la sua confidenza, la sua amicizia, abbattendo ad una ad una le barriere che l’orgoglio e l’egoismo umano avevano eretto nella società del suo tempo. Gesù è stato la manifestazione dell’amore pienamente accogliente del Padre celeste verso ciascuno di noi e dell’amore che, di conseguenza, noi dovremmo avere gli uni verso gli altri. È questa la prima volontà del Padre su di noi; per cui non potremmo rendere al Padre una gloria più grande di quella che gli rendiamo quando cerchiamo di accoglierci gli uni gli altri a quel modo con cui Gesù ha accolto noi. (…) Richiama la nostra attenzione su uno degli aspetti del nostro egoismo più frequente e, diciamo pure, più difficile da superare: la tendenza ad isolarci, a discriminare, ad emarginare, ad escludere l’altro in quanto è diverso da noi e potrebbe disturbare la nostra tranquillità. Cercheremo allora di vivere (…) innanzitutto all’interno delle nostre famiglie, associazioni, comunità, gruppi di lavoro, eliminando in noi i giudizi, le discriminazioni, le prevenzioni, i risentimenti, le intolleranze verso questo o quel prossimo, così facili e così frequenti, che tanto raffreddano e compromettono i rapporti umani ed impediscono, bloccandolo come una ruggine, l’amore vicendevole. E poi nella vita sociale in genere, proponendoci di testimoniare l’amore accogliente di Gesù verso qualsiasi prossimo il Signore ci metta accanto, specialmente quelli che l’egoismo sociale tende più facilmente ad escludere o ad emarginare. L’accoglienza dell’altro, del diverso da noi, sta alla base dell’amore cristiano. È il punto di partenza, il primo gradino per la costruzione di quella civiltà dell’amore, di quella cultura di comunione, alla quale Gesù ci chiama soprattutto oggi.

Chiara Lubich

(Chiara Lubich, in Parole di Vita, Città Nuova, 2017, pag. 512-514) (altro…)

Vangelo Vissuto: La forza creativa della misericordia

Chiara Lubich in una sua meditazione scrive che “la  misericordia  è  l’ultima espressione della carità,  quella che la compie[1]. Non un sentimento, dunque, ma un’azione concreta che, unita ad un’intenzione interiore, ci spinge ad allontanarci da noi e volgere lo sguardo all’altro. Un moto rivoluzionario che cura e genera vita. Non perdere l’occasione In stazione, avevo comprato un biglietto di andata e ritorno per una certa città. Arrivo trafelato al binario, ma con mio disappunto costato che il treno è appena partito. Torno alla biglietteria per il cercare di ottenere il risarcimento e per altre informazioni, ma la signora addetta mi fa notare che con tanta gente non può perdere tempo con me. Contrariato, sto per andar via con tanta rabbia quando, all’atto di conservare i biglietti nell’agenda, leggo una frase che mi ero segnato la mattina: “Non perdere nessuna occasione”. Mi blocco e rifletto. Poi la decisione: “Non devo perdere l’occasione di amare!”. Torno dalla signora della biglietteria, e quand’è il mio turno mi dico dispiaciuto se sono stato troppo esigente con lei e che comprendo la sua reazione. Lei cambia volto e tono di voce e, senza bisogno di essere esortata, si mette a sbrigare la mia situazione. Non solo: mi cerca un’alternativa di viaggio per permettermi di raggiungere la mia destinazione. In fondo, basta poco per ritrovare un’armonia di rapporti. (R.J. – Romania) L’elenco dei nemici Gesù vuole che noi, suoi seguaci, amiamo i nostri nemici, vuole che perdoniamo. Per tanto tempo ho pensato che ciò non mi riguardasse. Ho una vita tranquilla, una posizione sociale buona, una famiglia serena. Non facciamo male a nessuno e cerchiamo di proteggerci dal negativo nella società. Eppure quella frase non mi lasciava in pace. Nemici? A pensarci bene, ne avevo avuti e ne avevo ancora, ma li relegavo a una zona del cervello dove non potessero darmi fastidio. Ad una ad una, mi si sono presentate alla mente situazioni in cui, più che affrontare la contrarietà dovuta a un “nemico”, fuggivo. La fuga era diventata una vera e propria abitudine. Ma Gesù esige ben altro. Al che mi sono fatto un elenco dei “nemici” per i quali impegnarmi a fare qualcosa: una telefonata, un messaggio, un incontro, per dire che ciascuno di loro esisteva nella mia vita. Non è stato facile, di continuo ostacoli e ragionamenti mi facevano da freno. Ora che ho vinto me stesso, posso dire che quel comando di Gesù ha raggiunto il suo scopo, quello di farmi sentire un uomo vivo. (G.R. – Portogallo)

A cura di Maria Grazia Berretta

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VIII, n.1, gennaio-febbraio 2022) [1] C. Lubich, “Quando si è conosciuto il dolore”, in  La dottrina  spirituale, Città Nuova, Roma 2006, pp. 140-141 (altro…)

Una vita di fedeltà

Una vita di fedeltà

Darci Rodrigues è l’esempio di chi, in modo “mariano”, ha saputo spendere la propria vita per la causa dell’unità. Dal primo istante in cui Darci Rodrigues, focolarina brasiliana, è deceduta lo scorso 10 febbraio, e nelle ore che hanno seguito il suo funerale, le reti social sono state inondate di espressioni di gratitudine. Era una figura molto nota sia in Brasile che oltre oceano per i numerosi incarichi che ha ricoperto nel Movimento dei Focolari, cosa che le ha permesso di coltivare un numero infinito di relazioni. ” Una vita impegnata e impegnativa come la sua non le ha comunque mai impedito di conservare una sana normalità e – a detta di molti – una grande profondità spirituale. “E proprio per questo era amata da tutti”, ha scritto di lei Saad Zogheib Sobrinho, un focolarino brasiliano. Un commento che sembra riassumere il pensiero di molte persone che hanno vissuto con lei. Darci  ha conosciuto il carisma di Chiara Lubich ancora molto giovane, nel 1963, durante una “Mariapoli”, un incontro di più giorni tenutosi nella città di Garanhuns, nello stato di Pernambuco. “È stata un’esperienza molto forte, sono rimasta affascinata, soprattutto perché li ho visto ‘vivere’ il Vangelo”, ha detto la stessa Darci, raccontando il primo contatto con i Focolari. All’ epoca, era studentessa di Storia all’università diRecife, “un ambiente impregnato di idee marxiste e di forti critiche alla Chiesa”, dice. E’ per questo che il suo incontro con Dio e la sua adesione al carisma dell’Unità sono stati così travolgenti da decidere di consacrarsi, e diventare focolarina. A seguito di questa decisione, Darci lascia il fidanzato, la famiglia e gli studi per frequentare la scuola di formazione per focolarini in Italia dal 1964 al 1966. Al suo ritorno in Brasile, inizia a lavorare intensamente al servizio dei Focolari. Da Belo Horizonte, si sposta alla periferia dell’attuale Vargem Grande Paulista, vicino San Paolo, per dar vita alla Mariapoli Araceli (oggi Mariapoli Ginetta), uno dei tre centri del Movimento dei Focolari in Brasile. Da lì si reca a San Paolo, dove lavora per 20 anni alla guida del Movimento nella regione che, a quel tempo, comprendeva diversi stati brasiliani nel sud-est e centro-ovest del Paese. Nel 2002 viene eletta consigliera del Movimento per il Brasile e successivamente, dopo la morte della fondatrice, Chiara Lubich, nel 2008, viene rieletta consigliera e nominata dall’allora presidente dei Focolari, Maria Voce, delegata centrale, con un ruolo importante nella governance del Movimento a livello internazionale. “A volte ho dovuto affrontare questioni difficili, ma ho sempre sentito la pace in quei momenti e un aiuto speciale dallo Spirito Santo”, racconta la stessa Darci. “Spesso avevo un’idea già pronta, ma ad un certo punto Gesù mi faceva capire, attraverso qualcuno, che voleva qualcos’altro, forse il contrario di quello che pensavo io. Era importante per me fidarmi della presenza di Gesù tra noi, non solo del mio buon senso”, dice. Nel maggio 2012, le viene diagnosticato una grave malattia ai polmoni. “Dopo alcuni esami -racconta – la diagnosi risultava molto grave: il medico mi disse che dovevo armarmi di grande coraggio per combattere e perseverare. Dentro di me c’era la forte convinzione che nulla accade per caso e che Dio ha un piano d’amore per ognuno di noi”.

Il trattamento ebbe un risultato sorprendente, con grande meraviglia dei medici. Di questo periodo di cura, la sua segretaria di allora, Gloria Campagnaro, dice: “La vita è andata avanti con la solennità e la pace di sempre, tra terapie, passeggiate consigliate dal medico e lavoro per il Movimento, con un orario ridotto; una vità che portava fecondità e unità”.

Nel maggio 2020, improvvisamente, c’è una ricaduta della malattia. Arrivano nuovi ricoveri, fino a quando, in condizioni di salute irreversibili, Darci vive i suoi ultimi momenti circondata dall’affetto e dalle preghiere di tutta la comunità dei Focolari. In un video registrato in questo periodo, prima di Natale, lei stessa ha riaffermato la convinzione che l’ha guidata durante tutta la sua vita: “Abbiamo Gesù in mezzo a noi”. “Lascia una lezione esemplare del vivere pienamente l’ideale di unità e fraternità di cui l’umanità ha tanto bisogno”, ha dichiarato Luiza Erundina, deputata federale alla notizia della sua morte. Nelle molte espressioni di gratitudine per il dono della vita di Darci, sono comuni i riferimenti alla serenità e alla gioia accogliente che ha trasmesso a chiunque durante la sua vita, ovunque fosse. In una sola parola, una presenza mariana.

Luís Henrique Marques Caporedattore della rivista Cidade Nova

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Italia / Libano | Un ponte Italia – Libano

Da una piccola idea di condivisione nasce una grande catena di solidarietà, un ponte aereo direzione Beirut che veicola il trasporto di medicine per malati cronici e latte in polvere per neonati. L’azione, che ha accolto l’appello del Vicariato Apostolico di Beirut dei Latini e della Nunziatura Apostolica Vaticana in Libano, vede coinvolti il Movimento dei Focolari, la Fondazione Giovanni Paolo II e tantissime persone che tra Italia e Libano, si sono unite per sostenere questo progetto, come in una grande famiglia. https://www.youtube.com/watch?v=J_YIs4h6UCY (altro…)

Chiara Lubich: Gesù parla nel nostro cuore

Nel viaggio della vita, a volte dobbiamo rallentare la marcia per qualche attimo e ascoltare la voce che parla nel nostro cuore. Scopriremo nuove sfide come suggerisce in questo testo  Chiara Lubich. Ascoltare la voce di Gesù (…) non significa soltanto ascoltare la sua dottrina, farla propria, ma stabilire un rapporto personale con Gesù, che chiama uno ad uno, per nome. La sua voce si fa sentire nell’intimo, la sua verità (che è la verità) opera nel cuore, anche se la risposta al suo invito rimane libera per ogni singolo. Facendo l’esempio del buon Pastore, Gesù afferma che c’è opposizione tra il pastore legittimo, che entra per la porta, e il ladro o il brigante che salta il recinto. Sono esistiti, attraverso i secoli (ed esistono pure oggi), altri falsi messia che, con le loro ideologie, cercano di attrarre gli uomini. Ma coloro che appartengono a Gesù, che conoscono la sua voce, non si lasciano ingannare dalle varie promesse e non si fidano di altre voci. (…) Prova ad ascoltare la voce di Gesù che parla nel tuo cuore. Vedrai che essa ti porterà fuori dal tuo egoismo, dal tuo non-amore, dal voler primeggiare, dalla tua superbia, dal desiderio di violenza…: da tutto ciò che ti rende schiavo. Se porrai la tua vita in Gesù ed Egli sarà la tua guida, sarai senz’altro spinto fuori dalla tentazione d’un cristianesimo facile e di comodo, dalla mediocrità d’una vita senza senso. Seguendo Lui, che parla in te, che chiama proprio te (perché chiama uno per uno) non conoscerai sentieri battuti, ma ti avvierai in un’avventura divina mai sognata; tutto sarà nuovo e bello anche se costerà alla tua natura; costaterai quant’è varia la fantasia divina e comprenderai come, seguendo un simile pastore, la vita è piena, abbonda di frutti, irradia dappertutto il bene. E finalmente capirai che potente e meravigliosa rivoluzione sia il Vangelo vissuto.

Chiara Lubich

 (Chiara Lubich, in Parole di Vita, Città Nuova, 2017, pag. 204-208) (altro…)

Repubblica Dominicana: Quando parla il cuore

Lasciare che Dio conduca i nostri passi e scoprire che il suo amore, anche nel silenzio, non si dimentica delle nostre fatiche. Ángel Canó, focolarino sposato della Repubblica Dominicana, racconta la sua esperienza. Nel 2001, accertamenti medici di routine avevano evidenziato un problema lieve alla valvola mitrale del mio cuore ma, inaspettatamente, alla fine del 2020, la situazione si è aggravata e il cardiologo ha confermato la presenza nel mio petto di una vera “bomba a orologeria”. Insieme a mia moglie Margarita, anche lei focolarina sposata, abbiamo accolto con grande pace la diagnosi, mettendoci nelle mani di Dio. Abbiamo deciso di discuterne subito con nostro figlio Angel Leonel e nostra figlia Zoila, che è medico specializzato negli Stati Uniti. Lei stessa ha parlato con il cardiologo e si è consultata con un collega del centro in cui lavora, il quale confermava la necessità di un’operazione chirurgica. Insieme a Margarita ho trascorso la notte prima dell’intervento con molta pace, preparandomi fisicamente, mentalmente e spiritualmente a quello che mi aspettava. Eravamo fiduciosi e il giorno dopo, arrivati alla porta della sala operatoria, ridichiarando il nostro amore l’uno all’altro, ci siamo salutati, certi che ci saremmo rivisti presto. Al mio risveglio ho sentito di essere tornato in vita, anche se avevo una forte aritmia, il mio cuore correva come un cavallo veloce e faticavo ad articolare le parole. I medici si sono affrettati ad analizzare il tutto mentre io affrontavo i dolori del post intervento. Poi hanno permesso a Margarita di entrare: le sue parole di incoraggiamento e fede mi hanno dato molta pace. Sono seguiti dieci durissimi giorni in terapia intensiva, tra il dolore, l’impotenza di sentirsi immobili, il senso di solitudine, l’insonnia e la paura di morire. Lunghe notti in cui, dinanzi al mio grido, Dio sembrava essere rimasto in silenzio. Pensavo che non avrei superato tutto questo. Una mattina, immerso in una bolla di sedativi e antidolorifici, ho sentito una voce che mi diceva ripetutamente “fratello”. Quando ho aperto gli occhi, c’era il volto di un sacerdote a cui vogliamo molto bene. Un momento che mi ha ridato fiducia: il Cielo era stato sempre con me e questa sensazione mi ha accompagnato in quei giorni. Uscito dalla terapia intensiva, un giorno, Margarita , poggiando la testa con delicatezza sul mio petto malconcio, ha detto: “Che gioia abbracciarti di nuovo”. Parole che evidenziavano non solo la felicità, ma il senso della vita. È stato come riscoprire l’amore che aveva per me. Ero vivo, non solo grazie all’abilità medica, ma alla Volontà di un Dio che manifestava il suo amore regalandomi una nuova opportunità di vita. Oggi, vedo tutto come un grande dono e sento forte l’impegno di scoprire ciò che Dio vuole da me ora, come posso ricambiarlo. Ogni sera, nelle mie preghiere, ringrazio il Cielo e quando arriva il nuovo giorno, non ci sono parole per esprimere la mia gratitudine per l’opportunità di rivedere la luce del sole, di guardare con occhi nuovi il volto di mia moglie e dei miei figli.

Ángel S. Canó Sensión

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Vangelo Vissuto: “Colui che viene a me, io non lo respingerò” (Gv 6, 37)

Incontrare Gesù nel prossimo è scoprire la tenerezza e la bellezza del Suo amore. Aprirsi all’altro ci permette di essere dono per chiunque ci passi davanti e di ricevere inaspettatamente il centuplo. Il cuore pieno di gioia Nel nostro villaggio vive una famiglia molto povera con cinque bambini. Il padre è alcolizzato. Tre di loro sono nella stessa classe dei miei figli. Una sera, all’uscita da scuola, pioveva a dirotto. Prendo in macchina i bambini e, vedendo per strada quei tre, faccio salire anche loro accompagnandoli fino a casa. La più piccola mi dice: “Vieni a conoscere la mia mamma?”. Entriamo in quella dimora umilissima e la donna mi ringrazia; poi, conversando, mi dice che cerca un letto d’occasione per l’ultimo nato e mi mostra le camere dove per l’umidità la tappezzeria si stacca dai muri. Gli altri quattro figli dormono tutti nella stessa stanza. La piccola di due anni, quasi nuda, ha addosso un grembiule troppo lungo per lei. Prometto che l’indomani le avrei portato  il letto pieghevole che noi utilizziamo raramente. Il giorno dopo, quando arriviamo da quella famiglia con il lettino, dei giocattoli e alcuni vestiti, i bambini fanno salti di gioia, compresi i miei. Ripartiamo con la promessa di tornare e, sulla via del ritorno, la mia piccola esclama: “Mamma, ho il cuore pieno di gioia”. (M.O.D. – Francia) L’ex preside Un giorno, per strada, incrociai il preside dell’istituto dove insegnavo: proprio lui che tempo prima, con un pretesto, mi aveva licenziato. All’epoca era ancora sacerdote, poi aveva lasciato il ministero e si era sposato. Quando mi riconobbe, cercò di evitarmi, ma io gli andai incontro. Per rompere il ghiaccio domandai sue notizie. Mi disse che viveva in un’altra città, sposato con una vedova madre di due figli, ed era venuto in cerca di lavoro. Ottenuto con difficoltà il suo indirizzo, ci salutammo. Il giorno dopo, tra i miei amici sparsi la notizia che stavo cercando un lavoro per una persona che ne aveva bisogno. La risposta non tardò ad arrivare e mi venne segnalato qualcosa che poteva rispondere a tale richiesta. Quando lo contattai per dirglielo, quasi non riusciva a crederci! Lo accettò profondamente grato. Era commosso che proprio io mi fossi interessato a lui. ( J. – Argentina) Il nonno Da quando il nonno soffre di seri problemi di deambulazione, ha rinunciato alle solite passeggiate per stare sempre in casa a leggere in poltrona e a dormicchiare, malgrado il geriatra lo abbia incoraggiato a fare movimento e uscire. Come far riaccendere in lui la voglia di guarire, di combattere per la vita? Le nostre figlie, con tanto amore, hanno allora escogitato il modo migliore per aiutare il nonno sempre stanco e depresso. Ogni tanto tiravano fuori le carte da gioco e gli proponevano una partita a briscola. Lui tentava di sottrarsi, dicendo che non era più in grado di giocare, ma loro non desistevano. E nel gioco, condotto con l’entusiasmo e la vivacità propria dei bambini, lui ha ritrovato l’allegria e la voglia di stare insieme. Inoltre erano sempre le bambine a ricordargli gli esercizi che doveva fare, come ad esempio la gara del “passo cadenzato”: per aiutare il nonno ad alzare bene le ginocchia e non trascinare i piedi, loro si mettevano sedute a terra con le gambe tese, così lui doveva scavalcarle. (F.G. – Italia)

A cura di Maria Grazia Berretta

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VIII, n.1, gennaio-febbraio 2022) (altro…)

Sinodo dei vescovi 2021 – 2023: Chiamati a dare un contributo

Sinodo dei vescovi 2021 – 2023: Chiamati a dare un contributo

In atto il percorso del Sinodo 2021-2023 dal titolo “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione”. In questa prima fase, oltre il coinvolgimento di ognuno nella propria comunità parrocchiale o diocesana, siamo invitati a dare un contributo anche come Movimento dei Focolari. Il perché della nostra partecipazione “Considerando che le Associazioni dei fedeli sono ‘palestra di sinodalità’ (…) sono un partner particolare in questa fase di consultazione, all’inizio di questa avventura ecclesiale desidero mettermi vicino a tutti voi per incoraggiarvi e sostenervi in questo cammino insieme con il popolo di Dio”, diceva il Card. Mario Grech, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, nella lettera indirizzata a Margaret Karram nel maggio del 2021, convocando il Movimento dei Focolari a vivere con tutta la Chiesa il percorso verso il Sinodo dei Vescovi 2023. Come risposta a quest’invito della segreteria del Sinodo dei Vescovi, la Presidente dei Focolari ha nominato un équipe internazionale per preparare la prima tappa, ossia il tempo dell’ascolto. Come Movimento siamo invitati quindi a cercare occasioni di confronto sul tema della sinodalità nella prospettiva del carisma dell’unità. Una Chiesa sinodale In occasione della commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei vescovi (2015), Papa Francesco aveva ricordato che “il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio. (…) Una Chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto, nella consapevolezza che ascoltare è più che sentire”. Nel suo discorso rivolto il 18 settembre del 2021 ai fedeli della diocesi di Roma (Italia), il Papa ha rivolto un forte incoraggiamento a seguire la voce dello Spirito Santo che non conosce confini, ad ascoltare ciascun appartenente all’unico popolo di Dio e anche quanti vivono ai margini della comunità. “I poveri, i mendicanti, i giovani tossicodipendenti, tutti questi che la società scarta, sono parte del Sinodo? Sì, caro, sì, cara. (…) La sinodalità esprime la natura della Chiesa, la sua forma, il suo stile, la sua missione”. Tre fasi Questa visione ricchissima ci offre una importante chiave di lettura per “entrare” nella realtà del processo sinodale in corso, aperto il 10 ottobre del 2021 in Vaticano, che ha visto poi l’apertura nelle Chiese locali la domenica 17 ottobre 2021. È un processo triennale, articolato in tre fasi, scandito dall’ascolto, dal discernimento e dalla consultazione. E si presenta come una novità assoluta sia nella modalità che nelle fasi del suo svolgimento. Non si svolge solamente in Vaticano, ma in ciascuna Chiesa particolare dei cinque continenti. È la prima volta, nella storia di questa istituzione, che un Sinodo si svolge in modalità decentrata. La prima tappa (ottobre 2021 – aprile 2022) è quella che riguarda le singole Chiese diocesane dove il cammino sinodale intende rispondere a varie domande sulla vita e sulla missione della Chiesa. E in particolare, come ci ricorda nel Vademecum pubblicato dalla Segreteria generale del Sinodo, ad un interrogativo di fondo: “Come si realizza oggi, a diversi livelli (da quello locale a quello universale) quel ‘camminare insieme’ che permette alla Chiesa di annunciare il Vangelo, conformemente alla missione che le è stata affidata; e quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere come Chiesa sinodale?” Dopo la consultazione delle diocesi, le Conferenze episcopali metteranno a punto la sintesi che sarà inviata alla segreteria generale del Sinodo insieme ai contributi diocesani. Quindi la segreteria generale redigerà il primo Instrumentum laboris entro settembre 2022. La finalità della fase successiva, quella continentale (settembre 2022 – marzo 2023), è di dialogare sul testo del primo Instrumentum laboris in sette riunioni continentali: Africa, Oceania, Asia, Medio Oriente, America Latina, Europa e Nord America. Questi sette incontri internazionali produrranno a loro volta sette Documenti finali che serviranno come base per il secondo Instrumentum laboris, che sarà utilizzato nell’Assemblea del Sinodo dei Vescovi nell’ottobre 2023. L’ultima fase del cammino sinodale è quella della Chiesa universale (ottobre 2023). Una tappa fondamentale di questo percorso è la celebrazione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, nell’ottobre del 2023, a cui farà seguito la fase attuativa, che coinvolgerà nuovamente le Chiese particolari. Il carisma dell’unità per una spiritualità sinodale Quale l’attitudine con cui ci poniamo difronte al processo sinodale in corso? Durante l’Assemblea Generale del Movimento dei Focolari Papa Francesco, invitava i partecipanti a privilegiare la sinodalità: “Circa l’impegno all’interno del Movimento, vi esorto a promuovere sempre più la sinodalità, affinché tutti i membri, in quanto depositari dello stesso carisma, siano corresponsabili e partecipi della vita dell’Opera di Maria e dei suoi fini specifici”. Riflettendo sull’esperienza in seno al Movimento, la Presidente Margaret Karram ricordava i punti di riferimento nella spiritualità dei Focolari che possono aiutare per l’attuazione di un processo sinodale. Il Patto dell’amore scambievole, rinnovato e messo alla base di ogni processo di discernimento, rappresenta l’impegno ad essere pronti ad amarci. La mutua e continua carità richiede d’imparare l’Arte di amare evangelica: porsi in ascolto, mettendosi in posizione d’imparare. Parlare con rispetto, con sincerità e chiarezza. Tutto si può condividere con parresia, mettendosi davanti a Dio e tenendo viva la realtà del comandamento nuovo.

Liliane Mugombozi (Yaounde, Camerun), dell’équipe internazionale per il cammino sinodale del Movimento dei Focolari.

Per facilitare il cammino di riflessione, condivisione e ascolto, l’équipe ha iniziato il “cammino sinodale” da luglio 2021. Oltre ad un video di interviste, pubblicato sul canale YouTube del Movimento dei Focolari, è stato realizzato un sussidio di approfondimenti  per aiutare gli appartenenti al Movimento a vivere il processo sinodale, raccogliere ed elaborare contributi da offrire alla segreteria del Sinodo.    Link al vademecum in italiano   https://www.youtube.com/watch?v=s49U4V7C2YQ&list=PLKhiBjTNojHpVNzhRRVCRJ-2BDdMzArXH (altro…)

La forza della cura: uniti contro la tratta

La forza della cura: uniti contro la tratta

L’8 febbraio è la giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone. Quest’anno 2022 una maratona di preghiera online prenderà il via dall’Oceania e farà il giro del mondo per concludersi in Nord America. L’impegno dei Focolari per contrastare questo fenomeno. “C’è molta prostituzione nel nostro quartiere, ma l’invito del Papa ad andare verso le periferie esistenziali alla ricerca dei più vulnerabili, bisognosi, dimenticati, ci ha incoraggiato ad avvicinare le persone che si prostituiscono con l’obiettivo di accompagnarle, stare loro vicino, far sentire che vogliamo loro bene come persone”. Laura Diaz, volontaria del Movimento dei Focolari, è una delle otto donne del gruppo “Juntas en camino” nato nel 2013 nella parrocchia della Santa Eucaristia, nel quartiere Palermo di Buenos Aires, in Argentina che si impegna ogni giorno nel prendersi cura di chi si prostituisce per contrastare il fenomeno. “In questo nostro servizio – continua – riceviamo più di quanto diamo. In noi qualcosa è cambiato: la nostra mentalità, il nostro approccio senza pregiudizi. Questo cambiamento c’è poi stato anche in diverse nostre famiglie: guardiamo chi avviciniamo come persone la cui dignità è stata violata e la cui dignità può essere ripristinata”. Questa e altre testimonianze da oltre 30 Paesi saranno raccontate l’8 febbraio 2022, durante la maratona di preghiera online – dal titolo “La forza della cura” – organizzata in occasione della giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone. Seguendo i diversi fusi orari – dalle 9.00 alle 17.00 (CET) -, la maratona prenderà il via dall’Oceania, l’Asia e il Medio Oriente, per poi passare in Africa, Europa, Sud America e concludersi con il Nord America. Sarà trasmessa in diretta streaming in cinque lingue (francese, inglese, italiano, portoghese, spagnolo) nel sito della giornata www.preghieracontrotratta.org

Marcela Villares consegna il libretto delle attività didattiche al Papa

Anche Marcela Villares, focolarina che vive in Argentina, si impegna ogni giorno per contrastare il fenomeno della tratta. Lavora con i Vescovi della Commissione Episcopale per i Migranti e gli Itineranti della Conferenza Episcopale Argentina, dove coordina l’area del traffico di esseri umani. “Abbiamo scoperto l’importanza di lavorare per formare su questi argomenti bambini e adolescenti – racconta -. Da diversi anni offriamo una formazione su temi legati alla tratta di esseri umani a diverse diocesi del Paese, lavorando soprattutto nelle scuole. I frutti sono stati enormi, soprattutto nei bambini e nei giovani, dove già si sente il seme che è stato gettato, e negli insegnanti e direttori che l’hanno preso come asse pedagogico da seguire negli anni”. Il risultato di queste esperienze è stato un libretto con attività didattiche e giochi per ragazzi dai 6 ai 17 anni. “Quest’anno nella diocesi di Orano nel nord del nostro Paese, al confine con Salta, e quindi molto sensibile a questo crimine  – continua a spiegare Marcela – grazie al gruppo di amici dell’Associazione Mondo Unito (Amu) del Lussemburgo, abbiamo potuto formare e finanziare materiali in 4 scuole. Il vicario dell’educazione ci ha chiesto di estendere la formazione ad altre scuole cattoliche e ha invitato altri direttori di scuole pubbliche”. Dopo questa esperienza a Orano, Marcela e il suo team sono stati contattati da vari media argentini e il Presidente del Circolo dei Giornalisti ha chiesto di poter avviare la formazione per giornalisti, medici e infermieri degli ospedali di zona, per le persone legate ai trasporti e anche un’università ha chiesto di tenere una conferenza.

La statuta di Santa Bakhita dell’artista Timothy Schmaltz

“La pandemia ha aumentato il business della tratta, le condizioni di vulnerabilità per le persone più a rischio e le disuguaglianze tra uomini e donne – dichiara Suor Gabriella Bottani, coordinatrice della giornata mondiale contro la tratta -. Tutto questo va affrontato con coraggio. Noi donne, dunque, dobbiamo assumere un ruolo da protagoniste per promuovere un sistema economico nuovo, fondato sulla forza della cura. La violenza causata dallo sfruttamento può essere trasformata con gesti di cura e di solidarietà”. La maratona di preghiera dell’ 8 febbraio 2022 è coordinata da Talitha Kum, la rete internazionale anti-tratta di oltre 3000 suore, amici e partner in tutto il mondo, ed è promosso dalle Unioni Internazionali delle Superiore e dei Superiori Generali, in partenariato con la Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio allo Sviluppo Umano Integrale, Caritas Internationalis, l’Unione Mondiale delle Organizzazioni Femminili Cattoliche, il Movimento dei Focolari, il Jesuit Refugee Service e tante altre organizzazioni in tutto il mondo.

 Lorenzo Russo

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Chiara Lubich: perdonarsi scambievolmente

Nella società di oggi, perdonare é una scelta decisamente controcorrente. “Qualcuno pensa che il perdono sia una debolezza – scrive Chiara Lubich nel brano che pubblichiamo – No, è l’espressione di un coraggio estremo, è amore vero, il più autentico perché il più disinteressato”.  Se vogliamo contribuire infatti a realizzare un mondo nuovo la strada é fare come Dio che non solo perdona, ma anche dimentica. Il Signore perdona tutte le nostre colpe perché “è buono e pietoso, lento all’ira e grande nell’amore”[1]. Chiude gli occhi per non vedere più i nostri peccati[2], li dimentica gettandoseli dietro le spalle[3]. Dio perdona perché, come ogni padre, come ogni madre, vuol bene ai figli suoi e quindi li scusa sempre, copre i loro sbagli, dà loro fiducia e li incoraggia senza stancarsi mai. Perché padre e madre, a Dio non basta amare e perdonare i suoi figli e le sue figlie. Il suo grande desiderio è che essi si trattino da fratelli e sorelle, vadano d’accordo, si vogliano bene, si amino. La fratellanza universale, ecco il grande progetto di Dio sull’umanità. Una fraternità più forte delle inevitabili divisioni, tensioni, rancori che si insinuano con tanta facilità per incomprensioni e sbagli. Spesso le famiglie si sfasciano perché non ci si sa perdonare. Odi antichi mantengono la divisione tra parenti, tra gruppi sociali, tra popoli. A volte c’è addirittura chi insegna a non dimenticare i torti subiti, a coltivare sentimenti di vendetta… Ed un rancore sordo avvelena l’anima e corrode il cuore. Qualcuno pensa che il perdono sia una debolezza. No, è l’espressione di un coraggio estremo, è amore vero, il più autentico perché il più disinteressato. “Se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete?” – dice Gesù – questo lo sanno fare tutti: “Voi amate i vostri nemici”[4]. Anche a noi viene chiesto di avere, imparando da Lui, un amore di padre, un amore di madre, un amore di misericordia nei confronti di quanti incontriamo nella nostra giornata, specialmente di chi sbaglia. A quanti poi sono chiamati a vivere una spiritualità di comunione, ossia la spiritualità cristiana, il Nuovo Testamento chiede ancora di più: “Perdonatevi scambievolmente”[5]. L’amore reciproco domanda quasi un patto fra noi: essere sempre pronti a perdonarci l’un altro. Solo così potremo contribuire a creare la fraternità universale.

Chiara Lubich

(Chiara Lubich, in Parole di Vita, Città Nuova, 2017, pag. 666-667) [1] Cf. Sal 103, 3.8 [2] Cf. Sap 11, 23 [3] Cf. Is 38, 17 [4] Cf. Mt 5, 42-47 [5] Cf. Col 3, 13 (altro…)

Living Peace International compie 10 anni

Living Peace International compie 10 anni

Nato nel 2012 il progetto di educazione alla pace “Living Peace” promuove una cultura di pace e fraternità. Coinvolge oltre 1.000.000 di giovani, ragazzi e bambini di 130 Paesi del mondo e si ispira all’arte di amare di Chiara Lubich. Il 5 febbraio 2022 un evento on line sul canale Youtube di Living Peace Intenational ne celebrerà i 10 anni di vita. “Insegnavo in una scuola americana al Cairo in Egitto ed è nata lì questa idea di contribuire alla pace e alla sua cultura per dare risposta alle molte sfide che si vivevano nel Medio Oriente”. Inizia così il racconto di Carlos Palma, focolarino e insegnante, ideatore del progetto “Living Peace”, nato il 5 febbraio 2012 con lo scopo di promuovere una cultura di pace, fraternità e solidarietà. Oggi, dopo 10 anni, questo percorso di educazione alla pace si è sviluppato in tutto il mondo. È promosso dall’Associazione AMU – Azione per un Mondo Unito, Onlus in partenariato con Teens4Unity e New Humanity, vi partecipano oltre 80 organizzazioni internazionali e più di 1000 tra scuole e gruppi, arrivando a coinvolgere oltre un milione di ragazzi, giovani e bambini. Il prossimo 5 febbraio dalle ore 14,30 alle ore 16, 00 (UTC+1) sul canale YouTube di Living Peace International in occasione del decimo anniversario del progetto, ci sarà un evento online tradotto in inglese, spagnolo, portoghese, francese e italiano.   “Living Peace” si basa sul “Dado della pace” sulle cui facce non ci sono numeri, ma frasi che aiutano a costruire rapporti di pace tra tutti. Esso si ispira ai punti de “L’arte di amare” che anni prima Chiara Lubich aveva proposto, con un dado, ai bambini del Movimento dei Focolari. Insieme al Dado viene proposto anche il “Time out”: alle ore 12 di ogni giorno, in ogni fuso orario, un momento di silenzio, di riflessione o di preghiera per la pace. Nato inizialmente per le scuole primarie, ben presto si è sviluppato anche nelle scuole secondarie fino a raggiungere le università, movimenti giovanili, associazioni, fondazioni, carceri, comunità religiose, centri di formazioni artistiche, ecc. Cosa significa educare per la pace? La Costituzione Unesco afferma: “Poiché le guerre cominciano nelle menti degli uomini, è nelle menti degli uomini che si devono costruire le difese della Pace”. Educare alla pace non è una disciplina in più, quanto fare di ogni ambito formativo uno strumento di pace, un percorso, in cui si punti a sviluppare la creatività e l’autonomia delle bambine/i e delle ragazze/i nell’affrontare problematiche e conflitti, imparando a dialogare. Educare alla pace significa dunque promuovere azioni concrete di pace e riconciliazione iniziando dalle scuole e arrivando a tutti i centri di formazione possibili. “Nel 2013 sono stato nominato ambasciatore per la pace dal Circolo Universale degli Ambasciatori di Pace (Francia/Svizzera) – racconta ancora Carlos Palma – Due anni dopo è nata l’idea di nominare anche i giovani ambasciatori per la pace che va dai 6 ai 25 anni. Oggi sono 600 i giovani ambasciatori nel mondo che portano il ‘Dado della pace’ ovunque, protagionisti delle piu varie azioni su tutti i campi. Esso è divenuto anche materia di studio ed approfondimento in alcune università. Grazie ai giovani ambasciatori è stato realizzato il “Dado per la pace” in braille per le persone non vedenti ed è stato ideato il format Peace Got Talent che, prendendo spunto dal format televisivo noto in varie parti del mondo, dà spazio a giovani talenti per promuovere la pace”. Poi è arrivata la pandemia. “Ma nonostante ciò – conclude Carlos Palma – i giovani hanno continuato e continuano tutt’ora in mille modi, attraverso web e social, a promuovere la pace e la fraternità”. Per maggiori info visita il sito a questo link.

Lorenzo Russo

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Definita la procedura di sostegno alle vittime di abuso dell’ex focolarino francese J.M.M.

Per mantenere fede all’impegno assunto nei confronti delle vittime di J.M.M, ex focolarino francese condannato per violenza su minori, il Movimento dei Focolari ha elaborato una procedura di sostegno psicologico da proporre alle vittime che desiderino avvalersene. Tale servizio (vedi allegato) viene offerto nell’ambito dell’indagine indipendente condotta da GCPS Consulting che ha ascoltato il parere di alcune vittime.  Ovviamente questo sostegno è un primo passo verso gli impegni che il movimento vuole prendere per il futuro e dopo l’uscita del rapporto di GCPS Consulting. In quest’ottica, il Movimento dei Focolari ha individuato nella Rete Simon uno strumento idoneo all’accoglienza, all’ascolto e all’accompagnamento delle vittime e persone colpite da queste sofferenze. La Rete Simon, si compone di psicoterapeuti, psichiatri e accompagnatori spirituali disponibili ad offrire un percorso psicologico o psichiatrico nelle diverse fasi dell’inchiesta a coloro che ne necessitano o ne fanno richiesta. L’accordo stipulato tra il Movimento dei Focolari e la Rete Simon punta a far sì che le vittime possano usufruire di tale servizio il più vicino possibile al loro luogo di residenza (la rete copre la maggior parte del territorio francese). È inoltre possibile, per coloro che non desiderano utilizzare tale rete di sostegno fornita dal Movimento dei Focolari, rivolgersi ad altri professionisti di loro fiducia. In ogni caso, sia i professionisti della Rete Simon che quelli di fiducia delle singole vittime, concorderanno tutti gli aspetti del processo di accompagnamento psicologico o psichiatrico con un professionista indipendente individuato dal Movimento dei Focolari nella persona del Dott. Alexis Vancappel, che assumerà il ruolo di coordinatore per questo aspetto. Il Dott. Vencappel è psicologo, specialista in Terapie Cognitivo Comportamentali e Neuropsicologia. Lavora come psicologo clinico presso la Clinica Psichiatrica Universitaria, CHU di Tours. – È membro del Centres experts dépression résistante (CEDR), Fondation Fondamentale – Rete nazionale multidisciplinare, impegnata nella ricerca sulla depressione resistente. – Membro del Laboratoire Inserm, Equipe Imagerie et Cerveau – Laboratorio di medicina rivolto allo studio della neuropsichiatria funzionale. – Membro del Laboratorio Qualipsy – Laboratorio di Psicologia consacrato allo studio sulla qualità della vita. I dettagli che riguardano gli ulteriori impegni assunti dal Movimento dei Focolari verso le vittime, tra cui il risarcimento dei danni, saranno concordati dopo la pubblicazione del rapporto da parte di GCPS Consulting, previsto entro il primo trimestre 2022.

Stefania Tanesini

In allegato: Procedura di sostegno psicologico alle vittime (altro…)

Chiara Lubich: L’unità

In questa occasione ci soffermiamo sul cardine fondamentale della Spiritualità dell’unità. Chiara Lubich ci indica la via per ottenere la grazia dell’unità da parte del Padre. […] Qui, in questo cardine, tipico nostro, è implicito il “di più” di ciò che è richiesto, in genere, nelle spiritualità individuali, almeno lungo il loro decorso. Quel “di più” che è, come sappiamo, reciprocità e unità. L’unità. Ma che cos’è l’unità? Si può attuare l’unità? L’unità è ciò che Dio vuole da noi. L’unità è realizzare la preghiera di Gesù: “Padre che siano uno come io e te. Io in essi e tu in me affinché siano uno” (cf Gv 17,21). Ma l’unità non si può attuare con le sole nostre forze. Può realizzarla solo una grazia particolare, che scende dal Padre, se trova una particolare disposizione in noi, un requisito preciso e necessario. Esso è l’amore reciproco, comandato da Gesù, messo in atto. Il suo amore reciproco, quello che Lui vuole, che non è – lo sappiamo – semplice amicizia spirituale o accordo o buona intesa. E’ l’amarsi l’un l’altro come Lui ci ha amato. E cioè fino all’abbandono: fino al distacco completo dalle cose e  creature, materiali e spirituali per poterci far uno l’un l’altro vicendevolmente e perfettamente. In tale maniera si fa la parte nostra e si è nelle condizioni per ricevere la grazia dell’unità, che non mancherà, che non può mancare. […] Occorre ricordarsi che, nella nostra spiritualità comunitaria, c’è una grazia in più; che il Cielo può aprirsi ogni momento per noi; e noi, se facciamo quanto Esso chiede, invasi da questa grazia, possiamo operare molto, molto per il Regno di Dio. […] Durante il prossimo mese sforziamoci per procurarci sempre questo dono! E non attendiamolo solo per la nostra felicità, ma per essere abilitati alla nostra tipica evangelizzazione. La conoscete: “Siano uno affinché il mondo creda” (cf Gv 17,21). C’è tanto bisogno nel mondo di fede, di credere! E tutti siamo chiamati a evangelizzare. […] Che chiunque osservi due o più di noi uniti (in focolare, nei nuclei, nelle unità, nei nostri incontri, o perché casualmente insieme), sia colpito da un raggio della nostra fede e creda: creda all’amore, perché l’ha visto. Mettiamoci sotto. Questo vuole il Signore da noi. Lo vuole attraverso il nostro carisma inciso nei nostri statuti: l’unità è la premessa di ogni altra volontà di Dio. Poi possiamo anche parlare per irradiare il Vangelo. Ma dopo.

Chiara Lubich

(Chiara Lubich, Conversazioni, Cittá Nuova, 2019, p. 523-524) https://youtu.be/i-Ml83z7OFQ (altro…)

Giornata Gen mondiale: Insieme per un bene piú grande

I Gen, i giovani dei Focolari, puntano alla santità. Sono giovani come tutti: con gioie, dolori, sogni, difficoltà. Ma sanno che ad una meta così ardita non si arriva d’un giorno all’altro. Si costruisce attimo dopo attimo e non da soli, ma insieme. Lo hanno espresso con testimonianze di vita, canzoni e racconti in una giornata mondiale che li ha visti riuniti virtualmente per oltre due ore domenica 19 dicembre 2021. Margaret Karram, Presidente dei Focolari, salutandoli li ha invitati a essere attenti a costruire con tutti rapporti veri, profondi, fermandosi davanti al prossimo per scoprirlo “qui ed ora”. Diamo la parola a loro attraverso questa selezione di esperienze di vita raccontate durante la giornata. Unità nella diversità La Repubblica dell’Indonesia riconosce alcune religioni ufficiali: Islam, Cristianesimo, Induismo, Buddismo, Confucianesimo e credenze tradizionali. La popolazione più numerosa è quella musulmana. Questa diversità fa sì che il dialogo interreligioso diventi un dialogo della vita quotidiana. Attualmente sto studiando per un Master in Scienze Farmaceutiche. Nell’università incontro molt amici provenienti da diverse isole, appartenenti a diverse religioni. Alcune di loro mi sono molto vicine, sono come mie sorelle. Io sono cristiana cattolica, l’amica accanto a me è Indù e le altre sono musulmane. Durante il mese del Ramadan, li accompagno spesso a rompere il digiuno. Una volta li ho invitati a romperlo insieme in Focolare. Si sono sentiti molto amati. Dopo l’incontro, uno di loro ha scritto sul suo profilo Instagram: “Non abbiamo lo stesso background, religione, età e nemmeno veniamo dallo stesso Paese, ma abbiamo un sogno: creare una casa migliore per tutti, sperare e pregare per un futuro prospero. Ci aspettiamo un mondo universale, come dice il motto del nostro Paese “Bhineka Tunggal Ika” – “Unità nella diversità”. Vivo in una pensionato dove la maggioranza delle ragazze sono musulmane. Quando si sono trasferite li’, all’inizio avevano paura di me, perché sembravo molto seria e la maggior parte di loro non aveva mai vissuto con persone non musulmane. Un giorno avevo tanti dolci e ho pensato di condividerli con loro. Il rapporto tra di noi sta crescendo. Cuciniamo insieme, mangiamo, facciamo sport, giochiamo insieme. La nostra esperienza di convivenza ha allargato il nostro orizzonte e siamo felici di questo. Tika (Indonesia) Amare al di là delle nostre forze Ho una sorella che studia architettura. Da tre mesi lei si stava dedicando al suo lavoro per la laurea, facendo anche tante notti in bianco. Doveva presentare un suo progetto della città: preparare la documentazione di presentazione e i modellini. Di solito gli studenti junior aiutano quelli senior, ma a causa del COVID-19, mia sorella doveva fare tutto da sola. Ad un certo punto ha chiesto aiuto a me e alla mamma. Ho risposto con gioia: “Va bene! Ti aiuto io!” Tuttavia ho pensato: “Anche io ho abbastanza da fare con i miei compiti in questo momento” e mi chiedevo “E’ stata una scelta saggia dire che l’avrei aiutata? È un compito importante per la sua laurea, potrò farlo bene? Non sarebbe meglio una persona che conosca la materia?” Tuttavia, vedendo mia sorella in difficoltà, ho pensato: “Se finisco in anticipo i miei compiti, potrò darle una mano”. Così, ogni sera l’ho aiutata con tutto il cuore nei suoi compiti, come fossero i miei. Alla fine ha potuto consegnare il lavoro, finito in tempo, con successo. Mi ha ringraziato molto ed è stata felice che questo lavoro sia stato completato non solo da lei, ma con la forza di tutti. Sarebbe una bugia se dicessi che ho aiutato mia sorella amando al cento per cento, senza lamentele, ma non mi sono pentita di averlo voluto fare, il mio cuore era sollevato e contento. Inoltre, dentro di me, c’era una piccola gioia. Mi è venuta in mente una frase del Vangelo che dice: “Chi rimane nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui”, ed ho pensato: “Forse Dio avrà preso dimora in me?” Rosa (Corea) Tra guerra e speranza Studio ingegneria Informatica. È da bambino che cerco di vivere la spiritualità dei Focolari. Nell’ultimo periodo sentivo lontano il rapporto con Gesù e Maria. Mi chiedevo dove è Dio e come mai Egli permetta le difficoltà che viviamo qui in Siria, come la mancanza di corrente, i prezzi alti e la dura situazione economica. Inoltre, tutto questo aveva un effetto nel mio rapporto con gli altri. Recentemente sono andato a Londra per un mese per visitare le mie sorelle e lì ho partecipato ad un weekend con i gen, i giovani dei Focolari. Questa esperienza mi ha aiutato a trovare molte risposte e a ritrovare me stesso vivendo la spiritualità dell’unità. Non mi dimenticherò mai dell’amore che ho trovato tra i gen, un amore che mi ha riempito il cuore… era come se ci conoscessimo da molto tempo. Queste esperienze mi hanno colpito tanto e ho sentito di conseguenza che qualcosa cominciava a cambiare dentro di me. Appena rientrato in Siria c’era anche qui un congresso gen al quale ho partecipato. Per la prima volta dopo 10 anni riuscivamo a trovarci,  a causa delle situazioni difficili della guerra. È stata una ricca esperienza segnata dall’amore reciproco e vissuta come in un’unica famiglia. Ho sperimentato che la pace interiore cresceva in me giorno dopo giorno. Le esperienze vissute nei due weekend con i gen e le persone che ho incontrato, hanno lasciato un tocco profondo nel cuore e mi hanno aiutato ad essere nuovamente quella persona positiva che guarda in avanti con coraggio. Ci sono periodi in cui, per via delle pressioni a cui siamo sottoposti nella vita, perdiamo la speranza… come se fosse la fine del mondo e non ci esistesse più niente. Se proviamo tuttavia Dio,  con la Sua grazia,  ci permette di ritornare a Lui e scopriamo che le cose difficili vissute sono state come una nostra piccola partecipazione alle sofferenze di Gesù in croce. Ci rendiamo conto che i nostri dolori erano piccoli dinanzi alle Sue sofferenze vissute per redimerci. Una cosa che sento di dire è che quando viviamo momenti dolorosi nella vita, che sembrano non aver fine, essi possono finire nella luce, ma sta a noi chiedere nella preghiera l’aiuto di Dio. Lui è sempre pronto ad aiutarci e con grande speranza possiamo ricominciare e anche avere un rapporto sempre più forte con Lui. Paolo (Aleppo, Siria) All’incontro dei più sofferenti Dopo il terremoto di due anni fa in Croazia  abbiamo deciso di fare un’azione andando nei luoghi dell’epicentro. Cercando il modo migliore di essere utili, il parroco di Sisak ci ha sorpreso, chiedendoci di collaborare con lui per preparare un gruppo di ragazzi rom alla prima comunione. Ci siamo messi d’accordo di andare ogni settimana per alcuni mesi nel villaggio di Capranske Poljane dove vivono rom musulmani e cristiani (ortodossi e cattolici). Con loro facevamo catechismo, scenette, giochi… Da questo incontro sono nati bellissimi rapporti che continuano e crescono ancora oggi. Tramite i focolarini abbiamo anche conosciuto e visitato una famiglia di Petrinja, che vive in una situazione molto difficile (sia per via del terremoto che della realtà socio-economica in cui si trovano) Con l’aiuto anche della Caritas siamo riusciti a comprare materiale e strumenti sia per riparare la casa che per riprendere il lavoro. E’ rinata in loro la speranza! In un incontro con i gen ho sentito che dovevo fare un passo per uscire fuori dalla mia zona di confort – ispirato dall’esempio di tanti in tutto il mondo – ho voluto “scendere in strada” per cercare di amare gli altri come se stessi. Un giorno siamo stati a Sisak per parlare col parroco di come andare avanti con i rom e abbiamo, poi, visitato questa famiglia di Petrinja e portato loro varie cose di prima necessità. Abbiamo visto come hanno usato i soldi che avevamo raccolto per sistemare il loro soggiorno che adesso è veramente accogliente! Abbiamo portato anche un laptop per permettere ai bambini di seguire la scuola online. Mi sono sentito come a casa. C’era una bellissima atmosfera familiare. Anche se fino a quel momento non avevo fatto niente di concreto per la loro situazione, ho dato quello che potevo: me stesso con la mia buona volontà e un po’ del mio tempo. Sono grato a Dio che mi ha dato questa occasione di amare e voglio continuare ad amare perché ho ritrovato la gioia centuplicata che voglio condividere con gli altri ed ora con voi. Thiana e Peter (Croazia) (altro…)

Un’ anima gemella oltre il muro

Un incontro capace di superare grandi ostacoli; un salto nell’amore che avvicina e generà unità. Bella Gal, ebrea che vive vicino a Tel Aviv, racconta della sua amicizia speciale con E., cristiana palestinese. Qualche anno fa ho avuto un incontro molto interessante e profondo con una donna palestinese, cristiana, docente universitaria, durante una conferenza a Gerusalemme dove stava tenendo un discorso. Il suo nome è E. Ha cresciuto i figli da sola, mentre suo marito è stato in una prigione israeliana per 10 anni. E’ stato rilasciato a causa di problemi di salute e poco tempo dopo, purtroppo, è morto. Pur soffrendo, E. non ha rinunciato a vivere e ha educato i suoi figli che oggi sono professionisti, ognuno nella propria area di competenza. Il suo intervento era molto interessante ma, allo stesso tempo, molto triste. Alla fine del discorso, non aspettando la sessione di domande e risposte, ho lasciato la sala. Non potevo sopportare di sentire la sua storia. Mi ha ricordato la mia sofferenza, la mia prima infanzia e i miei genitori, morti durante l’Olocausto. Forse è stato molto egoista da parte mia, ma E. mi ha dato un esempio e una lezione molto importante per “rendere ogni incontro proficuo”. Dopo essere uscita dalla sala, sono andata a sedermi in caffetteria. All’improvviso ho sentito qualcuno che mi ha messo una mano sulla spalla. Era E. che mi ha detto: “Ti ho vista alla mia conferenza e ti ho vista anche uscire alla fine. È successo qualcosa? Ti ho offesa?”. Anche se E. aveva tutte le ragioni del mondo per essere ostile nei miei confronti, ci siamo avvicinate con grande compassione, rendendoci conto che entrambe avevamo sofferto, ma avevamo trovato la nostra forza interiore, raccolto i pezzi e abbracciato quella situazione. Dopo aver parlato e pianto, io e E. ci siamo subito sentite legate, ed abbiamo avvertito un grande amore e reciproco apprezzamento l’una per l’altra. Siamo state in grado di unirci profondamente come donne e di vedere oltre le differenze della nostra nazione. Nel corso degli anni, E. ha anche ricoperto cariche politiche importanti e questo a livello storico è un risultato importante per  una donna cristiana che vive in quel contesto. Oggi, devo ammettere, E. è la mia anima gemella oltre il muro.

Bella Gal

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Un approfondimento sull’unità

Da poco è uscito il libro “L’unità. Uno sguardo dal Paradiso’49 di Chiara Lubich”, a cura di Stefan Tobler e Judith Povilus (Città Nuova, Roma 2021). Prossimamente sarà pubblicato in altre lingue. Un approfondimento a più voci che ci aiuta a capire cosa è l’unità, cardine centrale della spiritualità dei Focolari. “L’unità è la nostra specifica vocazione”[1]; “L’unità, dunque, è il nostro ideale e non un altro”[2]. Chiara Lubich era ben consapevole della missione dell’opera alla quale aveva dato vita. Se “l’unità è ciò che caratterizza il Movimento dei Focolari”[3], esso è chiamato a interrogarsi sull’eredità ricevuta e sulle modalità per svilupparsi in maniera creativa e fedele. Come vivere oggi l’unità nei focolari, nei nuclei, tra quanti condividono la “Parola di Vita”? Come percorrere con audacia e libertà una strada che eviti autoritarismi e individualismi, che consenta il pieno sviluppo delle doti personali e il perseguire di obiettivi comuni? Come percorrere il difficile cammino di una comunione che richiede salvaguardia di legittime autonomie e ricerca di identità e di accoglienza, integrazione, apertura al diverso? Il tema tocca sul vivo l’intera Opera. Nello stesso tempo il lascito di Chiara Lubich è di ben più vasto respiro: l’unità riguarda il mondo ecclesiale, i rapporti tra religioni, culture, nazioni… Su richiesta del Centro dell’Opera di Maria la Scuola Abbà da alcuni anni si è interrogata su questo tema, a partire, come è nella sua natura, dall’esperienza vissuta da Chiara Lubich negli anni 1949-1951. Ne è nato il libro “L’unità. Uno sguardo dal Paradiso’49 di Chiara Lubich”. Si articola in tre parti. La prima – “Fondamenta” – offre uno sguardo globale sull’unità dal punto di vista biblico, teologico, spirituale. Gli scritti di Chiara si tagliano in tutta la loro profondità e arditezza. Colti nel loro contesto mostrano la “logica” divina, quella di un Dio il cui “interno” “non è da pensare come un tutt’uno in cui spariscono le differenze, anzi: Dio è l’Uno proprio essendo infinita molteplicità”, una dinamica che si rispecchia nella creazione. Come Chiara scrive, Il Padre “dice: ‘Amore’ in infiniti toni”, a indicare la straordinaria ricchezza delle infinte manifestazioni del suo amore. La seconda parte del libro propone una lettura di alcuni testi del Paradiso ’49, così da fare emergere le intuizioni fondanti sull’unità. Si illuminano così di luce nuova pagine o formule che l’usura del tempo o una ripetitività pigra a volte hanno reso incomprensibili o inaccettabili. Per vivere l’unità occorre l’annullamento della propria personalità o non piuttosto il “dono di sé senza riserve, nella logica della vita di Dio che porta a ‘correre il rischio’ di ‘perdere’ la propria”? Cosa significa vivere “a mo’ della Trinità”? Nell’unità vi è livellamento o non piuttosto l’epifania della pluralità? Si affrontano con lucidità equivoci e derive a cui può portare una inesatta comprensione di espressioni quali “perdere”, “morire”, “annullarsi”, e si evidenzia la fecondità di un amore esigente e totale che porta alla piena realizzazione di sé: “Si è visto chiaramente – afferma Chiara – che ognuno di noi ha una personalità ben distinta, inconfondibile”, che è “la parola che Dio ha pronunciato creandoci”. L’unità appare allora dinamica, in costante divenire, creativa, bisognosa dell’apporto di ciascuno e di tutti, rispettosa di ognuno e di tutti. In questo ambito viene compreso anche l’apporto e la posizione unica e irrepetibile della persona di Chiara quale strumento di mediazione del carisma e fondatrice. La terza parte del libro si apre a discipline diverse che si ispirano al dettato del Paradiso ’49 per una proposta attinente al proprio campo specifico. Quest’ultima parte è quella che ha richiesto una maggiore attenzione metodologica. Poiché il linguaggio del Paradiso ’49 è prevalentemente di natura religiosa ci si è chiesti come scrivere un libro transdisciplinare intorno ad una parola plurisemantica – unità – senza il rischio di parlare di cose diverse e di mescolare i linguaggi. Se da un Movimento e una spiritualità che si definiscono “dell’unità” sono nate realtà sociali e apporti academici nei campi più diversi ciò significa che esiste un denominatore comune, un punto di partenza e un fondamento stabile che rende possibile a tutti, pur lavorando nei campi diversi, riconoscere nell’unità un comune orizzonte, anche quando si esprimono nel linguaggio specifico della propria disciplina. Vengono tracciare soltanto alcune linee intuitive in alcuni campi della vita sociale e del pensiero che richiederanno ulteriori sviluppi. Il libro è frutto di un lento processo della Scuola Abbà. Per più di due anni, a cominciare attorno al 2017, è stato letto il Paradiso ’49 alla luce di questa tematica specifica. Ognuno dei dodici contributi porta la firma dei rispettivi autori, che conservano il proprio stile, competenza e metodologia specifica. Nello stesso tempo è frutto della comunione di tutto in gruppo; un modo di lavorare che ha richiesto un esercizio di “unità” – in consonanza con la tematica stessa! – non sempre facile, per accogliere e comprendere l’altro nella sua diversità, per provenienza da Paesi diversi, per formazioni scientifiche differenti e ambiti disciplinari e metodologici specifici. Il libro si limita alla lettura di alcune pagine del Paradiso ’49. Non ha dunque la pretesa di esaurire un tema così vasto e impegnativo, anche se, grazie alla profondità dei testi di riferimento, offre una grande ricchezza di intuizioni e proposte.

Fabio Ciardi

[1] L’unità e Gesù Abbandonato, Città Nuova, Roma 1984, p. 26. [2] Ibid., p. 43. [3] Ibid.,  p. 26. (altro…)

Posticipata la pubblicazione del rapporto sull’ex focolarino francese JMM

GCPS Consulting ha annunciato nel novembre scorso una proroga in merito alla diffusione dei risultati dell’indagine indipendente entro il primo trimestre 2022.    L’indagine relativa agli abusi sessuali compiuti da J.M.M., ex membro consacrato francese dei Focolari, sta richiedendo più tempo del previsto. Lo ha annunciato nel novembre scorso in una nota GCPS Consulting, la società di consulenza specializzata a cui il Movimento ha affidato l’indagine indipendente. “Il processo di raccolta di informazioni sta continuando ben oltre il calendario previsto – si legge – e la Commissione sta pianificando interviste con persone chiave all’interno dei Focolari (…) anche come parte di una revisione delle disposizioni di salvaguardia. Come nota positiva, questo dimostra che il processo è approfondito e completo (…). Il nostro obiettivo è di pubblicarlo al più presto nel primo trimestre del 2022”. Nell’esprimere rammarico per il ritardo, la Commissione incaricata si augura che “tutte le parti interessate capiscano che la portata del lavoro è stata ampliata e che l’obiettivo è quello di riflettere pienamente le voci di tutti coloro che hanno fornito prove e altre informazioni alla Commissione”.

Stefania Tanesini

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Chiara Lubich: camminare contro corrente

La Parola di vita di questo mese di gennaio 2022 dice che i Magi sono arrivati a Betlemme seguendo la stella per onorare il Bambino Gesù. Anche noi oggi possiamo onorare il Signore con le nostre scelte di vita, come propone Chiara Lubich in questo brano. Tu sei nel mondo. E chi non lo vede? Ma tu non sei del mondo. E questo comporta una grande differenza. Questo ti classifica fra coloro che si nutrono non delle cose che sono del mondo, ma di quelle che ti sono espresse dalla voce di Dio dentro di te. Essa è nel cuore di ogni uomo e ti fa entrare – se l’ascolti – in un regno che non è di questo mondo, dove si vivono l’amore vero, la giustizia, la purezza, la mansuetudine, la povertà, dove vige il dominio di sé. (…) Non è del cristiano la vita comoda e tranquilla; e Cristo non ha chiesto e non ti chiede di meno, se lo vuoi seguire. Il mondo t’investe come un fiume in piena e tu devi camminare contro corrente. Il mondo per il cristiano è una fitta boscaglia nella quale bisogna vedere dove mettere i piedi. E dove vanno messi? In quelle orme che Cristo stesso ti ha segnato passando su questa terra: sono le sue parole.

Chiara Lubich

(Chiara Lubich, in Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi, Cittá Nuova, 2017, pag 110-112) (altro…)

Messico: Visite Virtuali alle comunità cristiane

In questi giorni nei quali nell’emisfero nord si celebra la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 2022, dal Messico il racconto sull’ideazione del progetto ecumenico “Visite Virtuali alle comunità cristiane”, nato un anno fa per promuovere l’unità tra le diverse Chiese. “Il Messico è un Paese a maggioranza cattolica. Nel vivere la spiritualità dell’unità, abbiamo scoperto l’anelito per l’unità dei cristiani e da diversi anni abbiamo coltivato delle belle relazioni ecumeniche”. Sono le parole di Dolores Lonngi, moglie di Pablo, entrambi volontari nel Movimento dei Focolari che da anni seguono il dialogo ecumenico in Messico. Insieme alla loro figlia Ursula, focolarina, nel febbraio scorso, hanno dato il via al progetto “Visite virtuali alle comunità cristiane” con il fine di estendere l’ecumenismo oltre la Settimana di preghiera per l’unità e iniziare un cammino di fraternità e comunione di esperienze. Conoscere come ogni tradizione vive ed esprime la fede nella società in cui è immersa e identificare il modo di collaborare per il bene di tutta la società sono stati, fin dall’inizio, gli obiettivi di questo progetto. Ursula, come si sono svolte queste visite virtuali e da dove siete partiti? “Per portare avanti il progetto si è creata una vera Commissione Centrale formata da noi, l’Ufficiale di Ecumenismo per la Chiesa Anglicana del Messico e Presidente del Consiglio Interreligioso del Paese, il Segretario della Commissione di Dialogo ecumenico ed interreligioso della Conferenza Episcopale Messicana, una docente di “Teologia Ecumenica” all’Universitá Pontificia del Messico e una di Ecumenismo all’Universitá Anahuac della città di Querétaro, oltre che un sacerdote della Confraternita dei Missionari Ecumenici La prima visita è stata alla Chiesa anglicana per poi passare alle Chiese cattoliche orientali. Tutte ci hanno donato delle vere “perle” (la storia, i ministeri, la testimonianza di fede e di carità di giovani e adulti). Nella Chiesa anglicana erano presenti vari sacerdoti anglicani e il Vescovo anglicano emerito dell’Uruguay, Mons. Miguel Tamayo, che ha raccontato degli incontri di Vescovi di varie Chiese promossi dal Movimento dei Focolari. In ognuna delle nostre “visite virtuali” abbiamo avuto un momento di dialogo a piccoli gruppi, che ci ha dato l’occasione di conoscerci di più e di tessere rapporti di amicizia con le persone di diverse Chiese”. Pablo, quali i momenti salienti e che tipo di affluenza? “Nel programma dell’anno c’è stato un momento di preghiera in occasione della Pentecoste (periodo in cui nell’emisfero sud celebriamo la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani) e altre sette Visite Virtuali a diverse Chiese, l’ultimo giovedì di ogni mese, oltre che un festival ecumenico di letture bibliche e canti all’inizio dell’Avvento. Per la diffusione dell’iniziativa sui social media e con l’intento di generare una comunità ecumenica, abbiamo aperto dei canali  WhatsApp, Telegram e Facebook, che nei primi mesi del progetto hanno raggiunto più di 10.500 persone di Ecuador, Perú, Argentina, Venezuela, Colombia, Costa Rica, Honduras, USA, oltre che in diverse città del Messico. Dolores, cosa vi ha lasciato questa esperienza? “Siamo rimasti sorpresi dalla grande risposta che questa iniziativa ha avuto e siamo felici di aver contribuito nel nostro piccolo alla crescita dello spirito di unità nelle e tra le nostre Chiese. Ci accorgiamo che così possiamo realizzare quanto già il Concilio Vaticano II proponeva nel n.5 della Unitatis Redintegratio: ‘La cura di ristabilire l’unione riguarda tutta la Chiesa, sia i fedeli che i pastori, e tocca ognuno secondo le proprie possibilità, tanto nella vita cristiana di ogni giorno quanto negli studi teologici e storici. Tale cura manifesta già in qualche modo il legame fraterno che esiste fra tutti i cristiani e conduce alla piena e perfetta unità, conforme al disegno della bontà di Dio’ ”.

Maria Grazia Berretta

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Chiara Lubich in dialogo con il mondo: la parola si fa dono

Chiara Lubich in dialogo con il mondo: la parola si fa dono

Il 21 gennaio 2022 si terrà presso l’auditorium della sede internazionale del Movimento dei Focolari (Rocca di Papa – Italia) la presentazione del libro ‘Chiara Lubich in Dialogo con il mondo, prospettive interculturali, linguistiche e letterarie nei suoi scritti’, edito dalla casa editrice Rubbettino. “Gli scritti di autori ed autrici definiti ‘maestri di spirito’ sono “spesso considerati solo come libri di edificazione spirituale (…) offerti al pubblico in versioni antologiche e con apparati critici sintetici. In realtà sono spesso opere di grande valore letterario, testimonianze di una lingua viva, creativa e coraggiosa[1]”. Con queste parole, Anna Maria Rossi, linguista, docente, collaboratrice del Centro Chiara Lubich, introduce il lettore all’interno di un cammino di conoscenza, quello proposto dal libro “Chiara Lubich in Dialogo con il mondo, prospettive interculturali, linguistiche e letterarie nei suoi scritti’ (edito da Rubbettino) di cui è curatrice insieme a Vincenzo Crupi. Questa opera raccoglie le relazioni presentate durante l’omonimo Convegno tenutosi a Trento (Italia) dal 24 al 25 settembre del 2020, in occasione del Centenario della nascita di Chiara Lubich. La proposta di pubblicare questo libro “è stata accolta di buon grado e senza riserva in quanto perfettamente rispondente alle linee guida della collana ‘Iride’ della Rubbettino, nata con l’intento di ‘diventare un punto di incontro fra studiosi italiani e stranieri per rispondere ad un’esigenza di informazione dialettica’ su quanto di meglio si produce nel campo della critica letteraria, della linguistica e della filologia” afferma Rocco Mario Morano, Direttore della collana. “Il volume su Chiara Lubich – continua – aggiunge a questo filone di ricerca, il pregio della vastità e profondità di analisi riscontrabile nei saggi dei 25 studiosi che, da varie parti del mondo, hanno messo a frutto le proprie esperienze di lettura e le proprie sensibilità e competenze nei vari settori disciplinari oggetto di studio”. Per descrivere la propria esperienza spirituale, Chiara Lubich autrice, aggiunge Morano, ha un’attenzione particolare nell’utilizzare “modelli di scrittura resi di volta in volta consoni all’esigenza primaria di comunicare i propri moti interiori e il proprio pensiero permeati di  una elevata spiritualità e di una grande religiosità (…). E da qui deriva inoltre l’esigenza di sottoporre i suoi testi a revisioni continue per consentire a chi ne fruisce di penetrarne i significati più profondi in tutte le sfumature (…), un affinamento che non prescinde mai (…) dal desiderio vivo e dalla gioia immensa di far dono della Parola come atto d’amore a tutti gli uomini di buona volontà  del mondo intero, indipendentemente dal loro credo religioso, politico e filosofico”. Il libro, che verrà presentato il 21 gennaio 2022 presso la sede interazionale del Movimento dei Focolari approfondisce, di fatto, in una prima parte la lettura di quei testi scritti da Chiara Lubich tra il 1949 e il 1951, meglio noti come “Paradiso ‘49”. La parola, attraverso un’attenta analisi testuale e lo studio dettagliato del linguaggio mistico, veicola il messaggio di un’esperienza  molto profonda che “attraverso immagini e metafore – afferma Anna Maria Rossi- offre spunti per raffronti intertestuali”. Ma la parola è anche vista come mezzo che conduce a un ideale, all’unità. La seconda parte del libro, infatti, analizza gli scritti della Lubich rivelandoci il suo essere “donna del dialogo”, rivolta sempre all’altro, attenta alla dimensione multiculturale dei suoi interlocutori; una donna capace di edificare con la parola, costruire abbattendo le differenze, vivendo in pieno l’amore evangelico. Un amore che, perfino nel passaggio da una lingua a un’altra, attraverso il delicatissimo compito della traduzione, prevede il confronto, lo scambio con l’altro, l’esistenza di un rapporto tra traduttore e autore, come ci spiega Regina Célia Pereira da Silva, Docente di Lingua Portoghese presso l’Università per Stranieri di Siena (Italia), specializzata in Traduzione, Strategie e Tecnologie di Informazione Linguistica: “Le parole di Chiara non provengono da una semplice teoria religiosa, ma sono frutto di una vita reale, concreta, scaturita dall’incontro con il divino. Soltanto se il traduttore fa la stessa esperienza, del donarsi dicendo, riuscirà a capire tali realtà, vivendole, non singolarmente, ma in modo collettivo”. Al fine di ridonare al mondo un’esperienza tanto forte rispettando le volontà dell’autore e eliminando ogni possibilità di ambiguità nel linguaggio, non serve soltanto esprimersi nella stessa lingua, ma è necessario che il traduttore doni la propria idea, si svuoti, sia disposto a perderla; è necessario che si stabilisca un dialogo tra “autore, traduttore e fruitori del testo d’arrivo che – continua Regina Pereira – presuppone una nuova dinamica che è tipica di Chiara Lubich (…) penetrare nella necessità dell’altro per condividerla e se possibile fare il primo passo. Esige umiltà e amore. Il rapporto autore-traduttore s’innesta nella nuova comunicazione basata su quel nulla che, perché vuoto, accoglie totalmente l’altro con la sua identità e bagaglio culturale. Il traduttore o il lettore entra nel testo, nell’autore e acquisisce la sua esperienza che lo arricchisce”.

Maria Grazia Berretta

[1] Rossi, Anna Maria in Chiara Lubich in Dialogo con il mondo, prospettive interculturali, linguistiche e letterarie nei suoi scritti, a cura di Anna Maria Rossi, Vincenzo Crupi, Rubbettino Editore, 2021, p. 11. (altro…)

Chiara Lubich: Dove c’è carità e amore, c’è Dio

Incomincia nell’emisfero nord la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (18-21 gennaio 2022). I cristiani del Medio Oriente che hanno preparato le proposte per questa settimana, dicono: “La strada nuova per le Chiese è la via dell’unità visibile che perseguiamo con sacrificio, coraggio, audacia così che, giorno dopo giorno,‘Dio regnerà effettivamente in tutti’ (1 Cor 15, 28)”. In una intervista realizzata dalla TV Bavarese nel 1988 a Montet (Svizzera), Chiara Lubich ha parlato proprio di come avanzare sulla via dell’unità dei cristiani. Se noi parliamo dell’unità tra i cristiani, dobbiamo pensare che il primo promotore non è stato tanto un cristiano di una Chiesa o di un’altra Chiesa: è lo Spirito Santo che spinge i cristiani verso l’unità. Il programma, prima di esser in noi, è in Dio. Allora noi siamo veramente persone prudenti e sapienti, se seguiamo Lui e lo seguiamo ascoltando la sua voce che parla dentro di noi e ci dice: fai questo passo, fai quest’altro passo. Le Chiese si sono messe su questi due binari: fare un’unità nella carità, il dialogo della carità, tipico di Athenagoras e di Papa Paolo VI, e poi il dialogo nella verità fra Chiese o anche tra gruppi di Chiese. Sarebbe molto bene tenere alla base l’idea della carità, perché mediante la carità si stabilisce la presenza di Gesù in mezzo a noi. Dove c’è la carità e l’amore, lì è Dio. Ora, se c’è Lui in mezzo a noi, Lui può suggerire, illuminare anche i teologi a trovare le strade per unirsi e trovare un’unica verità, un’unica verità considerata magari da tanti punti di vista. Che cosa ci vuole? Continuare su questa linea che le Chiese hanno preso, di fare il dialogo della carità; e su questo, il dialogo nella verità, della verità. Riguardo all’unità dell’umanità, vedo che ci sono tutte queste spinte verso l’unità e una piccola spinta è anche la nostra. Quello che io sento è che debbono crollare tante barriere; se crollano le barriere, tante cose sono risolte. (…) Se noi diffondiamo cristianesimo e lo ravviviamo nelle nostre Chiese, e se riusciamo a testimoniare meglio Cristo e diffondiamo principi cristiani mediante il dialogo con le altre religioni e con gli uomini di buona volontà, è certo che saremo sempre più uno; Gesù è venuto sula terra per fare la fraternità universale. Ma la finale la sa Dio.

Chiara Lubich

 (Chiara Lubich, Una spiritualità per la unità dei cristiani, Città Nuova, 2020, p. 122-123) (altro…)

Vangelo Vissuto: Doni preziosi

Donarsi e dare ciò che di caro possediamo all’altro è il gesto più grande che l’uomo, uscendo da sé stesso, possa compiere; è fare l’esperienza dei Re Magi che, dall’Oriente lontano, sono giunti alla grotta portando doni preziosi per onorare il Re dei Re. La conseguenza di condividere Sono medico, in pensione da tre anni. Negli ultimi anni della mia attività lavorativa, prima della pandemia, ho svolto il mio servizio presso un centro vaccinale. Il lavoro mi impegnava parecchio. Ero abbastanza stanca ed aspettavo con ansia di poter andare in pensione. L’arrivo della pandemia, l’istituzione della campagna vaccinale massiva, la richiesta della disponibilità di tante forze necessarie (personale medico ed infermieristico anche in pensione), ha suscitato in me un forte richiamo a scendere ancora in campo, ad impegnarmi concretamente per contribuire a frenare questa ondata che ci stava travolgendo. Ho iniziato la campagna vaccinale in una grande Hub. E’ un’impresa coinvolgente. Come medico devo soprattutto raccogliere l’Anamnesi prevaccinale e dare l’idoneità per un vaccino sicuro. Si tratta di aprire il cuore, oltre che la mente e le conoscenze scientifiche, ascoltare fino in fondo la persona che ho davanti, capirla ed accompagnarla in una scelta consapevole verso la cosa migliore da fare per il suo bene e quello della collettività. Ho potuto condividere tante situazioni dolorose di malattie personali, di storie e vicende familiari, di paure, di ansia, di delusioni, di ideali e progetti infranti per la pandemia, di morti di propri cari, ma anche di gioie, di speranza, di liberazione, di incoraggiamento, di fiducia nella scienza e nella comunità. Le espressioni che mi sento rivolgere sono: “grazie, ci avete salvato, ci date la pace…non vedevo l’ora di venire a vaccinarmi… sono emozionata … faccio il vaccino oltre che per me, per gli altri.” L’espressione di un signore in particolare mi ha dato la misura di quello che può essere questo mio servizio all’umanità. Mi ha detto:“Io sono non credente, ma se Dio esiste, l’ho incontrato oggi in lei”. Ho ringraziato Dio di questo riscontro soprattutto perché ho sperimentato la forza dell’unità in tutto quello che faccio e questa testimonianza è la testimonianza del Dio-Trinità che si manifesta attraverso quel “focolare ambulante” che ho voluto portare con me. (M.P. – Italia) Zucchero e scarpe Una sera, tornando a casa, ho visto le mie figlie preoccupate: una parente venuta a chiedere dello zucchero si era portata via il poco che ci era rimasto. Le ho tranquillizzate dicendo che lei ne aveva più bisogno. Pochi minuti dopo, arriva una conoscente con una borsa piena di cibarie per noi: c’era dentro, tra le varie cose, il doppio dello zucchero che avevamo dato. Tempo dopo con i primi guadagni eravamo finalmente riusciti a comperare un paio di scarpe per la nostra figlia maggiore. Un giorno torna da scuola e mi dice che intende regalarle a una delle compagne che aveva le scarpe rotte: “mamma, ci hai insegnato che ai poveri dobbiamo dare le cose migliori”- dice. Sapendo quanti sacrifici c’erano costate, sono rimasta perplessa ma non mi sono sentita di contraddirla. Tre giorni dopo una signora ci porta un paio di scarpe nuove dello stesso numero. Le aveva comprate per la figlia alla quale però stavano piccole. Nostra figlia mi ha guardata sorpresa e felice. Da quando cerchiamo di vivere le parole di Gesù, sperimentiamo che Dio è Padre e ci conduce per mano. (C.E. – Messico)

A cura di Maria Grazia Berretta

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VIII, n.1, gennaio-febbraio 2022) (altro…)

La sinodalità dell’America Latina

La sinodalità dell’America Latina

Un’ esperienza inedita quella della Chiesa in America Latina per la realizzazione dell’Assemblea Ecclesiale: il camminare insieme di tutto il Popolo di Dio in un processo che ha avuto un suo punto forte alla fine di novembre scorso, ma che continua adesso per attuare gli orientamenti pastorali prioritari emersi. “Abbiamo vissuto una vera esperienza di sinodalità, nell’ascolto mutuo e nel discernimento comunitario di quanto lo Spirito vuol dire alla sua Chiesa. Abbiamo camminato insieme riconoscendo la nostra poliedrica diversità, ma sopratutto quello che ci unisce e, nel dialogo, il nostro cuore di discepoli ha guardato la realtà che vive il continente, nei suoi dolori e speranze”. Così si sono espressi i 885 membri dell’Assemblea Ecclesiale Latinoamericana e dei Caraibi, svoltasi dal 21 al 28 novembre in modo virtuale e presenziale in Messico con rappresentanti di tutti i Paesi del continente americano. “Papa Francesco – dice Susana Nuin, focolarina uruguaiana, coordinatrice del Cebitepal, l’organo della Consiglio Episcopale dell’America Latina e dei Caraibi (CELAM) che si dedica alla formazione – il 24 gennaio 2021 ha aperto il processo di questa prima assemblea ecclesiale, con l’indicazione che partecipi tutto il Santo popolo di Dio, cioè cardinali, vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, laici e laiche, prendendo dentro tutte le generazioni e tutte le culture”. Un cammino che ha visto coinvolte tutte le diocesi, le parrocchie, le comunità ed i movimenti in un tempo di “ascolto”. Sono arrivate 70.000 risposte collettive o individuali che comporranno un libro. Da questo materiale sono sorte le grandi linee su cui si è lavorato nei diversi gruppi. “Secondo me – continua la Nuin – quello dei gruppi è stato uno spazio molto interessante, per l’impegno e l’interesse dei partecipanti. Si lavorava per 3 ore di continuo, con molta libertà di espressione, con desiderio di cambiamento”. “Per me è stata un’esperienza di sinodalità vera e propria. – interviene Sandra Ferreira Ribeiro, focolarina brasiliana, corresponsabile del Centro “Uno” la segreteria per il dialogo tra cristiani di diverse Chiese dei Focolari – Ogni giorno, nei lavori di gruppo c’era una diversa domanda alla quale rispondere in base alla tematica che si era affrontata nella prima parte della giornata. Nel nostro gruppo eravamo 14 persone di diversi Paesi, vocazioni ed età, tutti collegati via zoom. In un primo momento si ascoltava il pensiero di ciascuno, in seguito si cercava di dare una priorità a ciò che era emerso, facendo una sintesi”. Un lavoro intenso e fecondo, intervallato da brevi pause, che a volte venivano perfino tralasciate per continuare il dialogo e così far arrivare sempre all’equipe di coordinamento qualche riflessione personale. I mezzi telematici hanno permesso una maggiore partecipazione malgrado questo abbia rappresentato un limite per la conoscenza reciproca, quella che si crea spontaneamente nei “corridoi”, negli intervalli e che, anch’essa, fa parte della sinodalità. I momenti di preghiera, molto ben curati specialmente dalle religiose e i religiosi, hanno espresso i diversi contributi culturali con simboli ed espressioni musicali sempre fondati sulla Parola. Come in ogni cammino sinodale c’è stato anche spazio per il dissenso, per lo scambio di diversi punti di vista a volte divergenti, ma che non ha mai portato a scontri o rotture. Appositamente non si è voluto realizzare un documento finale, perché ancora c’è ancora molto da mettere in pratica nel documento di Aparecida (2007). Inoltre questa Assemblea è solo un passo del cammino intrapreso che deve continuare e continuerà. La scelta è stata quella di lanciare un messaggio a tutto il Popolo di Dio dell’ America Latina e dei Caraibi, contenente le sfide e gli orientamenti pastorali prioritari, che vanno da un nuovo slancio come Chiesa in uscita al protagonismo dei giovani e delle donne; dalla promozione della vita umana, dal concepimento alla morte naturale, alla formazione in sinodalità. Sfide che includono l’ascolto e l’accompagnamento dei poveri, esclusi e scartati, con la finalità di riscoprire il valore dei popoli originari, l’inculturazione e l’interculturalità; priorità alla messa in pratica dei sogni di “Querida Amazonia”[1] per la difesa della vita, la terra e le culture originarie e afrodiscendenti. Non ultimo, dare accuratamente attenzione alle vittime degli abusi avvenuti in contesto ecclesiale e lavorare per la prevenzione. Tra gli invitati, presenti il Cardinale Marc Ouelet, prefetto della Congregazione per i Vescovi e Presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina, il cardinale Mario Grech, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, rappresentanti delle conferenze episcopali regionali, che hanno seguito i lavori con molto interesse. “È stato un momento privilegiato in cui poter incontrare la Chiesa dell’America Latina. – conclude Sandra – Nel mio gruppo c’erano vescovi, sacerdoti, religiosi, laici. Ho ritrovato quella Chiesa proprio nei suoi membri, nelle persone che esprimevano le proprie ansie e preoccupazioni. È stato emozionante vedere la Chiesa latinoamericana viva, dinamica e il suo desiderio di portare la fraternità, il Regno di Dio; la voglia di portare davvero Gesù a tutti”.

Carlos Mana

Per scaricare il messaggio finale: https://www.cec.org.co/sites/default/files/MENSAJE%20FINAL-Asamblea-Eclesial.pdf [1]“Querida Amazonia” é una esortazione apostolica postsinodale del 2020 di Papa Francesco in risposta al Sinodo dei Vescovi della regione Panamazónica tenutosi a Roma nel ottobre del 2019. (altro…)

David Sassoli: testimone autorevole e costruttore di un’Europa come continente di popoli fratelli

Il cordoglio e le parole di Margaret Karram e del Movimento dei Focolari per la scomparsa del Presidente del Parlamento Europeo. “‘Di notte serve aprire la sede del Parlamento europeo ai senzatetto perché è doloroso vedere tante persone cercare riparo dal freddo intenso agli angoli dell’edificio che ci ospita a Bruxelles. I poveri non possono aspettare’. Queste parole del Presidente Sassoli nel 2019 mi danno la misura della sua statura umana e civile e della sua idea di Europa. Oggi insieme alla commozione per la sua grave perdita, con profonda gratitudine vogliamo raccogliere questi valori che sentiamo nostri e impegnarci sempre più nel realizzarli”. Margaret Karram, Presidente del Movimento dei Focolari, così si è espressa questa mattina alla notizia della scomparsa del Presidente del Parlamento Europeo. “La sua vita – ha aggiunto – di alto spessore umano e politico ci sta ora davanti come segno e testimonianza autorevole di chi ha vissuto la politica come servizio e ha lavorato ad una visione dell’Europa, come continente di popoli fratelli”. David Sassoli e i giovani Nel maggio 2021 così si esprimeva il Presidente Sassoli in dialogo con i giovani per un Mondo Unito dei Focolari a proposito di #daretocare, un progetto internazionale, nel quale lo avevano voluto come testimonial di una politica che si fa carico della cura del mondo a cominciare dalle sue ferite: “Molto bella questa immagine del ‘prendersi cura’, perché la politica ha questo orizzonte, non può averne altri; avere cura delle persone, della propria comunità, delle proprie città. Credo che questa sia una espressione che rappresenta davvero la voglia di scommettere sul futuro”. “Sono uno dei giovani europei che ha avuto il privilegio di dialogare con il Presidente Sassoli”, ricorda Conleth Burns, irlandese, ricercatore e organizzatore dell’evento. “Due cose ci hanno colpito di quanto ci ha detto: la sua convinzione che una politica profondamente radicata nella cura delle persone e delle comunità sia una politica migliore e capace di trasformare la società. Poi la sua spinta ad avvicinare la politica e le stesse istituzioni ai cittadini per rafforzare la nostra democrazia europea. La visione del Presidente Sassoli e la sua testimonianza al servizio del bene comune, come giornalista e politico, continueranno a ispirare tutti noi”. Anche Clara Verhegge, giovane belga, che ha dialogato con il Presidente, racconta: “Il suo impegno sul fronte dell’accoglienza europea per i migranti – nonostante si sentisse impotente – ha toccato il mio cuore e quello di tanti altri giovani. Quando abbiamo parlato con lui ho capito che non ero sola, anzi, spero fiducia che un giorno l’Europa trovi una voce unica anche per quanto riguarda i rifugiati”. Sempre in quell’occasione, alla domanda di Mátyás Németh, giovane ungherese, se la questione climatica fosse un’occasione di unione per i popoli europei, il Presidente Sassoli aveva risposto che il Covid rappresentava un’occasione per far ripartire una politica comune europea su cui fondare la ripresa post-pandemia, aggiungendo: “Penso che nelle difficoltà avremo bisogno di società aperte che collaborano e dobbiamo essere orgogliosi dei giovani che richiamano  il mondo della politica alle condizioni del nostro pianeta”.

Stefania Tanesini

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Il segreto di Palmira

Il segreto di Palmira

Palmira Frizzera, una delle prime compagne di Chiara Lubich, che ci ha lasciati il 5 gennaio 2022, vivrà nel ricordo e nella vita di tanti – focolarine, focolarini, giovani, famiglie – che ha accompagnato nella loro formazione alla Mariapoli Foco (Montet, Svizzera), la cittadella dei Focolari nella quale ha vissuto  per oltre 40 anni. Attingendo alle sue parole ricordiamo alcuni momenti che hanno segnato il suo cammino di vita . “Signorina, per i suoi occhi non c’è più nulla da fare”. Una diagnosi durissima quella che il medico dette a Palmira Frizzera qualche mese dopo il suo arrivo nel primo focolare di Piazza Cappuccini a Trento. Palmira aveva 18 anni quando, tre anni prima, nel 1945, aveva conosciuto il primo gruppo di focolarine. I problemi agli occhi li aveva da tempo, a causa di essi era crollato anche il suo sogno di partire come suora missionaria in India. Ma adesso si ripresentavano con gravità. Dopo varie visite specialistiche quel giorno era andata da un oculista di Trento accompagnata da un’altra delle prima compagne di Chiara Lubich, Natalia Dallapiccola. “Il medico mi ha visitato a fondo – raccontò Palmira ad un gruppo di ragazze nel 2004 – e poi ha detto: l’occhio destro ormai è perso e l’occhio sinistro lo sta per perdere”

Palmira Frizzera con Chiara Lubich. © CSC Audiovisivi

Che doccia fredda! “Appena ho lasciato quel medico, ancora sulle scale, sono scoppiata in un pianto dirotto, singhiozzavo e dicevo tra di me: a soli 21 anni diventerò cieca e proprio adesso che ho trovato l’ideale più bello della mia vita, che nessuno più mi può togliere. Adesso che ho trovato la gioia di vivere e che la vorrei gridare al mondo intero, dovrò diventare cieca. E piangevo”. Pioveva, e sotto l’ombrello Natalia la teneva sottobraccio e in silenzio l’accompagnava. “Ad un certo momento  – continua – mi sono fermata in mezzo alla strada ed ho detto: Ma Natalia come mai sto tanto a piangere perché perderò la vista? Per vedere Gesù nel fratello non mi servono questi occhi, mi servono gli occhi dell’anima e quelli se non lo voglio non li perderò mai (…). Io adesso faccio un patto con Gesù e tu mi sei testimone. Se do più gloria a Dio con gli occhi che lui me li lasci, ma se gli do più gloria senza occhi che lui se li prenda, perché voglio fare solo la sua volontà. Poi ho pensato: Gesù nel Vangelo non ha detto che è meglio andare in Paradiso senza occhi che all’inferno con due occhi?. Da quel momento io non ho più sofferto”. “Dopo ho scritto a Chiara Lubich – continua Palmira – la mia esperienza, tutta di gioia, perché ero felice, non mi mancava proprio niente”.  Intanto si consultano altri specialisti, tra loro uno che, dopo averla visitata attentamente le dice che la malattia è grave, però unilaterale, aveva intaccato cioè solo l’occhio destro che probabilmente l’avrebbe perso, però il sinistro era sano e non correva alcun pericolo. “E’ stato così – continua Palmira – ho perso il destro, ma il sinistro non mi ha mai creato, in tutti questi anni, il più piccolo problema. Si capisce che avrei dato più gloria a Dio con gli occhi. E vi dico la verità che con quest’occhio sinistro ho sempre visto per due”. E conclude: “Tante volte noi abbiamo paura a dare qualcosa a Gesù, un affetto, un attaccamento, qualcosa nello studio. Mentre invece varrebbe la pena darGli sempre tutto, perché Lui non si lascia vincere dalla nostra generosità che è sempre poca in confronto alla sua, perché Dio è Amore e lui risponde sempre con il centuplo”.

© CSC Audiovisivi

Negli anni successivi Palmira ha avuto diverse responsabilità per il Movimento dei Focolari in Italia. Nel 1981 Chiara Lubich le chiese di andare, insieme ad altri focolarini, a Montet, in Svizzera, dove stava nascendo una cittadella. Doveva rimanere solo tre giorni per valutare i lavori di ristrutturazione necessari. Passati i tre giorni gli altri sono partiti e lei è rimasta sola, in un appartamento di  Estavayer, la cittá vicina. Ad un certo punto, presa dalla sconforto di fronte alla grandezza di quanto l’attendeva, si inginocchia e recita il Padre Nostro. Ricorda: “Quando sono arrivata alla frase ‘sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra’ l’ho detta a voce alta e mi è entrata una pace che ancora non l’ho perso”. Quei tre giorni sono diventati 40 anni. Palmira ha costruito la cittadella insieme ad altri, ha accompagnato e formato generazioni di giovani. Con semplicità e schiettezza, sue caratteristiche peculiari, si domandava nel 2017: “Ce l’ho fatta? Non lo so. Io ho cercato sempre di amare con il cuore per non sbagliarmi, perché con la testa posso sbagliare sempre, ma se si ama col cuore, pronti a dar la vita no, Penso che chi ama, non sbaglia mai”.

Carlos Mana

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Chiara Lubich: lasciar trasparire la luce di Dio

La vita cristiana vissuta è luce anche al giorno d’oggi per portare gli uomini a Dio. I credenti, singolarmente e come comunità, hanno una funzione da svolgere, che Chiara Lubich spiega in questo brano: rivelare, attraverso la loro vita la presenza di Dio, che si manifesta là dove due o tre sono uniti nel suo nome, presenza promessa alla Chiesa fino alla fine dei tempi. Il cristiano non può sfuggire il mondo, nascondersi, o considerare la religione un affare privato. Egli vive nel mondo perché ha una responsabilità, una missione di fronte a tutti gli uomini: essere la luce che illumina. Anche tu hai questo compito, e se così non farai la tua inutilità è come quella del sale che ha perso il suo sapore o come quella della luce che è divenuta ombra. (…) La luce si manifesta nelle “opere buone”. Essa risplende attraverso le opere buone che compiono i cristiani. Mi dirai: ma non solo i cristiani compiono opere buone. Altri collaborano al progresso, costruiscono case, promuovono la giustizia… Hai ragione. Il cristiano certamente fa e deve fare anche lui tutto questo, ma non è solo questa la sua funzione specifica. Egli deve compiere le opere buone con uno spirito nuovo, quello spirito che fa sì che non sia più lui a vivere in se stesso, ma Cristo in lui. (…) Se il cristiano fa così, egli è «trasparente» e la lode che si darà per quanto compie non arriverà a lui, ma a Cristo in lui, e Dio, attraverso di lui, sarà presente nel mondo. Il compito del cristiano è dunque lasciar trasparire questa luce che lo abita, essere il “segno” di questa presenza di Dio fra gli uomini. (…) Se l’opera buona del singolo credente ha questa caratteristica, anche la comunità cristiana in mezzo al mondo deve avere la medesima specifica funzione: rivelar attraverso la sua vita la presenza di Dio, che si manifesta là dove due o tre sono uniti nel suo nome, presenza promessa alla Chiesa fino alla fine dei tempi.

Chiara Lubich

(Chiara Lubich, in Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi, Opere di Chiara Lubich, Città Nuova, 2017, pag. 145) (altro…)

Vangelo Vissuto: Siamo venuti qui per onorarlo (Mt 2,2)

Seguire la Stella che porta a Gesù Bambino e diventare pellegrini. Sull’esempio dei Re Magi questo tempo è un’occasione preziosa per rimetterci in cammino insieme testimoniando ogni giorno al prossimo la meraviglia che dimora in quella grotta e viene per far nuove tutte le cose. Il positivo nel cambiamento Mentre passo in rassegna la vita di un intero anno segnato dall’imprevisto della pandemia, ho l’impressione di assistere a un film d’azione che ha ci scombussolato un po’ tutti, genitori e figli. Dover cambiare programmi e ritmo di vita è stato spesso duro, faticoso, ma è anche vero che ha portato una ventata di novità nella nostra famiglia. Ci siamo accorti, infatti, di nuove possibilità di rapportarci fra noi, di bisogni ai quali prima non facevamo caso. Se con i figli la fede si era rivelata un tabù, eccoci ora davanti alle nostre fragilità, a paure di dimensioni planetarie, a interrogativi prima sopiti. Il vero cambiamento però è iniziato quando ci siamo chiesti il senso di quello che stava accadendo. Abituati ad avere risposte ad ogni domanda, stavolta rimanevamo interdetti davanti all’ignoto. In breve, ci siamo trovati più solidali non solo fra noi in famiglia,ma abbiamo allargato lo sguardo sugli altri. Ci siamo ritrovati a considerare l’umanità come una sola famiglia. (R.F. – Francia) Amore in circolo fra i detenuti Svolgo volontariato presso la Casa circondariale della mia città, e con altri mi occupo del “Progetto lettura Città Nuova”, al quale partecipano settimanalmente molti detenuti; inoltre animo la Messa domenicale. Uno di loro pare dispiaciuto di non potersi accostare all’Eucarestia in quanto privo di formazione catechistica, allora propongo di prepararlo io. Felice, mi ringrazia e insieme alcappellano stiliamo un programma per le lezioni. Spontaneamente si aggiunge qualche altro detenuto. Nel giro di alcuni mesi siamo pronti e alla data scelta per ricevere il Sacramento, con mia grande sorpresa, la chiesa si riempie: i compagni di sezione, che raramente partecipano alle funzioni religiose, si presentano a Messa, ben vestiti. Non solo: ripescando ricordi d’infanzia, si occupano dei canti, delle letture, delle preghiere dei fedeli. Emozionati come tutti noi, godono del clima di famiglia che si è venuto a creare, dove nessuno si sente solo. (Antonietta – Italia) In ginocchio Vive da solo in un tugurio sporco, mezzo paralizzato e ridotto a pelle e ossa. Deve avere poco più di 60 anni, ma ne dimostra di più. A quest’uomo che da anni aveva abbandonato la fede e i sacramenti, la prima volta in cui sono andato a portargli dei viveri e un po’ di vestiario ho proposto di pregare insieme. Non ricordava più il Padre nostro, sapeva solo l’Ave Maria. Al momento di andar via gli ho chiesto la benedizione, anche se ero più giovane di lui, straniero e, ai suoi occhi, un ricco straniero. Gli ho alzato la mano paralizzata e ho segnato la croce sulla mia testa. Lui, quel pover’uomo, mi ha guardato con gli occhi pieni di gioia, sorpresa e lacrime. Il nostro è diventato ormai un appuntamento settimanale. Ogni volta diciamo insieme alcune preghiere riaffiorate alla sua mente. Le recita a voce alta. L’unica posizione possibile per stargli più vicino è mettermi in ginocchio accanto al suo giaciglio, e intanto penso: “Eccomi, Signore, sono in ginocchio davanti a te”. (L.B. – Thailandia)

A cura di Maria Grazia Berretta

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VIII, n.1, gennaio-febbraio 2022) (altro…)

Grazie Palmira

Oggi, 5 gennaio 2022, ci ha lasciati Palmira Frizzera, una delle prime compagne di Chiara Lubich. Nata a Terlago (Trento), il 9 aprile del 1927, Palmira Frizzera conosce Chiara Lubich nel 1945 a Trento (Italia), nella casa di Piazza Cappuccini, che diventerà il primo focolare. Colpita dall’ideale della “fraternità universale” decide di seguirla. Nel 1947 entra in focolare a Trento dove rimane per diversi anni prima di spostarsi in Sicilia, a Torino ed ancora a Roma. Nella Cittadella Foco di Montet (Broye, Svizzera) vive poi per oltre 40 anni, diventando responsabile della Cittadella del Movimento dei Focolari e seguendo la formazione delle future focolarine. https://www.youtube.com/watch?v=mATNZqc7Cp0&list=PLKhiBjTNojHoPfT9syIwfyLI4sPeqBV0P&index=1   (altro…)

AMAZZONIA | Un percorso che inizia

A Parintins, nel cuore della foresta amazzonica, parte il progetto “Proteggere l’infanzia e l’adolescenza” per la prevenzione delle violenze sui minori, indirizzato a ragazzi, genitori, educatori, insegnanti. https://www.youtube.com/watch?v=qT-4RP3831s (altro…)

Cipro e Grecia, laboratori di accoglienza e fraternità

Cipro e Grecia, laboratori di accoglienza e fraternità

Cos’ha lasciato la visita di Papa Francesco in Grecia e a Cipro, ad un mese di distanza? L’abbiamo chiesto alla comunità dei Focolari dei due Paesi. Ad un mese dal viaggio di Francesco in Grecia e a Cipro, questo quadrante del globo continua ad essere sotto i riflettori internazionali. Tra le notizie di questi giorni leggiamo la storia di speranza di Grace Enjei, ventiquattrenne camerunense che, grazie alla visita del Papa e all’aiuto della Comunità di Sant’Egidio, dalla “no man’s land” di Cipro è arrivata a Roma assieme ad altri 10 richiedenti asilo; ma apprendiamo anche dell’ennesimo naufragio nel Mar Egeo, quello del giorno di Natale, in cui hanno perso la vita 13 migranti. Grecia e Cipro. Due Paesi con una popolazione relativamente piccola (i cattolici costituiscono una minoranza religiosa) ma che sono lo specchio delle principali crisi globali: dalle forti correnti migratorie alla crisi finanziaria oltre che sanitaria. In particolare, soffrono per le preoccupanti influenze di carattere politico dei vicini di casa turchi. Alla comunità dei Focolari di questi Paesi abbiamo chiesto cos’ha lasciato questo viaggio apostolico, quali sono i passi da compiere verso la pace e una convivenza più umana per tutti. Lina Mikellidou, ortodossa e responsabile della comunità dei Focolari di Cipro non ha dubbi: “Quando Papa Francesco ha affermato che occorre fare di questa isola ‘un laboratorio di fraternità’ ha centrato il punto. Cipro dal 1974 è occupata dai turchi e la capitale Nicosia è l’ultima città europea divisa con filo spinato. I tentativi di ricomporre tali fratture non hanno portato a risultati concreti nonostante l’impegno negli ultimi anni della comunità internazionale e delle due parti. Penso sia necessario sviluppare o rafforzare delle piattaforme, dei luoghi di dialogo fra le diverse realtà che esistono a Cipro, ovvero fra cristiani di diverse denominazioni (come Armeni, Latini, Maroniti e Ortodossi) e anche con i Musulmani. Poi occorre coltivare lo spirito di ‘unità nella diversità’ fra le due Chiese sorelle, quella Cattolica e quella Ortodossa. Infine, c’è il capitolo dei migranti. Il loro numero non è sostenibile per il nostro Paese, sia dal punto di vista logistico che economico. Il mio popolo è noto per la sua generosità e per lo spirito di accoglienza: si è fatto già tanto per i profughi ma sicuramente si può migliorare, cercando di sensibilizzare le coscienze, trovando fondi e strutture per far sì che questi nostri fratelli vivano in condizioni più umane e dignitose”. “Il Papa ci ha incoraggiati ad avere un nuovo sguardo – conclude Lina –, un’attenzione viva per tematiche scottanti come quella dei migranti e del dialogo ecumenico. Ci dà grande speranza la ricerca dell’unità tra Papa Francesco e il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli S. B. Bartolomeo: un rapporto fraterno, fatto di gesti concreti e di profondo dialogo”. Alexandros Oshana, giovane di Atene della comunità locale dei Focolari sostiene che la strada del dialogo ecumenico è ancora lunga: “In questo senso – afferma – la visita del Papa ha offerto la possibilità di un nuovo inizio. Nei suoi interventi usava spesso le parole ‘unità’, ‘fraternità’, ‘dialogo’. Il Papa auspicava una chiesa inclusiva, aperta a chi soffre. Francesco ha espresso tutti noi greci cattolici al 100%, la nostra intenzione di essere vicini ai fratelli ortodossi e di sentirci prima di tutto cristiani”. A tal proposito, non è sfuggito a nessuno l’esempio che Papa Francesco ha voluto dare in prima persona. Per sottolineare che l’unità è possibile solo attraverso un completo atto di umiltà, lui stesso ha chiesto ancora perdono all’Arcivescovo ortodosso Ieronimos per gli errori commessi in passato dai cattolici nei confronti degli ortodossi. Lo stesso Arcivescovo si è detto certo che sarà possibile “scrollare i pesi del passato, in particolare quelli collegati con gli avvenimenti della guerra d’indipendenza greca”. In segno di fratellanza ha anche detto di volersi unire a Francesco “nell’enorme sfida” riguardante la sorte dei migranti e di voler intraprendere “un’azione comune per l’ambiente”.

Lorenzo Russo con la collaborazione della comunità dei Focolari di Grecia e Cipro 

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Chiara Lubich: costruire rapporti nuovi

Il 1° gennaio scorso, in occasione della  55° Giornata Mondiale della Pace,  nel suo messaggio Papa Francesco affermava che: “Dialogare significa ascoltarsi, confrontarsi, accordarsi e camminare insieme. Favorire tutto questo tra le generazioni vuol dire dissodare il terreno duro e sterile del conflitto e scarto per coltivarvi i semi di una pace duratura e condivisa”.  Anche Chiara Lubich in questo brano ci invita a stabilire rapporti di dialogo per arrivare ad una pace vera. Gesù è venuto per costruire rapporti totalmente nuovi tra le persone, tra uomo e donna, tra ragazzo e ragazza, tra marito e moglie, tra genitori e figli, tra insegnanti ed alunni, tra lavoratori e datori di lavoro, tra dipendenti e dirigenti, tra cittadini e governanti, tra razza e razza, tra popolo e popolo, tra Stato e Stato. Gesù vuole costruire un nuovo ordine sociale, fondato sulla giustizia, sul rispetto e la vera fraternità umana. Gesù vuole donare a noi, come singoli e come collettività, la vera pace, quella pace divina che lui solo può dare. Ma, perché ciò avvenga, occorre seguirlo, anche se egli a prima vista sembra essere così esigente. Occorre vivere la sua Parola, ciascuno nella condizione di vita nella quale è stato chiamato.

Chiara Lubich

(Chiara Lubich, in Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi, Opere di Chiara Lubich, Cittá Nuova, 2017, pag. 362) (altro…)

Dialogo, educazione, lavoro: un patto per generare la pace

Dialogo, educazione, lavoro: un patto per generare la pace

Papa Francesco nel messaggio per la Giornata Mondiale della Pace che ricorre oggi 1° gennaio, lancia un monito ai politici che investono sugli armamenti piuttosto che sull’istruzione. Cosa fare per dare speranza ai giovani e invertire la rotta? Lo abbiamo chiesto al prof. Vincenzo Buonomo, rettore della Pontificia Università Lateranense Oggi secondo la Banca Mondiale ci sono quasi 100 milioni di persone in più che vivono in stato di impoverimento a causa della pandemia da Covid-19. E la spesa militare nel mondo nel 2020 nonostante il Covid è aumentata sfiorando i 2.000 miliardi di dollari (nel 2019 era di 1650 miliardi) secondo il rapporto dell’Istituto di ricerca internazionale per la pace di Stoccolma (Sipri). Dati che hanno spinto Papa Francesco a lanciare un messaggio duro ma pieno di speranza per la 55° giornata mondiale della pace che ricorre oggi 1° gennaio 2022. Il Papa propone tre elementi: dialogo tra generazioni, educazione e lavoro: strumenti per edificare una pace duratura. Come contestualizzare questo messaggio nelle sfide che la società vive oggi? Lo abbiamo chiesto al prof. Vincenzo Buonomo, rettore della Pontificia Università Lateranense. Come si avvia il dialogo tra le generazioni per costruire la pace? Su quale fiducia si basa oggi, visto che sia la pandemia che lo sviluppo della tecnologia hanno creato tanta solitudine e indifferenza? “Anzitutto il messaggio del Papa presenta il dialogo non come obiettivo soltanto per i rapporti tra generazioni ma come metodo. E questo credo che sia l’aspetto più importante che si può cogliere ed è l’aspetto che ci consente anche di poter fare del dialogo uno strumento effettivo per la pace, perché molto spesso noi leghiamo all’elemento dialogo soltanto la possibilità di comunicare. In realtà il dialogo presuppone qualcosa in più: c’è un patto tra le generazioni, un patto in cui la parola data ha un suo significato. Molto spesso abbiamo fatto del dialogo soltanto uno strumento tecnico e non qualcosa che condividiamo e che pertanto diventa un metodo o un agire quotidiano”. L’istruzione e l’educazione negli ultimi anni sono considerate delle spese piuttosto che investimenti. E sono aumentate le spese militari. Quali passi devono fare i politici per promuovere una cultura della “cura” piuttosto che della “guerra”? “Il rapporto tra l’educatore e colui che viene educato è un rapporto che va costruito quotidianamente sulla base di rinunce da parte di ambedue. Questo tipo di metodologia dell’educazione dovrebbe servire anche alle grandi questioni che l’umanità ha di fronte. Il problema della corsa agli armamenti e quindi la sottrazione di risorse per altri ambiti, è soprattutto il legare gli armamenti ad un concetto di potenza. Quindi attraverso l’educazione dobbiamo cercare di far correre dei valori condivisi. Questo è l’aspetto che il messaggio del Papa mette in evidenza, perché se ci sono valori condivisi – la pace per esempio – questo diventa un modo per superare il conflitto. Ma il conflitto si supera eliminando gli armamenti, quindi è un concetto che va poi a catena”. Il lavoro è il luogo dove impariamo a dare il nostro contributo per un mondo più vivibile e bello ed è un fattore per preservare la pace. La precarietà e lo sfruttamento lavorativo però sono aumentati con la pandemia. Cosa si può fare allora per dare speranza ai giovani lottare contro la precarietà e lo sfruttamento? “Il lavoro non è semplicemente un elemento che garantisce la pace sociale come tradizionalmente viene detto. Il lavoro è qualcosa che garantisce la pace. Se manca il presupposto del lavoro, manca l’educazione, manca il rapporto intergenerazionale, manca il dialogo. Perché dal lavoro la persona non trae soltanto sostentamento, ma esprime la propria dignità. Questo lo troviamo nel magistero della Chiesa e di Papa Francesco che ha sottolineato più volte. Di conseguenza oggi i politici, o meglio coloro che hanno responsabilità, i cosiddetti ‘decisori’, devono fare del lavoro una priorità e non una delle tante voci nell’agenda politica. Credo che le giovani generazioni abbiano bisogno non soltanto del posto di lavoro ma di un lavoro che riesca a esprimere le loro qualificazioni e soprattutto a farli sentire protagonisti in quelle che sono le decisioni in materia di lavoro. L’elemento quindi che collega le tre voci – dialogo, educazione, lavoro – è la parola patto. Il patto tra generazioni, il patto educativo, il patto del lavoro: questa è la parola chiave che li mette in funzione della pace. Perché altrimenti sarebbero tre elementi dispersi e non tra di loro coniugati”. Clicca qui per leggere il messaggio del Papa per la 55° giornata mondiale della pace.

Lorenzo Russo

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Al via la raccolta fondi per le popolazioni filippine

Al via la raccolta fondi per le popolazioni filippine

Parte una raccolta fondi straordinaria a sostegno delle popolazioni delle Filippine colpite dal super-tifone Odette-Rai tra il 16 e il 17 dicembre scorsi. Di seguito tutte le indicazioni per inviare contributi attraverso le ONLUS Azione per un Mondo Unito (AMU) e Azione per Famiglie Nuove (AFN) “Sono appena rientrata in Italia da Cebu e anch’io ho ricevuto notizie sporadiche via Messenger – racconta Alessandra Emide, responsabile dei programmi di Bukas Palad Cebu Foundation – perché al momento non è facile l’accesso a internet in quelle zone. I danni più grossi sono stati nelle isole Visayas, l’arcipelago al centro del Paese con capoluogo Cebu”. A dieci giorni di distanza i numeri del super tifone Odette-Rai, come è stato rinominato, sono infatti impressionanti:  secondo il principale coordinatore umanitario delle Nazioni Unite nelle Filippine, Gustavo Gonzalez, da quando la tempesta si è abbattuta sull’Arcipelago, circa 2 milioni di persone sono state colpite dalla catastrofe e almeno 300 sono morte, ma si teme che questo numero cresca, perché non tutte le vittime sono state segnalate ufficialmente; le inondazioni sono molto estese e le frane che hanno travolto abitazioni sono moltissime. Con circa 300.000 persone evacuate mentre il super tifone colpiva le regioni centrali delle Filippine, i bisogni immediati e prioritari includono cibo, acqua pulita, riparo, carburante, kit igienici, medicinali e servizi di protezione. Alessandra aggiunge poi che il problema principale sono le linee elettriche completamente distrutte con il conseguente blocco della rete idrica. Per procurarsi l’acqua la gente deve fare lunghe file e la mancanza di elettricità rende difficilissime le comunicazioni, i trasporti e i rifornimenti. I supermercati stanno esaurendo i beni di prima necessità, la benzina scarseggia e il prezzo è alle stelle; senza contare gli enormi danni subiti dalle abitazioni, molte delle quali rase al suolo. “Anche il centro dei Focolari di Bukas Palad, sull’isola di Cebu, dove lavoro – prosegue Alessandra – è stato danneggiato: vetri, porte e finestre rotte, alberi caduti e, nonostante ciò, ospita alcune famiglie che hanno perso tutto. Le autorità locali dicono che ci vorrà un mese per iniziare a ripristinare corrente e acqua, intanto ci stiamo attivando per far arrivare alle famiglie contenitori di acqua potabile, torce solari e batterie ricaricabili, riso e cibi a lunga conservazione”. Giò Francisco racconta che assieme ai soccorritori anche i Giovani per un Mondo Unito delle Filippine (Y4UW PH) hanno concentrato i loro sforzi su quattro delle sei regioni più colpite, compresa la provincia di Cebu dove si trova Bukas Palad. Finora, Y4UW ha raccolto fondi per fornire centinaia di pacchi di cibo e acqua alle famiglie nelle aree meno accessibili. Si tratta di aiuti di prima emergenza che tuttavia non basteranno. “Le famiglie dovranno rimettersi in piedi – racconta Giò Francisco – e al lavoro, specialmente i molti che dipendono dall’agricoltura e dalla pesca. Le barche dei pescatori sono state distrutte. Gli agricoltori hanno perso il raccolto. Pensate che una città, nota per le piantagioni di banane, si è vista spazzar via fino all’ultima pianta”. Il Coordinamento Emergenze del Movimento dei Focolari ha avviato una raccolta fondi straordinaria in sostegno alle popolazioni filippine colpite e per sostenere la ricostruzione. È possibile donare attraverso i seguenti conti correnti:

Azione per un Mondo Unito ONLUS (AMU) IBAN: IT 58 S 05018 03200 000011204344 presso Banca Popolare Etica Codice SWIFT/BIC: CCRTIT2T

Azione per Famiglie Nuove ONLUS (AFN) IBAN: IT 92 J 05018 03200 000016978561 presso Banca Popolare Etica Codice SWIFT/BIC: CCRTIT2T84A Causale: Emergenza Tifone Filippine                                                                                                                                                                                                                      

 Stefania Tanesini

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Cinque anni al ritmo internazionale di “Milonga”

Cinque anni al ritmo internazionale di “Milonga”

Un’iniziativa che unisce la voglia di fare ai tanti bisogni che ci sono nel mondo. È il desiderio che nel 2016 ha generato“Milonga”, un programma di volontariato internazionale interculturale e fraterno. Una nuova opportunità, una proposta rinnovata per portare aiuto dove necessario. È la mission che ancora oggi, a distanza di 5 anni, “Milonga” porta avanti. Nata dal contributo di New Humanity,  Giovani per un Mondo Unito e la Rete Latinoamericana delle organizzazioni sociali ispirate al carisma dell’unità, con la collaborazione di Sociedade Movimento dos Focolares-Brasile, Sumà Fraternidad e Promoción Integral de la Persona, questa piattaforma di volontariato internazionale è frutto di un desiderio sempre più diffuso tra i giovani di fare esperienze sociali globali. I primi volontari sono partiti nel 2016 con destinazione Bolivia e Brasile. In seguito, oltre 200 giovani hanno seguito i loro passi, attraversando le frontiere per offrire il loro tempo, i loro talenti, le loro professionalità. Un piccolo ma importante contributo al superamento delle disuguaglianze nel mondo. Ma cosa ha di caratteristico “Milonga” rispetto ad altri programmi di volontariato? Per Virginia Osorio, uruguaiana dell’Equipe di Coordinamento, “Milonga è stata l’opportunità di mettere in rete diversi attori e così generare un sistema di cooperazione internazionale diverso, che mette la fraternità al centro, in cui il servizio viene potenziato dall’interculturalità e la formazione alla cittadinanza globale e locale, intessendo dei legami non solo dal nord verso il sud, ma in tutte le direzioni”. Ragazzi tra i 21 e i 35 anni, collaborano così, ancora oggi, in sinergia col lavoro delle ONG che, ogni giorno, si spendono nelle diverse periferie del pianeta. Marco Provenzale, italiano, dice: “Per queste ragioni il programma prende il nome di una danza latinoamericana con radici africane e gioca con l’acronimo ONG: Mille ONG in Azione”. A tale iniziativa hanno aderito anche le comunità e le cittadelle del Movimento dei Focolari quali significativi spazi di azione e formazione per giovani motivati e desiderosi di impegnarsi nel sociale. In questi cinque anni, “Milonga” ha constatato quanto questo percorso abbia segnato la vita di tanti ragazzi. “L’esperienza che fanno fra loro si riflette sul ruolo che ognuno svolge come cittadino del mondo – continua Virginia Osorio –, e li stimola a voler agire sul posto, lì dove nasce la sofferenza”. Ai tanti che hanno svolto volontariato in presenza in questi anni, durante la pandemia se ne sono aggiunti oltre un centinaio che hanno realizzato un’esperienza interculturale virtuale. Questa possibilità ha permesso di sostenere delle azioni quali raccolta fondi, aiuto ai bambini in età scolare, preparazione di esami, pratica delle diverse lingue e tanto altro. Antonella, una giovane argentina, ha svolto volontariato virtuale in Brasile e ora si prepara a farlo finalmente di persona: “Prima non partecipavo a cose simili. Oggi, invece, se non faccio qualcosa di concreto, mi sento come vuota. Questa coscienza nuova me l’ha trasmessa l’esperienza fatta con Milonga”.

Janeth Lucía Cárdenas e l’equipe di MilONGa

(assistente sociale, impegnata con Milonga e nel progetto globale di comunicazione)

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Vangelo Vissuto: Sentirsi guardati da Dio

Nell’Incarnazione gli occhi di Dio hanno rivelato a Maria che la sua piccola e fragile umanità serviva al Suo disegno di salvezza. Natale può essere per tutti noi l’occasione per ricominciare a vivere l’esperienza più bella: sentirsi guardati da Dio e farsi condurre da Lui, come ha fatto Maria, per poi affrontare ogni giorno con una gioia profonda nel cuore e un canto di lode sulle labbra. Tornare a vivere Un amico impegnato nel reinserimento degli ex-detenuti aveva proposto alla nostra comunità religiosa di accogliere per alcuni mesi uno di loro, quasi al termine della sua pena. Pietro, così si chiamava, si è rivelato un esperto nella manutenzione degli infissi e instancabile nel riparare tutto ciò di cui c’era bisogno. Una vera benedizione per noi che, scarsi di mezzi economici, a certi lavoretti non avevamo neanche il tempo di dedicarci. Un dopocena, in giardino, Pietro ha cominciato ad aprirsi: “Vi sono grato non soltanto per l’ospitalità ricevuta, ma per il rispetto nei miei riguardi. Gli ex-detenuti vengono spesso considerati come degli appestati e la gente li tiene a distanza. Eppure l’inclusione sarebbe l’unica medicina capace di sanare certe ferite”. Prima di partire ha lasciato un biglietto: “Grazie. Ora posso tornare nella società perché so che anch’io ho qualcosa da dare”. (F. di O. – Italia) Come il figliol prodigo Quando un clochard di nome A. si è confidato con me, raccontandomi come mai si fosse ridotto in quello stato di miseria, mi è sembrato di rivedere in lui il figliol prodigo della parabola, che smania per riscattare la sua libertà. Alla mia proposta di farsi vivo con i suoi famigliari, la prima reazione è stata di rifiuto, impossibile mostrare loro come si era ridotto. La sola idea di presentarsi ai fratelli e alle sorelle, tutti “riusciti” e con una vita realizzata, accresceva la sua umiliazione. Eppure – gli ho ricordato a quel punto – loro non avevano smesso di amarlo, di attenderlo. Non ha replicato ed è rimasto in silenzio. A. si è rifatto vivo dopo qualche giorno. Stavolta chiedeva il mio aiuto per comprare il biglietto aereo e tornare nella sua patria. Senza esitare, gli ho fornito la somma necessaria. Non molto dopo ho ricevuto sue notizie: “Era come mi avevi raccontato. La gioia di riabbracciarmi è stata il vero dono che potevo fare ai miei. Grazie per avermi ricordato perché sono qui”. (J.G. – Spagna) Per mano A causa di un ictus mi ero trovato paralizzato nella parte sinistra del corpo. Di colpo la mia vita era cambiata. A lasciarmi avvilito era anche lo scombussolamento che procuravo nella piccola impresa avviata da poco, nell’andamento della famiglia, nei figli in età adolescenziale. Ho dovuto esercitarmi a lungo per accettare un nuovo regime di vita. Tuttavia, mentre crollava un mondo, vedevo aprirsi dimensioni trascurate e non apprezzate prima: la vita di fede. Da anni, infatti, non pregavo. Dacché riconoscevo la mia fragilità, è stato spontaneo per me riprendere a pregare, non con parole imparate al catechismo, ma dialogando. Ho imparato di nuovo a colloquiare con Dio. Intanto le cure proseguivano.  A un certo punto la ripresa di tutte le funzioni a livello motorio mi ha colto di sorpresa. Ora che sono in convalescenza, posso affermare che l’amore di Dio ha voluto immergermi nella vita in modo pieno e non superficiale. Mi ha preso per mano ed io mi sono aggrappato. (D.A. – Argentina)

A cura di Maria Grazia Berretta

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VII, n.4, novembre-dicembre 2021) (altro…)

Chiara Lubich: credere alla Parola di Dio

In questo tempo di Natale, la Parola di Vita di dicembre 2021, ci invita a vivere parole dedicate a Maria: “ “E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto” (Lc 1,45). Anche il testo che segue è dedicato alla Madre di Dio, in esso Chiara Lubich ci invita ad avere, come Maria, totale disponibilità a credere e mettere in pratica quanto annunciato dal Signore. C’è uno stretto legame, in Maria, tra fede e maternità, come frutto dell’ascolto della Parola. E Luca qui ci suggerisce qualcosa che riguarda anche noi. Più avanti nel suo Vangelo Gesù dice: “Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica” (Lc 8, 21). Anticipando quasi queste parole, Elisabetta, mossa dallo Spirito Santo, ci annuncia che ogni discepolo può diventare “madre” del Signore. La condizione è che creda alla Parola di Dio e che la viva. (…) Maria, dopo Gesù, è colei che meglio e più perfettamente ha saputo dire “sì” a Dio. È soprattutto questa la sua santità e la sua grandezza. E se Gesù è il Verbo, la Parola incarnata, Maria, per la sua fede nella Parola è la Parola vissuta, ma creatura come noi, uguale a noi. Il ruolo di Maria come madre di Dio è eccelso e grandioso. Ma Dio non chiama solo la Vergine a generare Cristo in sé. Seppure in altro modo, ogni cristiano ha un simile compito: quello di incarnare Cristo fino a ripetere, come san Paolo: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2, 20). Ma come attuare ciò? Con l’atteggiamento di Maria verso la Parola di Dio, e cioè di totale disponibilità. Credere dunque, con Maria, che si realizzeranno tutte le promesse contenute nella Parola di Gesù e affrontare, come Maria, se occorre, il rischio dell’assurdo che alle volte la sua Parola comporta. Grandi e piccole cose, ma sempre meravigliose, accadono a chi crede nella Parola.

Chiara Lubich

(Chiara Lubich, in Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi, Opere di Chiara Lubich, Cittá Nuova, 2017, pag. 610-612) (altro…)

Natale: far fiorire sulle stalle le stelle

Accogliere Gesù bambino nella grotta fredda del nostro cuore; dare ospitalità a quella Luce che non aveva trovato posto altrove e decide di splendere su di noi rendendo nuove tutte le cose. Igino Giordani, in poche parole, ci racconta il Natale. Gesù nacque in una stalla, per dimostrarci che può nascere anche nel cuore nostro, che è un locale non dissimile. E quando nasce nel cuore nostro, come sulla grotta, si levano a cantare gli angeli, splende nella notte la luce, e piove in terra la pace. Gesù, col suo Natale, iniziò una Rivoluzione: prese l’uomo dalle stalle e lo innalzò alle stelle. Schiavo del più forte, ne fece il fratello, l’eguale. Non si può ridurre tutto a canzoncine e candelette. Dio non si prende in giro. Il Padre nostro in cielo reclama il pane nostro in terra. E’ chiaro: permane l’azione di chi vuol renderci schiavi di nuovo; riprenderci la libertà. E questo con pressioni di vario genere (…). Si decade dalla libertà e si decade dalla carità: e così si vive secondo la carne, e invece che servi volontari del fratello diveniamo suoi sfruttatori. E invece questa è la legge, questa la giustizia: trattare il fratello come tratto me. Servizio reciproco, dove giustizia e carità sono tutt’uno. Sono Dio che vive in noi: il Verbo – la Ragione – che si incarna fra noi, e fa fiorire sulle stalle le stelle.

Igino Giordani, «La Via», 24.12.1949

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