Giu 16, 2020 | Sociale
Partirà il 20 giugno prossimo, in diretta mondiale YouTube, #daretocare, la campagna dei giovani dei Focolari per “farsi carico” delle nostre società e del pianeta. Jesùs Morán, co-presidente dei Focolari: “Occorre una nuova agenda etica; la cura ha una spiccata vocazione politica e una forte dimensione planetaria”.
“#daretocare”, ovvero “osare prendersi cura”. I giovani del Movimento dei Focolari hanno preso sul serio le parole di Papa Francesco e di molti altri leader religiosi e civili di collaborare concretamente alla cura della Casa Comune. Attraverso questo nuovo percorso vogliono quindi essere cittadini attivi e interessarsi a tutto quello che accade nel mondo per cercare di costruire un pezzetto di mondo unito. “In questo tempo di profonda crisi umanitaria, a causa del Coronavirus, sta emergendo una nuova visione – sostiene Jesús Morán, co-presiedente del Movimento dei Focolari – cioè la necessità di un nuovo modo di comportarsi, di vivere, una sorta di nuova agenda etica, come dicono alcuni esperti. E in questo contesto una categoria sta diventando centrale, ed è quella della cura, il farsi carico, l’occuparsi degli altri, della società, del pianeta”. Osare prendersi cura vuol dire quindi essere protagonisti nella vita di tutti i giorni per risolvere problemi, avviare dialoghi per una società migliore, essere attenti all’ambiente e alle persone di qualsiasi colore, religione, cultura. Soprattutto oggi dove il razzismo torna a riemergere, dove la libertà degli uomini torna ad essere minata da regimi totalitaristici, dove le armi e le guerre vogliono imporre il proprio dominio sulla pace e l’unità fra i popoli. “La cura è una categoria molto ampia, bella, poliedrica – continua Morán -. L’etica della cura ha a che fare con la dignità della persona, questo è fondamentale, è proprio il cuore della cura; non è una cosa intimistica, privata. Anzi, la cura ha una spiccata vocazione politica e una forte dimensione planetaria, anche se non dimentica il locale perché dopo, è localmente che ci prendiamo cura degli altri, è proprio nei rapporti personali, nella società, nel locale. Però questa dimensione planetaria è importante”. Papa Francesco ne ha parlato il 24 maggio scorso durante il quinto anniversario della Laudato sii, promuovendo un anno speciale di riflessione – fino al 24 maggio 2021 – per riportare all’attenzione di tutti il tema della cura del creato. E per creato si intende non solo l’ambiente che ci circonda, ma anche le persone, l’economia, la politica, il sociale… Chiara Lubich, la fondatrice dei Focolari, definiva la politica come “l’amore degli amori”. Il politico è colui che sta al servizio della propria gente, e, conclude Morán, “oggi c’è bisogno più che mai di questo tipo di amore, e la categoria della cura lo esprime bene, è proprio un concentrato di questo amore di cui stiamo parlando. Allora la proposta dei giovani dei Focolari è questa: mettere la cura al centro della politica e della nostra vita di cittadini”. Quindi, dopo un anno dedicato ad azioni e progetti su pace, diritti umani e legalità, il prossimo 20 giugno con la campagna #daretocare i giovani dei Focolari aggiungono un altro tassello, quello della “cura”, sviluppata e approfondita attorno a cinque tematiche principali: ascolto, dialogo e comunicazione, uguaglianza, fraternità e bene comune, partecipazione e cura del pianeta. E come farlo? Seguendo la metodologia tipica dei “pathways”, i percorsi che per il terzo anno stanno percorrendo: imparare, agire e condividere. Allora: coraggio e osare. Appuntamento al prossimo 20 giugno, ore 14 (Cest + 2), con un evento online mondiale su Youtube per lanciare questa grande idea #daretocare. Per maggiori informazioni visitate il sito dello United World Project
Lorenzo Russo
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Giu 15, 2020 | Chiara Lubich
Una delle cose sulle quali questo periodo di pandemia ha attirato la nostra attenzione è l’importanza dei legami che compongono il tessuto sociale nel quale ognuno di noi è inserito, la qualità dei rapporti che ci uniscono gli uni agli altri. Essi sono un antidoto alla solitudine, all’indigenza e allo scoraggiamento. Il seguente scritto di Chiara Lubich è un invito a rinsaldarli. (…) C’è una pagina del Vangelo che ha un’eco particolare in noi. Gesù dice: «Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore […]». «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri […]»[1]. Tutto sta dunque nell’amore reciproco. (…) Come in un caminetto acceso occorre ogni tanto scuotere col ferro la brace perché la cenere non la copra, così nel gran braciere del nostro Movimento è necessario di tempo in tempo ravvivare di proposito l’amore reciproco fra noi, ravvivare i rapporti, perché non siano ricoperti dalla cenere dell’indifferenza, dell’apatia, dell’egoismo. In questo modo ameremo veramente Dio, saremo l’Ideale vivo; potremo sperare che la carità così vissuta generi in noi virtù solide che, quasi senza accorgerci, raggiungeranno, con la grazia di Dio, la misura dell’eroismo. In tal modo ci faremo santi. (…)
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 26 maggio 1988) Tratto da: “Ravvivare i rapporti”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, pag. 327. Città Nuova Ed., 2019. [1] Gv 15, 10.12. (altro…)
Giu 13, 2020 | Vite vissute
Un produttore cinematografico indipendente, un cittadino del mondo, un appassionato di cinema, televisione e… fraternità universale. Nel cuore della notte italiana, le 11 del mattino a Melbourne, l’ultimo saluto via streaming a Mark Ruse, produttore cinematografico australiano, morto dopo una brevissima malattia all’età di 64 anni. Mark non era solo un produttore indipendente molto stimato e amato da tutti nel circus cinematografico e televisivo australiano, ma era un cittadino del mondo che attraverso il suo lavoro, ma soprattutto con la sua umanità e semplicità, aveva costruito legami autentici e profondi con tante persone anche al di fuori dell’ambiente cinematografico. Mark Ruse aveva iniziato la carriera come produttore indipendente e negli ultimi 20 anni, insieme al suo socio, Stephen Luby, avevano fondato la Ruby Entertainment, che ha prodotto una quantità incredibile di film e serie televisive, soprattutto commedie con premi, riconoscimenti e indici di ascolto fra i più alti in Australia. Aveva prodotto anche film e documentari di impegno sociale, legati alla storia a volte tragica della loro terra come Hoddle Street sul massacro del 1987 a Melbourne che gli valse un importante premio internazionale. Mark, però, era soprattutto una persona semplice e gentile, appassionato del suo lavoro, che affrontava le difficoltà – che per un produttore indipendente sono molte – con leggerezza e una buona dose di humour. Ci eravamo conosciuti più di 40 anni fa in Italia. In molti ci ritrovavamo da diversi paesi dell’Europa e del mondo, sui colli vicino a Roma, e condividevamo quello che in quegli anni ‘70 Chiara Lubich proponeva in particolare proprio a noi Gen, i giovani dei Focolari. Un ideale per molti versi rivoluzionario, che aveva al centro una dimensione spirituale e personale fortissima, ma allo stesso tempo anche comunitaria e globale. La passione giovanile di entrambi (cinema e televisione) sarebbe diventata col tempo il nostro lavoro, il mio di regista televisivo, il suo di produttore, ma anche lo spazio di vita all’interno del quale cercare di portare le idee e convinzioni profonde che condividevamo. All’inizio degli anni duemila avremmo condiviso la nascita di NetOne, una grande rete mondiale di professionisti dei vari ambiti della comunicazione, registi, produttori, sceneggiatori, giornalisti che, oggi come allora, vuole contribuire insieme ad altri a una comunicazione diversa, sia nei rapporti di produzione che nel rispetto del pubblico, il destinatario finale del nostro lavoro. Mark è stato un instancabile costruttore di questa rete. Ogni volta che ci vedevamo a Roma o a Melbourne o in qualche altra parte del mondo, il discorso riprendeva esattamente da dove lo avevamo lasciato anche se si trattava di mesi o anni prima. Fino al messaggio di pochi mesi fa, che mi confidava la malattia: «Sarà un viaggio lo so, ma voglio condividerlo con te e con tutti quelli di Netone. Ho abbracciato questa nuova fase della vita con amore». Se n’è andato nel giro di pochi mesi, nonostante un ultimo collegamento via Zoom, pochi giorni prima della morte, lo avesse mostrato allegro e sempre pieno di progetti per il futuro. «Alla base della mia fede c’è l’idea di voler amare il prossimo – diceva. – Quello che facciamo, è qualcosa che deve migliorare la società, che arricchisca davvero le persone che guarderanno il nostro film, e questo è un altro modo di mettere amore nella società». Il cinema australiano ha perso un bravo produttore, noi della rete di NetOne un amico, un compagno di viaggio che ci ha lasciato con la leggerezza del suo sorriso… «We’re crazy, we’re crazy people, but we need to feel part of a family». Proprio così, Mark, proprio così.
Marco Aleotti
Per gentile concessione di Cittanuova.it (altro…)
Giu 12, 2020 | Centro internazionale
Maria Voce, Presidente dei Focolari, all’“Elijah Interfaith Institute” di Gerusalemme “Tutto quello che avviene nella vita è condotto da un Autore della storia che è Dio, e Dio vuole il bene degli uomini […] Quindi anche se qualche volta forse la libertà delle creature porta a delle conseguenze negative, Dio è capace […] di far venir fuori il bene anche da queste situazioni negative”. Secondo Maria Voce, Presidente del Movimento dei Focolari, questo è l’insegnamento più grande che la crisi del coronavirus può offrire agli uomini. In una intervista per il rabbino Alon Goshen-Gottstein, direttore del “Elijah Interfaith Institute” di Gerusalemme, la Presidente dei Focolari parla anche dei possibili benefici che la pandemia può portare al mondo. L’intervista fa parte del progetto Coronaspection, una serie di interviste video con leader religiosi di tutto il mondo, che condividono saggezza e consigli spirituali mentre affrontiamo congiuntamente una crisi globale (qui puoi vedere il trailer del progetto, che riassume lo spirito del progetto). “Ci sono valori che in questo momento vengono più in evidenza di altri – sostiene Maria Voce -, come la solidarietà, l’uguaglianza fra gli uomini, la preoccupazione per l’ambiente”. Il mondo uscirà migliore da questa crisi se sapremo “superare le divisioni legate ai pregiudizi, alla cultura, per vedere tutti come fratelli che appartengono all’unica famiglia dei figli di Dio”. Una certezza che viene da una profonda fiducia nell’uomo: “negli uomini c’è sempre una scintilla di bene e si può far leva su quella”; l’uomo risponde “perché (il bene) è insito dentro di lui”. È l’interiore convinzione che “Dio è Amore e ama tutte le creature” a suscitare speranza. In effetti – continua – basta guardarsi intorno per scorgere esempi di solidarietà. Gli sforzi di medici e infermieri che cercano di suscitare fiducia, un sorriso, e il loro dolore per le persone che non sono riusciti a salvare, hanno avuto l’effetto di “edificare” i pazienti che sono usciti guariti. Inoltre “Nel nostro Movimento tante persone sono state capaci di mettersi a disposizione del vicino di casa per portargli quello di cui aveva bisogno; tanti bambini hanno messo a disposizione di altri i giocattoli che per loro sono stati di conforto”. A livello di rapporti internazionali – osserva Maria Voce – “esempi di solidarietà li vediamo nella partecipazione di medici e infermieri che da altri Paesi sono venuti in Italia. […] Anche a livello di pensiero economico si sta cercando di fare di tutto perché i Paesi non pensino soltanto a difendere i propri beni ma ad integrare la propria visione con quella degli altri Paesi”. Testimonianze che tuttavia non nascondono le sfide che la crisi impone. Accanto a quelle personali – racconta – ci sono quelle che vengono dal guidare un movimento internazionale: “prendere decisioni che comportano difficoltà sia a livello personale che economico”. Qui “ho sentito di dover chiamare i miei diretti collaboratori, perché le decisioni fossero condivise, per far prevalere l’interesse delle persone su tutti gli altri interessi”. Anche la paura – osserva infine – non va negata, ma accettata per superarla: “direi di imparare a convivere con la paura e nello stesso tempo di non lasciarsi fermare da essa” restando – secondo l’esempio di Chiara Lubich – “ancorati al presente”. “Solo l’amore – conclude citando la fondatrice dei Focolari – scaccia la paura, e non c’è paura dove c’è il perfetto amore. Quindi aumentare l’amore fa diminuire la paura perché l’amore ti aiuta a fare delle azioni che la paura cercherebbe invece di condizionare”. Per guardare l’integrale dell’intervista clicca qui
Claudia Di Lorenzi
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Giu 11, 2020 | Focolari nel Mondo
“La necessità aguzza l’ingegno”. E’ sulla scia di questo detto che il 14 e 15 maggio scorso la comunità dei Focolari dell’area metropolitana di Manila ( Filippine) ha organizzato la prima Mariapoli Online.
“Eravamo sull’orlo della separazione. Essendo bloccati, noi due soli, abbiamo sentito di dover affrontare i nostri problemi, mettere da parte le nostre differenze e ricominciare da capo. Grazie per tutto il vostro amore”. Questo è solo uno dei tanti feedback che abbiamo ricevuto da coloro che si sono registrati e hanno partecipato via Zoom alla prima Mariapoli online del 14 e 15 maggio 2020 nelle Filippine. L’inaspettata quarantena diventata comunitaria a causa del Covid-19 ci ha spinto a cercare i mezzi per far sì che il nostro popolo si connettesse e si nutrisse della spiritualità dell’unità. L’idea ci è venuta in seguito alla trasmissione Online della S. Messa per un piccolo gruppo dei membri del Focolare che ben presto è risultato essere un appuntamento quotidiano per circa duemila persone. Sentivamo che, se da un lato non avevamo più la possibilità di fare i nostri progetti per “celebrare e incontrare” Chiara nel suo centenario, dall’altro Dio ci apriva questa strada che ci consentiva di farlo anche se a piccoli pezzi! Dall’entusiasmo dei partecipanti alla Messa, espresso attraverso i messaggi sulla chat di Facebook, è stato chiarissimo che anche in soli 30 minuti online era possibile fare un’esperienza di Dio!
Nel frattempo abbiamo avuto le nostre prime esperienze con Zoom, ad esempio durante la Settimana Mondo Unito e la Run4Unity. Abbiamo sentito di dover “andare” in Mariapoli, per stare con e accanto alla nostra gente, in questo momento così difficile. Non sarebbe stato facile: i “Mariapoliti” erano a casa, con tutte le distrazioni e molto probabilmente alle prese con molte cose da fare contemporaneamente: bambini da accudire, pasti da cucinare, faccende da sbrigare, ecc. Anche le disparità di rete in un paese in via di sviluppo come il nostro sono una grande sfida. Per questo la nostra Mariapoli doveva durare solo 2 giorni, e ogni volta solo 2 ore. Abbiamo anche pensato di cambiarle nome per gestire le aspettative della gente. Ma alla fine tutti noi volevamo che fosse proprio “Mariapoli”, come tutte le Mariapoli vissute. E volevamo che non fosse un Webinar, ma una Mariapoli, una Città di Maria, perché sentivamo il bisogno di aver Maria tra noi, di essere Lei, come ci ha insegnato Chiara, per portare Gesù in mezzo alla nostra gente, affinché questa esperienza potesse illuminare la loro esperienza della pandemia. Le persone registrate erano più di 950, non solo da tutte le Filippine, ma anche da diversi Paesi asiatici, dall’America Latina, dal Canada, dagli Stati Uniti e alcuni dall’Europa. Il programma, disponibile in Live-Streaming per un numero infinito di partecipanti, prevedeva canti, esperienze legate all’attuale situazione pandemica, input spirituali e un’ora di comunione profonda in gruppi. Un partecipante ha ben espresso che cos’è stata questa Mariapoli: “E’stata davvero un segno concreto dell’amore di Maria per tutti noi! Come nostra madre, lei conosce davvero i nostri bisogni personali e condivisi. Attraverso il tema scelto, i discorsi, le esperienze e i canti, ci ha nutrito con il giusto cibo e le giuste vitamine sia per il corpo che per l’anima”.
Romé Vital
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Giu 9, 2020 | Focolari nel Mondo
Il Paese dei cedri s’interroga sulle possibili vie d’uscita dalla grave crisi politico-economica-sanitaria che è scoppiata di recente. La speranza non muore mai in una terra che di traversie ne ha avute a non finire
Per la recente Settimana per un Mondo Unito, la comunità dei Focolari libanese si è voluta interrogare, giovani e adulti, sulle prospettive difficili di una profonda perturbazione che attanaglia il Paese. Sono in effetti varie crisi che si sommano: quella politico-sociale, iniziata il 17 ottobre scorso, con la thaoura, la rivoluzione di popolo, scatenatasi contro una classe dirigente del Paese accusata di corruzione e di incapacità nella gestione pubblica; quella economica, che ha mostrato la sua profondità nel marzo scorso, quando il governo ha dichiarato di non poter rimborsare un suo debito di 1,2 miliardi di dollari con l’Unione europea, e in queste ultime settimane con il crollo della lira libanese che, scambiata qualche mese fa a 1500 lire per dollaro, oggi viaggia sui 4000 e più; infine, la crisi sanitaria dovuta al coronavirus, che non ha avuto diffusione eccessiva (meno di mille contagiati per meno di 30 morti) ma che ha comunque portato il Paese a una lunga segregazione, non ancora terminata. Per questa situazione, soprattutto i giovani sembrano voler riprendere una vecchia tradizione del Paese, cioè l’espatrio per mancanza di prospettive. Va ricordato che per 4 libanesi che abitano nel territorio mediorientale, ce ne sono circa 12 sparsi in tutto il mondo, analogamente a quanto accade per tanti popoli vicini, in particolare ebrei, palestinesi ed armeni. L’emigrazione è particolarmente dolorosa per i libanesi, che ritengono di avere (ed è vero) un Paese magnifico, ricco di storia e di bellezze naturalistiche, crocevia mediorientale di ogni tipo di traffici e commerci, patria di Premi Nobel e grandi mercanti, cineasti e scrittori, santi e scienziati. E poi va sottolineato come la diaspora sia un affare dolorosissimo, visto l’incredibile attaccamento alla famiglia che i libanesi manifestano ad ogni occasione. In questo contesto, i Focolari locali hanno organizzato un Webinar, cui hanno partecipato circa 300 persone di diversi Paesi, dal Canada all’Australia, alla Spagna e all’Italia, dal titolo esplicito: “Costruire un futuro vivendo per la fraternità”. Due avvocatesse, Mona Farah e Myriam Mehanna, hanno voluto presentare una delle più gravi minacce che si stanno sopportando in Libano, cioè la pericolosa assenza di certezza del diritto. Nel contempo il Libano ha delle capacità notevoli nel trovare le soluzioni più adatte alla complessità del panorama e ha una tradizione antichissima di capacità giuridiche. Si comprende quindi il desiderio di espatriare dei suoi giovani, anche se va riscontrata la volontà di tanti di rimanere per costruire un Libano più unito e fraterno, in un contesto in cui esistono 18 comunità confessionali, riunite da un sistema politico di “democrazia confessionale” unico al mondo. Sono seguite naturalmente le testimonianze di due coppie ancora giovani che una dozzina d’anni fa hanno deciso di tornare in patria, dopo alcuni anni di esperienze lavorative all’estero, per contribuire alla ricostruzione del Paese dopo la guerra cosiddetta civile. Così Imad e Clara Moukarzel (che lavorano nel sociale e nell’umanitario) e Fady e Cynthia Tohme (entrambi medici) hanno testimoniato che sì, è possibile rimanere o tornare per non cedere un Paese ricco come il Libano alle forze più retrive. Tony Ward, imprenditore nel campo dell’alta moda, ha poi raccontato la sua decisione di tornare in patria vent’anni fa, pur lavorando in un ambiente naturalmente mondializzato. Ha raccontato anche come, nella crisi del coronavirus, abbia riconvertito per alcune settimane la sua produzione verso la preparazione di lenzuola, mascherine e tute per gli ospedali libanesi che trattano i casi di coronavirus. Da parte sua, Tony Haroun, dentista da più di trent’anni in Francia, ha voluto raccontare le difficoltà degli espatriati, soprattutto culturali, ma ha anche sottolineato come la disponibilità di ascoltare la voce di Dio permetta di superare ogni sorta di ostacoli. Ancora, Michele Zanzucchi, giornalista e scrittore basato in Libano, ha voluto evidenziare tre qualità del popolo libanese che potranno essere di grande aiuto nell’attuale emergenza: la resilienza, cioè la capacità di resistere agli urti senza spaccarsi; la sussidiarietà, cioè la capacità a sostituire lo Stato quando questi non riesce ad assicurare i servizi essenziali; e infine la creatività, di cui i libanesi sono grandi estimatori, creando un’infinità di progetti umanitari, economici, commerciali, politici e via dicendo. Youmna Bouzamel, giovane moderatrice del Webinar, ha voluto sottolineare in conclusione come il Libano sembri veramente fatto per accogliere il messaggio della fraternità, sola vera possibilità che ha tra le mani. Se Giovanni Paolo II aveva definito il Libano non tanto “un’espressione geografica” quanto “un messaggio”, oggi questo messaggio è innanzitutto un annuncio di fraternità. Grandi ideali e realismo coniugati assieme.
Pietro Parmense
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Giu 8, 2020 | Chiara Lubich
Il Vangelo è Parola di Dio in parole umane e per questo è sorgente di vita sempre nuova, anche in questi tempi di pandemia. Ma perché questa si possa sprigionare, bisogna mettere in pratica le parole di Gesù, tradurle in atti concreti di fede, di amore, di speranza. (…) «Sulla tua parola getterò le reti»[1]. Gesù, perché potesse sperimentare la potenza di Dio, ha chiesto a Pietro la fede: credere a Lui e credere addirittura a qualcosa, umanamente parlando, di impossibile, anzi di assurdo: pescare di giorno quando la notte era stata così avara. Anche noi, se vogliamo che torni la vita, se desideriamo una pesca miracolosa di felicità, dobbiamo credere e affrontare, se occorre, il rischio dell’assurdo che, alle volte, la sua Parola comporta. Lo sappiamo: la Parola di Dio è vita; ma si ottiene passando per la morte; è guadagno, ma si ha perdendo; è crescita, ma si raggiunge diminuendo. E allora? Come risolvere lo stato di stanchezza spirituale in cui possiamo trovarci? Affrontando il rischio della sua Parola. Spesso influenzati dalla mentalità di questo mondo, in cui viviamo, crediamo un po’ anche noi che la felicità stia nel possedere o nel farsi valere; nel darsi al divertimento o nel dominare sugli altri, nell’apparire, nell’accontentare i sensi: nel mangiare, nel bere… Ma non è così. Proviamo ad affrontare il rischio del taglio a tutte queste cose; lasciamo che il nostro io corra il rischio della morte completa. Rischiamo, rischiamo! Una, due, dieci volte al giorno. Che succederà? Alla sera sentiremo rifiorire, dolce, nel cuore l’amore; ritroveremo l’unione ormai insperata con Lui; risplenderà la luce delle sue inconfondibili ispirazioni; ci invaderà la sua consolazione, la sua pace e ci risentiremo sotto il suo sguardo di Padre. E, avvolti così dalla sua protezione, rinascerà in noi la forza, la speranza, la confidenza, la certezza che il Santo Viaggio è possibile; (…) sentiremo la sicurezza che il mondo può esser suo. Ma occorre rischiare la morte, il nulla, il distacco. È questo il prezzo! (…)
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 17 febbraio 1983) Tratto da: “Rischiare sulla sua parola”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, pag. 108. Città Nuova Ed., 2019. [1] Lc 5,5. (altro…)
Giu 7, 2020 | Sociale
Dopo i fatti di Minneapolis e le manifestazioni nel mondo ci sentiamo impotenti e indignati, eppure continuiamo a credere e lavorare per uno spirito di aperta accoglienza e partecipazione per affrontare i bisogni più profondi del nostro tempo.

Foto: Josh Hild (Pexels)
“Mentre abbiamo ancora davanti agli occhi i recenti avvenimenti che evidenziano ancora una volta l’odiosa realtà dell’ingiustizia razziale e della violenza, abbiamo il cuore spezzato. Ci sentiamo Impotenti e indignati. Eppure continuiamo a sperare”. Sono queste alcune delle espressioni iniziali della dichiarazione con cui la comunità dei Focolari in USA esprime il proprio impegno nei confronti della giustizia raziale in seguito ai fatti di Minneapolis e alle proteste a cui stiamo assistendo nel mondo. Un impegno condiviso a livello globale e che ribadiamo qui, a nome di tutti i membri del Movimento dei Focolari nel mondo. Con Papa Francesco e molti leaders religiosi e civili, anche noi affermiamo che “Non possiamo tollerare né chiudere gli occhi su qualsiasi tipo di razzismo o di esclusione” e che ci impegniamo a “sostenere le azioni buone e giuste più difficili invece dei facili torti dell’indifferenza”, come sostengono i vescovi statunitensi. “Non possiamo chiudere un occhio su queste atrocità e al contempo professare di rispettare ogni vita umana. Noi serviamo un Dio di amore, di misericordia e di giustizia”. 
Foto: Kelly Lacy (Pexels)
In un momento come questo in cui “il sogno della nostra fondatrice, Chiara Lubich, di vedere passi avanti nella realizzazione della preghiera di Gesù al Padre, ‘che tutti siano una cosa sola’ (Gv 17,21) sembra lontano, quasi fuori di portata”[1], ci domandiamo cosa possiamo fare sia personalmente che a livello comunitario. Quale cambiamento occorre operare in ciascuno di noi? In che modo possiamo far sentire la nostra voce nel pubblico dibattito per supportare chi soffre forme di razzismo e non solo? “Il nostro obiettivo è quello di promuovere un profondo spirito di aperta accoglienza e di vibrante partecipazione nelle nostre comunità culturalmente diverse e intergenerazionali. Prendiamo come guida le parole di Chiara Lubich: ‘Siate una famiglia’ “[2]. Crediamo e continuiamo nell’impegno di dar vita a comunità locali che siano autenticamente fondate sulla legge evangelica della fraternità; un principio e un’azione che ci unisce anche ai fratelli e alle sorelle di tutte le Religioni e a chi non si riconosce in un preciso credo. Vogliamo dedicare i nostri sforzi soprattutto ai più giovani, che possono provare particolare paura e apprensione per il loro futuro. Di fronte a spaccature così profonde e radicate, i progetti e le iniziative che portiamo avanti possono sembrare piccole o inefficaci e la strada ancora lunga. Progetti come l’Economia di Comunione, il Movimento politico per l’unità (Mppu) e lo United World Project, la strategia globale proposta dai giovani dei Focolari per affrontare le sfide mondiali in campo, possono sembrare gocce nel mare, eppure siamo convinti che contengano, in nuce, idee potenti, capaci di contribuire ad affrontare i bisogni più profondi del nostro tempo insieme a tante persone, organizzazioni e comunità che costituiscono quella rete invisibile capace di salvare l’umanità.
Stefania Tanesini
[1] Statement of U.S. Focolare Movement: our commitment to racial justice – https://www.focolare.org/usa/files/2020/06/Focolare-Statement-on-Racial-Justice.pdf [2] Ibid. (altro…)
Giu 6, 2020 | Collegamento
Testimonianza dal Congo dopo i difficili mesi di lotta al virus ebola. https://vimeo.com/402498234 (altro…)
Giu 5, 2020 | Cultura
La vocazione universale del Movimento dei Focolari per costruire la fratellanza universale senza distinzione di razza, religione, condizioni economiche e sociali. Proponiamo la seconda parte dell’intervista a Luciana Scalacci, non credente, membro della Commissione internazionale e italiana del Centro del Dialogo con persone di convinzioni non religiose dei Focolari. Come ti sei avvicinata tu, da non credente ai Focolari e come ti ha cambiato la vita? Un giorno nostra figlia ci scrive di aver trovato un posto dove mettere in pratica i valori che le avevamo trasmesso: aveva incontrato la comunità dei Focolari di Arezzo. Non conoscevamo il Movimento, ci preoccupammo, dovevamo andare a vedere di cosa si trattasse. Ma avemmo subito l’impressione di trovarci in un posto dove c’era il rispetto per le idee degli altri, trovammo un’apertura mai incontrata prima. L’incontro con il Movimento fu come una luce che mi fece riprendere a sperare nella possibilità di costruire un mondo migliore. Hai incontrato Chiara Lubich più volte: che valore ha avuto questo rapporto personale? Nel 2000, in un incontro pubblico, rispondendo ad una mia domanda disse: “…anche per noi l’uomo è rimedio per l’uomo, ma quale uomo? Per noi è Gesù. Comunque uomo. Prendetelo anche voi perché è uno dei vostri, è uomo”. Fu allora che capii che il Movimento era il posto dove mi potevo impegnare, e compresi perché anche da non credente, ero sempre stata affascinata dalla figura di Gesù di Nazareth. È poi capitato che m’invitasse a raggiungerla per un saluto personale, io che non sono nessuno. Era un saluto che ti penetrava tutta, si capiva quanto fosse grande il suo amore per te. In una lettera, in cui colgo parole profetiche, mi scrisse: “Carissima Luciana…abbiamo fatto tanti passi insieme e ci siamo reciprocamente arricchiti. Ora, come tu dici, dobbiamo rendere questo cammino sempre più visibile perché tanti altri possono trovarlo. Il segreto lo conosciamo: Andiamo avanti ad amare”. In questi anni di dialogo come si è passati dal confronto fra un “noi” e un “voi” al sentirsi “Uniti nel Noi”? Lo scetticismo iniziale fu la prima cosa da superare. Da parte dei non credenti la preoccupazione che si trattasse di un’azione di proselitismo; da parte dei credenti la preoccupazione, io credo, che i non credenti tentassero di mettere in discussione le loro certezze, la loro fede. L’unica che non ha mai avuto preoccupazioni di sorta, è stata Chiara. Sperimentavamo sempre di più che la grande risorsa per camminare verso la meta della fratellanza universale è il dialogo. Piano piano è cresciuta la fiducia fra le “due parti”, e ci siamo sentiti non più “un noi-voi” ma “uniti nel noi”. Una sfida decisiva è quella di coinvolgere i giovani. Che sensibilità riscontrate? Non tutti i giovani sono molto informati dell’apertura a coloro che non si riconoscono in nessuna fede religiosa, ma quelli che ho avuto la possibilità di conoscere si sono dimostrati interessati a questa realtà. Una ragazza, dopo averci incontrato, ha scritto: “questo dialogo l’ho sentito come una sfaccettatura di quel diamante prezioso che ci ha consegnato Chiara…non incrostiamolo”. Clicca qui per leggere la 1° parte dell’intervista
Claudia Di Lorenzi
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Giu 4, 2020 | Cultura
Costruire un mondo unito senza distinzione di razza, religione, condizioni economiche e sociali. “Noi abbiamo come Movimento, come nuova Opera sorta nella Chiesa, una vocazione universale, poiché il nostro motto è: “Che tutti siano uno”. Noi non possiamo fare a meno di voi, perché ci siete nei tutti, altrimenti toglieremmo via mezzo mondo o almeno un terzo di mondo, e lo escluderemmo, mentre noi diciamo “che tutti siano uno”. Così, nel maggio 1995, la fondatrice dei Focolari, Chiara Lubich, spiegava le ragioni che hanno spinto il Movimento a ricercare e sviluppare un dialogo con le persone che non si riconoscono in un credo religioso. Ne parliamo con Luciana Scalacci, 73 anni, di Abbadia San Salvatore (Italia). Non credente, è membro della Commissione internazionale e italiana del Centro del Dialogo con persone di convinzioni non religiose dei Focolari. Nel Movimento la ricerca di un dialogo con persone di convinzioni non religiose ha radici profonde. Quali sono le tappe più importanti? Il “Centro del Dialogo con i non credenti” nasce nel 1978 e l’anno seguente, per la prima volta, persone di convinzioni non religiose parteciparono ad incontri promossi dai Focolari. Chiara invitò tutto il Movimento ad una apertura verso i non credenti ritenendo che tutti siamo “peccatori” e pertanto possiamo fare un cammino comune di liberazione e costruire insieme la fratellanza universale. Nel 1992 il Centro promosse il primo convegno internazionale dal titolo “Costruire insieme un mondo unito”. “La vostra partecipazione alla nostra Opera è essenziale per noi – disse Chiara -. Senza di voi (come senza le sue altre componenti) essa perderebbe la sua identità”. Nel 1994 il secondo convegno. Nel suo messaggio Chiara disse: “il nostro scopo è quello di contribuire all’unità di tutti partendo dall’Amore ad ogni singola persona. Cercheremo, quindi, di vedere quanto grande sia, nell’Umanità a tutti i livelli, l’aspirazione alla fratellanza universale e all’unità”. Dopo la scomparsa di Chiara, nel 2008, la Presidente Maria Voce ha confermato più volte che le persone di convinzioni non religiose sono una parte essenziale del Movimento. Negli anni ‘70 non era comune che un Movimento di ispirazione cristiana aprisse le porte ai non credenti…quali gli obiettivi? L’unità del genere umano, dare concretezza al “Che tutti siano uno”, perché il mondo unito si costruisce con gli altri e non contro gli altri. Su quale base si fonda la possibilità di costruire un dialogo fra credenti e non credenti? Sull’esistenza di valori comuni, come la fraternità, la solidarietà, la giustizia, l’aiuto ai poveri. In comune c’è anche il fatto che tutti abbiamo una coscienza personale che ci consente di riflettere su questi valori singolarmente ma anche in maniera collettiva, per diventare patrimonio di tutti. In questo cammino avete incontrato delle difficoltà? Dialogare da posizioni diverse non sempre è facile. Rapportarsi a contenuti concreti e realizzare qualcosa di pratico è più semplice perché la prassi non fa distinzione di colore, religione, idee. Le difficoltà vengono quando dalla pratica si passa ai valori, alle ideologie, alle sovrastrutture. Il dialogo può rischiare di arenarsi. Ma questo non è avvenuto. Chiara ha chiesto sia ai credenti che a noi “amici” di mettersi nella massima apertura, non per fare un atto di carità ma per arricchirsi vicendevolmente e fare insieme il cammino verso un mondo migliore.
Claudia Di Lorenzi
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Giu 2, 2020 | Focolari nel Mondo
Gabriela Bambrick-Santoyo è un medico di Medicina Interna. È nata e cresciuta a Città del Messico ed è membro attivo e impegnato della comunità dei Focolari dal 1987. Attualmente lavora come Direttore del Programma Associato del reparto di Medicina Interna in un ospedale nel Nord del New Jersey, oggi un punto caldo dell’attuale pandemia di coronavirus COVID-19. Ecco un estratto dell’intervista realizzata da cruxnow.com Gabriela, puoi dire qualcosa su come la tua fede cattolica e la spiritualità dei Focolari ispirano la tua vocazione a essere medico? La mia vocazione di cattolica, e facente parte del movimento dei Focolari, e la mia vocazione di medico sono inseparabili. Sono nata cattolica e ho conosciuto il Movimento dei Focolari quando avevo circa diciotto anni. Questo incontro ha cambiato la mia vita perché è stata la prima volta che sono stata spinta a vivere concretamente quel vangelo dell'”ama il tuo prossimo come te stessa”. Questo mi ha profondamente cambiata ed è stato ciò che ha guidato le mie azioni, sia come persona che come medico. Com’è stato essere in prima linea nella pandemia COVID-19 in un punto caldo del New Jersey? Ha messo a dura prova la mia fede. Soprattutto la paura della morte. Diventa una possibilità molto reale quando vedi tanta morte intorno a te. Una volta che dici di sì alla chiamata a dare la nostra vita per gli altri, che tutti noi come cristiani abbiamo, le grazie piovono dentro e fuori di te! Lo fanno davvero! Ho dovuto chiedermi pure cosa significasse “amare gli altri come te stessa” in questa pandemia di COVID. Quando ho iniziato a vedere i pazienti, ero piena di paura. Volevo entrare rapidamente… e lasciare la stanza il prima possibile. Poi un colpo di scena: mia figlia, una sana diciottenne, è stata ricoverata in ospedale con il COVID. Di sera mi chiamava piangendo dalla sua stanza d’ospedale dicendo: “Mamma, ho perso tutta la mia dignità. Devo andare in bagno e non mi fanno uscire. Non vogliono entrare e continuano a spingermi nella mia stanza e a un certo punto ho pensato di dover andare in bagno sul pavimento”. Questo mi ha distrutto, Charlie, e mi ha fatto chiedere se stavo facendo qualcosa di simile ai miei pazienti. A quel punto ho deciso di cambiare in modo da dare pienamente la mia vita ai miei pazienti, di avere più comprensione e di non farli mai sentire abbandonati. Dev’essere così difficile confrontarsi con la morte al ritmo con cui l’hai vista nelle ultime settimane. Per tutti noi è così difficile anche solo immaginarla. È vero, ma a volte ci sono anche delle grazie. Una delle mie pazienti era una novantunenne molto malata, che in sostanza sapeva che sarebbe morta a causa del COVID-19 ed era in pace. Il mio atto di misericordia è consistito nell’essere lì negli ultimi momenti della sua vita. Nel passare del tempo non solo con la mia paziente, ma anche con la sua famiglia al telefono. Non dimenticherò mai quando le ho detto che la sua famiglia le voleva molto bene e che era in pace e che sapeva che lei era pronta e mi ha stretto la mano. Questa è misericordia. Avevo un altro paziente con il quale ho avuto quella che io chiamo “situazione a doppio colpo”. Oltre ad essere un paziente COVID, era molto aggressivo, non completamente stabile e diceva che mi avrebbe dato un pugno se non avessi fatto X o Y. Non è stato immediato ricordarmi che anche questa persona è figlia di Dio e che dovevo guardarla con pazienza, amore e misericordia. Una volta che egli ha visto questo nei miei occhi, la sua rabbia ha cominciato a svanire. Sulla via del ricovero in un altro reparto, si è girato verso di me, mi ha sorriso e mi ha detto: “Tu e [l’infermiera X] siete state le uniche a dedicare del tempo a spiegarmi le cose”. Che differenza fa la sua robusta vita di preghiera e i suoi impegni teologici in riguardo a come pratica la medicina in queste circostanze? La preghiera è stata un pilastro centrale della mia vita e mi ha permesso di superare questa crisi. È nella preghiera che trovo pace e conforto. È nella preghiera che mi trovo in Dio. Infine, partecipo agli incontri settimanali (incontri zoom) con la mia comunità dei Focolari. Tutte queste cose insieme sono come l’armatura che mi permette di affrontare questa crisi. Qui potete leggere l’intervista completa: https://cruxnow.com/interviews/2020/04/doctor-balances-faith-work-in-coronavirus-hotspot/ (altro…)
Giu 1, 2020 | Chiara Lubich
Una delle tante conseguenze del coronavirus in tutti i Paesi, ma in modo particolare in quelli più poveri, è l’aver tolto a tante persone con lavori precari o saltuari, i mezzi di sussistenza. In questo periodo quindi diventa ancora più importante guardarsi attorno e prendere le iniziative più varie a favore di chi è nel bisogno. È Vangelo: è lì, nei minimi, che Gesù ci aspetta. (…) Gesù ha una predilezione per i poveri, per i minimi. Quando, dopo il triplice rinnegamento di Pietro[1], fa a lui la triplice domanda: «Mi ami più di costoro?», alla prima risposta affermativa di Pietro, egli conclude: «Pasci i miei agnelli». Dopo le altre due invece afferma: «Pasci le mie pecorelle». E per «agnelli» s’intenderebbero – secondo qualche esegeta – i piccoli, i poveri, i bisognosi. Per «pecorelle» tutti[2]. Così Gesù dimostra di aver fatto l’opzione dei poveri, prima che molti vescovi, ad esempio, specie in paesi in via di sviluppo, la formulassero e la proponessero. Del resto, lo si sa: egli è venuto per evangelizzare i poveri[3] e ha detto chiaramente: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me»[4]. Ma se Gesù ha dimostrato questa preferenza in parole ed opere già quand’era in vita, il suo Spirito l’ha inculcata frequentissimamente durante i secoli in coloro che dovevano diventare suoi strumenti per molti: come ad esempio, san Francesco, san Filippo Neri, sant’Ignazio di Loyola, san Camillo de Lellis, ecc. Così è stato anche di noi. Il nostro carisma, all’inizio del Movimento, ci ha fatto porre l’attenzione, quando eravamo ancora in casa con le nostre famiglie, anzitutto su quelli che erano minimi intorno a noi: i poveri, gli ammalati, i feriti, i carcerati, i senza-tetto, gli anziani, i bambini… E più tardi, in piazza Cappuccini, nel primo focolare, su quelli che erano minimi fra noi. Abbiamo cercato di risolvere il primo problema con azioni di carità, semi delle azioni sociali e delle molte opere che sarebbero nate in seguito; e il secondo con la comunione dei beni fra tutti noi. Più tardi, siamo stati spinti generalmente a guardare a tutti, ad amare ogni prossimo come noi stessi, minimo e non minimo, e ad amarci fra noi. Questo nostro modo di vivere è ora così inculcato in tutti che è divenuto il tessuto base di tutto il Movimento. Ma in quest’ultimo periodo (…) ecco un nuovo richiamo a porre i minimi al primo posto nel nostro cuore. Come potremo allora attuare ciò? Anzitutto guardando con predilezione a coloro fra noi che possono dirsi minimi e sollevando ogni necessità con una comunione dei beni libera ma intensa, estesa a tutto il Movimento nel mondo. Poi, guardandoci attorno. (…) Un motto? Una domanda al nostro cuore: «Ho preferito oggi, fra tutti i miei prossimi, quelli più in necessità?».
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 27 giugno 1991) Tratto da: “Preferire i minimi”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, pag. 432. Città Nuova Ed., 2019. [1] Cf. Gv 18,15-27. [2] Cf. Gv 21,15-17. [3] Cf. Mt 11,5. [4] Mt 25,40. (altro…)
Mag 30, 2020 | Collegamento
Azioni di sostegno, reciproco aiuto, preghiera e condivisione nate in tutto il mondo dalle comunità dei Focolari. https://vimeo.com/402499365 (altro…)
Mag 29, 2020 | Famiglie
La testimonianza di Rolando, manager di una ditta di San Salvador: preoccupazioni e attese per il suo Paese in tempo di pandemia e la scelta, come famiglia, di vivere per gli altri. Nel Salvador, siamo in quarantena come nel resto del pianeta. La paura, comprensibile ma, a mio parere, sovradimensionata ha guadagnato spazi e con il fine di contenere i contagi si sono incoraggiate misure che vanno contro i diritti umani. Approfittando dell’emergenza si mina la democrazia e, sempre per la paura, buona parte della popolazione esige una mano forte. Così la pandemia ha generato, come misure per combattere il virus, un ritorno verso l’autoritarismo. Un ritorno all’intolleranza, al non dialogo con sentimenti di rabbia e di vendetta. Da aggiungere l’impatto negativo sull’economia con la chiusura delle attività non essenziali, l’alta percentuale dell’economia informale, la riduzione delle rimesse e l’alto livello di indebitamento motivato dall’emergenza. Per me, questa situazione è una desolazione collettiva. Da giovane ho vissuto la guerra civile e, con tante illusioni, l’arrivo del dialogo e la firma della pace. Ho seguito il lento processo verso la democrazia, mai soddisfatto, ma sempre con speranza. Mai avrei immaginato che avrei rivisto le forze armate dominare la scena politica e la rottura dell’ordine costituzionale. È un dolore personale e sociale che, a volte, mi ha fatto perdere l’ottimismo. Penso che ci sarà nel prossimo futuro una crisi economica e sociale che colpirà la democrazia e, in particolare, le persone più vulnerabili. La spiritualità dell’unità che cerchiamo di vivere nella mia famiglia, ci spinge tutti a fare delle azioni concrete in favore di chi ci è vicino. Personalmente, immerso nel telelavoro, cerco innanzitutto di amare Irene, mia moglie, valorizzando lo sforzo che fa per reggere la difficile situazione, aiutandola e coprendo i vuoti, anche perché per la pandemia non ci sono le persone che ci aiutavano in casa. Preparo con gioia le pietanze che piacciono a Roxana, la figlia più giovane, e faccio coraggio a Irene Maria, la figlia più grande, che studia all’estero. Ogni giorno sento i miei genitori e mi occupo dei loro bisogni. Cerchiamo di sostenere e dare serenità alle persone che aiutano in casa, garantendo i loro stipendi, finché riusciremo…
Con gli impiegati della compagnia dove lavoro, insieme ad altri dirigenti, stiamo implementando politiche di sostegno economico, facilitando il lavoro a distanza dei dipendenti per garantire il loro posto di lavoro. M’impegno a rapportarmi meglio che posso con il mio team e ad essere comprensivo per la loro minore produttività. Con alcuni esperti delle diverse aree ci scambiamo le esperienze, studiamo la crisi, i modelli economici, lo sviluppo dei mercati, la politica, consapevoli dell’opportunità che ci si presenta per imparare cose nuove e trovare delle idee innovatrici per affrontare il futuro. Senza rendermi conto, le giornate passano in fretta, e una sensazione di pace inonda spesso la mia anima. Continuo a preoccuparmi per la situazione sanitaria del Paese, per la democrazia in pericolo, per l’economia, ma sento, sempre più forte, la forza di continuare a lottare per tenere alti i valori nei quali credo, nonostante che fuori, la tempesta sia forte.
Rolando, El Salvador (Raccolta da Gustavo E. Clariá)
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Mag 27, 2020 | Testimonianze di Vita
Una strada per restare uniti a Gesù è l’accoglienza della sua Parola. Essa permette a Dio di entrare nel nostro cuore per renderlo “puro”, cioè ripulito dall’egoismo, adatto a portare frutti abbondanti e di qualità. Dare fiducia Era un uomo sulla quarantina, triste in volto, che si presentava male: vestiti malandati e sporchi, puzzo di alcol e nicotina… Non mi chiese soldi, ma lavoro, uno qualsiasi. Aveva chiaramente bisogno di aiuto. Cosa avrebbe fatto Gesù al mio posto? Decisi di invitarlo a casa mia dove avevo bisogno di alcune riparazioni. Prima ancora mi raccontò che era appena uscito di prigione e doveva pagare la libertà vigilata, ma non aveva nulla. Anche sua moglie lo aveva lasciato. Fece poi il lavoro indicato, che gli pagai. Prima di riportarlo nel luogo in cui passava la notte, mi chiese se avevo da proporgli qualche altro lavoretto. Sentiti alcuni amici, trovammo altre cose da fargli fare. Tornò diverse volte. Intanto fiducia e rispetto reciproci crescevano. Dopo circa un mese, non si fece più vivo. Temevo che fosse tornato in prigione. Poi, un giorno, mi chiamò al cellulare: “Grazie per tutto quello che hai fatto per me, per la fiducia che mi hai dato. Sono riuscito a pagare la libertà vigilata e ad acquistare un telefonino. Ora ho un lavoro fisso. Sono molto felice!”. (A. L. – Usa) Ciò in cui credo Sono parrucchiera e faccio servizio a domicilio. Un giorno sono stata chiamata da una giovane signora sposata da poco, che aspettava un bambino. Triste, mi ha confidato che aveva intenzione di divorziare perché la suocera le rendeva la vita impossibile. L’ho ascoltata a lungo, poi le ho consigliato di aspettare. Dopo alcuni giorni mi ha chiamato anche la suocera per farsi tagliare i capelli. E subito mi ha parlato male della nuora. “Che strano – ho replicato –, proprio due giorni fa ero a casa sua e l’ho sentita dire solo cose belle su di lei…”. Quando ho incontrato di nuovo la nuora, le ho detto: “Sua suocera mi ha parlato bene di lei, le vuole tanto bene…”. Alcuni giorni dopo la famiglia si è ritrovata in occasione di una festa. Suocera e nuora si sono riviste dopo mesi ed è stato un momento bellissimo, come loro stesse mi hanno poi raccontato. E ringraziandomi: “Chi ti insegna le cose belle che ci dici?”. Ho potuto così spiegare loro ciò in cui credo: quel Vangelo che insegna ad essere operatori di pace. (F. – Pakistan) Quasi per gioco Mio marito ed io avevamo notato nei nostri figli una scarsa conoscenza delle basi della fede cristiana. Allora ci siamo chiesti: perché non dar vita ad una sorta di corso di catechismo in famiglia? Ho incominciato io con Maria, Jutta e Ruben, badando a che i concetti fossero semplici e con riferimento alla vita quotidiana. Successivamente si sono aggiunti Jeroen e Rogier, Rose e Michel… Ne è nata un’esperienza originale, divertente e anche coinvolgente: si trattava infatti di preparare ogni settimana una specie di lezione che qualcuno dei bambini scriveva al computer e moltiplicava, mentre qualche altro preparava delle simpatiche cartelline dove conservare le dispense. I nostri figli erano così entusiasti che spesso, spontaneamente, invitavano i loro amichetti a partecipare; così si sono aggiunti altri. Quando abbiamo affrontato il tema dei sacramenti abbiamo avuto conferma di quanto poco fossero stati capiti, mentre ora sono diventati la ricchezza della nostra vita di fede. E questo corso di catechismo nato quasi per gioco va avanti… (P. W. – Olanda)
a cura di Stefania Tanesini
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VI, n.3, aprile-maggio 2020) (altro…)
Mag 26, 2020 | Testimonianze di Vita
L’esperienza della comunità di Bangalore, in India, durante il lockdown per l’emergenza coronavirus “Quando ci si ritrova che improvvisamente tutto viene chiuso per 21 giorni e non sai come sarà il prossimo futuro. Quando il lavoro che ti ha mantenuto fino adesso è fermo e non sai come andrà avanti la situazione, cosa fare? Credo sia l’esperienza che in questo momento si vive non solo in India, ma in tanti paesi in tutto il mondo e in Italia sono stati fra i primi, purtroppo a fare questa esperienza di smarrimento. Anche qui, abbiamo avuto la stessa situazione. Solo che qui, come forse avete visto sui telegiornali, ci sono 450 milioni di persone che vivono con lavori a giornata, senza nessuna sicurezza, e la maggior parte senza nessun risparmio. Quindi non poter andare al lavoro vuole dire mangiare ogni giorno di meno e cercare di sopravvivere.
Nella nostra comunità del Focolare di Bangalore c’era questa domanda. Come aiutare le persone nel bisogno? Come coinvolgere altri standosene rinchiusi in casa? Tutto è partito da un messaggio su WhatsApp che uno di noi ha inviato a Kiran, un seminarista che vive in un villaggio che abbiamo visitato tempo fa. “Ci sono famiglie nel bisogno nel tuo villaggio?”. Nel villaggio, che si trova nello Stato indiano Andhra Pradesh, ci sono circa 4560 famiglie e una parrocchia con 450 famiglie cattoliche. Kiran (che vuole dire “raggio” nella lingua locale) proprio quella sera passeggiando si era fermato in varie famiglie che gli confidavano il loro timore per il futuro. Già mangiavano kanji (riso bollito con tanta acqua che si beve e per dare del gusto si mangia assieme un po’ di peperoncino verde) da alcuni giorni e non sapevano come avrebbero fatto per questi 21 giorni di lockdown. Non è normale che persone adulte parlino ad un giovane dei loro problemi e Kiran era tornato a casa un po’ preoccupato. Poi aprendo il cellulare ha visto il messaggio ed ha capito che Dio gli dava una risposta alla domanda di aiuto di quelle famiglie. Così, ci siamo messi al lavoro. Kiran ha capito quante erano le famiglie più in difficoltà e noi abbiamo preparato il messaggio da mandare a tutte le persone che conosciamo, con dettagli e conti correnti dove mandare gli aiuti. Ci siamo messi un target di aiutare almeno 25 famiglie, con un sacco di riso di 25 kg e una borsa di verdure, cibo sufficiente per circa 15 giorni per una famiglia, con un costo di 1500 rupie, circa 20 euro.
La risposta è stata immediata. Tante persone hanno partecipato, famiglie e anche tanti giovani. Chi mille, chi tre mila, chi cinque mila rupie. Nel giro di pochi giorni abbiamo raggiunto il target stabilito. Ma i contributi sono continuati e siamo arrivati ad aiutare più di 30 famiglie. La media di quattro persone per casa, vuol dire che questo aiuto è arrivato ad almeno 120 persone. Ma anche in tanti altri villaggi dove ci sono persone che conosciamo i bisogni sono molti. Così abbiamo iniziato ad aiutare anche in altri luoghi. Ora sono tre i villaggi che stiamo aiutando, sempre con persone del posto che conoscono bene la situazione e sanno aiutare nel modo più opportuno. Come Chiara Lubich ci aveva insegnato di amare le persone una alla volta, così ci sembra anche in questo caso: amare un villaggio alla volta, ma senza fermarsi! È poco, sono gocce ma tanti si sono mobilitati. Qui nella diocesi di Bangalore, dove abbiamo anche contribuito, lo sforzo dell’Arcivescovo tramite il centro sociale per aiutare tanti lavoratori bloccati qui per il lockdown è stato ed è molto grande. Da Bangalore ora passiamo l’iniziativa anche a Mumbai, Nuova Delhi e Goa, in modo che quello che abbiamo possa circolare il più possibile. Alla fine, come stiamo vivendo tutti, tutto passa e quelle poche gocce d’amore che riusciamo a donare restano e riempiono il nostro cuore e il cuore degli altri”.
La comunità del focolare di Bangalore – India
Se vuoi dare il tuo contributo per aiutare quanti soffrono degli effetti della crisi globale del Covid, vai a questo link (altro…)
Mag 25, 2020 | Chiara Lubich
Per fare fronte alla pandemia, singoli e associazioni, personale sanitario e comunità scientifiche, Governi e organizzazioni internazionali si stanno muovendo nei più vari modi. L’ingegno e la generosità, spesso anche eroica, non mancano. A tutti questi sforzi conviene aggiungere il contributo decisivo che viene da quella preghiera che è capace di spostare le montagne. (…) Come ogni bambino di questa terra ha fiducia nel proprio padre, crede in lui, a lui si abbandona totalmente, lascia a lui ogni preoccupazione, con lui è sicuro in ogni circostanza anche difficile, anche dolorosa, anche impossibile, così fa e deve fare il «bambino» del Vangelo nei confronti del Padre celeste. Un atteggiamento, il suo, importantissimo sempre, perché siamo spesso sovrastati da circostanze, da avvenimenti, da prove che non possiamo superare con le sole nostre forze e necessitano quindi di interventi superiori. Un bisogno poi tutto particolare di una grande fede nell’amore del Padre, nella sua Provvidenza, lo avvertiamo in questi giorni. (…) Siamo stati e siamo preoccupati; e abbiamo pensato (…) che cosa potevamo fare. La prima risposta che è fiorita in cuore è stata: pregare, unirsi tutti a pregare per scongiurare il flagello. E chi più, chi meno, ha senz’altro cominciato a fare così. (…) Pregare. Ma occorre pregare in modo da ottenere. Come? (…) San Giovanni, nella sua prima lettera, ha questa bellissima e incoraggiante espressione: «Se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e il suo amore in noi è perfetto»[1]. «Il suo amore in noi è perfetto». Ma se il suo amore in noi è perfetto, e finché il suo amore in noi è perfetto, siamo perfetti. La perfezione dell’amore si ha, dunque, nell’attuare l’amore reciproco. In questi giorni (…) abbiamo introdotto [nel Regolamento dei focolarini] una norma che è basilare ed essenziale per loro: il dovere (…) di formulare con gli altri focolarini un patto (…) di essere pronti a morire gli uni per gli altri, come esige il comandamento di Gesù. Ma questa decisione, questo patto non è certamente monopolio dei soli focolarini che vivono in comunità. È legge per tutti i membri della nostra Opera. Essa, attuata, fa sì che l’amore in noi sia perfetto e che noi siamo perfetti nell’amore, e così graditi a Dio, e quindi nelle condizioni di ottenere le grazie che desideriamo, anche quelle necessarie per spostare le montagne. Penso che sarà necessario in questi giorni, se vogliamo lavorare efficacemente al mondo unito, rinnovare fra noi e con quanti più incontriamo, che conoscono il nostro Movimento, una tale disposizione della nostra anima. Dobbiamo naturalmente creare prima le premesse necessarie, suscitare l’atmosfera adatta per poter poi dire all’altro, con coraggio: «Io – con la grazia di Dio – voglio essere pronto a morire per te», e potersi sentir ripetere: «E io per te». Poi dobbiamo agire di conseguenza, attizzando il fuoco dell’amore nei confronti di ogni prossimo. (…) Su questa base, possiamo pregare con la fiducia di ottenere.
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Mollens, 13 settembre 1990) Tratto da: “Patto e time out”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, pag. 410. Città Nuova Ed., 2019. [1] 1 Gv 4, 12. (altro…)
Mag 24, 2020 | Chiesa
Una campagna globale che ha coinvolto migliaia di fedeli attraverso seminari interattivi e formativi sulla cura della casa comune. Indetta dal Papa è stata organizzata dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale con il sostegno di un gruppo di partner cattolici. Dal 16 al 24 maggio si è svolta la Settimana Laudato Si’ dal titolo “Tutto è connesso”, una campagna globale in occasione del 5° anniversario dell’enciclica di Papa Francesco sulla cura della casa comune. L’evento ha coinvolto comunità cattoliche di tutto il mondo coinvolgendo diocesi, parrocchie, movimenti e associazioni, scuole e istituzioni per approfondire il proprio impegno per la salvaguardia del Creato e la promozione di un’ecologia integrale. Fortemente voluto dal Papa è stata organizzata dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale con il sostegno di vari partner cattolici fra cui il Global Catholic Climate Movement (Movimento Cattolico Globale per il Clima) che ingloba più di 900 organizzazioni cattoliche mondiali fra cui il Movimento dei Focolari. Nel corso della Settimana varie sono state le iniziative on line seguendo le linee indicate dalla Laudato sì. A causa dell’emergenza Coronavirus infatti l’evento si è svolto totalmente online attraverso seminari interattivi e formativi. Nella giornata di domenica 24 maggio si conclude l’evento con una giornata mondiale di preghiera: alle ore 12 (ora locale di ogni fuso orario), ognuno potrà pregare per la Terra con questa preghiera. Il Papa nel mese di marzo ha inviato un videomessaggio dove incoraggiava i fedeli a partecipare per proteggere la nostra casa comune. Insieme, attraverso l’azione e la fede, possiamo risolvere la crisi ecologica. “Che tipo di mondo vogliamo lasciare a quelli che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo? – afferma il Papa – Rinnovo il mio appello urgente a rispondere alla crisi ecologica. Il grido della terra e il grido dei poveri non possono più aspettare. Prendiamoci cura del creato, dono del nostro buon Dio Creatore”.
In questi 5 anni, l’enciclica del Papa ha smosso le coscienze di tanti cittadini. Sono sorte molte comunità di persone con l’obiettivo di fare qualcosa per l’ambiente, spinti dalle parole del Papa su una visione ecologica più attenta alla Casa Comune. Eppure dopo cinque anni queste parole risuonano molto attuali in questo mondo dilaniato dalla pandemia del Covid-19. Anche il Dicastero Vaticano per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale sottolinea come gli insegnamenti dell’Enciclica sono particolarmente rilevanti nel contesto attuale del coronavirus che ha fermato molte parti del mondo. “La pandemia ha colpito dovunque e ci insegna come soltanto con l’impegno di tutti possiamo rialzarci e sconfiggere anche il virus dell’egoismo sociale con gli anticorpi di giustizia, carità e solidarietà. – sottolinea don Francesco Soddu, direttore di Caritas Italiana – Per essere costruttori di un mondo più giusto e sostenibile, di uno sviluppo umano integrale che non lasci indietro nessuno”. In questa settimana non si è parlato solo di ecologia. Gli organizzatori si sono chiesti: ma quanto pesa l’economia in tema di salvaguardia del Creato? Giovedì 21 maggio infatti si è tenuto un appuntamento online con l’economista inglese Kate Raworth, dell’Università di Oxford e Università di Cambridge, uno degli economisti più influenti a livello internazionale. Questo incontro rientra anche nel percorso di preparazione e formazione a “The Economy of Francesco”, l’evento voluto dal Papa che si terrà a novembre ad Assisi dove si sono già iscritti 3000 giovani imprenditori da tutto il mondo. In tema di salvaguardia del Creato, “l’economia pesa almeno il 50% se consideriamo l’economia individuale, l’economia delle imprese e l’economia degli Stati e gli effetti che tutto ciò produce sull’inquinamento del Pianeta – sostiene l’economista Luigino Bruni -. Poi c’è la politica, i nostri stili di vita, ecc… (…) Se guardiamo anche da cosa dipendono i fallimenti di questi decenni, il riscaldamento globale, ad esempio, ci accorgiamo che insomma l’economia capitalistica ha davvero un grosso peso. Quindi se vogliamo cambiare dobbiamo cambiare l’economia”. Vivere la Laudato Sì quindi vuol dire testimoniare la nostra sensibilità per il tema della salvaguardia del Creato ma anche in ambito economico con le nostre scelte di vita. Possiamo contribuire a realizzare una profonda conversione economica ed ecologica attraverso esperienze concrete. Inoltre dobbiamo capire quale cambiamento politico promuovere per ascoltare veramente il grido della terra e dei poveri.
Lorenzo Russo
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Mag 23, 2020 | Collegamento
Le testimonianze del card. Désiré Tsarahazana, Presidente della Conferenza Episcopale del Madagascar e Mons. Christoph Hegge Vescovo ausiliario di Munster (Germania) raccolte durante l’incontro internazionale che ha riunito, nel febbraio scorso, 7 Cardinali e 137 Vescovi amici dei Focolari a Trento e nella cittadella internazionale di Loppiano. https://vimeo.com/415939891 (altro…)
Mag 20, 2020 | Testimonianze di Vita
La Parola vissuta ci fa uscire da noi stessi per incontrare con amore i fratelli, cominciando da quelli più vicini: nelle nostre città, in famiglia, in ogni ambiente di vita. È un’amicizia che si fa rete di rapporti positivi, puntando alla realizzazione del comandamento dell’amore reciproco, che costruisce la fraternità. Cercare le parole giuste I miei bambini di sette e cinque anni giocavano incuranti di ogni pericolo. Non feci in tempo a raggiungerli, dopo l’esplosione della granata, che giacevano tutti e due sanguinanti. Li raccogliemmo e via all’impazzata, verso l’ospedale. Dentro di me un accavallarsi di sentimenti: sgomento, paura, dolore… ma dovevo occuparmi dei bambini e trasmettere loro pace. Lui aveva delle schegge nel capo e fu operato d’urgenza, lei era meno grave. Di notte, vegliavo al loro capezzale. Ogni tanto si lamentavano, assaliti da incubi: “Perché ci hanno fatto questo?”. Cercavo le parole giuste per far capire che chi aveva sparato era certamente qualcuno che aveva molto sofferto, forse non aveva i genitori, forse voleva soltanto distruggere i cannoni che stavano dalla nostra parte… Quando i bambini si assopirono cominciai a pregare, ad affidarli a Dio e chiedere che non rimanesse in loro odio. Oggi, dopo decenni, a proposito di quell’episodio doloroso, mio figlio lo considera un incentivo a dare il suo contributo per la pace nel mondo. (R. S. – Libano) Cambio di appartamento Quando alla proprietaria dell’appartamento in cui eravamo alloggiati abbiamo chiesto il permesso di fare, a spese nostre, delle ristrutturazioni, lei non ci ha detto che aveva intenzione di venderlo: ovvio che dopo aver effettuato quei lavori, saputa la sua decisione, siamo rimasti male e ci siamo sentiti traditi. Per di più il nuovo proprietario ha avanzato richieste altissime qualora avessimo voluto rimanere. Così, da un giorno all’altro, ci siamo trovati per strada. Ci siamo però fidati della provvidenza, certi che Dio non ci avrebbe abbandonati. Infatti, non molto tempo dopo, si è presentata una possibilità che rispondeva ancora meglio alle esigenze della nostra famiglia. Ma la cosa più importante è stato mantenere con l’ex padrona di casa rapporti cordiali e non di rivalsa. Anche se lei non lo ha dichiarato espressamente, ci ha fatto avvertire il suo pentimento. L’amicizia ritrovata ha coperto ogni incrinatura. (E.V. – Turchia) Disordine Sono iscritto alla Facoltà di Psicologia e alloggio con altri colleghi in uno studentato dove possiamo usufruire di una cucina comune quando non ci rechiamo a mensa. Uno di noi, oltre ad essere disordinato per quel che lo riguarda, è solito lasciarla sporca dopo l’uso. Stamattina ero passato appunto in cucina per prepararmi un caffè ed ho trovato tutto sottosopra perché lui aveva ricevuto ospiti e lasciato le cose come stavano. Non sono stato l’unico a notare quel caos; qualcuno, indignato, ha suggerito di non toccare nulla, finché il colpevole non se ne sarebbe reso conto. Poco dopo però, nella mia camera, accingendomi a studiare, non ero in pace; il pensiero tornava sempre a quel disordine in cucina… Che fare? Dare una lezione all’altro o fargli un gesto di carità? Senza indugiare, sono tornato in cucina, mi sono messo a lavare bicchieri e piatti, ho portato fuori l’immondizia… In camera poi mi è sembrato di comprendere meglio quello che leggevo. La vita con gli altri è una forma di educazione che completa le lezioni che ascolto all’università. (G. T. – Francia)
a cura di Stefania Tanesini
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VI, n.3, aprile-maggio 2020) (altro…)
Mag 18, 2020 | Chiara Lubich
Il seguente pensiero di Chiara Lubich sconvolge il nostro modo abituale di leggere gli avvenimenti gioiosi o dolorosi che intessono la trama della nostra vita. Ci invita a fare un vero capovolgimento, a guardare tutto con altri occhi, quelli della fede in Dio, all’amore al quale nulla sfugge. Questa intima convinzione ci riempie di speranza e ci fa agire, di conseguenza, con coraggio. (…) Se amiamo Dio, la vita, la nostra vita, con tutte le sue circostanze, è una divina avventura nella quale non c’è un attimo in cui non ci si debba stupire per qualcosa di nuovo; una divina avventura piena di tesori da scoprire, di cui arricchirci momento per momento, come di tante piastrelle da aggiungere in continuazione al mosaico della nostra santità. [La Scrittura] (…) dice infatti: «Noi sappiamo che tutto concorre al bene per coloro che amano Dio»[1]. Tutto concorre… per quelli che amano Dio. Tutto. Perché nulla – lo dobbiamo credere – avviene a caso. Nessun avvenimento gioioso, indifferente o doloroso, nessun incontro, nessuna situazione di famiglia, di lavoro, di scuola, nessuna condizione di salute fisica o morale è senza senso. Ma ogni cosa: avvenimenti, situazioni, persone, è portatrice d’un messaggio da parte di Dio, che dobbiamo saper leggere e accogliere con tutto il cuore. Tutto concorre al bene per quelli che amano Dio. Il fatto è che egli ha un suo disegno d’amore su ognuno di noi, ci ama di amore personale, e – se crediamo a questo amore e vi corrispondiamo col nostro amore (ecco la condizione!), – porta ogni cosa al compimento del suo disegno su di noi. Basta guardare Gesù. Sappiamo come egli abbia amato il Padre. Ebbene, se si pensa anche solo un attimo a Lui, possiamo osservare come egli abbia realizzato [questa] Parola, durante tutta la sua vita. Nulla è successo a caso per Lui. Tutto ha avuto un significato. Ma si vede questa Parola impersonata in Lui in modo specialissimo soprattutto nell’ultimo tratto della sua esistenza: nulla è successo a caso nella sua passione e morte. Per Lui anche l’abbandono da parte del Padre, estrema prova, ha cooperato al bene perché con il suo superamento ha dato compimento alla sua Opera. Le cause erano magari cieche: quelli che l’hanno sottoposto a patimenti e poi alla morte non sapevano quello che facevano; e non solo nel senso che non conoscevano chi flagellavano e crocifiggevano, ma anche perché non conoscevano di essere autori d’un sacrificio, del sacrificio per eccellenza, che avrebbe fruttato la salvezza dell’umanità. I dolori arrivavano quindi a Gesù senza questa intenzione, ma egli, perché amava il Padre, li ha tradotti tutti in mezzi di redenzione, vedendo anzi in quei terribili momenti l’ora da sempre attesa, il compimento della sua divina terrena avventura. L’esempio di Gesù deve essere di luce per la nostra vita: tutto quanto arriva, quanto succede, quello che ci circonda e anche tutto quanto ci fa soffrire noi dobbiamo saperlo leggere come volontà di Dio che ci ama o una permissione di Lui che ancora ci ama. Allora tutto risulterà più che interessante nella vita; tutto avrà senso; tutto sarà estremamente utile. Coraggio: siamo ancora vivi. Siamo ancora in viaggio. La vita può ancora tradursi in una divina avventura. Il disegno di Dio su di noi può ancora compiersi. Basta amare e tener gli occhi aperti alla sua sempre splendida volontà.
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 2 agosto 1984) Tratto da: “La divina avventura”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, pag. 159. Città Nuova Ed., 2019. [1] Rm 8, 28. (altro…)
Mag 16, 2020 | Collegamento
Testimonianze di chi affronta le sfide sociali riscoprendo le potenzialità di Internet. Alcune iniziative per sostenere chi è solo o in situazioni di povertà. https://vimeo.com/402499011 (altro…)
Mag 13, 2020 | Centro internazionale
In occasione della giornata di preghiera, di digiuno e di invocazione per l’umanità del 14 maggio, riportiamo la preghiera di Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari. In questo tempo di prova, di solitudine, di angoscia e di sgomento, sentiamo il bisogno di ritrovare il senso della vita e della morte, di ciò che non passa e rimane in eterno. I nostri cuori, purificati dal dolore e disarmati, si uniscono per implorare Te, l’Onnipotente, il Clemente, il Misericordioso, Padre di tutti noi. Rafforza in noi la fede che tutto quello che permetti è per un bene più grande, e nulla di ciò che succede è al di fuori della Tua bontà infinita. Aiutaci a continuare il viaggio della vita con rinnovata fiducia e speranza, radicati nella Tua divina volontà di ogni attimo presente. Conforta quelli che sono nella sofferenza per le perdite di parenti e amici; dona forza per andare avanti e pazienza nelle avversità. Fa’ che davanti all’angoscia per il futuro, alla perdita del lavoro, alle conseguenze economiche e sociali che la pandemia porta, riusciamo a scoprire in esse occasioni per vivere la solidarietà e alimentare la giustizia. Forgia sempre più in noi un animo capace di amore concreto, per condividere il dolore di chi piange e rallegrarci con chi è nella gioia. Dacci di considerare l’altro come noi stessi e di desiderare per lui ciò che desideriamo per noi stessi. Facci sperimentare, Dio Altissimo ed Onnipotente, che più amiamo il fratello, dimentichi di noi, più il dolore si dilegua e rimane nel cuore la dolcezza ineffabile e tangibile della Tua presenza. Dà vigore, salute, protezione e sapienza a medici, infermieri, personale sanitario e a tutti quelli che si prodigano a favore dei fratelli malati e nel bisogno, perché possano essere Tuoi strumenti nell’accompagnare chi è affidato alle loro cure. O Dio, Luce del mondo, fa che gli scienziati siano illuminati dalla Tua Sapienza, e mettano a disposizione il loro sapere per il bene di tutta l’umanità. Sostieni i responsabili delle nazioni e tutti quelli che decidono le sorti dei popoli, affinché sappiano prendere decisioni lungimiranti e trovare soluzioni sociali ed economiche a favore dei più deboli. Tocca le loro coscienze, perché trovino tutti i mezzi per prevenire i conflitti e promuovere la pace. Fa che ognuno si senta responsabile non solo del proprio popolo, ma di tutta l’umanità. Che Maria, amata e venerata da molti, ci aiuti a stare saldi nella fede e a portare consolazione e speranza a tutti. Amen. Scarica la preghiera (altro…)
Mag 13, 2020 | Chiara Lubich
La mostra dedicata a Chiara Lubich nella sua città natale in Italia si arricchisce di un percorso virtuale multilingue che, attraverso immagini e documenti, permetterà di visitare l’esposizione da ogni parte del mondo. L’apertura sul web il 13 maggio, data significativa per Trento e per la Lubich. “Chiara Lubich Città Mondo”, la mostra allestita presso le Gallerie a Trento, città natale della Fondatrice dei Focolari, si trasforma e arricchisce da oggi con un percorso virtuale. L’esposizione, chiusa per un periodo a causa della pandemia e adesso prorogata fino all’inizio del 2021, e realizzata dalla Fondazione Museo storico del Trentino in collaborazione con il Centro Chiara Lubich, si potrà infatti visitare anche via web (http://mostre.legallerietrento.it/chiaralubich). L’allestimento a Trento, che si inserisce negli eventi legati al Centenario della nascita di Chiara Lubich, continua così, con l’ampliamento sul web, ad attuare il motto del centenario: “Celebrare per incontrare”. Il percorso che si snoda tra storia, vita, immagini e colore, offre infatti un’occasione di “incontro” con la Lubich che si allarga adesso oltre la sola sede espositiva delle Gallerie, per offrire l’accesso a visitatori da ogni parte del mondo. Ed anche la data scelta per questo ampliamento sul web non è casuale: il 13 maggio 1944 la storia di Chiara Lubich si intrecciò in modo significativo con quella della sua città. Quel giorno in cui Trento subì il secondo grande bombardamento segnò una svolta anche per il nascente Movimento dei Focolari. Tra le persone sfollate dalla città verso il bosco di Gocciadoro dopo aver avuto la casa sinistrata c’era anche Chiara Lubich. “Ricordo di quella notte – scriverà anni dopo – passata all’addiaccio, sdraiata con gli altri per terra due sole parole: stelle e lacrime. Stelle, perché, lungo le ore, le ho viste tutte passare sopra il mio capo; lacrime, perché piangevo, capendo che non sarei potuta partire da Trento con i miei che tanto amavo. Vedevo ormai nelle mie compagne il movimento nascente: non avrei potuto abbandonarle. E mi sembrò che lo Spirito Santo, per farmi capire la sua volontà, mi suggerisse parole che avevo studiato a scuola: “Omnia vincit amor (1), tutto vince l’amore” (2). La mattina successiva Chiara Lubich comunicò ai genitori la decisione di rimanere a Trento e, di lì, a poco, con le prime compagne, dette vita al primo focolare. E proprio la casetta che ospitò il primo focolare, è una delle tappe del percorso virtuale “Chiara Lubich città mondo” che accompagna il visitatore dalla nascita della fondatrice dei Focolari nel 1920 fino all’attuale espansione mondiale del Movimento. Anche nell’allestimento virtuale è Chiara stessa, attraverso immagini e documenti, a “raccontarsi”: la sua vita di giovane maestra, la consacrazione a Dio il 7 dicembre 1943, lo sviluppo della prima comunità dei Focolari. E poi l’estate del 1949, inizio di un periodo illuminativo per Chiara Lubich dal quale sgorgherà la novità carismatica che darà vita ad una nuova Opera nella Chiesa. La luce ed i colori sono i protagonisti dell’ultima parte del percorso che, attraverso parole e immagini, permette di conoscere esperienze di unità, frammenti di fraternità nati dal Carisma della Lubich che continuano a crescere e svilupparsi nell’oggi della storia per contribuire a realizzare quello che lei considerava il “testamento” di Gesù: “Che tutti siano uno” (Gv 17,21). “Per quella pagina del Vangelo siamo nate – scriveva la Lubich – per portare l’unità nel mondo, l’unità con Dio e l’unità fra tutti i fratelli”.
“Pur consce – spiegava ancora – della divina arditezza del programma che solo Dio poteva attuare, inginocchiate attorno a un altare, abbiamo chiesto a Gesù di realizzare quel suo sogno usando anche di noi se fosse stato nei suoi piani”(3). Un sogno costruito anche in quella notte del 13 maggio 1944 quando, difronte al crollo di tutto, allo smarrimento, all’angoscia di un presente di inaspettata drammaticità, tra stelle e lacrime, aveva scelto di credere che “Omnia vincit amor, tutto vince l’amore”
Anna Lisa Innocenti
(1) Virgilio, Ecloghe, X, 69. (2) Chiara Lubich, Nascita di una spiritualità, in Michele Zanzucchi, Enzo Maria Fondi, Un popolo nato dal Vangelo, San Paolo, 2003, pp. 9-10. (3) Ibid., p. 17. (altro…)
Mag 12, 2020 | Centro internazionale
Cos’ha fatto emergere questa pandemia nella vita sociale ed ecclesiale? Cos’ha suscitato nel Movimento dei Focolari? Come vivere il tempo nuovo e sconosciuto che ci aspetta? Dialogo a tutto campo con Maria Voce. Da un’intervista a Radio Inblu (Italia) D.: Dal 18 maggio potranno essere nuovamente celebrate le sante Messe, con tutte le accortezze naturalmente. Un suo breve commento… Maria Voce: Abbiamo sempre seguito la Messa del Papa, ci sono state mille occasioni per pregare insieme in streaming. Però non possiamo nascondere che il cristianesimo è una religione incarnata, c’è bisogno anche di essere presenti fisicamente alle cose, di partecipare più direttamente e in un modo più vivo dei misteri del cristianesimo stesso. Quindi partecipare all’Eucaristia in modo reale è qualcosa che sicuramente ci mancava ed è un dono che adesso ci ritorna. Quindi siamo pronti a fare qualsiasi attenzione, qualsiasi cautela pur di non perdere questa occasione.
D.: Certo. In questo tempo sono successe tante cose, abbiamo dovuto rimettere in discussione comportamenti, acquisizioni… Secondo lei cosa sta facendo emergere nella vita sociale e quindi anche in quella ecclesiale la pandemia? Maria Voce: Sta facendo emergere delle cose belle che possono essere anche delle cose brutte. Una prima cosa che mi sembra di sottolineare è l’uguaglianza fra tutti, cioè questa pandemia ci ha dimostrato che gli uomini di fronte a questo piccolo microbo, virus che ci ha colpito, sono tutti uguali perché colpisce il potente come il povero, il ricco come quello che non ha niente, il bambino come l’adulto, quello che è in carcere come quello che è fuori. Quindi in questo senso siamo veramente tutti uguali. Nello stesso tempo questa pandemia ha fatto emergere anche tante disuguaglianze che non sono create dal fatto di essere umani, di essere uomini, ma sono create dalle culture, dai pregiudizi, dagli stili di vita, per cui c’è chi si può permettere la cura e chi non se la può permettere; c’è chi ha la casa dove poter mettersi in isolamento e chi invece è costretto a stare con più persone in un piccolissimo spazio; chi perdendo il lavoro può attingere al conto in banca che aveva messo da parte con i suoi risparmi, e chi non ha quello a cui attingere e quindi, perdendo il lavoro, rischia la fame per sé e per la sua famiglia. Quindi le disuguaglianze purtroppo sono venute ancora più in evidenza. E questo deve farci pensare, perché logicamente sono disuguaglianze che non sono volute da Dio, non sono volute dalla natura umana, ma sono volute dalla cattiva volontà degli uomini che non hanno saputo amministrare bene i doni che Dio ci ha fatto. Quindi bisogna riparare a queste disuguaglianze per non trovarci, quando la pandemia sarà passata, peggio di come eravamo prima; per trovarci invece avvantaggiati da questa constatazione dell’uguaglianza nel fare programmi che rispettino questa uguale dignità di tutti. D.: Invece per la comunità ecclesiale? Maria Voce: Per la comunità ecclesiale ha fatto emergere quello che è essenziale, mi sembra, perché sono cadute tante cose: si è visto che non è essenziale la Chiesa come mura ma è essenziale la Chiesa come comunione; che non è essenziale andare ogni giorno a fare la visita a Gesù sacramentato ma è essenziale amare il fratello, è essenziale rispondere con amore a chi ci sta vicino, è essenziale ripescare nel Vangelo le parole che Lui ha lasciato e a cui dobbiamo ispirarci. Quindi ha fatto cadere tante cose anche a livello ecclesiale. Però questo non ci fa che bene, perché ci spinge a quella rinascita di cui Papa Francesco parla continuamente, a quella risurrezione, a quel ripartire daccapo per riformare veramente la Chiesa in un modo vitale, non in un modo istituzionale o formale. D.: Quali di questi essenziali è più essenziale? Maria Voce: A me sembra che la cosa più essenziale è tenere presente che siamo l’unica famiglia umana. Quindi l’unica famiglia umana deve spingerci tutti a prenderci cura gli uni degli altri, a prenderci cura anche del creato che è l’unica casa che contiene questa unica famiglia umana; a prenderci cura con responsabilità, con attenzione, proprio perché il cristianesimo ci fa guardare a questa realtà anche con la responsabilità. Siamo tutti membri di una famiglia ma siamo tutti responsabili di questa famiglia, quindi ogni persona di questa famiglia è importante, ha dei diritti ma ha anche dei doveri. È questa responsabilità collettiva. E questo io penso che ci deve spingere a fare proposte, a fare programmi, a vedere che cosa si può fare per arrivare veramente all’inclusione di tutti; a fare proposte sia nell’economia, sia nella politica, capaci di guardare veramente al bene comune, non al bene dell’uno o dell’altro, non agli interessi di una parte o dell’altra ma al bene di tutti. Quindi fare proposte che mirino alla comunione dei beni a livello più universale. Poi la Chiesa – del resto anche noi come Movimento dei Focolari – è universale, non ha confini. La Chiesa in un certo senso compete ad armi pari con il virus; il virus non ha paura dei confini ma anche la Chiesa non ha paura dei confini, la Chiesa è universale perché è la famiglia di Dio su tutta la terra. E’ a questa famiglia di Dio che si deve guardare per vedere come farla essere tale, cioè come creare strutture che favoriscano lo sviluppo integrale di tutti, che rispettino la storia di ogni popolo, la cultura di ogni popolo, il modo di vivere di ogni popolo, senza volerlo coartare con l’idea di farlo sviluppare secondo i nostri modelli, secondo i nostri programmi. Nello stesso tempo mettendo a disposizione gli uni degli altri tutti i talenti di cui Dio ha dotato ogni popolo, ogni cultura, ogni persona; mettendoli a disposizione gli uni degli altri perché tutti insieme si possa fare del mondo quella casa comune sempre più bella, sempre più degna di essere abitata dai figli di Dio. D.: Maria Voce, come Movimento dei Focolari questo tempo come vi ha provocato? Quali riflessioni state facendo? Maria Voce: Ci ha provocato come ha provocato tutti, nel senso che ci siamo trovati anche noi da un giorno all’altro a non poter più disporre di noi stessi, né personalmente né come Movimento. Quindi abbiamo dovuto cambiare tutti i programmi. È un anno importante per noi perché è l’anno del centenario della nascita di Chiara Lubich; abbiamo in programma l’Assemblea generale del Movimento per il mese di settembre; c’erano in programma diversi incontri preliminari all’Assemblea per prepararla. E tutto questo è saltato da un momento all’altro, da un giorno all’altro, quindi ci siamo trovati di fronte ad una assoluta incapacità di prevedere, di programmare e di pensare che cosa si poteva fare. Questo logicamente ci ha sconvolti. Nello stesso tempo abbiamo imparato da Chiara Lubich a vivere l’attimo presente, a voler fare solo quello che Dio ci chiede di fare, quindi non volere altro che la Sua volontà e a cercare insieme – proprio ascoltandoci gli uni gli altri, cercando di capire le esigenze degli uni e degli altri – ascoltare insieme quello che Dio voleva dirci attraverso questa cosa. E per fare questo innanzitutto abbiamo cambiato tutti i programmi, ma sempre guardando sia all’interesse di quelli che dovevano partecipare a questi programmi, sia all’interesse di quelli che da questo cambiamento magari subivano perdite economiche, subivano sconvolgimenti, tante realtà così. L’abbiamo fatto, l’abbiamo fatto con gioia senza lasciarci sconvolgere del tutto da questa cosa. E stiamo vedendo che era nei piani di Dio perché questo ci ha portato ad una maggiore essenzialità nella vita, ad un voler rivedere anche i nostri stili di vita; ad una maggiore sobrietà nel decidere se acquistare una cosa o non acquistarla adesso, a rimandare una spesa che era programmata, a procrastinarla o ad annullarla del tutto per mettere a disposizione quello che avevamo pensato per un bisogno più immediato. Ci ha portato a vedere tutte le nostre famiglie in che condizioni sono. Tanti dei nostri come gli altri hanno perso il lavoro e non sanno come fare; questo ha mosso una comunione dei beni più completa, più aperta, più trasparente fra tutti. Per cui ci siamo comunicati di più i bisogni e le necessità ma anche quello che la Provvidenza ci ha mandato. E veramente bisogna dire che la Provvidenza ancora una volta ci ha fatto vedere che è vera, che è una realtà, che il Padre manda quello che è necessario ai suoi figli se i suoi figli vogliono vivere per lui e vivono nell’amore scambievole. Quindi ci ha rimesso come in luce, in un certo senso, la molla che ci muove e questo amore che è l’amore che Dio ha messo nei nostri cuori, non come focolarini ma come persone, come esseri umani. Come focolarini si colora anche di più perché diventa amore fino all’unità, amore cioè che è capace di dare la vita gli uni per gli altri, di rischiare qualsiasi cosa. Questa veramente è stata una cosa che ha mosso il Movimento nel mondo intero. Anche il Movimento come la Chiesa è universale, quindi abbiamo sofferto di quello che soffrivano i nostri in Cina, come i nostri in America, come i nostri in Medio Oriente, dappertutto, o come in Italia, e abbiamo vissuto insieme tutto in modo che quelli dei nostri che avevano di più davano a quelli che avevano di meno. Sono arrivati aiuti dalla Cina, dalla Corea, dal Giappone, dal Medio Oriente e dalla Siria. Magari aiuti di incoraggiamento, messaggi di saluto, ma tutti dicevano che questa grande famiglia che vive l’Ideale che la nostra fondatrice, Chiara Lubich, ci ha lasciato voleva essere una sola cosa ed essere a disposizione degli altri con questa unità per aiutare il mondo a diventare una cosa sola. Da un’intervista ad Alessandra Giacomucci per la rubrica Ecclesia (Radio InBlu), 8 maggio 2020 (altro…)
Mag 11, 2020 | Dialogo Interreligioso
“Con la giornata di preghiera interreligiosa del 14 maggio prossimo l’Alto Comitato per la Fratellanza Umana ci ricorda che l’attuale pandemia ha segnato un punto di non ritorno: ci salviamo solo guardando al bene comune, non al bene dell’uno o dell’altro, non agli interessi di una parte o dell’altra ma al bene di tutti”. Con queste parole Maria Voce, presidente dei Focolari ha annunciato la piena adesione del Movimento alla giornata di preghiera per l’umanità, annunciata anche da papa Francesco domenica 3 maggio scorso, “affinché il prossimo 14 maggio i credenti di tutte le religioni si uniscano spiritualmente in una giornata di preghiera e digiuno e opere di carità, per implorare Dio di aiutare l’umanità a superare la pandemia di coronavirus”. “Siamo una grande famiglia – ha aggiunto ancora Maria Voce – formata da cristiani, fedeli di diverse tradizioni religiose, insieme a persone senza un preciso riferimento di fede. Incoraggio tutti a vivere la giornata di giovedì prossimo 14 maggio in uno spirito di preghiera – secondo le rispettive fedi e tradizioni – di digiuno e di impegno concreto nell’aiuto di chi ci sta accanto, soprattutto i più deboli ed emarginati. Lo realizzeremo a livello locale, come ogni comunità lo riterrà opportuno, sempre in conformità alle disposizioni vigenti, ed in spirito di vera e fattiva fratellanza”. “Siamo certi che le preghiere che saliranno a Dio dai suoi figli e figlie saranno ascoltate per il bene della grande famiglia che è l’umanità e che la prova che tutti stiamo vivendo ci renderà davvero più forti nel pellegrinaggio comune che è la vita”.
Stefania Tanesini
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Mag 11, 2020 | Chiara Lubich
Il rapporto con la natura è divenuto sempre più centrale nella nostra vita personale e in quella delle organizzazioni e degli Stati, come pure il dovere di custodirla e riparare i danni che le abbiamo recato. La pandemia della quale stiamo ancora soffrendo, se da un lato ha ulteriormente evidenziato questo nostro dovere, dall’altro ha dato paradossalmente un attimo di respiro al creato. La seguente esperienza spirituale di Chiara Lubich ci riporta a Colui che è la radice di ogni cosa: Dio. (…) In un momento di riposo ho visto un documentario sulla natura. (…) A differenza di altre trasmissioni della TV (…) quel lungometraggio ha avuto un grande effetto sulla mia anima. Contemplando l’immensità dell’universo, la straordinaria bellezza della natura, la sua potenza, sono risalita spontaneamente al Creatore del tutto e ho avuto come una nuova comprensione dell’immensità di Dio. L’impressione è stata così forte e così nuova che mi sarei gettata subito in ginocchio ad adorare, a lodare, a glorificare Dio. Ho sentito un bisogno di far ciò, come se questa fosse la mia attuale vocazione. E, quasi mi si aprissero ora gli occhi, ho compreso come non mai prima, chi è colui che abbiamo scelto come ideale, o meglio colui che ha scelto noi. L’ho visto così grande, così grande, così grande che mi sembrava impossibile avesse pensato a noi. E questa impressione della sua immensità mi è rimasta in cuore per alcuni giorni. Ora il pregare così: «Sia santificato il tuo nome» o «Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo» è un’altra cosa per me: è una necessità del cuore. (…) Noi siamo in cammino. E, quando uno viaggia, già pensa all’ambiente che l’accoglierà all’arrivo, al paesaggio, alla città, già si prepara. Così dobbiamo fare anche noi. Lassù si loderà Dio? Lodiamolo allora fin da questo momento. Lasciamo che il nostro cuore gli gridi tutto il nostro amore, lo proclami, insieme con gli angeli, con i santi (…): «Santo, Santo, Santo». Esprimiamogli la nostra lode con la bocca e con il cuore. Approfittiamone per ravvivare certe nostre quotidiane preghiere che hanno questa finalità. E diamogli gloria anche con tutto il nostro essere. Sappiamo che più annientiamo noi stessi (sul modello di Gesù Abbandonato che s’è ridotto a nulla), più gridiamo con la nostra vita che Dio è tutto e quindi lo si loda, lo si glorifica, lo si adora. Ma, così facendo, muore anche l’«uomo vecchio» in noi e sulla sua morte vive l’«uomo nuovo», la nuova creatura. Cerchiamo tanti momenti durante la giornata per adorare Dio, per lodarlo. Facciamolo durante la meditazione, o in qualche [momento di preghiera]. (…) Lodiamolo al di là della natura o nel profondo del nostro cuore. Soprattutto, viviamo morti a noi stessi e vivi alla volontà di Dio, all’amore verso i fratelli. Siamo anche noi, come diceva Elisabetta della Trinità, una «lode della sua gloria»[1]. Anticiperemo così un po’ di Paradiso, e Dio sarà ripagato dell’indifferenza di innumerevoli cuori che oggi vivono nel mondo.
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 22 gennaio 1987) Tratto da: “L’immensità di Dio”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, pag. 271. Città Nuova Ed., 2019. [1] Cf., per esempio, Lettera dell’8 ottobre [1905], in Elisabetta della Trinità, Scritti, Postulazione generale dei Carmelitani scalzi, Roma 1967, p. 380. (altro…)
Mag 10, 2020 | Nuove Generazioni
Il Cardinale Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, in occasione della Settimana Mondo Unito 2020, ha mandato ai partecipanti un suo videomessaggio.
Nei tempi difficili che stiamo attraversando, segnati dalla crisi del coronavirus, molti sono confinati nei loro appartamenti, dovendo vivere in quarantena; già nel nome, quest’ultima ricorda più i quaranta giorni della Quaresima che la Pasqua. Anche i nostri servizi liturgici, in particolare le più importanti liturgie della Settimana Santa e della Pasqua, a causa dei divieti statali, sono stati celebrati in chiese in assenza di fedeli, a porte chiuse, e trasmessi in streaming. Questa esperienza fuori dall’ordinario mi ha riportato alla mente, in maniera più vivida di quanto mai fosse avvenuto nel passato, un dettaglio del racconto biblico della Pasqua. L’evangelista Giovanni inizia il suo resoconto dell’apparizione di Cristo risorto ai suoi discepoli con le parole: “La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei…” (Gv 20,19). Sebbene il Signore fosse già risorto e si stesse recando dai suoi discepoli, questi stavano ancora vivendo il Sabato Santo, come mostrano chiaramente la paura e le porte chiuse. In questo luogo assediato dalla paura, tuttavia, Gesù viene e cambia radicalmente la situazione, come sottolinea il Vangelo: “E i discepoli gioirono al vedere il Signore” (Gv 20,20). La gioia è l’espressione visibile del fatto che il Sabato Santo si è trasformato in Pasqua. Anche oggi, in questo momento gravato dalla crisi del coronavirus, possiamo rallegrarci perché sappiamo che il Signore non ci lascia da soli nelle nostre paure e nelle nostre preoccupazioni, ma viene anche in mezzo a noi e ci dona la sua presenza e la sua preziosa compagnia. Cristo è sempre in mezzo a noi, soprattutto quando aspettiamo la sua venuta. Chiara Lubich ci ha ripetuto questo messaggio più volte, senza mai stancarsi. Quando Gesù viene in mezzo a noi, ci porta anche un dono. È lo stesso dono che ha portato ai discepoli la sera di Pasqua. Il Vangelo narra che Gesù stette in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!” La pace è il primo dono che Gesù ha fatto ai suoi discepoli dopo la sua risurrezione. La pace è il vero dono pasquale. La pace è anche il dono che Gesù ci offre oggi. È quella pace che noi umani non siamo in grado di creare da soli, ma che possiamo soltanto ricevere in dono. Eppure è la pace più importante, e tutte le altre forme di pace a cui aspiriamo sono solo riflessi di quella pace. Infatti, solo la pace che viene da Cristo ci dà quell’unità che tanto desideriamo: l’unità nelle nostre comunità, nella nostra Chiesa, tra tutti i cristiani e in tutta l’umanità. Questa pace, naturalmente, non può rimanere chiusa in se stessa. Il Vangelo prosegue narrando che, dopo il saluto di pace, Gesù dice ai discepoli: “Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi” (Gv 20,21). Queste parole vengono rivolte anche a noi. Anche noi siamo chiamati a trasmettere agli altri la pace donataci da Cristo, così che anche per loro, e specialmente per coloro che vivono nella preoccupazione e nella paura, il Sabato Santo possa trasformarsi nuovamente in Pasqua. Anche in questo periodo di dura prova per il coronavirus, il vostro motto è vero e necessario: “In Time For Peace”. Di cuore auguro a voi tutti un tempo pasquale gioioso e colmo di pace. Il Signore della Pace Risorto vi benedica e vi protegga!
Kurt Cardinale Koch
https://youtu.be/PVa0bCLphzE (altro…)
Mag 9, 2020 | Collegamento
Testimonianze di chi è in prima linea e chi rimane a casa, tanti modi di vivere per gli altri. https://vimeo.com/402498618 (altro…)
Mag 8, 2020 | Sociale
Una giornata di incontro tra Comunità, Movimenti e Paesi per testimoniare la pace e la solidarietà fra i popoli.
Il 9 maggio ricorre la festa del continente europeo che celebra la pace e l’unità fra i popoli. Dalla storica firma del 31 ottobre del 1999 della “Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione” fra i responsabili di diversi Movimenti e Comunità, cattolici ed evangelici, dall’Italia e dalla Germania, è nata la rete together4europe, un cammino insieme per riscoprire i valori di pace e fraternità del vecchio Continente. Quest’anno la pandemia di Covid-19 impedisce di vedersi in chiesa, nelle piazze delle città, in ritrovi conviviali, per conferenze e preghiere. Ciò non significa che le attività di questa giornata siano annullate, al contrario: con molta creatività sono nate conferenze digitali, preghiere, gruppi di discussione e dialoghi online tra Comunità, Movimenti e rappresentanti politici, che partono, ad esempio, da Utrecht, Graz, Roma, Lione o Esslingen. Gli eventi di quest’anno hanno la benedizione papale poiché il 22 aprile scorso è arrivata la lettera di Papa Francesco. Il Papa apprezza il servizio al bene comune che la rete together4europe opera attraverso Comunità e Movimenti molto impegnati, ispirati dai valori di solidarietà, pace e giustizia.
Per la Festa dell’Europa, in comunione con Graz, i Comitati Insieme per l’Europa d’Italia hanno promosso e organizzato per la giornata del 9 maggio un evento online dedicato al Sì al Creato difendendo la natura e l’ambiente, dal titolo “Ecologia integrale: utopia sostenibile per l’Europa”. Attraverso le riflessioni di Stefania Papa, docente ed esperta di ecologia, e Luca Fiorani, fisico esperto di clima, e delle video sintesi dei tre messaggi di Papa Francesco, del Patriarca Bartolomeo I e di Antonio Guterres (ONU) per la 50a Giornata mondiale della Terra, saremo aiutati a prendere consapevolezza di come possiamo insieme operare per un presente e futuro migliori, rispettando la nostra Terra, in una cultura del rispetto, della cooperazione e della reciprocità. Insieme per l’Europa infatti ha come obiettivo una “cultura della reciprocità”. In essa i singoli e i popoli diversi possono accogliersi l’un l’altro, conoscersi, riconciliarsi, imparare a stimarsi e a sostenersi vicendevolmente. Riassume molteplici attività a favore della riconciliazione e della pace, della tutela della vita e del creato, di un’economia equa, della solidarietà con i poveri e con gli emarginati, della famiglia, del bene delle città e della fratellanza nel continente europeo. Le diversità non devono essere motivo di paura o di separazione, piuttosto sono ricchezze che vengono sviluppate e armonizzate per un’Europa unita, viva, fraterna. Per maggiori informazioni visita il sito www.together4europe.org
Lorenzo Russo
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Mag 7, 2020 | Nuove Generazioni
Abbiamo ricevuto il messaggio del Rev. Prof. Dr Ioan Sauca, Segretario Generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese (WCC). Lo ringraziamo per il suo sostegno e incoraggiamento per questa edizione della Settimana Mondo Unito. Facciamo nostro il suo sprone ad essere sempre costruttori e promotori di unità nel nostro contesto quotidiano e per il mondo! Saluto alla Settimana Mondo Unito 2020 Rev. Prof. Dr Ioan Sauca Segretario Generale In qualità di Segretario Generale in carica del Consiglio Mondiale delle Chiese, è per me una gioia salutarvi e incoraggiarvi nella ricorrenza della Settimana dell’Unità con la solenne proclamazione pasquale: Cristo è risorto! Egli è davvero risorto! La comunione mondiale delle chiese è solidale con voi, e noi preghiamo per la guarigione e il risanamento dell’umanità e di tutto il creato di Dio, soprattutto in questo tempo di incertezza e di paura causato dalla pandemia del COVID-19. In tali circostanze, ci rendiamo ancora più conto di quanto siamo uniti come unica umanità: condividiamo le stesse paure, le stesse sfide e lo stesso anelito al benessere della nostra unica famiglia umana. Inoltre, alla luce della risurrezione di Gesù, abbiamo motivo di condividere anche una stessa speranza di vita rinnovata, nell’operare e nel camminare verso il regno di giustizia e di pace di Dio. Voi, giovani dei Focolari, così chiaramente orientati a unire l’umanità, rivelate le reali dimensioni e aspirazioni della visione di Chiara Lubich per il movimento ecumenico: non solo colmare le antiche divisioni tra i cristiani, ma vivere la sequela di Cristo in modo tale da sanare il mondo. Siete un dono per le nostre comunità. La vostra passione e il vostro desiderio di cambiare il mondo ispirano e motivano tutti noi che ci confrontiamo con la realtà di oggi. In modi grandi e piccoli, questa generazione sta facendo fronte alle sfide più ardue del cambiamento climatico, della disuguaglianza economica, dei bisogni dei migranti e dei rifugiati. E, come possiamo vedere oggi, l’esperienza digitale della vostra generazione ci porta a nuovi modi di riflettere e a riflettere sulla nostra visione comune dell’ unità dei cristiani, come espressa nella preghiera di Gesù in Giovanni 17:21. Lì Gesù ha pregato ” perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato”. La visione di Gesù non si limita alla nostra famiglia cristiana, ma include tutta l’umanità e quanto Dio ha creato. Così, nonostante le incertezze e la paura, il nostro è anche un tempo di resurrezione con enormi opportunità di incontrarsi e di servirsi l’un l’altro, sorelle e fratelli. La preghiera di Gesù ci ricorda che l’unità cresce per servire un bisogno più grande. In Giovanni 20:23 Gesù appare ai suoi discepoli che si sono isolati in una stanza chiusa a chiave. Gesù li rassicura, dicendo: “La pace sia con voi”. Ma non si ferma lì. Dando la pace una seconda volta, aggiunge: “Come il Padre ha mandato me, così io mando voi”. Il compito e la chiamata a lavorare per la pace sono chiari. Mentre iniziate questa edizione della Settimana dell’Unità in diverse parti del mondo, vi invito a riflettere sulle parole di Gesù nell’attuale contesto di bisogno di unità e di pace: come viviamo oggi l’unità di Dio in un mondo che soffre? In quanto giovani, come rispondiamo alle disparità e alle necessità del mondo, affinché la pace di Dio dimori in tutta l’umanità e nell’intero creato? Ginevra, 28 aprile 2020 https://www.youtube.com/watch?time_continue=6&v=-p39HC8PmYM&feature=emb_logo (altro…)
Mag 6, 2020 | Vite vissute
E’ stato uno dei primi religiosi ad aderire alla spiritualità dei Focolari. Un contemplativo in piena azione; un uomo di Dio immerso nell’umanità. Cosa significa e a che cosa serve “contemplare” oggi? E come si contempla nel XXI secolo? In tempi come questi, chiusi in casa per il Covid e pressati da preoccupazioni per il futuro, prendersi del tempo per metterci in contatto con l’Assoluto potrebbe non sembrare una priorità. Da pochi giorni, però, mi sono dovuta ricredere: ho conosciuto la straordinaria figura di padre Ermanno Rossi, domenicano italiano, pioniere dei Focolari negli anni ’50 che ci ha lasciati lo scorso lunedì di Pasquetta. La sua parabola esistenziale dice che solo una relazione intima con Dio poteva renderla possibile. Lo conferma un suo scritto, stilato in occasione del suo 90mo compleanno: “Le vicende della mia vita sono state tante! Ricordo soltanto una convinzione interiore che mi ha guidato in tutte le scelte: ‘Nulla chiedere e nulla rifiutare’. Ciò significava per me: valutare bene il compito che mi veniva affidato, metterci tutte le forze con la certezza che al resto ci avrebbe pensato Dio. Per questo motivo, non ho mai chiesto nulla né rifiutato nulla, qualunque compito mi venisse richiesto, anche se è stato quasi sempre contrario al mio sentire. Giunto a questa età posso, però, assicurare che è valsa la pena fidarsi di Dio. (…) Assieme alle difficoltà ho avuto delle grazie straordinarie. Tra queste ha un posto di tutto rilievo l’incontro con Chiara Lubich e con il suo Movimento. Questo incontro è stato il faro della mia vita”. E la sua è stata una vita a dir poco intensa: dal 1950 al ’55 è stato incaricato dei giovani aspiranti alla vita domenicana; scriveva che la sua cella era l’automobile: “Ero sempre in giro per l’Italia centrale”. E’ in quegli anni che padre Ermanno approda in una delle prime comunità romane dei Focolari e conosce Graziella De Luca: “Feci solo una domanda: ‘Ora che siete in vita voi, va tutto bene; ma quando la prima generazione sarà passata, avverrà inevitabilmente il declino, com’è capitato a tutte le fondazioni’. Graziella mi rispose: ‘No! Finché ci sarà Gesù in mezzo, questo non avverrà’ ”. Da quel momento la sua vita ha subito, se possibile, ancor più un’accelerata: è stato rettore ed economo di un seminario; docente di Morale a Loppiano; ha girato l’Europa per far conoscere lo spirito dei Focolari a numerosi religiosi. E’ stato responsabile per il Centro Missionario della sua provincia religiosa, poi parroco a Roma e superiore di una piccola comunità. Con quale spirito padre Ermanno ha vissuto tutto questo? Lo racconta lui stesso: “In tutte queste vicende c’è stata una costante: ogni volta ho dovuto cominciare da capo; ho dovuto “riciclarmi”. È stato come se mi avessero affidato ogni volta un mestiere nuovo. Altra costante: al primo impatto, la nuova situazione si è sempre rivelata dolorosa, poi l’ho vista provvidenziale. Ora ho la certezza che ciò che la Provvidenza dispone a mio riguardo è quanto di meglio mi possa capitare”. Nella spiritualità dell’Unità padre Ermanno ha trovato la strada per un nuovo rapporto con Dio. Fino allora, Dio era stato cercato nella solitudine. Da Chiara Lubich scopre che il fratello è la via diretta per andare a Dio; un cammino che non richiede necessariamente la solitudine: può esser fatto anche in mezzo alla folla.
Stefania Tanesini
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Mag 4, 2020 | Chiara Lubich
Il seguente scritto di Chiara Lubich ci conduce al cuore della fede cristiana. “Abbiamo creduto all’amore di Dio — così il cristiano può esprimere la scelta fondamentale della sua vita”[1]. È una scelta che in questi tempi si rivela assai ardita, ma non per questo meno vera. Questa volta parleremo ancora di preghiera: è il respiro della nostra anima, l’ossigeno di tutta la nostra vita spirituale, l’espressione del nostro amore a Dio, il carburante di ogni nostra attività. Ma di quale preghiera tratteremo? Di quella che – con le infinite e divine ricchezze che contiene – è tutta racchiusa in una parola, in una sola parola, che Gesù ci ha insegnato e lo Spirito ha messo sulle nostre labbra. Ma veniamo alla sua genesi. Gesù pregava, pregava il Padre suo. Per lui il Padre era «Abbà» e cioè il babbo, il papà, cui egli si rivolgeva con accenti di infinita confidenza e di sterminato amore. Lo pregava essendo nel seno della Trinità, dove egli è la seconda divina Persona. È stato proprio anche per questa sua particolarissima preghiera che ha rivelato al mondo chi egli realmente era: il Figlio di Dio. Ma, giacché era venuto in terra per noi, non gli è bastato essere lui in questa condizione privilegiata di preghiera. Morendo per noi, redimendoci, ci ha fatti figli di Dio, fratelli suoi, e ha dato anche a noi, tramite lo Spirito Santo, la possibilità d’essere introdotti nel seno della Trinità, in lui, assieme a lui, per mezzo di lui. Cosicché anche a noi è stata resa possibile quella sua divina invocazione: «Abbà, Padre!»[2]: «Papà, babbo mio!», nostro – con tutto ciò che essa comporta: certezza della sua protezione, sicurezza, cieco abbandono al suo amore, consolazioni divine, forza, ardore; ardore che nasce in cuore a chi è certo di essere amato… È questa la preghiera cristiana, una preghiera straordinaria. Non si riscontra in altri luoghi, né in altre religioni. Al più, se si crede in una divinità, la si venera, la si adora, la si supplica stando, per così dire, all’esterno di essa. Qui no, qui si entra nel Cuore di Dio. E allora? Allora ricordiamoci anzitutto della vertiginosa altezza a cui siamo chiamati come figli di Dio e, di conseguenza, dell’eccezionale nostra possibilità di pregare. Naturalmente, si può dire «Abbà, Padre!», con tutto il significato che questa parola comporta, solo se lo Spirito Santo la pronuncia in noi. E, perché ciò sia, occorre essere Gesù, null’altro che Gesù. Il modo? Lo sappiamo: egli già vive in noi per la grazia. Ma occorre fare la parte nostra. Essa consiste nell’amare, nell’essere nell’amore verso Dio e verso il prossimo. Con più pienezza poi lo Spirito la porrà sulle nostre labbra se saremo in perfetta unità coi nostri fratelli, dove Gesù è fra noi. «Abbà, Padre!», sia la nostra preghiera. (…) Per essa corrisponderemo in pieno alla nostra chiamata a credere all’amore, alla fede nell’amore che sta alla radice del nostro carisma. Sì, l’Amore, il Padre ci ama. È il nostro papà: di che possiamo temere? E come non vedere nel disegno d’amore che egli ha su ciascuno di noi, e che ci si rivela giorno dopo giorno, la più straordinaria avventura a cui potevamo essere chiamati? «Abbà» è la tipica preghiera del cristiano. E in modo speciale di noi focolarini. Se siamo dunque sicuri che stiamo vivendo il nostro Ideale, se siamo cioè nell’amore, rivolgiamoci al Padre così, come faceva Gesù. Le conseguenze? Le sentiremo nel nostro cuore.
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 9 marzo 1989) Tratto da: “Abbà, Padre!”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, pag. 355. Città Nuova Ed., Roma 2019. [1] Benedetto XVI, Deus Caritas est, 1. [2] Mc 14,36; Rm 8,15. (altro…)
Mag 2, 2020 | Collegamento
https://vimeo.com/413215068 (altro…)
Apr 30, 2020 | Nuove Generazioni
Mai come quest’anno la Settimana Mondo Unito è un evento locale e globale allo stesso tempo. Oltre 400 micro e macro eventi in 65 Paesi. Tutti rigorosamente Online. Sabato 2 Maggio, alle ore 12.00 (UTC +2), la diretta streaming “#InTimeForPeace Web Event”. C’è solo l’imbarazzo della scelta: si può iniziare la Settimana Mondo Unito (SMU) partecipando alla Run4Unity in Australia o in Texas, per poi unirsi alla preghiera per la pace a Cuba e dare un’occhiata al “caffè politico” in Argentina. Di grande interesse è anche la serie di Webinair promossi da United World Project e per gli amanti della World Music ci sono gli eventi e i concerti in diversi Paesi africani. E il bello è che non occorre neppure scegliere: è possibile partecipare a tutto e per di più comodamente, da casa propria. Il Covid avrebbe potuto farla da padrone anche nella Settimana Mondo Unito 2020 e invece no; o meglio: non solo. #intimeforpeace, in tempo per la pace è il titolo e lo slogan degli oltre 400 eventi in programma in almeno 65 Paesi del mondo. Significa che per almeno una settimana pace, diritti umani e legalità saranno oggetto di riflessione e azione 24 ore su 24 e a diverse latitudini; significa che un numero sempre crescente di persone crede che la costruzione di un mondo regolato da norme, economie, culture che si ispirano alla pace in tutte le possibili declinazioni non è più procrastinabile. Si parte il 1 maggio e fino al 7 – come dicono i giovani – ce ne sarà per tutti. Sulla pagina Web dello United World Project c’è ampia scelta; a dire che non esiste un unico modo per sostenere la pace, battersi per i diritti umani, praticare la legalità. Sia che realizziamo mascherine, distribuiamo viveri, teniamo compagnia a chi è solo o semplicemente facciamo il nostro dovere restando a casa, ogni gesto di prossimità, solidarietà, sostegno a distanza rientra sotto il grande ombrello della pace. Tra le azioni di punta di questa SMU c’è la petizione per chiedere la cessazione dell’embargo contro la Siria, promossa dalla ONG New Humanity e firmata anche da numerose personalità: l’appello inviato al Segretario Generale delle Nazioni Unite, al Presidente del Parlamento Europeo ha la forza di una convocazione mondiale per salvare un Paese già in ginocchio dopo 10 anni di guerra e che ora rischia di riscendere nell’abisso per via della minaccia Covid. COME, DOVE E QUANDO SEGUIRE GLI EVENTI DELLA SMU Spazio e contenitore della maratona multimediale “In Time For Peace” è sempre il sito web www.unitedworldproject.org dove sarà anche possibile consultare il calendario degli eventi locali. Gli eventi centrali Sabato 2 Maggio, alle ore 12.00 (UTC +2), la diretta streaming “#InTimeForPeace Web Event” collegherà diverse città del pianeta, raccontando storie e azioni, ospitando dibattiti e performance artistiche. Domenica 3 Maggio, dalle 11:00 alle 12:00 di ogni fuso orario, si correrà virtualmente la Run4unity, un evento sportivo, una staffetta non stop che abbraccerà il globo, con giochi, sfide, testimonianze e impegni per stendere simbolicamente sulla Terra un arcobaleno di pace.
Stefania Tanesini
www.unitedworldproject.org
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Apr 29, 2020 | Testimonianze di Vita
Tutto dipende da come guardiamo “l’altro”, il fratello o la sorella: le situazioni possono ribaltarsi se scegliamo di amare. Tempi duri Krystyna mi parlava dei tempi duri della Polonia in stato di guerra: «Mancavano generi alimentari e prodotti per l’igiene, ricevevamo roba da amici dell’allora Germania Orientale. Invece i nostri vicini facevano feste con abbondante uso di alcolici. Un giorno però notammo nel loro appartamento un insolito silenzio e dalla bambina, rimasta sola, venimmo a sapere che la mamma era in ospedale. Andai a trovarla portando con me sapone e dentifricio, prodotti allora introvabili. Quando lei mi vide, rimase di stucco: “Proprio lei, a cui ho dato sempre disturbo, è venuta da me? Nessuno degli amici che ci frequentano è venuto: Una volta dimessa dall’ospedale, mi invitò a casa sua. L’accoglienza fu calorosa. Poi prese a confidarmi qualcosa della sua triste infanzia, il non senso della sua vita e il bisogno di uscire da un certo giro. L’ascoltai con amore e le assicurai la mia preghiera. In seguito, l’uomo che viveva con lei se ne andò e la rumorosa compagnia smise di frequentare quella casa. Ora quella mamma poteva offrire una vita “normale” alla sua bambina». B.V. – Polonia Giovane coppia del Sud Venuti dal Sud Italia, si erano trasferiti al Nord per uscire da un paesino dove dominava la mafia. Avevano necessità di trovare casa e lavoro per entrambi. La mia situazione economica non era delle più floride, ma con fede mi sono messa ad aiutarli a cercare un alloggio. Purtroppo, quando dicevo che erano del Sud, tanti chiudevano la porta. Ho pianto con loro e ancora una volta mi sono resa conto che soltanto un povero può capire un altro povero. Ho vissuto con quella giovane coppia tante umiliazioni e, quando alla fine abbiamo trovato la casa e il lavoro, mi sono scoperta arricchita da questa condivisione. V.M. – Italia Le tovaglie rubate Lavoro come cassiera in un ristorante. Non ho ritegno a chiedere in cucina gli avanzi per portarli ai bambini che vivono sulla strada. Sono sempre tanti quelli che tutti i giorni incontro lungo il tragitto verso casa. Un giorno, mentre sto scendendo dal bus, qualcuno mi strappa dalle mani la borsa e via! Rimango interdetta: dentro c’erano dieci tovaglie del ristorante appena ritirate dalla lavanderia. Come fare? Come lo dirò al mio datore di lavoro? Comprare la stoffa per rifarle è impensabile, date le mie possibilità, e non so come dirlo a mia madre e al direttore del ristorante. Sono certa però che l’Eterno Padre mi aiuterà. Il giorno dopo riferisco al mio datore di lavoro quello che mi è successo e lui, senza scomporsi, dice che attende le tovaglie prima possibile. A questo punto una cliente che ha ascoltato la nostra conversazione si avvicina e si dichiara disponibile a comprare la stoffa necessarie per confezionarne di nuove. Da non crederci! Il mio primo moto di gioia è stato pensando ai bambini che avrei potuto ancora aiutare con il cibo. D.F. – Filippine Fiducia Incontrai Alvaro in una trattoria: 35 anni, trasandato e con la barba incolta. Quando mi chiese di aiutarlo a compilare delle domande di lavoro, gli diedi appuntamento per il giorno dopo nel mio studio. Si presentò verso sera, dicendo che in realtà chiedeva solo amicizia. Mi fece compassione e, superando il disgusto per l’odore che emanava, gli offrii del brandy. Lui capì che non lo giudicavo e cominciò a raccontarmi i suoi problemi, da quando, bambino, era stato abbandonato dalla madre e il padre era finito in prigione. Le ore passavano e lui, come in confessione, continuava a dirmi di sé. Albeggiava quando si accorse che era giorno e, scusandosi, mi salutò. Lo rividi altre volte, gli feci conoscere i miei amici che lo accolsero con eguale familiarità. Lui ricambiava con vari lavoretti: un vero aggiusta-tutto. Riuscì poi a trovare un lavoro stabile, fece anche carriera, si sposò e divenne padre di due bambini. Quando, anni dopo, mi raccontò tutto questo, era un’altra persona. Aveva ritrovato la sua dignità, grazie alla fiducia che gli avevamo dimostrato. A.C. – Italia
a cura di Stefania Tanesini
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VI, n.2, marzo-aprile 2020) (altro…)
Apr 27, 2020 | Chiara Lubich
Nella sua omelia del Venerdì Santo 2020 nella Basilica di San Pietro (Roma) il padre cappuccino, Raniero Cantalamessa, ha detto che “ci sono cose che Dio ha deciso di accordarci come frutto insieme della sua grazia e della nostra preghiera”. Il seguente scritto di Chiara Lubich è un invito a collaborare con Dio chiedendo grazie e mettendoci nelle migliori condizioni per ottenerle. «Se dunque presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono»[1] (…). Gesù con questa Parola ci ha detto chiaramente che non c’è comunione con Dio, culto vero, preghiera autentica, senza la riconciliazione con i fratelli. Speriamo, dunque, che tale discorso sia entrato profondamente in tutti i nostri cuori. Ed è per questa speranza che vorrei ora parlarvi proprio della preghiera che, su queste basi, è senz’altro accetta a Dio. Vorrei parlarvi in particolare della preghiera di domanda, di richiesta d’aiuto e di grazie. Ho l’impressione, infatti, che qualcuno possa non sottolinearla abbastanza. Perché? Anche per un motivo assai nobile: essendoci accostati in maniera più profonda alla nostra fede, essendo diventati, in pratica, più religiosi, si è capito che la religione non consiste solamente nell’andare in chiesa a chiedere e chiedere, ma nell’amare Dio e quindi nel donare. E si impegna la propria vita ad attuare tutti quei principi che anche la nostra spiritualità evangelica suggerisce, per fare – come si dice – la nostra parte. È certamente questo un ragionamento più che valido. Tuttavia c’è da fare una considerazione: amare Dio implica osservare tutti i suoi comandamenti. Ebbene, un comandamento che Gesù ripete con insistenza è proprio quello di domandare: «Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto»[2]. Che dobbiamo fare allora? Chiedere di più e meglio perché Egli vuole così. E anche in questa maniera manifesteremo il nostro amore a Lui. (…) Certamente si prega e ciò vuol dire che non si poggia unicamente sulle proprie forze. Tuttavia possiamo migliorare in due direzioni. In primo luogo, non moltiplicando le preghiere, ma nel renderci meglio conto di ciò che già chiediamo. Riflettiamo un po’ e vedremo quante grazie si chiedono nelle preghiere [che già facciamo]. (…) In secondo luogo, potremo migliorare pregando, come dicono i santi, in modo da ottenere. Si ottiene, se si chiede con la coscienza che nulla possiamo fare da noi e quindi con l’umiltà, con la convinzione che tutto invece possiamo fare con Dio e quindi con la confidenza in Lui; e se si prega con perseveranza: chiedendo sempre con amorosa insistenza come Gesù desidera. Insomma è necessario mettere a fuoco sempre più queste domande, che già facciamo, ed esporle sempre meglio e in modo proporzionato allo sforzo che mettiamo nel vivere il nostro Ideale. Così tutto risulterà più fecondo. E preghiamo finché siamo in tempo. Ricordo sempre quello che ha raccomandato la mamma d’una delle prime focolarine prima di morire: pregate durante la vita perché alla fine non c’è più possibilità.
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 16 febbraio 1984) Tratto da: “È amore anche domandare”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, pag. 145. Città Nuova Ed., Roma 2019. [1] Mt 5,23-24. [2] Mt 7,7. (altro…)
Apr 24, 2020 | Testimonianze di Vita
“La fede – scriveva Chiara Lubich – è il nuovo modo di ‘vedere’, per così dire, di Gesù” . Con essa possiamo avvicinare Lui in ogni prossimo e comprenderlo in profondità, incontrarlo nel più profondo del cuore. Non ci è mancato nulla Un giorno il padrone dell’azienda presso cui lavoro ha riunito il personale e, dopo aver enumerato i problemi per portarla avanti, ci ha fatto la proposta di ridurre le ore di servizio, con il 30 % in meno di salario, per evitare licenziamenti e continuare a mantenere tutti gli operai. Cosa fare? È stato un momento difficile, considerando che ho una famiglia numerosa e le spese sono tante …ma se questo permetteva a tanti di noi di continuare a lavorare, ho accettato. A casa, mia moglie ed io ci siamo impegnati a fidarci della provvidenza di Dio e abbiamo coinvolto anche i bambini a pregare, non soltanto per i bisogni della nostra famiglia, ma anche per le altre famiglie in difficoltà. Uno dei primi segni che Dio ci aveva ascoltati è stato l’arrivo di una somma che tempo addietro avevo dato in prestito a un amico e che quasi non speravo più di recuperare. Ora che sono passati tanti mesi, ci rendiamo conto che non solo non ci è mancato mai nulla, ma è molto cresciuto il senso di responsabilità nei nostri figli. S.d.O. – Brasile Televendite Il più delle volte mi trovo nella situazione imbarazzante di dover dire di no a un televenditore. Spesso, quelle indesiderate telefonate arrivano nel momento meno indicato della giornata. Nel corso degli anni ho adottato una varietà di risposte che vanno dal fingere un accento straniero e di non capire al solito: «Non ho tempo», riagganciando rapidamente. Ogni volta però che ho usato queste e altre simili tattiche mi sono sentita a disagio, sapendo di aver aggiunto negatività a qualcuno che non ha avuto altra scelta se non lavorare nelle televendite. Che fare allora? Rifiutare delicatamente ma fermamente prima che l’altro faccia le sue proposte, per evitargli di perdere tempo con me? Quando poi mi ricordo che la persona che sta eseguendo quel servizio è sempre un prossimo da amare, più ascolto, più rimango amareggiata quando finalmente devo dichiarare il mio rifiuto. Sto cercando di imparare a dire almeno un veloce «Buona giornata!» prima del clic. C.C. –USA Percepire l’amore Nel mio reparto era stato ricoverato un uomo di 52 anni che si era sparato alla testa per problemi familiari. Per fortuna il cervello non aveva subìto danni, ma gli occhi erano stati compromessi. L’intervento chirurgico fu molto complicato. Nelle visite che seguirono non faceva altro che ripetere di voler morire. Dopo il periodo di terapia intensiva, fu portato nel mio reparto, dove approfittavo di ogni occasione per salutarlo. Un giorno gli chiesi: «Sa chi c’è accanto a lei?». E lui: «Non ci vedo, ma penso sia la dottoressa che mi ha operato. Durante l’operazione ho percepito tanto amore». Gli promisi che avrei fatto il possibile per salvargli almeno un occhio. A conferma di ciò, una mattina mi disse che cominciava a vedere un barlume di luce. La vista migliorò giorno dopo giorno. Qualche mese dopo essere stato dimesso, venne a trovarmi. Era un’altra persona: per lui era cominciata una nuova vita, anche nel matrimonio. Ma soprattutto, diceva, aveva trovato la fede. Gli ho risposto scherzosamente che aveva dovuto perdere un occhio per vederci meglio! F.K. – Slovacchia
a cura di Stefania Tanesini
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VI, n.2, marzo-aprile 2020) I (altro…)
Apr 23, 2020 | Centro internazionale
Un modo inatteso di vivere il centenario di Chiara Lubich. L’intervento di Maria Voce su “Osservatore Romano”. 02 aprile 2020
«Celebrare per incontrare» è il motto che, come Movimento dei Focolari, abbiamo scelto per ricordare nel 2020, in tutto il mondo, i 100 anni dalla nascita della nostra fondatrice Chiara Lubich. Fino a poche settimane fa questo motto ci sembrava una scelta azzeccata per celebrare, nelle modalità più varie, la persona della nostra fondatrice e il carisma che Dio le ha donato e che lei ha trasmesso generosamente. Desideriamo infatti che le persone la incontrino viva oggi e non la evochino come un ricordo nostalgico; che la ritrovino nella sua spiritualità, nelle sue opere e soprattutto nel suo “popolo”, cioè in quanti vivono nel presente il suo spirito di fraternità, di comunione, di unità. E a partire dal 7 dicembre 2019 abbiamo gioito per i tantissimi eventi che si sono svolti in tutto il mondo. Avremmo voluto che la festa continuasse. Ma in poco tempo lo scenario è cambiato e il motto «celebrare per incontrare» rischia di apparire anacronistico: anche noi abbiamo sospeso ogni tipo di celebrazione o evento. La pandemia causata dal coronavirus sta costringendo sempre più Paesi su tutto il pianeta a misure drastiche per rallentarne il contagio: l’isolamento e la lontananza fisica sono per ora gli strumenti più efficaci. Lo dimostrano i segnali che ci stanno arrivando dalla Cina, che per settimane abbiamo accompagnato con trepidazione. Ma qui in Italia e in diversi altri Paesi del mondo la situazione è ancora molto seria.

© Horacio Conde – CSC Audiovisivi
Per molti di noi che viviamo in isolamento è un’esperienza totalmente nuova. Essa non ha solo una dimensione sociale o psicologica, ma anche una forte ripercussione spirituale. Ciò vale per tutti e in modo particolare per i cristiani. Una situazione che tocca anche nell’intimo la nostra specifica spiritualità come Focolari. Noi siamo fatti per la comunione e l’unità. Saper creare rapporti è forse la qualità più caratteristica di una persona che ha conosciuto e accolto lo spirito di Chiara. E proprio questa dimensione ora sembrerebbe limitata al massimo. Ma l’amore non si lascia limitare. È questa la grande esperienza che si sta facendo in questi giorni drammatici e dolorosi. Più che mai e da ogni dove mi arrivano testimonianze di persone che mettono in moto la creatività e la fantasia, e che sono in donazione verso gli altri anche in condizioni difficili e insolite: bambini che raccontano i piccoli-grandi atti di amore per superare le difficoltà del dover restare a casa; ragazzi che si mettono in rete per creare una staffetta di preghiera; imprenditori che vanno controcorrente per non approfittare dell’emergenza, ma anzi mettersi al servizio del bene comune anche a scapito del guadagno personale. Sono molti i modi con i quali si cerca di offrire sostegno e conforto: con la preghiera prima di tutto; con una telefonata, un messaggio WhatsApp, una mail…, perché nessuno si senta solo, quelli che sono a casa, ma anche gli ammalati e quanti si prodigano per curare, consolare, accompagnare coloro che subiscono le conseguenze di questa situazione. E poi ci sono messaggi di solidarietà che ci aiutano a spalancare il cuore anche oltre l’emergenza coronavirus, come quello dei giovani in Siria che, nonostante le loro drammatiche condizioni, trovano la forza di pensare a noi in Italia. Sono i giovani a insegnarci che queste esperienze condivise sui social media si possono moltiplicare, perché anche il bene può essere contagioso. Attraverso queste testimonianze è maturata in me una convinzione: il centenario di Chiara Lubich non è sospeso e il motto «Celebrare per incontrare» è più attuale che mai. È il nostro Padre nel cielo però, o forse anche la stessa Chiara, che ci invita a vivere questo anno giubilare in una maniera più profonda e più autentica. Al di là dei condizionamenti, anche nell’impossibilità di celebrare insieme l’eucaristia, stiamo riscoprendo la presenza di Gesù, viva e forte nel Vangelo vissuto, nel fratello che amiamo e in mezzo a quanti — anche a distanza — sono uniti nel suo nome. Ma in modo particolare la nostra fondatrice ci fa riscoprire il suo grande amore, il suo sposo: Gesù Abbandonato — «il Dio di Chiara», come ama definirlo monsignor Lauro Tisi, l’arcivescovo di Trento. È il Dio che è andato al limite, per accogliere in sé ogni esperienza limite e darle valore. È il Dio che si è fatto periferia per farci capire che anche nella più estrema esperienza possiamo ancora incontrare Lui. È il Dio che ha fatto sua ogni sorta di dolore, di angoscia, di disperazione, di malinconia, per insegnarci che il dolore accettato e trasformato in amore è fonte inesauribile di speranza e di vita. Ecco la sfida di questa emergenza planetaria: non sfuggire, non cercare soltanto di sopravvivere per arrivare sani e salvi al traguardo, ma radicarci bene nel presente, guardando, accettando e affrontando ogni situazione dolorosa — personale o di altri — per farne un luogo di incontro con “Gesù Abbandonato” e trovare, nell’amore per Lui, la forza e la creatività di costruire rapporti di fraternità e di amore anche in questa difficile situazione. Per Chiara ogni incontro con “lo Sposo”, con Gesù Abbandonato, era festa, era celebrazione. Incontrando Lui — ne sono convinta —, incontreremo anche lei perché impareremo, come ha cercato di fare lei, a guardare ogni situazione con gli occhi di Dio. Forse anche noi potremo ripetere l’esperienza di Chiara e delle sue compagne, che non si erano “quasi” accorte né della guerra né della sua fine, perché, prese da Dio e dal suo amore, sentivano che la realtà che vivevano, l’amore concreto che circolava tra loro e con tanti nella loro città, era più forte di tutto. Non sappiamo quanto durerà questa emergenza: saranno forse settimane o mesi. Comunque passeranno. Il mondo che troveremo alla fine del tunnel, lo stiamo costruendo adesso.
di Maria Voce
Fonte Osservatore Romano – https://www.vaticannews.va/it/osservatoreromano/news/2020-04/radicarci-bene-nel-presente.html (altro…)
Apr 22, 2020 | Vite vissute
All’età di 99 anni il 17 marzo è scomparsa Regina Betz, focolarina tedesca, professoressa di sociologia, pioniera dei Focolari in Germania e in Russia, appassionata di ecumenismo e dell’impegno per il rinnovamento cristiano della società. Era sempre di corsa. Da quando ho conosciuto Regina Betz, la ricordo con un passo accelerato. Non come qualcuno che si sente sospinto o inseguito, ma piuttosto come qualcuno cha ha una meta da raggiungere e non vuole perdere tempo inutile. Se invece si fermava con te, era pienamente presente: con quello sguardo sveglio e vivace, con quell’ inconfondibile sorriso, un po’ birichino, che ti illuminava una giornata intera. Regina Betz ne ha avute di cose da fare nella vita. Nata prima di due figli a Göttingen (Germania) in una famiglia cattolica cresce in una zona a maggioranza luterana con un ecumenismo naturale, rafforzato ulteriormente dalla comune resistenza al nazionalismo di Hitler. Avendo passato, durante la seconda guerra mondiale, alcuni anni in Italia, si stabilisce – dopo gli studi in economia sociale – per tre anni (1955-1958) a Roma per lavorare al Pontificio Consiglio per i laici. Qui conosce il Movimento dei Focolari e rimane colpita da “una luce ed una forza”, come scriverà più tardi in un suo libro (1). Per scoprirne il segreto partecipa alla Mariapoli del ’58 ed incontra – come racconterà – dei “cristiani, che volontariamente vivevano l’unità” ed il modello di una “nuova ed umana società”. “Finalmente avevo trovato – commenta – quanto stavo cercando da tanto tempo. Dentro di me un canto di giubilo”. Rientrata in Germania, dove non c’era ancora il focolare, continua il suo lavoro nella Chiesa e fa importanti viaggi in Asia e Sud America. Nel ’66 è tra le volontarie del Movimento dei Focolari quando riceve l’invito ad insegnare sociologia alla scuola di formazione di Loppiano (Italia), dove si sente spinta di entrare – all’età di 46 anni – come consacrata nel focolare. Gli anni dal ’68 fino al ’90 la vedono professoressa di sociologia a Regensburg (Germania) e come collaboratrice dell’ “Istituto per le Chiese orientali” che le permette di incontrare i cristiani dell’Est-Europa e fare viaggi in vari Paesi dei Balcani, in Bulgaria e in Romania. Rimane particolarmente impressionata dall’entusiasmo di giovani comunisti spinti nel loro agire dall’amore per i più piccoli. Nel 1989 le viene offerto un lavoro in ambito accademico a Mosca e ciò rende possibile aprire il focolare. „La vita a Mosca – commenta – si è rivelata come una vita dell’insieme: l’insieme nel focolare, l’insieme con tanti russi che venivano a conoscere la nostra vita. Ho conosciuto un po’ l’anima russa, piena di generosità, di cordialità. Ho sperimentato un’ospitalità grandiosa dove si condivideva tutto. Niente strutture, ma tanti amici“. La fioritura della vita intorno al focolare ha, però, un prezzo. Come mi ha confidato personalmente, Regina ci teneva, che dopo la sua morte, parlando di lei, venisse comunicata anche la parte “buia” della sua vita: “Non ho più nulla da dare – scriveva in un diario di quel periodo – però mi è di consolazione sapere Lui con me nel buco … Per me ogni attimo è faticoso, ho paura e non riesco immaginarmi di poter ancora concludere qualcosa”. Nel 2008 Regina ritorna in Germania, nella Cittadella ecumenica di Ottmaring. Sono anni caratterizzati da rapporti con le persone più varie, coltivati con visite e con migliaia di lettere, scritte a mano e ricche di sapienza. Con attenzione e condivisione segue gli eventi della Chiesa e della società. E anche nel venire meno delle forze è fedele alla Parola di Vita personale che aveva ricevuto Chiara Lubich: “Chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà (Mt 16,25)”. “Quante volte ho lasciato tutto per ricominciare da un’altra parte! E quanto vi ho guadagnato: quante esperienze, quanta conoscenza della vita di Paesi e culture, quanti rapporti con innumerevoli persone!” Il 17 marzo Regina Betz ha terminato la sua corsa ed ha lasciato definitivamente tutto. Sono sicuro che ha trovato una vita inimmaginabile.
Joachim Schwind
(1) Regina Betz, Immer im Aufbruch, immer getragen, Verlag Neue Stadt, München 2014. (altro…)
Apr 20, 2020 | Chiara Lubich
Il seguente scritto di Chiara Lubich tocca un argomento che anche l’attuale pandemia ha messo tanto in evidenza: quello del dolore. Ci aiuta a cogliere in esso una misteriosa presenza di Dio al cui amore nulla sfugge. Questo sguardo genuinamente cristiano infonde speranza e ci sprona a fare nostro ogni dolore, quello che ci tocca direttamente come pure il dolore di quanti ci circondano. (…) La sofferenza! Quella che investe totalmente a volte le nostre persone o quella che ci sfiora e mescola l’amaro con il dolce nelle nostre giornate. La sofferenza: una malattia, una disgrazia, una prova, una circostanza dolorosa… La sofferenza! Come vedere questo fatto, (…) che è sempre pronto ad apparire in ogni esistenza? Come definirlo, come identificarlo? Che nome dargli? Di chi è la voce? Se guardiamo con occhio umano la sofferenza, siamo tentati di cercarne la causa o in noi, o fuori di noi, nella cattiveria umana ad esempio, o nella natura, o in altro (…) E tutto ciò può essere anche vero, ma, se pensiamo solo in tal modo, dimentichiamo il più. Ci scordiamo che dietro la trama della nostra vita sta Dio con il suo amore, che tutto vuole o permette per un motivo superiore, che è il nostro bene. Per questo i santi prendono ogni avvenimento doloroso, che li colpisce, direttamente dalla mano di Dio. È impressionante come non si sbaglino mai in ciò. Per loro il dolore è voce di Dio e null’altro. Essi, immersi come sono nella Scrittura, comprendono cos’è e cosa deve essere per il cristiano la sofferenza; colgono la trasformazione che Gesù vi ha operato, vedono come egli l’ha tramutata da elemento negativo in elemento positivo. Gesù stesso è la spiegazione del loro patire: Gesù crocifisso. Per questo è persino amabile, è addirittura cosa buona. Per questo non lo maledicono, ma lo sopportano, lo accettano, lo abbracciano. Apriamo del resto anche noi il Nuovo Testamento e ne avremo la conferma. Non dice san Giacomo nella sua lettera: «Considerate perfetta letizia, miei fratelli, quando subite ogni sorta di prove»[1]? Il patire dunque è addirittura motivo di gioia. Gesù, dopo averci invitati a prendere la nostra croce per seguirlo, non afferma forse: Perché «chi avrà perduto la sua vita» (e questo è il colmo del patire) «la troverà»[2]? Il dolore è quindi speranza di salvezza. Per Paolo poi il patire è addirittura un vanto, anzi l’unico vanto: «Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo»[3]. Sì, il patire, per chi lo considera nell’ottica cristiana, è una grande cosa; è addirittura la possibilità di completare in noi la passione di Cristo per la nostra purificazione e per la redenzione di molti. Che dire, allora, oggi, ai nostri che si dibattono nella sofferenza? Che augurio far loro? Come comportarci nei loro riguardi? Avviciniamoli anzitutto con sommo rispetto: anche se ancora forse non lo pensano, essi sono in questo momento visitati da Dio. (…) Assicuriamoli anche del nostro continuo ricordo e della nostra preghiera, perché sappiano prendere direttamente dalle mani di Dio quanto li angustia e li fa soffrire e lo possano unire alla passione di Gesù, onde sia potenziato al massimo. Aiutiamoli poi ad avere sempre presente il valore della sofferenza. E ricordiamo loro quel meraviglioso principio cristiano della nostra spiritualità, per il quale un dolore amato come volto di Gesù crocifisso e abbandonato si può tramutare in gioia.
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 25 dicembre 1986) Tratto da: “Natale con chi soffre”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, pag. 265. Città Nuova Ed., Roma 2019. [1] Gc 1, 2. [2] Mt 10, 39. [3] Gal 6, 14. (altro…)
Apr 18, 2020 | Cultura
In Italia la celebrazione del Villaggio per la Terra si trasforma in una maratona multimediale
Tutto è interconnesso. È questa la chiave che unisce le celebrazioni per il 50° Anniversario di Earth Day, il 22 aprile, alla pandemia da coronavirus che oggi sfida l’umanità. Nella Giornata per la Terra, l’emergenza sanitaria suscita una comunità globale che chiede modelli economici e sociali più giusti. Le celebrazioni hanno luogo nel 5° Anniversario dell’Enciclica Laudato Si di Papa Francesco sul tema dell’ecologia integrale, e sarà il web ad ospitare eventi in 193 Paesi. In Italia il Villaggio per la Terra, da tradizione a Villa Borghese, in Roma, si trasforma in una maratona multimediale in diretta su Rai Play e con incursioni in altre emittenti. Ne abbiamo parlato con Pierluigi Sassi, Presidente di Earth Day Italia. Il 50° Anniversario di Earth Day ha luogo mentre l’umanità si confronta con la sfida del coronavirus che ci porta a rivedere le nostre priorità, i valori e gli obiettivi… Oggi più che mai sentiamo l’urgenza di cambiare il modello economico e sociale che ha governato lo sviluppo negli ultimi decenni e vogliamo dare un messaggio di speranza, offrire una chiave di lettura che evidenzi la centralità dell’uomo e la necessità di rispettare il pianeta. Abbiamo alzato l’attenzione del mondo su questi temi ed è stata dirimente l’Enciclica di Papa Francesco Laudato Si con il principio dell’ecologia integrale. Si è creata oggi una sensibilità mondiale ma bisogna passare all’azione. Il coronavirus alimenta questa esigenza di cambiamento.

VILLAGGIO PER LA TERRA, Earth Day Italia, Villa Borghese, Roma 21 aprile 2018
© Lorenzo Gobbi/Smile Vision Srls
Ciò che emerge osservando lo sviluppo della pandemia è l’interdipendenza dei problemi e delle soluzioni. Un elemento chiave anche nella battaglia per la tutela della terra… Il grande concetto che il Papa ha trasmesso al mondo è che non esiste una questione ambientale, una questione sociale e una economica, ma ne esiste una umana in cui tutti questi fattori sono interdipendenti. Questa coscienza diventa operativa quando ci si rende conto che basta poco perché una crisi sanitaria come questa metta in luce problemi che sembravano scollegati. Emerge qui l’importanza delle relazioni umane e dell’impegno per una solidarietà economica e sociale. La Giornata ha un respiro mondiale. Che legame c’è fra le celebrazioni in Italia e quelle in altri paesi? Il coronavirus ha costretto tutti noi a digitalizzare le celebrazioni portandole in Rete. Abbiamo visto che dando vita ad una maratona digitale tante connessioni si sono andate creando. È la bellezza di un passo avanti che quasi miracolosamente, nell’emergenza, è avvenuto in spirito di unità, e che oggi nei 193 Paesi dove si festeggia l’Earth Day ci fa sentire più collegati e ci porta a unire gli sforzi per un maggiore rispetto per l’uomo e per il pianeta. Per l’Italia, come si svolgeranno le celebrazioni? Abbiamo organizzato una maratona multimediale chiamata “OnePeople, OnePlanet” per ricordare che apparteniamo a un’unica famiglia umana e viviamo in un unico pianeta. La realizzeremo con tanti partner mediatici fra cui la Rai che la trasmetterà in modo integrale dalle 8 alle 20 su Rai Play, ma anche con innesti in altri media, in contenitori rai e con collegamenti internazionali con tanti paesi dove parleremo di popolazioni indigene, deforestazione, della bellezza del nostro pianeta.
Claudia Di Lorenzi
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Apr 16, 2020 | Cultura
Com’è nata l’idea di realizzare l’Istituto Universitario Sophia e come si è sviluppato fino ad oggi: la portata culturale del carisma dell’unità di Chiara Lubich L’Istituto Universitario Sophia (IUS) nasce come patrimonio spirituale cristiano in costante dialogo con i principi su cui sono fiorite e si sviluppano le civiltà dei popoli. Ha sede a Loppiano (Italia), una cittadella dei Focolari che, dalla sua fondazione nel 1964, è luogo di formazione per famiglie, giovani e adulti ad uno stile di vita basata sul Vangelo.
Il prof. Piero Coda, Preside dell’Istituto universitario dalla nascita fino a febbraio scorso ci spiega come si è realizzato questo progetto nel corso degli anni. Prof. Coda, com’è nata in Chiara Lubich l’idea di fare un’università? “L’idea – da quanto mi ha confermato nel 2008, quand’è stata inaugurata Sophia, P. Casimiro Bonetti, il Cappuccino che ha accompagnato Chiara nei primi anni ‘40 – c’è stata sin dall’inizio. È nel DNA del carisma dell’unità, perché si tratta di un carisma da cui si sprigiona una cultura: una visione concreta della persona umana e del mondo. Lo start, in concreto, è scattato dopo il rodaggio negli anni ‘90 della Scuola Abbà che con Chiara ha cominciato a studiare la portata culturale del carisma attingendo al patrimonio di luce del Paradiso ‘49.” Quando è nata e come si è sviluppata? “L’università è nata, in una prima tappa, con l’Istituto Superiore di Cultura rivolto ai Gen (i giovani dei Focolari) inaugurato il 15 agosto del 2001 da Chiara con un discorso che ne costituisce la magna charta. Nel 2005 – visto il successo dell’esperimento e per sollecitazione di esponenti della cultura come Stefano Zamagni, Presidente della pontificia Accademia delle Scienze Sociali – iniziò la progettazione di un vero e proprio Istituto Universitario: ma di forma originale, secondo l’“idea” scaturente dal carisma. Il quale fu eretto dalla Santa Sede il 7 dicembre del 2007”.
Che legame c’è con la Santa Sede? “Fu una scelta meditata di Chiara quella di erigere un’Università che non fosse riconosciuta, immediatamente, da uno Stato ma dalla Chiesa Cattolica con il suo respiro universale. Ciò significava anche, per Chiara, un riconoscimento del fatto che il carisma dell’unità, come i grandi carismi della storia cristiana (da Benedetto a Domenico e Francesco, sino a Ignazio di Loyola e don Bosco), è un carisma in cui la Chiesa riconosce in atto un progetto di formazione umana e sociale che esprime il Vangelo. Con l’estendersi poi del “processo di Bologna” – il riconoscimento bilaterale dei titoli di studio a livello europeo e oltre, al quale la Chiesa partecipa – si prospettavano scenari praticabili per l’istituzione che così nasceva”. Com’è cambiata nel corso degli anni? “Sophia è nata e si è sviluppata camminando su tre gambe: quella dell’insegnamento e della ricerca a livello accademico; quella dell’esperienza formativa condivisa nella community life tra docenti e studenti di tutte le culture; quella del rapporto con le espressioni concrete d’incarnazione dei valori insiti nel carisma dell’unità nei vari ambiti della vita sociale, politica, economica. Sotto tutti questi profili si sono fatti passi da gigante. Basti dire, per un esempio, che siamo partiti con un unico corso di Laurea e ora ce ne sono quattro: l’originario programma in “cultura dell’unità” è sbocciato in ambito teologico e filosofico, economico e politico, dell’educazione, del dialogo e della comunicazione”. Cos’è Sophia oggi? “Una conferma importante, una speranza sicura, un investimento strategico. Una conferma del valore e dell’attualità dell’intuizione di Chiara. Una speranza che la ricerca del nuovo paradigma culturale che il cambio d’epoca ci chiede non è un’utopia. Un investimento per promuovere con serietà e visione lo sviluppo, non solo culturale, del carisma dell’unità e della sua incidenza storica”. In passato c’è sempre stato un Preside, oggi c’è un Rettore, cosa vuol dire per l’università? “Il fatto che il dicastero vaticano per gli studi e l’università abbia voluto questo passaggio sottolinea la validità del cammino fatto ed è un riconoscimento dell’accesso dell’Istituto allo status di Ateneo. Ci si può vedere anche un’eco di quanto Papa Francesco ci ha detto nell’udienza del 14 novembre scorso: «Sono contento del cammino che avete fatto in questi dodici anni di vita. Avanti! Il cammino è appena iniziato»”.
Lorenzo Russo
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Apr 11, 2020 | Centro internazionale
Gli auguri di Maria Voce, presidente dei Focolari, per questa Pasqua: sperimentare il continuo passaggio dalla morte alla resurrezione attraverso l’amore al fratello. Solo così supereremo questo doloroso tempo della pandemia e ogni altro dolore. Santa Pasqua 2020 Carissime e carissimi tutti, quest’anno il passaggio di Gesù dalla morte ad una vita del tutto nuova ci interroga e ci trova in ascolto. Ed è proprio qui che la fede e il nostro carisma ci vengono in aiuto: in Gesù crocefisso e abbandonato, il Dio di questo presente che non comprendiamo, troviamo la risposta. Anche la solitudine, in cui ora forse siamo costretti a vivere, vissuta con Lui può essere popolata e riempita dal Suo Regno [1] . Solo scegliendolo, abbracciandolo in ogni dolore ed amandolo in modo esclusivo, noi e tutta l’umanità troveremo la strada verso la luce, verso una nuova nascita. GESÙ È RISORTO! Facciamo questa esperienza di passare continuamente dalla morte alla risurrezione e proponiamola a molti, a tutti. Così prepariamo il domani e mettiamo solide basi al mondo che sarà, quando torneremo a incontrarci e ad abbracciarci di persona. BUONA PASQUA! [1] Vedi Chiara Lubich, “Dov’è la schiavitù?”, Fermenti di unità, pg. 130, ed. 1963. (altro…)
Apr 11, 2020 | Centro internazionale
L’emergenza Coronavirus ha imposto varie restrizioni in tanti Paesi e non si può uscire di casa. L’isolamento può essere un problema, ma la forza della solidarietà e la voglia di rimanere uniti e collegati grazie ai social sono più forti. Ecco gli auguri di Pasqua in giro per il mondo. https://vimeo.com/406299503 Tempo di Pasqua: isolati, ma sempre proiettati verso un mondo più unito from focolare.org on Vimeo. (altro…)
Apr 9, 2020 | Focolari nel Mondo, Senza categoria
- Data di Morte: 10/04/2020
- Branca di Appartenenza: Volontaria
- Nazione: Germania
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Apr 9, 2020 | Sociale
Per New Humanity, ONG dei Focolari il tempo della pace in Siria è adesso. L’appello inviato al Segretario Generale delle Nazioni Unite, alla Commissione e al Parlamento Europeo. Numerose le autorità politiche, civili e religiose che stanno aderendo. “Chiediamo di promuovere una sospensione delle sanzioni economiche al governo siriano in modo che il popolo abbia accesso ai mercati e ai servizi finanziari internazionali per ricevere le forniture mediche e i fondi necessari per difendersi dal virus COVID-19”. È questo il succo dell’appello promosso da New Humanity, ONG dei Focolari, in risposta – in primis – al grido della popolazione siriana giunta al decimo anno di guerra civile ed ora pesantemente provata dalla pandemia che ha raggiunto anche questo Paese. Ma non solo: al grido del popolo si aggiungono le voci di personalità da tutto il mondo. È di pochi giorni fa il messaggio di Antònio Guterres, Segretario Generale ONU, sulla condizione che ci vede tutti uniti a combattere il comune nemico: “Al virus non interessano nazionalità, gruppi etnici, credo religiosi. Li attacca tutti, indistintamente. Intanto, conflitti armati imperversano nel mondo. E sono i più vulnerabili – donne e bambini, persone con disabilità, marginalizzati, sfollati – a pagarne il prezzo e a rischiare sofferenze e perdite devastanti a causa del Covid-19”. “Di appelli a fini umanitari ne sono stati fatti a centinaia per la Siria – spiega Marco Desalvo, presidente della ONG – ma ora ci troviamo in una condizione eccezionale. Se da un lato il Covid-19 ci pone tutti su uno stesso grado di vulnerabilità, la risposta che i nostri stati sono in grado di dare è fortemente diseguale. Abbiamo redatto questo appello per il Segretario Generale delle Nazioni Unite, e per Istituzioni europee, per chiedere la sospensione, almeno temporanea, dell’embargo per ogni presidio medico e per le transazioni finanziarie, affinché la Siria possa rifornirsi di medicinali e materiale sanitario”. “Questo appello non entra nel merito delle varie posizioni politiche – spiega l’On. Lucia Fronza Crepaz, già deputato al Parlamento italiano, tra i promotori dell’appello” – al contrario, vuole andare oltre i partiti, poiché l’obiettivo di salvaguardare la popolazione civile siriana è al di sopra di qualsiasi orientamento politico o ideologico”. All’appello hanno aderito già diversi esponenti del mondo politico, accademico, scientifico, religioso e civile italiano e non, come Romano Prodi, il sottosegretario per il lavoro e le politiche sociali, sen. Steni Di Piazza, Patrizia Toia e Silvia Costa, d. Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele Onlus e di LIBERA, Giovanni Paolo Ramonda, Responsabile Generale dell’Associazione Papa Giovanni XXIII (APG23), Michel Veuthey, docente di diritto internazionale alla Webster University (Svizzera), Andrea Olivero, presidente emerito ACLI, Cornelio Sommaruga, già presidente Croce Rossa Internazionale, P. Bahjat Elia Karakash, ofm. Superiore dei frati francescani a Damasco. Aderisci alla petizione su change.org
Stefania Tanesini
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Apr 9, 2020 | Chiara Lubich
“Quest’anno per molti cristiani i giorni della Settimana Santa e di Pasqua – che le Chiese occidentali celebrano il 12 aprile, mentre le Chiese ortodosse e le Chiese orientali ortodosse il 19 aprile – saranno un’esperienza speciale. A causa della pandemia del Coronavirus non potranno partecipare fisicamente alle celebrazioni liturgiche. Nel seguente testo del 2000 Chiara Lubich fa delle proposte su come vivere questi “giorni sacri”. Oggi è il Giovedì Santo. E noi che, a motivo della nostra spiritualità fiorita dal carisma donatoci dallo Spirito Santo, lo avvertiamo specialissimo, non possiamo oggi non fermarci un po’ a meditare, a contemplare, a cercare di rivivere i misteri che svela, assieme a quelli di venerdì e sabato santo e di domenica di Pasqua. Ognuno di questi giorni, lo possiamo intanto intitolare con una parola che dice – anzi, vorrei dire –, grida da più di 50 anni nel Movimento il nostro dover essere: Amore il Giovedì Santo; Gesù abbandonato domani, il Venerdì Santo; Maria il Sabato Santo; il Risorto la Domenica di Pasqua. Oggi, dunque, Amore. Il Giovedì Santo, giorno nel quale, durante gli anni, abbiamo sperimentato spesso la dolcezza d’una particolare intimità con Dio, ci ricorda quella profusione di amore che il Cielo ha riversato sulla Terra. Amore innanzitutto l’Eucaristia, donataci in questo giorno. Amore il sacerdozio che è servizio d’amore e ci dà, fra il resto, la possibilità dell’Eucaristia. Amore l’unità, effetto dell’amore, che Gesù, come oggi, ha implorato dal Padre: “Che tutti siano uno come io e te” (cf Gv 17,21). Amore il comandamento nuovo che Egli ha rivelato in questo giorno prima di morire: “Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,34-35). Comando che ci permette qui in terra una vita sul modello della Santissima Trinità. Domani: Venerdì Santo. Un solo nome: Gesù abbandonato. Ho scritto un libro su di Lui in questi giorni intitolato: “Il grido”. L’ho dedicato a Lui con l’intenzione di scriverlo anche a nome vostro, a nome di tutta l’Opera di Maria “Come – questa è la dedica – una lettera d’amore a Gesù abbandonato”. In esso si parla di Lui che, nell’unica vita data a noi da Dio, un giorno, un preciso giorno, diverso per ciascuno di noi, ci ha chiamati a seguirlo, a donarci a Lui. E si capisce – lo dichiaro lì – come tutto ciò che voglio dire in quelle pagine, non può essere un tema, pur familiare, caldo, intimo, sentito; ma vuol essere un canto, un inno di gioia e soprattutto di gratitudine verso di Lui. Aveva dato tutto: una vita accanto a Maria nei disagi e nell’obbedienza. Tre anni di predicazione, tre ore di croce, dalla quale dà il perdono ai carnefici, apre il Paradiso al ladrone, dona a noi la Madre. Gli rimaneva la divinità. La sua unione col Padre, la dolcissima e ineffabile unione con Lui, che l’aveva fatto tanto potente in terra, quale figlio di Dio, e tanto regale in croce, questo sentimento della presenza di Dio doveva scendere nel fondo della sua anima, non farsi più sentire, disunirlo in qualche modo da Colui col quale Egli aveva detto di essere uno, e grida: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mt 27,46). Dopo domani: Sabato Santo. Maria è sola. Sola, con il suo figlio-Dio morto. Un abisso incolmabile di angoscia, uno strazio infinito? Sì, ma Ella sta ritta in piedi, divenendo un esempio eccelso, un monumento di tutte le virtù. Lei spera, lei crede: le parole di Gesù che, durante la vita annunziavano la sua morte, ma anche la sua risurrezione, se altri le hanno scordate, Lei non le ha mai dimenticate: conservava queste, con altre, nel suo cuore e le meditava (cf Lc 2,51). Perciò non soccombe al dolore: attende. E, finalmente: Domenica di Pasqua. È il trionfo di Gesù risorto che conosciamo e riviviamo, anche in noi nel nostro piccolo personalmente, dopo aver abbracciato l’abbandono, o quando uniti veramente nel suo nome, sperimentiamo gli effetti della sua vita, i frutti del suo Spirito. Il Risorto deve essere sempre presente e vivo in noi in questo anno 2000, in cui il mondo attende non solo persone che credono e lo amano in qualche maniera, ma testimoni autentici che possano dire in tutta verità, come già la Maddalena agli apostoli dopo averlo incontrato nei pressi della tomba, quelle parole che conosciamo, ma che sono sempre nuove: “L’abbiamo visto!” Sì, noi l’abbiamo scoperto nella luce con cui ci ha illuminato; l’abbiamo toccato nella pace che ci ha infuso; l’abbiamo sentito nella sua voce in fondo al cuore; abbiamo gustato la sua gioia senza confronto. Ricordiamoci allora in questi giorni 4 parole: amore, Gesù abbandonato, Maria, il Risorto.
Chiara Lubich
https://vimeo.com/405772195 (in una conferenza telefonica, Castel Gandolfo, 20 aprile 2000) Tratto da: “Le 4 parole”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, pag. 588. Città Nuova Ed., 2019. (altro…)
Apr 7, 2020 | Cultura
Le loro live sessions in streaming da Loppiano tengono viva la speranza che la fraternità può arrivare ovunque. A giorni l’uscita del nuovo singolo. In questi giorni di emergenza per il Coronavirus bisogna stare a casa il più possibile. Il gruppo musicale e artistico internazionale Gen Rosso dal 20 marzo scorso ha quindi pensato di realizzare dei live streaming da casa. Ne parliamo con Tomek Mikusinski, portavoce del gruppo.
Com’è nata l’idea dei live streaming? “Nasce per far sentire la nostra vicinanza a chi soffre, a chi quotidianamente dà la vita per salvare quella degli altri, a tutte quelle persone che negli anni abbiamo incontrato nei nostri concerti. Poi vogliamo donare qualcosa di positivo e di bello in questa situazione di quasi totale isolamento. Penso che tutti noi, almeno una volta, ci saremo chiesti: “perché”? Non è facile dare risposte, però “noi abbiamo creduto all’amore”, lo abbiamo cantato più volte. Crediamo che ogni avvenimento, anche il più doloroso, abbia un motivo d’amore”. Riuscite a raggiungere un pubblico vario e vasto in giro per il mondo a conferma dell’universalità del vostro messaggio. “Il nostro messaggio è soprattutto quello dell’amore, dell’unità e di una cultura di condivisione. E’ un messaggio che non ha etichette, comprensibile per chiunque, universale. Vorremmo portare gli spettatori a fare un’esperienza: quella di scoprire e diventare consapevoli del bene, del desiderio di felicità e di unità che c’è in ciascuno. Il vostro pubblico interagisce moltissimo con voi durante gli streaming: qual è il messaggio che vi ha colpito di più? “Riceviamo tanti messaggi di chi lavora negli ospedali, ne riporto 3: “Lavoro in rianimazione Covid. Samo quelli con il viso bruciato dalle mascherine, quelli a cui si vedono solo gli occhi e ci riconosciamo dallo sguardo, che non abbiamo più un orario in ospedale ma, non moliamo. Continuate per favore ad essere portatori di gioia. Io e i miei colleghi vi promettiamo che ce la metteremo sempre tutta, senza mai mollare”. “Un grazie enorme al Gen Rosso per il loro collegamento. L’ho visto oggi prima di prepararmi per andare a fare il turno in ospedale qui ad Asti. È stata una boccata d’ossigeno per l’anima.” “Sono infermiera in rianimazione Covid, sento il vostro CD in macchina mentre vado al lavoro mi da la carica e la serenità giusta per affrontare il turno… Grazie!”
Sta per uscire un vostro nuovo singolo “NOW”: dacci qualche anticipazione. Com’è nato e di cosa parla? “In realtà non si tratta soltanto di un singolo, abbiamo in progetto un intero nuovo album, che però vogliamo pubblicare canzone per canzone nell’arco dei prossimi 2 anni. NOW è una canzone che fonde molto bene le più attuali sonorità electro pop con i suoni vintage del funky anni ’70. Il testo del brano, in lingua inglese, esprime una nostra convinzione: anche se dovessimo commettere errori gravi, si può sempre ricominciare, perché la voce di Dio-Padre che è Amore si può far sentire. Il 15 aprile prossimo il singolo“NOW” uscirà sugli store digitali più utilizzati come Spotify, iTunes, Google Play,ecc”. Il prossimo appuntamento live streaming è l’8 aprile 2020, alle ore 16:00, ora italiana, con qualche canzone e saluti speciali sul canale @YouTube. Ecco il link: https://www.youtube.com/watch?v=o17WFM3tos4&feature=youtu.be Non mancate! #distantimauniti
Lorenzo Russo
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