Gioia piena!
Gioia piena!
Gioia piena!
Fare silenzio davanti al prossimo
Attivare i sottotitoli e scegliere la lingua desiderata
Foto @ Pixabay
Una Pasqua di speranza ma, soprattutto, da vivere insieme. A 1700 anni dal Concilio di Nicea, in questo 2025, le varie Chiese cristiane celebrano la Pasqua nel medesimo giorno, domenica 20 aprile.
Una coincidenza meravigliosa che funge da richiamo a tutti i cristiani a compiere un passo decisivo verso l’unità; una chiamata a riscoprirsi uniti nella pluralità.
A fronte di un epoca segnata da continue scissioni, su tutti i fronti, e, più che mai in questa occasione che ci avvicina al mistero della Resurrezione, condividiamo alcune parole pronunciate da Chiara Lubich a Palermo nel 1998 su “Una spiritualità per i dialoghi”, nello specifico, una “spiritualità ecumenica”.
Un invito diretto a rispondere alla chiamata dell’amore reciproco non singolarmente ma in maniera collettiva; la possibilità di guardare a quel Gesù Abbandonato in Croce come a una luce che, pur nell’estremo sacrificio, non solo guida ma diventa strada certa dove poter muovere i nostri passi.
Attivare i sottotitoli e scegliere la lingua desiderata
Foto: © Carlos Mana – CSC audiovisivi
Accogliere tutti
Compiere gesti di servizio
Da 30 maggio al 1° giugno secondo il calendario dei grandi eventi del Giubileo della Speranza 2025, è previsto il Giubileo delle famiglie, dei bambini, dei nonni e degli anziani; e dal 28 luglio al 3 agosto il Giubileo dei giovani. Saranno due grandi eventi che porteranno a Roma migliaia di persone da tutto il mondo.
Il Movimento dei Focolari per l’occasione propone alcuni itinerari per approfondire la spiritualità dell’unità e la vita di alcuni testimoni di speranza. In particolare per i giovani è stato realizzato un percorso a tappe in giro per l’Italia dal titolo Giovani e Santità. Per avere maggiori dettagli abbiamo intervistato Paola Torelli e Lais Alexandre Pessoa dei Centri giovanili del Movimento.
Partiamo dal Giubileo dei giovani: come nasce l’idea del percorso “Giovani e Santità”?
Il Giubileo dei giovani è un’opportunità unica per mettersi in cammino, sia fisicamente a Roma che in altri luoghi giubilari nel mondo. Questo percorso non è solo un viaggio attraverso luoghi, ma soprattutto un’esperienza di incontro con Dio e con tanti testimoni di speranza, la cui vita può aiutarci a crescere nella fede e nella speranza. Da qui nasce l’idea di Giovani e Santità, per tutti i giovani che parteciperanno al Giubileo dei giovani a fine luglio, offrendo un cammino accompagnato da testimoni di speranza.
Quali sono le proposte del Movimento dei Focolari?
Si propongono alcune tappe in giro per l’Italia
Si può scegliere solo una tappa o è un unico cammino che comprende tutte le tappe citate?
Le tappe proposte sono indipendenti, ogni gruppo o persona può scegliere quelle a cui partecipare o, se possibile, fare l’intero percorso. Per ogni tappa sono disponibili contatti di riferimento per il programma e per le visite.
Ci sono anche altre proposte per i giovani?
A Roma ogni mese presso il Focolare Meeting Point c’è un appuntamento dal titolo Chiamati ad una sola speranza – Giovani in cammino. Con vari Movimenti e Associazioni che hanno accolto l’invito, offriamo la possibilità di nutrire e irrobustire “la speranza” con scambi di testimonianze, riflessioni, silenzio, preghiera. È un’esperienza di conoscenza reciproca. Preparare questi appuntamenti insieme agli altri Movimenti e Associazioni ci fa crescere ed essere sempre più Chiesa.
Passiamo ora al Giubileo delle famiglie, dei bambini, dei nonni e degli anziani di fine maggio: cosa propongono i Focolari?
Ci saranno due eventi previsti per venerdì 30 maggio. Sono dei percorsi interattivi per approfondire il Giubileo della Speranza per famiglie con bambini e ragazzi fino a 12 anni, con riflessioni e giochi adatti a quella fascia d’età. Il primo si svolgerà al Centro Internazionale dei Focolari in cui si potranno visitare anche diversi posti significativi, tra i quali, come la casa nella quale ha vissuto Chiara Lubich e la cappella dov’è sepolta insieme ai cofondatori del Movimento. Il secondo evento si svolgerà a Roma in diverse chiese e luoghi significativi, partendo dal Focolare Meeting Point.
Per maggiori info cliccate qui o scrivere a: sgmu@focolare.org.
Lorenzo Russo
Foto: Città di Sassello (Italia) ©Davide Papalini
Abitare le difficoltà
Guerre, stragi e massacri, forti polarizzazioni, dove anche il pacifismo può diventare divisivo: questa l’attualità in cui siamo immersi.
La figura di Igino Giordani (1894-1980), uomo di pace perché uomo giusto e coerente, ci dà oggi qualche spunto per alzare lo sguardo e sperare ancora, tentando un dialogo là dove sembra impossibile, per sgretolare ideologie cristallizzate e assolutismi, per costruire una società inclusiva, per rifondare la pace sull’unità.
Tra i più vivi testimoni della cultura della pace del ventesimo secolo, il suo pacifismo attinge direttamente dal Vangelo: uccidere un altro uomo significa assassinare l’essere fatto a immagine e somiglianza di Dio. Giordani anela dunque alla pace, si spende in tutti i modi, dialoga con chiunque per la pace, non si tira indietro nemmeno quando c’è da sostenere la ratifica del Patto Atlantico e provvedere alla sicurezza e alla difesa dell’Europa e dell’Italia… Possiamo dire che il suo è un pacifismo a 360°, senza esclusione di colpi.
Scorriamo qualche suo scritto.
«… scoppiò la Prima Guerra mondiale. […] Ed esplosero comizi guerrafondai in piazza, ai quali io andavo per protestare contro la guerra; tanto che una volta un personaggio da me stimato, ascoltando le mie grida mi ammonì: – Ma lei vuol farsi ammazzare!…
[…] Nel «maggio radioso» 1915, fui chiamato alle armi. […]
La trincea! In essa, dalla scuola entrai nella vita, tra le braccia della morte con le salve dei cannoni. Fango, freddo, sporcizia, attutirono la scoperta amara: che i soldati erano tutti contrari all’omicidio detto guerra, per il fatto che l’omicidio era uccisione dell’uomo: tutti la detestavano… […] Stavamo a Oslavia, presso dei ruderi chiamati Pri-Fabrisu: il ricordo dell’agonia (da agone) sofferta in quei luoghi lo raccolsi, più tardi, durante la triennale degenza d’ospedale, in un poemetto intitolato I volti dei morti. Rammento l’ultimo verso che diceva: “Questa maledizione della guerra”[2]».
Giordani fu ferito gravemente e, tornato dalla trincea, rimase tre anni nell’ospedale militare di Milano, con danni irreversibili ad una gamba. Il suo dunque è un pacifismo che poggia sulla vita vissuta. Impegnato poi nella vita politica, puntò sempre al dialogo con tutti, anche con chi era di un pensiero opposto al suo, convinto che l’uomo è sempre da accogliere e comprendere. Non si arroccò mai su posizioni assolute. Così racconta il suo intervento in Parlamento a favore del Patto atlantico:
«Alla Camera, ricordo un discorso da me tenuto il 16 marzo 1949, […] sul Patto Atlantico, che da troppi era presentato solo nell’aspetto d’anticomunismo, e cioè di allestimento bellico antirusso. […] Dissi che ogni guerra è un fallimento dei cristiani. “Se il mondo fosse cristiano, non ci dovrebbero essere guerre… […] La guerra – aggiunsi – è un omicidio, un deicidio (uccisione di Dio in effigie: e cioè nell’uomo che è sua immagine) e un suicidio”[3]».
Il discorso di Giordani venne applaudito da destra e da sinistra: paziente tessitore di rapporti, mise in evidenza la valenza positiva di una scelta da parte dell’Italia che poteva essere interpretata a favore della guerra. Giordani era ben convinto che per la pace bisogna tentare qualsiasi strada, al di là degli schieramenti strategici, e si augurava che la politica cristiana fosse in grado di districarsi fra le polarizzazioni in atto per ergersi a forza di pace.
Scrive nel 1953:
«La guerra è un omicidio in grande, rivestito di una specie di culto sacro […]. Essa sta all’umanità, come la malattia alla salute, come il peccato all’anima: è distruzione e scempio e investe anima e corpo, i singoli e la collettività.
[…] Il fine può essere la giustizia, la libertà, l’onore, il pane: ma i mezzi producono tale distruzione di pane, d’onore, di libertà e di giustizia, oltre che di vite umane, tra cui quelle di donne, bambini, vecchi, innocenti d’ogni sorta, che annullano tragicamente il fine stesso propostosi.
In sostanza, la guerra non serve a niente, all’infuori di distruggere vite e ricchezze[4]».
Giordani ci ricorda dunque che la pace è il risultato di un progetto: un progetto di fraternità fra i popoli, di solidarietà con i più deboli, di rispetto reciproco. Così si costruisce un mondo più giusto, anche oggi.
Elena Merli
(Centro Igino Giordani)
Foto © Archivio CSC Audiovisivi
[1] Igino Giordani, L’inutilità della guerra, Città Nuova, Roma, 2003, (terza edizione), p. 57
[2] Igino Giordani, Memorie di un cristiano ingenuo, Città Nuova, Roma 1994, pp.47-51
[3] Idem, p.111
[4] Igino Giordani, L’inutilità della guerra, Città Nuova, Roma, 2003, (terza edizione), p. 3
Aprirsi all’Amore
Essere miti
Accompagnare il dolore degli altri
Nelle crisi può nascere una cosa nuova
Andare oltre i pregiudizi
Pubblichiamo il resoconto dell’anno 2024 sulle attività del Movimento dei Focolari in materia di Tutela della persona ponendo come incipit le parole che Papa Francesco ha indirizzato alla Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori e con le quali, di fatto, ha attualizzato il mandato con cui l’aveva costituita 10 anni fa. Ci sentiamo fortemente chiamati ad adempiere questa “conversione integrale” a cui fa appello il Santo Padre, che non è mai del tutto compiuta, ma ci domanda di interrogarci continuamente, di avere uno sguardo umile, sempre attento, protettivo e accogliente per ogni persona. Ci chiede di proseguire con perseveranza sulla strada della formazione e della vicinanza autentica, coscienti della necessità di cambiamento, perché ogni persona si senta sicura, amata e rispettata nei nostri ambienti e nelle diverse attività.
2024: ascolto, formazione, regolamentazione
Sono tre gli elementi che hanno caratterizzato lo scorso anno dal punto di vista della Tutela, nel Movimento dei Focolari: l’ascolto e il coinvolgimento di vittime e testimoni a vario titolo nei processi di riparazione e di formazione dei responsabili;l’ampliamento dei corsi e degli eventi formativi per tutti i partecipanti e ilproseguimento della costruzione del quadro normativo, con l’attualizzazione del Protocollo per i casi di abuso e la redazione delle Linee guida per i servizi di ascolto ed accoglienza.
D’importanza fondamentale è stato l’incontro, nel novembre scorso, dei dirigenti del Movimento nel mondo con alcune persone, vittime di abusi sessuali o di potere da parte di membri del Movimento dei Focolari. Le vittime hanno raccontato le proprie storie di grande sofferenza e le gravi conseguenze sulla loro vita, sulle comunità di cui facevano o fanno tutt’ora parte. Erano presenti anche alcuni membri della famiglia di una delle vittime che hanno offerto la loro testimonianza sulle gravi ricadute che l’abuso ha su tutti i componenti della famiglia. Le parole di un partecipante esprimono bene l’importanza di quel momento: “L’ascolto di queste persone ha segnato un prima e un dopo. Con delicatezza e chiarezza ci hanno detto quanto il Movimento abbia mancato in quello che è il cuore del suo carisma: l’unità, l’amore al prossimo, perché in molti casi non solo siamo stati in qualche modo co-responsabili degli abusi commessi, ma poi abbiamo anche lasciato sole le persone ad affrontare il loro dolore”.
Inoltre, il contributo delle vittime, insieme al coinvolgimento di professionisti in varie discipline, esterni al Movimento, sono stati fondamentali per il lavoro svolto al Centro Internazionale e nei territori per i documenti prodotti e per la formazione alla Tutela delle comunità dei Focolari nel mondo, come pure la progettazione e l’apertura di alcuni spazi di ascolto ed accoglienza.
(PDF scaricabile)
È stata inoltre istituita una Commissione di studio sugli abusi di potere e spirituali accaduti all’interno del Movimento. Lo scopo è approfondirne le cause, per poter cambiare prassi dannose e mettere in atto un’adeguata prevenzione. Lo studio, tutt’ora in corso, si avvale anche della consulenza esterna di specialisti in vari ambiti: psicologico, pedagogico e giuridico. Tale analisi è supportata e incoraggiata dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita e, nonostante sia nelle sue fasi iniziali, se ne riconosce la grande importanza, poiché è evidente che non bastano la creazione e l’applicazione di norme e protocolli, ma occorre approfondire le dinamiche che hanno condotto alle diverse forme di abuso.
Infine, si sono attualizzati, implementati e prodotti documenti normativi e linee guida (come illustrato di seguito), frutto anche di una proficua collaborazione con la Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, che ha seguito e promosso i nuovi passi fatti.
Stefania Tanesini
[1] Messaggio del Santo Padre Francesco all’Assemblea plenaria della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, 25 marzo 2025
Riconoscere la dignità dei prossimi
Accoglienza senza riserve
Fare il primo passo verso l’altro/a
“Oggi, più che mai, nel mondo in cui viviamo, così pieno di divisioni, di tragedie, di conflitti, dove la gente non dialoga, ritrovarsi insieme ha un significato molto grande”, ha detto Margaret Karram, presidente del Movimento dei Focolari, in una intervista pubblicata su News.va durante i giorni del Convegno ecumenico dal titolo Called to hope – Key players of dialogue (Chiamati alla speranza, protagonisti del dialogo) promosso dal Centro Uno, la segreteria internazionale per l’unità dei cristiani del Movimento dei Focolari. Le sue parole esprimono una certezza rimasta nel cuore e nell’esperienza delle 250 persone di 40 Paesi e 20 Chiese cristiane e degli oltre 4000 collegati in tutto il mondo via streaming che hanno partecipato all’evento.
Il Convegno tenutosi al Centro Mariapoli di Castel Gandolfo dal 26 al 29 marzo 2025, si è aperto con il contributo di Jesús Morán, copresidente del Movimento dei Focolari e di Callan Slipper, teologo anglicano che ha affermato: “L’ecumenismo, riparando le nostre interazioni personali all’interno della comunità cristiana, permette alla Chiesa di essere sé stessa. Ciò che serve all’umanità serve anche a noi. La nostra salute spirituale diminuisce senza di esso, così come ogni altra dimensione della vita umana non può raggiungere il suo compimento senza la riconciliazione portata da Gesù”. E Morán ha concluso: “Unità piuttosto che unione e cristianesimo come modo di essere piuttosto che come una dottrina, possono essere due percorsi fruttuosi per l’ecumenismo in risposta a ciò che la storia ci richiede oggi”.
Il convegno ha proposto un metodo per camminare nell’unità: il dialogo, quello che emerge dalla spiritualità dei Focolari, il dialogo della vita, il dialogo del popolo, e quello che emerge dal cosiddetto ecumenismo ricettivo, molto vicino ad esso. La prof.ssa Karen Petersen Finch, statunitense e presbiteriana, con la sua esperienza ha messo in evidenzia l’importanza del dialogo sulla dottrina della fede, normalmente riservato solo ai teologi, ai responsabili delle Chiese e ai comitati ufficiali di dialogo, coinvolge oggi sempre di più anche il popolo.
Una giornata è stata dedicata ad un pellegrinaggio a Roma con la visita alla Basilica di San Lorenzo martire e all’Abbazia delle Tre Fontane, dove la tradizione colloca il martirio di San Paolo. In un clima di raccoglimento questa giornata é stata, come ha detto uno dei partecipanti: “un incontro con i primi martiri della Chiesa indivisa che, con la loro autenticità di vita, di fede e con la loro testimonianza ci infondono il coraggio di annunciare Cristo oggi”. Poi, nella Basilica di San Paolo fuori le mura, il pellegrinaggio si è concluso con una preghiera ecumenica. L’ecumenismo ha la sua radice biblica nella preghiera, a cominciare da Gesù. Lui stesso pregando ha chiesto al Padre: “Che tutti siano uno”. Le Sue parole, in vari passi delle Scritture, ci invitano a chiedere qualsiasi cosa al Padre “nel suo nome, insieme e concordemente”. E così, insieme, raccolti in unità, sacerdoti e laici di tutte le confessioni cristiane presenti hanno chiesto insieme al Padre la pace in ogni angolo della terra e la riconciliazione tra tutti i cristiani.
Tra le tematiche affrontate durante il convegno, anche le significative ricorrenze di quest’anno 2025: i 1700 anni del Concilio di Nicea, la Pasqua che sarà celebrata lo stesso giorno da tutte le Chiese cristiane ed i 60 anni dell’abolizione delle scomuniche tra la Chiesa di Roma e quella di Costantinopoli. Il dott. Martin Illert, rappresentante del Consiglio Ecumenico delle Chiese, in riferimento al Concilio di Nicea ha affermato: “Sono convinto che la preghiera e la riflessione comuni ci facciano avanzare sulla via dell’unità, perché ricordiamo sia le nostre radici comuni che la nostra missione condivisa”. E Mons. Andrea Palmieri del Dicastero per la promozione dell’unità dei cristiani ha osservato: “Questi eventi sono sicuramente importanti, ma (…) alle parole devono seguire decisioni concrete, profetiche. Sono convinto che le riflessioni avviate quest’anno contribuiranno alla maturazione di decisioni che potranno segnare il futuro del cammino ecumenico”.
Come può contribuire la sinodalità all’ecumenismo? Se ne è parlato in un panel formato da persone che hanno partecipato al Sinodo della Chiesa cattolica: tre delegati fraterni, membri di varie Chiese, un vescovo cattolico e una invitata speciale hanno condiviso l’esperienza vissuta nella quale la partecipazione attiva di tutti ha contribuito al dialogo affettivo e effettivo con una “forte dimensione ecumenica – come ha detto S. Em. Khajag Barsamian, della Chiesa armena apostolica -, che sottolinea l’unità, le esperienze spirituali condivise e il rispetto reciproco tra i cristiani”. “L’intero Sinodo come esercizio spirituale ha avuto una profonda influenza sulla mia comprensione di me stesso e sul mio ministero, ma anche sulla mia Chiesa”, non esita affermare il Rev. Dirk G. Lange, della Federazione Luterana mondiale. Il metodo di lavoro durante il Sinodo, la “Conversazione nello Spirito”, per Mons. Brendan Leahy, Vescovo cattolico di Limerick (Irlanda), ha contribuito a rendermi “più attento nel mio lavoro e nel mio ministero ad ascoltare di più, riconoscendo il seme della verità in ogni persona”, mentreper la Dott.ssa Elizabeth Newman, della Alianza Mondiale Battista, la sinodalità ha la sua base “sulla consapevolezza, e sulla pratica, che il proprio punto di vista non deve prevalere. Non si deve ‘vincere’”. Margaret Karram, Presidente del Movimento dei Focolari, afferma: “Noi sappiamo che la speranza è una virtù e non possiamo perderla. Dobbiamo nutrirla, coltivarla in noi per poterla dare agli altri” e invita tutti ad accrescere la speranza e la fede con “gesti anche piccoli nei confronti del prossimo: gesti di solidarietà, di comunione e di apertura… solo così possiamo sperare”.
Una chiamata alla speranza dunque che, durante il convegno, si è fatta riflessione e approfondimento, arricchita di segni concreti e testimonianze di vita che illustrano il cammino di azione ecumenica a livello mondiale (Global Christian Forum, JC2033), internazionale (Ikumeni-America Latina, Insieme per l’Europa, John17), locale (da Brasile alle Filippine, dall’Irlanda del nord alla Serbia, dall’Olanda al Venezuela, dalla Germania all’Uganda…) e che sta coinvolgendo Chiese, sacerdoti e laici, teologi e studiosi, adulti e giovani, singoli e gruppi, tutti veri protagonisti del dialogo.
Carlos Mana
E’ possibile rivedere lo streaming del Convegno sul canale Youtube di focolare.org
(Foto: © Javier García, Joaquín Masera, Carlos Mana – CSC Audiovisivi)
Essere disponibili
Donare momenti di gioia a chi è vicino
Da oltre due anni un gruppo di professionisti della comunicazione, su iniziativa di NetOne, la rete internazionale dei comunicatori del Movimento dei Focolari, si riunisce con incontri mensili online per approfondire alcuni temi legati al Sinodo dei vescovi, in particolare su sinodalità e comunicazione. Ascolto, silenzio, testimonianza, comunicazione fraterna: sono alcuni degli elementi chiave durante gli incontri. In questi due anni si sono svolti anche due webinar: il primo ad aprile 2024 (potete leggere un approfondimento qui) e il secondo nel mese di febbraio 2025 dal titolo “Quale comunicazione per la sinodalità?” (guarda il video). Questo evento è stato seguito in varie parti del mondo ed ha visto la partecipazione di numerosi esperti della comunicazione collegati da vari Paesi.
Alessandro Gisotti, vice direttore dei Media Vaticani ha aperto la serie di interventi citando tre termini essenziali per un buon comunicatore: Comunicazione, Azione e Comunità. “In questo Anno Santo abbiamo bisogno di una comunicazione sinodale che sappia mettersi in cammino con la gente che verrà – ha affermato – per accompagnarla, senza la presunzione di volerla guidare. Ma disponibile ad ascoltarla, accompagnarla, a fare un tratto di strada insieme”.
Dagli Stati Uniti Kim Daniels, docente della Georgetown University di Washington D.C., coordinatrice al Sinodo del Gruppo di studio 3 “La missione nell’ambiente digitale”. “Il nostro obiettivo – ha spiegato Daniels parlando del gruppo di studio – è offrire raccomandazioni attuabili al Santo Padre per il miglioramento della missione della Chiesa in questa cultura digitale, assicurando che essa rimanga saldamente radicata nella nostra chiamata a incontrare le persone ovunque si trovino, conducendole verso una comunione più profonda con Cristo e l’uno con l’altro”.
Pál Tóth, docente dell’Istituto Universitario Sophia di Loppiano è intervenuto dall’Ungheria spiegando che “per sanare le piaghe profonde del mondo globalizzato necessita una collaborazione trasversale anche con quelli che hanno concezioni parzialmente diverse da noi. L’idea del consenso differenziato promuove un nuovo tipo di rapporto sociale: collaboriamo per la realizzazione di alcuni valori mentre rimaniamo su piattaforme diverse per altri”.
Il Sinodo si costruisce partendo dagli ultimi. Questo è emerso dall’esperienza di Muriel Fleury e Beatrice Binaghi, rispettivamente responsabile della Comunicazione e incaricata dei Social media presso il Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale. “Dar voce a chi non ce l’ha” afferma Fleury ricordando che “parlare di chi viene sfruttato o emarginato dai processi dominanti significa far esistere queste persone. Senza queste voci controcorrenti tutto favorirebbe chi domina, perché tacere vuol dire finire per assecondare chi maltratta, chi schiavizza, chi spreme, chi vuole rendere invisibili tanti, troppi uomini e donne”. E Binaghi ha raccontato della rete di collaborazione nata tra i “vescovi di frontiera” responsabili della pastorale migratoria in Colombia, Costa Rica e Panama, soprattutto per affrontare la situazione critica nel Darien da cui ogni giorno passano centinaia di migranti. “Il confronto e la comunicazione hanno creato comunità, e il lavoro che prima era frammentato ora è più sinergico e incisivo”.
All’attrice Stefania Bogo il compito di dare due momenti di riflessione con la lettura artistica di alcuni passaggi della recente enciclica di Papa Francesco, Dilexit nos e de L’attrattiva del mondo moderno, di Chiara Lubich.
Erica Tossani, della presidenza dell’Assemblea Sinodale della Chiesa italiana, ha spiegato come sia importante ascoltare, che “non è semplicemente un’azione passiva, un silenzio che attende di essere riempito dalle parole altrui. È un atteggiamento attivo che implica attenzione, discernimento e disponibilità a lasciarsi interpellare. Senza ascolto la comunicazione si riduce a polarizzazione e contrapposizione sterile”.
Fra le esperienze sinodali c’è quella di Paolo Balduzzi, inviato della trasmissione A sua immagine del canale italiano Rai 1. “Le storie raccontate – spiega – nascono da un dialogo condiviso con l’intera redazione. Per me ogni intervista è un incontro. E la sinodalità parte da questo incontro con il mio interlocutore, cioè vuol dire entrare nella sua storia, nel suo vissuto e cercare di cogliere insieme quegli aspetti che sono più essenziali al racconto”.
La storia di Mariella Matera, blogger di Alumera, uno spazio di evangelizzazione sui social, che racconta il percorso di una comunicatrice affascinata dall’idea di trasmettere il Vangelo attraverso internet. “Come posso essere un piccolo ponte tra il web e Cristo? – si chiede – A Lumera, in dialetto calabrese (sud Italia), è il vecchio lume a olio. Così come la lampada, finché ha olio non si spegne, anche io, finché ho in me l’amore di Cristo, non posso tacere”.
In conclusione, Anita Tano, responsabile della comunicazione per United World Project-NetOne Argentina. Lei ha raccontato l’esperienza del Genfest 2024 in Brasile, l’evento giovanile del Movimento dei Focolari dal tema Together to Care. Tra scambi culturali, arte e workshop, l’obiettivo era quello di riconoscere la comunicazione come uno strumento per prendersi cura della “vita di sé stessi, degli altri e del pianeta”. Un messaggio che ha sottolineato la differenza tra l’essere semplicemente “connessi” e l’essere realmente “uniti”.
La diretta è stata moderata da Enrico Selleri, conduttore e autore delle emittenti della Chiesa italiana Tv2000 e InBlu2000, e Sara Fornaro, caporedattrice web della rivista italiana Città Nuova ed è stata promossa da NetOne insieme alla Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, il Dicastero per la Comunicazione, il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, Vatican Media, il Cammino sinodale della Chiesa in Italia, TV2000, InBlu2000 e SIR (della Conferenza Episcopale Italiana), l’Istituto Universitario Sophia, Weca (Associazione dei WebCattolici Italiani), il Gruppo editoriale Città Nuova e la Pontificia Università della Santa Croce.
Per maggiori info e per rimanere in contatto: net4synodcom@gmail.com www.youtube.com/@SynodalCommunicationNetwork
Lorenzo Russo
Foto: ©Pixabay
Promuovere il dialogo con chi è diverso da me
“Penso che don Pepe, dopo don Silvano Cola, sia stato il sacerdote focolarino più carismatico che io abbia conosciuto”, così un sacerdote dell’Italia alla notizia della morte di don Enrico Pepe avvenuta il 2 marzo 2025 nel focolare sacerdotale a Grottaferrata (Roma). “Era una persona di sguardo puro. Vedeva le persone nella verità e anche nella misericordia”, così un altro dagli USA. E il card. João Braz De Aviz, prefetto emerito del Dicastero per la vita consacrata, nell’omelia del funerale da lui presieduto: “Ringrazio il Signore per la cura che ha avuto di noi sacerdoti, aiutando tanti a non smarrire il dono della vita cristiana e del sacerdozio ministeriale, perché rinforzati dalla ricerca continua dell’unità tra noi, con la Chiesa e con l’Opera di Maria”.
Ma chi era don Enrico Pepe? Molto ha raccontato lui stesso nel volume Un’avventura nell’unità (CNx 2018).
Enrico nasce il 15 novembre 1932 a Cortino (Teramo, Italia), come primo di nove fratelli e sorelle. Pur fra le ombre della guerra, vive un’infanzia felice. Tornerà in seguito volentieri in quei luoghi anche per ritrovare il calore dei suoi cari: la “tribù” Pepe, con 76 tra nipoti e pronipoti.
Alle scuole medie, Enrico sente la vocazione al sacerdozio ed entra in seminario. Vive un momento di dubbio quando una giovane gli manifesta il suo affetto, ma proprio in quella circostanza rinnova con più coscienza la sua scelta.
Viene ordinato sacerdote nel 1956 e nel 1958 il vescovo lo manda a Cerchiara, un paese sotto il Gran Sasso, diviso in due fazioni politiche che toccano anche la parrocchia. Don Enrico, con la sua “furbizia” evangelica, riesce a farsi strada e la situazione si pacifica.
Nel 1963 conosce il Movimento dei Focolari. Con don Annibale Ferrari si reca ogni quindici giorni da Teramo a Roma da don Silvano Cola nel primo focolare sacerdotale. Un anno dopo gli viene proposto di trasferirsi a Palmares nel Nord Est del Brasile, da dove il vescovo Dom Acacio Rodrigues si è rivolto ai Focolari, per via della grave penuria di preti. Nel 1965 don Pepe diventa parroco a Ribeirão, in una zona di monocultura della canna da zucchero con brucianti problemi sociali e morali. Vi risponde con una pastorale illuminata dal Concilio Vaticano II e dal suo buon senso. Nascerà con gli anni un focolare sacerdotale alla cui vita partecipa spesso anche Dom Acacio.
Dopo alcuni mesi in patria, nel 1969 parte nuovamente per il Brasile, questa volta per dedicarsi interamente al Movimento e portare avanti lo spirito dell’unità tra i sacerdoti. Nel 1972 si trasferisce a questo scopo alla Mariapoli Araceli, la cittadella dei Focolari nei pressi di San Paolo. “La Chiesa in Brasile – scriverà don Pepe anni dopo a papa Francesco – attraversava allora una crisi tremenda soprattutto nel clero. Insieme ai focolarini e alle focolarine ho iniziato a offrire ai sacerdoti e ai seminaristi diocesani e religiosi la spiritualità dell’unità. Si è così risvegliata una vita nuova e gioiosa in tante diocesi e congregazioni religiose”. Con un frutto inaspettato: “All’inizio degli anni ’80, la Santa Sede ha cominciato a nominare vescovi alcuni sacerdoti che vivevano questa spiritualità”.
Nel 1984 don Pepe viene chiamato al Centro sacerdotale dei Focolari a Grottaferrata (Roma), per prendersi cura, insieme a don Silvano Cola, delle migliaia di sacerdoti che vivono la spiritualità dell’unità e della vita che fiorisce in parrocchie del mondo intero. Nel tempo libero, raccoglie la vita di Martiri e Santi. Ne nasce un libro dell’editrice Città Nuova talmente apprezzato che gli viene chiesto di ampliarlo a tre volumi.
Nel 2001 scoppia il caso dell’arcivescovo zambiano Milingo. Quando questi si pente, la Santa Sede cerca a chi affidarlo per una ripresa e si rivolge al Movimento dei Focolari. Si assegna a don Pepe questo compito. Anni dopo, il card. Bertone, a suo tempo Segretario del Dicastero per la dottrina della fede, scriverà a don Pepe: “Ci siamo conosciuti in un momento speciale della vita della Chiesa a Roma, senza che ci fossimo mai incontrati, ma abbiamo avvertito una convergenza di ideali, di missione e di trasmissione dell’amore misericordioso di Dio, che hanno sigillato le nostre relazioni”.
Durante gli ultimi anni, arrivano grandi sfide per la salute. “In Brasile – commenta don Pepe – ho calpestato tanti aeroporti ed ora mi vedo spesso sulla pista di lancio, pronto all’ultimo volo, il più bello, perché ci porta in Alto”.
Hubertus Blaumeiser
Guardare al futuro con speranza
Uscire dai propri schemi
Vivere l’attimo presente
Fidarsi di Dio
La nostalgia è un sentimento decisivo per gli interrogativi morali, filosofici e spirituali dell’essere umano. Etimologicamente significa “dolore del ritorno”, in senso a volte indeterminato, perché non è tanto rivolto a un passato fatto di luoghi, persone o eventi concreti, quanto a un’emozione profonda che ci fa anelare a un qualcosa di bello, giusto e universale, come se, in fondo, sapessimo di farne parte o di esserne chiamati.
Il tema dell’esilio attraversa la storia del pensiero umano: il viaggio di Ulisse (cantato nell’Odissea di Omero) è un viaggio che richiama all’infinito perché sempre incompiuto ma che comporta una esperienza di saggezza.
(…)
“Sempre devi avere in mente Itaca – raggiungerla sia il pensiero costante. Soprattutto, non affrettare il viaggio; fa che duri a lungo, per anni (…). E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso. Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare”[1]
Ogni racconto di esilio, dalle più antiche civiltà ai giorni nostri, affronta domande esistenziali, fondamentali non solo per quel tempo: esiste un “filo” che dà significato alla storia? Questa domanda può essere rivolta anche a livello personale: C’è un senso di quello che sto vivendo o che ho vissuto? Perché il male, il dolore, la morte? Sono le domande inespresse ma profondamente rappresentate nelle più recenti ricerche sui bisogni autentici dei giovani. Spesso la nostalgia dell’infinito viene raccontata come malinconia, solitudine dell’anima, ricerca di un perché[2].
Eppure questi interrogativi fanno fatica a emergere: siamo distratti da eventi che ci accadono, dalle mille preoccupazioni che ci attanagliano l’anima, da pensieri che ci importunano. Forse non ci fermiamo abbastanza per scoprire attorno a noi piccole risposte che possano essere un faro che ci aiuti a non smarrire il senso del nostro percorso.
Proviamo allora a cercare in ogni modo le occasioni – in tempi e spazi di ascolto, riflessione, condivisione – e insieme a coloro che condividono con noi il cammino della nostra esistenza: la nostra comunità, gli amici, i colleghi di lavoro, proviamo a lavorare, a confrontarci senza perdere la fiducia che le cose possano cambiare in meglio. Anche noi ci sentiremo cambiati.
Nelle comunità cristiane sparse per il mondo, in questo mese ricorre la Pasqua. Il messaggio dei “tre giorni” è forte e continua a interrogare tutte le persone capaci di domande e di dialogo[3]. Il mistero del dolore, la capacità di “stare” nelle ferite dell’umanità, la forza di ricominciare sono i valori presenti in ogni cuore che accompagnano il nostro viaggio attraverso i deserti e guidano la storia e la nostra vita.
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L’IDEA DEL MESE è attualmente prodotta dal “Centro del Dialogo con persone di convinzioni non religiose” del Movimento dei Focolari. Si tratta di un’iniziativa nata nel 2014 in Uruguay per condividere con gli amici non credenti i valori della Parola di Vita, cioè la frase della Scrittura che i membri del Movimento si impegnano a mettere in atto nella vita quotidiana. Attualmente L’IDEA DEL MESE viene tradotta in 12 lingue e distribuita in più di 25 paesi, con adattamenti del testo alle diverse sensibilità culturali.
[1]Konstandinos P. Kavafis. Poesie, Mondadori, Milano 1961
[2]Istituto Giuseppe Toniolo: Cerco, dunque credo? (Vita e Pensiero, 2024) cura di R. Bichi e P. Bignardi
[3]Convegno Internazionale “Il senso nel dolore?” (Castel Gandolfo, 2017) https://www.cittanuova.it/senso-neldolore/?ms=006&se=007
L’esilio in Babilonia e la distruzione del tempio di Gerusalemme avevano creato nel popolo di Israele un trauma collettivo e posto un interrogativo teologico: Dio è ancora con noi o ci ha abbandonati? Lo scopo di questa parte del libro di Isaia è quello di aiutare il popolo a capire quello che Dio sta operando, a fidarsi di Lui e poter così ritornare in patria. Ed è proprio nell’esperienza dell’esilio che il volto di Dio creatore e salvatore si rivela.
“Ecco, io faccio una cosa nuova, proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?”.
Isaia ricorda l’amore fedele di Dio per il suo popolo. La Sua fedeltà rimane costante anche durante il periodo drammatico dell’esilio. Anche se le promesse fatte ad Abramo appaiono irraggiungibili e il patto dell’Alleanza sembra in crisi, il popolo di Israele rimane un luogo particolarmente privilegiato della presenza di Dio nella storia.
Il libro profetico affronta domande esistenziali, fondamentali non solo per quel tempo: chi ha in mano lo svolgersi e il significato della storia? Questa domanda può essere rivolta anche a livello personale: chi tiene in mano le sorti della mia vita? Qual è il senso di quello che sto vivendo o che ho vissuto?
“Ecco, io faccio una cosa nuova, proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?”.
Dio opera nella vita di ciascuno, costantemente, facendo “cose nuove”. Se non sempre ce ne accorgiamo o riusciamo a capirne il significato e la portata, è perché esse sono ancora germogli o perché non siamo pronti a riconoscere quello che Egli sta operando. Distratti da eventi che ci accadono, dalle mille preoccupazioni che ci attanagliano l’anima, da pensieri che ci importunano, forse non ci fermiamo abbastanza nell’osservare questi germogli che sono la certezza della Sua presenza. Egli non ci ha mai abbandonato e crea e ricrea in continuazione la nostra vita.
«Siamo noi la “cosa nuova”, la “nuova creazione” che Dio ha generato. […] Non guardiamo più al passato per rimpiangere ciò che di bello ci è successo o per piangere i nostri sbagli: crediamo fortemente all’azione di Dio che può continuare ad operare cose nuove»[1].
“Ecco, io faccio una cosa nuova, proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?”.
Insieme a coloro che condividono con noi il cammino della nostra esistenza, la nostra comunità, gli amici, i colleghi di lavoro, proviamo a lavorare, a confrontarci e a non perdere la fiducia che le cose possano cambiare in meglio.
Il 2025 è un anno speciale perché la data della Pasqua ortodossa coincide con quella delle altre denominazioni cristiane. Che questo avvenimento, la festa della Pasqua comune, possa essere una testimonianza della volontà delle Chiese nel continuare senza sosta un dialogo nel portare avanti insieme le sfide dell’umanità e promuovere azioni congiunte.
Prepariamoci a vivere quindi questo periodo pasquale con gioia piena, fede e speranza. Così come Cristo è risorto, anche noi, dopo aver attraversato i nostri deserti, lasciamoci accompagnare in questo viaggio da Colui che guida la storia e la nostra vita.
A cura di Patrizia Mazzola e del team della Parola di Vita
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[1] C. Lubich, Parola di Vita di marzo 2004, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5; Città Nuova, Roma 2017) pp. 715-716.
Fare piccoli atti d’amore
Condividere la gioia
Decentrarsi
Era un bellissimo pomeriggio, un clima ideale. Il lungomare di Lima era pieno di gente: intere famiglie che si godevano la spiaggia, genitori e figli che arrivavano con le loro tavole e attrezzature da surf, scuole di surf con i loro insegnanti, turisti e venditori di bibite e gelati da offrire a quello sciame di potenziali acquirenti.
Accompagnavamo un amico del nord del Perù che era venuto a trovarci. Con Marcelo lo stavamo portando nei luoghi più piacevoli e attraenti. All’orizzonte si potevano vedere i surfisti cavalcare abilmente le alte onde dell’Oceano Pacifico, che di pacifico ha ben poco o nulla. Un vero spettacolo! Il sole si stava preparando per l’ultima scena della giornata con una cornice esclusiva, dipingendo il cielo di un infuocato arancione rossastro.
In quel bellissimo contesto, al quale può accedere solo una determinata classe sociale, tutto andava a gonfie vele. In mezzo alla folla, ho notato un omino magro come uno stecchino che trasportava quattro sacchi con materiale di scarto che lui stesso aveva raccolto: cartone, bottiglie di plastica, vetro… Questo minuscolo essere, completamente invisibile in quell’ambiente, si preparava a salire alcune alte scale, esse conducono alla sopraelevata che attraversa l’autostrada da un lato all’altro, dalla spiaggia alla strada. Sembrava un’invisibile formica con un carico tre volte il suo peso.
In quella folla senza volto, la sua presenza ha attirato tutta la mia attenzione. “Vieni, siediti un po’ accanto a me”, gli ho detto, indicando il posto vuoto alla mia destra della panchina dove ero seduto. Mi ha guardato sorpreso e sorridente. Ha posato i grossi sacchi e si è seduto. “Ciao, io mi chiamo Gustavo, e tu?”. “Arturo,” ha risposto con un ampio sorriso che mostrava una bocca sdentata. Mi ha spiegato che veniva da lontano e che doveva andare dall’altra parte dell’autostrada, salendo l’imponente scalinata, per prendere l’autobus che lo avrebbe riportato a casa. Lì, nel suo umile quartiere, avrebbe venduto il materiale di scarto che aveva raccolto. Il suo lavoro quotidiano per sopravvivere, lui e la sua famiglia.
Marcelo gli ha offerto 5 Soles, il prezzo del biglietto dell’autobus. Lo abbiamo salutato stringendo calorosamente la sua mano sudata e augurandogli buona fortuna. Mentre saliva le scale con in mano le borse, ogni tanto ci guardava e ci regalava il suo sorriso sdentato.
In mezzo alla folla senza volto, Arturo è diventato la persona più importante, colui che ci ha toccato il cuore, che è riuscito a commuoverci interiormente, colui che ci ha collegato con le beatitudini, con il modo di vedere di Dio.
Gustavo E. Clariá
Alleggerire il peso dell’altro/a
Sintonizzarci con la voce di Dio
Comprendere chi ci sta accanto
Il continente africano è composto da 54 Stati. E’ attraversato dall’Equatore e dai tropici del Cancro e del Capricorno, quindi gran parte del territorio è situato nella zona torrida ed è caratterizzato da deserti, savane e foreste pluviali. È il continente con la più grande area interessata da clima arido e caldo. Trenta milioni di km² con circa mille quattrocento milioni di abitanti.
Jesús Morán, Copresidente del Movimento dei Focolari, accompagnato da alcuni membri del Centro Internazionale ha visitato alcuni Paesi dell’est e dell’ovest del continente tra il 13 gennaio e il 9 febbraio 2025. Margaret Karram, Presidente del Movimento dei Focolari, si è collegata in diretta in nove occasioni, specialmente per le giornate dedicate agli incontri con le comunità locali.
“Un viaggio che ricorderemo a lungo” ha detto Jesús Morán. “Questo viaggio ci è rimasto nel cuore – ha aggiunto Margaret Karram – tanti lo hanno definito un ‘viaggio storico’. Io ho ancora negli occhi, anche se li ho visti attraverso i collegamenti, i loro volti, i loro sorrisi, la loro decisione”. “Mi ha colpito tantissimo la testimonianza delle comunità del Movimento nel vivere il Vangelo con radicalità. Penso che ci possano insegnare molto”.
Costa d’Avorio, Sierra Leone, Kenya, Rwanda, Burundi sono state le tappe di questo viaggio, ma in molti degli incontri hanno partecipato tante altre persone da vari altri Paesi africani.
Impossibile riassumere l’intensità e ricchezza di vita incontrata in ogni comunità. Riproponiamo qui una parte del Collegamento del 15 marzo 2025 nel quale si è ripercorso questo viaggio, una immersione nella vita e nella cultura del continente africano.
Eccomi!
Dal 26 al 29 marzo 2025 presso il Centro Mariapoli di Castel Gandolfo (Italia) si svolgerà il convegno ecumenico dal titolo Called to hope – Key players of dialogue, (Chiamati alla speranza, protagonisti del dialogo). Promosso dal Centro Uno, la segreteria internazionale per l’unità dei cristiani del Movimento dei Focolari, parteciperanno in presenza più di 250 fedeli di 20 Chiese cristiane provenienti da oltre 40 Paesi di 4 continenti, tra cui Filippine, Serbia, Bulgaria, Slovacchia, Irlanda, Venezuela, Stati Uniti, etc. Sarà tradotto in 15 lingue e verrà diffuso anche via streaming.
Giovedì 27 marzo a Roma, presso la Basilica di San Paolo fuori le mura (ore 16:00), è prevista una preghiera ecumenica di riconciliazione e per la pace aperta a tutti.
Nel programma del convegno verranno inoltre approfonditi i tre appuntamenti e anniversari che ricorrono quest’anno: nel contesto dell’Anno Giubilare “Pellegrini della Speranza” della Chiesa Cattolica ricorderemo i 1700 anni del Concilio di Nicea, la coincidenza della data della celebrazione della Pasqua per tutte le Chiese, e i 60 anni dall’abolizione delle scomuniche reciproche tra la Chiesa di Roma e la Chiesa di Costantinopoli.
Tra le personalità ecumeniche presenti interverranno: Mons. Andrea Palmieri Sotto-segretario del Dicastero vaticano per la promozione dell’unità dei cristiani, Mons. Derio Olivero , Presidente commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo della Conferenza Episcopale Italiana, Prof. Dr. Martin Illert, rappresentante del Concilio ecumenico delle Chiese (CEC), Arcivescovo Khajag Barsamian rappresentante della Chiesa apostolica armena presso la Santa Sede, Dott.ssa Natasha Klukach, Director of Research and Operations del Global Christian Forum, Dott. William Wilson (in video messaggio), Presidente della Pentecostal World Fellowship, Dott.ssa Elisabeth Newman dell’Alleanza Battista Mondiale, Dott.ssa Margaret Karram e Dr. Jesus Moran, Presidente e Copresidente del Movimento dei Focolari.
Perché è urgente lavorare per l’ecumenismo?
In questo tempo di divisioni e grandi sfide – guerre, flussi di rifugiati in tutto il mondo, iniqua distribuzione della ricchezza, danni quasi irreversibili all’ecosistema terrestre – come cristiani siamo insieme chiamati a testimoniare la speranza del Vangelo e ad essere protagonisti di dialogo e unità, impegnandoci a vivere insieme per la pace, a costruire fraternità, a diffondere speranza. L’unità dei cristiani è determinante per riportare la pace ovunque manca.
Stefania Tanesini
Sapersi stupire
Allenarsi nell’amare
Non scoraggiarsi per gli sbagli
Attivare i sottotitoli e scegliere la lingua desiderata
Ricominciare
Non fermarsi alle apparenze
Bahía Blanca è una città situata in riva al mare, proprio dove inizia la Patagonia argentina. Con i suoi 370.000 abitanti, è il centro economico, religioso e culturale di una vasta regione. A pochi chilometri di distanza, altre 80.000 persone vivono nella città di Punta Alta. Insieme, hanno un polo petrolchimico molto importante, un gruppo di 7 diversi porti (porto multifunzionale, cerealicolo, per la frutta, la pesca, il gas, il petrolio e i fertilizzanti) e la base principale della Marina argentina.
In questa regione, la piovosità media in un anno è di 650 mm., ma venerdì 7 marzo 2025 sono caduti 400 mm in sole 7 ore. Una tale quantità d’acqua, nel suo percorso verso il mare, aumentava la sua velocità e distruggeva tutto ciò che incontrava sul suo cammino. Ponti, canali, ferrovie, strade, strade, automobili, case, negozi… e persone.
La popolazione si è trovata improvvisamente in una scena dantesca di proporzioni inimmaginabili, come se ci fosse stato uno tsunami. Una brusca interruzione di corrente elettrica ha bloccato anche le comunicazioni telefoniche e in questo modo nessuno aveva idea di come stessero le altre persone, i familiari, gli amici, i colleghi di lavoro.
Tuttavia, qualcosa all’interno di questa comunità si è risvegliato e l’insieme di tutte le leggi universali si è riassunto in un unico verbo: servire.
Man mano che l’acqua e il fango lo permettevano, migliaia di persone hanno cominciato a riversarsi per le strade. Ognuno faceva una prima verifica dei danni nella propria abitazione, ma subito dopo spostava lo sguardo sui vicini, per vedere se avessero bisogno di aiuto. Chi riusciva a sistemare la propria situazione, si rendeva totalmente disponibile ad aiutare gli altri. Siamo stati tutti testimoni e protagonisti di un gigantesco miracolo che si è moltiplicato, con meravigliosa creatività e forza.
L’unica cosa che importava era quanto potevamo fare con le nostre mani: aiutare a togliere acqua e fango dalle case, pulire, riordinare, cercare stracci, secchi d’acqua, disinfettante, portare i feriti nei centri sanitari, prendersi cura degli animali domestici, ospitare persone che avevano perso tutto, dare forza, incoraggiare, abbracciare, condividere ogni dolore. Nessuno si lamentava e dicevano: “Per me è stato molto difficile, ma accanto a quello che è successo agli altri…”
Mentre aiutavo alcuni amici, si è avvicinata una coppia e ha distribuito empanadas gratuitamente. Altri, qualcosa da bere. Chi aveva un generatore di corrente lo offriva per ricaricare le batterie dei cellulari. Altri mettevano a disposizione pompe per aspirare l’acqua. Un ottico donava gratuitamente gli occhiali a chi li aveva smarriti. Una signora ha distribuito disinfettanti, un medico faceva visite nelle case, un uomo ha offerto i suoi servizi come muratore e un altro come meccanico. Tutto circolava: candele, cibo, vestiti, pannolini, materassi, acqua potabile, scope, mani, ancora mani e ancora mani.
E poi è arrivata la solidarietà di tutto il Paese e della gente di tutto il mondo. In camion, in treno, in autobus, in furgoni… tonnellate di donazioni, che hanno avuto bisogno di più volontari per il carico, lo scarico, lo smistamento e la consegna. Volontari che non hanno smesso di moltiplicarsi. E anche denaro, donato con grande generosità. Parrocchie, club, scuole, aziende, tutte le organizzazioni esistenti hanno dato tutto quello che potevano. E anche un altro tipo di organizzazione: i gruppi di amici. Come una sorta di “pattuglia”, ogni gruppo di amici ha iniziato ad occuparsi di uno dei settori della città dove si è visto che sarebbe stato più difficile per gli aiuti governativi arrivare in tempo. Ancora oggi vanno di casa in casa, di porta in porta e annotano ogni tipo di necessità. E si occupano di far arrivare ciò che è necessario in modo tempestivo.
Tutte le mani di queste persone, anche senza saperlo, senza crederlo o senza immaginarlo, si sono trasformate in “mani divine”. Perché è stato il modo più concreto che Dio ha potuto usare per raggiungere chi aveva bisogno. Personalmente ho vissuto momenti di grande preoccupazione perché non sapevo come stessero i miei fratelli o i miei amici. Volevo raggiungerli, ma era impossibile. Così ho deciso di offrire il mio aiuto dove potevo arrivare. In senso figurato l’ho chiamato il mio “metro quadrato”. Più tardi sono riuscito a raggiungere i miei cari e ho scoperto che molte altre persone, estranei, avevano aiutato lì, dove io non avevo potuto farlo.
Alcuni giorni dopo, vari settori della città sono ancora invasi dall’acqua. Il dolore e le difficoltà continuano. Le perdite sono state enormi. E si incontrano ovunque persone con grandi occhiaie e molto dolore ai muscoli, perché hanno lavorato quasi senza riposo. Ma con il cuore in mano e la pienezza negli occhi, per aver dato tutto per gli altri.
Juan Del Santo (Bahía Blanca, Argentina)
Foto: © Focolari Bahia Blanca
Chi dona, riceve
Con quali occhi guardiamo il mondo e i nostri compagni di viaggio nell’avventura della vita? È una questione di vitale importanza, in un’epoca come la nostra segnata da polarizzazione e disaccordi, da solitudine e distanze fra chi ha e chi non ha. Senza dimenticare la presenza sempre più pervasiva dell’intelligenza artificiale. Eppure, cresce allo stesso tempo la sete di armonia e di verità.
Chiara Lubich diceva che tutto dipende con quale “occhio” guardiamo le persone. Se vedo con l’occhio del cuore, che è l’occhio dell’Amore, non ci fermeremo alle apparenze, coglieremo invece la realtà più profonda che si cela in ogni essere umano. E dallo sguardo del cuore procede l’agire, la qualità della relazione, il farsi prossimi, vicini all’altro (1).
Nel 1961 Chiara scrive:
Se tu entri nel Vangelo […] ti trovi di colpo come sul crinale di una montagna. Già in alto quindi, già in Dio, anche se guardandoti al lato vedi che la montagna non è una montagna ma una catena di montagne e la vita per te è camminare lungo lo spartiacque fino alla fine.
Ogni Parola di Dio è il minimo e il massimo che Egli ti chiede, per cui quando tu leggi: «Ama il prossimo tuo come te stesso» (Mt 19, 19), hai della legge fraterna la massima misura.
Il prossimo è un altro te stesso e come tale lo devi amare. Se lui piange, piangerai con lui; e se ride con lui riderai, e, se ignora ti farai con lui ignorante e se ha perduto suo padre t’immedesimerai nel suo dolore. […]
Perché per te ciò che vale è Dio che è Padre d’entrambi. E non cercare scuse all’amore. Il prossimo è chiunque ti passa accanto, povero o ricco, bello o brutto; ignorante o dotto, santo o peccatore, della tua patria o straniero, sacerdote o laico; chiunque.
Prova ad amare chi ti sfiora nel momento presente della vita e scoprirai nell’animo tuo nuovi germogli di forze prima non conosciute: esse daranno sapore alla tua vita e risponderanno ai tuoi mille perché (2).
Chiara Lubich
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Prendere coscienza dell’amore di Dio per me