«“La storia di una famiglia è solcata da crisi di ogni genere”. Esordisce così papa Francesco, nell’accingersi a parlare della crisi di coppia in Amoris Laetitia (AL 232 e segg.), intercettandone con grande realismo i vari passaggi. Pagine che sembrano raccontare la mia storia. Di me, bambino di 5 anni, che la guerra rende orfano di padre e di prospettive. Di me, giovane, che nell’amore di una ragazza ritrova un soffio di vita nuova e una speranza di felicità. Di me, uomo, deluso e rimasto solo. Ma anche il racconto di una comunità che accoglie e che salva. Terminati gli studi nautici e imbarcato sulle navi della Marina Mercantile, in una licenza conosco Mariarosa e sboccia l’amore. Un sentimento così grande che non ammette distanze. Per lei lascio il mare. Il nuovo lavoro ci porta a vivere lontani dalle nostre famiglie, dagli amici, dalla vita di sempre. Tutto l’universo è circoscritto a noi due avvolti nel sogno: sia io che lei puntiamo sull’altro ogni aspettativa di felicità. Tutto fila fino a che le nostre diversità, dapprima attraenti, iniziano ad infastidirci. Fino ad apparirci inaccettabili, fino a non riconoscerci più e a convincerci di aver sbagliato persona. E con amara delusione dobbiamo ammettere che il sogno è finito. E con esso il nostro matrimonio. Ci lasciamo. Mi ritrovo solo, nella casa vuota, in preda a rabbia e disperazione.
1971: quando erano giovani sposi, da poco riconciliati, con i primi cinque figli
Alla festa di nozze di un collega, uno degli invitati mi offre un passaggio per tornare a casa. Incoraggiato dalla profondità del suo ascolto gli racconto della mia situazione. Egli si offre di diventare amici ma io, deluso dalla vita e dalle persone, gli dico di non credere nell’amicizia. “Io ti propongo un’amicizia nuova – rilancia fiducioso –, di amarci “come Gesù ci ha amato”. Quel “come” apre un varco nella mia anima. Comincio a frequentare la sua famiglia e i suoi amici del Focolare, amici che diventano anche miei. È ciò di cui ho davvero bisogno: la vicinanza di persone che non mi giudicano, non danno consigli, non ostentano la propria felicità. Sanno invece comprendere l’angoscia di chi come me è allo sbando. Il loro modo di vivere è come uno specchio in cui rivedo tutto il mio passato, il concatenarsi di errori e di egoismi che l’avevano sciupato. Sul loro esempio comincio anch’io a fare qualcosa di bello per gli altri.
Renzo e Maria Rosa con tutta la famiglia
Due anni dopo, del tutto inaspettata, arriva una lettera di Mariarosa. Anche lei, per strade del tutto diverse, nella sua città ha conosciuto persone che l’hanno fatta incontrare con lo sguardo d’amore di Gesù. Titubanti ci rincontriamo e in quel momento avvertiamo che Dio ci aveva dato un cuore nuovo e la certezza che il nostro amore poteva sbocciare di nuovo. Un amore la cui misura non era più aspettare ma, dare. Nella misericordia inizia un percorso fino alla rifondazione della nostra famiglia, che sarà allietata da sei figli, fra cui tre gemelle. Ma non più isolati: con altre coppie condividiamo il ricominciare di ogni giorno, sperimentando che pur in mezzo alle fatiche e alle prove, che non mancano mai, possiamo costruirci coppia con un orizzonte di felicità. In un quotidiano intessuto di comunione, di reciprocità, di profonda condivisione di sentimenti, di propositi, di donazione verso i figli e verso tutti. Sperimentando, nella gioia, come scrive Francesco, che una crisi superata porta davvero a “migliorare, a sedimentare e a maturare il vino dell’unione”. E che ogni crisi è l’occasione per “arrivare a bere insieme il vino migliore” (AL 232)». (altro…)
Il 5 maggio 2016 The Associated Church Press (Florida) ha attribuito alla rivista Living City – periodico del Movimento dei Focolari pubblicato in Hyde Park (New York) – due prestigiosi premi giornalistici. Sulla base di tre numeri dell’annata 2015 (febbraio, aprile e ottobre), per la categoria “Best in Class – Riviste nazionali/internazionali per un pubblico vasto”, Living City ha ottenuto una menzione d’onore (subito dopo due famose testate: Christian Century e Sojourner), per “l’uso coraggioso del colore sulle copertine e le foto a piena pagina”. Riguardo ai contenuti, sono stati apprezzati gli articoli scritti in prima persona che, a parere della giuria sono fra i più coinvolgenti. Incoraggiante anche il commento: “Prospettive uniche, sempre in sintonia con il fine della rivista: una pubblicazione originale e interessante”.
Il Premio di Eccellenza è stato assegnato invece per la categoria “Reportage e Articoli: interviste (tutti i media)”, all’articolo “La pace attraverso il perdono”, pubblicato nel numero di Living City del dicembre 2015. E’ stato scritto da Jade Giacobbe a seguito dell’incontro con Rahel Muha il cui figlio di 18 anni nel 1999 è stato assassinato. I giudici così si sono espressi: “Sarebbe stata una storia straziante se non fosse stata raccontata nell’ottica del perdono. Qui la madre dà una forte testimonianza: una storia di grande impatto e descritta molto bene. Che fa capire come attraverso il perdono, anche dal male può scaturire il Bene”.
«Sentivamo forte l’esigenza di calarci nelle ferite della nostra città. Siamo stati coinvolti da Patrizia, insegnante e collaboratrice della rivista Città Nuova, che stava scrivendo un libro sui minori figli di detenuti e aveva appena conosciuto il comitato Break the Wall. Si tratta di 7 detenuti che, tra le varie attività della sezione, si stavano impegnando per consentire ai bambini di avere qualcosa di più del freddo incontro negli stanzoni dei colloqui. Volevano realizzare delle feste, degli eventi per far divertire i bambini e lasciar loro un bel ricordo dei padri da cui vivono separati. Tra noi e i detenuti del comitato, le educatrici e la direttrice della sezione si è subito instaurata una fiduciosa collaborazione.Il primo incontro con i detenuti è avvenuto nel Natale del 2014. Ci colpì, entrando, l’ordine della polizia penitenziaria di lasciare tutto prima di varcare la soglia del cancello: si riferivano agli oggetti personali, per motivi di sicurezza. Ma per noi suonò come un richiamo simbolico, come una spinta a lasciarci dietro tutti i pregiudizi.I detenuti erano increduli che tanti giovani potessero spendere un sabato mattina lì per loro. Da quella festa è iniziato un percorso più che di volontariato, di rapporto vero e profondo costruito con i detenuti stessi. Qualcuno, sentendoci parlare di ciò che facevamo, ci diceva che ci voleva un grande coraggio. Per noi, invece, si trattava di avere fiducia nell’altro, anche se ha commesso un crimine; speranza che si può cambiare e ricominciare. Ricordiamo la gioia di quel detenuto felice di poter investire i suoi talenti in qualcosa di legale, pur non traendone profitto, come accadeva invece con le attività illecite. Per lui che non ha figli, lavorare per i bambini, lo faceva sentire pieno e soddisfatto. L’anno scorso ci siamo incontrati con i detenuti del comitato, per progettare un nuovo evento. Una loro lettera di ringraziamento ha confermato l’entusiasmo e la gioia di quell’incontro, in cui abbiamo potuto sederci insieme, come se non fossimo in una stanza interna alle mura di un carcere. E anche fare merenda insieme, sì, perché ci hanno accolto calorosamente, come si fa con dei vecchi amici. Ormai ci chiamano “i ragazzi del comitato esterno”. In quell’occasione si sono aperti raccontando gli effetti concreti della detenzione sulla vita quotidiana. Ad esempio, ci dicevano che chi è in carcere non riesce più a mettere a fuoco lo sfondo; gli occhi devono riacquistare la capacità di guardare lontano, avendo perso l’abitudine a guardare l’orizzonte. Uno di loro ci ha salutato con un messaggio:“Ai giovani dico di continuare a dedicarsi a queste attività, perché spesso chi sta dentro ha bisogno solo di vedere che dall’esterno c’è un interesse verso i nostri problemi, per avere una seconda possibilità. Spesso il carcere taglia i ponti e l’abbandono crea dei mostri. Per questo da parte mia vi ringrazio”.Nel marzo scorso, per la festa del papà, abbiamo organizzato dei giochi e attività con cui abbiamo animato mattinate o pomeriggi. Mezze giornate così semplici, hanno permesso a quelle famiglie, solitamente divise, di vivere dei bei momenti insieme; e a quei bambini di conservare dei bei ricordi nell’ambito dei rapporti tanto delicati e difficili con i loro papà. Alcuni dei nostri amici erano presenti alla visita che Papa Francesco ha fatto al carcere il Giovedì Santo dello scorso anno, hanno partecipato alla celebrazione della S. Messa e ci hanno raccontato dell’emozione vissuta. È stato per loro un momento prezioso. «Il carcere – ci dicono spesso –, toglie le emozioni oltre che la libertà». Ma in questo tempo forse qualcosa è cambiato: c’è la gioia di incontrarsi e di collaborare senza pregiudizi. In loro abbiamo scoperto il volto di Gesù prigioniero, di Gesù emarginato. Ogni volta, andando via dal carcere di Rebibbia, sentiamo di aver imparato il coraggio di voler cambiare, di ammettere i propri sbagli, di ricominciare. Sperimentiamo l’amore personale di Dio e della sua immensa Misericordia». (altro…)
15 maggio: festa di accoglienza alla “Mariapoli Piero”
17-20 maggio: partecipazione in vari momenti alla Scuola per l’Inculturazione
21-22 maggio: partecipazione all’incontro pan-africano delle Famiglie Nuove
25 maggio: saluto al consiglio accademico della CUEA (Catholic University of Eastern Africa)
27 maggio: intervento alla conferenza organizzata dall‘International Ecumenical Movement-Kenya
28-29 maggio: incontro con la comunità del Movimento dei Focolari in Kenya, e una rappresentanza da Burundi, Rwanda, Uganda, Tanzania – inaugurazione della Chiesa “Maria della Luce”
Nell’Anno della Misericordia, le Consacrate che aderiscono al Movimento dei Focolari indicono una settimana di esercizi spirituali nella cittadella di Loppiano, al Centro di spiritualità “Casa Emmaus”. «Le Consacrate avranno anche la possibilità di approfondire il proprio carisma alla luce della spiritualità dell’unità – dichiara la responsabile, suor Antonia Moioli – e in questo contesto potranno vivere la reciprocità dei carismi, crescendo dell’essere costruttrici di ponti verso tutti coloro che incontrano». Dépliant invito(altro…)
Lucetta Scaraffia e Giulia Galeotti dialogano con la storica Anna Foa e don Sergio Massironi della diocesi di Milano. Introduce e coordina: Andrea Possieri, storico – Università di Perugia. All’Independents’ corner (Pad.1) – ore 11. La Chiesa è una istituzione maschilista?Le donne nei Paesi cattolici si sono veramente emancipate più tardi (sempre che si siano emancipate davvero)? Come si è evoluto nel tempo il rapporto tra la Chiesa e il mondo femminile? Le sante sono così docili e remissive, lontane dal nostro quotidiano, come l’iconografia cristiana le rappresenta? Quale è stata la vera novità prodotta dalla rivoluzione sessuale? Il pontificato di Francesco riuscirà a valorizzare e a dare più spazio alla presenza femminile? Domande provocanti, forse impertinenti, alle quali Lucetta Scaraffia e Giulia Galeotti – autrici del libro “La Chiesa delle donne” (Città Nuova) – proveranno a rispondere in dialogo con la storica Anna Foa e don Sergio Massironi. Per una riflessione seria e schietta sull’universo femminile in Occidente e in Italia, in particolare. Città Nuova editrice è presente al Salone del Libro 2016 – Pad. 3 stand R76
«Rassegnazione e stanchezza non appartengono all’anima dell’Europa; le difficoltà possono diventare promotrici potenti di unità», ha affermato papa Francesco alla consegna del Premio Carlo Magno avvenuta lo scorso 6 maggio. Se per buona parte degli europei il 9 maggio significa celebrare l’integrazione, l’unità e la pace in Europa nella ricorrenza della dichiarazione di Schuman del 9 maggio 1950, all’origine dell’Unione europea, per altri invece segna l’avvio del periodo di privazione di diritti sotto l’Unione Sovietica, iniziato con la dichiarazione di vittoria di Stalin sulla Germania il 9 maggio 1945. Questa la storia con cui il processo innovatore di integrazione osato dall’Europa deve confrontarsi ancora oggi, dopo sessant’anni. Ed è sulle contraddizioni insite in questi paradigmi culturali e sociali che attraversano i popoli dell’Europa, che nell’attuale contesto di crisi si pone la domanda: è ancora valida e attuale l’esperienza europea? Gli europei vogliono ancora stare insieme? Per Pasquale Ferrara, diplomatico, studioso e docente di Relazioni Internazionali e di Diplomazia, «la visione europea dell’integrazione, cioè mettere insieme non tanto le sovranità ma le volontà politiche di diversi paesi per governare congiuntamente fenomeni che sfuggono al controllo dei singoli stati, rimane una grande intuizione». Attraverso l’integrazione «l’Europa dimostra che il multilateralismo può avere ancora oggi un valore aggiunto se non è più lo stato il centro dell’attenzione, ma la funzione politica che esso svolge, vale a dire rispondere ai bisogni dei cittadini in un mondo globale e transnazionale».
«Un’Europa capace di stare insieme e di riscoprire in questo modo cosa può fare di più e di meglio per il mondo». Così Maria Voce riassume la prospettiva del Movimento dei Focolari nel prendere parte ai processi in corso in Europa. Un esempio di questo impegno è “Insieme per l’Europa”, nel quale convergono oltre 300 Comunità e Movimenti di chiese cristiane, una rete che agisce con obiettivi condivisi in funzione del continente, promuovendo una cultura di reciprocità attraverso cui singoli e popoli possono accogliersi, conoscersi, riconciliarsi, sostenersi vicendevolmente. «“Insieme per l’Europa” non è fine a sé stessa, ma ha una natura squisitamente politica, nel senso più nobile del termine: si adopera per il bene di questo pezzo di umanità che è l’Europa, allo scopo di ravvivarne le radici e consapevole di dare anche un contributo al resto del mondo».
Dal 30 giugno al 2 luglio 2016 “Insieme per l’Europa” promuove a Monaco, Germania, un evento europeo di riflessione e di azione. Per due giorni, 36 tavole rotonde e forum permetteranno lo scambio di esperienze e di prospettive su altrettante tematiche riguardanti l’Europa. L’evento avrà la sua conclusione con una manifestazione pubblica in piazza il terzo giorno. Papa Francesco e il Patriarca ecumenico Bartolomeo I saranno presenti attraverso videomessaggi personali. Jean-Claude Junker, presidente della Commissione europea, e Thorbjørn Jagland, segretario generale del Consiglio d’Europa, hanno accordato il loro patrocinio (http://www.together4europe.org/). «Nel momento in cui c’è più bisogno di Europa, meno l’Europa si mostra all’altezza di queste sfide», sostiene Ferrara in riferimento alla mancanza oggi di figure politiche con una visione di ampio respiro. E conclude: «Ma forse guardiamo nella direzione sbagliata? Forse pensiamo che ci vogliano uno o più leader politici e invece dobbiamo fare più calcolo della società civile, puntando di più sui giovani e sulla loro creatività sociale e politica, sulla loro capacità di immaginare il “Vecchio” continente come un continente “nuovo”». Fonte: Comunicato stampa Servizio Informazione Focolari(altro…)
Era l’estate del 2013, e dalla condivisione tra un gruppo di ragazzi di Roma nasce l’idea di fare qualcosa per frenare il proliferare del gioco d’azzardo. Sempre più capitava di vedere anziani e giovani incollati davanti alle slot machine, presenti in moltissimi bar. Negli ultimi anni, nonostante la crisi economica, l’offerta e il consumo di azzardo in Italia sono cresciuti vertiginosamente: gli italiani spendono 85 mld all’anno e le slot macchine di ultima generazione sono più di 50.000, gli “azzardopatici” stimati sono circa 800.000. Vediamo come l’azzardo stia devastando le nostre città, impoverendo il tessuto sociale, creando solitudine e isolamento. A guidare l’esponente crescita dell’offerta di azzardo c’è una visione dell’economia in cui importa il solo profitto delle multinazionali del settore, con il consenso da uno stato che vede in esso la possibilità di guadagnare. Davanti a questo scenario desolante quel gruppo di ragazzi romani si è domandato cosa poter fare… e da lì è nata l’idea di premiare quei baristi che hanno scelto di non avere l’azzardo nel proprio locale, andando a fare colazione in massa nei loro bar: facendo quindi uno Slotmob. Inizialmente si pensava di proporlo a Roma e Milano, ma l’idea semplice e concreta ha affascinato diverse persone dal nord al sud della penisola. In questi due anni e mezzo sono stati realizzati 120 slotmob, che hanno visto la partecipazione di più di 10.000 persone, mettendo in rete più di 200 associazioni. Si sono creati così rapporti tra realtà molto diverse tra loro, creando spazi di incontro e conoscenza, ritessendo quel legame sociale che l’azzardo aveva disgregato. «A Roma abbiamo concentrato le nostre forze su una zona soprannominata la “Las Vegas” di Italia – racconta Maria Chiara –. In poco tempo si è creata una rete che coinvolge 7 associazioni locali, che si occupano di azzardo sotto diversi profili. È nato un rapporto sincero, non privo delle difficoltà dal lavorare insieme. Così è partito il progetto “Non Azzardiamoci”, che vede coinvolte alcune scuole della città. Parlare con i ragazzi del potere delle nostre scelte e di come possiamo cambiare una realtà ingiusta a partire da noi, non è affatto facile; ma è davvero importante costruire un mondo più giusto e coinvolgere i giovani in questo processo di cambiamento».«Nell’esperienza Slotmob – continua – stiamo incontrando tante persone, tante storie, che ci fanno capire quanto l’azzardo sia una ferita aperta nella nostra società. Durante uno di questi slotmob, un signore che ci aveva aiutato ad organizzare i giochi con i ragazzi, prende il microfono e ci racconta la sua esperienza in quanto assiduo consumatore di azzardo. Ci dice:“La mia vita è fatta di luci ed ombre e quello che mi spinge a giocare d’azzardo è la solitudine, ma oggi che vedo tutti voi qui non mi sento più solo. Quindi mi impegno a non giocare più d’azzardo e se mi doveste trovare davanti ad una slot machine, siete autorizzati a riprendermi ricordandomi questa promessa che vi faccio oggi”».«Se guardiamo indietro – conclude Maria Chiara – abbiamo raggiunto risultati impensabili: sono state bloccate due leggi che avrebbero ridotto i poteri dei sindaci nella limitazione dell’azzardo; abbiamo ottenuto il divieto parziale di pubblicità in televisione ed una maggiore attenzione dei media sull’argomento. Siamo consapevoli che la strada è ancora lunga, vogliamo che la pubblicità dell’azzardo sia vietata totalmente e vogliamo che si rimetta in discussione la possibilità di affidare la gestione dell’azzardo alle multinazionali. Per queste ragioni il 7 maggio saremo in più di 40 piazze in tutta Italia, per ribadire il nostro Sì ad un’economia diversa, premiando quei bar che hanno detto no all’azzardo». (altro…)
«Carissimi Giovani per un mondo unito, so che è desiderato un mio messaggio che concorra anch’esso alla riuscita della Settimana mondo unito. Quale l’argomento che desidero trattare? Non posso sceglierne uno migliore di questo: la vostra finalità: il mondo unito. Ma, possiamo parlare di mondo unito? E’ prevedibile un mondo unito, cosicché l’attenzione, che vi possiamo dare e le forze, che vi spendiamo, possano concorrere a raggiungere veramente un giorno tale obiettivo? O è utopia la nostra, irrealizzabile e fantasiosa, come qualcuno può pensare? Viviamo in un tempo in cui segnali indicatori di una direzione del mondo verso questo obiettivo non mancano. Anzitutto la convinzione che l’unità è un segno dei tempi. E ciò vuol dire che coloro che hanno particolari attitudini e competenze per scrutare il tempo in cui viviamo dicono che nel mondo si sta andando verso l’unità. Ne ho parlato io stessa più volte, e forse qualcuno lo ricorda, ma esaminandone soprattutto l’aspetto religioso. La tensione però all’unità, in questo tempo, non è solo in tale campo, è anche in quello politico. A parte l’ONU cui convergono quasi tutti gli Stati del mondo, vi è in Africa, ad esempio, l’Organizzazione Unione Africana e cioè l’organizzazione di tutti i Paesi africani. In Asia vi sono varie associazioni di stati come: l’Organizzazione della Conferenza Islamica che comprende 53 paesi musulmani; e l’Associazione Economica Sud-Est Asiatico; e altre. In America ricordiamo l’Organizzazione degli Stati Americani (del Nord, Centro e Sud America), e il Sistema Economico Latino-Americano. In Europa la Comunità Economica Europea Centrale che comprende anche i Paesi dell’Est, e l’Unione Europea. C’è inoltre su questo tema il pensiero di molti saggi del mondo, di culture diverse; sarebbe bene conoscerlo. Ma qui in Brasile, da dove vi faccio questo messaggio, non ho la possibilità di averli sottomano. Trovo solo qualche pensiero degli ultimi Pontefici che, perché persone sante, oltreché autorevoli, dicono cose che possono interessare tutti nel mondo. Sia Pio XII che Giovanni XXIII che Paolo VI hanno pensieri simili a questi. Paolo VI, nella Populorum Progressio, dice: “… chi non vede la necessità di arrivare progressivamente a instaurare un’autorità mondiale in grado d’agire efficacemente sul piano giuridico e politico?” Il Papa attuale così si è espresso nel nostro Genfest ’90: “Davvero questa sembra la prospettiva che emerge dai molteplici segni del tempo: la prospettiva di un mondo unito. E’ la grande attesa degli uomini di oggi, la speranza e, nello stesso tempo, la grande sfida del futuro. Ci accorgiamo che verso l’unità si sta procedendo sotto la spinta di un’eccezionale accelerazione”. Carissimi giovani, voi aspirate, voi lavorate per un mondo unito. E che cosa fate? Attività, che possono anche apparire piccole e sproporzionate, anche se significative nell’intenzione, di fronte all’obiettivo che vi siete proposti. Forse, quando sarete più avanti nell’età, qualcuno di voi potrà pure lavorare direttamente nei vari organismi orientati al mondo unito. Ma penso che – se tutto ciò sarà utilissimo – non sarà né questo né quello che vi contribuirà in modo decisivo. Sarà piuttosto offrire al mondo, in questo processo verso l’unità che lo investe, un’anima. E quest’anima è l’amore. Dovete scatenare attorno a voi, in tutti i Paesi in cui vivete, la rivoluzione dell’amore. Oggi non è più sufficiente fare della beneficenza o dell’assistenza, anche se attraverso essa si dà per amore. Oggi occorre “essere l’amore” e cioè sentire con l’altro, vivere l’altro, gli altri e puntare all’unità secondo la nostra spiritualità di fuoco, ormai accesa qua e là, anche per opera vostra, in tutto il pianeta. Lo affermava ancora Giovanni Paolo II, sempre al Genfest ’90: “Siate consapevoli – e ve lo ripeto – che la via verso un mondo unito… è fondata sulla costruzione di rapporti solidali e la solidarietà ha la sua radice nella carità” (nell’amore). Costruire, dunque, rapporti di unità che hanno la loro radice nell’amore.E dovete vivere questo amore anzitutto fra di voi. E così arrivare a realizzarlo con molti, molti, in ogni luogo che frequentate: fra il popolo, ad esempio, fra coloro che ne regolano i destini, nelle istituzioni, nelle organizzazioni piccole e grandi del mondo… Dovunque. Allora sì che le intenzioni di chi le ha messe in piedi, raggiungeranno lo scopo. E si lavorerà veramente per un mondo unito. Coraggio, allora, giovani per un mondo unito. Seguite il più affascinante e splendido ideale che ci può essere sulla terra. E non siete soli! Lo sapete voi, che vi onorate del nome di cristiani, perché, se così agite, Cristo è fra voi. Lo sapete voi tutti, di ogni pensiero e credo, che l’unità fa la forza. E allora avanti: cominciate o continuate, con l’entusiasmo che vi caratterizza, con la determinazione che non vi manca. Io, noi tutti, siamo con voi… per la vittoria finale.Quando Dio vorrà. Ma chi raccoglierà, se non c’è chi semina? A voi questo compito, nell’attuale momento della storia, che, in fondo, fa intravedere non lontano il fine per cui vivete». Chiara Lubich(altro…)
Dal confine tra Messico e Stati Uniti a quello tra Ungheria e Austria, dove si sono alzati muri di protezione e passare dall’altra parte, nella speranza di un futuro possibile, a volte significa anche perdere la vita. Si chiama Run4unity e ad animarla domenica 8 maggio saranno centinaia di migliaia di ragazzi legati al Movimento dei Focolari: ad ogni latitudine, dalle 11 alle 12, si farà un percorso correndo a piedi, in bici, con i roller, in barca. A conclusione un time-out, un minuto di silenzio o di preghiera per la pace. In Messico i “Ragazzi per l’unità” hanno scelto di correre a Mexicali, a 3.500 chilometri di distanza da Città del Messico, al confine con gli Stati Uniti. Correranno lungo il muro che divide questi due popoli, in ricordo anche di tutti coloro che hanno perso la vita tentando di superare la frontiera e ritrovandosi in una zona totalmente desertica. L’iniziativa vede il coinvolgimento di 10 scuole per una partecipazione di 1.500 ragazzi. A sostenerla c’è una equipe di 8 insegnanti di educazione fisica, coordinati dall’ispettrice scolastica della zona, che hanno inserito la staffetta nel programma didattico. Un salto d’oceano e ai ragazzi di Mexicali hanno risposto i loro “amici” ungheresi che già domenica 1° maggio hanno corso a Sopron, al confine con l’Austria e la Slovacchia. La città è entrata lo scorso anno nelle cronache internazionali perché meta dei migranti che in treno da Budapest tentavano disperatamente di entrare in Austria. La staffetta qui si è realizzata con la partecipazione di giovani rifugiati afghani di un campo profughi. Nelle edizioni precedenti, Run4Unity ha visto la partecipazione di oltre 100mila adolescenti. Dalle isole Wallis e Fotuna nell’Oceano Pacifico al Cairo, il testimone passa di fuso orario in fuso orario per dare il via ad eventi sportivi, azioni di solidarietà ed esperienze di cittadinanza attiva in luoghi nei quali prevalgono solitudine, povertà, emarginazione. A Bari (Italia), l’iniziativa si svolgerà nell’Istituto penale minorile Fornelli con un quadrangolare di calcio mentre in un’altra città i ragazzi hanno scelto di andare nel Centro di prima accoglienza immigrati richiedenti asilo. La loro “bandiera” ovunque si troveranno a correre porterà scritta una “Regola d’oro”:“Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te, e non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”. Si tratta – spiegano – di un principio etico di comportamento umano presente in quasi tutte le culture e religioni. Dall’ebraismo all’Islam, fino alle più antiche tradizioni africane. Se il mondo domenica si fermasse e si consegnasse nelle mani di questi ragazzi, forse molte paure cadrebbero, le tensioni si allenterebbero, molte lacrime si asciugherebbero e un arcobaleno di pace attraverserebbe il mondo. Ma ovviamente un’ora sola per realizzare questo “sogno” non basta. E il mondo da domenica ricomincerà a girare su se stesso come sempre. Ma loro no, questi ragazzi rimarranno ed hanno imparato a guardare la vita in maniera diversa. Ma soprattutto hanno l’età del futuro e sono già capaci di inseguirlo andando nei luoghi dove l’umanità si imbatte con le grandi sfide della storia e lavorando per un mondo dove tutti gli uomini si scoprano semplicemente fratelli. Forse vale la pena ascoltarli. Fonte: SIR(altro…)
«Io dov’ero?», cantava il Gen Verde sul palco del Primo maggio di Loppiano, nel brano “Chi piange per te”, ispirato alla tragedia dei migranti. Domanda risuonata potente tra i 1.200 partecipanti alla giornata di festa, certamente, ma anche di impegno per l’umanità che soffre. I ragazzi di Loppiano hanno quello sguardo che parte da loro stessi – come recita il sottotitolo “Inizia dove sei” – ma che raggiunge terre e popoli lontani, con una preferenza per quelli che sono piegati dalla sofferenza. C’è Aleppo, con l’escalation di bombe e morte che da 10 giorni la devasta; ci sono le popolazioni terremotate dell’Ecuador che domandano vita e ritorno alla normalità, ma c’è anche il variegato arcipelago di associazioni e iniziative che in Italia operano sul fronte dell’integrazione. “Scopo di questa giornata – spiegano i Giovani per un Mondo Unito, gli organizzatori, – era fare il punto, scambiarsi idee, progettare questa corrente – il “flow”, dal titolo – che rappresenta il mosaico d’iniziative che si snoda per tutto lo stivale sotto il segno dell’accoglienza, della legalità, della politica vissuta come servizio, della cura dell’ambiente e molto di più. In una parola, della fraternità”. «E noi, cosa stiamo facendo per fermare la guerra?», si sono chiesti questi ragazzi arrivati a Loppiano un po’ da tutt’Italia. Tarek e Lubna sono rispettivamente di Aleppo e Amman. Ad Aleppo la situazione è gravissima. «Da quando le bombe hanno ripreso a cadere a pioggia, sono tantissimi i gesti di solidarietà fra la gente – racconta Tarek. Questo rivela le qualità del mio popolo, che non si arrende, ma è ferito nella sua dignità. Diciamo a voce alta basta alla guerra e chiediamo con fede il dono della pace». «In Giordania abbiamo 3 milioni di profughi, la metà siriani – spiega Lubna – . Quando arrivano hanno occhi spenti, la speranza è morta. Noi cerchiamo di condividere la vita di paura che hanno affrontato fino a quel momento, dando loro ciò di cui hanno più bisogno amore e senso di famiglia». Poi, in un messaggio-video Wa’el Suleiman, direttore della Caritas giordana, rivolge un accorato appello ai giovani italiani ed europei: «Lavorate con noi per fermare la guerra, venite in Medio Oriente e aiutateci a ricostruire i nostri Paesi, affinché la gente non debba più fuggire, emigrare. Noi vogliamo vivere nelle nostre terre». Nahomy e Maria sono entrambe di origine ecuadoriana, ma una vive in Italia, mentre l’altra è a Loppiano per alcuni mesi. Raccontano della straordinaria forza del loro popolo: «La sofferenza di chi non aveva più niente era diventata di tutti, a tal punto che il Paese si è messo a fare ciò che poteva. I prigionieri dentro al carcere si sono messi a costruire bare in legno, persone di diversi schieramenti politici hanno fatto squadra, i cuochi sono diventati degli eroi che cucinavano un piatto caldo per tutti, i poveri hanno condiviso anche il poco che avevano». È chiaro che i ragazzi del Primo Maggio hanno davanti agli occhi il mondo, lo si vede dal loro sguardo proiettato oltre l’orizzonte personale, sempre e comunque. Anche le relazioni familiari, oggi profondamente compromesse dalla fluidità del concetto stesso di famiglia, vengono affrontate con una testimonianza potente e per molti versi spiazzante: quella di una famiglia che ha riaccolto a casa il padre, dopo anni di abbandono e separazione. Alla domanda su quale consiglio darebbe a chi si trova in situazioni simili, uno dei figli risponde: «Ai genitori direi di non mettere mai noi figli contro l’uno o l’altro genitore e ai figli: di amare i genitori qualunque cosa facciano, perché anche loro hanno bisogno del nostro amore». Balli, canzoni e tanta musica hanno fatto da cornice a queste storie di giovani che hanno deciso di prendere parte attiva nella costruzione di un mondo presente e futuro che vogliono diverso. «Sono stanco di scontri e contrapposizioni in politica come nella vita di tutti i giorni – scrive un ragazzo sul grande wall, il muro sul quale chi vuole può “lasciare” quella parte di sé che ostacola il fluire della corrente di fraternità –. Le uniche cose che m’interessano e per cui voglio vivere sono quelle che ci mettono insieme, non quelle che ci dividono». E a proposito di politica, Cristina Guarda, venticinquenne consigliera regionale veneta, racconta così le motivazioni che l’hanno spinta ad entrare nell’arena politica: «Sono sempre stata convinta che la politica è quella che noi costruiamo quando ci mettiamo a servizio del nostro prossimo. Sentivo che era arrivato il momento di mettermi in gioco». Un punto di vista quanto meno alternativo, stando allo scenario a cui la politica dei palazzi ci ha abituati, ma che ha riscosso applausi scroscianti dai ragazzi del Primo Maggio: chi ha orecchi, intenda! Sul grande schermo, una frase di Chiara Lubich introduce bene la tavola rotonda che conclude la mattinata: «Se volete trasformare una città, cominciate a unirvi con chi ha il vostro stesso ideale. Insieme cercate i più poveri, gli abbandonati, gli orfani, i carcerati, quelli che sono messi ai margini, e date, date sempre: una parola, un sorriso, il vostro tempo, i vostri beni….». Parte subito dopo una sventagliata di idee-progetti dei Giovani per un Mondo Unito in Italia: a Torino in un piccolo dormitorio, a Firenze con un gruppo di persone “diversamente libere”, i detenuti del carcere Gozzini; a Siracusa con il Summer Campus che si svolgerà anche la prossima estate e che prevede attività di sostegno e animazioni con bambini e ragazzi in difficoltà; a Napoli e Caserta dove il progetto “Officine di Fraternità” ha coinvolto centinaia di ragazzi delle periferie a rischio e si è concluso con workshop e concerto del Gen Rosso. Il pomeriggio prosegue all’aperto con la Expo dello United World Project su disarmo, ambiente, economia di comunione, arte, cultura con l’Istituto Universitario Sophia, Slotmob-contro il gioco d’azzardo, dialogo interculturale e interreligioso, ecc. La giornata si conclude con la “FlowRun”: una corsa a tappe che culmina in un’esplosione di festa, musica e colori quasi a dimostrare che entusiasmo e gioia sono imprescindibili per chiunque voglia contagiare altri nell’avventura di un mondo “per” e non “contro”. Fonte: Servizio Informazione Focolari LoppianoFoto su Flickr:(altro…)
Le grandi tele di Michel Pochet, appese come arazzi negli ampi spazi della Pieve, sono una “meditazione – si legge nell’invito – sullo splendore della verità e del bene”. Con segni decisi, colori pieni e ricorrenti chiavi simboliche, Pochet presenta un’icona moderna del volto di Dio Misericordia, un Dio che piange, quasi una trasposizione delle parole con cui Papa Francesco ha spiegato la partecipazione dell’Eterno alla vita dell’uomo: “In quelle lacrime è tutto l’amore di Dio”. Il tema della mostra ha suggerito agli organizzatori l’idea di preparare l’esposizione portando in anteprima alcuni lavori dell’artista in luoghi simbolici di Brescia collegandoli alle opere di misericordia. E così, fino al giorno dell’inaugurazione nella Pieve (sabato 7 maggio alle ore 17), il messaggio di Pochet interroga e accompagna chi si trova a frequentare il Tribunale (Perdonare le offese), la sala consiliare di Palazzo Loggia (Sopportare pazientemente le persone moleste), l’Hospice Domus Salutis (Consolare gli afflitti), la Mensa Menni per i senza fissa dimora (Dar da mangiare agli affamati), le carceri di Canton Mombello e di Verziano (Visitare i carcerati), la Poliambulanza (Visitare gli infermi), lo spaccio del riuso a servizio dei poveri di Mandacaru (Vestire gli ignudi); numerose sono anche le parrocchie della città coinvolte in questo itinerario. La Pieve, insomma, come punto di arrivo di un percorso che attraversa la città, “perché la città dell’uomo – come ha scritto Papa Benedetto XVI – non è promossa solo da rapporti di diritti e di doveri, ma ancor più e ancor prima da relazioni di gratuità, di misericordia e di comunione”. Nato nel 1940 in Provenza, Pochet si è trasferito giovanissimo a Parigi, dove si è diplomato in architettura. Dipinge, scolpisce, scrive poesie, saggi e romanzi, in particolare sul rapporto tra Dio e Bellezza. A Roma ha fondato il “Centro Maria”, un laboratorio artistico internazionale legato al Movimento dei Focolari, dove l’ispirazione è il frutto di una comunione fraterna. Accanto alle grandi tele di Pochet esporranno anche una trentina di artisti bresciani, anch’essi chiamati ad esprimere la loro visione del tema. La mostra rientra nel programma della rassegna Corpus Hominis ed è promossa dall’associazione “Amici della Pieve” e dal Movimento dei Focolari di Brescia. Rimarrà aperta fino al 22 maggio: dal giovedì al sabato dalle 16 alle 19, la domenica dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 19. Depliant-DIO-MISERICORDIA
Sono Lilia e Paul, e parlano a nome dei loro coetanei siriani. Vivono ad Aleppo. Il loro messaggio, rivolto ai Ragazzi per l’Unità dell’Argentina, ha rapidamente fatto il giro del mondo: «Grazie, sentiamo il vostro amore, e che condividete il nostro dolore, anche se siete lontani. Noi, Ragazzi per l’Unità della Siria, viviamo in 3 città: Damasco, Aleppo, Kfarbo (vicino Hama). Siamo 125. Qui ad Aleppo siamo in 25. Eravamo molti di più prima, ma a causa della situazione tanti amici hanno dovuto emigrare». È la storia di Marian, partita per il Belgio. Lei non voleva, perché tutte le sue amiche sono rimaste in Siria, ma ha dovuto seguire la famiglia. «Un momento molto sentito per noi è il Time Out alle ore 12. Cerchiamo di pregare non solo tra noi, ma anche con i nostri parenti e amici. Uno di noi lo ha proposto ad un amico musulmano e così adesso alle 12, ciascuno prega nel suo cuore, secondo la sua religione. Vogliamo proporlo anche a tutti voi, perché giunga la pace non solo in Siria, ma in tutto il mondo. Vi vogliamo bene!». In Libano la Settimana Mondo Unito comincia con la tutela dell’ambiente, con un’azione ecologica di pulizia delle spiagge, insieme a #Recycle Lebanon e agli Scout. Il tema è caro ai Giovani per un Mondo Unito libanesi, che già erano scesi per strada a prendersi cura del proprio Paese, a partire dalla capitale, Beirut. Per continuare con un cineforum e concludere con un weekend dedicato ai senza tetto della città. https://vimeo.com/148093476 A Taiwan, si corre la Run4Unity, nel nord (Taipei), e nel sud (Kaohsiung). A Taipei, ha partecipato anche il vicepresidente. Nel Sud-est asiatico si prepara un appuntamento per giovani provenienti da molti Paesi: Thailandia, Corea, Bolivia, Myanmar, Laos, Cambogia, Malesia, Indonesia e Singapore, mentre a fine mese un appuntamento sportivo coinvolgerà i teenager sotto la bandiera di Run4Unity. Così come si correrà a Manila e a Cebu, nelle Filippine. Numerosi gli appuntamenti in India, che nel 2015 è stato il Paese centrale della Settimana Mondo Unito: a Bangalore un International Food Festival, con oltre 500 giovani, con l’idea di unire le culture attraverso il cibo, e sostenere così le cure mediche di Solomon Ellis, un giovane gravemente ferito in un incidente; a Mumbai, presso la YMCA Chembur, in un quartiere della metropoli, gara di murales ispirati al tema della pace; si svolgerà inoltre la Run4Unity con giochi e una maratona breve. A New Delhi invece, presso Fr Agnel Bal Bhavan a Greater Noida, 300 bambini di un orfanotrofio saranno coinvolti in vari giochi e sport con i messaggi della Regola d’Oro. I bambini appartengono a religioni diverse: indù, cristiani, musulmani e sikh, e provengono da varie parti dell’India e del Nepal, di età compresa tra 5 e 17 anni. È inoltre previsto un collegamento con il Messico l’8 maggio per Run4Unity, perché l’evento sportivo messicano, in un luogo simbolo per la pace, si concluderà proprio nel “Parco Gandhi”. A Lahore, in Pakistan, attività in una scuola tenuta dalle suore di Madre Teresa: erano 120 i bambini coinvolti da un gruppo di ragazze animate dal solo desiderio di portare un po’ di gioia. «All’inizio era difficile creare un rapporto con questi bambini, alla fine però era così bello che non volevamo più andare via. – scrive una di loro –. In questi due giorni sono tanto cambiata». Infine è in preparazione a Medan, Indonesia, un concerto per la pace il prossimo 14 maggio, il cui ricavato sarà destinato ad un Paese in guerra. Per coprire le spese organizzative stanno lavorando da mesi, vendendo succo di frutta, andando a cantare nei ristoranti, cercando sponsorizzazioni. Attraverso canzoni e testimonianze i giovani condivideranno la loro proposta per essere costruttori di pace nel quotidiano. Maria Chiara De Lorenzo(altro…)
«Ho concluso gli studi di Ingegneria Civile nel dipartimento di Scienze Applicate, ma per il momento sono ancora senza lavoro. Il 12 maggio 2015, rientrando da un funerale, ci è stato annunciato che uno zio, fratello di mio padre era appena stato ucciso nella sua casa. Nove giorni più tardi mio padre viene accusato del delitto e arrestato. Per me e tutta la famiglia è stato un grande dolore, anche perché ben sapevamo che nostro padre era innocente. E pensarlo in carcere con una simile accusa ci dava una grande angoscia. Ho condiviso questo mio dolore con la comunità del Focolare e questo mi ha davvero aiutato a non sentirmi sola in questa assurda situazione. La comunità mi ha anche aiutata a trovare un buon avvocato che ha preso a cuore la situazione presso le autorità competenti. La giustizia ha fatto il suo corso e un mese più tardi mio padre è stato liberato. È stata una grande gioia per noi e la situazione è ritornata alla normalità. Ma nel pomeriggio di Natale, mentre stavano rientrando a casa, un giovane ha colpito mio padre in testa ripetutamente con una pietra, ferendolo a morte. Contemporaneamente, altri due ragazzi hanno preso e legato mia madre, ma, grazie a Dio, l’hanno lasciata in vita. Un bambino che pascolava le capre in quei paraggi è corso a darci la notizia. Era difficile per noi credergli, ma ugualmente con i miei fratelli siamo andati a vedere cosa fosse accaduto. Trovandolo agonizzante, abbiamo subito portato nostro padre in un presidio della Croce Rossa dove, però, poco dopo è deceduto. La mattina successiva, mia madre è andata al posto di Polizia dove ha denunciato quei ragazzi che aveva riconosciuto. Così sono stati arrestati. Da quel giorno però, da parte dei loro genitori sono iniziate le minacce: se lei non li avesse fatto liberare, io e i miei fratelli saremmo stati uccisi. Mia madre ha subito esposto denuncia al tribunale residenziale, ma, nonostante ciò, dopo tre settimane quei ragazzi erano liberi! Come se non bastasse i loro genitori hanno diffuso la notizia di aver dato dei soldi a mia madre affinché ritirasse la denuncia. Naturalmente questa era pura menzogna. Sconvolti dal dolore per la perdita del papà e oppressi per quanto ci stava accadendo, mia madre e noi figli eravamo in preda alla paura e pieni di interrogativi. Non sapevamo come regolarci. Un giorno sono andata in Focolare. Ascoltando un discorso di Chiara Lubich, mi ha colpito una frase : «L’amore è la chiave dell’unità, la soluzione a tutti i problemi». Sono rientrata a casa più sollevata. La sera stessa ho sentito che Dio mi domandava di perdonare gli assassini di mio padre e di aiutare la mia famiglia a fare lo stesso. Ho condiviso questo pensiero con mia madre e anche lei è riuscita col tempo a perdonarli. Così pure i miei fratelli e sorelle. Ora in noi regna la pace. Insieme preghiamo per le persone che direttamente o indirettamente hanno ucciso mio padre, affinché sia Dio stesso a convertirle. Da soli non saremmo riusciti a farlo. Ad aiutarci sono state le preghiere della comunità che tuttora continua a sostenerci affinché riusciamo a vedere queste persone, ogni giorno, con occhi nuovi ».
Quando si è scelto l’Ecuador come sede centrale della Settimana Mondo Unito 2016 (SMU) non ci si poteva immaginare che il 16 aprile il paese sudamericano avrebbe subito uno dei più gravi terremoti degli ultimi anni: 660 morti, 4600 feriti, 22mila sfollati. «Sono stati attimi davvero terribili – ricorda Herminia, una Giovane per un Mondo Unito ecuadoriana –. Al momento, sono migliaia le famiglie senza una casa, ma la solidarietà di tutto il mondo ci ha commosso e non ci ha fatto sentire soli!». In questo contesto di emergenza umanitaria, le azioni della Settimana Mondo Unito prendono una nuova rotta: «Pensavamo di non fare più il Festival per la Pace (previsto per il sabato 7 maggio), ma abbiamo capito insieme che dobbiamo andare avanti, essere fonti di luce, risposta a chi vive il dolore. Tanti si sentono frustrati per non poter far nulla; diamo loro la possibilità di aiutare», scrivono i giovani dei Focolari, che hanno deciso di raddoppiare la scommessa: «Avevamo scelto di evidenziare la fraternità, ed è questo che il nostro popolo sta testimoniando. Vorremmo fare in modo che questo sia lo stile di vita non solo nelle emergenze, ma sempre». Il Festival per la Pace del 7 maggio a Quito ha un titolo “La solidarietà è una via alla pace”: condivisione di esperienze, espressioni artistiche, e anche raccolta fondi per la ricostruzione. «Vogliamo trasmettere alla nostra gente il messaggio che abbiamo una sola vita e dobbiamo spenderla bene». Sulla pagina Facebook dei Giovani per un Mondo Unito dell’Ecuador è possibile postare un video saluto che testimoni la fraternità e sia motivo di speranza. L’evento ormai è entrato nel vivo, con la presenza di circa 300 giovani dal Sud America e 60 da altre nazioni: dall’Italia alla Corea, dal Burundi alle Filippine. L’esperienza in corso non è quella di un viaggio turistico, ma un viaggio nella “relazione”: con sé stessi, con gli altri, con la natura, col trascendente. Un’occasione per conoscere dal di dentro le tante culture che compongono l’Ecuador di oggi. Un tuffo nella storia precolombiana di Quito e delle comunità andine, prepara i giovani presenti a cominciare la scuola itinerante, con l’aiuto del popolo Kitukara (figli del sole retto), una delle comunità indigene più antiche dell’Ecuador, riconosciuto ufficialmente nel 2003, del quale attualmente fanno parte 9.000 famiglie. «Il cuore pulsante della nostra tradizione è il rispetto con la Madre Terra», spiega Sami, così come forte è il senso di comunità: «Quando qualcuno arriva, viene accolto come se facesse parte da sempre della nostra famiglia. Perché accogliendo gli altri, si accoglie sé stessi». E 1200 sono i chilometri percorsi (dal 1° al 6 maggio) nelle due rotte del viaggio. Ad ogni tappa, verrà scoperta una ricchezza, una caratteristica, un dono particolare. Dalla Sierra alla Costa: a Esmeraldas, con la comunità ancestrale dei Chachis, l’origine della musica e del ballo del popolo Afroesmeraldeño; a Otavalo con le comunità di Agato e Gualapuro, si conoscerà l’arte del dare secondo la loro antica filosofia di vita. Dalla Sierra, all’Oriente, fino ad arrivare all’Amazzonia. A Puyo, prima tappa di questa rotta, la comunità indigena degli Shiwacocha, ha atteso i giovani per ore, accogliendoli con danze, canti, e… dando a ciascuno un nome Kichwa. È un momento che dice incontro tra culture: da adesso in poi la comunità fa festa ogni volta che viene pronunciato solennemente il nuovo nome. Si apprende il grande senso di responsabilità nei confronti del creato, l’attenzione agli spazi per l’ascolto dell’altro. La rotta prosegue con Tungurahua, dove leader giovanili di Kisapincha mostreranno il valore del lavoro in equipe delle “MINGAS” e insegneranno a comunicare con la natura, e Bolivar, dove alle Saline di Guardanda, i giovani saranno testimoni del frutto del lavoro e della cooperazione tra diversi gruppi in vista di un modello economico di sviluppo più rispettoso della natura e dei produttori. Sei giorni di un vero scambio di doni tra culture: l’esperienza fatta verrà offerta nel Festival per la Pace, il 7 maggio, come testimonianza della ricchezza della vita in armonia tra le diverse culture. (altro…)
«Io dov’ero?», cantava il Gen Verde sul palco del Primo maggio di Loppiano, nel brano “Chi piange per te”, ispirato alla tragedia dei migranti. Domanda risuonata potente tra i 1.200 partecipanti alla giornata di festa, certamente, ma anche di impegno per l’umanità che soffre. I ragazzi di Loppiano hanno quello sguardo che parte da loro stessi – come recita il sottotitolo “Inizia dove sei” – ma che raggiunge terre e popoli lontani, con una preferenza per quelli che sono piegati dalla sofferenza. C’è Aleppo, con l’escalation di bombe e morte che da 10 giorni la devasta; ci sono le popolazioni terremotate dell’Ecuador che domandano vita e ritorno alla normalità, ma c’è anche il variegato arcipelago di associazioni e iniziative che in Italia operano sul fronte dell’integrazione. “Scopo di questa giornata – spiegano i Giovani per un Mondo Unito, gli organizzatori, – era fare il punto, scambiarsi idee, progettare questa corrente – il “flow”, dal titolo – che rappresenta il mosaico d’iniziative che si snoda per tutto lo stivale sotto il segno dell’accoglienza, della legalità, della politica vissuta come servizio, della cura dell’ambiente e molto di più. In una parola, della fraternità”. «E noi, cosa stiamo facendo per fermare la guerra?», si sono chiesti questi ragazzi arrivati a Loppiano un po’ da tutt’Italia. Tarek e Lubna sono rispettivamente di Aleppo e Amman. Ad Aleppo la situazione è gravissima. «Da quando le bombe hanno ripreso a cadere a pioggia, sono tantissimi i gesti di solidarietà fra la gente – racconta Tarek. Questo rivela le qualità del mio popolo, che non si arrende, ma è ferito nella sua dignità. Diciamo a voce alta basta alla guerra e chiediamo con fede il dono della pace». «In Giordania abbiamo 3 milioni di profughi, la metà siriani – spiega Lubna – . Quando arrivano hanno occhi spenti, la speranza è morta. Noi cerchiamo di condividere la vita di paura che hanno affrontato fino a quel momento, dando loro ciò di cui hanno più bisogno amore e senso di famiglia». Poi, in un messaggio-video Wa’el Suleiman, direttore della Caritas giordana, rivolge un accorato appello ai giovani italiani ed europei: «Lavorate con noi per fermare la guerra, venite in Medio Oriente e aiutateci a ricostruire i nostri Paesi, affinché la gente non debba più fuggire, emigrare. Noi vogliamo vivere nelle nostre terre». Nahomy e Maria sono entrambe di origine ecuadoriana, ma una vive in Italia, mentre l’altra è a Loppiano per alcuni mesi. Raccontano della straordinaria forza del loro popolo: «La sofferenza di chi non aveva più niente era diventata di tutti, a tal punto che il Paese si è messo a fare ciò che poteva. I prigionieri dentro al carcere si sono messi a costruire bare in legno, persone di diversi schieramenti politici hanno fatto squadra, i cuochi sono diventati degli eroi che cucinavano un piatto caldo per tutti, i poveri hanno condiviso anche il poco che avevano». È chiaro che i ragazzi del Primo Maggio hanno davanti agli occhi il mondo, lo si vede dal loro sguardo proiettato oltre l’orizzonte personale, sempre e comunque. Anche le relazioni familiari, oggi profondamente compromesse dalla fluidità del concetto stesso di famiglia, vengono affrontate con una testimonianza potente e per molti versi spiazzante: quella di una famiglia che ha riaccolto a casa il padre, dopo anni di abbandono e separazione. Alla domanda su quale consiglio darebbe a chi si trova in situazioni simili, uno dei figli risponde: «Ai genitori direi di non mettere mai noi figli contro l’uno o l’altro genitore e ai figli: di amare i genitori qualunque cosa facciano, perché anche loro hanno bisogno del nostro amore». Balli, canzoni e tanta musica hanno fatto da cornice a queste storie di giovani che hanno deciso di prendere parte attiva nella costruzione di un mondo presente e futuro che vogliono diverso. «Sono stanco di scontri e contrapposizioni in politica come nella vita di tutti i giorni – scrive un ragazzo sul grande wall, il muro sul quale chi vuole può “lasciare” quella parte di sé che ostacola il fluire della corrente di fraternità –. Le uniche cose che m’interessano e per cui voglio vivere sono quelle che ci mettono insieme, non quelle che ci dividono». E a proposito di politica, Cristina Guarda, venticinquenne consigliera regionale veneta, racconta così le motivazioni che l’hanno spinta ad entrare nell’arena politica: «Sono sempre stata convinta che la politica è quella che noi costruiamo quando ci mettiamo a servizio del nostro prossimo. Sentivo che era arrivato il momento di mettermi in gioco». Un punto di vista quanto meno alternativo, stando allo scenario a cui la politica dei palazzi ci ha abituati, ma che ha riscosso applausi scroscianti dai ragazzi del Primo Maggio: chi ha orecchi, intenda! Sul grande schermo, una frase di Chiara Lubich introduce bene la tavola rotonda che conclude la mattinata: «Se volete trasformare una città, cominciate a unirvi con chi ha il vostro stesso ideale. Insieme cercate i più poveri, gli abbandonati, gli orfani, i carcerati, quelli che sono messi ai margini, e date, date sempre: una parola, un sorriso, il vostro tempo, i vostri beni….». Parte subito dopo una sventagliata di idee-progetti dei Giovani per un Mondo Unito in Italia: a Torino in un piccolo dormitorio, a Firenze con un gruppo di persone “diversamente libere”, i detenuti del carcere Gozzini; a Siracusa con il Summer Campus che si svolgerà anche la prossima estate e che prevede attività di sostegno e animazioni con bambini e ragazzi in difficoltà; a Napoli e Caserta dove il progetto “Officine di Fraternità” ha coinvolto centinaia di ragazzi delle periferie a rischio e si è concluso con workshop e concerto del Gen Rosso. Il pomeriggio prosegue all’aperto con la Expo dello United World Project su disarmo, ambiente, economia di comunione, arte, cultura con l’Istituto Universitario Sophia, Slotmob-contro il gioco d’azzardo, dialogo interculturale e interreligioso, ecc. La giornata si conclude con la “FlowRun”: una corsa a tappe che culmina in un’esplosione di festa, musica e colori quasi a dimostrare che entusiasmo e gioia sono imprescindibili per chiunque voglia contagiare altri nell’avventura di un mondo “per” e non “contro”. Fonte: Servizio Informazione Focolari Loppiano Foto su Flickr:
This is a book about the business practices of a group of companies who are dedicated to changing the world. These companies participate in the Economy of Communion (EOC) project, which is an initiative of the international and ecumenical Focolare movement. For these companies, changing the world means “humanizing” the economy by consistently privileging relationships over profit-maximizing, and by putting profits in common and using them to address acute social needs and concerns. It also means “humanizing” companies and organizations through business practices that respect the inherent dignity of each person, and that are aimed at breaking down barriers between people in business.
«Un uomo di alta statura morale e di cultura eccezionale: è stato un privilegio averlo conosciuto!» Innumerevoli gli echi che giungono da ogni parte del mondo all’annuncio della sua dipartita, persone che, piene di gratitudine, testimoniano che ogni incontro con Azir è stato un “momento di Dio”. Nativo del Kosovo, insegnante, sposato e padre di tre figli, Azir Selmani (9.5.1947 – 17.4.2016) è il primo musulmano che a Skopje (in Macedonia, dove ha dovuto trasferirsi per motivi politici) aderisce ai Focolari. «Nel 1990 – racconta lui stesso – avevo una classe di tutti musulmani, solo uno era cattolico ed ho sentito il bisogno di proteggerlo. Come segno di gratitudine i suoi genitori mi hanno invitato alla Mariapoli in Slovenia. Stando fra loro mi chiedevo: chi sono queste persone? Ho provato ad aprire di più il mio cuore e l’amore lentamente mi ha cambiato. L’ultimo giorno mi sono fatto coraggio e di fronte ad una sala di 300 persone ho ammesso che attraverso di loro avevo incontrato l’amore, il Dio Uno, l’Onnipotente! Alla luce di Dio ho visto il mio passato pieno di fallimenti. Mi dispiaceva per tutte le generazioni di allievi cui avevo spiegato che nel mondo la forza più grande è quella atomica, mentre ormai ero convinto che questa forza è l’amore. A poco a poco davanti a me si è aperta una nuova vita, ho cominciato a leggere il Corano e a conoscere Dio. Ho provato a trasmettere la mia scoperta a colleghi e amici e ben presto eravamo una ventina i musulmani che volevamo seguire il Movimento». Azir apre la sua casa agli incontri, sempre disponibile al dialogo e a dare la sua testimonianza, ad offrirsi per tradurre i testi di Chiara Lubich per gli amici albanesi. Colpite dalla testimonianza di Azir e di Behije sua moglie, coppie con difficoltà relazionali si rivolgono a loro che con sapienza e delicatezza accompagnano alla riconciliazione.
Azir con Papa Francesco
Azir e Behije partecipano ai diversi incontri interreligiosi del Movimento, nel loro Paese e anche a livello internazionale, durante i quali Azir stringe rapporti di unità e amicizia con persone di tutto il mondo. A Roma ha anche modo di conoscere personalmente Chiara, alla quale, anche in seguito, comunica i sentimenti più profondi. Lettere preziosissime che sempre iniziano con: «Carissima Mamma, ti scrivo con gioia e libertà … non posso ringraziarti abbastanza …». In una di queste le confida: «Durante l’ultimo Ramadan leggevo attentamente il Corano e il Vangelo. Sempre di più sono convinto che l’islam e il cristianesimo nascondono un tesoro comune da scoprire con la buona volontà e l’amore». Nel 2007 aderisce prontamente all’invito di Chiara a stringere, con lei e tra i musulmani del Movimento, il patto dell’amore scambievole «in modo da poter sperimentare – auspica la Lubich – Dio presente tra noi. E Lui ci guiderà sulla via dell’unità». Vedendo gli effetti di quel dialogo coraggioso e ricco di comunione che si pratica nel Movimento, Azir testimonia: «Posso dire che il sogno di Chiara si sta realizzando». Egli non si accontenta mai della mediocrità e la diversità non gli fa paura. Anzi vuole affrontarla, convinto di trovare ovunque il seme della Verità. In occasione di un simposio interreligioso svoltosi a Roma nel 2014, Azir riesce a salutare personalmente papa Francesco: «Si è avverato il sogno della mia vita!», commenta felice. Negli ultimi sei mesi Azir combatte con la malattia, senza mai cessare di vivere per l’unità. E, assecondando la sua squisita sensibilità per l’altro, non nega mai una visita che ogni volta diventa un momento sacro. Le sue parole sulla Libertà, sull’Essenziale, sull’Eternità, sulla Verità – valori dei quali è sempre stato autentico ricercatore – rimangono indelebili nei cuori degli interlocutori. Questo “maestro di dialogo”, di sguardo profondo e ampi orizzonti, con la sua anima ricca di poesia, ci lascia tante lettere, scritti, poesie sulla misericordia, su Maria di Nazareth nell’islam e sui punti d’incontro col cristianesimo. (altro…)
«Dobbiamo andare avanti, essere fonti di luce, risposta a chi vive il dolore. Tanti si sentono frustrati per non poter fare nulla; diamo loro la possibilità di aiutare». Queste parole di una giovane ecuadoriana, nel contesto di emergenza umanitaria in cui si trova il paese dopo il terremoto del 16 aprile scorso, dicono la nuova rotta delle azioni della Settimana Mondo Unito 2016, che proprio in Ecuador vede il suo punto centrale. Nel percorso pluriennale della Settimana Mondo Unito, nata dai giovani dei Focolari in seguito al Genfest 1995 e che coinvolge tutto il Movimento, l’edizione del 2016 era da tempo in preparazione con l’occhio puntato sull’Ecuador e sull’interculturalità, così insita nei paesi andini. Obiettivo dell’iniziativa: dare voce alla cultura della fraternità presente nel mondo, capace di attivare il meglio di ciascuno. Faremo un Festival per la Pace il 7 maggio a Quito, per esprimere l’interculturalità, dal titolo “La solidarietà è una via per la pace”. Partecipa e dona speranza: è ciò di cui abbiamo più bisogno adesso ed è ciò che ognuno può certamente dare». Con questo appello i giovani dell’Ecuador propongono una risposta mondiale a chi vuole aderire, sia partecipando alla raccolta fondi in corso, sia postando sull’apposita pagina Facebook un video saluto che testimoni la fraternità e sia motivo di speranza (fb.com/JMUEcuador). Il Festival per la Pace è soltanto una delle molte azioni in atto dal giorno stesso del terremoto, quando immediatamente i propri canali social sono stati messi al servizio della diffusione dell’informazione ufficiale sull’emergenza. Ad opera dei ragazzi in molte parti del mondo, un’altra azione della Settimana Mondo unito è Run4unity: ad ogni latitudine, dalle 11:00 alle 12:00, si fa un percorso correndo a piedi, in bici, con i roller, in barca. A conclusione un time-out, un minuto di silenzio o di preghiera per la pace. Alcuni dei luoghi simbolo: Mexicali, Messico, località di frontiera con gli Stati Uniti, il Run4unitysi correrà lungo il muro che divide i due paesi, in segno di unità e pace; a Bari, Italia, si svolgerà nell’Istituto Penale Minorile Fornelli; a Sopron, Ungheria, una città al confine con l’Austria, Run4unity è inserito in una corsa ufficiale che attraversa il confine ed alla quale partecipano giovani rifugiati di un campo profughi in Austria (http://www.run4unity.net/2016/). Fa parte della Settimana Mondo Unito anche il progetto Living Peace, promosso da El Rowad American College del Cairo, Egitto, e dalla ONG dei Focolari New Humanity: rete di scuole medie di 103 paesi con oltre 50.000 ragazzi, che punta a fare crescere nei diversi ambienti di apprendimento l’impegno a vivere per la pace (http://living-peace.blogspot.it/p/italiano.html). La giornata del 1º maggio vede appuntamenti ormai tradizionali per i giovani a Loppiano, Italia, e ad Abrigada, Portogallo. «Molti popoli su un unico pianeta, siamo fratelli. Vivere e lavorare perché questa fraternità si concretizzi in politica, economia, nel sociale e nella cultura. Per arrivare a un mondo migliore in cui siamo famiglia perché siamo esseri umani», è l’idea che ha animato il programma di Loppiano. Ad Abrigada la giornata si concentra sull’idea della pace come punto focale, che permette di vedere la realtà in “alta definizione”. L’ambito della Settimana Mondo Unito è il mondo e le iniziative locali sono vissute con questo orizzonte. Dal concerto per la pace a Medan, Indonesia, alle visite ad un ricovero per anziani in Nuova Zelanda nel vivo del dibattito sulla legalizzazione dell’eutanasia. Dal Festival Amani di Goma, nella Repubblica Democratica del Congo, al workshop ecumenico voluto da giovani e sacerdoti delle chiese cattolica, russo-ortodossa, armena, luterana e evangelica «per andare oltre i pregiudizi». Significativo il saluto video inviato dai ragazzi di Aleppo, Siria, ai coetanei dell’Argentina (fb.com/focolaresconosur). Si possono seguire molte delle iniziative attraverso gli indirizzi http://www.unitedworldproject.org/it/ e fb.com/uwpofficial ed è possibile partecipare attraverso i social pubblicando post, foto e video con l’hashtag #4peace, per dare voce a tutte le iniziative, grandi e piccole, che ogni giorno «costruiscono ponti di fraternità fra le persone». Fonte: Comunicato Stampa SIFFoto galleria https://vimeo.com/164901348 https://vimeo.com/164386634 (altro…)
Melbourne, Australia – Latitudine: 37°52’S Longitudine: 145°08’E Tom, un signore alto e simpatico a detta dei suoi amici, nel 2005 si è dovuto trasferire con la propria famiglia in un quartiere appena edificato di Melbourne, dove erano carenti strutture e programmi ricreativi. Poteva decidere di andar via ed invece ha cercato il modo di fare qualcosa per la propria comunità perché nel quartiere ci fosse un’opportunità per aggregarsi, condividere, incontrarsi. «Ecosa c’è di meglio dello sport per aggregare le persone e le varie generazioni? In quel nuovo quartiere – racconta – c’era un parco vuoto. Allora ho iniziato a diffondere l’idea che mi era venuta in mente: creare uno spazio dove poter giocare a calcio. Non sapevo chi si sarebbe aggregato e c’era il forte rischio che mi trovassi da solo. Invece, erano tante le famiglie accomunate dallo stesso desiderio ed entusiasmo. Così, ben presto, i partecipanti sono stati così tanti che abbiamo potuto formare una squadra e poi, addirittura, un soccer club! Ora siamo 38 squadre con oltre 400 bambini e 40 anziani. Ogni settimana ci incontriamo per giocare. Il parco è stato ristrutturato e ora ci sono diversi campi con una propria illuminazione. Ma non è finita qui, perché si sono aggiunti anche gli spogliatoi, una cucina e una mensa. Insomma, è diventato un vero e proprio punto di aggregazione». Fonte: Unitedworldproject(altro…)
«Il lavoro fu inflitto all’uomo come castigo; ma anche come redenzione. Mentre ha la finalità immediata dell’acquisto del pane quotidiano concorre anche al fine ultimo dell’ acquisto del Regno eterno. Riguarda perciò tanto l’economia, quanto la teologia; e difatti l’uomo è figlio di Dio, a Dio destinato, anche quando lavora. Se il problema si riducesse a sola economia, il lavoratore vi diverrebbe sola macchina: la dignità sua d’uomo si ridurrebbe a quella d’un utensile. Oggi, di dignità del lavoro si parla tanto che è divenuto un luogo comune. Ma non è detto che la mentalità schiavistica sia estinta, né che manchino imprenditori, magari battezzati, ai quali, perché pagano un salario, non appaia d’essere in diritto d’umiliare chi di quel salario vive, trattandolo con disprezzo e con diffidenza, sia esso un lavoratore intellettuale o sia esso una domestica semianalfabeta. Ma il lavoro non serve soltanto a maturare un salario di danaro. Il lavoro compiuto con un desiderio di redenzione morale, di partecipazione alle sofferenze di Cristo, diventa produzione di santità: entra nell’economia delle cose eterne, da cui deriva una dignità che fa dei costruttori di macchine, degli agricoltori, degli studenti, dei professionisti, degl’impiegati, delle massaie, altrettanti costruttori del Cristo integrale. «Ogni buon operaio – ha scritto sant’ Ambrogio – è una mano di Cristo». E cioè, Cristo lavora nella società con le mani dei suoi operai. Chi ben opera, in altri termini, edifica in terra una costruzione celeste: è l’artefice umano di un’architettura divina. E questo innalza a dignità sconfinata chi fa e ciò che fa, se lo fa nello spirito e sotto la legge di Cristo. Così si vede che il divino opera nella società per mezzo dell’uomo, associato a partecipare al prodigio vivo dell’Incarnazione, la quale, se fu il miracolo dell’umanizzazione del figlio di Dio, importa con sé anche il miracolo d’ogni giorno d’una divinizzazione di tutti i figli dell’uomo e perciò figli di Dio: un movimento che dalla terra va incontro a Cristo che viene dal cielo. Così la vita sulle strade tormentate del pianeta è, sì, tutta umana, ma anche, se vissuta nello spirito della Redenzione, tutta inserita nel divino: tutta divina. Questa dignità non è limitata alle sole opere dello spirito, ma investe l’intera persona umana, corpo e spirito, in tutto quello che fa. II mestiere, la professione, l’ufficio….: queste cose melanconiche e talora tragiche e spesso noiose si trasfigurano, di colpo, in Valori insospettati, in elementi del nostro destino: diventano i mezzi della nostra redenzione. Il lavoro era il nostro castigo; e, per l’umanità di Cristo, si fa nostro riscatto. È il nostro contributo alla Redenzione. Si scala il cielo coi materiali della terra. Nulla si perde: né una giornata mal pagata, né una parola detta, né un bicchier d’acqua donato per Cristo. Di queste semplici cose si edifica, dai più, il Regno di Dio. Ché i più non vanno in missione, né si chiudono in eremi, né scrivono trattati di teologia: ma tutti lavorano, tutti servono. Ora servendo gli uomini, se si agisce nello spirito di Cristo, si serve Dio. Il quale non ci si presenta ancora nella sua luce, che fulminerebbe lo nostra vista, ma in quella sua effigie, che sono gli uomini, sua rappresentanza e fattura». Igino Giordani, La società cristiana, Città Nuova, Roma (1942) 2010, pp. 72-82(altro…)
Le dirette streaming di Loppiano a partire dalle 10.00 domenica mattina
Azioni di accoglienza, solidarietà, educazione alla legalità, economia civile e partecipazione politica in atto in Italia e nel mondo, al centro del Festival dei giovani a Loppiano promosso dai Giovani per un Mondo Unito dei Focolari. Con la partecipazione straordinaria del Gen Verde e del Gen Rosso. Parlerà Wael Suleiman, direttore della Caritas giordana, Paese che ospita milioni di rifugiati siriani e si racconterà l’impegno per la ricostruzione delle zone terremotate in Ecuador. Poi ci saranno i ragazzi delle Officine di fraternità della Campania, quelli del Cantiere della Legalità della Sicilia e l’Associazione Arcobaleno della Lombardia. Per non parlare delle decine di azioni promosse quotidianamente nelle carceri, nelle stazioni ferroviarie, nei centri d’accoglienza e in molti altri luoghi delle nostre città dai Giovani per un Mondo Unito dei Focolari in Italia. L’edizione 2016 del Festival del Primo Maggio a Loppiano sarà questo e molto altro. Ideato e realizzato dai giovani per i giovani, quest’anno s’intitolerà FLOW. Inizia dove sei e darà voce all’arcipelago d’iniziative personali e collettive che sono parte del Progetto Mondo Unito – United World Project, collettore e promotore di azioni e progetti che rendono visibile la corrente, “flow”, appunto, che percorre il mondo sotto il segno della fraternità universale. Molti i contributi musicali e artistici dei giovani: coreografie, musiche e canzoni dall’Italia e dal mondo. Parteciperanno anche i gruppi internazionali Gen Verde e Gen Rosso con brani del loro repertorio e attività di animazione. Anche il Festival del Primo Maggio porta il marchio della Settimana Mondo Unito, expo mondiale, itinerante di azioni di fraternità, promossa da oltre 20 anni dai Giovani per un Mondo Unito. Questa edizione porta il titolo Link cultures – Un camino para la paz; molte le manifestazioni in diversi Paesi. In Ecuador, sede mondiale di questa edizione, si lavorerà alla raccolta di fondi e alla ricostruzione, con e per le popolazioni terremotate. Il Programma della manifestazione▪ 10.00 →WORLD FLOW – Talenti, danze, musica dal mondo. ▪ 11.00→FLOW – Spazio a storie di accoglienza, fraternità, impegno sociale e politico in Italia e nel mondo. Musica, danza, arte e storytelling per un mondo unito. ▪ 12.30-15.00 →FLOW EXPO – Viaggio interattivo nei mondi della fraternità. Politica, economia, sociale, arte, cultura, natura nella prospettiva dell’unità. ▪ 15.30-16.30 →FLOW RUN – Una corsa a colori, al di là degli ostacoli per accelerare la Pace. ▪ 17.00 →LET’S BE THE FLOW – Pensieri, parole, musica e impegno per la Pace. W www.loppiano.it – www.primomaggioloppiano.it Fb primomaggioloppiano TW @1Maggio_Flow INS 1maggioloppiano
EdU (EducazioneUnità), gruppo interdisciplinare e internazionale di studio nell’area pedagogica ed educativa, si è trovato in Spagna (Centro Mariapoli Luminosa, a Madrid) per un seminario con tema centrale l’inclusione. Educatori da Brasile, Croazia, Italia, Kenya, Burundi, Slovenia, Corea, Polonia, Portogallo e, ovviamente, dalla Spagna, hanno lavorato su tre grandi temi: le relazioni, la comunità, l’arte e lo sport. Il Seminario, grazie alla trasmissione dal vivo sulla rete, è stato seguito da tante parti del mondo come dal Benin, con contributi da Argentina, Mexico e USA. Interessanti e stimolanti i contributi che hanno dato un contesto alle esperienze di ambiti molto diversi: il “dado dell’arte d’amare” messo in pratica in Burundi; i rapporti costruiti nella Scuola Raggio di Sole (Croazia), l’Asociación Autismo Sevilla (Spagna)… o gli effetti dell’educazione nella comunità e della comunità nell’educazione. In Argentina, ad esempio, si porta avanti una scuola in una comunità aborigena. Risultato: è la scuola che riscatta le tradizioni di queste culture secolari che rischiano di scomparire, attraverso dei laboratori per orafi, per la costruzione di telai e strumenti musicali. La varietà delle esperienze presentate è stata uno dei punti forti di un seminario pensato come laboratorio: “qui vedo che ci sono tante persone che lavorano per gli stessi obiettivi”, ha detto una delle partecipanti, che non si è sentita più sola a lottare. Si è creata, infatti, una rete ancora più ampia e, allo stesso tempo, più stretta tra i partecipanti, nella certezza che “il vero lavoro comincia ora”. È stata anche un’occasione per conoscere alcuni progetti internazionali come Living Peace, Scholas Occurrentes e Sportmeet. Come contributo dal mondo dell’arte all’educazione, la fotografa ed educatrice Concha Casajús ha mostrato alcune delle sue opere, in un video che denuncia gli abusi sessuali in Congo. A conclusione, i partecipanti sono partiti ancora più convinti che l’inclusione è uno stile di vita, una necessità in un mondo così complesso e variegato come quello attuale; e in particolare, che l’educazione inclusiva è una priorità in tutti gli ambiti. Il Seminario era stato preceduto da un Simposio, il 22 aprile, svoltosi nell’Università Complutense di Madrid. Anch’esso dedicato all’inclusione educativa, è stato introdotto dal Rettore dell’Università Nazionale di Educazione a distanza, Alejandro Tiana. Kishore Singh, Relatore Speciale delle Nazioni Unite sul Diritto all’Educazione, si è fatto presente con un messaggio di sostegno all’evento. Prossimo appuntamento di EdU, previsto per il 3 e 4 giugno in Polonia, durante la Conferenza interdisciplinare internazionale in occasione del 20º anniversario della consegna del dottorato h. c. a Chiara Lubich in Scienze Sociali dall’Università Cattolica de Lublino “Giovanni Paolo II”. (altro…)
«Nella Repubblica Democratica del Congo – esordisce Micheline che incontriamo a Castel Gandolfo (Roma) a margine del Congresso OnCity promosso dai Focolari – le differenze sono molto evidenti. Ci sono oltre 400 fra tribù ed etnie e da una città all’altra non solo cambiano le abitudini alimentari ma anche gli idiomi che nel Paese sono più di 800. Inoltre, nella sola Goma, la mia città, ci sono più di 200 tra chiese di diverse confessioni cristiane, moschee musulmane e altre forme di culto». Quando la differenza etnica e religiosa ha cominciato ad essere un problema? «Durante la dittatura del presidente Mobutu le sofferenze della popolazione dal punto di vista economico, culturale e anche politico erano diventate troppo grandi. E la concezione su “chi è l’altro”, con la sua lingua e la sua cultura, è stata manipolata dalle ideologie che hanno portato a ritenere la cultura dell’altro un fattore da eliminare. Così, nel 1992, è iniziata la guerra nei villaggi contro il nemico che era la tribù di fronte. Chi oggi ha meno di 24 anni non può sapere cosa sia la pace perché ha visto solamente la guerra e i danni che provoca. Tutti infatti abbiamo perduto persone care. Ma la guerra non ha distrutto le nostre culture. Esse esistono ancora, con tutta la loro bellezza. Noi giovani che cerchiamo di vivere la spiritualità dell’unità, vogliamo ritrovare i legami che ci uniscono e che ci rendono complementari gli uni agli altri». Sei impegnata in un movimento di giovani che vogliono la pace del Congo, di cosa si tratta? «È un movimento di azione formato da giovani congolesi. Sogniamo una società in cui si rispetti la dignità delle persone e la giustizia sociale. Il nostro Paese è ricco ma i suoi abitanti sono poveri. Vogliamo contribuire attivamente alla costruzione del Congo. Siamo convinti che il cambiamento debba partire da noi congolesi senza distinzioni di tribù, religione, lingua. In questo senso lavoriamo per coscientizzare la popolazione sul suo potenziale e sui suoi doveri. Io stessa, nel coinvolgermi attivamente in azioni per contribuire al cambiamento, mi sento più forte, più protagonista. Anche grazie all’accesso alle informazioni e all’amicizia con persone di tribù diverse, ho capito che in tutti i gruppi ci sono i buoni e i cattivi, che sono stati alcuni leader per motivi di potere a strumentalizzare l’odio». Qual è il vostro contributo specifico come movimento di giovani? «Cerchiamo di far conoscere alla gente la verità sui fatti e sulla vita del Paese. Per esempio: abbiamo denunciato un massacro sul quale il governo non ha fatto alcuna inchiesta per trovare i colpevoli, né cercato di proteggere la popolazione della zona che era stata colpita. Organizziamo discussioni su temi importanti come la pace, il ruolo della comunità internazionale, quello di noi giovani, cercando di gettare le basi su come costruire insieme il nostro futuro. Vogliamo diffondere la convinzione che le soluzioni si trovano nella collaborazione fra tutti. Per noi giovani è difficile capire il perché della spirale di violenza che per lunghi anni ha devastato il Paese. Per i giovani è più facile comprendere che l’appartenenza tribale è uno dei tanti aspetti dell’identità delle persone. Il messaggio che vogliamo far passare è che le nostre rispettive diversità non vanno viste come un motivo di divisione ma come un fattore positivo che rende l’umanità più ricca». (altro…)
È sempre stato il desiderio di Dio: abitare con noi, suo popolo. Già le prime pagine della Bibbia ce lo mostrano nell’atto di scendere dal cielo, passeggiare in giardino e conversare con Adamo ed Eva. Non ci ha creati per questo? Che cosa desidera l’amante se non stare con la persona amata? Il libro dell’Apocalisse, che scruta il progetto di Dio sulla storia, ci dà la certezza che il desiderio di Dio si attuerà in pienezza. Egli ha già iniziato ad abitare in mezzo a noi da quando è venuto Gesù, l’Emmanuele, il “Dio con noi”. Ed ora che Gesù è risorto la sua presenza non è più limitata a un luogo o a un tempo, si è dilatata sul mondo intero. Con Gesù è iniziata la costruzione di una nuova comunità umana originalissima, un popolo composto da molti popoli. Dio non vuole abitare soltanto nella mia anima, nella mia famiglia, nel mio popolo, ma tra tutti i popoli chiamati a formare un popolo solo. D’altra parte l’attuale mobilità umana sta cambiando il concetto stesso di popolo. In molte nazioni il popolo è composto ormai da molti popoli. Siamo così diversi per colore della pelle, cultura, religione. Ci guardiamo spesso con diffidenza, sospetto, paura. Ci facciamo guerra gli uni gli altri. Eppure Dio è Padre di tutti, ci ama tutti ed ognuno. Non vuole abitare con un popolo – “il nostro, naturalmente”, ci verrebbe da pensare – e lasciare da soli gli altri popoli. Per lui siamo tutti figli e figlie suoi, un’unica famiglia. Esercitiamoci dunque, guidati dalla parola di vita di questo mese, ad apprezzare la diversità, a rispettare l’altro, a guardarlo come una persona che mi appartiene: io sono l’altro, l’altro è me; l’altro vive in me, io vivo nell’altro. Cominciando dalle persone con le quali vivo ogni giorno. In questo modo possiamo fare spazio alla presenza di Dio tra noi. Sarà lui a comporre l’unità, a salvaguardare l’identità di ogni popolo, a creare una nuova socialità. Lo aveva intuito Chiara Lubich già nel 1959, in una pagina di estrema attualità e di incredibile profezia: «Se un giorno gli uomini, ma non come singoli bensì come popoli […] sapranno posporre loro stessi, l’idea che essi hanno della loro patria, […] e questo lo faranno per quell’amore reciproco fra gli Stati, che Dio domanda, come domanda l’amore reciproco tra i fratelli, quel giorno sarà l’inizio di una nuova era, perché quel giorno […] sarà vivo e presente Gesù fra i popoli […]. Sono questi i tempi […] in cui ogni popolo deve oltrepassare il proprio confine e guardare al di là; è arrivato il momento in cui la patria altrui va amata come la propria, in cui il nostro occhio ha da acquistare una nuova purezza. Non basta il distacco da noi stessi per essere cristiani. Oggi i tempi domandano al seguace di Cristo qualcosa di più: una coscienza sociale del cristianesimo […]. […] noi speriamo che il Signore abbia pietà di questo mondo diviso e sbandato, di questi popoli rinchiusi nel proprio guscio, a contemplare la propria bellezza – per loro unica – limitata ed insoddisfacente, a tenersi coi denti stretti i propri tesori – anche quei beni che potrebbero servire ad altri popoli presso i quali si muore di fame –, e faccia crollare le barriere e correre con flusso ininterrotto la carità tra terra e terra, torrente di beni spirituali e materiali. Speriamo che il Signore componga un ordine nuovo nel mondo, Egli, il solo capace di fare dell’umanità una famiglia e di coltivare quelle distinzioni fra i popoli, perché nello splendore di ciascuno, messo a servizio dell’altro, riluca l’unica luce di vita che, abbellendo la patria terrena, fa di essa un’anticamera della Patria eterna.»1 Fabio Ciardi 1 Maria, vincolo di unità tra i popoli, in La dottrina spirituale, Città Nuova, Roma 2006, pp. 327-329. (altro…)
Dormivo in compagnia dei topi «M’interessavano solo il denaro, i vestiti firmati, le donne e il divertimento. Dopo aver sperimentato il carcere per possesso e spaccio di eroina, ho ricominciato la stessa vita di prima, tra violenza, stupefacenti e alcol. Circa tre anni fa, droga e soldi mi sono stati rubati da chi consideravo amico. Arrabbiato con me stesso, con Dio e con il mondo intero, mi sono lasciato andare. Dormivo in una casa abbandonata, nell’immondizia e in compagnia dei topi. Un giorno, senza chiedersi chi ero, uno sconosciuto mi ha invitato a mangiare a casa sua e ha avuto per me attenzioni da fratello. Mi sono sentito spinto a seguirlo nella chiesa che frequentava e lì, per la prima volta dopo tanto tempo, ho provato una sensazione di pace. In seguito ci sono andato anche da solo: in silenzio per ore, imparavo a pregare. Ho provato a cambiar vita: anche se ho avuto delle ricadute, Gesù mi ha dato la forza di riprendermi ogni volta. Oggi, ospite di una comunità di recupero, cerco di ricambiare l’aiuto ricevuto essendo al servizio di chi ha bisogno». (Samuele – Italia) La sartoria «Quando passava davanti al nostro laboratorio di sartoria posava uno sguardo triste sui vestiti in vetrina. Un giorno la invitai ad entrare. Era vestita poveramente, ma con gusto. Tornò altre volte e così conobbi la sua storia: per accudire i genitori aveva lasciato il lavoro e, rimasta sola, non aveva più potuto esercitare il suo mestiere di sarta. Parlai con il dirigente della sartoria e la signora venne assunta. Dire che è la più brava è poco. Ho saputo da varie clienti che da quando c’è lei vengono più volentieri in sartoria, si sentono più accolte». (J.B. – Argentina)Inculturarsi «Nella mia scuola elementare sono molti i bambini stranieri. Socializzare con loro non è facile, soprattutto con un gruppo di piccoli Rom: disturbano la lezione, sono aggressivi, spesso hanno i genitori in carcere. Un giorno, per aiutare una collega di quinta, disperata perché non riusciva a gestire la situazione, li ho accolti nella mia classe. Pensando a Gesù esempio di pazienza e mitezza, ho preparato per loro i posti migliori e li ho presentati agli alunni come tutor dei più piccoli. Poi, per renderli protagonisti, ho chiesto di imparare io da loro qualcosa della lingua Rom, dedicando a questo parte della lezione. Ora si comportano meglio e l’inculturazione sta facendo progressi». (E. – Italia) (altro…)
«Sentendovi parlare, mi sono venute alla mente due immagini: il deserto e la foresta. Ho pensato: questa gente, tutti voi, prendono il deserto per trasformarlo in foresta. Vanno dove c’è il deserto, dove non c’è speranza, e fanno cose che fanno diventare foresta questo deserto. La foresta è piena di alberi, è piena di verde, ma troppo disordinata… ma così è la vita! E passare dal deserto alla foresta è un bel lavoro che voi fate. Voi trasformate deserti in foreste! E poi si vedrà come si possono regolare certe cose della foresta… Ma lì c’è vita, qui no: nel deserto c’è morte. Tanti deserti nelle città, tanti deserti nella vita delle persone che non hanno futuro, perché sempre c’è – e sottolineo una parola detta qui – sempre ci sono i pregiudizi, le paure. E questa gente deve vivere e morire nel deserto, nella città. Voi fate il miracolo con il vostro lavoro di cambiare il deserto in foreste: andate avanti così. Ma com’è il vostro piano di lavoro? Non so… Noi ci avviciniamo e vediamo cosa possiamo fare. E questa è vita! Perché la vita la si deve prendere come viene. È come il portiere nel calcio: prendere il pallone da dove lo buttano… viene di qua, di là… Ma non bisogna avere paura della vita, non avere paura dei conflitti. Una volta qualcuno mi ha detto – non so se è vero, se qualcuno vuole può verificare, io non ho verificato – che le parola conflitto nella lingua cinese è fatta da due segni: un segno che dice “rischio”, e un altro segno che dice “opportunità”. Il conflitto, è vero, è un rischio ma è anche una opportunità. Il conflitto possiamo prenderlo come una cosa da cui allontanarsi: “No, lì c’è un conflitto, io sto lontano”. Noi cristiani conosciamo bene cosa ha fatto il levita, cosa ha fatto il sacerdote, con il povero uomo caduto sulla strada. Hanno fatto una strada per non vedere, per non avvicinarsi (cfr Lc 10,30-37). Chi non rischia, mai si può avvicinare alla realtà: per conoscere la realtà, ma anche per conoscerla col cuore, è necessario avvicinarsi. E avvicinarsi è un rischio, ma anche un’opportunità: per me e per la persona alla quale mi avvicino. Per me e per la comunità alla quale mi avvicino. Penso alle testimonianze che avete dato, per esempio nel carcere, con tutto il vostro lavoro. Il conflitto: mai, mai, mai girarsi per non vedere il conflitto. I conflitti si devono assumere, i mali si devono assumere per risolverli.
Foto: Lorenzo Russo
Il deserto è brutto, sia quello che è nel cuore di tutti noi, sia quello che è nella città, nelle periferie, è una cosa brutta. Anche il deserto che c’è nei quartieri protetti… È brutto, lì anche c’è il deserto. Ma non dobbiamo avere paura di andare nel deserto per trasformarlo in foresta; c’è vita esuberante, e si può andare ad asciugare tante lacrime perché tutti possano sorridere. Mi fa pensare tanto quel salmo del popolo d’Israele, quando era in prigionia in Babilonia, e dicevano: “Non possiamo cantare i nostri canti, perché siamo in terra straniera”. Avevano gli strumenti, lì con sé, ma non avevano gioia perché erano ostaggi in terra straniera. Ma quando sono stati liberati, dice il Salmo, “non potevamo crederci, la nostra bocca si è riempita di sorriso” (cfr Sal 137). E così in questo transito dal deserto alla foresta, alla vita, c’è il sorriso. Vi dò un compito da fare “a casa”: guardate un giorno la faccia delle persone quando andate per la strada: sono preoccupati, ognuno è chiuso in sé stesso, manca il sorriso, manca la tenerezza, in altre parole l’amicizia sociale, ci manca questa amicizia sociale. Dove non c’è l’amicizia sociale sempre c’è l’odio, la guerra. Noi stiamo vivendo una “terza guerra mondiale a pezzi”, dappertutto. Guardate la carta geografica del mondo e vedrete questo. Invece l’amicizia sociale, tante volte si deve fare con il perdono – la prima parola – col perdono. Tante volte si fa con l’avvicinarsi: io mi avvicino a quel problema, a quel conflitto, a quella difficoltà, come abbiamo sentito che fanno questi ragazzi e ragazze coraggiosi nei posti dove si gioca d’azzardo e tanta gente perde tutto lì, tutto, tutto. A Buenos Aires ho visto donne anziane che andavano in banca a prendere la pensione e poi subito al casinò, subito! Avvicinarsi al posto del conflitto. E questi [ragazzi] vanno, si avvicinano. Avvicinarsi… E c’è anche un’altra cosa che ha a che fare col gioco, con lo sport e anche con l’arte: è la gratuità. L’amicizia sociale si fa nella gratuità, e questa saggezza della gratuità si impara, si impara: col gioco, con lo sport, con l’arte, con la gioia di stare insieme, con l’avvicinarsi… È una parola, gratuità, da non dimenticare in questo mondo, dove sembra che se tu non paghi non puoi vivere, dove la persona, l’uomo e la donna, che Dio ha creato proprio al centro del mondo, per essere pure al centro dell’economia, sono stati cacciati via e al centro abbiamo un bel dio, il dio denaro. Oggi al centro del mondo c’è il dio denaro e quelli che possono avvicinarsi ad adorare questo dio si avvicinano, e quelli che non possono finiscono nella fame, nelle malattie, nello sfruttamento… Pensate allo sfruttamento dei bambini, dei giovani. Gratuità: è la parola-chiave. Gratuità che fa sì che io dia la mia vita così com’è, per andare con gli altri e fare che questo deserto diventi foresta. Gratuità, questa è una cosa bella! E perdono, anche, perdonare. Perché, col perdono, il rancore, il risentimento si allontana. E poi costruire sempre, non distruggere, costruire. Ecco, queste sono le cose che mi vengono in mente. E come si fa questo? Semplicemente nella consapevolezza che tutti abbiamo qualcosa in comune, tutti siamo umani. E in questa umanità ci avviciniamo per lavorare insieme. “Ma io sono di questa religione, di quella…” Non importa! Avanti tutti per lavorare insieme. Rispettarsi, rispettarsi! E così vedremo questo miracolo: il miracolo di un deserto che diventa foresta. Grazie tante per tutto quello che fate! Grazie». Giornata mondiale per la Terra 2016 PAROLE DEL SANTO PADRE FRANCESCO DURANTE LA VISITA ALLA MANIFESTAZIONE “VILLAGGIO PER LA TERRA”Roma, Villa Borghese Domenica, 24 aprile 2016Fonte: vatican.vaOsservatore Romano, 25 aprile 2016 https://vimeo.com/164233694 https://vimeo.com/164066584 (altro…)
Incontro. Riconciliazione. Futuro. Tre parole che racchiudono il significato dell’appuntamento di Monaco, nella Karlsplatz (Stachus), dove avrà luogo la manifestazione promossa da oltre 300 movimenti e comunità di diverse Chiese cristiane. Obiettivo: riflettere insieme sulle sfide aperte dell’Europa, e portare alla luce testimonianze della rete a volte nascosta, ma molto attiva, di una società civile che si spende per l’accoglienza, per la solidarietà con i più deboli e svantaggiati, come ponte tra est e ovest, e per il superamento dei conflitti, espliciti o latenti. «L’Europa, cosa ha da dire, cioè da donare, al mondo?» si domanda la presidente dei Focolari Maria Voce, a proposito degli obiettivi di IPE. «L’esperienza di questi 2mila anni di cristianesimo, che ha fatto maturare idee, cultura, vita, azioni, che servono per il mondo di oggi… e che, purtroppo, finora non sono venuti tanto in rilievo. Perché dell’Europa in questo momento vengono in rilievo le difficoltà, i drammi, i muri, l’intolleranza e non viene invece in evidenza tutto questo bene che c’è». Nell’Evangelii Gaudiumpapa Francesco parla delle ‘città invisibili’ quel “tessuto connettivo in cui gruppi di persone condividono le medesime modalità di sognare la vita e immaginari simili e si costituiscono in nuovi settori umani, in territori culturali, in città invisibili” (EG 74). «Subito dopo però – spiega Jesús Morán, copresidente dei Focolari – il Papa dice che queste città invisibili sono cariche di ambivalenza. Questi territori culturali sono carichi di violenza e di emarginazione, le città invisibili sono anche le mafie. Allora con questa fraternità animata dall’amore» che è lo specifico anche del messaggio di Insieme per l’Europa «vorremmo mostrare le città invisibili del bene, dove ci sono buone pratiche, dove si accolgono i rifugiati, dove c’è la comunione». Quali le attese per questa edizione dell’evento europeo che si situa alla vigilia dei 500 anni della Riforma, in una particolare congiuntura che vede il continente sempre più in crisi, anche per l’incapacità di rispondere coralmente alla crisi dei migranti? Ne parliamo con Ilona Toth – ungherese – e Diego Goller – italiano – , coinvolti in prima persona come Movimento dei Focolari nella preparazione di Insieme per l’Europa. «Di recente si è incontrato presso la sede romana della Comunità di Sant’Egidio, il Comitato d’Orientamento di Insieme per l’Europa, dove convergono i vari movimenti che animano questo cammino. È stato un momento di ulteriore confronto e di elaborazione di idee. Un anno prima del 500° anniversario della Riforma di Lutero (1517-2017), vorremmo mostrare che già esiste una rete di cristiani uniti, che lavorano tra movimenti e tra varie Chiese», spiega Diego Goller. «Cerchiamo di anticipare i tempi, e di dare il segnale che in questo Insieme c’è un segno di un’unità raggiunta, non istituzionalmente o teologicamente, ma nell’essere, essenzialmente, riconciliati: “500 anni di divisione sono abbastanza” è, infatti, il titolo di uno dei momenti della manifestazione. Ci muoviamo anche nella linea di quanto chiesto da papa Francesco e dal patriarca Kirill nella dichiarazione congiunta, cioè che i cristiani dell’Europa orientale e occidentale si uniscano per testimoniare insieme il Vangelo». «Si tratta di un’azione politica nel senso più nobile del termine», afferma Ilona Toth. «Lo scopo è far vedere tutto quel bene che c’è. La profezia di Insieme per l’Europa è insita nel suo nome. Insieme, è il dono della fraternità. Tra noi cristiani, e su più vasta scala con persone di altre religioni, di altre culture. Poi c’è il lato politico, dove l’Insieme si realizza: i carismi come risposte in atto ai problemi anche politici delle città». «A Monaco», conclude, «vorremmo mostrare questa corrente di bene che è già in atto, frutto anche dei valori del cristianesimo maturati lungo i secoli e portati a galla oggi dai vari carismi». La manifestazione del 2 luglio sarà preceduta da un Congresso dei Movimenti (30 giugno/1 luglio) al Circus-Krone-Bau: 17 Forum e 19 Tavole rotonde coinvolgeranno esponenti delle Chiese, della politica, della società civile su argomenti di attualità. In preparazione all’evento di Monaco, lo scorso 21 aprile a Ginevra, presso il Consiglio Ecumenico delle Chiese, si è svolta una tavola rotonda dal titolo “Europa: quale identità? Quali valori?”. Tutte le info sulla manifestazione su www.together4europe.orgMaria Chiara De Lorenzo(altro…)
«È stata la prima volta di un Papa a una Mariapoli e mi è tornato in mente quanto più volte ascoltato da Chiara Lubich, per descrivere l’effetto che avevano in lei la visita e le parole di un vescovo alle Mariapoli. Vi riconosceva «un peso, un’unzione» che le diversificava da quelle di chiunque altro, anche teologo o santo, e la percezione che con la sua presenza la “città di Maria” raggiungesse il compimento: diventasse “città Chiesa”. Così è accaduto, nella pienezza, con la visita fuori programma di Papa Francesco al Villaggio per la Terra a Villa Borghese, dove, in collaborazione con l’evento di Earth Day Italia, si svolgeva la Mariapoli di Roma che però non si ferma nella capitale. Così ogni Mariapoli che si svolge e si svolgerà nel mondo — e sono centinaia — si sentirà guardata e amata alla stessa maniera. Quel suo parlare a braccio, mettendo fin dall’inizio da parte i fogli, era come dire: mi avete preso il cuore e devo rispondere a ciò che voi avete detto a me. E le sue parole nette, luminose, non erano solo riconoscimento per l’impegno e l’azione dei tanti che gli hanno parlato, ma avevano il sapore di un programma per il futuro: in esse ritornavano come idea forte il prodigio e la possibilità di trasformare il deserto in foresta. Mi ha fatto impressione il suo dire con forza che ciò che vale è portare la vita. Non fare programmi e rimanervi ingabbiati, ma andare incontro alla vita così com’è, con il suo disordine e i suoi conflitti, senza paura, affrontando i rischi e cogliendo le opportunità. Per conoscere la realtà col cuore bisogna avvicinarvisi. Avvengono così i miracoli: deserti, i più vari, che si trasformano in foreste. Papa Francesco possiede la forza della parola. Le sue immagini non si cancellano, né dalla mente né dal cuore. Insieme tra diversi: persone, gruppi, associazioni. Il Pontefice lo ha ripetuto tante volte perché ci tiene e gli dà gioia. Lo spettacolo umano a Villa Borghese è nato da una domanda: perché non realizzare la Mariapoli nel cuore di Roma? Perché non provare a fare un innesto di fraternità, magari piccolo ma concreto, nelle strade della città? Roma — lo sappiamo — piange per le tante ferite e soffre per le molte fragilità, ma vive anche di una ricchezza incredibile: il tanto bene che vi si fa. Quando il Papa ha indetto l’anno della Misericordia abbiamo pensato alle tantissime associazioni che operano nella città, con o senza riferimento religioso, ma che “fanno misericordia”. Quasi un caso l’incontro con Earth Day, che si occupa della tutela del creato e lavora per quell’ecologia integrale cara a Francesco. Un percorso e un lavoro appassionanti, fuori dai propri schemi, su strade anche impensate. Non senza difficoltà, certo, perché non ci si conosceva e perché si è diversi. Ma la diversità è ricchezza, come l’incontro con oltre cento associazioni: sono così nate sinergie e si sono costruiti ponti. Anche con realtà piccolissime: «Ma la mia associazione va avanti con la mia pensione, non abbiamo né loghi né cose del genere» ci ha detto un nuovo amico. E la Mariapoli ha voluto dare testimonianza del bene che anche lui fa. Sono così emerse le tante città sotterranee virtuose che Roma contiene. Un bene che si moltiplicherà e una rete che sembra dare ragione all’intuizione che Chiara Lubich scrisse nel 1949 incontrando Roma e amandola: “molti occhi s’illuminerebbero della sua Luce: segno tangibile che Egli vi regna (…) a risuscitare i cristiani e a fare di quest’epoca, fredda perché atea, l’epoca del Fuoco, l’epoca di Dio (…) Non è solo un fatto religioso (…) È questo separarlo dalla vita intera dell’uomo una pratica eresia dei tempi presenti, e un asservire l’uomo a qualcosa che è meno di lui e relegare Dio, che è Padre, lontano dai figli”». di Maria Voce, Presidente del Movimento dei Focolari Fonte: Osservatore Romano, 25 aprile 2016Centro televisivo vaticanoComunicato Stampa – Servizio Informazione Focolari – SIF Discorso integrale del Santo Padre https://www.youtube.com/watch?v=u3mLE6HanXI (altro…)
«Le strutture fisiche che sono cadute – ponti, edifici, case… – sono un invito a far sentire un terremoto anche nella nostra anima, con la domanda: siamo veri costruttori di pace? Ho capito che il dolore serve per unire. Voglio proporre la sfida che, in questi momenti difficili, ci convertiamo in generatori di speranza e ottimismo, ci aiutiamo a mantenere viva la fede». Scrive Isabel, condividendo il suo stato d’animo all’indomani del sisma che ha colpito il suo Paese, l’Ecuador, lo scorso 16 aprile, con una scossa di magnitudo 7.8 della scala Richter. I morti accertati sono finora 587, i feriti oltre 8mila, e oltre 25mila gli sfollati. I numeri continuano a crescere e si stima che la ricostruzione costerà al Paese miliardi di dollari. Per l’emergenza Ecuador il Movimento dei Focolari ha attivato una raccolta fondi, mentre si stanno valutando le modalità di un eventuale un intervento sul campo.
Foto: United Nations
«Sono partito in macchina da Fukuoka (nel Kyushu, dove mi trovo) per tornare a Kumamoto a cercare mia mamma e i parenti», racconta padre Giovanni Kimura, originario della regione giapponese più colpita dalle tre violente scosse registrate tra il 14 e 16 aprile. «Un viaggio che di solito richiede poco più di un’ora è durato mezza giornata. L’autostrada, infatti, non è agibile e i treni sono bloccati». La mamma si trova in un centro di raccolta per rifugiati ed altri parenti in un altro centro di accoglienza. Si tratta di palestre di scuole pubbliche in cui dormono tutti insieme centinaia di persone. Le difficoltà più seria è stata la mancanza di acqua. Varie zone della città sono ancora senza acqua, ma nei punti di raccolta ora hanno il minimo necessario. La popolazione teme soprattutto la possibilità che il Vulcano Aso che si trova tra la provincia di Kumamoto e di Oita possa esplodere: attualmente escono nubi di cenere che arrivano nelle due città». In Giappone sono stati 41 i morti, e sono oltre 100mila gli sfollati, mentre proseguono, a centinaia, le scosse di assestamento. Gli studiosi di geofisica e vulcanologia si interrogano sulla correlazione tra questi due eventi; intanto, la società civile e le autorità – in entrambi i Paesi – si mobilitano per la ricostruzione, il sostegno alle famiglie delle vittime, gli aiuti concreti. Dalla loro pagina Facebook, i Giovani per un Mondo Unito dell’Ecuador, fino a pochi giorni fa coinvolti nella preparazione della Settimana Mondo Unito (SMU) con focus proprio sul loro Paese, si fanno eco di tutta la rete di aiuti in corso: raccolta sangue, reclutamento dei volontari, elenco delle necessità, diffusione dei conti correnti bancari. «Dolore, incertezza, angoscia, paura, rovine, e fra tutto questo, la domanda: Eterno Padre, cosa vuoi da noi? Come stiamo costruendo questo “Camino para la paz”? La nostra vita quotidiana parla di fraternità?». È l’esperienza che i giovani, e ciascun membro della comunità dei Focolari dell’Ecuador, stanno facendo: «Scoprire Dio come l’Amore più grande, per poi vivere la frase del Vangelo “ogni cosa che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, l’avete fatta a me”. In questo momento si evidenzia al massimo la fraternità, la solidarietà, l’amore che supera le differenze: ricco, povero, dell’opposizione, del governo, bianco, indigeno, meticcio o nero. Anche chi non ha subito danni sente proprio il dolore altrui: nelle scatole di cibo raccolte, ad esempio, c’è scritto: “animo, vi vogliamo bene”, in quelle dei medicinali “forza”, “ce la faremo”». I giovani hanno deciso di svolgere la SMU raddoppiando gli sforzi per alleviare la tragedia che vive il Paese. Scrive Estefania: «Dobbiamo andare avanti, dare risposta a tanti che si sentono impotenti di fronte al disastro; ora capiamo che Dio ci ha preparati, durante tutto l’anno, non tanto per la SMU quanto per affrontare questo momento testimoniando l’amore evangelico, per “far brillare sulle macerie la luce” dell’ideale della fraternità», come ha scritto loro la presidente dei Focolari, Maria Voce. Maria Chiara De Lorenzo(altro…)
“Voi trasformate deserti in foreste”. Lo ha affermato Papa Francesco accantonando il testo preparato per l’occasione e suscitando l’entusiasmo e la commozione delle migliaia di persone che, nel pomeriggio di domenica 24 aprile, hanno visto l’auto con a bordo il Santo Padre fare ingresso a sorpresa nel “Villaggio per la Terra”, la manifestazione organizzata da Earth Day Italia e dal Movimento dei Focolari di Roma nel cuore verde della Capitale: il Galoppatoio di Villa Borghese. Il Papa si è presentato inatteso salutato con affetto da famiglie, giovani e persone di tutte le età che da venerdì 22 aprile partecipano agli eventi ospitati nel Villaggio, incentrati sui temi della tutela del Pianeta, della Legalità, del Dialogo Interreligioso e della Solidarietà. Donato Falmi e Antonia Testa, responsabili del Movimento dei Focolari di Roma, assieme a Pierluigi Sassi, presidente di Earth Day Italia hanno accolto il Santo Padre sul palco del Villaggio e illustrato lo spirito dell’iniziativa. Falmi ha introdotto il Papa nell’esperienza della Mariapoli 2016, dal titolo “Vivere insieme la Città”, sottolineando in particolare tre parole-guida, spesso ripetute da Francesco, e adottate con spunto di ispirazione dal Villaggio: “misericordia”, “tenerezza”, “diversità come ricchezza”. Antonia Testa, invece, ha illustrato la collaborazione instaurata dal Movimento dei Focolari con Earth Day Italia e spiegato come in particolare il programma della Mariapoli abbia voluto lanciare uno sguardo su Roma, sulle sue povertà ma soprattutto sul “tanto bene” che in modo silenzioso ma incisivo viene operato quotidianamente nel suo tessuto sociale.
Foto: Thomas Klann
Il Presidente di Earth Day Italia Pierluigi Sassi ha quindi spiegato a Papa Francesco come la strada per arrivare a questo Villaggio sia partita proprio dalla Laudato si’ e dalla “Marcia per la Terra” che l’associazione aveva organizzato coinvolgendo oltre 130 realtà in vista della firma degli Accordi sul Clima, COP21. Papa Francesco ha ascoltato intense testimonianze di partecipanti alla Mariapoli – alcuni “spaccati” di solidarietà vissuti nel mondo del carcere e con gli immigrati; iniziative dei giovani in favore del disarmo, sul valore della legalità e contro il gioco d’azzardo. Pierluigi Sassi ha concluso sottolineando il significato della partita di calcio che si giocherà lunedì al Villaggio tra la Liberi Nantes – la squadra di calcio interamente formata dai richiedenti asilo e rifugiati politici – e la rappresentativa degli studenti universitari della LUISS.“Non abbiate paura del conflitto che ha in sé rischio ed opportunità – ha detto Francesco –. Conoscere è un rischio per me e per la persona a cui mi avvicino. Ma mai, mai, mai girarsi per non vedere. Avvicinarsi all’altro, prenderlo per mano, andare ad asciugare tante lacrime… così dal deserto nasce il sorriso”.“Vi do un compito da fare a casa – ha concluso il Papa –. Quando andate per strada vedete che manca la tenerezza. Ognuno è chiuso in se stesso. Manca l’amicizia. Al centro del mondo oggi c’è il dio denaro, ma la parola chiave è ‘gratuità’ per far sì che questo deserto diventi foresta. Come si fa questo? Sempre nella consapevolezza che tutti abbiamo da farci perdonare… Lavorare insieme, rispettarci, così avviene il miracolo del deserto che diviene foresta. Grazie per tutto quello che fate”. Prima del saluto finale, un ragazzo ha donato a Francesco il “Dado della terra”, un cubo che insegna ai giovani come un gioco i principi della difesa del Creato. Discorso integrale di papa FrancescoComunicato Stampa SIF – Servizio Informazione FocolariServizio fotografico di Thomas Klann su FlickrProduzione video: CSC Audiovisivi https://vimeo.com/164233694 https://vimeo.com/164066584 (altro…)
«Avevamo detto di voler vedere solo Gesù nel fratello, di trattare con Gesù nel fratello, di amare Gesù nel fratello, ma ora s’affaccia il ricordo che quel fratello ha questo o quel difetto, ha questa o quella imperfezione. Il nostro occhio si complica e il nostro essere non è più illuminato. Di conseguenza si rompe l’unità, errando. Forse quel fratello, come tutti noi, ha commesso degli errori, ma Dio come lo vede? Qual è in realtà la sua condizione, la verità del suo stato? Se è a posto davanti a Dio, Dio non ricorda più nulla, ha tutto cancellato col suo sangue. E noi perché ricordare? Chi è nell’errore in quel momento? Io che giudico, o il fratello? Io. E allora devo mettermi a veder le cose dall’occhio di Dio, nella verità, e trattare in modo conforme col fratello, ché, se per disavventura egli non si fosse ancor sistemato col Signore, il calore del mio amore, che è Cristo in me, lo porterebbe a compunzione come il sole riassorbe e cicatrizza tante piaghe. La carità si mantiene con la verità e la verità è misericordia pura, della quale dobbiamo essere rivestiti da capo a piedi per poterci dire cristiani». Da: Chiara Lubich, “La dottrina spirituale”, Città Nuova, Roma 2006, pp. 159-160 (altro…)
Salta.Una delle province più belle dell’Argentina, con ricchezze naturali e culture millenarie che hanno resistito alla conquista degli spagnoli, ormai oltre 500 anni fa. Con l’arrivo del nuovo millennio si è potenziata come luogo turistico, diventando il centro indiscusso della regione del Nord-Ovest argentino. «Il Programma di Turismo Sostenibile è nato nel 2010 su impulso della Commissione episcopale per le Migrazioni e il Turismo», spiega la coordinatrice Paula González. «Il Nord-Ovest argentino si compone essenzialmente di popolazioni discendenti da popoli originari; alcune attualmente costituiscono comunità indigene, mentre altri sono contadini. Questo dimostra la grande appartenenza alla terra, sia per le attività produttive, che per quelle artigianali». Gli importanti flussi migratori, da Europa e Medio Oriente e dall’America Latina, specialmente dalla Bolivia, hanno portato ad una «convivenza di culture, con una componente indigena molto presente, che rende questa regione molto singolare e con grandi sfide culturali». Il programma è nato per rispondere alla mancanza di lavoro: solo il 39% della popolazione economicamente attiva aveva un impiego. «Abbiamo proposto di lavorare nelle aree rurali e più isolate, che erano le zone più colpite», spiega ancora la coordinatrice. La geografia presenta infatti grandi valli, zone rocciose e altopiani (anche oltre i 3000 mt.). «Abbiamo identificato che le maggiori necessità erano date dall’isolamento – continua Paula González –, che impedisce la vendita dei loro prodotti, ed in alcune comunità, anche l’accesso all’acqua e all’energia. Le persone che più ne risentivano erano le donne e i giovani». L’Argentina in quel periodo si stava dotando di un piano nazionale di sviluppo turistico, dal quale rimanevano escluse però le comunità rurali. Fu allora che la Chiesa individuò la necessità di muoversi per creare offerte più eque ed inclusive. L’obiettivo è stato generare nuove destinazioni turistiche, basate sulle attività produttive-agricole ed artigianali, che sono alla base del loro sostentamento. «Nel primo anno, abbiamo identificato 30 comunità e 7 aree-chiave di sviluppo in 5 Province. Oggi, dopo quasi 6 anni, stiamo lavorando in 5 aree; sono una cinquantina gli imprenditori legati alla “Rete di imprenditori Turismo solidale NOA” e se dovessimo evidenziare qualcosa, sarebbe la rete di organizzazioni che si sono associate per lavorare in forma articolata – nazionali, provinciali e locali – università, ONG e imprese. Fra le organizzazioni associate, abbiamo avuto sempre uno stretto rapporto con Economia di Comunione e Movimento politico per l’unità, che sono stati alleati-chiave. In questi anni – conclude Paula – ciò che ha dato forza ed effettività allo sviluppo del progetto, è stato il lavoro su tutti gli anelli della catena di valore e i rapporti stabiliti fra i vari attori». Già si è percorso un buon tratto di strada. Si concretizzano progetti locali, nascono nuovi leader a cui si può delegare le attività e si possono intravvedere risultati molto soddisfacenti come, per esempio, l’interazione e la mutua collaborazione fra diverse comunità che escono dall’anonimato e diventano generatori della propria storia. Per saperne di più:Sito webVideo(altro…)
La rivista trimestrale di cultura del gruppo Città Nuova, nel corso della sua storia ha arricchito il dibattito contemporaneo con gli argomenti e le prospettive scaturite dalla cultura dell’unità.Nuova Umanità si presenta oggi come una rivista che «promuove un pensiero aperto, sostenuto dall’impegno scientifico ed esistenziale di quanti vi scrivono, volto alla ricostruzione della trama d’unità sulla quale si dispiegano le vicende umane». Inoltre, «esplora il presente per valorizzare quanto contiene di vero, di bene e di bello; interpella il passato per leggerne la sapienza; scruta l’avvenire per contribuire a costruirlo secondo le migliori aspirazioni delle donne e degli uomini di buona volontà». Alcune novità: – Un elemento grafico in copertina segnala il Focus, cioè il tema caratterizzante il fascicolo. – Ci stiamo approssimando alla ricorrenza dei 500 anni della Riforma luterana. Essendo Nuova Umanità da sempre sensibile ai dialoghi e in particolare all’ecumenismo, il Focus di NU221 è dedicato a Martin Lutero, importante figura della cristianità. Tale Focus è curato da Hubertus Blaumeiser con i contributi di due teologi, il luterano Theodor Dieter e il cattolico Wolfgang Thoenissen. – Le altre rubriche del numero 221 portano i contributi di Piero Coda, Michele Zanzucchi, Fabio Ciardi, Silvio Minnetti e Lucia Abignente. La rivista Nuova Umanità è anche presente sui social network, in particolare su facebook, twitter e con un canale youtube. Attraverso di essi è possibile entrare in dialogo con gli autori che presenteranno i propri contributi, in video di pochi minuti. Per gestire il proprio abbonamento:www.cittanuova.it/cn_abbonamenti
Promossa daiGiovani per Mondo Unito “Ad alta risoluzione – Regola il fuoco sulla Pace” sarà una giornata dedicata alla pace. Si tratta di un evento che si svolge inPortogallo dal 2002, con cadenza biennale, sempre il 1° maggio, e che ha visto la partecipazione, oltre ad alcune migliaia di giovani portoghesi, anche di giovani di altre nazionalità. Nel 2016, la proposta è ad “alta risoluzione”: si invitano, cioè, i giovani ad essere protagonisti di fraternità e costruttori di pace, senza compromessi. Attraverso la musica, coreografie, testimonianze ed Expo si presenteranno le azioni già in corso di attuazione, con lo scopo di fornire risposte concrete e per dare spunti, idee per proseguire in questa direzione. Quest’anno, il programma comprenderà anche diversi laboratori che affronteranno il tema della pace in varie aree come l’ecologia, l’arte, il dialogo interculturale, l’economia, lo sport, la comunicazione, la scienza e tecnologia. Questa giornata è parte del progetto internazionaleUnited World Project (Progetto Mondo Unito), che si propone la fraternità universale come paradigma delle relazioni umane, promuovendo l’identificazione, la sistematizzazione e diffusione delle azioni che sono già a livello globale a favore della fraternità. Invito 1° maggio 2016 (altro…)
Il Movimento Slot Mob dà appuntamento a tutti il 7 e 8 maggio, quando «in molte piazze d’Italia diremo insieme, a voce e testa alte, il nostro no all’azzardo e il nostro sì a un Paese più civile», scrive Luigino Bruni. «Ogni cittadino può diventare promotore di uno di questi eventi nella propria città. Vi aspettiamo». Sono oltre 40, ad oggi, le città che parteciperanno alla ‘maratona’ nazionale di Slot Mob, lo Slot Mob Fest. Lo scorso 13 aprile è stato presentato presso la sala stampa della Camera dei Deputati il «Manifesto per la democrazia economica e la giustizia sociale», in cui si chiede «che venga rimesso in discussione in maniera democratica, aperta, informata e trasparente, l’affidamento del settore dell’azzardo alle società commerciali, che sono strutturalmente interessate a farne profitto». Leggi anche: Slot Mob. Il sostegno dei Focolari
La credibilità della Chiesa passa attraverso la strada dell’amore misericordioso e compassionevole. Misericordia. Fu la prima parola che papa Francesco pronunciò affacciandosi alla finestra su piazza San Pietro per il primo Angelus domenicale. Una parola che «cambia tutto…cambia il mondo. Un pò di misericordia rende il mondo meno freddo e più giusto», la misericordia manifesta l’amore per noi di un Dio che è un padre che ci ama immensamente, fino a morire per quelli che ama. «E se Dio è per noi, chi sarà contro di noi… chi ci separerà dall’amore di Cristo?». Attraverso i più bei pensieri sulla misericordia di Padri della Chiesa, di Santi, Beati e Pontefici il libro testimonia la certezza stampata nel cuore dei cristiani che suscita infinita gratitudine e speranza: Dio mi ama sempre, comunque, immensamente. Mi è vicino, mi perdona, mi dà la possibilità di ricominciare e, dopo aver sperimentato questo amore misericordioso, di essere a mia volta misericordioso. Fabio Ciardi (1948), dei Missionari Oblati di Maria Immacolata, è professore ordinario presso l’Istituto di Teologia della vita consacrata “Claretianum” (Roma). Ha pubblicato per Città Nuova: Koinonia, itinerario teologico-spirituale della comunità religiosa (1992, 19963), Seguire Gesù, risposta a una chiamata (1996, 20013), Fuoco è la Tua Parola, come vivere il Vangelo (2003, 20042); Luce è la Tua Parola, dialogo interreligioso e annuncio del Vangelo (2005), Parlaci di Lui, i racconti di Cafarnao (2007), La storia di Dio e la mia, la Bibbia fonte di ispirazione per l’uomo (20102), I detti di apa Pafnunzio, in cammino nel deserto (2014), e ha curato: Gesù Eucaristia di Chiara Lubich (2014). LA COLLANAMEDITAZIONI risponde al mai sopito interesse per la vita spirituale mettendo a disposizione di un vasto pubblico sussidi per la riflessione interiore ispirati a un’autentica esperienza spirituale, che alla solidità della dottrina uniscono l’aggancio ai problemi di ogni giorno. EDITRICE CITTÀ NUOVA
Con 367 voti a favore e 137 contrari, i deputati brasiliani hanno approvato l’apertura del processo d’impeachment contro la presidente Dilma Rousseff, mentre oltre 200 milioni di brasiliani, fortemente divisi, hanno seguito con il fiato sospeso la votazione. Ora tocca al Senato confermare o no la messa in stato d’accusa della presidente. Se favorevole, il voto dell’11 maggio sospenderà l’attuale presidente dalle sue funzioni per 6 mesi, in attesa del verdetto finale. La costituzione brasiliana prevede, in questo caso e per quel lasso di tempo, che assuma l’incarico il vicepresidente. I vescovi brasiliani in una dichiarazione ufficiale datata il 13 aprile, fanno sentire la loro voce “di fronte alla profonda crisi etica, politica, economica e istituzionale” che attraversa il Paese con “scandali di corruzione senza precedenti”, che coinvolge imprenditori, politici, funzionari pubblici in “uno schema che, oltre ad essere immorale e criminoso, ha un caro prezzo” che – dicono i presuli – pagano soprattutto i poveri. E centrando l’attenzione sull’impeachment, affermano di accompagnare “con attenzione questo processo” augurando che si svolga nel “rispetto dell’ordinamento giuridico dello Stato democratico di diritto”. Sottolineano, inoltre, che “il bene della Nazione esige il superamento da parte di tutti degli interessi personali, partitici e di gruppi” perché “la polarizzazione di posizioni ideologiche, in un clima fortemente emotivo, genera la perdita dell’obiettività e può portare a divisioni e violenze che minacciano la pace sociale”. Chiedono al “popolo brasiliano di preservare gli alti valori della convivenza democratica, di rispetto al prossimo, di tolleranza e di sano pluralismo, promuovendo il dibattito politico con serenità”. E concludono affermando di credere “nel dialogo, nella saggezza del popolo brasiliano e nel discernimento delle autorità nella ricerca di vie che garantiscano il superamento dell’attuale crisi e la preservazione della pace nel nostro Paese”. Il Movimento politico per l’unità Brasile (Mppu) – spazio di confronto politico che s’ispira agli ideali di fraternità tipici della spiritualità dei Focolari –, afferma per voce del Presidente Sergio Previdi “la propria convinzione nella forza del dialogo libero da pregiudizi”. Previdi invita inoltre i cittadini a “provocare un dialogo inclusivo” perché “insieme, esercitando la democrazia, si possono mettere in pratica le azioni necessarie per il bene di tutti”. “Molto ancora si può fare – dicono – se mettiamo in pratica la cultura della fraternità, superando le frontiere partitiche e partecipando positivamente nella vita politica quotidiana del Paese”. La principale preoccupazione in questo delicato momento è, per il Mppu Brasile, quella di “non disperderci, lasciando che le differenze ideologiche e partitiche ci dividano”, ma anzi “cogliamo le differenze per approfondire il dialogo”. E soprattutto “cerchiamo di informarci da fonti diverse, per avvicinarci meglio alla verità”. I numerosi membri del Movimento dei Focolari in Brasile, in linea con la Conferenza episcopale brasiliana, si impegnano ad offrire quello che considerano “il principale contributo che possiamo dare in questo delicato momento: l’annuncio e la testimonianza della fraternità vissuta. È lo specifico della spiritualità dell’unità che ci anima”. (altro…)
Questo il tema di una tavola rotonda organizzata dal Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) e dal Movimento dei Focolari, il prossimo 21 aprile a Ginevra. L’incontro parte dalla constatazione che l’Europa si trova di fronte ad una triplice sfida: quella del superamento della crisi economica, quella della gestione della crisi migratoria, e quella dell’avanzamento di forze politiche di estrema destra. Tre circostanze che insieme possono mettere a rischio la costruzione europea? E che ruolo possono avere le chiese cristiane e altre comunità di fede nel riaffermare i valori e gli ideali europei? A questa domanda cercheranno di rispondere esponenti delle chiese, della politica e del mondo accademico e diplomatico. Il dibattito vedrà il saluto del segretario generale del CEC, pastore Olav Fykse Tveit. Partecipano alla tavola rotonda Pasquale Ferrara (Università LUISS – Roma); Eric Ackermann (Comunità ebraica di Ginevra); Gaëlle Courtens (Federazione delle chiese evangeliche in Italia); Andreas Gross (già parlamentare svizzero e già membro dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa). Modererà l’incontro Marguerite Contat (già capodelegazione della CICR). Ulteriori informazioni: https://www.oikoumene.org/fr/press-centre/events/europe-quelle-identite-quelles-valeurs?set_language=fr(altro…)