Movimento dei Focolari
Bolivia, Centro Angolo di Luce

Bolivia, Centro Angolo di Luce

20140609-02Appoggio scolastico per 60 bambini e ragazzi, un pasto al giorno per tutti, laboratori di formazione per genitori e figli, borse di studio per i giovani e attenzione a migliorare le condizioni di vita delle famiglie del quartiere, attraverso l’erogazione di crediti per l’avvio o miglioramento di piccole attività produttive. Questo, in sintesi, è il progetto del Centro Rincón de Luz (Angolo di Luce),  gestito dall’Associazione locale Unisol, in collaborazione con le Associazioni AMU (Azione Mondo Unito) e AFN (Azione per Famiglie Nuove). Per verificare l’andamento del progetto, al 3° anno di vita, e studiare insieme nuove soluzioni di sviluppo, Anna Marenchino, del settore progetti AMU, si è recata in Bolivia, a Cochabamba. Tra le tante persone incontrate durante il viaggio c’è Mari Cruz, la nuova direttrice didattica del Centro. Lei stessa da piccola lo aveva frequentato, anche se non c’era la struttura accogliente di oggi, e ha potuto concludere gli studi grazie al Sostegno a Distanza di Famiglie Nuove. Vederla oggi coordinarne l’area didattica può essere uno sprone per tutti i bambini e le famiglie a credere che una vita migliore è possibile. «Ho dovuto sopportare tanta sofferenza nella mia vita – racconta Mari Cruz -. Quando ero piccola mio papà beveva e vederlo così mi faceva molto male. Non era violento con noi, ma duro. Ricordo che le sue punizioni consistevano nel farci girare intorno alla casa dalle 4 del mattino fino alle 7 quando andavamo a scuola. Per me il Centro era un punto di riferimento. Mi aiutavano nella materie in cui avevo più difficoltà, e, una volta capite, ero tra le migliori della classe. Inoltre mi davano la possibilità di studiare attraverso un aiuto economico per pagare la scuola. 20140609-01Dopo qualche anno ci siamo trasferiti lontano dal Centro. Mio papà stava meglio, e noi tutti lavoravamo con lui nei fine settimana per sistemare la nostra casa. È stata dura all’inizio perché non avevamo niente in casa: luce, acqua, bagno. Spesso avevano poco da mangiare perché non avevano molte disponibilità economiche, ma non ci lamentavamo. Guardavamo papà e con tono rassicurante gli dicevamo: non ti preoccupare, vai a lavorare così domani mangeremo pollo! Nei momenti più duri ho trovato il coraggio di ricominciare, grazie ad alcune persone del Movimento dei Focolari che, oltre ad avermi aiutata attraverso il Centro, mi hanno sostenuta e aiutata a ritrovare fiducia in me stessa e negli altri. Insegnavo nel centro Rincón de Luz da alcuni anni, ma quando a dicembre mi hanno chiesto di diventare la nuova direttrice didattica non ci potevo credere. Davvero avevano pensato a me? Ho detto subito di sì, perché voglio impegnarmi per dare un’opportunità a questi bambini, come l’ho avuta io. Oggi sono davvero felice perché ogni esperienza, bella o triste mi ha resa molto forte e mi ha dato la possibilità di capire profondamente le altre persone, perché ho sentito nel mio cuore le loro sofferenze. Posso dire ai bambini e alle loro famiglie: coraggio si può cambiare!». Fonte: Amu Notizie n.2/2014 – www.amu-it.eu (altro…)

Bolivia, Centro Angolo di Luce

L’amore vince la povertà

MarcoTecilla«Nel cuore di Chiara Lubich c’era un sogno» – a parlare è Marco Tecilla, passato alla storia come il “primo” focolarino. Ha davanti una platea di qualche centinaio di persone provenienti da 50 Paesi, in rappresentanza delle comunità locali dei Focolari sparse nel mondo. Spontaneo è guardare alla vita della città dove il carisma dell’unità ha mosso i primi passi, Trento, per avere una luce anche per i nostri giorni. «Guardando dalla sua finestra che dominava la città di Trento, Chiara avrebbe voluto risolvere il problema sociale della città. Ma ancora non avevamo le forze. Ed ecco che nel dicembre del 1947 ci convocò tutti nella sala Cardinal Massaia per comunicarci qualcosa. Aveva notato che in seno a questa nostra comunità vi erano delle persone costrette a vivere in grandi ristrettezze economiche. E questo per lei era inconcepibile. Nelle prime comunità cristiane sorte a Gerusalemme nei primi tempi della Chiesa, – come ci dicono gli Atti degli Apostoli – “tutto era in comune e non c’erano tra loro indigenti” perché il Vangelo era vissuto alla lettera. Chiara, appunto, decise di parlarci della comunione dei beni e lanciare a tutti noi, che formavamo questa prima comunità trentina tale sfida. Simile e dissimile da quella dei primi cristiani». Ognuno doveva quindi vendere tutti i suoi beni? «No. Pur raggiungendo, infatti il medesimo scopo della comunità cristiana, non si domandava che ciascuno vendesse quanto aveva e lo portasse alla comunità, ma che ciascuno donasse quel tutto che di proprio possedeva e di cui poteva privarsene senza recar danno a se stesso o alla famiglia». 20111030-02Come funzionava questa forma di carità “organizzata”? «Ognuno portava quanto aveva in soprappiù, soprattutto in denaro, e si impegnava a donare una cifra fissa da lui stabilita, mese per mese. Il donatore e la cifra promessa rimanevano segrete. Col denaro ricevuto una focolarina incaricata da Chiara stessa, avrebbe aiutato, mensilmente e segretamente, famiglie della comunità nell’indigenza, regolando tale delicato compito con tutta la carità e la discrezione. Lo scopo era: arrivare a far sì che fra noi non ci fosse più alcun indigente, ma tutti avessero il necessario per vivere. Il risultato della somma ottenuta e dell’impegno mensile furono impensati e riuscirono, già nel primo mese, a sistemare una trentina di famiglie». Cosa pensava Chiara a riguardo? «Guardando a questo nostro mondo lei diceva: “Sembra una cosa impossibile al giorno d’oggi, così avido ed egoista…eppure è così. Di fronte a questi fatti, commossi e riconoscenti, gridiamo: La Carità è Dio! E Dio è l’Onnipotente. Nello spirito di carità e di unità (che non è la semplice elemosina, ma il dono totale di sé alla volontà di Dio) tutti troverebbero qualcosa da dare. Ma occorre, prima di chiedere il proprio, formare i cuori, perché – a differenza dei primi cristiani – aleggia fra essi troppo spirito di mondo e regna la disunità e l’indifferenza. Solo una solida e profonda formazione evangelica può mantenere viva una società ideale di fraterna carità. Questo lo sarà certamente fra noi, perché, finché siamo uniti, Cristo è in mezzo a noi, e ciò che Lui edifica, rimane”. Infatti, ciò che veniva molto in rilievo nei primi tempi del Movimento dei Focolari era l’importanza del vivere il Vangelo». Esperienza, questa della comunione dei beni, che non si è fermata alla prima comunità di Trento, ma è continuata negli anni, sia nelle scelte di vita dei membri dei Focolari, sia in azioni concrete (come le “reti fagotto”) in cui si fanno circolare i beni in una forma che ricorda l’antico baratto, con una forte dose di solidarietà e giustizia sociale. (altro…)

Bolivia, Centro Angolo di Luce

15 días con Ignacio de Loyola

Loyola_15 diasIgnacio de Loyola (1491-1556), el fundador de los jesuitas, es un gran místico y uno de los grandes maestros espirituales de todos los tiempos. Su itinerario personal ha inspirado y ayudado a un gran número de cristianos de todos los tiempos. Por esta razón se ha convertido en la Iglesia en el maestro reconocido de los «retiros espirituales», gracias a los cuales se alimentan muchas personas. Este libro invita al lector a orar a partir de algunas intuiciones importantes en la vida espiritual y apostólica de san Ignacio. Cada capítulo se abre con un texto del propio Ignacio, y se cierra con una meditación sobre el tema tratado a partir del Evangelio y una oración.

 Grupo Editorial Ciudad Nueva – Buenos Aires

Bolivia, Centro Angolo di Luce

Si soffre nella Repubblica Centrafricana

«In generale la situazione di Bangui, la capitale della Repubblica Centrafricana, migliora. Nel resto del Paese ci sono realtà molto varie, le nostre comunità sono in zone abbastanza calme, ma dal dicembre scorso c’è una zona della città in cui sono continuate le piccole rappresaglie e uccisioni. Si tratta del quartiere musulmano e dintorni. La gente non può tornare nelle proprie case e continuano ad essere rifugiati nei campi profughi, intorno all’aeroporto, nelle chiese e nella moschea centrale». «La giornata del 28 maggio è cominciata normalmente, con le attività di un giorno settimanale qualunque. Nel pomeriggio ci sono stati ancora scontri nei quartieri “caldi”.  Ad un certo punto un gruppo armato ha fatto irruzione nei pressi della Chiesa di Nostra Signora di Fatima, ha aperto il fuoco sulla gente che era rifugiata lì ed ha preso in ostaggio una quarantina di persone. I morti sul posto sono una quindicina, molti feriti. Dei quaranta ostaggi si sono ritrovati 39 cadaveri…». «La gente non ne può più. Il giovedì 29 era la festa dell’Ascensione di Gesù. C’erano delle barricate nelle strade principali e nei quartieri di tutta la città per impedire la circolazione delle auto. Il giorno dopo, alle ore 4, siamo state svegliate da un rumore assordante…. Migliaia di persone al suono dei coperchi di pentole che hanno sfilato pacificamente fino alle 7. In altre parti della città si continuano a sentire degli spari, a volte in modo sporadico a volte più intenso, forse per contenere la protesta». «La protesta chiede le dimissioni del governo di transizione, la partenza delle truppe straniere. Dopo sei mesi, sono accusate dalla popolazione di non aver effettuato un vero disarmo delle zone “calde” della città. E si interpreta questo fatto come una volontà di mantenere il disordine militare-politico da parte dei paesi che fanno parte delle truppe che dovrebbero riappacificare il Paese, mentre continua lo sfruttamento delle nostre risorse in modo illegale. Il governo di transizione non ha la forza di imporsi, né le finanze per riorganizzare le forze armate nazionali, che potrebbero più efficacemente difendere gli interessi della popolazione». «Il giorno del massacro nella Chiesa di Fatima abbiamo cercato, con trepidazione, di avere notizie riguardo alle persone della nostra comunità, soprattutto di chi vive vicino alla zona colpita. Willy, un giovane che conoscevamo, è rimasto ucciso e ci sono altri con ferite leggere. Tutti gli altri sono salvi e rifugiati altrove. Cerchiamo di sostenerci a vicenda attraverso il telefono e alcuni giovani sono passati da noi per trovare un po’ di sollievo». «È dall’inizio del conflitto che cerchiamo di aiutare chi ci rimane vicino, specie alle famiglie e bambini con aiuti concreti che ci arrivano dai Giovani per un mondo unito, dal Sostegno a distanza delle Famiglie Nuove, e altri. Qui sul posto siamo anche impegnati a sensibilizzare i giovani alla pace, attraverso i Giovani per un mondo unito e tutta la comunità». «Siamo certi – conclude Monica – che Dio ha un piano d’amore anche per il nostro Paese; e, in mezzo alle gravi difficoltà che attraversiamo, cerchiamo di essere testimoni di questo suo amore per quanti ci circondano». (altro…)

“Dio è sempre con noi”

Il Signore è grande! Un giorno, mentre sto recandomi al lavoro, incontro sul trenino una signora che conosco di vista perché frequenta la mia stessa chiesa. Ci salutiamo e si avvia un colloquio. Mi fa: «Vedo che lei è sposato. Ha dei figli?». «Rispondo di sì, che sono padre di due bellissime ragazze di cui sono orgoglioso. Quando a mia volta le chiedo dei suoi figli, lei scoppia a piangere davanti a tutti i passeggeri, con grande mio imbarazzo. Le chiedo scusa, al che lei mi racconta la sua situazione: «Ieri, dopo aver esaminato il risultato delle analisi, il mio ginecologo mi ha detto che non potrò diventare mamma. Per me, che sono sposata da nove anni, è un grande dolore». L’ascolto con molta partecipazione, poi la invito a non rassegnarsi ma a continuare ad aver fede in Dio. Anch’io mi unirò alla sua preghiera. Tre settimane dopo, rivedo la stessa signora all’uscita dalla messa: raggiante, mi stava aspettando per comunicarmi una bella notizia: «Sono in gravidanza da tre settimane. Il Signore è grande!». Dopo nove mesi nasce Emanuele, un bambino bellissimo. W.U. – Roma Lavoro di traduzioni Avevo necessità di soldi ed ero riuscita a trovare un lavoro: fare delle traduzioni. Un giorno una mia amica mi ha confidato che stava passando un momento difficile economicamente. Le ho offerto allora di condividere con me il lavoro che stavo facendo. Lo stesso giorno mi è arrivata l’offerta di un altro lavoro che mi avrebbe fatto guadagnare il doppio di quanto avevo condiviso con la mia amica. E. M. – Azzorre Il compagno di scuola Un giorno, un mio compagno di classe ha cominciato a buttare per aria libri e quaderni, imprecando contro Dio: «Perché non ci sei quando mi servi? Cosa stai a fare lassù?». Non capivo perché facesse così, finché ho saputo che la sua mamma doveva essere operata di cancro. Gli sono stata vicina, condividendo con lui questo grande dolore, e alla fine, insieme, abbiamo chiesto a Gesù che l’intervento andasse bene. Anche le altre compagne hanno pregato. La classe sembrava trasformata: questo episodio ci aveva reso più uniti. L’intervento poi è riuscito e tutti abbiamo ringraziato Dio. J.S. – Germania (altro…)

Bolivia, Centro Angolo di Luce

A Tacloban, in ricordo degli eroi senza nome del tifone Haiyan

Waray NgaRun PosterWARAY ngaRUN, cioè “senza nome”: un gioco di parole che trasforma l’espressione del dialetto filippino waray-waray, nel termine inglese “run”, cioè corsa. Una maratona in ricordo delle vittime senza nome, degli eroi sconosciuti che hanno prestato e continuano a prestare aiuto. Questo è il significato della corsa di solidarietà che si svolgerà il 28 giugno durante la festa della città di Tacloban, una delle più colpite dal devastante tifone che si è abbattuto sulle Filippine a novembre 2013. Con WARAY ngaRUN si vuole far conoscere gli attuali bisogni delle persone nelle zone devastate, ma anche dare coraggio alla gente per ricominciare e andare avanti. Obiettivo importante è coinvolgere i giovani ad essere in prima linea nella ricostruzione della vita del Paese. La giornata inizierà proprio con la maratona alle sei del mattino, per proseguire con una fiera e delle mostre durante il giorno e si concluderà con una notte bianca di solidarietà. Sarà un’occasione per condividere esperienze e iniziative da persone e gruppi che in vario modo sono stati dei veri eroi durante e dopo il tifone. Si prevede la partecipazione di molte espressioni della società civile: dagli artisti waray locali a gruppi musicali, da chi desidera condividere i propri talenti, a studenti e insegnanti provenienti da organizzazioni private e governative. Il ricavato della manifestazione sarà conferito allo “Start Again Project” promosso dai Giovani per un Mondo Unito, a favore delle comunità colpite dal tifone nella regione delle Isole Visayas, e con un piano d’azione in 7 punti: • ricostruzione dei tetti delle scuole • raccolta di materiale scolastico • un memoriale chiamato “Yolanda” • installazione di sistemi di acqua potabile • programmi di istruzione superiore • una “soup kitchen” • una missione medica L’idea nasce dall’esperienza fatta con la band internazionale Gen Rosso quando hanno tenuto un workshop ed uno spettacolo a Tacloban come parte del loro “Philippines Solidarity Tour 2014”. «Quando il progetto “Start Again” è venuto a portare aiuto a Leyte, includendo la nostra comunità in Tacloban – raccontano –, abbiamo sentito fortemente la necessità di ricambiare questo amore organizzando un’attività in grado di finanziare i loro diversi progetti. E con questo WARAY ngaRUN sentiamo che non siamo più solo destinatari, ma anche collaboratori attivi». Pagina Facebook: WARAYngaRUN2014 (altro…)

Giugno 2014

Gesù aveva presenti anche tutti noi che avremmo dovuto vivere in mezzo alla vita complessa di ogni giorno. Perché Amore incarnato, avrà pensato: io vorrei essere sempre con gli uomini, vorrei dividere con loro ogni preoccupazione, vorrei consigliarli, vorrei camminare con loro per le strade, entrare nelle case, ravvivare con la mia presenza la loro gioia. Per questo ha voluto rimanere con noi e farci sentire la sua vicinanza, la sua forza, il suo amore. Il Vangelo di Luca racconta che dopo averlo visto ascendere al Cielo, i discepoli “tornarono a Gerusalemme con grande gioia” (Lc 24,52). Come poteva essere? Avevano sperimentato la realtà di quelle sue parole. Anche noi saremo pieni di gioia se crediamo veramente alla promessa di Gesù: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” Queste parole, le ultime che Gesù rivolge ai discepoli, segnano la fine della sua vita terrena e, nello stesso tempo, l’inizio della vita della Chiesa, nella quale è presente in tanti modi: nell’Eucaristia, nella sua Parola, nei suoi ministri (i vescovi, i sacerdoti), nei poveri, nei piccoli, negli emarginati…, in tutti i prossimi. A noi piace sottolineare una presenza particolare di Gesù, quella che lui stesso, sempre nel Vangelo di Matteo, ci ha indicato: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (cf Mt 18,20). Mediante questa presenza egli vuole potersi stabilire in ogni luogo. Se viviamo quanto lui comanda, specialmente il suo comandamento nuovo, possiamo sperimentare questa sua presenza anche fuori delle chiese, in mezzo alla gente, nei posti in cui essa vive, ovunque. Quello che ci è chiesto è quell’amore vicendevole, di servizio, di comprensione, di partecipazione ai dolori, alle ansie e alle gioie dei nostri fratelli; quell’amore che tutto copre, che tutto perdona, tipico del cristianesimo. Viviamo così, perché tutti abbiano la possibilità di incontrarsi con Lui già su questa terra.

Chiara Lubich

Pubblicata in Città Nuova 2002/8, p.7.

Bolivia, Centro Angolo di Luce

Steps to Positive Political Dialogue

9781565485075_thumbIf you feel like politics and politicians have sunk into a hopeless pit of divisiveness and insincerity, you need this book. Amy Uelmen identifies some of the burning questions of our times: Does voting the wrong way constitute a sin? Are my misguided friends being inadvertently duped by political machines to make sinful choices? Are my misguided friends being inadvertently duped by political rhetoric that sounds good, but produces no social change in practice? The 5 steps she proposes will help you ask the right questions and establish parameters that can produce actual dialogue rather than simultaneous monologues in your family, church, community, or town hall meeting. The insights are: (1) Believe it is possible to have a positive vision of politics; (2) Practice and refine communication skills based on love; (3) Understand where there is and is not room for compromise; (4) Recognize suffering as a springboard for love; and (5) Build the polis with constructive action. Author: Amy Uelmen Available from New City Press (NY)

Bolivia, Centro Angolo di Luce

Trento e l’onda di pace

La storia di Trento – città natale di Chiara Lubich – non dimentica quel devastante bombardamento del 13 maggio 1944, che rase al suolo vite, case, ideali. Lo stesso giorno, 70 anni dopo, la città ha visto “un bombardamento di atti d’amore”. Lo dicono alcuni dei bambini presenti. È sempre maggio. La piazza Duomo di Trento, quell’enorme salotto affrescato, accoglie anche quest’anno oltre 2500 bambini, provenienti dalle scuole di 23 Istituti scolastici della città. Insieme a loro, studenti delle medie e del liceo, insegnanti, genitori, nonni, rappresentanti delle istituzioni, il Sindaco e diversi assessori. Si tratta di un appuntamento che è entrato a far parte della storia degli ultimi 11 anni della città. Vi convergono tutte le scuole per raccontarsi in mille modi come si è cercato durante l’anno di vivere le frasi del dado e come si è riusciti ad essere “attori di pace”. Il programma si è sviluppato attorno al tema del “conflitto”: come abitarlo, come affrontarlo, come risolverlo. Toccante il momento del Time out, un minuto di silenzio e preghiera per ricordare i Paesi sconvolti da conflitti, con un pensiero particolare alle circa 300 studentesse rapite in Nigeria. Un lungo minuto che, con il ritocco delle campane del Duomo a mezzo giorno, ha raccolto la vivacissima piazza. Festa in una splendida giornata di sole. La città è risultata invasa da un’onda di pace, con migliaia di messaggi e racconti di “atti d’amore” scritti e distribuiti a passanti, negozianti, turisti. Con centinaia di disegni che coloravano via Bellenzani, la principale arteria del centro storico. Protagonisti anche in quest’edizione i bambini, entusiasti e convinti che “la pace comincia da me”. Il giornale L’Adige titolava in prima pagina La piazza invasa dai portatori di pace. E il quotidiano Trentino: “Che bella iniezione di speranza vedere migliaia di bambini vestiti con berretti e magliette di tutti i colori, diventare quasi un arcobaleno vivente e gridare all’unisono “pace”. Anche la Rai e altre tv e radio regionali hanno voluto raccontare questa speranza. La festa “Trento città della pace” conclude il percorso annuale di educazione ai valori attuato nelle scuole della città e condiviso tra un centinaio di insegnanti, dei vari ordini di scuola, negli incontri mensili del “Tavolo Tuttopace”. L’iniziativa comincia 11 anni fa, con una classe di bambini di terza elementare, la loro maestra e quel dado della pace tirato ogni mattina per vivere una delle sue sei facce. Con quel Giornalino Tuttopace, attraverso il quale veicolare e raccontare ad altri bambini i loro fatti di pace, disegni, poesie, canzoni, e che oggi, inserito sul giornale del Comune, arriva nelle case di tutte le famiglie di Trento. E, ancora, con il realizzare insieme all’allora sindaco Alberto Pacher quella “Aiuola della Pace”, con il dado al centro, perché i passanti potessero “osservare e imparare”. Oggi, legato a questa storia, si è avviato il progetto “Trento, una città per educare”, che interessa i sette istituti comprensivi della città, con le scuole dell’infanzia, primarie, secondarie, scuole paritarie, istituti superiori, scuole della Provincia a cui si collegano quelle di altre città. Insieme a bambini e insegnanti, anche le famiglie seguono un proprio percorso formativo. E con esse il territorio, l’amministrazione comunale e provinciale, altre istituzioni e associazioni. http://vimeo.com/68603474 (altro…)

Bolivia, Centro Angolo di Luce

Vite in gioco

L’azzardopatia incentivata per legge rappresenta il culto terminale di un sistema economico che ha provocato il casinò finanziario mondiale. Analisi, storie e numeri per continuare a capire e per agire. Leggi compiacenti hanno favorito la diffusione incontrollata dell’azzardo legalizzato che rovina la vita di intere famiglie. È lo stesso meccanismo della finanza globale che mercifica gli esseri umani, interi territori e i beni comuni. Mentre i prevalenti decisori politici ignorano i costi sociali e si illudono di trovare i soldi per le magre casse dello Stato dal patto di spartizione con le grandi società concessionarie, piccoli esercenti rifiutano l’ingresso delle slotmachine nei loro locali. Dal “voto con il portafoglio”, alla festa comune e spontanea di quartieri e paesi per gli esercenti che rifiutano l’ingresso delle slotmachine nei loro locali: un movimento di idee, portato avanti da giovani e adulti, uomini e donne, professionisti, studenti e lavoratori, ri-mette in gioco le vite in un’altra direzione, contro il gioco che diventa dramma antropologico. Nel volume, giornalisti, economisti, sociologi, giovani impegnati tracciano un quadro completo e dettagliato del fenomeno dell’azzardopatia. Contributi di: Daniele Albanese, Andrea Baranes, Leonardo Becchetti, Luigino Bruni, Matteo Iori, Gabriele Mandolesi e Francesco Naso, Daniele Poto, Giuseppe Riccio, Federico Tonioni, Marco Verani. Il Curatore, Carlo Cefaloni, è laureato in Giurisprudenza all’Università di Roma La Sapienza. Scrive su Città Nuova occupandosi di lavoro, economia, cittadinanza e diritti umani. Convinto assertore della “cultura che nasce dalla vita”, partecipa a diverse reti sociali attive su politiche di pace, ambiente, lavoro e legalità. Tra i promotori di Slot Mob. (altro…)

Bolivia, Centro Angolo di Luce

I profughi siriani e Papa Francesco

«A Betania Oltre il Giordano sarà una donna musulmana a raccontare al Papa l’esperienza dei profughi della Siria. E dopo di lei parlerà anche un cristiano iracheno. Sì, perché – anche se non ne parla più nessuno – qui in Giordania ci sono ancora 500mila profughi iracheni. E anche il loro è  un Paese in cui si continua a morire, proprio come in Siria». 20140524WaelSuleimanNella Terra Santa che aspetta il Papa c’è una vigilia che non ha decisamente tempo per palchi e bandiere: quella di chi è stato costretto dalla guerra a lasciare la propria terra. A raccontarla è Wael Suleiman, direttore di Caritas Giordania: un laico focolarino di 40 anni, che da tre ormai ha a che fare quotidianamente con le storie e le tragedie di chi scappa dalla Siria. Proprio in questi giorni che precedono l’arrivo del Papa è già arrivato ad Amman il presidente di Caritas Internationalis, il cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, insieme al comitato esecutivo dell’organismo che raggruppa gli organismi caritativi delle conferenze episcopali di tutto il mondo. Insieme stanno facendo il punto sugli interventi in atto per l’emergenza Siria, ma anche sulle ferite drammatiche che restano aperte. In Giordania fin dal 2012 la Caritas è attiva con il campo profughi di Mafraq a cui si è successivamente affiancato anche quello di Zarqa. 201405ProfughiSiriani2«Quanti sono i profughi siriani in Giordania? Le cifre del governo parlano ormai di 1.350.000 persone – ci risponde Suleiman – Ma non potete capire fino in fondo che cosa significhi per noi giordani questa storia se non tenete presente anche tutto il resto. Perché nel mio Paese prima erano già arrivati i profughi palestinesi nel 1967. Poi è stata la volta dei libanesi negli anni Ottanta e degli iracheni negli anni Novanta. E lo sapete che negli ultimi due anni anche gli egiziani con visto di lavoro sono raddoppiati? Sì, c’era un accordo tra i nostri due Paesi, così molti di quelli che sono scappati da Il Cairo a causa delle violenze sono venuti comunque qui». Anche per questo nella delegazione di circa quattrocento persone che incontreranno il Papa a Betania Oltre il Giordano – il sito archeologico dove si ricorda il battesimo di Gesù -, ci saranno anche i poveri e i disabili della Giordania. È infatti quasi impossibile, ormai, tracciare dei confini tra le diverse sofferenze: «Si dice: voi giordani non avete avuto la guerra, ed è vero – continua ancora il direttore di Caritas Giordania – Ma tutte le devastazioni create dai conflitti nei Paesi vicini hanno avuto ripercussioni pesanti qui da noi. Penso per esempio alle scuole dove oggi abbiamo cinquanta alunni per classe o alle difficoltà enormi a garantire l’acqua o l’elettricità per tutti. Anche la Giordania sta soffrendo. E ci chiediamo: qual è il futuro del nostro Paese?».

20140524PopeVisiteJordan

http://popevisit.jo/

Anche per questo a Betania Oltre il Giordano si attende dal Papa soprattutto una parola di speranza. L’incontro con i poveri avverrà in una chiesa che è ancora un cantiere: in questo sito che il regno di Giordania ha voluto valorizzare per i pellegrinaggi cristiani, concedendo a ogni confessione la possibilità di costruire una nuova chiesa; quella latina – la cui prima pietra fu posta da Benedetto XVI nel 2009 – è ferma alla struttura muraria essenziale. Già nel mese di gennaio, però, il patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal ha presieduto qui la liturgia dell’annuale pellegrinaggio al Giordano dei cristiani locali nella festa del Battesimo di Gesù. Un cantiere che probabilmente diventerà un simbolo anche della ricostruzione umana che i poveri e i profughi cercano oggi in questa durissima periferia del mondo. «Tanti tra i cristiani della Siria che accogliamo qui ci chiedono: “Ma Dio c’è ancora?” – racconta Suleiman -. È una domanda in cui c’è tutta la loro disperazione. E anche la nostra fatica oggi nel dare una risposta». Fonte: Vatican Insider Guarda anche: Servizio sulla Caritas – Giordania http://vimeo.com/74919106 (altro…)

Bolivia, Centro Angolo di Luce

Balcani, solidarietà in mezzo alla tragedia

Il peggio probabilmente è passato, dopo l’alluvione che si è abbattuta su Croazia, Serbia e Bosnia-Erzegovina. Per ora si contano una cinquantina di vittime, ma si tratta di un bilancio provvisorio; e la situazione rimane particolarmente critica nelle regioni bagnate dal fiume Sava – compresa Belgrado -, dove sono partite le operazioni di evacuazione che hanno coinvolto sinora 25 mila persone su 400 mila che vi abitano. Intanto arrivano i primi aiuti dall’estero – anche l’Italia, ha annunciato il ministro degli Esteri Mogherini, ha stanziato 300 mila euro -; ma la solidarietà è più che mai viva anche tra le popolazioni colpite. Željka di Slavonski Brod – una delle città sulla Sava – ci scrive: «I social network sono pieni di parole d’incoraggiamento e sostegno, e le persone si offrono per aiutarsi gli uni gli altri. Quelli che non possono fare niente pregano; gli altri portano da bere e da mangiare a quelli che stanno riempiendo i sacchi con la sabbia per fare degli argini». Sono infatti migliaia i volontari che giorno e notte costruiscono gli argini, o raccolgono aiuti per chi ha perso tutto e si trova nei centri di accoglienza. In tutta la Croazia moltissime realtà – dalla Caritas, alle aziende, alle parrocchie, ai movimenti – si sono mobilitate per aiutare: così chi porta aiuti non paga l’autostrada e le compagnie telefoniche forniscono internet e chiamate gratis nei posti colpiti. Anche alcuni membri del Movimento dei Focolari si sono offerti di andare nel centro-sud del Paese per portare soccorso: «Di un aiuto più concreto ci sarà bisogno quando si dovranno sistemare le case – spiegano -, ma purtroppo molte non sono più abitabili». Ma non mancano le iniziative dei singoli: un barista ha messo a disposizione il suo locale come punto di raccolta per gli aiuti, e ha donato tutto il guadagno di una giornata rendendo i clienti partecipi dell’iniziativa. Ancora di più sono state però colpite Bosnia, Erzegovina e Serbia, tanto che la Croazia stessa ha raccolto e inviato subito aiuti, pur essendo essa stessa in difficoltà. La città serba più colpita è Obrenovac, dove è stata disposta l’evacuazione di tutti i 20.000 abitanti. «Il pericolo non è finito – scrivono dalle comunità locali dei Focolari -, soprattutto per la minaccia di frane. Inoltre, tutta la produzione agricola è andata distrutta, per cui c’è e ci sarà nei giorni a venire carenza di cibo». Fortunatamente anche qui si sono subito mobilitati in gran numero i volontari, e stanno affluendo aiuti dalla Russia, dall’UE e dai Paesi vicini. «Questa solidarietà fa davvero impressione – proseguono -. Anche la Chiesa cattolica, che è una minoranza nel Paese, attraverso la Caritas si è subito attivata per raccogliere aiuti e, attraverso le strutture dello Stato, sta distribuendo viveri ai più bisognosi per un valore totale di 30 mila euro. Qui nessuno guarda se sei ortodosso, cattolico, o di un’altra religione». Alcune parrocchie hanno messo a disposizione le proprie strutture, come ad esempio a Sid, dove la grande casa vescovile accoglie i rifugiati – in maggioranza ortodossi -, mentre i parrocchiani preparano loro da mangiare. Domenica 25 maggio nelle cinque diocesi della Serbia le offerte raccolte durante le messe verranno destinate agli aiuti per le zone più colpite. Per aiutare la popolazione colpita dalle inondazioni, si può versare un contributo sul conto corrente dell’AMU, con la causale EMERGENZA BALCANI: Associazione Azione per un Mondo Unito – Onlus Conto corrente presso Banca Popolare Etica, filiale di Roma Codice IBAN: IT16G0501803200000000120434 Codice SWIFT/BIC CCRTIT2184D (altro…)

Bolivia, Centro Angolo di Luce

Pista ciclabile “Chiara Lubich”

Un caldo sole primaverile ha accompagnato lo scorso 10 maggio la cerimonia con cui è stato dedicato a Chiara Lubich il percorso ciclo-pedonale, lungo circa 2,5 km, che unisce la frazione di Pegolotte con il comune di Cona, in provincia di Venezia. L’inaugurazione si è svolta nel pomeriggio, quando un centinaio di persone si sono ritrovate al centro parrocchiale di Cona per conoscere meglio la vita di Chiara. Valerio Ciprì – tra gli iniziatori della band internazionale Gen Rosso – e Luciano Poletto – del Focolare di Trento, originario di Pegolotte – hanno presentato la figura di Chiara Lubich, e raccontato la propria storia a contatto con il carisma dei Focolari. Valerio Ciprì ha raccontato anche alcuni episodi legati alla composizione di canzoni famose, come ad esempio “Resta qui con noi”. Dopo la celebrazione della messa, nella piazza antistante la chiesa, si è svolto il momento ufficiale dell’intitolazione della pista ciclo-pedonale. Il sindaco, Anna Berto, giunta a fine mandato, ha affermato che non era casuale l’inaugurazione di un’opera di collegamento tra due località del comune, intitolata proprio ad una persona, Chiara Lubich, che ha sempre cercato l’unità tra le persone. Presenti anche esponenti della vita civile e politica appartenenti a varie liste e partiti, in un clima lontano da tentazioni di campagna elettorale. E, dopo lo scoprimento della targa, la festa. (altro…)

Bolivia, Centro Angolo di Luce

Nigeria, dare speranza

«Finalmente riusciamo a farci vivi, prima di tutto per ringraziare tutti per le preghiere che ci sostengono in questo momento critico del nostro Paese». Comincia così la lettera di Friederike e George, della comunità dei Focolari in Nigeria, arrivata a pochi giorni dal precipitare degli eventi nel loro Paese. «Le due bombe esplose ad Abuja – in un posto molto popolato dal quale anche tanti di noi devono passare ogni giorno – e il rapimento delle studentesse a Borno, hanno portato una nuova onda di dolore e di disperazione nel popolo nigeriano. Le reazioni della popolazione sono varie: paura, rassegnazione, rabbia, vendetta…». Ma la loro testimonianza parla di pace: «Soffriamo con le famiglie delle tante vittime. Cerchiamo di radicarci bene nella vita del momento presente, coscienti che nella fraternità universale sta la via per la Pace». «È stata una ‘coincidenza provvidenziale’ che, in mezzo alla confusione, stesse per cominciare la Settimana Mondo Unito (1-11 maggio)». In questo periodo, annualmente, i Giovani per un Mondo Unito escono allo scoperto con attività pubbliche e visibili per sensibilizzare il maggior numero di persone al tema della pace, della solidarietà. Quest’anno è stato presentato l’Atlante mondiale della Fraternità. E in Nigeria? «Con i giovani – continuano Friederike e George – insieme ai membri del Movimento dei Focolari sul posto, avevamo programmato varie attività sia ad Onitsha che ad Abuja e Jos. Ma, all’indomani dello scoppio della seconda bomba, ci siamo trovati con la comunità di Abuja e ci siamo chiesti se andare avanti ancora con la preparazione della Settimana Mondo Unito. All’unanimità abbiamo pensato che, ora più che mai, bisognava continuare a vivere per la pace e a dare speranza!» Così, il 4 maggio, al Millenium Park di Abuja, in 80 persone, musulmani e cristiani insieme, si è vissuta una giornata incentrata su “Accoglienza e fraternità”. Uno stop alle ore 12 per il Time Out: un momento di preghiera per la pace. Ad Onitsha, nella stessa settimana, i giovani hanno svolto una giornata di lavoro in un orfanotrofio, un’altra giornata al mercato con pulizia dell’ambiente e un breve programma per convocare tutti alla giornata conclusiva. «Con i membri dei Focolari – scrivono ancora – ci impegniamo con nuova fede nella preghiera del Time Out per la pace; ci siamo organizzati per inviare a tutte le nostre conoscenze, alle ore 11,55, un promemoria via SMS. Ancora, ogni settimana inviamo via SMS a migliaia di persone (prendendo numeri di telefono di vari regioni del Paese), una frase che invita a vivere per la pace. Un modo per dare un contributo alla maturazione dell’opinione pubblica verso una cultura del rispetto dell’altro». (altro…)

I colori del silenzio

http://vimeo.com/95298218 A Trento, tranquilla cittadina del Nord Italia, si riacutizza inaspettatamente il fenomeno del razzismo, fino ad arrivare ad episodi di intolleranza estrema. In questa cornice viene in evidenza la vita di una famiglia, di una comunità e di alcuni ragazzi che si trovano coinvolti, loro malgrado, in una realtà più grande di loro. La tolleranza, l’accoglienza, l’ascolto reciproco e la ricerca di un’amicizia vera si rivelano ingredienti utili a sciogliere il nodo della discordia, dell’odio e la paura del diverso. (altro…)

Bolivia, Centro Angolo di Luce

Turchia: uniti nel dolore

© Foto: AFP

«Per la nostra piccola comunità variegata – ci scrivono – , composta di cristiani di varie Chiese e di musulmani, è il momento della preghiera, della solidarietà, della condivisione della sofferenza di questi fratelli e sorelle. E di affidare a Dio, ancora una volta, con fede, il futuro di questo nostro Paese. Anche Papa Francesco ha pregato “per la miniera in Turchia, e per quanti vi si trovano intrappolati nelle gallerie” e ne è stata data comunicazione nel Paese, con sentita riconoscenza». Sono 282 le vittime finora ufficialmente accertate, ma il numero potrebbe ancora salire (e forse è molto più alto). Il sovrapporsi di due turni di lavoratori proprio nell’ora di avvicendamento ha purtroppo raddoppiato il numero degli uomini rimasti nelle profondità della miniera di carbone di Soma, a 120 km da Smirne, in cui è avvenuta l’esplosione di due giorni fa. Almeno un’ottantina i feriti, quando ancora diverse decine di lavoratori mancano all’appello. Il governo ha decretato tre giorni di lutto nazionale per quella che è la peggiore tragedia industriale avvenuta in Turchia. Colpiscono profondamente le immagini che provengono dal luogo del disastro, in particolare la dignità di questa gente, abituata a un lavoro durissimo dei suoi uomini e ragazzi, anche giovanissimi. Un minatore, appena uscito dal tunnel viene aiutato a salire sulla lettiga dell’ambulanza: “Devo togliermi gli stivali?”, chiede, nel timore di sporcare il lenzuolo bianco. Il Paese è in protesta: troppo frequenti questi disastri sul lavoro, e anche stavolta i dati, i contorni e le implicazioni di quanto è avvenuto sembrano essere piuttosto confusi, mentre il governo riesce male a dar l’immagine di una reale preoccupazione e vicinanza al popolo. Il numero delle morti bianche in Turchia ha un triste primato: secondo i sindacati 5000 sono state le vittime sul lavoro nel 2013, il 19% dei quali all’interno delle miniere. La Turchia è il primo paese europeo per incidenti sul lavoro e il terzo a livello mondiale. Il disastro poi sopraggiunge in un momento estremamente delicato della vita sociale e politica in Turchia, dopo che le ultime elezioni amministrative hanno visto di nuovo in testa il partito di Erdogan e ci si prepara alle presidenziali del prossimo agosto. La tensione dai tempi di piazza Taksim dello scorso giugno è latente e così esplode di nuovo la protesta. I sindacati hanno indetto un giorno di sciopero generale, cosa rara in questo Paese, dove la difesa dei diritti dei lavoratori ha molta strada da fare. «Il vescovo della Chiesa latina cattolica di Istanbul – concludono –, ha espresso con un messaggio alle autorità la partecipazione al dolore della Nazione e la vicinanza alle famiglie delle vittime». Fonte: Movimento dei Focolari (altro…)

Bolivia, Centro Angolo di Luce

Migrazione e memoria

Il Comitato Umanità Nuova, espressione sociale del Movimento dei Focolari, da trent’anni opera anche nel centro storico di Genova a favore delle persone più emarginate, ha portato avanti una serie di iniziative legate al tema della migrazione. Con il patrocinio di diverse istituzioni e associazioni liguri si è venuta creando una rete sempre più fitta di relazioni, che ha arricchito il tessuto connettivo della città. Il luogo scelto è stato il Galata Museo del Mare, in cui, oltre a numerose testimonianze della vita marinara, vi sono ricostruiti scenari storici della migrazione italiana: dalle navi passeggeri di una volta ai quartieri della Boca a Buenos Aires o Ellis Island negli USA. Questa la cornice che ha ospitato una mostra, a inizio del 2014, dal titolo “In profondità: viaggio tra memoria e migrazione”, focalizzata sul tema delle migrazioni interiori, cioè sull’atteggiamento d’anima che coincide con il nomadismo culturale dell’arte contemporanea. Vi hanno esposto artisti di diversa provenienza come Ignacio Llamas dalla Spagna o Claire Morard dalla Francia, ma anche Piero Gilardi, uno dei primi artisti pop italiani, noto a livello internazionale. Il tema delle migrazioni è stato luogo di convergenza per il dialogo multiculturale, interreligioso, ecumenico, di incontro e di stretta collaborazione tra alcuni movimenti cattolici già nel passato impegnati nelle manifestazioni collegate ad “Insieme per l’Europa” (Cursillos, Sant’Egidio, Equipe Notre Dame, Incontri Coniugali e Rinnovamento nello Spirito), con la partecipazione da protagonisti degli stessi migranti. Il movimento Famiglie Nuove ha poi presentato i temi del sostegno a distanza e dell’integrazione scolastica, coinvolgendo 200 studenti delle scuole superiori liguri. Complessivamente, la partecipazione è stata di circa un migliaio di persone, includendo anche un laboratorio di scrittura creativa e il Finissage-concerto, curato dalla classe Jazz del Conservatorio Paganini di Genova; grazie al quale si sono poi ritrovati una ventina di artisti per dar vita ad una tre giorni di dialogo, che ha consentito a ciascuno dei partecipanti di ritrovare nuove energie per proseguire sulla via della comunione artistica. Dignità e valore della persona hanno caratterizzato il dibattito, lasciando spazio anche alle toccanti esperienze di Chaia, giovane Saharawi che ha raccontato la sua sofferta esperienza e di un giovane magrebino che, dopo aver attraversato il deserto, è sbarcato a Lampedusa ed ora è integrato nella realtà genovese. Significativi i momenti di dialogo che hanno ospitato esponenti di spicco del mondo religioso e associativo, come il presidente di Migrantes, il pastore della Chiesa Evangelica Sudamericana, l’Imam della comunità islamica e l’abate di un tempio buddista. Un commento ci sembra esprima la realtà vissuta da tanti: “Mi pareva che quel luogo acquistasse una sacralità e diventasse tempio, pagoda, sala, moschea, perché si stava compiendo un’unica preghiera per l’unico Dio di tutti gli uomini, e non era questione di sentimenti soltanto, ma di intelligenza e cuori che diventano uno”. (altro…)

Bolivia, Centro Angolo di Luce

In Serbia, verso le periferie

Sudest europeo, un mosaico di popoli. In Serbia, Paese a maggioranza ortodossa, sussistono villaggi cattolici soprattutto vicino alla frontiera con l’Ungheria, dove convivono serbi e popoli di origine magiara, ma anche minoranze come zigani e ruteni.

Don Nagy Jozsef ha conosciuto la spiritualità dell’unità nel 1978. Quando gli sono state affidate le parrocchie di Szenta e Gornji Breg (al confine con l’Ungheria) ha iniziato il suo ministero cercando di vivere il Vangelo e aiutando altri a viverlo.

La sua testimonianza: «Dopo il crollo del comunismo e durante le guerre nei Balcani, crescendo la disoccupazione e la crisi economica, tutte le fabbriche hanno chiuso. La gente si è trovata sempre di più in condizioni di povertà. Un gran numero di bambini sveniva a scuola, conseguenza della sottonutrizione: non mangiavano da 2-3 giorni! All’inizio gli insegnanti portavano qualcosa da casa, ma poichè neanche loro avevano da mangiare, il comune si è rivolto a me. Così si è sviluppata la Caritas. Dapprima un pasto caldo per 50 bambini, che presto sono diventati il doppio. Poi, si sono aggiunti anche degli adulti.

Da 20 anni funziona così una cucina popolare che offre un pasto caldo da lunedì a venerdì, a 520 persone. Li portiamo in tre scuole per bambini bisognosi, nel soggiorno diurno degli anziani e a chi è solo e ammalato. Questa cucina si sostiene unicamente con la “provvidenza”: Dio interviene attraverso la generosità di tanti. Le difficoltà non mancano. Varie volte siamo stati sul punto di doverla chiudere, ma il volto di Gesù abbandonato che grida in queste persone, ci dà sempre nuovo coraggio di continuare, credendo nell’Amore di Dio.

Le persone coinvolte in questa esperienza evangelica crescono sempre di più. Si comunicano le esperienze, condividono gioie e difficoltà. Racconta Varga Jozsef, diacono permanente, sposato, quattro figli: «Il nostro gruppo – costatiamo –  copre tante attività in entrambe le parrocchie, portandovi lo spirito di unità. Questo si sperimenta soprattutto quando si riescono a prendere decisioni unanimi. Qualcuno di noi è nel consiglio pastorale, catechista o nell’ufficio parrocchiale. Altri si occupano della chiesa, del cimitero, di opere di carità. Uno fa l’autista, un altro il fornitore responsabile della mensa popolare. Altri ancora aiutano nella distribuzione dei pasti».

Eva è infermiera, responsabile dell’assistenza domiciliare a circa 100 persone anziane e ammalate: «Cerco di organizzare il lavoro – racconta –  mantenendo vivo il rapporto sia con i colleghi che con gli ammalati e mi è di grande aiuto la Parola di vita. Le persone da visitare sono molte e il tempo è sempre poco. Spesso sono tentata di sbrigarmi velocemente. Ma scopro che per queste persone è importante essere ascoltate, consolate. La consapevolezza che dietro di me c’è la nostra comunità mi sostiene e mi dà coraggio». Conclude don Nagy: «Queste esperienze ci fanno sperimentare la forza che possiede la comunità parrocchiale in quanto continuamente tendiamo a rinnovarci e a rinnovarla vivendo l’amore scambievole. Costatiamo che quando Gesù è presente, è Lui che emana la Sua Luce nelle nostre periferie». (altro…)

Bolivia, Centro Angolo di Luce

Argentina. Séder di Pasqua alla cittadella Lia

In Argentina, da quasi 20 anni, si sta portando avanti un fruttuoso dialogo tra persone del Movimento  dei Focolari e alcuni fratelli ebrei: si è maturati nella conoscenza gli uni degli altri e, nella reciproca stima, si sono intraprese iniziative congiunte. Quest’anno, i membri del OJDI (Organizzazione ebraica di dialogo interconfessionale) hanno voluto celebrare la ricorrenza del Séder di Pesaj (celebrazione della Pasqua) –   a cui sempre partecipano le persone dei Focolari -, il primo maggio, nella Cittadella “Mariapoli Lia” a 250 Km da Buenos Aires. Un gruppo di ebrei, arrivato dalla capitale argentina, ed una numerosa rappresentanza di giovani, famiglie ed adulti della Cittadella hanno partecipato con raccoglimento alla celebrazione del rito pasquale ebraico. Le tre ore di liturgia e la cena sono state seguite con attenzione ed entusiasmo, ed alla fine qualcuno ha espresso ad alta voce l’invito ai nostri “fratelli maggiori” di ripetere tutti gli anni questa celebrazione nella Mariapoli, così importante soprattutto per i giovani che si fermano solamente un anno nella Cittadella. Molti di loro hanno scoperto che sono molto di più le cose che ci uniscono che quelle che ci separano, e che “come cristiani è stata una grazia speciale, che ci ha permesso  di entrare nella mentalità e nella fede degli ebrei; questo ci sprona a vivere in modo più profondo e radicale la nostra fede cristiana”. “E’ stata un’esperienza che mi ha colpito profondamente  — ha dichiarato uno dei giovani presenti — perché è stato il  mio primo incotro con l’ebraismo.  dato che nessuno degli ebrei  che conosco è praticante. Mentre leggevamo le preghiere e le letture, mi sembrava che le leggi di Dio siano perfettamente traducibili nei valori umani (la solidarietà, il rispetto, la libertà…) che tutti, credenti o non-credenti, possiamo comunque condividere”. Ed una giovane  ha aggiunto: “È stato mettere in pratica il dialogo interreligioso e non restare solo nella teoria. Un’esperienza unica: sapere che la fraternità universale è possibile”. (altro…)

Bolivia, Centro Angolo di Luce

Portogallo. Prendere il mondo

Nella cittadella Arco Iris, in apertura della Settimana Mondo Unito, i ragazzi e le ragazze, provenienti da tutto il Portogallo, sono stati accolti dalla banda del paese e da una ventina di gruppi che hanno animato il pomeriggio con svariate attività: dallo judo, alla musica – con tanto di canzoni composte appositamente per l’occasione -, alla danza, senza tralasciare una nota di internazionalità con i suonatori di gamelao – tipico strumento indonesiano – e 90 ballerini da Capo Verde. Oltre ai media – hanno dato copertura all’evento due canali televisivi, radio e giornali – sono  state coinvolte le autorità civili. Erano presenti il presidente e il vicepresidente della regione,  il sindaco della città, mentre numerosi sacerdoti hanno accompagnato i giovani delle loro parrocchie. Tra questi il responsabile della pastorale giovanile della diocesi di Lisbona. Non sono stati però solo i Focolari a dare il loro contributo: oltre 20 tra gruppi e associazioni hanno messo il loro tassello all’Expo della fraternità: una piccola mostra «dal vivo» dell’ United World Project in cui i partecipanti erano chiamati a condividere le loro esperienze sul tema. Un parlamentare, un musicista, un attore, uno scienziato e un sindaco hanno messo a disposizione le proprie competenze. Cinque i capitoli del programma della giornata attraverso i quali, tra testimonianze, musica e coreografie, è stato esplorato il tema della fraternità: «Cos’è?», «Perché?», «Come?», «Sempre?» e «In rete», presentando  come questa nuova cultura si estenda a tutti i settori, dall’arte all’economia. Particolarmente significativa è stata infatti l’intervista all’economista Luigino Bruni. I workshop che sono seguiti hanno invitato i giovani ad impegnarsi in maniera più attiva nella società per costruire un mondo solidale, come testimoniano le impressioni lasciate da alcuni di loro: «Cambiare il mondo dipende da noi: è la certezza più forte che mi porto via. Grazie che ci avete dato la vostra esperienza, perché se abbiamo la chiave per affrontare le difficoltà allora è davvero possibile il Mondo Unito». «Questo incontro è stata la mia prima esperienza con i Giovani per un Mondo Unito. Sono affascinata da questo spirito di condivisione, di aiuto reciproco, di amore vero che ho avuto la possibilità di conoscere e di vivere. Mi porto via una vita nuova!». «In un tempo segnato dall’individualismo e dal disinteresse, è bello vedere che ci sono tante persone che lottano per un mondo migliore e non si fermano anche  davanti alle avversità. Oggi ho capito che la fraternità è davvero alla portata di ciascuno, si attua nel quotidiano.  Dipende anche da me “prendere il mondo” e cercare di cambiarlo».


Galleria di foto (altro…)

Bolivia, Centro Angolo di Luce

Sophia: Open Day 2014

L’istituto universitario che ha sede nella cittadella di Loppiano, ogni anno si presenta a chi desidera conoscere l’offerta di Sophia. Lo scorso 2 maggio si è svolto “l’Open Day 2014” con un programma che simula una giornata trascorsa presso la sede: lezioni di economia, politica, ontologia trinitaria, momenti di condivisione e dialogo con docenti e studenti. Al centro, la scelta di un percorso accademico nuovo, interdisciplinare, che coniuga studio e vissuto, formando studenti provenienti da vari continenti ad avere “una visione globale”, come è stato detto durante la presentazione. Tra le testimonianze, quella di Fabio Frisone, 23 anni, di Messina: «Dopo il triennio in Scienze e Tecniche psicologiche, mi sono iscritto a Sophia. La motivazione principale della mia scelta si radica nella sostanziale differenza che ho riscontrato tra il mondo accademico tradizionale e un mondo nel quale non basta un percorso di studi per sentirsi appagati, ci vuole di più.  Eravamo già a fine estate e – dopo la laurea in psicologia e un’esperienza di volontariato in Africa – ero ancora indeciso. Gli ultimi anni mi avevano lasciato tanti dubbi: continuare a studiare seguendo un iter in cui regna una forte “tecnicizzazione” del sapere e la più sfrenata competizione tra studenti?

Fabio Frisone

Ero triste: nonostante la mia voglia di tornare in Africa, intuivo che avrei dovuto darmi il tempo per acquisire una formazione più completa, per riuscire a comprendere in modo meno superficiale anche la realtà africana. Conoscendo il progetto di Sophia, ho capito che poteva essere la soluzione più adeguata alle mie esigenze. Ora, a sei mesi dall’inizio di questa esperienza, posso dire che non mi sbagliavo». E riguardo al percorso di Sophia, continua Fabio: «Dai professori, agli studenti, allo staff, lo IUS è un percorso accademico nuovo. Al centro del piano di studio c’è la possibilità di apprendere conoscenze e sviluppare competenze interdisciplinari. La costante ricerca di questa complementarietà è un tratto essenziale nel dialogo che si svolge in aula tra i diversi ambiti disciplinari, ma anche nelle relazioni personali. La sfida dell’Istituto è quella di sperimentare un modo nuovo di studiare e fare ricerca, di elaborare cultura e di condividerla. Ciò produce una metodologia didattica specifica: l’esercizio del pensare richiede di non avere fretta, di dare spazio alle domande, per non trovarci confusi da conclusioni approssimative. L’invito è a tentare ogni giorno una domanda in più, fino a scoprire le radici dei problemi, per comprenderli e rielaborarli abbandonando le soluzioni ideologiche. Ciascuno diventa protagonista del cambiamento sociale e politico, guardando in faccia i problemi e puntando a sciogliere i nodi più complessi al servizio delle nostre città e dei nostri popoli. Avverto che sta crescendo in me un pensiero che si fa sempre più aperto. È un impegno che si rinnova ogni giorno. Se la tensione che ci guida è l’aspirazione a costruire la fraternità universale, sappiamo che per volare così alto c’è bisogno di cominciare dal banco di prova della vita quotidiana». Fonte: Istituto Universitario Sophia (altro…)

Bolivia, Centro Angolo di Luce

Congo (RDC): Parlamento dei bambini

“Tutto è nato due anni fa – racconta Maria Pia Redaelli, referente AFN onlus nella Repubblica Democratica del Congo, dove è attivo il progetto sociale Petite Flamme – . Due nostri insegnanti avevano partecipato ad un meeting di formazione promosso dai Focolari a Douala in Camerun; al ritorno hanno voluto mettere in atto alcune idee già sperimentate in altre scuole, come la costituzione di un ‘Parlamento dei bambini’. Il primo effetto è stato che i ragazzi hanno cominciato a vedere la scuola come loro proprietà, ad essere attivi e protagonisti. Gli anni precedenti avevamo tanta difficoltà a tenere  pulite le classi e soprattutto il cortile intorno alla scuola, ora non si trova più una carta per terra…”. Ogni ‘parlamento’ è composto da un presidente, un vice e alcuni ministri, in proporzione al numero dei bambini. Ognuno di loro ha un incarico. Al Petite Flamme Ndolo, che conta più di 400 alunni, il presidente della scuola, Mbuyi Idrisse, racconta: “Ogni mattina arrivo un po’ prima delle 7,30, così ho il tempo di accogliere i miei compagni, di vedere se la loro divisa è pulita e in ordine. In caso contrario sono costretto a rimandarli a casa”. Makwatshi Donnel è il vicepresidente: “Aiuto il presidente a mantenere la disciplina – spiega –, soprattutto quando i bambini sono in fila prima di entrare nelle classi e all’uscita da scuola”. “Sono ministro dell’arte – aggiunge Biamungu Bienvenue – e intono i canti la mattina prima di iniziare la scuola. Anche quando ci sono delle feste, aiuto l’insegnante a preparare delle nuove scenette”. E Beyau Vianney, ministro delle finanze: “Il mio compito è quello di aiutare i compagni a venire incontro ai bisogni di altri studenti in necessità. Ad esempio, se qualcuno perde un genitore o un fratello cerchiamo di contribuire coi nostri risparmi per essere vicino a chi soffre. Lo stesso quando veniamo a sapere di bambini che nel mondo soffrono. Sono io che metto insieme quanto viene raccolto e lo consegno alla direttrice della scuola”. Luwala Precieuse è il ministro della salute: “Appena arrivo a scuola, vado a riempire alcuni bidoni d’acqua e vi aggiungo delle gocce di ‘amuchina’, per evitare che i bambini possano prendere delle malattie. Poi, durante l’intervallo delle 10, vado in cucina e chiedo alla cuoca di farmi assaggiare la ‘bouille’ per controllare se è buona e se lo zucchero è sufficiente, per la gioia dei miei compagni”. Losambo Jepthe: “Sono il ministro dello sport. Quest’anno ho cercato di organizzare alcune équipe di calcio sia per i ragazzi che per le ragazze. Ogni mercoledì ci ritroviamo per l’allenamento e il sabato, durante la pausa, giochiamo le partite divisi per classi”. Nakamuwa Pembe,  ministro dell’ambiente: “Controllo che la scuola sia sempre in ordine; quando vedo che qualche compagno getta la carta per terra lo invito a buttarla nel cestino. Controllo inoltre che le classi e le toilette siano pulite”. Luwala Precieuse, ministro della cultura: “Veglio perché i bambini parlino in francese che è la sola lingua autorizzata a scuola”. Infine, Binia Exaucé, ministro dell’ordine: “Ogni mattina verifico se nelle classi ci sono i gessetti alla lavagna e do il segnale col fischietto per iniziare e per finire la scuola”. “Col ‘Parlamento dei bambini’ – conclude Maria Pia – abbiamo sperimentato un salto di qualità nell’impegno dei ragazzi di Petite Flamme e quando, terminate le elementari, vanno in altre scuole per frequentare le Medie, i professori sono ammirati dall’impegno di questi ragazzi. Anche di recente l’Ambasciatore italiano in visita a Petite Flamme è rimasto molto soddisfatto del clima di rispetto e armonia che c’era fra tutti. E, rivolgendosi agli insegnanti, ha avuto parole di grande stima  e incoraggiamento”. (altro…)

Bolivia, Centro Angolo di Luce

L’altra metà dell’ economia. Gratuità e mercati

L’altra metà dell’economia, Bruni-Smerilli, Città Nuova editrice 2014

Nella profonda crisi che la nostra società sta attraversando, si fa strada il vitale bisogno dell’economia di riscoprire e rivalutare quella dimensione potente e connaturata all’essere umano che si chiama gratuità e che ci viene svelata attraverso il grande dono dei carismi. Partendo dalla ricerca dei significati della parola “carisma” nelle diverse epoche storiche, passando attraverso la riscoperta del significato collettivo dei carismi e la rivalutazione della loro dimensione femminile, questo libro sottolinea l’importanza di considerarli come i veri protagonisti dell’innovazione di cui il nostro tempo ha bisogno. Gli Autori Luigino Bruni è professore ordinario di Economia politica presso l’Università Lumsa di Roma e docente di ‘Economia ed etica’ all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI). Per i tipi di Città Nuova, dove dirige la collana Idee/economia, è autore tra gli altri di: Il prezzo della gratuità (2006, 20082); Le nuove virtù del mercato (2012), e ha curato con Stefano Zamagni il Dizionario di economia civile (2009). Alessandra Smerilli è professore aggiunto presso la Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione Auxilium di Roma e collabora con l’Università Cattolica. È autrice di varie pubblicazioni, libri e saggi su riviste di teoria economica. È segretario del comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali dei Cattolici. I due autori hanno pubblicato insieme presso Città Nuova: Benedetta economia (2009, 20103) La collana IDEE/ECONOMIA, diretta da Luigino Bruni, raccoglie studi di approfondimento sulla realtà economica, alla ricerca dei fondamenti antropologici come orientamento nel mondo attuale caratterizzato dalla globalizzazione. (altro…)

Vangelo. Portatori di gioia e di speranza

Quel gesto eloquente «Nella società africana la donna e il bambino sono ritenuti creature inferiori. Avevo chiesto a Dieudonné quale fosse la condotta di un cristiano. Parlammo due ore, ma lui non riuscì a convincermi. Lo avevo appena salutato quando un rumore mi fece voltare indietro: una bambina che recava un secchio d’acqua in testa era caduta a pochi metri da noi. Mentre tutti gli altri ridevano senza muovere un dito, vidi Dieudonnè precipitarsi per aiutare la piccola ad alzarsi dal fango. E non si fermò lì; andò alla fontana per riempire nuovamente il secchio e glielo portò fino a casa. Io rimasi zitto a contemplare quella scena; come me, altri erano stupiti che Dieudonné avesse agito così nei riguardi di una bambina. Quel gesto fu per me più eloquente di tutta la nostra conversazione». A. B.-Camerun Saltare il fosso «Mi sono sempre considerato a posto con gli altri, ma quando mia figlia ha cominciato a drogarsi la mia sicurezza si è sgretolata. Ho capito che dovevo saltare il fosso del mio isolamento e andare verso gli altri. Ho avuto così occasione di avvicinare due amici di mia figlia, che erano appena usciti dal carcere, perché trovati in possesso di droga. Li ho avvicinati privo di ogni giudizio. Si è stabilito così un rapporto di amicizia e, mentre mia figlia ritrovava un rapporto con me, anche questi ragazzi hanno avuto la forza di reinserirsi nella propria famiglia». M. T.-Italia Tutta la sua parte «Quando nostra figlia ci ha telefonato di essere prossima al divorzio, è stato per noi un grande colpo. Non serviva ribellarsi o fare prediche, ma solo condividere il suo dolore. Ho cercato comunque di non farle sentire che era sola, anche perché vive in un altro Stato. Quando è venuta a stare da noi per qualche giorno con i suoi due bambini, l’abbiamo accolta con particolare affetto e calore. Grande la nostra gioia quando, tornata a casa, ci ha comunicato che voleva fare tutta la sua parte per ricostruire il matrimonio, piuttosto che andare avanti con le pratiche per il divorzio». J.S.-Usa Tratto da: Il Vangelo del giorno, Città Nuova Editrice. (altro…)

Bolivia, Centro Angolo di Luce

Sharing with Africa, al cuore della Settimana Mondo Unito

Ubuntu: io sono perché noi siamo. È su questo concetto cardine di tante culture africane che si incentra il progetto Sharing with Africa. Dal 27 aprile al 4 maggio si sono riuniti a Nairobi un centinaio di giovani da 29 nazioni. Ma cosa è più precisamente l’Ubuntu? Il professor Justus Mbae, decano dell’Università Cattolica dell’Africa dell’Est, lo ha spiegato in un dialogo senza orologio: «Ogni situazione o cosa che ci riguarda personalmente viene dopo la comunità, perché l’individuo è parte di essa ed è attraverso la relazione con le altre persone che la compongono che lui diventa una persona». Nella cittadella dei Focolari, in Kenya, a Sharing with Africa, i giovani si scambiano anche progetti e storie per rispondere alle sfide dei propri Paesi. Sorprendono la creatività e l’impegno, capaci di interrogare anche le istituzioni pubbliche. Il loro manifesto si ispira a un discorso di Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, che suggerisce i passi per cambiare la propria città: scegliere amici che condividono il progetto, scegliere gli ultimi e soccorrerli nelle loro necessità e chiedere con fede a Dio ciò che manca. Così si gettano le fondamenta di una città nuova e si allarga il proprio sguardo al mondo. Benedicto è un giovane infermiere all’ospedale di Iringa (Tanzania). Nel suo Paese, il sangue è davvero un bene prezioso. La sua ordinaria carenza nelle strutture pubbliche è una delle cause di mortalità. Un giorno nel reparto di maternità tante mamme vengono rimandate a casa: nel laboratorio non c’è nessuna sacca di sangue. Benedicto lo confida ai giovani dei Focolari con cui da tempo condivide un cammino spirituale e di attenzione alle necessità di chi è ultimo. La soluzione arriva proprio dal gruppo. Perché non proporre una raccolta pubblica di sangue? «È vero che nel nostro Paese abbiamo poco da condividere, la miseria è talvolta schiacciante. Ma il sangue lo possediamo tutti, è dentro di noi». E così parte una lettera di richiesta e in poche ore si raccolgono 22 sacche. Il capo del laboratorio confessa di non aver mai visto una tale generosità. Era il 2010. Negli ultimi 4 anni l’iniziativa si è estesa al punto di essere un riferimento ufficiale per le istituzioni sanitarie del Paese e in gennaio i giovani della Ruaha University a Iringa e quelli dell’istituto islamico di Dar el Salaam sono diventati donatori volontari. Questo è solo uno degli 800 “frammenti di fraternità, raccolti dal 2012 ad oggi. Li chiamano così per sottolineare che seppur piccole, sono azioni in grado di generare cambiamento e novità. Il resto si trova nell’Atlante della Fraternità, la novità di questa 17° edizione della Settimana Mondo Unito, appuntamento annuale che mostra alle istituzioni internazionali le iniziative che rendono possibile la fraternità fra gli uomini. Apertura ufficiale da Nairobi il 1° maggio, con venti minuti di live streaming che hanno collegato il mondo intero a Sharing with Africa. Maria Voce, presidente dei Focolari, nel suo messaggio di augurio si è congratulata per il “caparbio coraggio” con cui si è lavorato al progetto “immersi nelle vicende complesse del mondo contemporaneo” e all’Atlante, consapevole che si lavora ad “un immane cantiere, ma si tratta del “sogno di un Dio”, come Chiara Lubich amava definirlo. E ciò è anche una garanzia. La fraternità universale non è utopia, anzi: se esige il cammino faticoso dell’umanità ne è pure la prospettiva inarrestabile”. Obiettivo di questo nuovo anno sarà quello di coinvolgere le delegazioni nazionali dell’Unesco nel riconoscimento ufficiale della Settimana Mondo Unito per il contributo offerto all’unità della famiglia umana. A tutti i Giovani per un Mondo Unito: buon lavoro! (altro…)

Zigani e Ungheresi, una convivenza possibile

http://vimeo.com/94003054 In Ungheria la convivenza tra zigani e ungheresi è un problema attuale. Le notizie di cronaca in genere riportano fatti di violenza, che provocano diffidenza nelle persone e spostano l’attenzione dalle reali problematiche politiche ed economiche. Siamo a Ózd, tra le città a più alta concentrazione di zigani. Qui abitano anche alcuni membri dei Focolari, che hanno dato vita ad una comunità di ungheresi e zigani che insieme vivono il Vangelo. «Leggiamo le Parole di vita mensili, proviamo a metterle in pratica e impariamo anche tante cose sull’amore: come donarlo, come rapportarci con altre persone, come comunicare», racconta Fonágy. Mentre Holy confessa: « Sono andata tra loro con un po’ di paura, perché non ero mai stata nelle loro case e non sapevo se mi avrebbero accolta. Quando hanno visto che prendevo in braccio i bambini con amore, è stato tutto più semplice. Ho sentito che mi avevano accolta». Secondo le statistiche, in questa regione la disoccupazione è al 16%. Famiglie composte anche da 6 persone, vivono con uno stipendio mensile di 230 euro, quando un chilo di pane e un litro di latte costano 3 euro. Eppure ci si aiuta a vicenda. «Aiuto», racconta Jacskán «nel senso che quando avanza qualche soldo, mentre altri parenti non ne hanno, oppure se ho del cibo in casa, condivido con chi non ne ha». A causa della povertà alcuni prima non avevano neanche coraggio di andare in chiesa, sentendosi rifiutati. Oggi invece anche loro aiutano in parrocchia. «Nella nostra vita non c’è tristezza – conclude Fonágy – c’è solo gioia. Vedo tutte queste situazioni come una prova che dobbiamo affrontare fino alla fine. Anche Gesù ha dovuto superare delle prove. Anche noi ne abbiamo, grandi o piccole, ma le superiamo». (altro…)

Bolivia, Centro Angolo di Luce

Accountability. La virtù della politica democratica

Accountability, Anna Ascani, Città Nuova Editrice 2014

Il dibattito sulla riforma della legge elettorale e il crescente sentimento di disaffezione dell’opinione pubblica verso la politica conferiscono nuova attualità alla riflessione in corso da anni sui fondamenti della democrazia e sulle sue caratteristiche di rappresentatività e partecipazione. In tale dibattito ritorna spesso il concetto dell’accountability che regola la relazione tra governanti e governati, fondata sui meccanismi di domanda, giustificazione e controllo, che rendano più agibile la partecipazione politica. Si tratta di uno strumento che può giocare un ruolo fondamentale nella rifondazione delle nostre democrazie. Nel presente studio l’Autrice spiega il concetto di accountability, ne indaga le origini, le evoluzioni nella Storia e, infine, ne individua le possibili applicazioni nel contesto contemporaneo. L’Autrice: Anna Ascani (Città di Castello, PG 1987) ha conseguito la laurea triennale in filosofia a Perugia con una tesi sul problema del male in Rousseau e la laurea magistrale presso l’Università degli Studi di Trento, occupandosi del rapporto eletto/elettore. Nel febbraio 2013 è eletta alla Camera dei Deputati ed è attualmente membro della VI Commissione (Cultura, Scienza e Istruzione). È inoltre membro della delegazione parlamentare italiana al Consiglio d’Europa. Si occupa prevalentemente di istruzione, politiche giovanili, Europa. La collana IDEE / POLITICA, sotto la direzione di Antonio Maria Baggio, intende offrire al pensiero politologico un contributo di riflessione ispirato alla cultura della fraternità, coinvolgendo esponenti significativi del dibattito contemporaneo. (altro…)

Bolivia, Centro Angolo di Luce

Opere sociali: l’altra faccia della spiritualità

Un rinnovato impegno è emerso dal 2° Seminario delle organizzazioni sociali dell’America Latina e Caraibi, che ha riunito il 12 e 13 aprile scorsi alla Mariapoli Ginetta, in Brasile, 70 rappresentanti, insieme ad altri di agenzie dei Focolari impegnate in vario modo nel sociale: Umanità Nuova, Giovani per un Mondo unito, Famiglie Nuove. Per l’Economia di Comunione erano presenti in 90 al termine dei lavori svolti il giorno precedente. Il Seminario ha segnato un rafforzamento della rete a livello continentale e la definizione di una “carta di intenti”. Sono anche state poste le basi per la costituzione di una rete che collega progetti, organizzazioni e movimenti sociali che hanno nel loro DNA la fraternità evangelica per la trasformazione sociale. Un obiettivo in sintonia col “Documento di Aparecida” dei vescovi latino-americani che indica «l’opzione preferenziale per i poveri e gli esclusi» come la bussola che orienta la comunità cristiana latino-americana e caraibica. Una opzione non esclusiva, né escludente, ma che indica una priorità nell’azione e nello stile di vita cristiano. Un momento importante dell’incontro: l’intenso dialogo con Maria Voce e Giancarlo Faletti, presidente e copresidente del Movimento dei Focolari. Le domande rivelano conquiste e sofferenze, non nascondendo un senso di solitudine. Le risposte, illuminate dalla prospettiva di contribuire a realizzare il testamento di Gesù “che tutti siano uno” (Gv. 17,21), hanno aperto un nuovo orizzonte, non solo per le organizzazioni sociali, ma per tutto il Movimento dei Focolari. “Siete pienamente nel carisma, anzi nelle sue origini”: quanto voi fate è un’attualizzazione di quello che Chiara Lubich e le sue compagne hanno cominciato a vivere a Trento” – ha detto, infatti, Maria Voce. “Sono andate incontro ai poveri. Portavano con sé blocchetto e matita per prendere nota dei loro indirizzi e bisogni. Si ritrovavano insieme per condividere necessità e possibilità di aiuti, di risorse. Era il principio della rete. Quello che fate voi!” “Tutte le iniziative sociali dovrebbero servire a rinnovare la società, farla diventare comunità dove si vive per uno scopo condiviso, dove si mettono in comune necessità e talenti”, ha ancora detto Maria Voce, ed ha aggiunto: “Voi date una visibilità più completa dell’azione del carisma [dell’unità], che non è solo spirituale, ma anche sociale. Voi lo fate vedere”. Giancarlo Faletti ha invitato ad “essere consapevoli che in questo cammino si è accompagnati da tanti altri, in tanti altri campi.” “Tutti – ha concluso Maria Voce – hanno lo stesso scopo: trasformare la società, ma con mezzi diversi. Dobbiamo gioire che nella casa di Dio ci sia una molteplicità di chiamate e una ricchezza di risposte. Ciascuno è un tassello che compone questo grande mosaico, di cui sentiamo la grandezza e la forza”. Vedi anche: www.sumafraternidad.org (altro…)