Proteger la paz
Proteger la paz
Proteger la paz
Superar los miedos
Saber captar la presencia de Dios a lo largo del día
Crecer en la comunión
Il complesso internazionale Gen Rosso ha fatto tappa in Madagascar. Otto date in sette città diverse. Tanti chilometri percorsi in questa splendida terra per portare un messaggio di pace e fraternità attraverso la musica e la danza.
Ci son voluti due giorni di viaggio per percorrere 950 km, dalla capitale Antananarivo alla città di Tolear, all’estremo sud dell’Isola.
“La comunità del Movimento dei Focolari di Tolear ci ha accolto in festa donandoci tipici copricapo e collane, manifestando la loro gioia con danze tradizionali e canzoni – racconta Valerio Gentile, booking Internazional del Gen Rosso -. E in un noto ristorante della città ci siamo esibiti insieme ad un gruppo locale, il Choeur des Jeunes de Saint Benjamin. Così si è aperta questa tappa nel sud del Madagascar”.
Il giorno dopo è la volta dei workshop alla scuola Don Bosco e a seguire il concerto nell’anfiteatro. “È stata la giornata più bella della mia vita” ha esordito una ragazza con le lacrime di commozione. E un giovane insegnante aggiunge: “Ci avete tirato fuori dei valori veri per cui vivere; sento che devo impostare la mia vita sugli obiettivi che abbiamo sentito nelle vostre canzoni e che abbiamo condiviso con voi dal palco durante i workshop”.
“Tra i vari laboratori di danza e canto, c’è stato quello delle percussioni, improntato in maniera del tutto originale – spiega Valerio -. Il materiale usato infatti era composto da bottiglie di plastica riciclata e dai bidoni gialli molto comuni in Africa, utilizzati perlopiù per l’approvvigionamento di acqua, olio e altro. Strumenti musicali improvvisati tenendo in considerazione soprattutto la salvaguardia del pianeta”.
Un’altra tappa significativa presso l’istituto scolastico École Père Barré, dove 300 allievi delle superiori hanno potuto condividere il palco con il Gen Rosso che, nell’input iniziale lancia il motto da vivere: “making space for love”, ovvero “fare spazio all’amore”.
“Non siamo qui per fare uno spettacolo per voi, ma con voi per tutta la città” esordisce Adelson del Gen Rosso.
Le ore volano e si arriva al concerto finale presso il Jardin de la Mer. Ad aprire l’evento le voci del Choeur des Jeunes de Saint Benjamin. Ma arriva un imprevisto: va via la corrente elettrica e si ferma l’evento. Dopo qualche minuto si riprende e arriva il momento del Gen Rosso. C’è un bel clima festoso in piazza, i giovani presenti rispondono con partecipazione viva.
Ma ritorna il blackout elettrico, proprio quando il tramonto ha lasciato spazio alla notte ed è buio totale.
“Che facciamo?” si chiedono. “Decidiamo di improvvisare con l’aiuto di alcune torce per fare un po’ di luce. Uno dopo l’altro si susseguono i vari gruppi di giovani che hanno partecipato ai workshop nei giorni precedenti. La creatività non manca, insieme alla gioia di stare insieme su quel palco. Lo spettacolo sono loro, i giovani di Tolear!”
“Grazie al Gen Rosso che ci ha fatto scoprire quanta resilienza abbiamo in noi” racconta un ragazzo. Gli fanno eco altre testimonianze sulla scoperta dei valori autentici della vita, sui propri talenti nascosti, sulla direzione giusta da percorrere nella vita.
“Parole che ci danno una forte carica per affrontare l’ultima tappa, ad Antananarivo, la Capitale – afferma Valerio -. Ci attendono alla scuola Fanovozantsoa. Poche ore sono sufficienti per arrivare ad un alto livello di preparazione sia in canto che attraverso la danza di hip-hop, latina o le percussioni. Così il concerto del 18 maggio va alla grande tra applausi, abbracci e selfie. Un momento indimenticabile che rimane inciso nel cuore di tutti”.
Si conclude il tour con la Santa Messa nel giorno di Pentecoste a Akamasoa, presso la Città dell’amicizia, un luogo nato e ideato 30 anni fa da Padre Pedro, missionario argentino che decise di aiutare i poveri migliorando le loro condizioni di vita attraverso un lavoro dignitoso, l’istruzione e i servizi sanitari.
“Abbiamo festeggiato insieme tra la ‘colorata’ Messa al mattino nella grande chiesa-palasport e un gioioso spettacolo al pomeriggio nell’anfiteatro all’aperto – racconta ancora Valerio -. Un concerto insieme a famiglie, giovani, anziani e bambini, con un messaggio di speranza per costruire una nuova società basata sull’Amore”.
“Grazie Madagascar – dice ancora Valerio a nome del Gen Rosso – milioni di cuori che battono ogni giorno al ritmo della solidarietà l’uno con l’altro, resilienza di fronte alle difficoltà, semplicità, serenità d’animo nell’affrontare le avversità, leggerezza di vita, umiltà, gioia e pace dell’anima. Da ora tu ‘viaggi’ con noi come regalo da portare al mondo!”
Lorenzo Russo
Caminar juntos
Escuchar la voz de la conciencia
Docilidad ante cada prójimo
Custodiar la luz en el corazón
La nostra esperienza quotidiana non è mai esente da problemi e da sfide, di salute, familiari, di lavoro, difficoltà impreviste, ecc. Per non parlare delle immani sofferenze che vivono oggi tantissimi nostri fratelli e sorelle a causa della guerra, delle conseguenze del cambiamento climatico, delle migrazioni, della violenza… Si tratta di situazioni che spesso sono più grandi di noi.
Di fronte ad esse è normale essere preoccupati e sentire il bisogno di sentirci al sicuro. Non sempre il problema si risolve, ma la vicinanza di amici veri ci consola e ci dà forza. Le difficoltà vissute e affrontate insieme sono il richiamo quotidiano a continuare a credere in quei valori di fraternità, reciprocità e solidarietà che rendono possibile il cammino. In questo rapporto fraterno possiamo sentire la stessa sicurezza che i figli sentono affidandosi a genitori che li amano e così vivere l’esistenza in modo diverso, con più slancio.
Per Chiara Lubich e per tanti che hanno seguito e seguono le sue intuizioni, questa sicurezza nasce dalla fede di avere un Padre. Chiara diceva: «…la persona sa di essere amata e crede con tutto il suo essere a questo amore. Ad esso si abbandona fiduciosa ed esso vuol seguire. Le circostanze della vita, tristi o gioiose, risultano illuminate da un perché di amore che tutte le ha volute o permesse». Le sue parole si possono applicare a tutti coloro che hanno vissuto almeno una volta nella vita l’esperienza di un amore vero.
La caratteristica di un buon compagno di viaggio è quella di essere a servizio, in una dimensione personale fatta di conoscenza e condivisione profonda nel rispetto di ognuno. Si tratta di vivere con trasparenza, con coerenza, senza seconde intenzioni, con un amore puro e incondizionato che porta la pace, la giustizia e la fraternità.
Può emergere, così, la nuova leadership di cui c’è bisogno nel nostro tempo. Una leadership che favorisca anche una dinamica comunitaria nella reciprocità in cui ci riconosciamo l’un l’altro senza perdere la nostra identità. Per il contrario, lo sappiamo, nella solitudine si vive disorientamento e perdita di orizzonti.
Potremo noi stessi essere “guida” per chi vive momenti di difficoltà solo se a nostra volta avremo sperimentato questa fiducia nell’altro. Come dice il pedagogo e filosofo brasiliano Paulo Freire, “Nessuno educa nessuno; nessuno educa sé stesso; gli uomini si educano a vicenda attraverso la mediazione del mondo”1. In altre parole: nella comunità educativa nessuno insegna niente a nessuno, ma tutti imparano da tutti in un contesto di dialogo e riflessione critica sulla realtà.
1 Freire, Paulo (2012)”Pedagogía del oprimido” Ed. Siglo XXI
Foto: © Lâm Vũ en Pixabay
L’IDEA DEL MESE è attualmente prodotta dal “Centro del Dialogo con persone di convinzioni non religiose” del Movimento dei Focolari. Si tratta di un’iniziativa nata nel 2014 in Uruguay per condividere con gli amici non credenti i valori della Parola di Vita, cioè la frase della Scrittura che i membri del Movimento si impegnano a mettere in atto nella vita quotidiana. Attualmente L’IDEA DEL MESE viene tradotta in 12 lingue e distribuita in più di 25 Paesi, con adattamenti del testo alle diverse sensibilità culturali.
Il Salmo 23 è uno dei salmi più conosciuti e amati. Si tratta di un cantico di fiducia e al contempo ha un carattere di gioiosa professione di fede. Colui che prega lo fa come appartenente al popolo d’Israele, al quale il Signore ha promesso per mezzo dei profeti di essere il loro Pastore. L’autore proclama la propria personale felicità di sapersi protetto nel Tempio[1], luogo di asilo e di grazia ma vuole, in egual modo, con la sua esperienza, incoraggiare altri alla fiducia nella presenza del Signore.
«Il Signore è il mio pastore non manco di nulla».
L’immagine del pastore e del gregge è molto cara a tutta la letteratura biblica. Per comprenderla bene dobbiamo andare col pensiero nei deserti aridi e rocciosi del Medio Oriente. Il pastore guida il suo gregge che si lascia condurre docilmente, perché senza di lui si smarrirebbe e morirebbe. Le pecore devono imparare ad affidarsi a lui, ascoltando la sua voce. Egli è soprattutto il loro costante compagno di viaggio.
«Il Signore è il mio pastore non manco di nulla».
Questo salmo ci invita a rinforzare il nostro rapporto intimo con Dio facendo l’esperienza del suo amore. Qualcuno potrà domandarsi come mai l’autore arriva a dire che “non manca di nulla”? La nostra esperienza quotidiana non è mai esente da problemi e da sfide, di salute, familiari, di lavoro, ecc. senza dimenticare le immani sofferenze che vivono oggi tantissimi fratelli e sorelle nostri a causa della guerra, delle conseguenze del cambiamento climatico, delle migrazioni, della violenza…
«Il Signore è il mio pastore non manco di nulla».
Forse la chiave di lettura sta nel versetto in cui si legge “perché tu sei con me” (Sal 23,4). Si tratta della certezza nell’amore di un Dio che ci accompagna sempre e ci fa vivere l’esistenza in modo diverso. Scriveva Chiara Lubich: «Una cosa è sapere che possiamo ricorrere ad un Essere che esiste, che ha pietà di noi, che ha pagato per i nostri peccati, e un’altra è vivere e sentirci al centro delle predilezioni di Dio, col conseguente bando d’ogni paura che frena, d’ogni solitudine, d’ogni senso di orfanezza, d’ogni incertezza. […] La persona sa di essere amata e crede con tutto il suo essere a questo amore. Ad esso si abbandona fiduciosa ed esso vuol seguire. Le circostanze della vita, tristi o gioiose, risultano illuminate da un perché di amore che tutte le ha volute o permesse»[2].
«Il Signore è il mio pastore non manco di nulla».
Ma colui che ha portato a compimento questa bellissima profezia è Gesù che, nel Vangelo di Giovanni, non esita ad autodefinirsi il “buon Pastore”. Il rapporto con questo pastore è caratterizzato da una relazione personale ed intima “Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me” (Gv 10,14-15). Egli le conduce ai pascoli della sua Parola che è vita, in particolare la Parola che contiene il messaggio racchiuso nel “Comandamento nuovo”, che, se vissuto, rende “visibile” la presenza del Risorto nella comunità riunita nel suo nome, nel suo amore[3].
A cura di Augusto Parody Reyes e del team della Parola di Vita
Foto: © Sergio Cerrato – Italia en Pixabay
[1]Cf. Sal 23,6.
[2] C. Lubich, L’essenziale di oggi, ScrSp/2, Città Nuova, Roma 19972, p. 148.
[3] Cf. Mt, 18, 20.
—Scarica la Parola di Vita per bambini—
L’IDEA DEL MESE è attualmente prodotta dal “Centro del Dialogo con persone di convinzioni non religiose” del Movimento dei Focolari. Si tratta di un’iniziativa nata nel 2014 in Uruguay per condividere con gli amici non credenti i valori della Parola di Vita, cioè la frase della Scrittura che i membri del Movimento si impegnano a mettere in atto nella vita quotidiana. Attualmente L’IDEA DEL MESE viene tradotta in 12 lingue e distribuita in più di 25 paesi, con adattamenti del testo alle diverse sensibilità culturali.
¡Confiemos en el Señor!
Bullismo
A scuola, durante un intervallo, mi stavo lavando le mani nel bagno quando cinque o sei ragazze e due ragazzi mi hanno assalita, tirandomi i capelli e dandomi pugni e calci. Mi hanno rotto anche gli occhiali. Sono scappati in fretta quando, alle mie grida, è accorsa la bidella. Perché? Eppure mi sembrava di avere un buon rapporto con tutti. Dall’inchiesta che s’è fatta poi, si è venuto a sapere che quel giorno il “gioco” del gruppo consisteva nell’aggredire la prima ragazza bionda che avrebbero incontrato. E io sono bionda. Per giorni sono rimasta traumatizzata all’idea di tornare a scuola. Nel movimento cattolico di cui faccio parte un giorno ci raccontavamo come avevamo vissuto l’invito di Gesù a perdonare settanta volte sette. Per la prima volta mi sono resa conto di quanto sia difficile perdonare. Ci ho pensato e ripensato per giorni. Poi ho capito che la forza per perdonare è un dono del Risorto. Io non ne sarei stata capace. E quando sono tornata a scuola, libera e serena, sentivo di aver fatto un passo importante nella mia vita di fede.
(M. H. – Ungheria)
Una “cassa di quartiere”
Mi aveva colpito questa definizione ascoltata durante uno dei nostri incontri comunitari: “Una città è l’uomo in rapporto con l’altro…”. “Quindi lo è anche un quartiere”, conclusi pensando a quello in cui abito. Da allora ogni nuovo giorno mi sembra più interessante se lo vivo come possibilità di stabilire rapporti autentici con vicini di casa, conoscenti, ecc… Si entra così nelle storie più diverse, si condividono gioie e dolori, si scoprono modi sempre nuovi di andare incontro a certe esigenze. Come nel caso della “cassa di quartiere”, nata dall’idea di mettere in comune qualcosa dei nostri soldi per certe necessità di cui veniamo a conoscenza: l’abbiamo collocata nel garage messo a disposizione da uno di noi, la cui porta non è chiusa a chiave, così ognuno può attingere ad essa quando occorre. Sulla cassetta ci sono due scritte: “Date e vi sarà dato” e “Chi ama dona con gioia”. La somma raccolta è servita a volte per l’acquisto di scarpe particolari, di vestiti, per deposito a causa di un ricovero, per prestiti senza interessi e anche prestiti senza ritorno.
(A. – Italia)
A cura di Maria Grazia Berretta
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno X– n.1° maggio-giugno 2024)
Foto: © Pixabay
“Noi eravamo felici perché finalmente capivamo, e Chiara Lubich ce lo confermava, che non eravamo fatti per rimanere chiusi in noi stessi, ma eravamo chiamati a uscire per il mondo e ad andare incontro a tutti i ragazzi della terra”.
Un vero mandato, quello di cui parla Maria Chiara Biagioni, oggi giornalista, ricevuto direttamente dalla fondatrice dei Focolari 40 anni fa; la nascita di una realtà, quella dei Ragazzi per l’unità, che ha cambiato la sua vita e quella di tantissimi ragazzi.
Correva l’anno 1984 e, a ridosso della Pasqua, nei pressi di Roma, ai Castelli Romani, erano in corso per la prima volta le scuole di formazione per i ragazzi e le ragazze del Movimento, i gen 3 e le gen 3. Erano un’ottantina circa provenienti da varie zone d’Italia con qualche rappresentanza di altri Paesi (Germania, Spagna, Portogallo, Olanda, Belgio e Filippine). Nessuno di loro si sarebbe mai immaginato di assistere all’inizio di un’ “era nuova”.
Chiara Lubich proprio il giorno di Pasqua, alle 5 del pomeriggio, li invitò al Centro dei Focolari a Rocca di Papa (Roma). Ma cosa li aspettava lì?
A dar loro il benvenuto un gigantesco uovo di Pasqua da parte di Chiara per loro che conteneva come una matriosca, varie buste e, alla fine, la sorpresa delle sorprese: un suo messaggio con l’annuncio della fondazione del Movimento Ragazzi per l’Unità.
“Nel 1984 è stato importantissimo per me vivere quel momento (…) – racconta Federica Vivian- Chiara Lubich ci mandò questo suo dono, una lunga lettera e io sentii che quello corrispondeva perfettamente a ciò che stavamo vivendo con i nostri amici e con tanti altri. Noi facevamo tante cose per dire che credevamo nella fraternità (…) e quel seme ha fruttato in me il desiderio di non mettere mai limiti, di costruire ponti con tutti”.
Nel suo messaggio Chiara Lubich, esortava i ragazzi a vivere concretamente il Vangelo e a portare a tanti altri quell’ideale che avevano in cuore, con un unico grande scopo: tenere unito il mondo. Le risposte non tardarono ad arrivare. I “Sì” a questa missione risuonarono nella sala e, di lì a poco, sarebbero arrivate tante altre risposte anche dalle varie città del mondo.
“Avevo 12 anni – dice Fiammetta Megli, insegnante – e quando si aprì quel grande uovo di Pasqua, sentii una gioia immensa, ma non mi rendevo neanche conto di quello che davvero stava succedendo. Sentivo di appartenere ad una grande famiglia, una famiglia più grande della reale. Tutto ciò che è entrato dentro di me in quegli anni, da giovane, non solo è rimasto, ma è la base da cui partire per tutto quello che faccio oggi, anche per il lavoro che svolgo coi ragazzi, a scuola”.
Oggi, a distanza di 40 anni i Ragazzi per l’unità, i teenagers del Movimento dei Focolari, sono presenti in 182 Paesi del Mondo, parlano lingue differenti, appartengono a religioni diverse ed alcuni non si riconoscono in un credo religioso, ma ciò che li unisce è ancora quell’ obiettivo comune: lavorare per realizzare la fraternità universale. Sono impegnati nelle azioni più diverse e a tutte le latitudini per far crollare barriere e divisioni, affinché un mondo unito e di pace sia presto realtà tra tutti i popoli della terra.
Da quel giorno, continua Maria Chiara Biagioni “non c’è più stato spazio nel mio cuore all’indifferenza. Tutto ciò che vedevo attorno a me, tutto ciò che succedeva nel mondo, mi apparteneva, in qualche modo mi coinvolgeva e mi impegnavo per andare incontro ai bisogni, ai problemi, alle sfide che man mano si affacciavano anche nella mia vita. La seconda cosa è stata credere (…) che il bene più forte del male. Credere nonostante tutto, nonostante le lacrime delle persone, le bombe che continuano a cadere in tanti Paesi del mondo, nonostante le tante malvagità che troviamo intorno a noi (…) che la luce è più forte delle tenebre, sempre”.
Maria Grazia Berretta
Al semaforo
Una volta alla settimana faccio un viaggio dalla mia città a una città più grande per trovarmi con degli amici con i quali condivido gli stessi ideali. Cerco di portare con me del denaro extra per aiutare le persone che chiedono l’elemosina ai semafori. La settimana scorsa, sulla via del ritorno, mi sono fermato a un semaforo rosso e mi si avvicina un giovane uomo pronto a pulire il parabrezza. Ho abbassato il finestrino e mentre cercavo i soldi da dargli gli ho detto di non pulirlo perché non ce l’avrebbe fatta prima che il semaforo diventasse verde.
Lui mi ha guardato e ha detto: “Mi può dare un po’ di più? Devo comprare del pollo per i miei figli”. Ho risposto di sì. In effetti quello che gli stavo dando non gli sarebbe servito a molto. Lui ha preso i soldi e ha detto: “Me li lasci guadagnare? Le prometto che lo farò in fretta”.
Quasi senza aspettare la mia risposta, ha iniziato a pulire il vetro terminando poco prima che il semaforo diventasse verde. Subito dopo si è avvicinato al finestrino dell’auto e, con una faccia felice, stringendomi la mano, mi ha ringraziato augurandomi ogni bene. Mentre tornavo a casa, ho pensato a quello che era successo e ho capito che i piccoli gesti a volte ci edificano e insegnano qualcosa più a noi stessi che alle persone per cui li facciamo. So che Dio è ovunque, ma non mi è mai venuto in mente che mi aspettasse a un semaforo.
(S. Z. – Argentina)
In carcere
Per spaccio di droga ero finito nel carcere minorile, dove però continuavo a ricevere le visite di Valerio, il mio insegnante di quando andavo a scuola. E questo non poteva lasciarmi indifferente. Se nella vita avevo avuto a che fare con gente cattiva che credevo essermi amica, con Valerio no: mi voleva bene senza nessun interesse. Inoltre mi raccontava storie di altri ragazzi, che avevano fatto una scelta diversa dalla mia, fatti di Vangelo. Un giorno nella mia cella arrivò un nuovo “ospite”: un ragazzo così sporco da puzzare. I compagni cominciarono a insultarlo, a sputargli addosso, intimandogli di andare a lavarsi. Poiché non aveva né sapone, né asciugamano, né vestiti di ricambio, sono intervenuto in sua difesa e gli ho dato i miei vestiti, sapone e asciugamano. Lui è andato a farsi una doccia e la calma è tornata. Questa esperienza è stata l’inizio di una svolta. Pensavo che per tutto quello che avevo combinato l’amore fosse scomparso dentro di me. Invece era come un seme che, più vivo che mai, cominciava a sbocciare.
(T. – Italia)
A cura di Maria Grazia Berretta
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno X– n.1° maggio-giugno 2024)
Si è svolto nel mese di aprile ad Accra, capitale del Ghana, il quarto incontro sessennale internazionale del Global Christian Forum che ha riunito circa 250 persone provenienti da oltre 50 Paesi, rappresentanti di varie Chiese e delle reti e organizzazioni ecclesiali globali.
L’evento si tiene ogni volta in una città e in un continente diverso. Presenti in Ghana, anche quattro membri del Movimenti dei Focolari.
Accanto al Consiglio Mondiale delle Chiese (CEC), il Global Christian Forum è forse l’unica altra piattaforma attraverso la quale si vuole promuovere l’unità tra le Chiese su scala globale. Fondato nel 1998, ha l’obiettivo di promuovere il dialogo con il vasto mondo delle Chiese pentecostali e ‘Chiese libere’, di cui la maggior parte non è affiliata al CEC. L’unica forma possibile è stata ed è quella di puntare a un dialogo non teologico ma “del cuore”. Come spiegava in Ghana l’attuale segretario generale, Casely Essamuah, di origine ghanese: “È uno spazio per un incontro profondo di fede. Impariamo così a scoprire la ricchezza di Cristo”, ha affermato.
Centrale in questi incontri è lo scambio di ‘storie di fede’ personali in piccoli gruppi e quello che si è svolto ad Accra ha avuto esattamente questa forma. La Vescova Rosemarie Wenner, rappresentante della Chiesa metodista presso il CEC spiega: “Vedere Cristo negli altri è l’obiettivo di questo esercizio. Lasciare che lo Spirito Santo guidi le nostre parole e ascoltare con attenzione le storie degli altri.” Questo fa nascere veramente un’amicizia spirituale e un’unità fraterna che genera una grande gioia tra tutti”.
Il tema scelto per l’incontro è stato “Perché tutti siano una cosa sola, affinché il mondo creda” (Gv 17,20). Billy Wilson, presidente della Pentecostal World Fellowship, ha sottolineato tre aspetti di questa unità che è soprattutto relazionale. Poi si realizza nella missione: “perché il mondo conosca e creda”. Infine, è spirituale, come le relazioni tra le persone della Trinità.
Un’esperienza di grande ricchezza, immagine della Chiesa del futuro che si rende già attuale attraverso tali esperienze.
Enno Dijkema
Violenza, odio, atteggiamenti litigiosi spesso sono presenti anche in quei Paesi che vivono “in pace”. Ogni popolo, ogni persona avverte un profondo anelito alla pace, alla concordia, all’unità. Eppure, nonostante gli sforzi e la buona volontà, dopo millenni di storia ci ritroviamo incapaci di pace stabile e duratura. Gesù è venuto a portarci la pace, una pace – ci dice – che non è come quella che “dà il mondo”, perché non è soltanto assenza di guerra, di liti, di divisioni, di traumi. La “sua” pace è anche questo, ma è molto di più: è pienezza di vita e di gioia, è salvezza integrale della persona, è libertà, è fraternità nell’amore fra tutti i popoli. E cosa ha fatto Gesù per donarci la “sua” pace? Ha pagato di persona. Proprio mentre ci prometteva pace, veniva tradito da uno dei suoi amici, consegnato nelle mani dei nemici, condannato ad una morte crudele e ignominiosa. Si è messo in mezzo ai contendenti, si è fatto carico degli odi e delle separazioni, ha abbattuto i muri che separavano i popoli. Morendo sulla croce, dopo aver sperimentato per amore nostro l’abbandono del Padre, ha riunito gli uomini a Dio e tra di loro, portando sulla terra la fraternità universale. Anche a noi la costruzione della pace richiede un amore forte, capace di amare perfino chi non contraccambia, capace di perdonare, di superare la categoria del nemico, di amare la patria altrui come la propria. (…)
La pace inizia dal rapporto che so instaurare con ogni mio prossimo. “Il male nasce dal cuore dell’uomo”, scriveva Igino Giordani, e “per rimuovere il pericolo della guerra occorre rimuovere lo spirito di aggressione e sfruttamento ed egoismo dal quale la guerra viene: occorre ricostruire una coscienza”. (…) Il mondo cambia se cambiamo noi. Dobbiamo certamente lavorare, secondo le possibilità di ciascuno, per risolvere i conflitti, per elaborare leggi che favoriscano la convivenza delle persone e dei popoli. Ma soprattutto, mettendo in rilievo ciò che ci unisce, potremo contribuire alla creazione di una mentalità di pace e lavorare insieme per il bene dell’umanità. Testimoniando e diffondendo valori autentici quali la tolleranza, il rispetto, la pazienza, il perdono, la comprensione, gli altri atteggiamenti, che contrastano con la pace, si allontaneranno da sé. È stata questa la nostra esperienza durante la Seconda guerra mondiale, quando fra noi, poche ragazze, decidemmo di vivere solo per amare. Eravamo giovani e timorose, ma non appena ci siamo sforzate di vivere l’una per l’altra, di aiutare gli altri cominciando dai più bisognosi, di servirli anche a costo della vita, tutto è cambiato. È nata nei nostri cuori una forza nuova e abbiamo visto la società cominciare a cambiare volto: ha iniziato a rinnovarsi una piccola comunità cristiana, seme di una “civiltà dell’amore”. È l’amore che, alla fine, vince perché è più forte di ogni cosa.
Chiara Lubich
(Chiara Lubich, Parole di Vita, Città Nuova, 2017, p. 709/12)
Si è appena concluso con un pellegrinaggio di fraternità ad Assisi, il convegno internazionale interreligioso “One Human Family”, promosso dal Movimento dei Focolari. Presenti 480 persone di 40 Paesi; 12 le lingue parlate.
Nella città della pace, la preghiera per la fraternità, la giustizia e la riconciliazione per tutti i popoli in conflitto, è risuonata come un patto solenne, accolto e pronunciato dai partecipanti, ciascuno secondo la propria fede.
Tra loro rabbini e rabbine, imam, sacerdoti cattolici, monaci buddisti Theravada e Mahayana, oltre a laici ebrei, musulmani, cristiani, indù, buddisti, sikh, e baha’i e fedeli delle religioni tradizionali africane, di tutte le generazioni.
Il convegno è stato realizzato da un team interreligioso che ha concentrato il programma sul bene supremo della pace, oggi estremamente minacciata.
“L’esperienza che stiamo facendo è incredibile, di famiglia e di presenza del divino” – raccontano Rita Moussallem e Antonio Salimbeni, coordinatori del Centro per il Dialogo Interreligioso dei Focolari – quando è nata l’idea del convegno non potevamo immaginare quel che sarebbe successo: il conflitto in Terra Santa e il riaccendersi di crisi in altre parti del mondo. Eppure, è proprio oggi che il dialogo è più che mai necessario. Abbiamo parlato dei passi necessari per costruire la pace, ma l’accento è stato posto soprattutto sull’esperienza concreta che stiamo facendo e che vogliamo portare nel mondo. D’altra parte, è l’incontro concreto con l’altro a trasformare i tanti polarismi in relazione”.
Gli interventi
Incontro, ascolto, passi di riconciliazione, condivisione del dolore dei popoli sono stati la cifra di questo convegno che ha alternato panel condotti da esperti a gruppi di dialogo tra i partecipanti. Politica e azione diplomatica internazionale, economia, Intelligenza artificiale e ambiente sono state le tematiche trattate tutte nell’ottica della pace. Numerosi gli accademici e gli esperti di molte culture, religioni e provenienze, che sono intervenuti; ne citiamo solo alcuni: l’ambasciatore Pasquale Ferrara, Direttore Generale per gli Affari Politici e di Sicurezza del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, il Gran Rabbino Marc Raphaël Guedj, la teologa musulmana Shahrzad Houshmand Zadeh, la dott.ssa Kezevino Aram, Presidente dell’organizzazione indiana “Shanti Ashram”, la Rev. Kosho Niwano, Presidente designata del movimento buddista giapponese Risho Kossei Kai, l’ing. Fadi Shehadé, fondatore del Progetto RosettaNet, già CEO di ICANN. L’ economista Luigino Bruni, la filosofa indiana, prof.ssa Priya Vaidya, il teologo islamico Adnane Mokrani, il Prof. Dicky Sofjan, indonesiano, dell’International Center for Law and Religious Studies, il prof. Fabio Petito, docente di Religione e Affari Internazionali presso la Sussex University e tanti altri.
“Le religioni hanno una funzione fondamentale oggi”, ha ribadito l’Ambasciatore Ferrara. “Contrariamente a quello che dicono i realisti delle relazioni internazionali, la guerra non è la condizione normale dell’umanità. Le religioni possono svolgere il ruolo di ‘coscienza critica’ dell’umanità e rivolgersi alla politica, segnalando quali sono le priorità. C’è bisogno di immaginazione politica; di immaginare in un modo costruttivo, nuovo, creativo, il futuro di questo pianeta. Dobbiamo coltivare qualcosa che in questo momento manca nelle relazioni internazionali, che è la fiducia”.
Molto nutrite anche le sessioni dedicate a testimonianze personali, progetti, azioni incentrate sulla collaborazione tra persone e comunità appartenenti a fedi religiose diverse per la pace e a sostegno dei bisogni dei rispettivi popoli.
In udienza da Papa Francesco
Il 3 giugno una delegazione di 200 partecipanti è stata ricevuta in udienza da Papa Francesco che nel suo discorso ha definito il cammino iniziato da Chiara Lubich con persone di religioni diverse come: “Un cammino rivoluzionario che fa tanto bene alla Chiesa”. “Il fondamento su cui poggia questa esperienza – ha affermato ancora il Santo Padre – è l’Amore di Dio che si attua nell’amore reciproco, nell’ascolto, nella fiducia, nell’accoglienza e nella conoscenza gli uni degli altri, nel pieno rispetto delle rispettive identità”.
“Se da un lato queste parole ci danno profonda gioia – ha commentato Margaret Karram, Presidente dei Focolari – dall’altro sentiamo la responsabilità di fare molto di più per la pace. Per questo vogliamo lavorare per rafforzare e diffondere la cultura del dialogo e della “cura” delle persone e del creato. Il Papa ce l’ha confermato quando ha detto che il dialogo tra le religioni è una condizione necessaria per la pace nel mondo. In tempi terribilmente bui come questi l’umanità ha bisogno di uno spazio comune per dare concretezza alla speranza”.
Stefania Tanesini
Galleria fotografica: © CSC Audiovisivi – Caris Mendes e Carlos Mana, Vatican Media, RKK.
“Abbracciare la speranza”. Con questo auspicio circa 200 persone provenienti dalle Americhe, dall’Africa, dal Medio Oriente, dall’Asia e da tutta Europa, si sono incontrate presso il Centro Mariapoli di Castel Gandolfo (Roma), dal 16 al 19 maggio scorso.
Sono i referenti del movimento Umanità Nuova, espressione sociale del Movimento dei Focolari, di New Humanity la ONG con lo status consultivo nelle Nazioni Unite, insieme ai rappresentanti delle discipline che dialogano con la cultura contemporanea, i referenti di Ragazzi per l’unità e di AMU (Azione Mondo Unito), la ONG che si occupa di progetti speciali e di sviluppo.
Presente anche una delegazione di giovanissimi studenti di scuole superiori che aderiscono a Living Peace International, insieme ai giovani ambasciatori di pace, come Joseph,
dalla Sierra Leone, che ha raccontato che all’ età di soli sei anni è stato reclutato come bambino soldato, fino a diventare ora un giovane leader di pace.
Da tempo ormai, queste diverse espressioni sociali – ciascuna con caratteristiche e finalità proprie – lavorano insieme per contribuire a rispondere concretemente alle problematiche scottanti e alle attese del mondo contemporaneo: “Insieme per l’umanità” è il loro nuovo nome. Cogliendo l’invito del Papa rivolto al Movimento dei Focolari in occasione dell’udienza privata del 7 dicembre 2023, ossia quello di “essere artigiani di pace in un mondo dilaniato dai conflitti”, hanno voluto dedicare l’incontro proprio alla pace.
Un’esperienza di ascolto, riflessione comune e progettazione concreta, realizzata nelle otto comunità distinte per ambiti e passioni. Un percorso che continuerà col Genfest in Brasile, nel prosimo luglio, si intreccerà col Summit for Future dell’ONU nel settembre 2024 e con l’appuntamento a Nairobi con i giovani e le città del mondo, in occasione degli 80 anni delle Nazioni Unite. Durante l’incontro, i presenti,con l’aiuto di esperti e testimoni, docenti, diplomatici, attori sociali e culturali, cittadini organizzati, si sono interrogati su cosa sia la pacese sia davvero possibile raggiungerlae con quali mezzi.
Tante le esperienze toccanti dai Paesi in conflitto. Dalla Siria hanno raccontato la crudezza della guerra che vivono dal 2011, aggravata dall’embargo che colpisce una popolazione stremata. Progetti dell’AMU come RESTART, che supporta microimprese con prestiti e accompagnamento personalizzato, hanno contribuito a rallentare processi di migrazione costanti. Christiane, dal Libano, nonostante la situazione del suo Paese, caratterizzato da inflazione elevatissima e da forte tasso di emigrazione aggravato dagli impatti della guerra in Medio Oriente, non si è arresa: ha creato con suo marito un’impresa produttiva per il sostegno familiare e per aiutare anche gli altri artigiani e i produttori rurali a vendere i loro prodotti. L’iniziativa produttiva si è estesa anche all’Egitto. Dal Congo, sono stati presentati i frutti della scuola per la formazione di leader per la pace. Una diplomata di questa scuola, Joëlle, giornalista e candidata alla presidenza della Repubblica del Congo, ha lanciato la sua piattaforma presidenziale con i valori della pace e della giustizia sociale. I ragazzi ucraini hanno salutato i presenti con un video e altrettanto hanno fatto alcuni ragazzi da Betlemme, dal Pakistan, da Cuba e dalle Filippine. E’ stato presentato il progetto “Insieme per una nuova Africa”, destinato ai giovani africani interessati a cambiare il continente: formati centinaia di giovani e coinvolti altri 9000 giovani in un’esperienza che ha raggiunto 14 nazioni africane. Altrettanto si fa in Messico con l’Agenda Nazionale per la Pace, negli Stati Uniti con le conversazioni coraggiose contro il razzismo.
C’è l’esigenza di una vera formazione alla pace e ai diritti umani nonchè quella di dare un nome ai conflitti, approfondendo le loro ragioni, provando a risolverli con una strategia comunitaria, che ascolti le diverse e plurali posizioni e che preceda e accompagni ogni negoziato. Si è detto che la pace non è solo assenza di guerra. Non tutto ciò che viene definito ordine, è pace. Non è un fatto ideologico: non è pacifismo. E’ la condizione in cui ogni persona può pensare e realizzare il proprio futuro. Ma occorre imparare il dialogo come metodologia, col quale essere disponibili a perdere qualcosa per un bene più grande. In fondo, è questa la motivazione per cui forse non vanno avanti i negoziati e anche le organizzazioni internazionali non sembrano in grado di gestire la crisi. Dialogo, fiducia, reti locali e globali, intergenerazionalità, comunità. Si riparte da qui, da queste parole chiave, incoraggiati anche da Margaret Karram e Jesús Morán , Presidente e Copresidente del Movimento dei Focolari, presenti nella giornata conclusiva. È questa la strada per la pace, alla quale si vuole contribuire concretamente, e insieme.
Mario Bruno
Si è svolta venerdì, 17 maggio 2024, presso l’Auditorium del Centro Internazionale del Movimento dei Focolari (Rocca di Papa- Roma), la premiazione del Concorso nazionale per le scuole “Una città non basta. Chiara Lubich cittadina del mondo, promosso dal Centro Chiara Lubich, New Humanity, Fondazione Museo Storico del Trentino, con il sostegno del Ministero dell’Istruzione e del Merito italiano.
Giunto alla sua quarta edizione, il Concorso, aperto a tutte le scuole italiane, sul territorio nazionale e all’estero, è stato ancora una volta occasione per tantissimi bambini e ragazzi della scuola Primaria e Secondaria di primo e secondo grado, di riflettere su temi attualissimi come la pace, la sostenibilità ambientale e degli insediamenti umani, con riferimento agli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e, soprattutto, alla luce del pensiero e della testimonianza di Chiara Lubich, Fondatrice del Movimento dei Focolari, promotrice di una cultura dell’unità e della fraternità tra i popoli.
A partecipare circa 330 allievi di 14 scuole che, dal sud al nord Italia, comprese le isole maggiori, hanno presentato 21 elaborati di differente natura, risultato di percorsi articolati e curati nel tempo, sostenuti dai loro insegnanti.
La premiazione, alla quale hanno preso parte, sia in presenza che tramite collegamento on line, le scuole vincitrici e quelle che, per la validità degli elaborati, hanno ricevuto una menzione di merito, è stato un momento di condivisione e scambio, che ha messo in luce non solo la creatività dei ragazzi, ma in particolare la loro grande attenzione per le tematiche proposte dal bando del Concorso. Un’idea, quella di queste nuove generazioni, che spesso ci sfugge, e cioè quella di immaginarle capaci di guardarsi intorno, di riflettere, ponendosi quesiti sulla possibilità di un futuro e un mondo migliore, ideando strade percorribili per raggiungerlo.
Tra le personalità presenti e tra coloro che hanno conferito i premi alle scuole vincitrici, il dott. Luca Tucci, Dirigente dell’ufficio III (Area del benessere bio-psichico-sociale, educazione trasversale e legalità) della Direzione Generale dello studente, l’inclusione e l’orientamento scolastico del Ministero dell’Istruzione e Merito (MIM); il Dott. Fabrizio Bagnarini, dell’Ufficio Terzo del Ministero dell’Istruzione e del Merito; il Dott. Giuseppe Ferrandi, direttore della Fondazione Museo storico del Trentino; il Prof. Maurizio Gentilini, storico e ricercatore presso il CNR (Centro Nazionale Ricerche); il dott. Marco Desalvo, presidente di New Humanity.
Poco prima di entrare nel vivo della premiazione, nel suo saluto, il Dott. Tucci, collegato on line con la sala, nel riaffermare il sostegno che il Ministero garantisce a questa iniziativa, ha affermato: “portare avanti certi valori attraverso la sensibilizzazione dei ragazzi e degli studenti, credo sia un’operazione fondamentale non solo per la loro crescita ma più in generale per la nostra società”.
Ad aggiudicarsi il primo posto per la categoria Scuola primaria è stata la classe 4^ C dell’ I.C. 2° circolo “Garibaldi” plesso “A. Moro”, di Altamura (Bari), con l’elaborato Il paese di Fraternitè, un testo poetico che non solo esprime in maniera originale concetti chiave del pensiero di Chiara Lubich, ma propone una visione fiduciosa nel futuro del mondo.
Per la Scuola Secondaria di I grado invece il secondo posto va alla 1^ C del’’ I.C. “San Nilo” plesso “I. Croce”, Grottaferrata (Roma), con Costruiamo la pace! TgPeace, un telegiornale innovativo realizzato interamente dai ragazzi, immagine di un percorso articolato che restituisce l’esperienza concreta della classe e il loro impegno quotidiano per la pace. Il primo posto va invece alla 3^ D, dell’I.C. “Filippo Mazzei”, Poggio a Caiano (Prato) con il Gioco: origami per l’ambiente, un’attività che supera l’aspetto ludico e si propone come strumento di riflessione e azione concreta a favore dell’ambiente.
Per la categoriaScuola Secondaria di II grado al secondo posto un pari merito: le Classi 2^ e 3^ C del Liceo classico “A. Doria”, Genova con La casa comune, elaborato digitale che si propone come frutto di un lavoro di riflessione compiuto intorno alle tematiche già citate da poter restituire ai coetanei come proposta di percorso didattico; l’elaborato testuale L’amore che fa allargare cuore e braccia di Estelle Le Dauphiin, classe 5^ I dell’I.I.S . Liceo “A. Bafile”, L’Aquila, una riflessione, a partire da un’esperienza personale e concreta, sul pensiero di Chiara Lubich, focalizzando l’attenzione sul concetto di dono come espresso anche dall’antropologo e sociologo francese Marcel Mauss.
A vincere il primo premio l’elaborato Orizzonti, fotografia di Bilardello Giulia, Marino Sara, Parrinello Chiara, allieve della 3^ G del Liceo scientifico “P. Ruggeri”, Marsala (Trapani). Un messaggio di pace e la speranza di un orizzonte dove mare e cielo si uniscono e dove tutti, insieme, si possa collaborare per costruire un mondo più fraterno.
Maria Grazia Berretta
Risuscitare
Gesù risorto ci ha aperto una strada, ma ora la Risurrezione avviene tutte le volte che risorgo in me stessa, vincendo il mio egoismo. Questa “presa di coscienza”, che è la carità messa in atto, mi sta cambiando a poco a poco la vita. Me lo dice non solo mio marito, ma è qualcosa che avvertono anche i figli, le amiche. Spinta a saperne di più, leggo le vite di santi che finora avevo evitato, e trovo conferma di questo segreto che è chiave per una vita vera. Una sera nostro figlio è tornato a casa stordito, quasi assente. Non rispondeva alle domande. La notte è stato male. Era drogato. Essendo forse una delle prime volte, la reazione è stata forte. Nei giorni seguenti ho cercato di oltrepassare in me stessa tutte le domande, la ricerca dei colpevoli, di indagare sulle amicizie. A un certo punto però sono “risuscitata”, per essere soltanto amore verso lui. Un pomeriggio gli ero seduta accanto senza dire niente. In quel silenzio pieno lui mi ha detto: “Grazie, mamma, per come mi accogliete. Se un giorno sarò padre, vorrò essere un genitore come te, con un cuore che non ha orizzonti”.
(M.S. – Olanda)
Dove non c’è amore…
Nell’ufficio postale dove di solito mi reco per ritirare la posta o per altri motivi, fino a qualche tempo fa trovavo spesso alcuni impiegati nervosi e sgarbati con me, e più di tutti il direttore, che un giorno si è messo addirittura a urlare per il mio ritardo a ritirare una certa somma. Io però, lasciandomi guidare dalla frase di san Giovanni della Croce: “Dove non c’è amore, metti amore e troverai amore”, ho sopportato, continuando a salutare tutti con gentilezza. Con questo modo di fare per amore di Gesù, un po’ alla volta ho potuto stabilire in quell’ufficio rapporti più umani. Una verifica di ciò è stata quando, avendo proposto ad uno degli impiegati un biglietto per una lotteria di beneficenza, anche gli altri colleghi si sono interessati e ne hanno voluto uno, compresa la signora delle pulizie. Perfino il direttore è venuto a prendere un biglietto, anzi poco dopo me ne ha chiesto un altro. Al che ho detto: “Spero che almeno un premio spetti a qualcuno di voi”. E lui: “Che importa? Anche se non vinciamo, abbiamo fatto qualcosa di bello insieme!”.
(M.F. – Italia)
Un’occasione per amare
Circa 15 anni fa, facevo volontariato al centro d’ascolto di una Caritas Diocesana. Un giorno venne a trovarci una giovane donna, mi chiese se potessi metterla in contatto con una ginecologa perché voleva abortire, non aveva possibilità economica per sostenere le spese per far crescere la nuova vita che era in lei. In quel momento sentì una fitta al cuore, ma anche la grande opportunità di amare quella giovane mamma e la sua bimba. Le dissi del meraviglioso dono che è la vita e che le difficoltà economiche non dovevano costituire un ostacolo, che eravamo lì per aiutarla. La giovane donna si commosse e mi disse che desiderava essere aiutata. A distanza di tempo la giovane mamma venne a salutarmi, era con una meravigliosa neonata in braccio. Mi disse con un grande sorriso: “questa è la mia bambina e desideravo fartela conoscere! Grazie per avermi ascoltato e aiutato quel giorno. Grazie anche da parte sua!”. Rimasi profondamente commossa e grata a Dio, grata per quell’incontro così speciale; grata per avermi dato occasione di amare.
(M.M- Italia)
A cura di Maria Grazia Berretta
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno X– n.1° maggio-giugno 2024)
Le forti piogge che stanno sferzando il sud del Brasile dai primi giorni di maggio 2024 hanno causato pesanti inondazioni e frane in 425 comuni dello stato di Rio Grande do Sul, colpendo direttamente 1,5 milioni di persone e, per il momento, causando 108 morti e quasi 130 dispersi. Secondo l’ultimo bilancio ufficiale, 232.675 persone sono ancora sfollate dalle loro case, di cui 65.573 sono accolte in rifugi. La situazione più preoccupante è nell’area metropolitana di Porto Alegre, dove intere città e quartieri sono sott’acqua da venerdì 2 maggio, con problemi di approvvigionamento idrico e interruzioni di corrente. Secondo le previsioni meteorologiche, nei prossimi giorni sono attese forti piogge che aggraveranno ulteriormente la situazione di questo disastro naturale.
Il Coordinamento Emergenze del Movimento dei Focolari ha avviato una raccolta fondi straordinaria in sostegno della popolazione dello Stato di Rio Grande del Sud, Brasile, attraverso Azione per un Mondo Unito ETS (AMU) e Azione per Famiglie Nuove ONLUS (AFN). I contributi versati verranno gestiti congiuntamente da AMU e AFN in coordinamento con il Movimento dei Focolare in Brasile per far arrivare alle popolazioni colpite dalle forti inondazioni aiuti di prima necessità per l’alimentazione, le cure mediche, la casa.
In Brasile si può donare sul seguente conto: Banco do Brasil Agência: 2665-4 Conta Corrente: 39.322-3 Pix: acaoemergencial@anpecom.com.br Associação Nacional por uma Economia de Comunhão CNPJ: 07.638.735/0001-94
Dagli altri Paesi si può donare online: AMU: https://www.amu-it.eu/campagne/emergenza-inondazioni-in-brasile/ AFN: https://afnonlus.org/#donaora
O anche attraverso bonifico sui seguenti conti correnti:
Azione per un Mondo Unito ETS (AMU) IBAN: IT 58 S 05018 03200 000011204344 presso Banca Popolare Etica Codice SWIFT/BIC: ETICIT22XXX
Azione per Famiglie Nuove ONLUS (AFN) IBAN: IT 92 J 05018 03200 000016978561 presso Banca Popolare Etica Codice SWIFT/BIC: ETICIT22XXX
Causale: Emergenza inondazioni in Brasile
Per tali donazioni sono previsti benefici fiscali in molti Paesi dell’Unione Europea e in altri Paesi del mondo, secondo le diverse normative locali. I contribuenti italiani potranno ottenere deduzioni e detrazioni dal reddito, secondo la normativa prevista per le Onlus (altro…)
Chi ama partecipa alla vita di Dio e sperimenta la sua libertà e la gioia di chi si dona. Uscire da noi e andare incontro all’altro attraverso l’ascolto apre le porte alla comunione con i fratelli e dà vita alla reciprocità.
In carcere Sono cappellano carcerario. Per me ognuno dei detenuti è “Cristo carcerato” da amare. Durante la Quaresima, per prepararli alla Pasqua, ho pensato di leggere loro brani di Vangelo corredati da esperienze. Avendo costatato un certo interesse, ho pensato di far conoscere a queste persone dei giovani impegnati in un movimento ecclesiale. Ottenuti i necessari permessi, la prima volta che essi sono arrivati, prima ancora di mettere piede in carcere, abbiamo pregato perché il nostro essere lì fosse un dono per i detenuti. Non abbiamo parlato molto. Ma dopo aver celebrato la Messa, animata dai canti di quei giovani, ho visto degli uomini incalliti in una vita sregolata piangere e li ho sentiti dire: “Esistono ancora dei volti puliti!”. Evidentemente non ne avevano mai incontrati prima di allora. Tuttora, una volta al mese, quei giovani tornano ad animare la messa, sempre molto attesi. E quando un detenuto è stato trasferito in un altro carcere per avvicinarsi di più alla sua famiglia, aveva un unico dispiacere: quello di perdere il contatto con loro. (Don Marco – Italia)
In comunione vera Avevo ricevuto la telefonata di una mia compagna di Accademia che da tempo non sentivo. Mi chiedeva notizie, tra l’altro dei bambini e in particolare dell’ultimo nato. Evidentemente non le era arrivata la notizia che quella gravidanza non era giunta a termine. A questo punto le ho raccontato come erano andate le cose, ma al tempo stesso ho sentito di comunicarle l’esperienza più intima di quell’evento così doloroso: la particolare unione con Dio sperimentata grazie anche al sostegno e all’amore concreto di familiari e amici. Mentre parlavo, avvertendo un ascolto profondo da parte della mia amica, m’è venuto da pensare che ai tempi dei nostri studi non avevamo mai osato parlare di Dio tra noi. Per cui grande è stata la sorpresa quando alla fine della telefonata lei mi ha confidato: “Sai, nel più profondo di me sono sempre stata credente anche se non volevo ammetterlo, ma adesso sentendoti così serena provo un grande desiderio di approfondire questa conoscenza. Perché non ci incontriamo per parlarne?”. (J.V. – Belgio)
A cura di Maria Grazia Berretta
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno X– n.1° maggio-giugno 2024) (altro…)
Dal 1° al 7 maggio torna la Settimana Mondo Unito, un laboratorio ed expo mondiale di iniziative per riportare la pace e la fraternità tra le persone e i popoli. Dal 1° al 7 Maggio 2024 torna la Settimana Mondo Unito (SMU) che quest’anno concentra il suo impegno globale sulla pace cercata e costruita a partire da molteplici fronti: attenzione ai più poveri, agli esclusi, alla cura dell’ambiente, alla formazione delle coscienze, educazione alla pace. Il motto di quest’anno è “Embrace Humanity, Spark Change” cioè “Abbraccia l’umanità, innesca il cambiamento”; punto di partenza e ispirazione per tante iniziative in atto in varie città del mondo.
SMU 2024, Genfest mondiale Si partirà con un evento internazionale di apertura della SMU il 1° maggio a Loppiano (Firenze-Italia) ma fin da subito saranno coinvolte anche altre città del mondo, che continueranno fino al 7 maggio a essere una sorta di “laboratorio” per creare sinergie, condividere idee, buone pratiche e creatività. La SMU 2024 si svolge a due mesi dal Genfest, il Festival mondiale della fraternità promosso dai giovani del Movimento dei Focolari che si terrà in Brasile, ad Aparecida, nel prossimo mese di luglio e presenta l’impegno “locale” di molte comunità dei Focolari che, in rete con Organizzazioni, Movimenti e Istituzioni sono impegnati nei contesti locali a rispondere ai bisogni e alle sfide più necessarie per un dato territorio. Il “cambiamento” che i giovani del Movimento dei Focolari insieme alle loro comunità di appartenenza vogliono promuovere si concentra nelle aree del mondo più devastate da guerra, impatto ambientale, migrazioni forzate.
Chi sono i giovani protagionisti della SMU Sono giovani di tutto il mondo: c’è Giacomo, italiano, partito per il Kenya grazie al progetto di volontariato internazionale MilONGa, dove ha prestato la sua opera presso alcuni orfanotrofi di Nairobi. O Daphne, indiana, che racconta l’avventura di Reach Out, il progetto nato a Goregaon, sobborgo di Mumbai est, da alcuni giovani del luogo, per sostenere circa 70 famiglie in condizioni di povertà. Icaro, Sam e David invece vivono in Brasile, a Fortaleza, dove stanno facendo un’esperienza di volontariato nel “Condominio Spirituale Uirapuru” (CEU) un campus in cui operano 21 associazioni che si prendono cura di bambini bisognosi, persone con HIV e tossicodipendenti.
1 maggio, si apre la SMU Queste, e altre storie saranno presentate durante l’apertura della SMU da Loppiano con un evento internazionale che sarà trasmesso in diretta streaming e con traduzione in 5 lingue (italiano, spagnolo, portoghese, inglese e francese) e che si potrà seguire sul canale Youtube di UWP o collegandosi al sito UWP (unitedworldproject.org). Per l’occasione, la cittadella internazionale dei Focolari ospiterà tre villaggi tematici: pace interiore, pace con l’altro, pace nel mondo. In questi spazi, i partecipanti potranno sperimentarsi in tanti workshop per approfondire il tema della pace (Economia della pace, Non c’è dialogo senza ascolto, I conflitti nelle nostre città, Acqua fonte di pace?, Il progetto Living Peace International, Pace e arte: l’armonia tra popoli diversi, ecc.). Fil rouge che unirà idealmente il loro percorso è la scoperta dell’arte del dialogo. Collegandosi al sito UWP si potranno poi seguire alcuni altri eventi e le storie della SMU, come il Peace Got Talent che si terrà il 4 maggio. Ma anche Run4Unity, la staffetta per la pace e l’unità, promossa da migliaia di teenagers in tutto il mondo (ma corrono anche i grandi!) e che si terrà il 5 maggio: dove possibile, gli eventi sportivi si terranno in luoghi simboli della pace, al confine tra Paesi o comunità in conflitto, o comunque in luoghi che “parlano” di inclusione.
Stefania Tanesini
Lo scorso 13 aprile l’Istituto Universitario CERAP di Abidjan in Costa d’Avorio ha ospitato il simposio sull’Economia di Comunione dal titolo: “La rivoluzione del dono: un nuovo paradigma per l’economia africana”.
Il 13 aprile 2024 l’Istituto Universitario Cerap in Costa d’Avorio ha ospitato un vibrante simposio incentrato sull’Economia di Comunione (EdC). Alla presenza di 146 partecipanti, provenienti principalmente dalla stimata Facoltà di Economia di questa Università, l’evento ha fornito una piattaforma per discussioni stimolanti e nuove intuizioni su modelli economici alternativi. Sullo sfondo dei modelli economici prevalenti oggi, segnati da una cultura del consumo piuttosto che da una “cultura del dare”, i partecipanti si sono impegnati con entusiasmo nelle presentazioni dei relatori.
Padre Bertin Dadier e Madame Julie Bodou Kone hanno occupato il centro della scena, illuminando il potenziale di trasformazione dell’EdC come forza complementare all’interno del nostro quadro di mercato esistente.
Le loro presentazioni hanno approfondito i principi e i valori fondamentali che stanno alla base dell’EdC, favorendo una comprensione più profonda tra i partecipanti. Nonostante lo scetticismo iniziale, sono seguiti scambi approfonditi, con i partecipanti che hanno cercato di svelare le implicazioni pratiche di questo approccio innovativo.
Uno dei momenti salienti del simposio è stata la presentazione dell’impresa EdC di Chocomabs, che ha offerto un esempio tangibile di come questi principi possano essere tradotti in azione. Quando i partecipanti hanno approfondito il caso di studio, un senso palpabile di entusiasmo e curiosità ha pervaso la sala, sottolineando la rilevanza di tali iniziative nella società odierna.
Steve William Azeumo, coordinatore di Azione per l’Economia di Comunione in Africa Centrale, ha tenuto una presentazione di grande impatto. Azeumo ha sottolineato il ruolo cruciale dell’incubazione di imprenditori EdC, offrendo esempi convincenti dal Camerun per illustrare il suo punto di vista. Ha inoltre sottolineato l’importanza di favorire e promuovere queste imprese nella società, simboleggiando la loro importanza con i sette colori dell’arcobaleno.
In prospettiva, lo slancio generato dal simposio è pronto a catalizzare cambiamenti tangibili. Sono in corso progetti per la creazione di un club EdC all’interno dell’università, che fornisca una piattaforma per l’esplorazione e la collaborazione continua tra la Commissione EdC, gli studenti e i membri della facoltà.
In sostanza, il simposio EdC al Cerap è servito da catalizzatore per il dialogo, sfidando il pensiero convenzionale e gettando le basi per un futuro economico più inclusivo e sostenibile.
In una dimensione frammentata e divisa come quella nella quale viviamo, spesso siamo chiamati a dirigerci verso un altrove ignoto, verso le periferie; siamo chiamati ad “uscire”, anche da noi stessi a volte, per entrare nelle ferite di questa umanità. È la testimonianza che ci arriva dal quartiere di Yungay, a Santiago del Cile.
Si è svolta venerdì, 12 aprile 2024, la cerimonia di Inaugurazione dell’Anno Accademico 2023/2024 dell’Istituto Universitario Sophia (I.U.S.), presso l’Auditorium della cittadella internazionale di Loppiano (Figline e Incisa Valdarno – FI). “Che Sophia possa essere uno di quei laboratori che formano donne e uomini capaci di essere portatori di pace e unità in questo tempo”. Con queste parole Margaret Karram, Presidente del Movimento dei Focolari, ha rivolto i suoi auguri agli studenti che, in questo momento storico, hanno scelto “con coraggio e speranza”, di prepararsi al futuro frequentando l’Istituto Universitario Sophia (I.U.S.), in occasione della cerimonia di inaugurazione del XVI Anno Accademico che si è svolta il 12 aprile 2024, presso la sala A dell’Auditorium di Loppiano (Figline e Incisa Valdarno – FI). Tra le autorità religiose e civili presenti il cardinale Giuseppe Betori, Arcivescovo di Firenze e Gran Cancelliere dello I.U.S., il vescovo di Fiesole, Mons. Stefano Manetti e Giulia Mugnai, Sindaca di Figline e Incisa Valdarno. In un tempo di crisi come quello che stiamo vivendo, l’evento è stato un momento di riflessione sul ruolo delle università, e di Sophia in particolare, alle quali spetta – ha affermato il card. Betori nei saluti iniziali – “il compito di testimoniare la ragionevolezza della fede. E dunque educare a leggere, ad interpretare, la realtà, accompagnando lo sguardo di ogni giovane verso quella verità che ciascuno, anche inconsapevolmente cerca”.
Il Rettore Declan O’Byrne, teologo irlandese, recentemente nominato, ha dichiarato aperto l’Anno Accademico 2023-2024 al termine di un discorso che ha portato i partecipanti a riflettere sul valore sociale delle università. “Se gli Stati investono nelle università, è perché si ritiene che sia di interesse nazionale investire sui giovani. Si investe perché i giovani ben formati portano a benefici sociali. Si pensa che una nazione che garantisce la formazione delle nuove generazioni saprà adattarsi e portare innovazione che, a sua volta, garantirà la futura competitività della nazione stessa” ha affermato. E riguardo alla missione particolare dell’Istituto Universitario Sophia, ha ribadito: “Vogliamo essere un luogo dove, pur consapevoli di star vivendo un momento storico drammatico, si guarda alla capacità umana di costruire la pace duratura. Vogliamo studiare e insegnare a vedere quei ‘semi’ che già oggi esprimono la possibilità di risolvere la crisi che viviamo”. La cerimonia si è conclusa con la prolusione tenuta da Massimiliano Marianelli, Professore Ordinario di Storia della Filosofia all’ Università degli studi di Perugia dal titolo “Sophia, ritrovare l’umano nel ‘tra’” con uno sguardo e un’attenzione all’essere umano e al primato delle relazioni. L’ evento, trasmesso in diretta streaming, è disponibile su Youtube in italiano e inglese ai link accessibili da www.sophiauniversity.org.
Maria Grazia Berretta
Doni inattesi ricevuti da chi, ogni giorno, si prende cura dei più fragili in una piccola località dell’Amazzonia peruviana. “Abbiamo soldi fino alla fine del mese”. Con questo messaggio Javier Varela condivide il resoconto mensile con gli amici dell’Hogar, la “Casa per Anziani Chiara Lubich”, situata a Lámud nella Amazzonia peruviana, nella quale si occupa dell’amministrazione. Sua moglie Jenny coordina l’assistenza diretta agli anziani. Il messaggio, come è facile intuire, è preoccupante, perché la casa di cura non ha nessuno che la finanzi, va avanti sostenuta solo dalla provvidenza di Dio che si manifesta attraverso tante mani e tanti cuori amici. Ma la fede di Jenny e Javier è disarmante e contagiosa. Subito dopo Javier condivide un altro messaggio: “Rafael, uno dei nonni presenti all’Hogar, non sta bene. È stato intubato con l’ossigeno. Jenny è in partenza per Chachapoyas, (capitale della regione dell’Amazzonia a 36 km da di Lámud dove si trova l’Hogar) per portarlo d’urgenza in ospedale. Speriamo che non debbano restare per la notte, sarebbe anche molto impegnativo per la salute di Jenny. Dio provvederà!”. Intanto Jenny firma l’autorizzazione affinché Rafael venga portato immediatamente al Centro di Salute di Lámud (in modo che possano somministrargli l’ossigeno). “Sono rimasta sola in cucina, a riflettere su come procedere – racconta Jenny -. Ho notato che le lacrime cominciavano a scorrere lungo le mie guance. Ho detto a Gesù: ‘Che vuoi da me? Aiutami e suggeriscimi cosa dovrei fare’. È forte sapere che Gesù sente le tue miserie, le tue fatiche e che in Lui puoi abbandonare ogni preoccupazione. Nel frattempo, il mio cellulare squillava, squillava… Mi avrebbero chiesto di andare a firmare la dichiarazione per diventare suo tutore, cosa che avrei voluto evitare. Mentre camminavo verso il Centro di Salute un’infermiera mi ha chiamato per dirmi che avevano già contattato un parente di Rafael e che questo nipote mi avrebbe aspettato presso l’ospedale di Chachapoyas. Ho provato un grande sollievo, anche se in nessun momento ho esitato ad accettare la volontà di Dio, qualunque essa fosse”. Poco dopo, tutto si risolve: Rafael gradualmente si stabilizza e Jenny può accompagnarlo all’ospedale di Chachapoyas, dove incontra il nipote dell’anziano, al quale consegna i suoi documenti e un sacchetto di vestiti. Jenny può così tornare a casa “stanca, ma calma e grata per tutto ciò che avevo vissuto”. Ma non finisce qui: mentre loro si prendevano cura della salute di Rafael e degli altri anziani della casa Hogar, Dio si è preso cura di loro, inviando la Provvidenza di cui avevano tanto bisogno. “Una persona molto cara – racconta Javier – ci ha detto che la richiesta di aiuto finanziario che avevamo fatto insieme due mesi prima era stata accettata. È stato bellissimo incontrare questa persona, ho visto in lui un vero fratello. Mi ha mostrato la lettera dell’istituzione a cui ci eravamo rivolti chiedendo aiuto e la generosa somma che ci hanno inviato”. Jenny e Javier hanno deciso di condividere parte di ciò che hanno ricevuto con le suore della casa di cura di Chachapoyas.
Gustavo E. Clariá
“Dare to be one – osare essere uno” è il titolo del Convegno dei Vescovi di varie Chiese, amici del Movimento dei Focolari, che si è svolto dal 27 febbraio al 1° marzo ad Augsburg. L’incontro ricordava anche un importante anniversario nel cammino della riconciliazione: proprio ad Augsburg 25 anni fa, la firma della storica Dichiarazione Congiunta sulla Giustificazione.
Una richiesta di aiuto per un giovane del Camerun a Ravenna, nel nord Italia, mette in moto una rete di solidarietà e fa emergere soluzioni ed opportunità anche per altri migranti presenti in città. Un giovane camerunense arriva in Italia dalla Francia. Gli hanno assicurato un lavoro nella città di Ravenna, nel nord Italia. Giunto in città, però, scopre che il lavoro promesso non c’è. Non avendo un sostegno economico, il suo unico alloggio è un sacco a pelo. Di notte riposa sui prati adiacenti alcune chiese. Si chiama Bienvenue, che significa benvenuto. Amu (Azione per un Mondo Unito) una ONG che si ispira al Movimento dei Focolari e si occupa di aiutare popoli e persone in difficoltà, segnala questa persona alla comunità locale dei Focolari. “Un giorno ci siamo dati appuntamento con Bienvenue alla stazione ferroviaria – raccontano Nazzareno e Vincenzo, della comunità locale dei Focolari -. Il nostro segno di riconoscimento era una copia della rivista Città nuova tra le mani. Bienvenue ci ha riconosciuto al primo sguardo. È nata una forte intesa. Dal suo racconto abbiamo capito che aveva bisogno di aiuto”. I due amici, dopo aver ascoltato a lungo Bienvenue, decidono di accompagnarlo al dormitorio pubblico per dargli un alloggio più dignitoso, un pasto caldo e l’accesso al bagno per le cure personali. Con l’aiuto di altri amici nei giorni successivi Bienvenue riesce a trovare diversi lavori, anche se brevi e saltuari, ed è accolto in una casa famiglia. “Tuttavia rimaneva provvisorio sia l’alloggio che il lavoro – raccontano Nazzareno e Vincenzo -. Mantenevamo comunque un contatto con lui nella speranza che qualche opportunità saltasse fuori, incontrandolo periodicamente”. Un giorno Vincenzo contatta un suo amico che possiede un piccolo appartamento, dove lui stesso era stato alloggiato quando era giunto a Ravenna in passato. È l’occasione per chiedergli se l’appartamento è disponibile da affittare a Bienvenue. Vincenzo è stato un ottimo inquilino e può fare da garante, assicurando la regolarità del pagamento dell’affitto. L’amico accetta. “Grande è stata in quel momento la gioia di Bienvenue per aver trovato finalmente un posto stabile dove abitare – raccontano i due amici -. Purtroppo però, dopo circa una settimana, ha perso il lavoro. Confidando in Dio, non ci siamo avviliti”. Dopo pochi giorni Vincenzo telefona ad un gruppo di amici: sono quattro fratelli, proprietari di un’azienda del settore elettrico “Hanno subito accolto con grande generosità la proposta di assumere il nostro amico dopo un periodo di prova. Trascorre la prima settimana di lavoro, decidiamo quindi di andare a trovarlo, insieme ad altra amica conosciuta da poco, una giovane dall’Angola che da quattro anni vive in Italia e stava cercando alloggio e lavoro. Grande è stata la commozione sperimentata in tutti noi per questo incontro che ci faceva sentire fratelli sia con Bienvenue sia con la nuova amica”. Nazzareno e Vincenzo hanno vissuto con coraggio questa esperienza che ha dato loro un’ulteriore spinta ad avere attenzione per quelle persone che la vita mette loro accanto e che hanno bisogno di tutto. “Nei giorni successivi abbiamo incontrato un gruppo di religiosi salesiani. Il Vescovo aveva affidato loro una parrocchia. Durante la benedizione delle case da parte del parroco, una tradizione del periodo che precede la Pasqua, avevano incontrato varie persone non italiane e in cerca di lavoro. Per poter rimanere in Italia dovevano trovarsi un impiego altrimenti non avrebbero avuto la proroga del permesso di soggiorno. Ci siamo così rivolti ad alcuni imprenditori che si preparano ad aprire la stagione estiva lavorativa vicino al mare e hanno bisogno di mano d’opera, visto che nella nostra regione le attività turistiche sono molto sviluppate. La Provvidenza non si è fatta attendere ed abbiamo potuto offrire un colloquio di lavoro sugli stabilimenti balneari a tre persone che i salesiani ci avevano presentato. E così, giorno dopo giorno, andiamo avanti con questo spirito di accoglienza e integrazione sociale sapendo che nulla è piccolo di ciò che è fatto per amore”.
Lorenzo Russo
“Chiamati all’unità – Verso un’ecologia delle relazioni” è il titolo del workshop online promosso dalla rete di Insieme per l’Europa (IpE). L’evento è stato preparato con esponenti di varie Chiese, Movimenti e Comunità, con l’obiettivo di evidenziare uno dei “7 SÌ” del cammino insieme: il “SÌ alla creazione”. Le sfide per la salvaguardia del creato ed una ecologia integrale crescono in modo esponenziale nel mondo e la rete di Insieme per l’Europa ha dedicato a questo tema un’intera giornata durante un workshop online. Professionisti e cristiani di varie Chiese appartenenti a diversi Movimenti, di 9 Paesi europei, sono intervenuti al Seminario dal titolo: “Chiamati all’unità – Verso un’ecologia delle relazioni”. Un “viaggio” coinvolgente, in cui i relatori in un’atmosfera di crescente convergenza hanno esposto le proprie ricerche ed il proprio impegno per la tutela dell’ambiente, entrando poi in dialogo con le circa 130 persone presenti nella “sala virtuale”. Le esperienze già in atto in tanti posti e le incoraggianti buone pratiche, facilmente imitabili, hanno evidenziato il desiderio e l’impegno di rispettare e conservare la creazione per le future generazioni. Un vincolo di unità che si rafforza tra i cristiani e mette tutti in rapporto con altri. Cuore di questo evento: approfondire uno dei “7 SÌ” per il quale, la rete di Insieme per l´ Europa, si è impegnata durante il Congresso di Stoccarda del 2007. Un “SÌ al creato, difendendo la natura e l’ambiente, doni di Dio da tutelare con rispettoso impegno per le generazioni future”. “Nessuna cosa, nessuna creatura esiste al di fuori della relazione, ogni essere è inconcepibile senza la comunione” – ha affermato il Prof. Nicolaos Asproulis, Vicedirettore dell’Accademia di studi teologici di Volos (Grecia), uno dei relatori che hanno illuminato da angolazioni diverse la tematica di una Ecologia delle relazioni. Nella sua introduzione alla giornata Stefania Papa, Professoressa all’Università della Campania, aveva messo in luce la “’logica dell’armonia relazionale’ che ci libera dall’egoismo promuovendo la prima e più essenziale forma di ecologia”. Gerhard Pross, moderatore della rete, ha sostenuto: “Per molti dei nostri movimenti il tema dell’ecologia ha un grande valore ed oggi lo colleghiamo con il nostro carisma dell’unità, delle relazioni”. Si tratta di arrivare ad una visione olistica, del nostro rapporto con la natura, con la creazione e con il suo creatore. In sintesi, pottremmo chiamarla anche “ecologia del cuore”, ha riassunto Pross, citando lo scrittore Johannes Hartl. Dopo un intenso scambio di testimonianze ed esperienze di persone di varie Chiese sul tema, durante il Workshop, che è parte di un progetto sostenuto dall‘Unione Europea, DialogUE, è stato presentato il documento Europea Green Deal. Si tratta di un progetto ambizioso, in cui l’Unione Europea ha sviluppato norme ambientali fra le più rigorose al mondo. I contenuti del Webinar e le risposte dei partecipanti ai questionari inerenti questo evento aiuteranno ad elaborare un KIT con suggerimenti concreti all’Unione Europea. Quest’ultimo sarà consegnato il 16 ottobre 2024 alle Istituzioni Europee a Bruxelles (Belgio), insieme ai risultati dei workshop precedenti sulla comunicazione e sulle politiche sociali, svoltisi nel 2023 e co-finanziati come quest’ultimo dall’Unione Europea. Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito: Together4Europe | Una Rete Europea di Cristiani, per Unire Persone e Culture. Per rileggere tutti gli interventi dei relatori: Il nostro comune SÌ alla tutela del creato | Together4Europe
Maria Wienken, Segreteria internazionale di Insieme per l’Europa
È stato recentemente pubblicato il volume “Diario 1964 – 1980” di Chiara Lubich. Il testo è curato da P. Fabio Ciardi, OMI, pubblicato dalla casa editrice Città Nuova in collaborazione con il Centro Chiara Lubich. “Il Diario si rivela uno strumento estremamente prezioso, che consente di varcare la soglia degli eventi esteriori (la ‘vita esterna’) e di penetrare nel modo con cui sono vissuti (la ‘vita intima’)”. Con queste parole P. Fabio Ciardi, OMI, spiega il contenuto dei Diari di Chiara Lubich dei quali ha curato la recente pubblicazione. La Casa editrice Città Nuova, infatti, in collaborazione con il Centro Chiara Lubich ha realizzato il volume con i “Diari” della fondatrice dei Focolari dal 1964 al 1980. Questa pubblicazione è parte della collana “Opere di Chiara Lubich”, della quale hanno visto la luce già 5 tomi. “Sono in cantiere una quindicina di volumi. Non è l’opera omnia – chiarisce P. Fabio Ciardi – perché l’opera omnia richiederebbe un lavoro immane. Il supporto cartaceo prevede l’opera di Chiara Lubich, cioè le opere principali, e soprattutto quelle scritte. Che vanno da un primo volume introduttivo che sarà una biografia storica”, e poi le lettere, i discorsi pubblici, i discorsi fondativi, le conversazioni. “Certo che le lettere e i diari forse sono la parte più Intima di Chiara -aggiunge-. Quella che la mette a nudo. Quando lei si presenta con un discorso è un testo elaborato, preparato, rivisto. Quando io invece ho accesso alla sua corrispondenza, ho accesso al suo Diario, lì non ci sono filtri. È proprio l’innesto diretto con anima di Chiara. Diario e lettere sono quelle pagine che ci consentono di avere un rapporto immediato, diretto, non filtrato con lei”. “Il diario di Chiara Lubich è un po’ particolare – spiega ancora p. Ciardi – perché nasce non come diario personale, ma nasce proprio per coinvolgere tutti i membri del Movimento nei suoi viaggi. (…) . All’inizio parte subito con la descrizione di quello che avviene, quindi è un diario di una cronaca, ma presto, subito diventa un diario intimo. Perché quello che lei deve comunicare non sono soltanto semplicemente i fatti che lei sta vivendo, ma come li sta vivendo”. I Diari ripercorrono sedici anni e, per aiutare il lettore a meglio collocare e capire i testi della Lubich, p. Ciardi ha fatto una precisa scelta editoriale: “Dopo aver fatto un’introduzione generale a tutto il Diario, anno per anno, propongo una introduzione a quell’anno, collocandola anche… contestualizzandolo nella vita della Chiesa, nella vita del mondo, in maniera che si possa cogliere quello che sta vivendo Chiara Lubich, però con l’orizzonte più ampio della vita dell’Opera, della Chiesa e dell’umanità”. A chi vuole sapere come è meglio leggere questo libro e da dove iniziare, P. Fabio risponde così: “Allora la prima cosa che consiglierei è aprire a caso. E leggere una pagina. Sicuramente sarà coinvolgente. E allora sarà un invito a leggerne un’altra e un’altra. Non importa leggerlo, diciamo, in maniera continuativa. Si può aprire a caso e leggere un giorno, un altro, un anno, un altro. E poi questo forse farà venire il desiderio di cogliere il filo. E allora ricominciare dall’inizio, piano piano e percorrere questo cammino, che è un cammino… Non è facile il cammino di Chiara. È un cammino travagliato. Ci sono dei momenti di prova, momenti di malattia. Sono dei momenti in cui non scrive il diario. E perché non lo scrive? Perché forse vive un momento di buio. Quindi anche ripercorrere cronologicamente tutto il percorso aiuta a capire questo mondo. Però per iniziare, forse si può aprire a caso e leggere qua e là. Poi verrà la voglia di una lettura continua e completa”. “Il diario è suo, è personale, è la sua vita. – conclude il curatore – E questo lo si desume soprattutto dal colloquio costante che c’è nel Diario con Dio, con Gesù, con Maria, con i santi. (…) Ci fa vedere la sua anima, ci fa vedere quello che lei ha dentro. E questo ha in me una risonanza perché è come un invito a fare lo stesso viaggio, ad avere anch’io la stessa intimità; quindi, leggendo Chiara in fondo io mi rispecchio anche non in quello che sono, purtroppo, ma in quello che sento che dovrei essere”.
Carlos Mana
Video: In dialogo con P. Fabio Ciardi
La “Fazenda da Esperança” è una delle 47 realtà coinvolte nella prima fase del prossimo Genfest, nella quale i giovani saranno invitati ad impegnarsi concretamente in alcune organizzazioni sociali che già operano sui vari territori. La Fazenda è una comunità terapeutica, nata nel 1983, che aiuta persone che vogliono liberarsi dalle dipendenze. https://youtu.be/ON6wk9N1r4w (altro…)
L’augurio di Margaret Karram, Presidente del Movimento dei Focolari, a tutti coloro che si preparano a vivere il prossimo Genfest 2024, evento dei giovani del Movimento che si svolgerà ad Aparecida, in Brasile, e in diverse parti del mondo con vari Genfest locali.
Una canzone che nasce dall’esperienza concreta di alcuni giovani del Movimento dei Focolari che, mettendo insieme i propri talenti, sono stati capaci di trasformare in musica e parole il loro desiderio di mettersi in gioco per cambiare le cose. https://youtu.be/_n3HdyD308s (altro…)
Giornalisti, docenti, esperti della comunicazione: un laboratorio internazionale sul cammino sinodale “Quale comunicazione per la sinodalità?” Questo è il titolo di un webinar del 7 marzo scorso in diretta Youtube nato dopo un lungo confronto fra esperti della comunicazione. Un cammino sinodale avviato lo scorso anno con incontri mensili. Così su iniziativa di NetOne, la rete internazionale dei comunicatori del Movimento dei Focolari si è poi sviluppata l’idea del webinar. Papa Francesco durante la prima sessione del Sinodo di ottobre scorso aveva chiesto ai partecipanti il digiuno della parola. “La vera comunicazione ha un ritmo da rispettare: un tempo per tacere e un tempo per parlare – ha affermato Mons. Brendan Leahy, membro dell’Assemblea sinodale collegato da Limerick, Dublino -. La sinodalità comporta un’ascesi, quella capacità di guardare dentro di noi e offrire il ‘vino distillato’. Usare quindi le parole giuste e non parole vuote che portano a pettegolezzi. Penso che il Papa ci invita soprattutto ad imitare Maria, nella sua contemplazione”. “Una Chiesa sinodale è essenzialmente una Chiesa della comunione, che diventa reale quando c’è la comunicazione dei doni di ognuno – sostiene Mons. Piero Coda, segretario della Commissione Teologica Internazionale intervenuto all’evento -. Occorre puntare alla qualità della comunicazione: non proporre risposte supponenti ma scoprire le vere domande che albergano nella società per dare delle risposte profetiche”. Alle parole di Mons. Coda si lega l’intervento di Thierry Bonaventura, communication manager della Segreteria Generale del Sinodo: “La comunicazione è alla base di qualsiasi relazione umana. Dio è comunicazione, si auto comunica, è dialogo tra le Persone della Trinità. Tutte le questioni emerse durante la prima sessione del Sinodo di ottobre scorso sono legate al tema della relazionalità, la comunicazione ha permeato il Sinodo, anche se si è privilegiato il fare comunicazione piuttosto che il pensare la comunicazione”. A seguire l’intervento dall’Argentina Isabel Gatti, coordinatrice internazionale NetOne: “Dalla teoria della comunicazione è possibile offrire chiavi di lettura affinché i concetti filosofici e teologici della sinodalità possano migliorare le nostre pratiche ecclesiali nella dimensione individuale e in quella più sociale”. “La nostra Chiesa può essere una famiglia se, come Gesù e Maria, assumiamo i dolori dell’umanità sofferente che oggi ha tanti volti connessi alla comunicazione: polarizzazioni sociali, guerre, disuguaglianze sociali”. Un esempio di cammino sinodale è la riforma della comunicazione vaticana. “Il Papa desidera una Chiesa che sia in uscita, nella quale ci sia posto per tutti – sostiene Mons. Lucio Adrian Ruiz, segretario del Dicastero per la Comunicazione -. Questo implica una comunicazione che da una parte abbraccia tutte le nuove tecnologie e dall’altra non dimentica nessuna delle vecchie, perché nessuno deve rimanere escluso. Poi c’è l’esperienza del Sinodo digitale, un processo missionario per andare a portare la carezza, l’annuncio di Gesù anche alle persone che non vivono nelle istituzioni della Chiesa”. Spazio poi all’intelligenza artificiale: in che modo ci interroga nella nostra professione di comunicatori? “La risposta va data con tre parole: conoscenza, creatività e responsabilità – afferma da Roma Giovanni Tridente, direttore della Comunicazione della Pontificia Università della Santa Croce -. Questa innovazione tecnologica bisogna conoscerla per capire come usarla. Va utilizzata con creatività per migliorare le nostre esistenze e c’è bisogno di responsabilità per utilizzarla anche dal punto di vista etico per far conoscere e rendere libere le persone di farsi una loro opinione”. Infine l’intervento di Liliane Mugombozi, giornalista della Repubblica Democratica Congo: “Quando comunichiamo stiamo donando qualcosa di noi, la nostra visione sul mondo, i valori in cui crediamo, le nostre paure, i dispiaceri, ma anche le conquiste, le vittorie, i dubbi, le speranze, le nostre domande più profonde. Un atto di comunicazione può essere un dono che favorisce incontri di persone, che crea contesti di dialogo e fiducia anche nelle situazioni difficili, e camminare insieme. Un proverbio Amhara (Etiopia) dice che “quando le ragnatele si uniscono, possono intrappolare anche un leone”. Spazio infine al dialogo e alle domande, esperienze e impressioni. Si avvertiva il desiderio di trasmettere e vivere una comunicazione più incisiva e sincera. Questo webinar è solo l’inizio di un percorso di sinodalità e comunicazione. Per info: net4synodcom@gmail.com
Lorenzo Russo
(…) S’avvicina Pasqua, la più grande festa dell’anno, e con essa la Settimana Santa stracolma dei misteri più preziosi della vita di Gesù.
Essi ci sono ricordati soprattutto il Giovedì, il Venerdì, il Sabato Santo e la Domenica della Risurrezione e rappresentano per noi altrettanti aspetti centrali della nostra spiritualità. Sono: la consegna del comandamento nuovo, l’istituzione del sacerdozio e dell’Eucaristia, la preghiera dell’unità, la morte di Gesù Abbandonato in croce, la Desolata, il Risorto.
Noi li celebreremo con la Chiesa attraverso la santa liturgia, ma giacché la nostra è una “via della vita” ci apprestiamo ad onorarli anche con la nostra vita. (…)
Che cosa vivere allora nell’appressarsi della settimana santa e durante quei giorni benedetti?
Io penso che, se viviamo la Pasqua, se lasciamo vivere cioè il Risorto in noi, abbiamo il miglior modo per viverli tutti.
Affinché il Risorto infatti splenda in noi, dobbiamo amare Gesù Abbandonato ed essere sempre – come noi diciamo – “al di là della sua piaga” dove la carità è regina. E’ lei poi che ci spinge ad essere il comandamento nuovo in atto; che ci spinge ad accostarci all’Eucaristia la quale alimenta questa carità divina nel nostro cuore e ci fa proprio essere ciò di cui noi ci cibiamo che è appunto Gesù Risorto; è la carità che ci porta a vivere l’unità con Dio e con i fratelli. E’ per la carità che possiamo essere, in certo modo, altre Maria.
Sì, non si possono vivere meglio i vari aspetti della vita di Gesù ricordati nella Settimana Santa che proponendoci di far vivere ogni attimo il Risorto in noi. (…)
Chiara Lubich
(Chiara Lubich, Per essere un popolo di Pasqua, 24 marzo 1994 in Conversazioni in collegamento telefonico, Città Nuova, 2019, pp. 461-2)
Un passaggio dell’intervento di Chiara Lubich a Roma, nel 2000, durante la XV Giornata Mondiale della Gioventù, alla quale parteciparono oltre due milioni di giovani provenienti da tutto il mondo. (Tor Vergata – Roma, 19 agosto 2000). https://youtu.be/bAXYQrHjEIw (altro…)
Mons. Piero Coda, teologo, Segretario della Commissione teologica internazionale, già Preside dell’Istituto Universitario Sophia, ha ricevuto la laurea honoris causa dall’Università Cattolica di Córdoba in Argentina. Una settimana di eventi ha caratterizzato l’inizio del mese di marzo 2024 presso l’Università Cattolica di Córdoba (UCC) in Argentina. Tra questi: il Seminario Itinerario Córdoba 2024, Università dei Gesuiti e antropologia trinitaria e il conferimento del Dottorato honoris causa a Mons. Piero Coda teologo, Segretario della Commissione teologica internazionale, già Preside dell’Istituto Universitario Sophia. Altri eventi correlati hanno permesso di far conoscere il pensiero e il contributo di Mons. Coda, che non si limita all’antropologia e alla teologia, ma raggiunge la Chiesa nel suo cammino sinodale e in quello del dialogo ecumenico e interreligioso. Il Seminario di Antropologia Trinitaria si è svolto dal 4 al 6 marzo. Il gruppo di studio, attivo da 11 anni, è composto da 14 persone, donne e uomini, francescani, gesuiti, sacerdoti, religiosi, focolarini e laici di diversi movimenti ecclesiali. Sonia Vargas Andrade, della Facoltà di Teologia San Pablo dell’Università Cattolica Boliviana, ha affermato: “Ci siamo incontrati per riflettere sul percorso che un teologo latinoamericano deve seguire nel dialogo con la teologia europea, in particolare con l’Antropologia Trinitaria, tenendo conto di ciò che è tipico nostro, cioè la pluralità”. Il Seminario si è concluso evidenziando che l’elemento distintivo della Teologia Trinitaria – oggetto di studio del gruppo – è proprio l’unità nella pluralità: “il pensiero dell’altro vale quanto il mio, devo pensare dall’altro e nell’altro”, ha aggiunto Vargas Andrade. Mons. Piero Coda ha raccontato la sua esperienza diretta e la sua lettura della prima sessione dell’Assemblea sinodale, alla quale ha partecipato come membro della Commissione teologica della Segreteria generale del Sinodo dei Vescovi. Coda ha definito la prima sessione come una pausa per imparare a incontrarsi, ascoltarsi e dialogare nello Spirito. E ha aggiunto: “Il viaggio è appena iniziato. La pazienza e la perseveranza devono andare di pari passo con la saggezza e la prudenza, ma anche con l’entusiasmo e il coraggio di rischiare”.
Il dott. Tommaso Bertolasi, docente presso l’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI), ha chiuso la discussione affrontando il tema “giovani e sinodalità”, sottolineando che i giovani sperimentano il Dio assente: “Dio è sperimentato come l’assente, colui che non c’è”. Di conseguenza, è necessario considerare l’esperienza dell’abbandono di Gesù sulla croce. “È proprio lì, nella morte e nella risurrezione, che Dio entra in ogni esperienza umana: da quel momento in poi non c’è più distanza da Dio, perché Dio è nell’assenza di Dio”. Da questa tesi ha dedotto diverse implicazioni per la Chiesa in generale, soprattutto per la pastorale giovanile.
Il 6 marzo è stato il giorno del conferimento del dottorato honoris causa a Mons. Piero Coda. In questa occasione il Cardinale Ángel Rossi S.J., Arcivescovo di Córdoba, ha definito Piero Coda un “pellegrino della verità, che ha vissuto la sua vita in chiave di esodo e lo ha portato a lasciare la propria ‘terra’ per mettere il suo pensiero e le sue intuizioni teologiche in dialogo permanente con culture diverse, con coloro che non professano una fede esplicita o con altre discipline”. Padre Gonzalo Zarazaga S.J., Direttore del Dottorato in Teologia dell’UCC, presentando il contributo di
Coda, ha affermato che “l’Ontologia Trinitaria di Piero Coda ci apre all’intimità del Dio Trino e ci invita a partecipare al suo amore in pienezza”. La rabbina Silvina Chemen, attraverso un videomessaggio, ha espresso il suo affetto, la sua ammirazione e la sua gratitudine a Piero Coda per il suo lavoro di rafforzamento dei legami interreligiosi con il Movimento dei Focolari Nelle sue parole di ringraziamento, Mons. Piero Coda ha dichiarato di considerare il riconoscimento ricevuto come un apprezzamento dello stile di comprensione e di realizzazione del lavoro filosofico e teologico, che si sta rivelando di grande attualità nel processo di riforma sinodale e missionaria in cui è impegnata la Chiesa, sotto la guida di Papa Francesco. E ha aggiunto: “Si tratta di imparare gli uni dagli altri, ascoltando insieme ciò che lo Spirito dice alle Chiese: nello scambio dei doni delle rispettive esperienze di inculturazione della fede e della missione, di cui le nostre comunità e culture sono portatrici”. La sua lectio magistralis aveva come titolo “Abitare la reciprocità del Padre e del Figlio nello Spirito Santo per ravvivare il senso e il destino della storia”.
María Laura Hernández Foto: per gentile concessione dell’UCC e di Guillermo Blanco
Grazie alle donazioni di tanti si è riusciti a realizzare interventi per sollevare la sofferenza di popolazioni colpite da disastri naturali o guerre. Ill Coordinamento Emergenze dei Focolari fa il punto della situazione sulla raccolta fondi a favore di Siria, Turchia, Ucraina, Italia, Pakistan e Filippine. Conflitti armati, epidemie e catastrofi ambientali come alluvioni o terremoti possono mettere in gravi difficoltà intere popolazioni con effetti immediati e a lungo termine. Per andare incontro a queste gravi situazioni, in seno al Movimento dei Focolari, è nato il Coordinamento Emergenze che, in seguito a situazioni di emergenza umanitaria, lancia raccolte fondi per assistere le popolazioni colpite attraverso programmi sostenuti da membri dei Focolari o da organismi dei Focolari nel mondo, che operano in proprio o in partenariato con altri. Di recente, il Coordinamento delle Emergenze, ha presentato il Report 2023 dove si apprende che, dal 2016 fino alla fine del 2023, si sono raccolti in totale 5.361.505 di euro per le emergenze in Siria, Turchia, Ucraina, Italia, Pakistan e Filippine. In Siria, il progetto “Semi di Speranza”, iniziato a settembre del 2018, ha permesso di offrire assistenza sociosanitaria alle famiglie, accesso a medicinali essenziali, servizi sanitari e chirurgia di base per i pazienti di malattie croniche, sostegno educativo a bambini e adolescenti. Finora a beneficiare del programma sono stati 23.170 persone. Per il terremoto in Siria e Turchia, che ha avuto luogo nel febbraio del 2023, sono state soccorse 6.273 persone in varie forme: assistenza finanziaria a 405 famiglie, distribuzione di detersivi a 490 famiglie e di cibo e vestiario a 712 famiglie, oltre al supporto psicologico per anziani, adulti e giovani e assistenza medica. Inoltre, Work Empowerment (dare valore alle abilità lavorative che ognuno ha con l’incentivo di microcrediti) per 16 famiglie e 32 persone e interventi abitativi per 138 famiglie. È stato anche avviato un allevamento comunitario per la fornitura di latte e la generazione di reddito per le famiglie di un villaggio turco abitato da profughi afghani.
In Ucraina invece la situazione di emergenza è in continua evoluzione: il conflitto si prolunga e le necessità della popolazione sono tante e crescenti. In questi anni si è provveduto ad assistenza sanitaria di base per circa 12.000 persone e supporto economico straordinario a più di 2000 famiglie. Diverse sono state le attività di accoglienza in Italia di famiglie e bambini sfollati da questo Paese. Si è realizzato anche un campo scuola in Austria con 30 bambini di una scuola primaria di Kiev. È stato inaugurato un centro protetto diurno per bambini e mamme.
Un’altra emergenza quest’anno sono state le alluvioni che hanno colpito varie regioni del pianeta. In particolare, durante quella che ha colpito il Pakistan, è stato possibile contribuire con materiale di costruzione per il ripristino di 20 abitazioni distrutte e sostegno a 1.150 persone. Per l’alluvione in Emilia-Romagna (Italia) nel 2023 invece si sono potute aiutare 16 famiglie per l’acquisto o la riparazione di beni materiali danneggiati dall’acqua e sono stati effettuati interventi di ristrutturazione nelle case di 7 famiglie. Inoltre, è stato realizzato un Campo di lavoro e la ristrutturazione di una fattoria didattica. Il Coordinamento delle Emergenze del Movimento dei Focolari gestisce questi progetti attraverso Amu (Azione per un Mondo Unito) e AFN (Azione per Famiglie Nuove) , due ONG nate dal Movimento dei Focolari che operano nel sociale. Ad oggi continuano ad essere attive le raccolte fondi per le emergenze in Ucraina e dopo il terremoto in Siria e Turchia.
Carlos Mana
Oggi, 14 marzo, giorno in cui ricordiamo la partenza per il Cielo di Chiara Lubich, pubblichiamo alcune sue parole, pronunciate durante l’incontro del Movimento Politico per l’Unità a Berna (Svizzera), il 4 settembre del 2004. Una riflessione sul tipo di “amore” necessario affinché la fraternità universale sia possibile. […] La fraternità si realizza soltanto con un amore speciale. E’ un amore che va diretto a tutti, come Dio Padre che manda la pioggia e il sole sui cattivi e sui buoni. Non è un amore che va diretto unicamente, solamente ai parenti, agli amici, a qualche persona, ma va diretto a tutti, e questa è già una ginnastica. Se noi portassimo via da questa sala soltanto il proposito di amare tutte le persone che incontrerò, possibilmente, se cristiani, vedendo Cristo in esse – perché Lui dirà: “L’hai fatto a me”, “L’hai fatto a me”, “L’hai fatto a me”-, secondo me avremmo già fatto un grande guadagno, perché da qui partirebbe la rivoluzione cristiana. Ma poi questo amore, che è necessario per la fraternità, che non è tolleranza ma è anche tollerante, che non è solidarietà ma è anche solidarietà, è qualcosa di diverso perché è l’amore stesso di Dio – noi cristiani diciamo: diffuso nel nostro cuore dallo Spirito Santo -, è un amore che ama per primo, non aspetta di essere amato, si lancia per primo, si interessa delle persone, quando…, naturalmente bisogna non turbarle; è lui che parte per primo, non aspetta di essere amato. In genere nell’amare si aspetta sempre di essere amati per poter amare; invece, è un amore che va per primo, che deve partire per… Da questo la rivoluzione. E come il nostro Movimento è arrivato per opera di un carisma di Dio, non tanto nostra, agli ultimi confini della terra; perché, se si parte da qua pensando di amare tutti e di partire sempre per primi, senza aspettare…, eh! Qui è già un Vangelo. Capite cos’è il Vangelo? Questo è Vangelo. Poi è un amore che non è sentimentale, che non è un amore platonico, non è un amore, così, evanescente, ma un amore concreto, che si fa uno con la persona amata: se è ammalato, si sente ammalato con essa; se gode, gode con essa; se conquista qualcosa, è la conquista anche sua quella cosa. E’ un amore che… Come dice san Paolo: “Farsi tutto a tutti”, “Farsi tutto a tutti”, farsi povero, ammalato con gli altri. Condividere: questo è questo amore, è un amore concreto. Quindi: un amore che va diretto a tutti, un amore che parte per primo, è un amore che deve essere concreto. E poi bisogna amare gli altri come sé, così dice il Vangelo. Quindi la mia compagna, la Eli, che vedo in sala, sono io, perché devo amarla come me, come Chiara, come amo me stessa. E così la Clara: devo amarla come me; la signora devo amarla come me; l’altra signora devo amarla come me, come me, perché questo è Vangelo. Anche questo è grosso: quando mai si ama gli altri come sé? E si trasferisce, quasi, in certo modo, se stessi negli altri per amarci come sé. E’ un amore, poi, che se vissuto da più persone diventa reciproco, perché io amo Marius, Marius ama me; io amo la Clara, la Clara ama me. Questo amore reciproco che è la perla del Vangelo – Gesù ha detto: “Io vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi” e ha detto che è il comandamento suo e nuovo, suo, per cui sintetizza il Vangelo -, è la base della fraternità. Cosa vogliamo…? Cosa possiamo fare noi per essere fratelli gli uni gli altri se non amarci e amarci come Lui ci ha amato, pronto addirittura a dare la vita per noi? Bisogna tener presente queste cose qua. Tenendo presente com’è questo amore, ecco, per rispondere al signore che mi ha fatto la domanda, come va pensato il rapporto con gli altri? Va pensato a mo’ di dialogo. Io devo veder nell’altro qualcuno col quale io devo dialogare, ma per poter dialogare io devo conoscerlo, allora io devo entrare nell’altro, non tanto essere io a farmi avanti, ma cercare di capire l’altro, lasciare che l’altro si esprima. […] Bisogna entrare nell’altro, lasciare che l’altro si apra, lasciare che l’altro parli e che senta il vuoto in noi, la capacità di comprenderlo, di capirlo. E allora succede – è nostra esperienza – che anche l’altro capisce di essere amato, allora ben volentieri attende anche il nostro discorso. E qui il Papa dice una frase bellissima per il dialogo. E allora occorre dare la nostra verità, quella a cui noi pensiamo, ma che sia “un rispettoso annuncio”, cioè un annuncio che rispetta il pensiero dell’altro, che non vuole fare dei proseliti, che non vuole, insomma, infierire sull’altro. Questo è il dialogo che va fatto, signore, è a base della nostra vita, della fraternità universale.
Chiara Lubich
https://youtu.be/oiMWqKDBJpk (altro…)
Venerdì 1 marzo si è concluso nella storica città di Augsburg in Germania il 40° Convegno ecumenico di Vescovi amici del Movimento dei Focolari. 60 i partecipanti provenienti da 26 nazioni e appartenenti a 29 Chiese cristiane. “Dare to Be One. A call from Jesus to live the future, now” il titolo e più ancora la realtà dell’incontro. 1518 – Ad Augsburg (Germania) si trovano a discutere il cardinale romano Caetano, noto teologo tomista, e il monaco agostiniano Martin Lutero, docente di Sacra Scrittura all’università di Wittenberg (Germania), sulle 95 tesi sulle indulgenze che ha avanzato Lutero. Nulla da fare. Non si intendono. Lutero teme per la sua vita e sfugge di notte. 1530 – La Dieta del Sacro Impero Romano conduce ad Augsburg l’imperatore Carlo V che intende rimettere insieme protestanti e cattolici ormai divisi. Per l’occasione Filippo Melantone, teologo amico di Lutero, ha preparato la Confessio Augustana, una confessione di fede redatta per mettere tutti d’accordo. Il tentativo fallisce. 1555 – Durante un’ulteriore Dieta ad Augsburg si firma la Pace religiosa che assicura la coesistenza tra cattolici e luterani. Ogni principe dell’Impero stabilisce quale confessione si seguirà nel suo territorio, una decisione riassunta nell’espressione latina cuius regio eius religio (di chi è la regione è la religione) 1650 – Dopo la sanguinosa guerra dei 30 anni, che ha toccato pure Augsburg, si sanziona la libertà d’espressione religiosa e la parità di protestanti e cattolici in tutti gli uffici pubblici. Nasce l’Alta Festa della Pace che si celebra ancora oggi ogni 8 agosto. È in questo luogo carico di storia, Augsburg, che, su invito del Vescovo cattolico del posto Bertram Meier, si è svolto dal 27 febbraio al 1 marzo il 40° Convegno ecumenico di Vescovi amici del Movimento dei Focolari. Vi hanno partecipato 60 Vescovi di 26 nazioni, appartenenti a tutte le grandi famiglie di Chiese: ortodossi, Chiese orientali ortodosse, anglicani, metodisti, evangelici, riformati, cattolici di rito latino, armeno e bizantino. Mai erano stati tanti e con una provenienza così universale, che è stata rilevata anche dalla Sindaca della città, Eva Weber, quando ha ricevuto i Vescovi nel Municipio. Sin dagli arrivi, colpisce il rapporto tra questi Vescovi, tra cui sono anche due donne Vescovo di Chiese nate dalla Riforma. Ogni Chiesa viene accolta così com’è. Uno spirito semplice di fraternità permea le giornate, senza misconoscere le ferite e i punti di non accordo fra le Chiese che ci sono tuttora. Ma tutto è sotteso da quel patto di amore vicendevole che ha caratterizzato sin dall’inizio questi Convegni e che i Vescovi rinnovano solennemente pure quest’anno, promettendosi di condividere le gioie e le croci l’uno dell’altro. Ne nasce un’originale sinodalità ecumenica, com’è stata definita da vari partecipanti.
Dare to Be One. A call from Jesus to live the future, now (Osare essere uno. Una chiamata di Gesù a vivere il futuro, ora) è l’ardito motto del convegno e, più ancora, del cammino al quale partecipano anche la Presidente e il Copresidente dei Focolari, Margaret Karram e Jesús Morán. Tre i temi principali approfonditi, ciascuno illustrato da esperienze: l’ecumenismo ricettivo come metodologia ecumenica che porta ad imparare gli uni dagli altri; la comune chiamata a testimoniare il Vangelo in un mondo diviso in cerca di pace; Gesù crocifisso e abbandonato come via per affrontare la notte del mondo e rispondervi in modo generativo. Ancora una data: il 31 ottobre 1999. Sono 25 anni da quando la Federazione Luterana Mondiale e la Chiesa cattolica hanno siglato proprio ad Augsburg la “Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione”, riconoscendo che, su questo punto chiave del dissenso nel 16° secolo, oggi non c’è più motivo di separazione. Una Preghiera ecumenica commemora lo storico evento nel luogo della firma: la chiesa evangelica di Sant’Anna. Il giorno dopo una tavola rotonda ne approfondisce la portata. Il Rev. Ismael Noko, allora segretario generale della Federazione Luterana Mondiale, illustra il cammino umile e tenace che ha reso possibile la firma e ha visto la successiva adesione di altre tre Comunioni Mondiali (metodista, riformata e anglicana). Il dott. Ernst Öffner, allora Vescovo evangelico regionale di Augsburg, racconta come si era adoperato, insieme al Vescovo cattolico dell’epoca, a coinvolgere la popolazione e tutta la città era in festa. Il Vescovo cattolico Bertram Meier parla delle sfide e delle opportunità del cammino che è ora davanti a noi. Durante tutto il convegno si è sempre di nuovo guardato alle attuali minacce per la pace e la giustizia. Molto importante a questo riguardo il video messaggio sulla situazione che si vive in Terra Santa, che il card. Pizzaballa ha mandato ai Vescovi partecipanti al convegno. Su questo sfondo, due realtà hanno dato particolare speranza: lo sviluppo della rete ecumenica “Insieme per l’Europa” che coinvolge circa 300 Movimenti e comunità di varie Chiese, e la visita alla Cittadella ecumenica di Ottmaring (Germania) dove da 56 anni cattolici e luterani di diversi Movimenti danno una testimonianza di unità nella diversità, un cammino non sempre facile in cui da ogni crisi sono nati nuovi sviluppi. Per il futuro si punta alla crescita delle reti locali, al collegamento fra tutti attraverso periodici collegamenti web e newsletter, in vista di un prossimo incontro internazionale fra due o tre anni.
Hubertus Blaumeiser
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NetOne, associazione internazionale di professionisti dei media e del cinema e operatori della comunicazione e dell’informacion technology, insieme a New Humanity, Organizzazione Non Governativa (ONG), realtà fondate sullo spirito e sui valori che animano il Movimento dei Focolari, in collaborazione con la Missione della Santa Sede presso le Nazioni Unite, hanno dato il via all’iniziativa “IA: una via per la pace globale e lo sviluppo umano integrale”, riflessione su un’etica dell’intelligenza artificiale e le sue implicazioni. Mercoledì 21 febbraio 2024, NetOne insieme all’ ONG New Humanity in collaborazione con la Missione della Santa Sede presso le Nazioni Unite, ha co-organizzato l’iniziativa “AI: A Pathway to Global Peace and Integral Human Development”, che si è svolta a New York, UNHQ, Conference Room 6, dalle 13.15 alle 14.45 ed è stata seguita online da diverse parti del mondo. Il Saluto di apertura di Sua Eccellenza l’Arcivescovo Gabriele Caccia, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, ha dato il tono delle riflessioni: “Siamo sull’orlo di una rivoluzione tecnologica senza precedenti nella storia dell’umanità. L’emergere dell’IA sta rimodellando il nostro mondo in modi profondi e senza precedenti. Dalla rivoluzione delle industrie alla trasformazione del nostro modo di vivere, lavorare e interagire, l’IA è diventata una forza trainante del cambiamento nel XXI secolo”. Negli ultimi anni, il progresso digitale ha portato opportunità e sfide significative, con gravi implicazioni in tutti gli ambiti della società. In quest’epoca di rapidi cambiamenti tecnologici, l’Intelligenza Artificiale (IA) è emersa come uno degli strumenti più potenti con il potenziale di trasformare le società, far progredire la pace e raggiungere uno sviluppo sostenibile. Tuttavia, le sue implicazioni etiche rimangono oggetto di un intenso dibattito.
Maddalena Maltese, giornalista e rappresentante dell’ONG New Humanity, moderatrice della tavola rotonda dell’evento, ha ricordato che “il 1° gennaio scorso Papa Francesco, nel suo messaggio per la Giornata internazionale della Pace, ha sollevato domande urgenti sull’IA: “Quali saranno le conseguenze, a medio e lungo termine, di queste nuove tecnologie digitali? E quale impatto avranno sulle vite individuali e sulle società, nonché sulla stabilità e sulla pace internazionale?”. Ha anche messo in evidenza che il Segretario generale Antonio Guterres, discutendo le priorità per il 2024, ha sottolineato che l’IA interesserà tutta l’umanità, ribadendo la necessità di un approccio universale per affrontarla. La tavola rotonda con dialogo tra più parti interessate sulle sfide etiche poste dall’IA e dalle strategie ha discusso l’interazione tra considerazioni tecniche, etiche, politiche, legali ed economiche. P
adre Philip Larrey, professore di filosofia al Boston College, già decano di filosofia alla Pontificia Università Lateranense, presidente di Humanity 2.0, ha esposto una serie di questioni urgenti a partire dal tema della pace. “ChatGPT o Gemini potrebbero scrivere un perfetto piano di pace, guardando alle situazioni che stiamo vivendo, ma saremmo disposti a seguirne le indicazioni?” ha detto Larrey, enfatizzando il fattore umano come decisivo nelle decisioni da prendere, anche quando si tratta di armi letali. Altro tema centrale del suo discorso è stato quello dell’empatia che le macchina possono dimostrare e che talvolta vengono preferite all’elemento umano. “Gli esseri umani comprendono i significati. Le macchine no, per quanto le macchine stanno diventando molto, molto brave a simulare ciò che consideriamo significativo”, ha insistito il professore del Boston College, menttendo in guardia dalla sfida, sempre più difficile, di discernere ciò che appartiene all’uomo e ciò che appartiene alla tecnologia, con macchine che in futuro potrebbero essere anche programmate per provare sentimenti.
Laura Gherlone, ricercatrice in semiotica del Consiglio Nazionale delle Ricerche Scientifiche e Tecniche in Argentina e docente presso l’Università Cattolica dell’Argentina, membro della Commissione Internazionale di NetOne, ha parlato dell’Intelligenza Artificiale e, più in generale, delle tecnologie digitali alla luce del pensiero della decolonizzazione digitale. Sostiene che: “oggi i contesti post-coloniali si trovano a un bivio: restare indietro o recuperare. Sono costretti ad accelerare drasticamente alcuni processi che oggi incarnano un modello di conoscenza tecno-centrico, presumibilmente universale: la digitalizzazione e l’implementazione di sistemi di intelligenza artificiale sono tra questi processi”. Afferma che questo processo “ha sempre un costo molto alto, su almeno tre livelli: a livello economico e tecnico-strutturale, a livello sociale e, infine, l’adozione accelerata e forzata del progresso tecnologico come percorso verso un modello universale di conoscenza”. Suggerisce che “il dibattito etico sull’IA potrebbe essere notevolmente arricchito da una riflessione decoloniale, integrando, ad esempio, il lavoro di quei movimenti collettivi impegnati a ripensare e ridisegnare le architetture tecniche “dal Sud”, ovvero soluzioni teorico-metodologiche e pratiche che spesso vengono messe da parte perché lontane dalle logiche del profitto”. In chiusura dell’evento, due buone pratiche della società civile. Marianne Najm, ingegnere delle comunicazioni con sede a Beirut, si è soffermata sull’etica dell’IA e sul concetto di giuramento digitale per gli ingegneri e per chiunque sia attivo nel mondo digitale. Il progetto è iniziato nel 2019 ispirandosi al giuramento di Ippocrate, il giuramento che la maggior parte dei medici e delle dottoresse fanno alla fine del loro percorso accademico. Proprio come il giuramento di Ippocrate mira a risvegliare l’obbligo umano dei medici, allo stesso modo il giuramento digitale mira a risvegliare l’obbligo umano degli attori digitali, indirizzando il loro lavoro verso una progettazione eticamente centrata sull’uomo. Marcelle Momha, camerunense che vive negli Stati Uniti, analista di politiche e ricerche tecnologiche specializzata in intelligenza artificiale, tecnologie emergenti e cybersicurezza aveva preparato un intervento sulla community AI 2030, che per la tempistica non è stato possibile illustrare ma che è disponibile su questo link. “AI 2030 è una vivace comunità di leader aziendali, data scientist, costruttori tecnici e ricercatori pionieristici dedicati a sfruttare il potere di trasformazione dell’intelligenza artificiale a beneficio dell’umanità riducendone al minimo il potenziale impatto negativo”, spiega Marcelle nel suo tema. Nel suo messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, il Santo Padre ricordava che “gli sviluppi tecnologici che non portano a un miglioramento della qualità della vita di tutta l’umanità, ma al contrario aggravano le disuguaglianze e i conflitti, non possono mai essere considerati un vero progresso”. Come organizzazioni della società civile, vogliamo accompagnare gli sforzi delle Nazioni Unite e di tutte quelle istituzioni che stanno lavorando per un impegno etico nel campo della tecnologia che sostenga gli sviluppi digitali come contributo alla promozione dei principi umani di pace e fraternità. Per rivedere la diretta è possibile accedere a questo link: https://webtv.un.org/en/asset/k1h/ Per rileggere gli interventi e avere maggiori informazioni consultare la pagina: https://www.net-one.org/ia-una-via-per-la-pace-globale-e-lo-sviluppo-umano-integrale/
Fonte https://www.net-one.org
Dal 2 all’8 febbraio 2024 una settimana di mobilitazione e preghiera contro la tratta di esseri umani. A Roma (Italia) l’incontro di 50 giovani di tutti i continenti fra cui alcuni ragazzi e ragazze del Movimento dei Focolari. La tratta di esseri umani è il processo attraverso il quale le persone vengono costrette o attirate da false prospettive, reclutate, trasferite e obbligate a lavorare e vivere in condizioni di sfruttamento o di abuso. È un fenomeno, come avvertono i recenti rapporti delle Nazioni Unite, in continua e drammatica evoluzione. Dal 2 all’8 febbraio 2024 si è svolta la settimana di preghiera contra la tratta di persone. Istituita da Papa Francesco nel 2015 la settimana include sempre l’8 febbraio, festa di Santa Bakhita, una suora sudanese che da giovane fu schiava, venne venduta e maltrattata, fu vittima di tratta e simbolo universale di lotta contro questa piaga dell’umanità. Il tema di questo anno era Camminare per la dignità. Ascoltare, sognare e agire. Migliaia di persone in tutto il mondo si sono radunate per riflettere, pregare e condividere la propria esperienza di impegno contro questo fenomeno globale. A Roma (Italia) tanti giovani provenienti da diversi Paesi – Kenya, Giappone, Stati Uniti, Thailandia, Albania, Canada, Messico, Francia, Italia – hanno partecipato a conferenze, flash mob, momenti di preghiera sul tema, all’Angelus e all’udienza con Papa Francesco tenutesi durante la settimana. Fra di loro anche alcuni Gen2, giovani del Movimento dei Focolari. Prisque Dipinda, della Repubblica democratica del Congo racconta: “L’evento più significativo per me è stata la preghiera vigil of prayer nella Chiesa di Santa Maria in Trastevere, nel cuore di Roma. È stato un momento importante davanti a Dio, l’emozione nel condividerlo insieme ad altri giovani che portano nel cuore la sfida sulla tratta umana. Ma anche una responsabilità di far parte dei protagonisti contro questo fenomeno. Penso che per i
giovani che hanno partecipato sia servito anche per prendere coscienza che tanti nel mondo soffrono, per vari motivi: economici, politici, religiosi. È stata l’opportunità per riflettere e iniziare insieme a progettare qualcosa contro la sofferenza”. Fra i Gen2 presenti c’erano anche Michel Haroun, franco libanese e Miriana Dante, italiana. “Non ho mai avuto un impegno particolare contro la tratta umana – afferma Michel -. Ho qualche esperienza nel servizio ai migranti che arrivano nella mia città o ai confini fra Stati. Ad esempio qualche anno fa sono stato a Trieste (Italia), punto di arrivo della rotta balcanica attraverso la quale giungono in Italia migranti da tante parti del mondo devastate dai conflitti. Ma non ero abbastanza consapevole del fatto che i profughi, prima di arrivare in Europa – ma è valido anche per l’America Latina, gli Stati Uniti o altre parti del mondo – subiscono violenze e abusi in maniera organizzata.
Questi giorni vissuti a Roma insieme ad altri giovani provenienti da diversi continenti, con lingua, culture, appartenenti a varie Chiese cristiane, sono stati un’esperienza ricca di rapporti personali che spero dureranno, perché alla fine affronteremo (ma affrontiamo già) il mondo insieme, in quanto parte della stessa generazione”. “Mi ha emozionato scoprire la storia di Santa Bakhita – gli fa eco Miriana -. Era stata schiava, fu venduta. Successivamente affrontò con coraggio tutto quello che aveva vissuto in passato, lanciando messaggi contro il traffico di esseri umani. Mi son chiesta da dove abbia preso tutta quella forza. Mi ha fatto molto bene aver incontrato tanti miei coetanei che si impegnano su queste tematiche. Non persone adulte con una lunga esperienza alle spalle, ma giovani della mia stessa età, provenienti da tutto il mondo che hanno sogni e speranze in un futuro migliore. La differenza culturale non l’abbiamo sentita, perché ci legava l’unità fra di noi grazie all’obiettivo comune: lottare contro il traffico di esseri umani”.
Lorenzo Russo
Il Movimento dei Focolari pubblica il resoconto riguardante le attività messe in atto a tutela della persona e i dati relativi ai casi di abuso nel 2023. Intervista a Catherine Belzung, docente di Neuroscienze e coordinatrice della Cattedra UNESCO sul maltrattamento infantile.
Esce il 1 marzo il secondo resoconto annuale del Movimento dei Focolari sulle attività e i dati relativi ai casi di abuso sessuale su minori, persone in condizione di vulnerabilità, abusi di coscienza, spirituali e di autorità. Abbiamo chiesto una lettura e una valutazione del documento a Catherine Belzung. Professore universitario ordinario di Neuroscienze in Francia, membro senior dell’Institut Universitaire de France (2014) e presidente del centro di ricerca multidisciplinare iBrain, dal 2022 coordina la Cattedra Unesco sul maltrattamento infantile, costituita da un partenariato di Università e istituzioni di 16 Paesi. È anche co- responsabile del Centro Internazionale per il Dialogo con la Cultura Contemporanea del Movimento dei Focolari.
Dal 2023 il Movimento dei Focolari ha fatto la scelta di pubblicare un resoconto annuale in materia di abusi sessuali su minori e anche su abusi di coscienza, spirituali e di autorità. Dal suo punto d’osservazione internazionale, cosa pensa di questa scelta? Quale valutazione dà di questo secondo resoconto?
Credo che questo resoconto rappresenti un vero passo avanti. Infatti, il resoconto del 2022 era stato criticato, soprattutto perché i luoghi e le date degli abusi sessuali non erano menzionati. Il nuovo resoconto riguarda i casi segnalati negli ultimi 10 anni e aggiunge queste precisazioni. Osserviamo che gli abusi sessuali sono stati perpetrati nei 5 continenti (in una ventina di Paesi), con un picco dei casi negli anni ’90-’99, così come nel decennio precedente e quello successivo. I fatti a volte si ripetono per diversi decenni, suggerendo che si tratta di autori plurirecidivi, il cui susseguirsi di abusi non è stato interrotto. Alcuni fatti sono accaduti e sono stati trattati verso il 2020, il che indica che le vittime hanno potuto segnalare gli abusi quasi in tempo reale e questo è un progresso. Tutti gli abusi sessuali indicati sono stati perpetrati da uomini. È il contrario per gli abusi di autorità, che nel 77% dei casi sono commessi da donne, il che è legato alla maggiore percentuale di donne tra i membri di questo Movimento. Il resoconto contiene anche una sezione dettagliata e chiara sulle misure attuate nel corso dell’anno, in particolare per quanto riguarda la formazione. Resta da capire quali siano le cause profonde di questi abusi: al di là delle misure di prevenzione e delle sanzioni bisognerebbe lavorare ulteriormente per individuare le cause sistemiche che potrebbero spiegare tali cifre, al fine di mettere in atto una strategia che consenta di porvi fine.
In questo secondo resoconto gli autori vengono identificati in base a criteri precisi, stabiliti dalla Information Policy pubblicata recentemente dai Focolari. Cosa pensa di questa scelta?
Si tratta di un conflitto etico. Da un lato, infatti, bisogna fidarsi dell’esperienza delle vittime e prendere sul serio le denunce che fanno e mettere rapidamente in atto misure che consentano di proteggerle. D’altra parte, si tratta di rispettare la presunzione di innocenza nei confronti dei presunti autori, di evitare la diffamazione, quando non sia stata pronunciata alcuna condanna penale definitiva. La questione è complessa e trovare una soluzione soddisfacente richiederà senza dubbio molto ascolto e dialogo.
La cattedra UNESCO sull’abuso nei confronti di minori che lei coordina è nata perché lei stessa è venuta in contatto con un caso di abuso su minori di cui conosceva sia una delle vittime, che l’autore. Si tratta di un caso accaduto nella Chiesa cattolica in Francia. La comunità sociale o religiosa viene definita come “vittima secondaria”. Cosa significa? Quali sono le ferite che le persone riportano, come aiutare a rimarginarle a livello sociale e comunitario?
Sì, infatti, questa cattedra è nata in seguito al contatto con una vittima, contatto che mi ha segnata molto profondamente: sono stata toccata nel profondo da questa sofferenza, e da questo è nato il desiderio di agire. Gli abusi colpiscono innanzitutto la vittima, che spesso continua a soffrire di conseguenze psicologiche durature. A volte rivelare dei fatti può aprire una finestra di grande vulnerabilità nella persona, che richiede un accompagnamento specifico. Di riflesso, ciò colpisce le persone vicine alla vittima, come il coniuge, i figli, ma anche i genitori che si sentono responsabili di aver affidato il figlio a un’istituzione che non lo ha protetto. Gli effetti devastanti colpiscono anche tutta la comunità, in quanto i membri spesso non sono a conoscenza che al suo interno si nascondeva un predatore plurirecidivo, con il quale potevano avere un legame di vicinanza, di amicizia. Sorge spontanea la domanda: perché non ho visto nulla? Un altro aspetto riguarda il legame con l’istituzione che può aver protetto l’aggressore, a volte in buona fede, suscitando un senso di tradimento e diffidenza. E infine, la comunità può anche dividersi, a seconda delle analisi divergenti degli uni e degli altri, tra coloro che si rifugiano nella negazione, e coloro che vogliono lottare per evitare che ciò accada di nuovo. Riparare a tutto questo richiede un vasto “arsenale” di misure: è fondamentale farsi carico dell’accompagnamento delle vittime e delle loro famiglie, ma è anche necessario ripristinare la fiducia nell’istituzione che si è rivelata carente, quando essa mostra una sincera volontà di imparare dai suoi errori passati. Per fare questo, contano solo gli atti: l’istituzione deve promuovere la trasparenza comunicando informazioni molto precise, mettere in atto procedure chiare, creare luoghi di ascolto, istituire procedure di riparazione e, per le comunità, spazi di dialogo dove scambiarsi opinioni anche contrapposte.
Il Movimento dei Focolari è un’organizzazione mondiale, i cui appartenenti sono di diverse culture, religioni, sottostanno a vari ordinamenti giuridici e adottano stili di vita diversi. Come è possibile mettere in atto pratiche contro l’abuso in un ambiente caratterizzato da una multiculturalità e diversità così vaste?
Innanzitutto, le conseguenze degli abusi sessuali sui minori esistono in tutte le culture, sono universali. Oltre alle conseguenze psicologiche e sociali, le vittime possono presentare conseguenze biologiche, come un aumento degli ormoni dello stress, un’alterazione dell’espressione di certi geni, nonché nella morfologia e nel funzionamento cerebrale: queste disfunzioni persistono per tutta l’esistenza del sopravvissuto e possono essere trasmesse alla generazione successiva. Quindi non si può dire che ci sono variazioni di tipo culturale per quanto riguarda la gravità delle conseguenze sulle vittime; che ci sono culture in cui le vittime soffrono meno: è devastante sempre e ovunque. È quindi necessario mettere in atto misure di prevenzione, ma anche di riparazione in tutto il mondo. Si può notare che la consapevolezza della gravità di queste situazioni sta crescendo: ad esempio nella Chiesa cattolica sono state istituite commissioni nazionali d’inchiesta in molti Paesi dell’Europa, del Nord America, dell’America Latina ma anche in Australia, India e Sudafrica. Se la sofferenza non cambia, ciò che può variare è la resistenza a denunciare i fatti e la capacità di mettere in atto misure di protezione e riparazione. Ciò può essere correlato al fatto che in alcune culture parlare di sessualità è tabù. Il primo passo è quello di sensibilizzare le popolazioni sulle conseguenze degli abusi: esistono già programmi promossi da diverse associazioni che tengono conto della rappresentazione della sessualità nelle varie culture. Ad esempio, proporre di ascoltare la sofferenza delle vittime che appartengono alla stessa cultura può suscitare empatia e incoraggiare ad agire. La prevenzione può anche essere indirizzata direttamente ai bambini attraverso un’educazione ai loro diritti: anche in questo caso esistono programmi basati, ad esempio, sulle canzoni. Un’altra cosa che varia è la capacità degli Stati e delle istituzioni di adottare misure di protezione e riparazione. Un dialogo rispettoso e non stigmatizzante con i protagonisti è la strada da seguire: ciò permetterà a ciascuno di comprendere la gravità degli abusi, ma anche di trovare le modalità specifiche di ogni cultura per liberare la parola, per concretizzare le riparazioni e formare i membri della comunità.
Sia all’interno del Movimento dei Focolari ma anche in altri contesti c’è chi esprime la convinzione che sia arrivato il momento di andare avanti; che non occorra, cioè, continuare a parlare solo di abusi, ma concentrarsi sulla “mission” del Movimento e su quanto di bello e positivo genera nel mondo l’attuazione di questo carisma. Qual è la sua opinione in merito?
Qual è la “mission” dei Focolari? Non è forse avanzare verso la fraternità universale, verso una cultura che metta al primo posto la sofferenza dei più deboli, una cultura del dialogo, dell’apertura, dell’umiltà? Mi sembra che la lotta contro gli abusi di ogni tipo sia proprio un modo per attuare questo desiderio di porre al primo posto chi ne soffre. Aiutare a risanare le ferite delle vittime è proprio un modo per avanzare verso la fraternità universale. Ciò implica anche accompagnare gli autori di abusi, al fine di evitare la recidiva. Riconoscere i propri errori, la propria vulnerabilità, per costruire soluzioni, tenendo conto delle opinioni degli esperti del settore è proprio un modo per costruire una cultura del dialogo. Lottare con determinazione contro gli abusi, accompagnare le vittime sono proprio al centro di questa “mission”. Non c’è quindi da scegliere tra la lotta contro gli abusi e la “mission”, perché questa lotta è un elemento centrale della “mission”. Si tratta di una priorità dolorosa ma necessaria nel contesto odierno.
A cura di Stefania Tanesini
Resoconto 2023: “La tutela della persona nel Movimento dei Focolari” (Scaricare PDF) (altro…)
L’amore cristiano è un “Amore” che ha una forma specifica, tangibile, che si tocca nelle azioni, dalle più piccole alle più grandi. È dare la vita per chi ci circonda ad immagine di chi, per primo, ha dato la vita per noi amandoci di un amore immenso.
Nostra figlia si era preparata con impegno per un esame, ma è tornata a casa piangendo perché non era andato bene. Dopo esserci consultati, mio marito ed io abbiamo deciso che la cena sarebbe stata una vera festa, più che se l’esame fosse riuscito. L’idea è piaciuta anche agli altri figli. Ma il momento veramente toccante è stato quando noi genitori abbiamo cominciato a elencare i fallimenti della nostra vita e come li avevamo superati. Con l’aggiunta delle “confessioni” degli altri, la cena è diventata una comunione profonda, un’occasione di crescita insieme. La ragazza ne è stata felice: “Forse questo fallimento era necessario non soltanto per me, ma per tutta la famiglia. Mai avrei pensato che i fallimenti possano aiutare a crescere e a capire la vita. Vi sono molto grata!”. Raccontato anche ad altri parenti ed amici, l’episodio è stato riproposto da diversi di loro, con un pretesto qualsiasi, ai propri figli. Alla fine, tutti hanno convenuto che la famiglia ha bisogno di andare a fondo con le fragilità di ciascuno per crescere nell’amore. (W.R. – Olanda)
Quando ho del tempo libero, faccio da babysitter alle due bimbe di una coppia senegalese, in caso di bisogno. I genitori sono sempre molto grati: “Senza di te, siamo persi!”, dicono. Talvolta anticipo la mia offerta di aiuto senza aspettare la richiesta. Così giorni fa ho avvisato con un messaggio il papà della mia disponibilità per la domenica mattina. Di lì a poco lui mi telefona: “Lorenza, tu mi devi spiegare come fai a indovinare i nostri bisogni! Sei arrivata al momento giusto!”. Ed io: “È Dio che muove i cuori, Tacko, è lui che dobbiamo ringraziare perché ci fa sorelle e fratelli”. Grazie al rapporto di famiglia con loro, quando, in occasione di un viaggio, sono dovuta partire all’una di notte, ho chiesto un passaggio in auto alla stazione proprio a lui per dargli la possibilità di amare a sua volta. E con quale premura è rimasto con me fino all’arrivo degli altri della comitiva! Giorni fa Tacko e la moglie sono venuti a portarmi fino a casa una porzione di riso e pollo cucinato a modo loro. “Adesso sappiamo i tuoi gusti, ormai sei un po’ africana anche tu”.
(Lorenza – Italia)
L’occasione per essere costruttore di pace attraverso il rispetto e il dialogo con chi è diverso da noi, dalla nostra cultura o fede, si è presentata ad una riunione dell’azienda dove lavoro. C’era aria tesa, il tono della voce era alto e accusatorio. Come contribuire alla distensione degli animi? Parlare sembrava impossibile e forse controproducente. Ascoltavo chi parlava, o gridava, con animo sereno e cercando di capire le sue ragioni. Non era facile. Era uno sforzo che mi spossava. All’intervallo, il collega che aveva alzato la voce più di tutti è venuto verso di me chiedendomi scusa per come si era comportato. L’ho abbracciato senza dire niente. E lui, continuando il suo sfogo: “Mia moglie ha saputo ieri di avere un male incurabile. Sono disperato”. Gli ho consigliato di rivolgersi a un amico medico e me ne è stato grato. Ho concluso con la promessa che avrei continuato a stargli accanto. Quando siamo rientrati nella sala, l’atmosfera non era più quella di prima. Importante è il momento presente per cogliere l’ispirazione che Dio ci dà per agire. (E.J. – Usa)
A cura di Maria Grazia Berretta (tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno X– n.1° gennaio-febbraio 2024)
Il 20 febbraio 2024, si è svolta a Roma la presentazione del “Bilancio di Comunione” del Movimento dei Focolari, una panoramica delle attività e delle iniziative promosse nel mondo nell’anno 2022. Tema centrale: il dialogo. “Con un continuo vivere la ‘spiritualità dell’unità’ o ‘di comunione’, posso concorrere efficacemente a fare della mia Chiesa ‘una casa ed una scuola di comunione’; a far progredire, con i fedeli delle altre Chiese o Comunità ecclesiali, l’unità della Chiesa; col realizzare, con persone d’altre religioni e culture, spazi sempre più vasti di fraternità universale”.[1] Con queste parole, Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, rifletteva sull’importanza di agire quotidianamente come “apostoli del dialogo”, generando così forme nuove per rapportarsi all’altro, mettendosi in ascolto e accogliendo la realtà altrui nella sua specificità. Una dimensione a cui ciascuno di noi sembra essere chiamato e che è capace di farsi esperienza concreta e viva, non solo da poter “quantificare” in termini numerici, ma che, per portare frutto, deve essere messa in comune. È questo il focus del secondo “Bilancio di Comunione” del Movimento dei Focolari, il bilancio di missione
presentato il 20 febbraio 2024 presso la Curia Generalizia della Compagnia di Gesù di Roma. Il documento, tradotto in cinque lingue (italiano, inglese, francese, spagnolo e portoghese), è una panoramica delle attività e delle iniziative promosse dai Focolari nell’anno 2022, narrazione non solo della condivisione spontanea di beni, ma di esperienze e iniziative vissute a livello mondiale ispirate, nello specifico per questa pubblicazione, dai e ai dialoghi: quello tra Movimenti ecclesiali e nuove Comunità nella Chiesa cattolica; quello tra le varie Chiese cristiane; quello tra le diverse religioni, con le diverse culture, con le Istituzioni e nell’impegno a fronte delle tante sfide globali. Tra i relatori intervenuti in occasione della Conferenza stampa di presentazione, alla presenza di Margaret Karram e Jesús Morán, Presidente e Copresidente dei Focolari, Monsignor Juan Fernando Usma Gómez, Capo ufficio della sezione occidentale del Dicastero per la promozione dell’unità dei cristiani, il dott. Giuseppe Notarstefano, Presidente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana, la dott.ssa Rita Moussallem, responsabile del Centro per il Dialogo interreligioso dei Focolari, e Giancarlo Crisanti, amministratore generale dei Focolari. In collegamento web sono intervenuti Monsignor Athenagoras Fasiolo, Vescovo di Terme e ausiliare della Sacra arcidiocesi ortodossa d’Italia, e il prof. Stefano Zamagni, economista e docente di Economia Politica all’Università di Bologna. La sessione, moderata dal giornalista Alessandro de Carolis, è stata un vero e proprio scambio di riflessioni e ha sottolineato in che modo, termini così apparentemente agli antipodi come “bilancio” e “comunione”, possano completarsi, dando conto non solo dei numeri, ma anche della vita.
“Il bilancio sociale è stato per noi una grande occasione – ha dichiarato il dott. Notarstefano, Presidente nazionale di Azione Cattolica, tra le prime realtà ecclesiali a redigere un bilancio di missione – e ci ha incoraggiato a questa improrogabile conversione pastorale a cui siamo chiamati dal Papa. È stato un modo anche per cominciare a riflettere su come comunicarla meglio questa vita associativa, (…) guardarci, con trasparenza, rendere conto all’esterno, ma comunicarlo meglio, per metterlo in comune”.
Secondo Mons. Usma Gómez, alla luce dello scenario attuale che sembra sempre più frammentato, nel parlare del cammino di unità tra le Chiese, redigere un bilancio come cristiani “vuol dire guardare ai piani di Dio, ai piani nostri, ai piani del mondo. (…) I piani di Dio sarebbero quelli di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace – ha continuato – ma noi vediamo che nel mondo la guerra è il piano che sta prendendo piede. È possibile sviluppare la comunione nelle differenze, (…) ma questa diversità riconciliata ci chiama a fare della pace, il cuore dell’Ecumenismo e dell’Ecumenismo, il cuore della pace”.
Un incoraggiamento, dunque, a promuovere in rete percorsi di fraternità in stile sinodale e nello specifico, alla luce del tema scelto, farlo attraverso un “metodo” che può avvicinare soprattutto chi è più incredulo. “Fare un bilancio di comunione di un Movimento che è così aperto, così capace di portare gli altri a comprendere che il dialogo non toglie, ma aggiunge, arricchisce, è molto importante” , ha affermato monsignor Athenagoras Fasiolo vescovo di Terme e ausiliare della Sacra arcidiocesi ortodossa d’Italia, che, oltre a sottolineare il grande impegno dei Focolari nel cammino di unità tra le varie Chiese, ha riflettuto sul ruolo profetico che nel mondo possono avere le diverse fedi, senza cadere nella trappola delle ideologie: “se come fedi riusciamo a essere profezia allora riusciamo a risvegliare quello che c’è di meglio nel cuore dell’uomo”.
E sono proprio “vita e profezia” i due binari su cui il Movimento dei Focolari ha visto procedere in questi 80 anni di storia anche il cammino del dialogo interreligioso, come ha dichiarato in sala la dott.ssa Rita Mussallem; un cammino che ha portato la realtà fondata dalla Lubich, ad entrare in contatto, in tanti Paesi, con persone delle varie religioni creando, nella valorizzazione della diversità e della reciprocità, un terreno comune dove rapportarsi con la spiritualità dell’unità, conoscersi e “dare – ha affermato la Moussalem – la disponibilità ad imparare gli uni dagli altri, la condivisione di dolori, di sfide, speranze e anche l’impegno condiviso a lavorare per la pace, per il bene, per la fraternità”. In un mondo lacerato dalle polarizzazioni in cui le religioni vengono troppo spesso strumentalizzate, nel parlare del concetto di pace, “il dialogo autentico – ha continuato- è un rimedio di grande aiuto (…) perché ti fa scoprire e vedere l’umanità dell’altro, ti disarma”.
La “persona” è dunque il cuore pulsante di un percorso circolare che ha dato vita, nel tempo, alle numerose opere di cui questo testo dà testimonianza: “Quando si parla di “bilancio” – ha affermato ha Giancarlo Crisanti – ci si aspetta tanti numeri, ma nel “Bilancio di Comunione” c’è molta più narrativa e nei numeri mancano quelli delle persone che permettono il realizzarsi delle opere”. “Il Bilancio – ha detto Crisanti – evidenzia come questa comunione dei beni sia in grado di realizzare iniziative, progetti, opere che vanno nel verso del dialogo (…), che aiutano il mondo a dialogare un po’ di più”.
Facendo riferimento all’intuizione dell’Economia di Comunione, il Prof. Stefano Zamagni ha dichiarato che essa è anche “metodo per aggredire le cause generatrici delle situazioni di guerra” e, insistendo sull’ applicazione, al concetto di giustizia, del concetto di equità, ha affermato come risulti evidente che la pubblicazione di questo “Bilancio di Comunione” oggi, non può essere solo un modo per rendicontare, ma l’occasione da cogliere per poter essere davvero “apostoli”, messaggeri di una buona novella. In questo tempo “il male attrae più del bene, mentre il bello attrae più del brutto e il sapere attrae più della ignoranza”, ha asserito Zamagni, invitando ciascuno a “dire il bene”, a “bene-dire” per l’appunto: “dobbiamo fare in modo di far conoscere, ovviamente con umiltà, la gratuità con la quale si fa il bene. (…) questa nozione di ‘Bilancio di Comunione’, vuol dire che si narra quello che è stato fatto, ma in vista del futuro”.
Maria Grazia Berretta
Scaricare Bilancio di Comunione in pdf Presentazione Bilancio di Comunione 2022- Video in italiano https://www.youtube.com/watch?v=3jizpECFoss [1] Chiara Lubich, ‘Apostoli del dialogo’, Castel Gandolfo (Italia), 22.1.2004 in Conferenza telefonica mondiale. (altro…)
Un sacerdote di Gaeta (Italia), che essendo parroco non solo si è speso per i suoi parrocchiani, ma li ha coinvolti in favore della città. Don Cosimino Fronzuto fu un sacerdote italiano che nacque a Gaeta nel 1939. È morto a 49 anni, nel 1989 dopo una intensa vita spesa al servizio del prossimo, dei più bisognosi e della società della sua città. Viveva vicino al mare, ma non amava fare il bagno e aveva paura di andare in profondità. Un giorno, da bambino, volendo vincere questa difficoltà, si tuffò e, per dimostrare che aveva toccato il fondo, mise la mano nella sabbia raccogliendo, con grande meraviglia, un piccolo crocifisso di ferro, che poi portò con sé per tutta la sua vita. Nel 1963 fu ordinato sacerdote e iniziò il servizio come vicerettore del locale Seminario diocesano. Venuto in contatto con la spiritualità dell’unità, aderì al Movimento dei Focolari. Nel 1967 venne nominato parroco della parrocchia S. Paolo Apostolo a Gaeta, incarico che ricoprì fino agli ultimi giorni della sua vita. In quegli anni fiorì il Movimento Parrocchiale, espressione del Movimento dei Focolari nella Chiesa locale, che generò tanti frutti soprattutto tra i giovani, che oggi sono impegnati in città come sacerdoti, nella famiglia, nella vita politica e in vari ambiti civili e professionali, nelle diverse realtà nel Movimento dei Focolari e che continuano ad essere molto attivi anche vita parrocchiale. Durante il ministero pastorale esercitato in parrocchia, con il suo stile pieno di amore e di attenzione verso tutti, in particolar modo verso gli ultimi (ragazze madri, ex detenuti, tossicodipendenti, sfrattati, sbandati), impostò la comunità puntando semplicemente, ma con forza e decisione, solo a vivere il Vangelo in tutte le situazioni e nelle realtà più diverse. Così non gli mancarono occasioni per prendere posizione anche nei confronti di tante realtà sociali lontane da una dimensione veramente umana e cristiana.
Scriveva nel suo diario: “Abbiamo osservato che nelle ore di catechesi c’erano dei bambini che erano piuttosto malandati, denutriti, mi sono anche ricordato che in quella stessa famiglia i ragazzi grandi non avevano ricevuto né la Cresima né la Comunione, proprio niente. Stavamo verso la metà di marzo, ed ho pensato: se non li prendiamo adesso, non li prendiamo più. Allora andai in quella casa e mi accorsi (erano le 12,30) che si stava semplicemente cucinando della pasta e che non ci sarebbe stato altro da mangiare per tutti quanti. Mi accorsi che, nonostante il capo famiglia fosse un piccolo imprenditore, addirittura mancava il vetro alla porta che pendeva sulla balconata e in questa stanza, dove mancava il vetro, dormivano alcuni dei dieci figli. Immediatamente cominciai a parlare del catechismo, ma cercai anche di guardarmi intorno e di rendermi conto. Poi la sera, dopo l’adorazione, parlai alla comunità di questa situazione. Mano mano che anch’io me ne rendevo conto, raccoglievo tutti i dati: dissesto economico, avvisi di sequestro, problemi di salute dei bambini. Allora si passava la mattina pensando solo a questa famiglia, per vedere secondo diversi aspetti come stavano le cose, condividere il lavoro, assicurare il cibo e, nello stesso tempo, tener in mano i grandi perché ricevessero una vera catechesi. Una sera mi sono reso conto che dovevo fare a tutti una proposta. Dentro di me avevo deciso, ma cosa valeva la mia decisione di parroco? Poteva anche valere, ma volevo che la decisione venisse da Dio e quindi scelta nell’unità con la comunità che mi dava la garanzia che fosse Dio stesso a fare le cose. Così proposi di mettere a disposizione di questa famiglia i circa due milioni (di lire) che avevamo in parrocchia per risolvere il caso fino a rimetterli in grado di nuovo di tornare al lavoro. Posso dire che sin dal primo momento tutti si mostrarono favorevoli. Questo è stato l’inizio, poi questa situazione ha avuto diversi sviluppi. Ancora ieri ho partecipato ad una riunione di condominio in cui avevano deciso di togliere al padre il lavoro che aveva cominciato e non aveva finito. Ho fatto di tutto perché lo portasse a termine e potesse avere anche dei soldi. Il cammino sarà ancora molto lungo, è più di un mese che gli stiamo accanto, vicini e lui dice: “Mi sta ritornando la voglia di vivere, mi sta ritornando la voglia di vivere”. Ma l’intervento non è stato operato soltanto da me, l’intervento è stato un po’ collettivo, molti vanno a portare continuamente tutto quello che è necessario e non ci preoccupa tanto la mancanza di cose, ma ci preoccupa non far mancare l’amore, perché sono state delle persone evidentemente non amate, sono state infatti calpestate in certi diritti (…)”.
Domenica 21 gennaio 2024, l’Arcivescovo di Gaeta, mons. Luigi Vari in una cattedrale gremita di personalità civili, religiose e di fedeli, ha dato inizio alla causa di beatificazione di Don Cosimino Fronzuto.
Carlos Mana
Dal focolare di Montevideo in Uruguay l’esperienza quotidiana di ecologia integrale attraverso la trasformazione dei resti di cibo in fertilizzante. Ogni giorno vengono prodotti milioni di rifiuti in tutto il mondo. Questi scarti poi che fine fanno? Alcuni vengono riciclati e hanno nuova vita. Altri finiscono in discarica o nei termovalorizzatori per produrre energia. Prima di gettare gli scarti del cibo, ci siamo mai chiesti se possiamo fare qualcosa di alternativo? È quello che si sono chiesti alcuni membri della comunità dei Focolari in Uruguay, dando vita al compostaggio. “Sono tra quelli che cercano di vivere l’ecologia della vita quotidiana – racconta Maria Florencia, focolarina di Montevideo in Uruguay, dove insegna ecologia integrale, -. Mi sono accorta però che ci sono sempre cose da migliorare e che mancava qualcosa di importante nella gestione dei residui di cibo in casa: non facevamo il compost. Siccome quest’azione non dipende soltanto di me, ho cercato di coinvolgere tutti gli abitanti della casa”. Gli organismi del suolo utilizzano come cibo scarti vegetali e animali o derivati della materia organica. Man mano che scompongono questi scarti, i nutrienti in eccesso (azoto, fosforo e zolfo) vengono rilasciati nel terreno in forme che possono essere utilizzate dalle piante. Inoltre i prodotti di scarto generati dai microrganismi contribuiscono alla formazione della materia organica del suolo.
Il compostaggio è quindi un processo di decomposizione dei materiali organici che ha un alto contenuto di sostanze utili per migliorarne le caratteristiche del terreno senza arrecare danni all’ambiente. Per 100 kg di rifiuti e materiali organici si ottengono 30 kg di compost. Un’alternativa al compost è il vermicompost, un prodotto biologico ottenuto bio-ossidando la materia organica con l’aiuto di lombrichi.
“Abbiamo acquisito una compostiera insieme ad alcuni vermi californiani – continua Maria Florencia -. Così mi sono messa all’opera. Adesso abbiamo il fertilizzante naturale per le nostre piante del giardino e tutti sono felici di quest’azione per l’ambiente. Inoltre possiamo condividere il compost anche con i nostri amici, curiosi dell’iniziativa. Non solo. Come microbiologa non potevo fermarmi ai soliti manuali. Mi sono messa ad indagare per imparare di più così ho voluto condividere la mia esperienza con un articolo sulla rivista dei Focolari Ciudad Nueva ed incoraggiare tanti a fare lo stesso”, conclude. Che si tratti di compost o vermicompost, essi favoriscono la fertilità del terreno senza la necessità di applicare fertilizzanti chimici. La stabilità del suolo migliora, la permeabilità all’acqua e ai gas aumenta così come la capacità di ritenzione idrica attraverso la formazione di aggregati. Si tratta quindi di un prezioso fertilizzante naturale. Gli avanzi del cibo consumato quindi non sono spazzatura ma risorsa preziosa che, trasformati in compost, aiutano la natura e riducono così i livelli di inquinamento ambientale.
Lorenzo Russo
Il Centro Chiara Lubich, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione e del merito italiano, la Fondazione Museo Storico del Trentino e New Humanity, indicono la quarta edizione del Concorso nazionale “Una città non basta”. Chiara Lubich, cittadina del mondo. I partecipanti potranno trasmettere i propri elaborati entro il 22 aprile 2024. Un’opportunità di riflessione e approfondimento nell’ambito dei valori che stanno alla base delle relazioni umane, dell’accoglienza nelle diversità, dello sviluppo delle nuove tecnologie e nell’ambito dello studio. È questo l’obiettivo del Concorso nazionale “Una città non basta. Chiara Lubich, cittadina del mondo”. Promosso dal Centro Chiara Lubich in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione e del merito, la Fondazione Museo Storico del Trentino e New Humanity del Movimento dei Focolari, il concorso giunge quest’anno alla sua quarta edizione e si propone, ancora una volta, di sottolineare il valore del messaggio di Chiara Lubich (Trento 1920 – Rocca di Papa 2008), Fondatrice dei Focolari. Considerata una delle personalità spirituali e di pensiero più significative del Novecento, promotrice di una cultura dell’unità e della fraternità tra i popoli, Chiara Lubich anticipa molte delle tematiche che oggi si impongono all’attenzione mondiale e, per questa ragione, il concorso a lei dedicato vuole essere un cammino per le nuove generazioni, da percorrere con creatività e impegno, approfondendo il suo pensiero e la sua esperienza di vita. Il concorso, che nelle precedenti edizioni ha visto numerose partecipazioni, è rivolto a tutti gli studenti e le studentesse delle istituzioni scolastiche primarie e secondarie di primo e di secondo grado, compresi quanti frequentano Istituti italiani all’Estero, che potranno partecipare con piena autonomia espressiva all’iniziativa, singolarmente, per gruppi o per classi. Sarà possibile partecipare attraverso la realizzazione di un elaborato scritto, grafico, plastico o multimediale e scegliendo una delle aree tematiche descritte nel bando, proposte che intendono evidenziare la consonanza tra il pensiero e l’azione di Chiara Lubich, fin dalla seconda metà del XX secolo, e i punti posti all’attenzione mondiale dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile dell’Onu. I lavori dovranno essere inviati entro il 22 aprile 2024 secondo le indicazioni e i vincitori saranno premiati nel corso di una cerimonia ufficiale che si terrà il 17 maggio 2024, dalle ore 10,30 alle ore 12,30 circa, nell’Auditorium presso la sede del Centro Internazionale del Movimento dei Focolari. Per maggiori informazioni e per scaricare il bando e conoscere nel dettaglio requisiti e modalità, è possibile consultare la pagina del Ministero dell’Istruzione (https://www.miur.gov.it/web/guest/-/concorso-nazionale-una-citta-non-basta-chiara-lubich-cittadina-del-mondo-quarta-edizione-anno-scolastico-2023-2024) o visitare il sito www.chiaralubich.org.
Maria Grazia Berretta