Movimento dei Focolari
Chiara Lubich e le religioni: Buddhismo

Storia dei Concili Ecumenici

Onorato Bucci – Pierfrancesco Piatti (edd.) STORIA DEI CONCILI ECUMENICI A cinquant’anni dal Vaticano II una panoramica sui Concili Ecumenici Dal Concilio di Nicea (325) al Concilio Vaticano II (1962) sono ventuno i concili ecumenici della storia della Chiesa. Ciascuno ha rappresentato un momento importante e solenne della cristianità; luogo chiave di confronto e soluzione su questioni relative alla vita e alla dottrina della Chiesa. Frutto di un’èquipe di dieci studiosi di chiara fama, nel volume ciascun concilio viene presentato attraverso una scheda articolata in tre sezioni: attori, canoni, eredità. Due saggi introduttivi offrono un utile strumento interpretativo della materia. Il primo riflette sul rapporto tra il primato petrino e i concili, mentre il secondo illustra il dibattito sui criteri della ‘ecumenicità’ dei concili dal secolo XVI sino ai nostri giorni. I CURATORI Onorato Bucci: Membro del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, insegna Diritto Romano e dei Diritti dell’Antico Oriente Mediterraneo presso l’Università degli Studi del Molise. Consultore dal 1975 della Pontificia Commissione per la Revisione del Codice di Diritto Canonico Orientale, è Consultore della Congregazione per le Chiese Orientali e del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi. È membro della Société Internationale d’Histoire des droits de l’Antiquité. Pierantonio Piatti: Dal 2005 è officiale del Pontificio Comitato di Scienze Storiche e dal 2007 è Vice Direttore scientifico dell’Archivio Storico Diocesano dell’Arcidiocesi di Lucca. Segretario generale del Comitato scientifico del Centro Studi e Ricerche Studium Faesulanum con sede a Vienna e dal 2011 Socio Corrispondente dell’Accademia Fulginia di Lettere, Scienze ed Arti. Edirtice Città Nuova (altro…)

Chiara Lubich e le religioni: Buddhismo

Giovani svizzeri giocano per coetanei del Cairo

Il 25 gennaio 2014 ha avuto luogo la 14° edizione dell’annuale giornata di pallavolo sponsorizzata, organizzata da «Youth4unity», giovani del Movimento dei Focolari, della Svizzera. 160 sportivi pieni di entusiasmo si sono dati appuntamento in sei palestre  della scuola cantonale a Zurigo Oerlikon, non solo per fare dello sport. Infatti, con quanto riescono a raccogliere dagli sponsor sostengono, già per la terza volta, la fondazione Koz Kazeh (Arcobaleno) del Cairo. Si tratta di giovani e ragazzi egiziani che devono lavorare per sostenere le loro famiglie e che riescono a studiare solo nei giorni liberi. Di recente  possono beneficiare di  corsi d’orientamento professionale e programmi speciali di sostegno alle ragazze. Oltre all’impegno sociale, divertimento e gioco hanno scandito il VolleyDay svoltosi a Zurigo. Il motto “Take care – Rispetta il vicino, ognuno è importante”, ha fatto da filo conduttore al torneo,  rendendolo un’amichevole Fair Play. “Nel gioco non c’è lotta di concorrenza, come succede in altri tornei, perché noi giochiamo per un altro scopo”, afferma Gabriel (18), zurighese, che partecipa per la prima volta al VolleyDay. Il VolleyDay ha, inoltre, coinvolto una ventina di persone che volontariamente hanno collaborato, dietro le quinte, alla riuscita del torneo. La squadra «Abracadabra»  ha raggiunto la somma più alta di sfr. 2’376 (€ 1.942,15) conquistando la “coppa challenge”. Le squadre vincitrici «D’Choncheflicker» (Liga A) e «Oerlikon one» (Liga B), hanno vinto un grande cesto di generi alimentari  per una cena insieme. Il “time out” (un minuto di silenzio e di preghiera per la pace) e la lettera arrivata per l’occasione dalla fondazione Koz Kazeh, hanno rafforzato il rapporto fra i giovani di Zurigo e del Cairo. E la somma complessiva raccolta per l’edizione 2014, uguale a sfr. 12’074 (€ 9’869,30), è già partita per sostenere i microprogetti del Cairo. Galleria di foto (altro…)

Chiara Lubich e le religioni: Buddhismo

Malta: “L-Arti tal-Imħabba”

“Abbiamo avuto l’opportunità di proporre un libro di Chiara Lubich tradotto in maltese, e ne siamo felicissimi!”; così si esprimono Marisa e Mario, responsabili della comunità dei Focolari dell’Isola, all’indomani della presentazione de “L-Arti tal-Imħabba”, ossia L’Arte di Amare. Il 17 gennaio, di fronte ad una sala gremita, si sono succeduti sul palco cinque relatori dalle differenti competenze: la professoressa Marie Alexander dell’Istituto di Linguistica dell’Università di Malta; Natalino Camilleri, superiore generale della Società della Dottrina Cristiana (M.U.S.E.U.M.); padre Karm Debattista, noto a Malta negli ambiti della musica e della comunicazione; il reverendo Canonico Simon Godfrey, cancelliere della Chiesa Anglicana e il dottor J. Mifsud, avvocato, giornalista e presentatore di programmi televisivi. Gli interventi hanno messo in evidenza come l’arte di amare, proposta da Chiara Lubich, sia attinta direttamente dal Vangelo e si articoli in alcuni punti: amare tutti, senza alcuna discriminazione, fare il primo passo, riconoscere nel fratello la presenza di Gesù, e “farsi tutto a tutti”, secondo l’indicazione di san Paolo. L’impegno a far proprio questo modo di vivere richiede un esercizio costante, quotidiano, ma produce una nuova disposizione d’animo che è il primo passo per una rivoluzione pacifica, capace di cambiare il cuore dei singoli e di costruire una civiltà dell’amore. Il reverendo Simon Godfrey ed il dottor J. Mifsud hanno anche voluto esprimere i parallelismi esistenti tra i concetti espressi da Papa Francesco e da Chiara. Al termine degli interventi, una famiglia, una giovane ed un ragazzo hanno raccontato esperienze dell’arte di amare vissuta ed è stato presentato il “Dado dell’Amore”. Molti presenti, a conclusione della serata hanno espresso gioia per aver scoperto un nuovo modo di affrontare la quotidianità: “Il messaggio è forte, bello, semplice – afferma padre Silvestro -, a portata di mano e che tutti possono vivere”. Altri hanno colto varie sfaccettature : “Dostoevskij scrive che sarà la bellezza che salverà il mondo – ricorda Stephanie -; oggi abbiamo vissuto un momento armonioso e bello, perché ciò che si diceva aveva attinenza con Dio Bellezza”.  Miriam, invece, sottolinea: “Non c’era credente o non credente: nell’amore ci siamo sentiti tutti famiglia e si poteva parlare liberamente”. E ancora Ezio: “Conoscevo questo libro in italiano, ma ne ho riscoperto il valore. Desidero vivere sempre meglio l’arte dell’amare, ed escogitare, col cuore e con la mente, mille modi per renderlo più bello, più efficace nei suoi intenti, più intenso, più diffusivo, più creativo, mai scontato”. (altro…)

Chiara Lubich e le religioni: Buddhismo

Purificati dalla Parola

Un “morto vivente” «Ero nell’anticamera del commissario, faceva caldo ed ero molto stanco, quando è arrivato un uomo malvestito, claudicante. Dopo avermi salutato con un filo di voce debole, accorgendosi che mi interessavo a lui, mi ha raccontato la sua storia: era un rifugiato senzatetto, senza amici né famiglia, senza documenti; un “morto vivente”, come dicevano i poliziotti che l’avevano fermato. Nel salutarlo gli ho detto dove abitavo: se fosse venuto, l’avremmo accolto, dato da mangiare, e offerto da dormire. Infatti qualche giorno dopo si è fatto vivo da noi, così abbiamo potuto aiutarlo concretamente prima che si mettesse per la strada di Yaundè. Per la nostra famiglia è stato lui, immagine del Cristo sofferente, il dono».  P. B. (Costa d’Avorio) Effetti di un furto «Dopo una bella giornata al parco acquatico con le nostre bambine, al parcheggio ci accorgiamo che dalla nostra macchina erano stati rubati documenti, chiavi… Dopo la denuncia del furto, ci prepariamo alla notte piazzando dei mobili dietro le principali entrate. Le bimbe trovano dei lati avventurosi nella vicenda. Il giorno dopo, quando vado a comprare le nuove serrature, mi accorgo che la spesa è esattamente la cifra inattesa che mia moglie aveva ricevuto un giorno prima. Il fatto ci ha aiutato a riflettere e insieme abbiamo deciso di non serbare rancore ai ladri. Qualche giorno dopo, ritrovandoci a recitare le preghiere, una delle bimbe ha voluto ricordare anche loro che ci avevano dato l’occasione di imparare a perdonare». S. G. – Genova (Italia) Sulla strada «Sulla strada incontro una prostituta; mi fermo, la saluto, le dono la Parola di vita col commento di Chiara Lubich, spiegando che è un pensiero del Vangelo. «Perché fai questo?», le chiedo. «Ho tre figli da mantenere» è la sua risposta. Poi mi consiglia di portare quel foglietto anche ad una compagna, seduta più avanti dentro una macchina. Saluto anche lei, mentre le offro la Parola di Vita: «È un pensiero su Gesù». Lei ringrazia e aggiunge che ha appena terminato di recitare il rosario; poi mi mostra un libricino di preghiere a Maria. Stessa domanda anche a lei. Risponde: «Sono divorziata e ho quattro figli da far mangiare ogni giorno». Insieme recitiamo un’Ave Maria affinché possa trovare un lavoro dignitoso».  M. R. – Segni (Italia) Tratto da: Il Vangelo del giorno, Città Nuova Editrice. (altro…)

Chiara Lubich e le religioni: Buddhismo

Sardegna solidale

Ozieri, cittadina sarda nei pressi di Sassari. Un gruppo di persone del Movimento dei Focolari impegnate in parrocchia, si chiedono cosa possono fare per mettere insieme i talenti ricevuti e farne dono ai meno fortunati. Vengono a conoscenza delle attività di AMU (Azione per un mondo unito)  – Ong dei Focolari impegnata ad aiutare le persone disagiate del terzo mondo – e decidono di investire tempo e forze per contribuire anche loro ad aiutare queste persone. L’iniziativa è nata 4 anni fa e non sono mancate le vicissitudini: “L’appartamentino che avevamo ricevuto e arredato col contributo di tanti, con armonia e buon gusto per fare nascere un atelier di cucito ed artigianato – racconta Egidia, una delle iniziatrici –, ci viene richiesto dal parroco per un sacerdote ugandese di passaggio. Sembra che tutto si fermi ed invece qualche mese dopo ci viene concessa una bella sala nel complesso parrocchiale”. Ma, nel frattempo, il gruppo si è disgregato e bisogna ricominciare quasi da capo! Dopo parecchio tempo il lavoro si riavvia. Arrivano donne di diverse associazioni e movimenti, anche alcune che non frequentano la Chiesa. Sono piene di entusiasmo e portano di tutto: stoffe, fili, lana, cotone, due macchine da cucire e persino una macchina per confezionare indumenti di maglia. Il laboratorio si compone: “Ci troviamo in una trentina che lavora con fervore e con amore – continua Anna Maria –, cercando di costruire rapporti positivi tra tutti. Decidiamo che i proventi vengano destinati in Uganda, sempre attraverso i progetti dell’AMU”. Anche il parroco viene coinvolto e la popolazione viene informata attraverso il giornale diocesano. Il gruppo partecipa alle fiere per vendere i manufatti. “L’anno scorso – ricorda Egidia –, mentre pensavamo di realizzare una vendita per Natale veniamo a sapere che l’organizzazione per la Fiera del dolce (tradizionale festa del Paese il cui ricavato va devoluto alle Missioni), ha delle difficoltà. Di comune accordo offriamo la nostra collaborazione. Il laboratorio diventa un luogo espositivo. Un successo. Ma la cosa interessante è che questa iniziativa ci ha permesso di incontrare altri che, venuti per una visita, sono rimasti coinvolti dall’atmosfera felice e armoniosa che regna tra di noi”. “Decidiamo così – aggiunge Anna Maria –  di chiamare il laboratorio ‘Laboramor’ che esprime il nostro desiderio di vivere ‘l’arte di amare’. L’obiettivo non è, infatti, solo la solidarietà con i lontani ugandesi. Cominciamo prima da noi stessi, creando rapporti nuovi. Ci comunichiamo le nostre difficoltà, i passi fatti per cercare di superare situazioni difficili in famiglia, al lavoro. Sentiamo che siamo una famiglia che ci si aiuta in tante piccole o grandi cose. Noi affidiamo tutto a Dio, convinte che continuerà ad aiutarci  a portare avanti questa bella avventura nella quale ci ha fatto entrare”. (altro…)

Chiara Lubich e le religioni: Buddhismo

L’avventura dell’unità: Gli ultimi anni di Chiara

Dopo un periodo di malattia e di ritiro in Svizzera all’inizio degli anni novanta, l’esistenza di Chiara Lubich conosce un’accelerazione folgorante nella sua apertura verso la società e i popoli più lontani. Ormai sicura del pieno inserimento dell’Opera di Maria nella Chiesa, dà vita ad una straordinaria stagione di dialoghi, di viaggi, di riconoscimenti. Lauree honoris causa, cittadinanze e premi vari in tutti i continenti dimostrano quanto l’influenza della sua figura fosse giunta al suo apice. Tra il resto, si ricordano in questi anni (1994-2004) l’apertura e il consolidamento di profondi e vasti dialoghi con fedeli delle grandi religioni; l’avvio di una lunga serie di diramazioni del Movimento atte ad approfondire il contributo del carisma dell’unità nei vari ambiti sociali (economia, politica, comunicazione, sanità…); il lancio di una grande azione insieme ecumenica e politica «per ridare un’anima all’Europa»… Passato questo lungo periodo di viaggi, fondazioni e aperture di nuove frontiere, giunge per Chiara l’ora della malattia. Gli ultimi tre anni della sua avventura terrena sono così, forse, i più difficili della sua esistenza. Gesù abbandonato, lo Sposo suo, si presenta all’appuntamento «in forma solenne». In un’oscurità in cui Dio appare tramontato come il sole dietro l’orizzonte. Eppure Chiara continua ad amare, momento per momento, fratello dopo fratello. Continua a servire il “disegno di Dio” sul Movimento, seguendone gli sviluppi fino agli ultimi giorni, quando, con sua grande gioia, viene approvato dal Vaticano il nascente Istituto universitario Sophia. L’ultimo mese lo trascorre al Policlinico Gemelli, a Roma. Lì, sbriga ancora la corrispondenza e prende decisioni importanti per il Movimento. Riceve una lettera del Papa che spesso rilegge, trovandone grande conforto. Il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I passa a salutarla e a benedirla. Negli ultimi giorni esprime il desiderio di tornare a casa. Saluta personalmente i suoi primi compagni e i suoi più stretti collaboratori. Poi, mentre si aggrava, consuma le sue ultimissime energie accogliendo centinaia e centinaia di persone che giungono a casa sua per vederla, darle un bacio, dirle ancora una sola parola: grazie. La commozione è grande, ma più grande la fede nell’amore. Si canta il Magnificat per le grandi cose che il Signore ha fatto in lei e si rinnova l’impegno a vivere il Vangelo, cioè ad amare, come lei ha sempre fatto e insegnato. Chiara si spegne il 14 Marzo 2008 poco dopo le 2 del mattino. La notizia si diffonde rapidamente in tutto il mondo, dove c’è la sua famiglia spirituale che prega unita. Nei giorni seguenti migliaia di persone, da semplici operai a personalità del mondo politico e religioso, arrivano a Rocca di Papa per renderle omaggio. I funerali si svolgono nella Basilica romana di S. Paolo fuori le mura, incapace di contenere la grande folla accorsa (40.000 persone). Inviato da Benedetto XVI – che, nel suo messaggio definisce Chiara, tra l’altro “Donna di intrepida fede, mite messaggera di speranza e di pace” –, il Segretario di Stato Tarcisio Bertone presiede la celebrazione eucaristica concelebrata insieme a 9 cardinali, più di 40 vescovi e centinaia di sacerdoti.  Di Chiara, risuonano le sue parole espresse un giorno: «Vorrei che l’Opera di Maria, alla fine dei tempi, quando, compatta, sarà in attesa di apparire davanti a Gesù abbandonato-risorto, possa ripetergli: “Quel giorno, mio Dio, io verrò verso di te… con il mio sogno più folle: portarti il mondo fra le braccia”. Padre, che tutti siano uno!». (altro…)

Chiara Lubich e le religioni: Buddhismo

Filippine: la fede dei più piccoli

Micha Jane e Ryan, abitano con la loro famiglia a Tacloban, capoluogo della provincia di Leyte, isola al centro sud ovest delle Filippine, tra le città più colpite dal tifone dell’8 novembre 2013. Su 200.000 abitanti, oltre 10.000 sono i morti stimati. I ragazzi che, con la loro famiglia fanno parte della comunità locale dei Focolari, conservano ricordi vividi della tragedia: “Non saprei dire quante volte abbiamo recitato con tutta la famiglia il santo Rosario – racconta Ryan –: passato il tifone la nostra casa era solo danneggiata sul tetto”. E Micha Jane: “Mio padre ci ha fatto rifugiare nel bagno perché unico ambiente della casa dotato di muri di cemento; ogni volta che la casa tremava e gli oggetti sbattevano sul muro esterno mi pareva di essere stata colpita. Allora ho cercato di concentrarmi di più nella preghiera e ho sentito le mie paure scomparire lentamente”. Passato il tifone sopraggiunge la notte: “Sentivamo parlare di case derubate, gente uccisa; ancora una volta abbiamo trovato la forza di chiedere aiuto a Dio e, allo stesso tempo, sentivamo di dover essere prudenti e attenti”. I giorni successivi sono davvero difficili. Il vento fortissimo spazza via tetti, case, alberi, e causa un’onda dall’oceano che in pochi minuti ha sommerso parte della città. Manca l’elettricità, l’acqua, non c’è modo di comunicare, nemmeno con i cellulari; i primi contatti telefonici vengono ripristinati solo dopo giorni. Micha Jane continua a raccontare: “Si sentivano spari occasionali, le notti erano straordinariamente silenziose. La maggior parte dei nostri vicini e amici sono sfollati a Cebu e Manila con aerei militari. Alcuni parenti volevano convincere mio papà a fare lo stesso. I miei genitori hanno invece deciso, invece, di rimanere. Ci hanno spiegato che volevano assumersi la responsabilità di soccorrere chi era in difficoltà. Man mano che i giorni passavano, abbiamo aiutato mio padre e mia madre a distribuire i beni di soccorso che cominciavano ad arrivare e abbiamo visitato i sopravvissuti al tifone”. Prosegue Ryan: “Ho pensato che sarei stato sopraffatto dalla mancanza di internet, della televisione… Eppure mi sono reso conto che c’è gioia e vita nell’incontrare le persone e amarle”. Micha Jane conferma: “La nostra vita è diventata ancora più semplice. Mio fratello pulisce il pavimento, io piego la biancheria che mia madre ha lavato. Abbiamo programmato il lavaggio dei piatti e il mio turno è dopo la prima colazione e mio fratello dopo il pranzo. Abbiamo trovato la vera gioia aiutando. I nostri giorni sono sempre pieni e appaganti. Ho capito che la vera felicità sta nell’amare”. Ancora l’emergenza nelle zone più colpite non è superata; passata l’onda degli aiuti di primo soccorso, anche con il sostegno di AMU (Azione per un mondo unito, ong) e AFN (Azione per Famiglie Nuove, onlus), dei Focolari, è iniziato il progetto di riparazione e ricostruzione di circa quaranta abitazioni. La convinzione di queste famiglie, a cominciare dai più piccoli, nella forza del Vangelo vissuto e della preghiera fatta insieme farà il resto. Associazione Azione per un Mondo Unito – Onlus presso Banca Popolare Etica, filiale di Roma Codice IBAN: IT16G0501803200000000120434 Codice SWIFT/BIC CCRTIT2184D Causale: emergenza tifone Haiyan Filippin AZIONE per FAMIGLIE NUOVE Onlus c/c bancario n° 1000/1060 BANCA PROSSIMA Cod. IBAN: IT 55 K 03359 01600 100000001060 Cod. Bic – Swift: BCITITMX

MOVIMENTO DEI FOCOLARI A CEBU Payable to : Emergency Typhoon Haiyan Philippines METROPOLITAN BANK & TRUST COMPANY Cebu – Guadalupe Branch 6000 Cebu City – Cebu, Philippines Tel: 0063-32-2533728
Bank Account name: WORK OF MARY/FOCOLARE MOVEMENT FOR WOMEN Euro Bank Account no.: 398-2-39860031-7 SWIFT Code: MBTCPHMM Causale: emergenza tifone Haiyan Filippine Email: focolaremovementcebf@gmail.com Tel. 0063 (032) 345 1563 – 2537883 – 2536407
Leggi anche: Filippine dopo il tifone (Città Nuova online)

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Chiara Lubich e le religioni: Buddhismo

[:es]La fe de la Iglesia[:]

[:it] [:en]

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[:es]Preparado por: Ana Hidalgo Contenido Presentamos las 26 catequesis del papa Francisco sobre la fe, pronunciadas en sus audiencias de los miércoles entre abril y diciembre de 2013. Con ellas cerramos el ciclo de las catequesis para el Año de la fe que inició Benedicto XVI y que habían quedado interrumpidas a raíz de su renuncia, publicadas por Ciudad Nueva bajo el título Deseo de Dios Siguiendo la estela de su antecesor, en estas catequesis Francisco ha recorrido el Credo, se ha detenido en el misterio de la Iglesia a la luz del Vaticano II y se ha fijado en María como imagen y modelo de la Iglesia. El Papa establece en cada audiencia un diálogo directo con las personas reunidas en la Plaza de San Pedro, en particular con los jóvenes, a los que interpela y cuya respuesta espera. A partir de ahí, describe y profundiza en una fe que se apoya en el amor y la confianza, que requiere paciencia y misericordia con uno mismo y con los demás y que construye una Iglesia «de puertas abiertas». «La fe es un acto personal –dice el Papa–. Pero la fe la recibo de otros, en una familia, en una comunidad… La fe es un regalo de Dios que se nos da en la Iglesia y a través de la Iglesia. […] Amo una Iglesia no cerrada en su recinto, sino capaz de salir, de moverse, incluso con algún riesgo, para llevar a Cristo… a los extremos confines de la tierra». Sobre el autor Francisco, papa Francisco, primer papa latinoamericano, nació en Buenos Aires en el año 1936. Jorge Mario Bergoglio, jesuita, fue ordenado obispo el 27 de junio de 1992 y años más tarde, fue nombrado (1998) Arzobispo de Buenos Aires. Juan Pablo II lo creó Cardenal con el título de San Roberto Bellarmino en el año 2001. Participó en el cónclave que eligió como sumo pontífice a Benedicto XVI y en el último Cónclave, salió elegido como sucesor, tomando para sí el emblemático nombre de Francisco. Editorial Ciudad Nueva – Madrid[:fr]

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Febbraio 2014

“Beati i puri di cuore perché vedranno Dio Anzitutto, secondo Gesù, vi è un mezzo sovrano di purificazione: “Voi siete già mondi in virtù della Parola che vi ho annunziato” (Gv 15,3). Non sono tanto degli esercizi rituali a purificare l’animo, ma la sua Parola. La Parola di Gesù non è come le parole umane. In essa è presente Cristo, come, in altro modo, è presente nell’Eucaristia. Per essa Cristo entra in noi e, finché la lasciamo agire, ci rende liberi dal peccato e quindi puri di cuore. Dunque la purezza è frutto della Parola vissuta, di tutte quelle Parole di Gesù che ci liberano dai cosiddetti attaccamenti, nei quali necessariamente si cade, se non si ha il cuore in Dio e nei suoi insegnamenti. Essi possono riguardare le cose, le creature, se stessi. Ma se il cuore è puntato su Dio solo, tutto il resto cade. Per riuscire in questa impresa, può essere utile, durante la giornata, ripetere a Gesù, a Dio, quell’invocazione del Salmo che dice: “Sei tu, Signore, l’unico mio bene!” (Cf Sal 16,2). Proviamo a ripeterlo spesso, e soprattutto quando i vari attaccamenti vorrebbero trascinare il nostro cuore verso quelle immagini, sentimenti e passioni che possono offuscare la visione del bene e toglierci la libertà. Siamo portati a guardare certi cartelloni pubblicitari, a seguire certi programmi televisivi? No, diciamogli: “Sei tu, Signore, l’unico mio bene” e sarà questo il primo passo che ci farà uscire da noi stessi, ri-dichiarando il nostro amore a Dio. E così avremo acquistato in purezza. Avvertiamo a volte che una persona o un’attività si frappongono, come un ostacolo, fra noi e Dio e inquinano il nostro rapporto con Lui? E’ il momento di ripeterGli: “Sei tu, Signore, l’unico mio bene”. Questo ci aiuterà a purificare le nostre intenzioni e a ritrovare la libertà interiore. “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio” La Parola vissuta ci rende liberi e puri perché è amore. E’ l’amore che purifica, con il suo fuoco divino, le nostre intenzioni e tutto il nostro intimo, perché il “cuore” secondo la Bibbia è la sede più profonda dell’intelligenza e della volontà. Ma c’è un amore che Gesù ci comanda e che ci permette di vivere questa beatitudine. E’ l’amore reciproco, di chi è pronto a dare la vita per gli altri, sull’esempio di Gesù. Esso crea una corrente, uno scambio, un’atmosfera la cui nota dominante è proprio la trasparenza, la purezza, per la presenza di Dio che, solo, può creare in noi un cuore puro (Cf Sal 51,12). E’ vivendo l’amore scambievole che la Parola agisce con i suoi effetti di purificazione e di santificazione. L’individuo isolato è incapace di resistere a lungo alle sollecitazioni del mondo, mentre nell’amore vicendevole trova l’ambiente sano, capace di proteggere la sua purezza e tutta la sua autentica esistenza cristiana. “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio Ed ecco il frutto di questa purezza, sempre riconquistata: si può “vedere” Dio, cioè capire la sua azione nella nostra vita e nella storia, sentire la sua voce nel cuore, cogliere la sua presenza là dove è: nei poveri, nell’Eucaristia, nella sua Parola, nella comunione fraterna, nella Chiesa. E’ un pregustare la presenza di Dio che comincia già da questa vita “camminando nella fede e non ancora in visione” (2 Cor 5,7) fino a quando “vedremo faccia a faccia” (1 Cor 13,12) eternamente.

Chiara Lubich

Chiara Lubich e le religioni: Buddhismo

America Latina senza frontiere

Sono arrivati con grandi sogni, alla Mariápolis Lia (Argentina), i 71 studenti provenienti da Messico, Honduras, Guatemala, El Salvador, Costa Rica, Cuba, Colombia, Ecuador, Venezuela, Perù, Bolivia, Paraguay, Cile, Italia e Argentina. Dal 6 al 14 gennaio: giorni per approfondire e trovare risposte alle loro inquietudini. Il percorso accademico della Summer School 2014 (in spagnolo “Escuela de Verano”), promosso dall’ Istituto Universitario Sophia insieme ad un gruppo di professori latinoamericani, ha affrontato varie discipline con uno sguardo nuovo. Teologia Biblica. La ricerca dell’autenticità del testo evangelico ha messo in rilievo il messaggio rivoluzionario e trasformante delle parole di Gesù. Scienze economiche. Fiducia, reciprocità e gratuità nei rapporti interpersonali hanno dimostrato la loro efficace importanza nella performance economica. Sociologia. Persona e società, nella prospettiva storica, sociologica e nei documenti del magistero della Chiesa latinoamericana, hanno aperto nuovi orizzonti a partire dalla categoria del dono e della interculturalità. L’America latina reclama cambiamenti profondi: il ritorno alle proprie radici, il riconoscimento delle sue ricchezze e delle culture dei popoli originari, la sfida delle disuguaglianze sociali, riuscire a trasformare in dono la sua contrastante diversità. L’arte, valida via d’interculturalità, si é presentata attraverso una mostra con opere di diversi paesi ed il concerto “Musica della Speranza”:prima mondiale dell’opera “Hablata Oblata Opus 265” del compositore Mario Alfagüel (Costa Rica). Un brano di musica contemporanea con testi di grandi pensatori latinoamericani, con due direttori in scena, che ha fatto le delizie del pubblico. Gli studenti della prima edizione (2013) hanno presentato 29 saggi in sette discipline e 12 progetti, evidenziando, attraverso diversi metodi consoni alle loro scienze, che è possibile pensare a partire da un nuovo paradigma: la cultura della fraternità Daniela del Cile ha presentato il progetto: “Un nuovo sguardo del sapere in salute: cosa è uguale e differente nella medicina mapuche (popolo originario del sud del Cile-Argentina) e la medicina tradizionale? Confronto della medicina tradizionale ed i popoli originari”. Christopher del Messico un suo lavoro dal titolo: “Fraternità fra le righe: un approccio al suo uso nel discorso politico messicano” “Questo progetto – spiega – ha, come fine, sviluppare un’analisi del concetto di fraternità come elemento del discorso nell’attuale sistema politico messicano”. “Siamo in tanti ma siamo uno. Oggi sento l’America latina come una via senza frontiere che unisce il nord ed il sud in un unico sogno: la fraternità”,afferma Carlos dell’Argentina. Si parte con una grande sfida: portare avanti dei progetti di trasformazione sociale nelle singole regioni del Continente, che saranno presentati nella prossima edizione 2015. (altro…)

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Pasquale Foresi: accanto a Chiara

Chiara Lubich ha ravvisato sempre in Pasquale Foresi un particolare ruolo nello sviluppo del Movimento dei Focolari: quello dell’incarnazione del carisma dell’unità, e per questo lo considera, insieme a Igino Giordani, cofondatore del Movimento. Pasquale Foresi nel 1949, anno della sua conoscenza di Chiara e del Movimento, era un giovane alla ricerca. Dopo aver sentito la vocazione al sacerdozio, frequentava il seminario di Pistoia e il Collegio Capranica a Roma. Racconta: «Ero contento, soddisfatto della mia scelta. Ad un dato momento però, ho avuto non una crisi di fede, ma un semplice ripensamento. (…) Mi è sorto così il dubbio di potermi avviare al sacerdozio con queste difficoltà in cuore e ho sospeso momentaneamente lo studio. È stato a quel tempo che ho conosciuto il Movimento dei Focolari (…). Notavo, nelle persone che vi appartenevano, una fede assoluta nella Chiesa cattolica e contemporaneamente una vita evangelica radicale. Ho capito così che quello era il mio posto e ben presto l’idea del sacerdozio è ricomparsa». Sarà il primo focolarino sacerdote. Dopo di lui, altri focolarini sentiranno questa particolare chiamata al servizio del Movimento. Pasquale riconosce nei primi passi mossi da Chiara Lubich e le sue compagne “una polla evangelica sgorgata nella Chiesa”, ed inizia un sodalizio che lo conduce, rivestito del ministero sacerdotale, a dare un fondamentale contributo allo sviluppo del Movimento come stretto collaboratore della fondatrice. Riguardo ai principali compiti a lui affidati, scrive lo stesso Foresi: «Perché sacerdote, sono stato incaricato di tenere i primi rapporti del Movimento dei Focolari con la Santa Sede. Altro mio compito particolare, nel tempo, è stato quello di seguire, lo sviluppo del Movimento nel mondo e di collaborare, direttamente con Chiara, alla stesura dei vari Statuti. Ho ancora potuto dar vita e seguire opere concrete al servizio del Movimento, quali il ‘Centro Mariapoli’ per la formazione dei membri a Rocca di Pappa, la cittadella di testimonianza a Loppiano, la casa editrice Città Nuova a Roma e altre opere che si vennero poi moltiplicando nel mondo». Ma c’è ancora un aspetto particolare della sua vita accanto a Chiara, che forse rappresenta meglio degli altri il suo particolare apporto allo sviluppo del Movimento. Scrive: «È nella logica delle cose che ogni nuova corrente di spiritualità, ogni grande carisma, abbia dei risvolti culturali a tutti i livelli. Se si guarda la storia si constata come ciò si è sempre avverato, con influssi nell’architettura, nell’arte, nelle strutture ecclesiali e sociali, nei vari settori del pensiero umano e, specialmente, nella teologia». Infatti, egli è intervenuto innumerevoli volte con la parola e con lo scritto a presentare la teologia del carisma di Chiara nella sua dimensione sociale, spirituale, sottolineandone con autorevolezza la novità, sia in ordine alla vita che al pensiero. Dalle sue pagine scaturisce “un acume di analisi, un’ampiezza di vedute e un ottimismo nel futuro, resi possibili dalla sapienza che proviene da una forte e originale esperienza carismatica, oltre che da quegli abissi di luce e di amore, di umiltà e fedeltà, che solo Dio può scavare nella vita di una persona”. (dalla Prefazione di “Colloqui”, domande e risposte sulla spiritualità dell’unità). (altro…)

Chiara Lubich e le religioni: Buddhismo

Repubblica Centrafricana: un’insegnante controcorrente

«Sono insegnante in una scuola primaria cattolica», scrive Eliane della Repubblica Centrafricana, «e, da quando conosco la spiritualità dell’unità, ho sentito di dover mettere in pratica il Vangelo, anche quando ciò comporta andare contro corrente rispetto ai comuni e diffusi modi di fare». «Quando sul nostro Paese si è profilata la minaccia della guerriglia – prosegue – ho proposto ai miei alunni di fare insieme il “Time Out”, un momento di preghiera in cui, uniti a tanti altri in tutto il mondo, chiediamo il dono della pace, lì dove si combatte e nel cuore di ogni uomo. Così ogni giorno, anche noi ci fermiamo e preghiamo”». I bambini della sua scuola hanno l’abitudine di acquistare dall’insegnante creta o gesso per i lavori da svolgere. Eliane dà a ciascuno quanto deve, mentre un altro insegnante invece di dare un bastoncino di gesso a testa al costo di 25 franchi, lo divide a metà così da avere un guadagno che poi usa per comprare il proprio pranzo. Notando il comportamento di Eliane, il collega gliene chiede il motivo: «Gli ho fatto capire che questo modo di agire non era corretto perché i bambini meritano la giustizia ed anche perché Gesù ha detto: “Tutto quello che avete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”(Mt. 25,40)». Anche il prefetto agli studi viene a conoscenza dello stile di vita di Eliane, ed è per lei una nuova occasione di esprimere le sue convinzioni. «Dopo un po’ di tempo – racconta – lui e sua moglie mi hanno chiesto di fare da madrina alla loro figlia più piccola. Ho accettato con gioia ed ora sento di far realmente parte della loro famiglia». Successivamente, i colleghi propongono il nome di Eliane come candidata per l’elezione della delegazione del personale, sotto la supervisione dell’Ispettore del Lavoro. Oggi svolge questo ruolo che consiste nel mediare e vigilare sul buon andamento della scuola e mantenere il rispetto dei diritti e dei doveri da parte di tutti. Ad Eliane viene anche affidato il segretariato di una associazione di solidarietà che raggruppa le donne che gravitano attorno alla scuola, con lo scopo di formare le giovani in materia di prevenzione di malattie ed igiene personale. Anche questo gruppo di Solidarietà delle Donne decide di aderire al “Time Out”. «Oggi, – conclude Eliane – molte voci si innalzano per chiedere la Pace non solo per l’Africa Centrale ma per il mondo intero». (altro…)

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L’Ideale: Gesù abbandonato

«Il padre spirituale, un giorno, chiede a Chiara: “Quale fu il momento in cui il Signore sofferse di più?”. “Nell’orto degli Olivi, suppongo”. “No, a mio parere, sofferse di più sulla croce, quando emise il grido: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mt 27,46; Mc 15,34)”. Egli uscì, e Chiara discorrendo con Dori (una sua allieva, tra le prime a seguirla, n.d.r.) e poi con altre cominciò a polarizzare il suo amore – e il suo studio – su quel grido: su quel momento d’angoscia, in cui Cristo si era sentito abbandonato persino dal Padre, per il quale s’era fatto uomo. “Sono convinta che Gesù abbandonato sarà l’ideale che risolverà tutti i problemi del mondo: esso si diffonderà sino agli ultimi confini della terra”. Questa convinzione si doveva consolidare, di anno in anno, nelle prove d’ogni sorta, mercé cui il suo ideale si impiantava tra gli uomini. Gesù abbandonato così divenne l’amore di Chiara. E divenne l’amore – l’ideale, lo scopo, la norma – dell’Opera di Maria (o Movimento dei Focolari, n.d.r.). Un giorno ella ci spiegò: “Se, quando sarò anziana cadente, verranno dei giovani a chiedermi di definire loro, stringatamente, il nostro ideale, con un filo di voce risponderò: È Gesù abbandonato!”». Fonte: “Erano i tempi di guerra…”, Chiara Lubich – Igino Giordani, Città Nuova Ed., Roma, 2007, pp. 122-123. (altro…)

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Chiara Lubich: alla fine poter dire “Ho sempre amato”

«Oggi compio 46 anni. Il doppio di quando ho iniziato a vivere l’Ideale [la spiritualità che emana dal carisma dell’unità, ndr]. Sono contenta perché d’ora in poi sarà più il tempo vissuto con l’Ideale che quello senza. Ma ho bisogno, o mio Dio, di ributtare la mia vita nel tuo cuore. Ho bisogno di incenerire il mio essere nelle fiamme ardenti dello Spirito Santo che, per tutta l’eternità e fin d’ora, dobbiamo ringraziare per averci indicato questa via dell’amore: amare, amare sempre, amare tutti. Alla fine di ogni giornata poter dire: ho sempre amato». (Diario del 22 gennaio 1966) «Parlando di Gesù, san Paolo scrive: «e ha dato se stesso per me» (Gal 2, 20). Ognuno di noi può ripetere quanto dice l’Apostolo: per me. Mio Gesù, se sei morto per me, per me, come posso dubitare della tua misericordia? E se a quella posso credere con la fede che m’insegna che un Dio è morto per me, come posso non rischiare ogni cosa per contraccambiare questo amore? Per me. Ecco la formula che annulla la solitudine dei più soli, che india ogni povero uomo svalutato dal mondo intero, che riempie ogni cuore fino al limite e lo fa traboccare su chi non sa o non rammenta il lieto Annunzio. Per me. Per me, Gesù, tutti quei dolori? Per me quel grido? Oh! Tu certo non lascerai perdere la mia e tante povere anime, ma tutto farai se non altro… perché troppo ti siamo costati. Tu mi hai generato al Cielo come mia madre alla terra. Tu pensi sempre e solo a me come a ciascun altro. Tu mi dai il coraggio della mia vita cristiana più che se avessi l’universo intero alle spalle che mi spinge. Per me. Sì, per me. Ed allora, Signore, lascia che ti dica anch’io, soprattutto per gli anni che mi rimangono: per Te». (Chiara Lubich, L’essenziale di oggi. Scritti spirituali/2, Città Nuova, Roma 1997, p. 11). _ (altro…)

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Gen Verde: Music made to be played

Gen Verde Music Made To Be Played La prima novità del 2014: il  66° album. 14 canzoni e un pezzo strumentale. Fa da protagonista la contemporaneità e le sue grandi sfide, descritte e raccolte con uno sguardo lucido e positivo. Al centro rapporti umani, integrazione, dolore e paura del diverso, speranza in un futuro di dignità e pace. In poche parole: la nostra quotidianità. (altro…)

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L’avventura dell’unità/Costruendo l’Opera di Maria

Si considera il 7 dicembre 1943 l’anno di nascita del Movimento dei Focolari perché quel giorno, con un voto perpetuo di castità, Chiara Lubich ha “sposato Dio”. Ma la Fondatrice dei Focolari ha anche affermato che una data d’inizio potrebbe essere il suo viaggio, nell’ottobre del 1939, a Loreto, dove è custodita secondo la tradizione, la casa di Nazareth. L’atmosfera della famiglia che viveva in quella casetta fu, per Chiara, una “chiamata”: ripetere nel silenzio, come la famiglia di Nazareth, il più grande mistero della storia, la vita di Dio tra gli uomini. Da quel momento tutto è stato sempre una stupenda scoperta. Ma lei non è stata sola a stupirsi: con lei Natalia Dallapiccola, Giosi Guella, Marilen Holzhauser, Graziella De Luca, Vale e Angelella Ronchetti, Dori Zamboni, Gis e Ginetta Calliari, Silvana Veronesi, Lia Brunet, Palmira Frizzera, Bruna Tomasi… e, qualche anno dopo, Marco Tecilla, Aldo Stedile, Antonio Petrilli, Enzo M. Fondi, Pasquale Foresi, Giulio Marchesi, Piero Pasolini, Oreste Basso, Vittorio Sabbione… primi tra molti che comporranno la schiera che Chiara, a Loreto, per profetica previsione, seppe che l’avrebbe seguita. Le strade che hanno condotto le prime e i primi a imboccare la strada aperta da Chiara, oggi che il Movimento è definito in tutte le sue strutture, manifestano che ognuno di loro era necessario al progetto di Dio, al carisma che stava prendendo “carne”. Non poteva essere che così per un carisma il cui carattere è l’unità, espressione della vita trinitaria. Persone delle più varie professioni guidate da una stessa voce che, nella carità, mettevano a servizio degli altri i loro talenti risvegliati dalla stessa carità. Dopo settant’anni, lo sviluppo del Movimento dei Focolari sembra spiegare l’affermazione di Gregorio Magno che la Scrittura “cresce con chi la legge” e «Come il mondo, la Scrittura non è creata una volta per tutte: lo Spirito la “crea” ancora, si può dire, ogni giorno, via via che la “apre”. Per una meravigliosa corrispondenza Egli la “dilata” nella misura in cui dilata l’intelligenza di colui che l’accoglie»(*). E nel caso del Movimento è stata la comunicazione di come ciascuno viveva il Vangelo a nutrire la comprensione delle stesse parole di Gesù. Parola vissuta e comunione, una pratica che traccerà una linea ascetica collettiva. La vita compiuta di Chiara e di molti che con lei hanno accolto e accolgono la Parola, in questo tempo di epocali trasformazioni culturali, dimostrano quale sia il loro compito: “… fatti partecipi dei disegni di Dio sull’umanità, segnare sulla folla ricami di luce e, nel contempo, dividere col prossimo l’onta, la fame, le percosse, le brevi gioie”. Perché oggi, più che mai, la vera attrattiva è vivere “la più alta contemplazione e rimanere mescolati fra tutti, uomo accanto a uomo”. I primi compagni di Chiara hanno sperimentato ciò che il Concilio Vaticano II esprimerà così riguardo alla Chiesa: “[Lo Spirito] Con la forza del Vangelo la fa ringiovanire, continuamente la rinnova e la conduce alla perfetta unione col suo Sposo” (LG,4). * Guido I. Gargano, Il libro, la parola e la vita,  L’esegesi biblica di Gregorio Magno, San Paolo edizioni, 2013 (altro…)

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Brasile: nel Nordest i giovani lanciano la sfida

«Vivere insieme per qualcosa che possa rafforzare il bene nel mondo ci unisce e ci dà la forza, e ci spinge ad andare avanti verso il mondo unito». Sono parole di Igor dei Giovani per un Mondo Unito del Nordest del Brasile. Ma cos’è “Desafio” (Sfida)?

Scuola Santa Maria

«“Desafio” è una tre giorni – spiega Igor – di incontro, festa e condivisione delle tante iniziative che noi Giovani per un Mondo Unito di questa regione (che coinvolge sette stati brasiliani) portiamo avanti nelle nostre città. Ogni anno, siamo circa 350 giovani che ci diamo appuntamento nella cittadella “Santa Maria”, in Igarassu (Stato di Pernambuco). Il programma si svolge con temi d’interesse e di approfondimento, comunicazione delle attività svolte nelle varie città, vari workshop e dei forum specifici.  Molto costruttivi sono i momenti dedicati a conoscere alcune opere sociali portate avanti dai Focolari e l’aiuto concreto che possiamo svolgere in quei giorni, come un nostro segno di amore concreto verso le persone del posto». Un programma impegnativo… «Certo – continua Igor –, anche se non mancano le serate ricreative e i giochi insieme. Una delle serate è dedicata alla preghiera ecumenica per la Pace. È sempre uno dei momenti più profondi e di grande accettazione da parte dei presenti. Si sente che siamo tutti connessi e che basta fermarsi e dare spazio a questa dimensione, che si crea subito come un ponte spirituale che ci unisce a Dio e fra di noi». Quest’anno avete svolto la 4° edizione che aveva lo slogan “Andate verso l’altro”. Quali le conclusioni? «Sono venuti molto in evidenza l’importanza dei rapporti: nella famiglia, nella società, nel mondo virtuale, nelle varie azioni che portiamo avanti e nei progetti sociali. La novità, sentita fortemente da tutti, è stato un progetto, lanciato qualche tempo fa, che abbiamo chiamato “Prima gli ultimi”. Si trattava di capire, da parte di ogni gruppo di giovani nelle proprie città, chi sono questi ultimi, per poi vivere per loro. Sono nate, così, tante iniziative concrete in tanti punti del Nord-Est brasiliano in favore dei più bisognosi, che abbiamo condiviso con tutti! Il “Desafio”, è il momento in cui  – conclude Igor –  coinvolgere il maggior numero possibile di giovani per costruire insieme un mondo più unito e fraterno». (altro…)

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Costa d’Avorio: nella città delle 18 montagne

Man, Costa d’Avorio: la “città delle 18 montagne” conta circa 100mila abitanti di diverse etnie, dediti per lo più all’agricoltura; è prostrata da grande povertà sia materiale che umana, aggravatasi in conseguenza dello stato di guerra che ha attraversato il Paese nel 2002 e che l’ha pienamente coinvolta. È in questo contesto sociale che si trova la “Mariapoli Victoria”, cittadella del Movimento dei Focolari nell’Africa dell’Ovest. Oltre 3000 i rifugiati nei momenti caldi della guerra; oltre 100.000 i pazienti curati nel suo “Centro medico-sociale”. Importante, inoltre, il programma per ridurre la malnutrizione infantile che opera con successo in città e nei villaggi vicini. Anche il Natale – raccontano alcuni abitanti della cittadella –, è stato vissuto in funzione dei più soli, emarginati, specialmente quelli più bisognosi di amore: “Una giornata di festa con i bambini cristiani e musulmani dei dintorni, nella parrocchia vicina. Un momento di allegria con canti, danze e scenette e poi il pranzo per tutti!”. Ogni bambino – circa 1000 – con il proprio piatto e bicchiere in mano, era in fila per ricevere il pasto. “Era bello poter guardare negli occhi ciascuno di loro – prosegue il racconto –, augurargli buon appetito e ringraziare per la paziente attesa!”. Un gruppo di giovani ragazze invece, ha deciso di trascorrere le festività a Blolequin, villaggio a 175 km da Man, insieme ai bambini orfani e alle suore della Consolata che li accudiscono. A Glolé, un villaggio a 30 km da Man, un altro gruppo della comunità dei Focolari ha partecipato alla preparazione della festa di Natale. Per l’occasione sono giunte persone dai 12 villaggi seguiti da anni dal Centro nutrizionale della cittadella. Erano presenti i capi e notabili dei villaggi, oltre a responsabili di varie Chiese. Nel clima di reciprocità creatosi, un capo-villaggio ha affermato: “Se, quando presenterò il mio programma di lavoro ai miei collaboratori, loro non fossero d’accordo, sento che non lo posso portare comunque avanti da solo, ma cercherò di cogliere quello che potremo fare insieme”. Un contributo importante della serata è stato il noto scritto di Chiara Lubich “Una città non basta”(1). In esso Chiara incoraggiava a cercare i più poveri, gli abbandonati, gli orfani, i carcerati, quelli che sono messi ai margini… e a dare, dare sempre: una parola, un sorriso, il proprio tempo, i propri beni… amore concreto capace di trasformare una città e non solo. È, poi, seguito uno scambio di testimonianze, in particolare riguardo alle attività che si portano avanti in favore dei bambini che soffrono la fame e carenze di affetto familiare. Passi concreti per trasformare le proprie città. (1) Chiara Lubich, Meditazioni, Città Nuova Editrice, Roma 2000, pagg. 100-03 (altro…)

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Il silenzio e la parola. La luce. Ascolto, comunicazione e mass media

Michele ZanzucchiIl  silenzio e la parola. La luce. Ascolto, comunicazione e mass media” Editrice: Città Nuova Viviamo in un’epoca dominata dalla comunicazione. Si comunica sempre. Comunque e dovunque. Una babele di parole, immagini, suoni. Un frastuono che spesso perde di vista la persona umana come centro del processo comunicativo. È questo il filo conduttore dello studio di Zanzucchi che, partendo dall’analisi del contesto massmediologico attuale, traccia un percorso di riflessione sul binomio “silenzio e parola”, e giunge alla proposta di una “nuova comunicazione”, dell’uomo e per l’uomo Michele Zanzucchi presenta il suo libro  sabato 18 gennaio 2014, a Taranto,, nell’ambito dell’evento “Cercando l’oro nella città dell’acciaio. Storie e volti nella città di Taranto”. (altro…)

Chiara Lubich e le religioni: Buddhismo

Congo, oltre il silenzio

«Non è facile raccontarvi quello che stiamo vivendo nella mia regione, in Congo, dove un conflitto permanente sconvolge il Paese. Ho conosciuto l’Ideale dell’unità quando ero ancora una gen3 ed ero felice di far parte di una comunità che viveva il Vangelo. Poi, crescendo, quando sono entrata all’università ho incontrato un altro mondo. Ho visto persone arrivare ad ammazzarsi a causa delle differenze tribali ed etniche. Corruzione, frodi, menzogna e tanti altri mali sono il tessuto della vita quotidiana. Quando ho preso il diploma, ho trovato lavoro in un’ organizzazione non governativa che opera per i diritti delle donne congolesi e, in particolare, per quante hanno subito abusi sessuali. Per questo ho girato in tante regioni. Mi sono trovata davanti alla miseria di tanta gente, anche se il Congo è un Paese bellissimo e ricco di importanti risorse naturali. Vedevo crescere un clima generale di rassegnazione. Si sentiva dire: «Questo Paese è già morto, non vale la pena occuparsene…». Verso l’inizio del 2012, qualcosa di nuovo si è acceso dentro di me. Ho letto un testo di Chiara Lubich in cui ci invitava a non accontentarci delle piccole gioie, e a puntare in alto. Ho capito che, per me, voleva dire lavorare per il cambiamento del mio Paese. Così abbiamo fatto nascere un movimento di mobilitazione giovanile in città  e abbiamo iniziato a diffondere informazione, le nostre analisi e riflesioni sulla situazione, progetti per reagire insieme. Abbiamo denunciato la mancanza di lavoro per tanti giovani, con una disoccupazione giovanile altissima. Poi, mentre si avvicinava l’anniversario dell’indipendenza del Congo (1960), abbiamo stampato dei volantini denunciando i problemi del presente: la crisi della giustizia, la gravissima disoccupazione e il paradosso tra le grandi risorse del Paese e la povertà della maggioranza. La sera della vigilia, mentre stavamo ancora distribuendo i volantini, sono stata arrestata per una settimana. Per non lasciarmi da sola, si sono fatti arrestare con me altri due giovani e, dopo qualche giorno, altri due. Ho subito decine di interrogatori. Sentivo che la minaccia di morte o di condanna si avvicinava ogni giorno di più. Ciò che mi ha sostenuto anche in quei momenti terribili, è stata l’unità che mi legava alle gen della mia città e ai giovani che mi sostenevano con la loro solidarietà. Una gen si avvicinava ogni giorno al luogo dove mi trovavo e mi gridava il sostegno di tutti. E poi, pensando che Gesù, anche sulla croce, non aveva smesso di essere Amore, ho continuato ad amare concretamente, preparando il cibo per gli altri detenuti e anche per le guardie. Con tanti giovani impegnati in questo movimento condivido la Parola di vita. La cosa più importante che ho capito è che per realizzare un vero cambiamento, la forza viene dall’amore. Agire con amore, senza violenza, significa agire a fianco di Dio. Cosa vogliamo? Il nostro scopo non è opporci ad un gruppo politico, ma lottare per costruire il Congo dei cittadini, consci dei loro diritti e dei propri doveri per sostenere nuovi leader che agiscano per la giustizia. E quali sono i risultati? Oggi il movimento esiste, è conosciuto nella nostra regione e in altri punti del Paese; abbiamo condotto più di 50 azioni e ottenuto alcune risposte concrete. E siamo ancora vivi, nonostante le minacce e tentativi di strumentalizzazione. Nella nostra città siamo il primo gruppo di giovani che, rispettando le leggi del Paese, osano denunciare, sostenere, prendere posizione su tanti problemi, anche gravi, come quello delle sanzioni contro militari implicati in crimini ed estorsioni. Sono convinta che sta crescendo una generazione sempre più numerosa di congolesi che riprende fiducia e si impegna per il Paese». (M.M. – Congo) (altro…)

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Myanmar: A servizio della comunità

Villaggio Kanazogone

«Fin dalla sua fondazione nel 1860 – racconta il parroco p. Carolus Su Naing –, la parrocchia ha servito la chiesa locale interessandosi soprattutto dello sviluppo sociale e pastorale degli abitanti del luogo e, nel tempo, ha fondato altre 4 parrocchie: Pinle, Aima,Pein ne gone, Myitkalay e Wakema, dove abitano complessivamente circa 8.000 cattolici. Kanazogone ha avuto sempre un ruolo vitale nel prendersi cura delle persone più bisognose della regione. Quando, nel 2008, il ciclone “Nargis” si abbatté sulla regione del Delta, il nostro villaggio divenne il centro dei rifugiati: circa 3000 persone colpite dal ciclone».

Silo per la pula del riso

Qual è la vostra situazione attuale, padre? «Kanazagone, non ha ancora oggi energia elettrica fornita dal comune – ci spiega il sacerdote focolarino –. Tutti gli abitanti del villaggio devono procurarsi con i propri mezzi una qualche forma di illuminazione utilizzando candele e batterie, soltanto alcune case hanno un proprio piccolo generatore a petrolio. Insieme ai capi del villaggio abbiamo recentemente discusso sulla necessità di avere un generatore più forte e potente che dia elettricità a tutte le famiglie del posto. L’installazione di un potente generatore di biogas servirà a migliorare la vita del villaggio e la capacità lavorativa dei suoi abitanti». Come funzionerà il generatore lo chiediamo allo svizzero Rolf Infanger, dei Focolari, impegnato in prima persona nel progetto: «Il generatore alimentato a biogas, fa lavorare una dinamo di 200 KW, sufficiente per l’intero villaggio. È un’invenzione del Myanmar. La novità sta nel fatto che il biogas è generato dalla combustione della pula di riso, un prodotto di scarto. La pula di riso che, in genere, viene gettata via, può essere usata in modo efficiente per produrre energia elettrica biogas. Inoltre, il supporto tecnico sarà assicurato dal produttore locale del motore. In Myanmar sono già in uso e con buon esito molti macchinari dello stesso tipo. Questa regione è circondata da campi di riso. La riseria dove il cereale viene elaborato si trova qui nel villaggio Il progetto, guidato dall’ingegnere inventore e dal capo del villaggio, è iniziato, nell’aprile 2013, con l’arrivo di un prestito di € 25.000. Occorre restituirlo entro 5 anni ma ad un tasso minimo. Facciamo la forte esperienza di avvertire che Dio ci guida e ci orienta a fare cose utili per la vita del villaggio».

motore a biogas

Quali sono le vostre attese quando il generatore sarà in funzione? «Grazie alla fornitura di luce ed energia generate dall’impianto a biogas quanto sarà in funzione – assicura p. Su Naing –, le famiglie del villaggio miglioreranno la loro vita quotidiana. Il reddito degli abitanti aumenterà, dando loro la possibilità di lavorare a casa nelle prime ore della sera. La luce e l’energia fornite sosterranno le scuole e l’ambulatorio del villaggio in tempi normali e anche in periodi di emergenza. I bambini saranno facilitati nei loro compiti. La luce per strada darà un senso di sicurezza, favorendo la vita sociale». Se vuoi sostenere il progetto: Conto bancario Germania: Maria Schregel Hilfswerk e.V. Sparkasse Uelzen – IBAN: DE39 2585 0110 0009 0079 49 Swift: NOLADE21UEL (altro…)

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Un nuovo anno per vivere il Vangelo

Intimità in famiglia Da noi c’è l’abitudine di togliere il presepio il giorno dell’Epifania. Per concludere il periodo natalizio abbiamo invitato i nostri figli. È stata una serata molto bella: abbiamo parlato di onestà, di solidarietà… Si è creato fra noi un clima così bello che davanti al presepio abbiamo letto il Vangelo del giorno, riscoprendo sfumature che non avevamo ancora notato. Presenti i più piccoli, abbiamo parlato del significato della festa, poi ciascuno ha espresso un’intenzione per il nuovo anno, un augurio. Ci siamo riproposti di cercare anche durante l’anno altri momenti per ricreare quell’intimità fra di noi. Sembrerebbe scontato per una famiglia, ma per noi è stata una scoperta e la serata è finita fra canti dolcissimi per glorificare e ringraziare Dio. (M.M. – Libano) Elina la badante Mia madre aveva avuto un incidente e da una situazione di indipendenza, nonostante l’età avanzata, ora aveva bisogno di un’assistenza continua che né io né mia sorella potevamo offrirle. Per questo avevamo assunto Elina, una giovane dell’est Europa che, tra l’altro, in questo modo risolveva i suoi problemi. Ma la mamma non riusciva ad accettarla. Per aiutarle a costruire un “ponte” tra loro, ho cercato di sfruttare le piccole occasioni: tradurre per la mamma lo slavo di Elina, spiegare all’una le necessità dell’altra, evidenziare il più possibile il positivo di ognuna. Cominciava a nascere un certo rapporto quando ho scoperto che ad Elina stava scadendo il permesso di soggiorno. Bisognava sistemarla legalmente presso la mamma. Per quattro mesi ho bussato alle porte delle più diverse istituzioni; alla fine tutto è stato messo in regola. La mamma ha pian piano trovato in lei un’amica, quasi una figlia; a sua volta Elina ha trovato una famiglia, e in seguito ha fatto venire in Italia il figlio. Ora si sente felice. (A. P. – Italia) Scarpe da ginnastica Da due settimane mio figlio non partecipava alle lezioni di educazione fisica perché non aveva le scarpe da ginnastica. Non avevamo i soldi per comprarle e con tutta la buona volontà non riuscivo a risparmiare il denaro necessario nemmeno per acquistare le più economiche. Un giorno mi sono venute in mente le parole del Vangelo: «chiedete ed otterrete…», ed ho chiesto a Dio che mi aiutasse a risparmiare per comprare le scarpe a mio figlio. La mia emozione è stata grande quando, proprio quel giorno, il ragazzo è arrivato dalla scuola con un paio di scarpe da ginnastica, più un altro paio di scorta: gliele avevano comprate con i fondi del progetto di sostegno a distanza in cui siamo inseriti. Come non scorgere in quel fatto la risposta dell’amore concreto di Dio, proprio nel momento in cui ne avevo più bisogno, per rendere felice anche mio figlio? (E.B. – Bolivia) Fonte: Il Vangelo del giorno, gennaio 2014, Città Nuova Editrice. (altro…)

Chiara Lubich e le religioni: Buddhismo

Natale sulla strada, a Santiago del Cile

«Anche qui oggi è nato Gesù, in questa piazza della periferia di Santiago. Come ogni anno celebriamo il Natale insieme ai nostri amici che abitano sulla strada o magari non hanno nessuno con cui fare festa. È bello vedere giovani, adulti e bambini che condividono insieme e si siedono alla stessa tavola senza guardare alle differenze. Questa volta erano tanti i migranti, soprattutto arrivati dal Perù in cerca di lavoro, e con molti bambini, ma la situazione qui per loro non è rosea. Altri arrivano dalle regioni del Cile colpite dal terremoto del 2010 e ancora aspettano una casa. Altri hanno appena iniziato questo “percorso” in strada e sono scoraggiati: Nelson, ad esempio, è uscito da casa da 3 mesi, sua moglie non vuole più saperne perché lui beve; a tavola si parla, lui racconta di essere molto triste e di avere nostalgia della sua famiglia. Loreto lo invita a tornare a credere, è Natale! E gli offre aiuto. L’indomani Nelson va alla “casetta Primi tempi” [un appartamentino dove abitano insieme alcuni dei gen, i giovani del Movimento dei Focolari, per fare un’esperienza alla luce del Vangelo, sull’esempio di Chiara Lubich e le prime focolarine, ndr]. Lì può lavarsi, farsi la barba, riceve in dono un pantalone e una bella camicia da uno dei giovani, e poi, con uno di noi, va a casa della moglie. La gioia della bambina alla vista del papà è incontenibile. Spieghiamo la situazione alla moglie, la quale dopo un po’ accetta di ricominciare e rimangono tutto il pomeriggio insieme. La sera, accompagniamo Nelson al “Hogar de Cristo”. Lì le condizioni sono precise: 0 alcol, e lui ci sta. Ora sarà un lavoro ad equipe, dobbiamo aiutarci, ma il Bambino ha portato questo dono e molti altri, che ci spingono ad essere quelle braccia del Suo Amore perché arrivi dappertutto. Non c’é dubbio che il mondo unito è possibile, si tratta solo di mettercela tutta e scoprire insieme come fare per realizzarlo». (altro…)

Gennaio 2014

“Cristo, unico fondamento della Chiesa” Ma c’è una Parola che riassume tutte le altre, è amare: amare Dio e il prossimo. Gesù sintetizza in questa “tutta la Legge e i Profeti” (cf Mt 22,40). Il fatto è che ogni Parola, pur essendo espressa in termini umani e diversi, è Parola di Dio; ma siccome Dio è Amore, ogni Parola è carità. Come vivere allora questo mese? Come stringerci a Cristo “unico fondamento della Chiesa”? Amando come Lui ci ha insegnato. “Ama e fa’ quello che vuoi”[1], ha detto sant’Agostino, quasi sintetizzando la norma di vita evangelica, perché amando non sbaglierai, ma adempirai in pieno la volontà di Dio.

Chiara Lubich


[1] In Jo. Ep. tr., 7,8. Pubblicata su Città Nuova 2004/24, p.7, in versione integrale Dal 18 al 25 gennaio in molte parti del mondo si celebra la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, mentre in altre si celebra a Pentecoste. Quest’anno la frase scelta per la Settimana di preghiera è: “È forse diviso il Cristo?” (1 Cor 1,13). Chiara Lubich era solita commentare il versetto biblico ogni volta. Per mantenere questo suo apporto proponiamo un suo testo del gennaio 2005 a commento del versetto: “Cristo, unico fondamento della Chiesa” (cf 1 Cor3,11) che potrebbe essere un contributo ad approfondire la frase proposta quest’anno.

Gennaio 2014

Era l’anno 50 quando Paolo arrivò a Corinto, la grande città della Grecia famosa per l’importante porto commerciale e vivace per le sue molteplici correnti di pensiero. Per 18 mesi l’apostolo vi annunciò il Vangelo e pose le basi di una fiorente comunità cristiana. Altri dopo di lui continuarono l’opera di evangelizzazione. Ma i nuovi cristiani rischiavano di attaccarsi alle persone che portavano il messaggio di Cristo, piuttosto che a Cristo stesso. Nascevano così le fazioni: “Io sono di Paolo”, dicevano alcuni; e altri, sempre riferendosi all’apostolo preferito: “Io sono di Apollo”, oppure: “Io sono di Pietro”. Davanti alla divisione che turbava la comunità, Paolo afferma con forza che i costruttori della Chiesa, paragonata ad un edificio, ad un tempio, possono essere tanti, ma uno solo è il fondamento, la pietra viva: Cristo Gesù. Soprattutto questo mese, durante la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, le Chiese e le comunità ecclesiali ricordano insieme che Cristo è l’unico loro fondamento, e che soltanto aderendo a Lui e viven­do l’unico suo Vangelo possono trovare la piena e visibile unità tra di loro. “Cristo, unico fondamento della Chiesa”

Fondare la nostra vita su Cristo significa essere una sola cosa con Lui, pensare come Lui pensa, volere ciò che Lui vuole, vivere come Lui ha vissuto.

Ma come fondarci, radicarci su di Lui? Come diventare una cosa sola con Lui?

Mettendo in pratica il Vangelo.

Gesù è il Verbo, ossia la Parola di Dio che si è incarnata. E se Egli è la Parola che ha assunto la natura umana, noi saremo veri cristiani se saremo uomini e donne che informano tutta la loro vita della Parola di Dio. Se noi viviamo le sue parole, anzi, se le parole sue ci vivono, sì da fare di noi “Parole vive”, siamo uno con Lui, ci stringiamo a Lui; non vive più l’io o il noi, ma la Parola in tutti. Potremo pensare che vivendo così daremo un contributo perché l’unità tra tutti i cristiani diventi una realtà. Come il corpo respira per vivere, così l’anima per vivere vive la Parola di Dio. Uno dei primi frutti è la nascita di Gesù in noi e tra noi. Questo provoca un mutamento di mentalità: inietta nei cuori di tutti, siano essi europei o asiatici o australiani o americani o africani, gli stessi sentimenti di Cristo di fronte alle circostanze, alle singole persone, alla società. […] La Parola vissuta rende liberi dai condizionamenti umani, infonde gioia, pace, semplicità, pienezza di vita, luce; facendoci aderire a Cristo, ci trasforma a poco a poco in altri Lui.

“Cristo, unico fondamento della Chiesa”

Ma c’è una Parola che riassume tutte le altre, è amare: amare Dio e il prossimo. Gesù sintetizza in questa “tutta la Legge e i Profeti” (cf Mt 22,40). Il fatto è che ogni Parola, pur essendo espressa in termini umani e diversi, è Parola di Dio; ma siccome Dio è Amore, ogni Parola è carità. Come vivere allora questo mese? Come stringerci a Cristo “unico fondamento della Chiesa”? Amando come Lui ci ha insegnato. “Ama e fa’ quello che vuoi”[1], ha detto sant’Agostino, quasi sintetizzando la norma di vita evangelica, perché amando non sbaglierai, ma adempirai in pieno la volontà di Dio. Chiara Lubich


[1]     In Jo. Ep. tr., 7,8. Pubblicata su Città Nuova 2004/24, p.7, in versione integrale Dal 18 al 25 gennaio in molte parti del mondo si celebra la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, mentre in altre si celebra a Pentecoste. Quest’anno la frase scelta per la Settimana di preghiera è: “È forse diviso il Cristo?” (1 Cor 1,13). Chiara Lubich era solita commentare il versetto biblico ogni volta. Per mantenere questo suo apporto proponiamo un suo testo del gennaio 2005 a commento del versetto: “Cristo, unico fondamento della Chiesa” (cf 1 Cor 3,11) che potrebbe essere un contributo ad approfondire la frase proposta quest’anno.

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Chiara Lubich e le religioni: Buddhismo

Chiara Luce, inaugurata casa per bambini

La storia Il progetto è nato in un dialogo tra amici sulle diverse problematiche del Mezzogiorno – la disoccupazione dilagante, la crisi economica che interessa particolarmente le famiglie e i giovani, l’assenza di iniziative imprenditoriali, ecc. – che ha portato all’impegno di fare qualcosa di concreto per questi problemi, ispirandosi all’Economia di Comunione. Pian piano il cerchio si è allargato, ed è nata l’idea, condivisa fra tanti, di realizzare una Casa di accoglienza per venire incontro ai bambini che vivono drammi familiari, visto che non esiste una struttura apposita a Lecce, ma neppure nelle vicine province di Taranto e Brindisi. La struttura La Casa di accoglienza è situata in una palazzina presa in affitto, che si sviluppa su 4 livelli. La struttura sarà portata avanti da una cooperativa e da un’associazione intitolata a Chiara Luce Badano per garantire che le attività che si svolgeranno siano sempre ispirate ai grandi valori di solidarietà, purezza e radicalità nell’amore che lei ha vissuto anche nella sofferenza. Le opere di adeguamento della struttura e l’arredo sono state possibili grazie all’autofinanziamento dei promotori e agli aiuti della Provvidenza. Sono già 10 le stanze arredate, insieme agli ambienti comuni e presto entreranno in funzione anche le altre. L’inaugurazione Per sostenere la comunità “Chiara Luce”, si è mobilitata l’intera città di Lecce. Il 6 dicembre la casa di accoglienza è stata presentata agli organi di informazione e alle autorità cittadine. E dieci giorni dopo, lo scorso 16 dicembre, si è svolta una serata di beneficenza presso il Teatro Politeama Greco, con la partecipazione di oltre 700 persone, dall’intrigante titolo: “Erano famosi”. Il Prefetto, il Sindaco, il Presidente della Provincia, un imprenditore, un docente universitario…  si sono prestati simpaticamente ad offrire una loro performance al pubblico. È stata una serata straordinaria, che ha divertito e commosso il pubblico. Con generosità e buona dose di ironia è stata messa in scena la “solidarietà”. Fonte: www.chiaraluce.org (altro…)

Chiara Lubich e le religioni: Buddhismo

Jerzy Ciesielski, una vita esemplare

Papa Francesco ha riconosciuto, il 18 dicembre 2013, l’esemplarità della vita di Jerzy Ciesielski (12.02.1929 – 9.10.1970), tra i primi ad accogliere e diffondere la spiritualità dei Focolari in Polonia. Nato il 12 febbraio 1929 a Cracovia, Jerzy Ciesielski consegue la laurea in ingegneria civile e, nel 1957, sposa Danuta Plebaczyk. Le nozze sono benedette dal cardinale Karol Wojtyla che accompagna gli sposi nella loro crescita spirituale. Nascono tre figli, Maria, Caterina e Pietro. Jerzy aveva conosciuto Wojtyla mentre era ancora studente presso il Politecnico di Cracovia, e poi dopo aver conseguito il dottorato e la docenza universitaria, entra a far parte di un gruppo di intellettuali che con il Cardinale proseguono un approfondimento culturale e spirituale. Nel 1968, Jerzy entra in contatto con il Movimento dei Focolari.  Colpito dall’ amore evangelico che vede vissuto tra i membri della prima comunità, ne abbraccia la spiritualità e, insieme al dott. Giuseppe Santanché, un focolarino italiano arrivato dalla DDR, si recano dal card. Wojtyla con la richiesta della sua benedizione per il nascente Movimento. «Sente la chiamata a donarsi a Dio come focolarino sposato nell’estate del 1969, dopo una ‘settimana di vacanza’ a Zakopane, località turistica sui monti Tatra»: ricorda Anna Fratta, focolarina medico che è stata testimone diretta di alcuni passaggi della vicenda umana e spirituale di Jerzy. La “settimana di vacanza” era una Mariapoli clandestina… Un incidente sul fiume Nilo in Sudan, il 9 ottobre 1970, porta via Jerzy e i figli Caterina e Pietro . Karol Wojtyla presiede i funerali; divenuto Papa, nel libro “Varcare la soglia della speranza”, descriverà Jerzy come un giovane che aspirava decisamente alla santità. «Questo era il programma della sua vita – scriveva Giovanni Paolo II –. Sapeva che era stato “creato per cose più grandi”, ma, allo stesso tempo, non aveva dubbi che la sua vocazione non era il sacerdozio o la vita religiosa». Wojtyla, nel suo scritto, mette particolarmente in luce come il matrimonio e la vita familiare siano stati considerati dal giovane la risposta ad una chiamata di Dio; ed altrettanto il suo impegno professionale, vissuto come servizio.   (altro…)