Movimento dei Focolari
S. Maria Capua Vetere ricorda Chiara Lubich

Natalia Dallapiccola: una biografia

“Mi accingo a scrivere questa biografia in punta di piedi, e non senza un certo timore” così inizia la prefazione Matilde Cocchiaro, autrice della biografia di Natalia Dallapiccola la prima a seguire Chiara Lubich. Determinante il suo ruolo nella diffusione dell’ideale dell’unità nei Paesi del Blocco Comunista, l’allora Oltrecortina e nel campo del “Dialogo Interreligioso” per i quali ha speso talenti ed energia per 30 anni, fino agli ultimi giorni della sua vita terrena. “Natalia non ha lasciato una sua storia scritta, così com’era sempre protesa ad amare e a donarsi ad ogni prossimo – conclude l’autrice –. Ho cercato quindi di ricostruirla… insostituibile il contributo delle prime e dei primi focolarini che, insieme a lei, hanno vissuto con Chiara Lubich gli albori del Movimento. Ho potuto attingere, anche ad alcuni pensieri spirituali di Natalia, molto preziosi, scritti di suo pugno spesso su foglietti volanti o trasmessi a voce a chi lavorava con lei, raccolti poi dai testimoni oculari e ricostruiti con fedeltà” . (Matilde Cocchiaro, “Natalia: la prima compagna  di  Chiara  Lubich”, Città Nuova Editrice, Roma, 2013. Collana Città Nuova Per). Per informazioni: 06.96522200 (Città Nuova Editrice). Email: info@focolare.org (altro…)

S. Maria Capua Vetere ricorda Chiara Lubich

Carceri in Italia, sviluppare la relazione

«Devo raccontare, tra i tanti, un fatterello. I ragazzi sono in corridoio che passeggiano. Uno dei nostri vede un nuovo arrivato. Ha gli occhi spaventati, immobile. Il nostro si avvicina e gli chiede: “Cosa c’è? “. L’altro è ammutolito. Lui lo capisce benissimo: è stata anche la sua esperienza. Gli dice: “Dai, vieni nella mia cella che ti offro un buon caffè! “.  Mentre lo prepara, continua: “Guarda! qui si sta bene, oggi c’è il sole e poi hai trovato un amico cosa vuoi di più dalla vita?”. Nel giorno dei colloqui sono, casualmente, tutti e due presenti nella stessa stanza. Il figlio e la moglie del nuovo arrivato si alzano e vanno a ringraziarlo per il bene che ha donato al loro familiare». È il racconto di P.B. che opera come volontario nel carcere di Padova, testimonianza di una dignità che varie storie mettono in rilievo e che nasce dai piccoli gesti quotidiani. È stata raccolta nell’ambito di un laboratorio, il primo, per gli operatori delle carceri in Italia organizzato dal Movimento Umanità Nuova (Focolari) insieme alla rete internazionale Comunione e Diritto (CeD). L’incontro si è tenuto il 9 e 10 Novembre scorsi a Castelgandolfo (RM). Cinquanta persone, tra volontari carcerari, insegnanti, un assistente sociale, una ex carcerata, un magistrato di sorveglianza, un ex presidente di tribunale ora in pensione. C’è anche un sacerdote anglicano con la moglie, che, insieme ad altri, vuole approfondire il tema. Sono loro i protagonisti di questo primo seminario: laboratorio quanto mai attuale per la situazione carceraria che vive l’Italia, e che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha recentemente denunciato. Qualche dato: 45.647 posti nelle carceri a fronte di 65.831 carcerati, più di 20.000 persone in esubero che si trovano a scontare la pena in situazioni umanamente invivibili per la mancanza di spazi e delle più elementari norme igieniche: per non parlare delle violenze e dei soprusi che notoriamente si vivono in questi ambienti. Come rispondere a questo stato di cose? «Abbiamo cercato di addentrarci nella sofferenza e, a volte, impotenza umana di fronte a queste situazioni» racconta Francesco Giubilato, assistente sociale – «abbiamo puntato così all’essenziale: la persona e la relazione. La persona con le sue sofferenze, i suoi bisogni e le aspettative del carcerato, della guardia carceraria, dell’operatore carcerario fino alle loro famiglie e alla Comunità. La relazione, quella vera, quella che allieva la solitudine ed il dolore e che a volte risana. Relazione attenta al bisogno e creativa nelle soluzioni pur nel rispetto della norma». Il programma del laboratorio ha messo in rilievo le varie esperienze che ci sono in Italia per rispondere a questa situazione. Come G.D. che ha vissuto un anno di servizio civile con l’Associazione “La fraternità” all’interno del Carcere di Montorso a Verona ed ora continua a dare la propria disponibilità all’interno dell’Associazione nel Centro di Ascolto per le famiglie dei carcerati e per le necessità degli ex carcerati. O come Alfonso Di Nicola, che lavora nelle carceri romane. Queste esperienze hanno evidenziato le criticità, legate anche alla difficoltà di relazione fra tutti i soggetti coinvolti, e al tempo stesso dimostrato come l’interazione, se è vissuta nella dimensione della fraternità, può cambiare radicalmente le persone e l’ambiente. Gianni Caso, Presidente Aggiunto Onorario emerito della Corte di Cassazione ha aperto un altro fronte che è quello dell’informazione. Informazione vera, onesta che fa crescere la coscienza dei cittadini e che la smuove fino a promuovere o modificare la legge e la sua applicazione in una dimensione di giustizia, equità e rispetto della dignità umana. (altro…)

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Rod Gorton: amarsi a vicenda, culmine della carità

Rod Gorton, focolarino sposato, il 14 novembre ci ha lasciati in seguito ad un incidente, mentre compiva un atto d’amore. Nato a Boston (USA) nel 1933, ha conosciuto l’ideale dell’unità negli anni 60. La sua infanzia è stata segnata dalla separazione dei genitori: “A sei anni mi trovavo senza papà e, a causa dell’ambiente familiare, senza Dio”. In questo periodo lo aiuta la passione per la musica. A 20 anni entra nell’Accademia Navale per diventare Ufficiale della Marina degli Stati Uniti. Il regolamento prevede l’obbligo di seguire le celebrazioni domenicali in una chiesa a scelta ed è così che Rod sente per la prima volta parlare di Dio. Gli nascono le prime domande e si chiede: “Sono tutti matti questi? O sono matto io?”. Dopo una ricerca piena di dubbi, si rende conto che dentro di sé qualcosa è cambiato: “Io credevo!”. Ma scopre presto le contraddizioni della nuova vita perché non trova persone che prendono sul serio il Vangelo. Diventato ufficiale della Marina comincia a viaggiare per il mondo. È attirato dai missionari che incontra nei vari paesi e, dopo 4 anni, entra in seminario per diventare sacerdote e missionario. Ma è ancora in ricerca…

Rod con Chiara Lubich durante la sua visita a
Loppiano nel 1971

Sul giornale Living City, trovato per caso, legge uno scritto di Chiara Lubich: “Se vuoi conquistare una città all’amore di Cristo… Prenditi degli amici che abbiano i tuoi sentimenti, unisciti con loro nel nome di Cristo… promettetevi amore perpetuo e costante…”. Ecco ciò che aveva cercato per tutta la vita. Vi trova anche l’invito ad una Mariapoli (incontro di più giorni del Movimento dei Focolari) e lì è colpito fortemente dalla realtà di famiglia che si sperimenta fra tutti: “Bianchi, neri, gialli, giovani, anziani, ricchi, poveri… il Vangelo era alla base di tutto, per tutti loro”. Nel novembre del 1966 parte per la cittadella di Loppiano, dove per 6 anni fa parte del complesso musicale Gen Rosso. È bravo a suonare la chitarra acustica, la tromba e l’armonica a bocca. Alludendo alle promesse evangeliche, scrive: “Lì ho trovato il centuplo di padri, di fratelli, di case ed in più ho conosciuto il mio Dio: Gesù nel suo abbandono. Egli (che ha trasformato il dolore in amore) ha illuminato ogni perché della mia vita ed in più ho trovato in Lui la ‘chiave’ per formare una famiglia”. Con semplicità e schiettezza Rod è sempre in donazione, attentissimo ai bisogni di ciascuno, caratteristiche che ha mantenuto tutta la vita.

La famiglia Gorton

Un giorno incontra Mazia, dell’Austria. “Con poche parole ci siamo capiti; avevamo tutti e due la stessa fiammella nel cuore: formare per Dio una famiglia”. E scrive a Chiara Lubich: “Perché ho detto di sì prima a Dio, posso dire di sì a Mazia”. Rod e Mazia si sposano nel gennaio del 1972 al Centro del Movimento, a Rocca di Papa, in un incontro di focolarini sposati. Fra i testimoni delle nozze Igino Giordani, Spartaco Lucarini e Chiara, che dà alla nuova famiglia la Parola di Vita: “Amatevi l’un l’altro come Io ho amato voi” (Gv 13,34). Dal loro matrimonio nascono Cielo, Clarence, Sara, Peter, Giovanna e Pina. Sempre disponibili e generosi donano senza misura la loro vita nelle tante iniziative della cittadella di Loppiano, dove risiedono, impegnati soprattutto ad accompagnare centinaia di famiglie che vi passano. Tante persone sono toccate dal loro amore e dalla loro testimonianza. “Ora pensiamo Rod nella gioia senza fine – scrive Maria Voce – … certi che da Lassù continuerà ad accompagnare Mazia ed i figli che tanto ha amato”. Come pensiamo che accompagnerà anche tutti noi che siamo in cammino a lavorare, come ha fatto lui, per la fraternità universale.


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S. Maria Capua Vetere ricorda Chiara Lubich

Perù: una scuola sulle Ande

«Partenza da Lima, con in mano un foglietto dove un amico mi aveva segnato le tappe principali del percorso: Trujillo, Cajamarca, Celendin e infine Bolívar. In tutto 31 ore di viaggio, le ultime 12 su strade sterrate. Il pulmino, pieno di persone stipate fra sacchi di riso e altro, arriva a destinazione alle 10 e mezzo di sera. Mentre scendiamo, un gruppo di persone intona dei canti; sembra un comitato di accoglienza e con grande stupore mi rendo conto che è lì per me! Le ultime ore di viaggio le avevo fatte al buio, senza rendermi conto di dove mi trovavo. La mattina dopo, quando mi sveglio, mi trovo davanti un panorama meraviglioso. Dico a me stesso: sono arrivato in paradiso!». A raccontare è Walter Cerchiaro, italiano, in Perù da 6 anni. Dopo quel suo primo viaggio, si è recato altre volte a Bolívar per incontrare la comunità del Movimento dei Focolari. Ora hanno sistemato qualche strada e il viaggio dura solo 25 ore! In questa cittadina a 3.200 metri di altitudine sta prendendo avvio un nuovo progetto dell’AMU (Azione Mondo Unito Onlus). Gli abitanti di Bolívar sono 2.500 circa, e altrettanti sparsi in 30 comunità su un territorio vastissimo. Il parroco di Bolívar, Don Emeterio, prete “di frontiera” e ideatore del progetto, va a visitarle 1-2 volte l’anno. A volte impiega anche 2 giorni di mula, qui è l’equivalente dell’auto (a Bolívar le auto si contano sulle dita di una mano). «Alcune persone vivono di agricoltura – racconta Walter–. Coltivano patate, fieno per gli animali; c’è anche qualche mucca da latte. C’è qualcuno che trova impiego nei posti pubblici (scuola, municipio) ma la maggior parte degli adulti va a cercare lavoro sulla costa: gli uomini come contadini, le donne a servizio in qualche famiglia. La conseguenza di questa situazione ti salta agli occhi: a Bolívar ci sono solo i bambini e gli anziani». «Don Emeterio conosce tutti e si è reso conto che molti bambini non frequentavano la scuola pubblica. La ragione è evidente: i genitori vivono in chacras (piccoli appezzamenti di terreno) e serve forza lavoro, anche le braccia dei bambini. Due anni fa il parroco ha dato inizio ad una scuola nei locali della parrocchia. Ha svolto un lavoro capillare, famiglia per famiglia, assicurando che avrebbe dato ai bambini anche un pasto. In seguito ha affittato una casa perché lo spazio non era sufficiente; in breve tempo i bambini sono diventati 80! Alcuni fanno ogni giorno ore e ore di strada a piedi per arrivare. In Perù il governo assicura il pagamento degli stipendi degli insegnanti anche nelle scuole private, se si danno garanzie adeguate; la scuola già riceve questi sussidi. C’è però la necessità di rendere stabile, sicuro lo svolgimento delle attività scolastiche, e il fatto di avere dei locali in affitto non facilita le cose. Già dopo i primi 3 mesi di attività, ad esempio, si è dovuto cambiar casa, perché il proprietario ne aveva bisogno. Il progetto ha l’obiettivo di garantire la continuità delle attività scolastiche; per questo sarà costruita una nuova scuola, composta da 11 aule più la segreteria. Sarà frequentata da circa 250 fra bambini e ragazzi e comprenderà sia la scuola primaria che quella secondaria. Il terreno per la costruzione c’è già, è quello della parrocchia. È piuttosto vasto e si presta molto bene». «Non c’è competizione con la scuola pubblica perché si è consapevoli di non riuscire ad arrivare a tutti. Non c’è un personale disponibile che possa andare di famiglia in famiglia a fare il lavoro di sensibilizzazione che ha fatto don Emeterio». «Poi – conclude Walter – si intravvede già un altro obiettivo. C’è una fascia di territorio più ampia e lontana, da cui i bambini non possono arrivare a scuola neppure con lunghe ore di cammino. Per loro sarebbe necessario un ambiente protetto, una casa-famiglia che li ospiti, con personale qualificato. Un sogno? Forse, o, più semplicemente, una seconda fase del progetto. Vedremo!». Fonte: AMU Notizie n. 4/2013 Info: www.amu-it.eu (altro…)

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Emergenza Filippine/2

Si contano ancora le vittime, gli sfollati e i feriti che la tempesta Hayan ha lasciato dietro di sé in molte località delle Filippine. «Qua a Manila abbiamo avuto vento molto forte che ha spazzato via il tetto delle abitazioni. Molte persone hanno le case distrutte, ma questo è niente in confronto a quello che è successo a Tacloban City e Cebu City. Stiamo cercando di fare qualcosa di concreto per loro». A scrivere è Tita, referente del Progetto Bukas Palad di AFN Onlus, che sorge nei quartieri di Tramo e Tambo della capitale. Nato nel 1987 grazie ad un gruppo di medici, dentisti e infermieri dei Focolari, coadiuvati da persone del posto, svolge attualmente 12 diversi programmi di sviluppo per l’infanzia (istruzione materna ed elementare, alimentazione, interventi sanitari, attività ricreative). Inoltre si offre sostegno alle famiglie, accompagnamento psicologico, microcredito per un miglioramento abitativo e gestisce un centro sociale con ambulatori e laboratori di diverso tipo. «Andremo a distribuire nelle città di Sigma e Aklan: cibo, vestiti, beni di primo soccorso – scrive Ding, focolarina di Cebu –. Abbiamo ritenuto importante far partire al più presto la ricostruzione delle case, che sono state completamente distrutte in queste due città». Un’azione che sarà portata avanti grazie alla collaborazione di Azione per Famiglie Nuove e AMU (Azione per un Mondo Unito). «Vogliamo informare i sostenitori dei bambini del Sostegno a Distanza di Tambo, Tramo, Sulyap e La Union – continua Tita – che fortunatamente Metro Manila e Luzon sono state risparmiate dal tifone. Le nostre comunità locali stanno aiutando le vittime attraverso varie iniziative: un segno concreto di amore e solidarietà fra tutti». «Stavamo appena riprendendoci dal terremoto, che è arrivato questo terribile tifone!» – scrive Gina, del progetto di solidarietà di Mabolo, sempre a Cebù –. Il tifone ha colpito in particolare l’isola di Leyte e Samar producendo una vera devastazione. I morti non si contano… e manca tutto, tutto!! Stiamo pregando che gli aiuti arrivino e si possano distribuire, perché le strade sono impraticabili. A Tacloban, il capoluogo dell’isola di Leyte, ci sono tanti membri dei Focolari. Ringraziando Dio, stiamo scoprendo via via che sono vivi!». «Di alcune persone ancora non abbiamo notizie – fa sapere Alessandra, anche lei focolarina di Cebu –, ma le ricerche vanno avanti. Non è facile perché non ci sono comunicazioni, mezzi di trasporto e non c’è sicurezza. La gente è disperata e molti hanno preso d’assalto i negozi per prendere cibo e beni necessari. La mia esperienza più forte è quella di condividere da vicino il dolore di tante persone, la sospensione dolorosa di non avere notizie dei propri cari, la perdita di tutto. Sullo sfondo di questo, emerge così forte l’amore che ci lega, l’aiuto concreto che possiamo dare gli uni agli altri». A Tagaytay, Salib è la referente del progetto che offre alimentazione, prevenzione e cure mediche; è attiva anche una scuola materna e un Centro Sociale: «Grazie a tutte le preghiere, cominciando da quella del Santo Padre, siamo sani e salvi. Tante persone hanno perso tutto, e mancano acqua e cibo. «A Davao, sud delle Filippine, stiamo tutti bene – rassicura Mercy, che coordina il progetto del quartiere di San Isidor –. Abbiamo saputo questa mattina che alcuni nostri amici sono salvi, ma non sappiamo ancora di tutti…». Per chi desidera far giungere il proprio aiuto: Associazione Azione per un Mondo Unito – Onlus presso Banca Popolare Etica, filiale di Roma Codice IBAN: IT16G0501803200000000120434 Codice SWIFT/BIC CCRTIT2184D Causale: emergenza tifone Haiyan Filippine AZIONE per FAMIGLIE NUOVE Onlus c/c bancario n° 1000/1060 BANCA PROSSIMA Cod. IBAN: IT 55 K 03359 01600 100000001060 Cod. Bic – Swift: BCITITMX

MOVIMENTO DEI FOCOLARI A CEBU Payable to : Emergency Typhoon Haiyan Philippines METROPOLITAN BANK & TRUST COMPANY Cebu – Guadalupe Branch 6000 Cebu City – Cebu, Philippines Tel: 0063-32-2533728 Bank Account name:  WORK OF MARY/FOCOLARE MOVEMENT FOR WOMEN Euro Bank Account no.:  398-2-39860031-7 SWIFT Code:  MBTCPHMM Causale: emergenza tifone Haiyan Filippine Email: focolaremovementcebf@gmail.com Tel. 0063 (032) 345 1563 – 2537883 – 2536407
Leggi anche: Filippine dopo il tifone (Città Nuova online)

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Viaggio a Cuba

«Cuba è un paese bellissimo. Vi si respira l’aria di un paese che era fiorente negli anni ’50. A parte qualche edificio e qualche quartiere restaurato nel centro dell’Avana e delle altre città, girando per le strade si nota uno stato di abbandono». Agostino e Marisa raccontano qualcosa del loro viaggio a Cuba. Sono una famiglia dei Focolari di Vicenza che, dopo aver vissuto 11 anni nella Repubblica Dominicana, adesso risiede nei pressi di Roma. «Potremmo dire di aver vissuto quei giorni a Cuba in una costante commozione per l’autenticità della vita che abbiamo trovato nelle persone. Vita eroica oseremmo dire, per la situazione in cui si trovano a vivere. Una famiglia ci raccontava che, con fatica, aveva accantonato 20 $ per comprare un paio di scarpe ad uno dei bambini. Un sabato pomeriggio erano usciti per comprarle ma, a quel prezzo, non avevano trovato niente che valesse la pena e avevano deciso di rinunciare per il momento. Di ritorno a casa, hanno trovato una famiglia molto povera, papà mamma e un bambino con le scarpe distrutte. Si sono guardati e, insieme, hanno deciso di dare una parte di quei soldi per le scarpe di quel bambino; non sarebbero state di gran qualità, ma sicuramente migliori di quelle che stava calzando. Qualche giorno dopo è venuta a trovarli la nonna con una busta; le erano arrivati dei soldi da dei parenti e aveva pensato di condividerne una parte per le loro necessità. Era proprio la somma che mancava per poter comperare le scarpe al loro bambino. Abbiamo percorso circa 3.000 km con i mezzi di trasporto più vari. Nelle città ci muovevamo a piedi, in bicicletta, con calesse e cavallo, con bici-taxi. A Cienfuegos, Santiago de Cuba, Camaguey, Florìda, Holguin, Banes ci siamo trovati con gruppi di famiglie, anche di fidanzati, per approfondire la spiritualità dell’unità, con particolare attenzione ai riflessi nella vita di famiglia. Fra i presenti c’era anche chi non aveva una fede religiosa; ma erano proprio questi a sottolineare che questa spiritualità è per tutti. Siamo stati a pranzo e cena da tante famiglie amiche. Che bell’esperienza entrare nelle loro case e condividere la loro vita! Ci hanno raccontato tanti episodi di amore concreto. Come una famiglia che è andata a trovare una coppia che aveva  avuto da poco un bambino: si è accorta che stavano terminando lo zucchero che mensilmente ricevono dallo Stato; comperarne dell’altro sarebbe stato molto costoso. Tornati a casa, hanno preso quanto rimaneva loro e gliel’hanno portato tutto. Questa coppia, sorpresa, ha esclamato: “Ma voi adesso come fate?”. La sera stessa ha bussato a casa la nonna; portava dello zucchero che non poteva consumare per motivi di salute. Nel cercare di condividere le gioie e le fatiche dei nostri nuovi amici, abbiamo capito del perchè questa spiritualità è nata durante i tempi di guerra. Chiara Lubich infatti non ha aspettato “tempi migliori” per cominciare ad amare con i fatti, ma ha cominciato proprio in mezzo alle difficoltà. È stata una conferma che è possibile vivere il Vangelo in tutte le situazioni». (altro…)

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Quando si vive il Vangelo/2

Insieme è possibile Alcuni dei miei compagni di liceo venivano dalle borgate, da uno stato di emarginazione, avevano fatto le peggiori esperienze. Ho vissuto un primo anno difficile, da isolato. Dopo aver fatto amicizia con ragazzo che, come me, voleva vivere da cristiano, ci siamo messi d’accordo per rivolgerci soprattutto ai compagni più poveri o sommersi da gravi problemi. Davanti alla nostra scuola c’era una comunità di handicappati. Abbiamo sentito la spinta ad andare anche da loro per aiutarli e farli sentire meno soli e disgraziati, e abbiamo coinvolto in questa esperienza alcuni nostri compagni. Gli ultimi due anni di liceo sono stati veramente ricchi di esperienze belle per tutti. (G.Z. – Italia) La foto più bella Sono fotografo di professione ed ho sempre guardato tutto e tutti con l’occhio del mestiere. Ho sempre guardato persone e cose attorno come se mi appartenessero. Cosa c’entrano Dio e l’amore con la fotografia? Eppure qualcosa non mi soddisfa più del mio lavoro. Un giorno a un congresso sto per scattare la foto più bella della mia vita (pensiamo sempre così noi fotografi!), quando qualcuno mi tocca sulla spalla chiamandomi per nome. È quasi un aut-aut: scatto o rispondo a chi può avere bisogno di me in questo momento? Un attimo di sospensione e lascio l’obiettivo. Una gioia profonda mi invade. (M. T.- Argentina) Due borse Per strada abbiamo incontrato una ragazza disperata: la madre era andata via lasciandole i soldi solo per tre giorni, mentre ormai era passata più di una settimana e non era ancora ritornata. Abbiamo deciso di aiutarla, dandole tutto quanto in quel momento avevamo con noi. Lei è rimasta stupita e felice di questo gesto, perché così ha potuto dare da mangiare ai suoi due fratelli. Arrivati a casa, sono venute a trovarci delle suore con due borse piene di alimenti per noi: molto più di quanto avevamo dato. Abbiamo visto realizzata la frase del Vangelo: «Date e vi sarà dato». (O. M. F.-Bolivia) Fonte: Il Vangelo del giorno, novembre 2013, Città Nuova Editrice. (altro…)

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Africa: Presi dal mistero

«Ho amato la pioggia torrenziale e il vento degli uragani che all’equatore piombano improvvisi, nel mese di marzo, investendo con la loro furia tutto quello che incontrano. È una furia che fa giustizia e ristabilisce l’equilibrio in quel pezzetto di creato: i rami di un albero che sono cresciuti troppo si spezzano; le palme che sono diventate troppo alte, si schiantano lasciando un moncone… come un cippo funerario; i nidi non sufficientemente ancorati volano nel fiume così come qualche tetto di casa; i tuoni e i fulmini, che si susseguono sempre più forti, sembrano avercela con qualcuno; l’acqua penetra col vento dalle porte, dalle finestre, dai tetti… È la natura che arriva, che riporta all’origine l’opera delle creature, che ricorda a tutti che siamo nudi e che nulla ci appartiene…. questa forza mi è apparsa sempre come un ritorno benefico alle origini. Non mi faceva paura, anzi mi dava pace. Era come un rinnovato incontro con il Creatore che ti toglie il superfluo per ricordarti che tutto è vanità. Ho amato il fango che, nella stagione delle piogge, è la realtà onnipresente con cui ti devi confrontare, sia che cammini a piedi, sia che corri in macchina. Qualsiasi cosa tocchi ci lasci sopra l’impronta rossastra del fango che ti accompagna – o che ti ossessiona, se non lo ami: i libri, le scarpe, i vestiti… persino il pane e i capelli. Ma, se lo ami, ti fa sorridere, diviene come un amico.

Da sinistra: Lucio Dal Soglio, Georges Mani, Dominic Nyukilim, Teresina Tumuhairwe, Benedict Murac Manjo, Marilen Holzhauser, d. Adolfo Raggio,
Nicolette Manka Ndingsa

Ho amato la polvere. Se uno non lo prova, non può sapere cosa sia la polvere in Africa. La polvere durante la stagione secca è nell’atmosfera. È il deserto che arriva con una minaccia premonitrice: l’harmattan, il vento violentissimo che spazza la zona sub-sahariana tra ottobre e marzo, oscurando il sole, avvolgendo uomini e cose in un pulviscolo radiante calore e bagliore accecante. È la polvere, quella delle strade, dei campi secchi, che viene sollevata dall’harmattan e si confonde con lui, che fa del creato una palla infuocata. La tentazione è quella di ribellarsi, di scappare, di nascondersi da qualche parte, di protestare. Ma protestare presso chi? Nascondersi dove? Come al solito l’unica protesta possibile è quella verso noi stessi: bisogna cambiare gli occhi, amare la polvere. Io la chiamavo la polvere “sterile”, lasciavo che entrasse nelle narici e nei bronchi. Già, non poteva far male, perché era… sterile. Ho lasciato che seccasse le mie labbra fino a farle rompere e che facesse uscire il sangue dal naso. Già, era la mia polvere d’Africa! «Ho amato l’umidità e la muffa. La muffa che rammollisce tutto e fa staccare persino le suole delle scarpe. L’odore di muffa grassa e soffocante che ti viene addosso quando apri un armadio, che porti con te assieme alla tua camicia, che respiri in un’aula scolastica o in una chiesa. La muffa è un “compound” che ingloba tutti gli odori, è la percezione permanente del degrado delle cose. Col tempo ho imparato a capire e ad amare tutte queste cose. Amandole mi sono scoperto parte di esse e non ho mai cercato di distaccarmene». (Lucio Dal Soglio: “Presi dal mistero, agli albori dei Focolari in Africa”, Città Nuova editrice, Roma, 2013). Per informazioni: 06.94798193 (Movimento dei Focolari) 06.96522200 (Città Nuova Editrice). Email: info@focolare.org (altro…)

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Sophia: primo dottorato “congiunto”

L’aula magna dell’Istituto Universitario Sophia (IUS), la mattina del 28 ottobre scorso, era gremita e festosa come nelle grandi occasioni. Infatti si svolgeva il primo dottorato assegnato congiuntamente da due atenei accademici: la Pontificia Università Lateranense e lo IUS. Si è trattato del dottorato in virtù del quale Don Stefano Mazzer, salesiano, ha conseguito contemporaneamente il dottorato in Teologia conferito dal Laterano e quello in Cultura dell’Unità conferito dallo IUS. Egli ha sostenuto con passione la discussione della sua tesi: “Li amò fino alla fine”. Per una fenomenologia teologica del non dell’amore: percorsi storici e prospettive sistematiche”. Attraverso una rigorosa e coinvolgente carrellata storica che ripropone il tracciato del pensiero filosofico occidentale da Parmenide a Schelling e quello della mistica cristiana da Francesco d’Assisi a Chiara Lubich, Mazzer giunge ad illustrare la novità dell’amore vissuto da Gesù nel suo abbandono sulla croce come apertura di uno spazio nuovo di rapporto tra l’io e il suo altro, in Dio e nel mondo. Si tratta – argomenta – di quella “trinitizzazione” (così l’ha definita Chiara Lubich) dei legami che è, al tempo stesso, «dono proveniente dalla Trinità in virtù dell’incarnazione del Figlio e della sua morte e risurrezione» e «reale esperienza della partecipazione alla vita stessa di Dio» nel dispiegarsi dei rapporti interpersonali. Erano presenti, a sottolineare la singolare valenza accademica dell’evento, il Copresidente del Movimento dei Focolari, Don Giancarlo Faletti, il vescovo di Limerick (Irlanda) Brendan Leahy, Professore di Ecclesiologia presso lo IUS, il Prof. Andrea Bozzolo, Preside della Sezione torinese della Facoltà di Teologia dell’UPS, tra gli altri. Come ha sottolineato il Preside dello IUS, Mons. Piero Coda, lo spessore della ricerca e la sua qualità esistenziale e interdisciplinare oltreché teologica fanno della tesi di Mazzer, che presto vedrà la pubblicazione, il più felice e appropriato esordio per i dottorati in teologia in sinergia tra lo IUS e Facoltà di Teologia come quella del Laterano. Simili accordi di dottorato congiunto sono già in vigore, infatti, con la Facoltà Teologica dell’Italia Centrale (Firenze), la Facoltà Teologica Pugliese (Bari), e la Facoltà di Teologia di San Miguel (Buenos Aires, Argentina). Fonte: Istituto universitario Sophia online (altro…)

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Filippine colpite dal tifone Haiyan

«C’è bisogno di tutto, perché la città di Tacloban praticamente non esiste più». È la notizia che ci arriva direttamente dalla comunità dei Focolari nelle Filippine in queste ore drammatiche dopo il passaggio del tifone Haiyan e la distruzione che ha portato lo scorso 9 novembre, in particolare nelle isole di Leyte e Samar. È uno dei più violenti tifoni della storia: comunicazioni ed elettricità sono interrotte in molte zone e con il passare delle ore il bilancio si aggrava. Tacloban è la città più colpita. Capoluogo della provincia di Leyte, isola al centro sud ovest, su 200.000 abitanti, sono oltre 10.000 i morti stimati, e il numero sembra destinato a salire. In questa città, come in tante altre isole, è presente una comunità dei Focolari. Tanti centri abitati sono irraggiungibili: «Dalle altre isole stiamo cercando di metterci in contatto e di portare i soccorsi, ma le comunicazioni sono ancora difficili», scrivono Carlo Gentile e Ding Dalisay da Cebu. «Una focolarina medico, Himmel, insieme a Rey e Ladyliz hanno tentato di raggiungere Tacloban attraverso il porto di Ormoc, sempre sull’isola di Leyte, ma anche questa città è completamente distrutta e tutte le strade impraticabili». «La sera del 10 novembre alcuni giovani gen di Tacloban, che si trovavano a Cebu al momento del tifone, sono partiti con una nave della guardia costiera, per andare a verificare come stanno i loro famigliari e rendersi conto della situazione. Ma per le correnti costiere ha dovuto cambiare rotta ed è arrivata dopo 18 ore di navigazione anzichè 5». «Anche altre famiglie di persone con cui siamo in contatto nell’isola di Panay, sempre sulla traiettoria del tifone, hanno avuto la casa o distrutta o fortemente danneggiata». La regione centrale delle Filippine, con l’arcipelago delle Visayas, è tra quelle più a rischio per la frequenza delle tempeste tropicali. Consapevole del rischio, il governo aveva fatto evacuare 600.000 persone e  – come scrivono ancora da Cebu – «aveva fatto il possibile per coscientizzare le persone e cooperare al massimo alla preparazione dei rifugi. L’arcivescovo di Cebu, mons. Palma, aveva invitato tutti a pregare, per chiedere aiuto a Dio. Grazie a tutto questo sembra che i danni alle persone siano minori di altre volte, anche se il numero dei morti è purtroppo destinato a salire». E in tutto il mondo si attiva la solidarietà, sollecitati anche dalla preghiera di Papa Francesco all’Angelus di domenica. «A Cebu ci stanno già arrivando aiuti da tutte le parti delle Filippine, e anche da fuori (Hong Kong, Giordania…)». Si possono far arrivare gli aiuti per l’emergenza Filippine attraverso i seguenti conti correnti: Associazione Azione per un Mondo Unito – Onlus presso Banca Popolare Etica, filiale di Roma Codice IBAN: IT16G0501803200000000120434 Codice SWIFT/BIC CCRTIT2184D Causale: emergenza tifone Haiyan Filippine AZIONE per FAMIGLIE NUOVE Onlus c/c bancario n° 1000/1060 BANCA PROSSIMA Cod. IBAN: IT 55 K 03359 01600 100000001060 Cod. Bic – Swift: BCITITMX

MOVIMENTO DEI FOCOLARI A CEBU Payable to : Emergency Typhoon Haiyan Philippines METROPOLITAN BANK & TRUST COMPANY Cebu – Guadalupe Branch 6000 Cebu City – Cebu, Philippines Tel: 0063-32-2533728 Bank Account name:  WORK OF MARY/FOCOLARE MOVEMENT FOR WOMEN Euro Bank Account no.:  398-2-39860031-7 SWIFT Code:  MBTCPHMM Payable to:  Help Philippines– Typhoon Haiyan Email: focolaremovementcebf@gmail.com Tel. 0063 (032) 345 1563 – 2537883 – 2536407Leggi anche:Filippine dopo il tifone (Città Nuova online) Caritas Asia, la Chiesa attiva negli aiuti (Agenzia Fides)

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S. Maria Capua Vetere ricorda Chiara Lubich

Filippine: quando tutto crolla

«Vedendo gli effetti devastanti del terremoto che ha colpito le Filippine  il 15 ottobre scorso – di magnitudo 7.2 in alcune isole delle -, ci siamo dati da fare per aiutare le vittime. In particolare desideravamo far sentire loro l’amore di Dio, anche in questi momenti in cui sembra sia perduta ogni speranza. In un primo momento, avevamo paura per le scosse di assestamento che continuavano a verificarsi ma, ben presto, ci siamo resi conto che era una piccola cosa rispetto alla sofferenza delle famiglie che avevano perso tutto: le case e le persone care. Con il sostegno della comunità locale dei Focolari, siamo andati a Bohol (la zona colpita dal terremoto). Eravamo circa 15 Giovani per un Mondo Unito (GMU) ed alcuni adulti da Manila e Cebu. Abbiamo preparato 200 sacchi contenenti ciò di cui avevano più bisogno (stuoie, coperte e materiali per la fabbricazione di tende) e ci siamo messi in viaggio nel lungo tragitto per arrivare a destinazione: Sandigan Island, dove gli aiuti difficilmente arrivano. Con noi avevamo 200 litri di acqua, i 200 sacchi preparati la sera prima, biscotti e altri generi di prima necessità. Un momento difficile e faticoso è stato quando abbiamo dovuto attraversare un sentiero stretto e ripido di montagna, portando dai camion tutti i pacchi fino alle barche che ci avrebbero portato sull’isola. Ci sono volute diverse ore, fino alla mezzanotte; e dopo, abbiamo dovuto spingere le barche a causa della bassa marea. Ma la decisione di aiutare queste persone, pensando di farlo a Gesù che si è identificato con i più sofferenti, ci ha fatto superare le avversità. Siamo andati 6 km nell’entroterra di Brgy Canigaan. Mancava l’approvvigionamento idrico perché i tubi dell’acqua erano stati distrutti dal terremoto, così come le case. Per cui la maggior parte dei residenti dormivano all’aperto, nelle tende, anche per la paura delle continue scosse di assestamento. Era uno spettacolo straziante. Ci siamo ricordati che eravamo lì per sostenerli ed aiutarli, e così la distribuzione dell’acqua e dei pacchetti è avvenuta in un’atmosfera festosa. Abbiamo anche creato uno spazio per permettere ai bambini di raccontare le proprie esperienze traumatiche vissute durante il terremoto e abbiamo giocato con loro, insieme alle loro mamme, che hanno dimenticato, almeno per un po’, ciò che stanno attraversando. Un anziano ci ha raccontato come aveva vissuto la tragedia. Stava pescando quando il terremoto è avvenuto. Era terrorizzato mentre vedeva la sua città tremare per le violentissime scosse. Era da solo, l’acqua molto agitata, con mulinelli e grandi ondate. Ha anche visto una piccola isola spuntare in mezzo al mare… Ringraziava Dio per il miracolo di essere sopravvissuto, nonostante la sua casa fosse distrutta. Gli abbiamo offerto un cuscino morbido: un piccolo gesto che l’ha commosso fino alle lacrime. Abbiamo rinunciato alle nostre vacanze e dovuto superare anche la barriera linguistica e altre difficoltà, ma sentiamo che ne è proprio valsa la pena! Sarà ancora lunga la strada da percorrere per tornare alla normalità, ma vedere i sorrisi sui volti di queste persone, ci ha dato la conferma che l’amore di Dio rimane anche quando tutto il resto viene distrutto». A cura della Segreteria dei GMU di Manila (altro…)

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Burkina Faso: “Festival des jeunes”

«Al momento di cominciare il “Festival des jeunes”, nel grande teatro all’aperto di Bobo-Dioulasso, moderno e bello, è mancata l’elettricità… ed eravamo in 420!». È il racconto dell’incerto inizio della gioiosa manifestazione del 19 ottobre scorso, organizzata dai Giovani per un mondo unito del Burkina Faso. Infatti, nella città l’energia elettricità viene distribuita per settori, e proprio a quell’ora corrispondeva il black out nel luogo dove si svolgeva lo spettacolo. “Quando ce ne siamo accorti – raccontano i giovani – siamo andati di corsa alla Società di distribuzione d’energia elettrica nel Paese e per fortuna, quando hanno conosciuto il motivo, è stato subito accettato il cambio di turno, evitando che mancasse l’elettricità per la durata di tutto l’evento”. “È stato molto bello – confida Omar, dei giovani per un mondo unito musulmano – il tempo di preparazione del Festival: quattro mesi di lavoro insieme, superando ogni volta le nostre diversità”. Poi, è arrivato finalmente il giorno della manifestazione. “La sorpresa era già iniziata la mattina alla conferenza stampa – spiega Liberata –: ci siamo trovati con circa 150 persone, tra cui il vicario generale e il vice sindaco di uno dei Cantoni di Bobo-Dioulasso, e la copertura della radio e della televisione”. “E anche i 420 partecipanti allo spettacolo – continua – sono stati una sorpresa, perché in genere per i concerti, anche importanti, non si arriva quasi mai a quel numero”. Tra i giovani c’erano musulmani, membri della Comunità di Sant’Egidio, cristiani di diverse Chiese e rappresentanti delle religioni tradizionali. Erano anche presenti il vicario episcopale, il vice sindaco, il rappresentante del governatore, il pastore presidente dell’associazione delle Chiese Protestanti e quello delle Chiese delle Assemblee di Dio. “In breve si è creato un bel dialogo tra gli animatori ed il pubblico; un clima di famiglia, anche attraverso le esperienze raccontate dai giovani per un mondo unito”, racconta Richard. E aggiunge: “Abbiamo letto quanto ci aveva scritto Maria Voce nel suo messaggio con l’invito a diffondere intorno a noi la cultura della pace e dell’unità perché l’amore trionfi sull’odio e perché le guerre spariscano. Sono state parole accolte con molta attenzione dai giovani presenti”. Il programma si è snodato fra canzoni, danze e belle coreografie realizzate, oltre che dai giovani per un mondo unito, dal gruppo artistico “Titiama” e dai ragazzi protestanti. Mme Toussy, una cantante famosa in Burkina Faso, ha intonato la canzone “amiamoci”; quindi, un cantante del Togo ha interpretato una sua canzone sulla pace. Commovente il discorso di un signore musulmano, figlio di un Iman ex presidente delle comunità musulmane del Burkina, il quale ha incoraggiato i presenti a non mollare davanti alle difficoltà che possono sorgere nei rapporti fra cristiani e musulmani. Ed ha concluso dicendo che “il Movimento dei Focolari è una corrente d’amore senza proselitismo, ma che desidera creare un mondo di fraternità”. “Mi trovo davanti a qualcosa che supera il mio pensiero: non immaginavo che sarebbe stato così bello, altrimenti avrei invitato tutti i giovani della mia Chiesa”, ha detto uno dei Pastori presenti. Infatti, i partecipanti sono partiti tutti nella gioia, desiderosi di portare avanti l’ideale della fraternità che conduce alla pace e all’unità. “Lavorando insieme ci siamo accorti che questa fraternità è troppo bella per restare solo fra noi”, ha commentato un giovane della Comunità di Sant’Egidio. La televisione nazionale ha diffuso più volte parte dell’evento, durante il telegiornale; la radio ha continuato per due giorni di seguito a trasmettere brani del concerto. “Ora – spiegano con entusiasmo i giovani per un mondo unito –, vogliamo impegnarci a continuare la collaborazione e il dialogo fra di noi, in questo clima di apertura reciproca. E per la prossima edizione vogliamo riempire lo stadio”. (altro…)

S. Maria Capua Vetere ricorda Chiara Lubich

Abbiamo creduto all’amore

Di prossima pubblicazione il libro “Abbiamo creduto all’amore” di Gaetano Minuta (Città Nuova, 2013): i primi compagni e compagne di Chiara Lubich raccontano i primi giorni del Movimento dei Focolari. Pubblichiamo qui in anteprima una pagina del primo capitolo: Il Movimento dei Focolari ha fissato al 7 dicembre 1943 la data della sua nascita, perché quel giorno è avvenuta la consacrazione di Chiara Lubich a Dio o, come diceva lei, il suo «sposalizio con Dio». Quello che è successo dopo, nel giro di pochi mesi, comprova che quel gesto aprì un sigillo che permise a lei e alle sue prime compagne di comprendere e sperimentare che le parole di Gesù erano attuali e la loro vita divenne l’annuncio coraggioso e gioioso «Egli è vivo!». Emmaus Maria Voce, succeduta a Chiara alla presidenza del Movimento dei Focolari, concludendo nel settembre del 2011, a Londra, durante un incontro ecumenico di vescovi, una conversazione sulla Parola di Dio applicata alla vita, diceva: Di fronte al relativismo che rende sempre più oscuro e insignificante ogni tentativo di spiegare la verità, di dare una dimostrazione teorica o logica della verità, lo Spirito Santo sembra averci suggerito forse l’unico annuncio che non ammette discussione: l’esperienza vissuta. L’esperienza vissuta può essere capita o non capita, può suscitare simpatia o avversione, può attrarre o respingere, ma non può essere messa in dubbio. È un’esperienza, è vita. La “scoperta”, l’Ideale, come si usa dire nel Movimento dei Focolari, non fu solo costatare la verità del Vangelo, ma il fatto che le parole di Gesù, essendo applicabili a tutte le situazioni dell’esistenza, attestavano che lui poteva essere un compagno di viaggio e vivere la vita secondo il progetto di Dio, facendo la volontà del Padre, come Gesù. Paradossalmente, più si abbandonavano a fare la volontà del Padre, più scoprivano come avere in mano le redini della propria vita. In una lettera di quei “primi tempi” Chiara confidava: Vedi, io sono una creatura che passa per questo mondo. Ho visto tante cose belle e buone e sono sempre stata attratta da quelle. Un giorno (indefinito giorno) ho visto una luce. Mi parve più bella delle altre cose belle e la seguii. Mi accorsi che era la Verità. Questo segnò la vita di Chiara e, ad una ad una, la vita dei seguaci, delineando una nuova vocazione. Un preannuncio era avvenuto a Loreto, proprio in quella “casetta” trasportata nelle Marche da Nazareth dove, secondo la tradizione, avrebbe vissuto Gesù con Maria e Giuseppe. Silvia Lubich (il nome Chiara lo prenderà qualche anno dopo, come terziaria francescana) vi si era recata nel 1939 per un incontro dell’Azione Cattolica di cui faceva parte. Giovanni Paolo II parlò di quella famiglia al Te Deum del 31 dicembre 1978: La nascita di Gesù […] ha dato inizio a questa Famiglia unica ed eccezionale nella storia dell’umanità; in questa Famiglia è venuto al mondo, è cresciuto ed è stato educato il Figlio di Dio, concepito e nato dalla Madre-Vergine, e contemporaneamente affidato, dall’inizio, alle cure autenticamente paterne di Giuseppe, falegname di Nazareth, il quale dinanzi alla legge ebraica fu marito di Maria, e dinanzi allo Spirito Santo fu degno suo sposo e il tutore, veramente a modo paterno, del materno mistero della sua Sposa. La “vocazione” che si definì nel giro di pochi anni fu di vivere alla presenza di Gesù 24 ore su 24. Qualche mese prima di quel 7 dicembre 1943, Chiara rivelò a Dori Zamboni, cui dava lezioni private, un progetto: «Sai, noi vogliamo fare una cosa nuova. Non so se tu hai mai visto un chiostro con tutte le colonne. Ecco, noi vogliamo fare un chiostro, dove le colonne sono persone vive e in mezzo al giardino che loro racchiudono c’è una sorgente d’acqua viva: Gesù». La convinzione e l’entusiasmo della Lubich dovevano essere contagiosi se a Dori «quel “noi” non diceva nulla. Non mi interessava chi fossero quel “noi”, mi interessava che ci fossi anch’io. Volevo anch’io essere in quel monastero di cielo». A Montreux, l’11 agosto 1990, Chiara ricordò che tutto era cominciato dalla scoperta che Dio è innanzitutto Padre. fonte: Città Nuova editrice (altro…)

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Brasile: La fraternità in azione

“Periferie esistenziali”, le due parole che più sono risuonate in questi giorni al seminario che dal 21 al 24 ottobre ha visto riuniti dal Brasile e da altri 12 Paesi dell’America Latina, rappresentanti di oltre 40 organizzazioni sociali nate dal carisma dell’unità dei Focolari. Dallo scambio di esperienze, l’incontro con le periferie continuamente sollecitato da Papa Francesco, appariva già in atto da anni là dove il narcotraffico semina morte specie tra i giovani; dove i bambini in tenerissima età vivono in strada; dove i contadini, per mancanza di sussistenza emigrano nelle città, moltiplicando le favelas. E potremmo proseguire. Toccanti le storie di chi sta operando nelle più diverse organizzazioni di riscatto sociale, non senza enormi difficoltà a causa della scarsità di risorse materiali ed umane. Di qui l’esigenza di mettersi in rete, per uno scambio permanente di esperienze, problematiche, risorse. Le organizzazioni sociali dei paesi di lingua spagnola hanno lanciato il sito www.sumafraternidad.org per tessere una rete che tende ad estendersi; anche nelle altre espressioni dei Focolari nate nell’economia, nella politica, nel campo dell’educazione, del diritto, della famiglia e tra i giovani. “Sumafraternidad.org è molto più di una semplice piattaforma crowdfunding – dicono i creatori del supporto digitale –; ciò a cui veramente puntiamo è a generare, attraverso questo strumento, vincoli che ci trasformino”. Con l’obiettivo di avere una maggiore incidenza nella trasformazione sociale. Il seminario “La fraternità in azione: fondamento per la coesione sociale nel XXI secolo, si è confrontato con il panorama socio-politico del continente a tutt’oggi piagato dal deficit di coesione sociale che provoca esclusione, e profonde disuguaglianze, come ha sostenuto il politologo argentino Juan Esteban Belderrain. Con l’uruguaiana Susana Nuin, della Commissione delle comunicazione del Celam, sono stati approfonditi gli aspetti della dottrina sociale della Chiesa connessi con la problematica latinoamericana. Il confronto con le potenzialità di trasformazione del carisma dell’unità radicato nel pensiero di Chiara Lubich, ha rimesso a fuoco il “farsi l’altro”, definito dalla sociologa brasiliana Vera Araujo quale metodo evangelico indispensabile per costruire relazioni; l’orizzonte della fraternità che impone l’abbattimento delle disuguaglianze; Gesù crocefisso e abbandonato, “che si è identificato con tutti i crocefissi della terra” e “apre sempre nuovi spazi di resurrezione”. “É questo grido – aveva detto Padre Vilson Groh, da anni impegnato nel riscatto dei giovani delle periferie – che ci fa entrare nell’abbandono degli esclusi, ci fa capaci di entrare in comunione con loro e non permette che ci abituiamo alle ingiustizie sociali”. Dal coro di voci sono emersi interrogativi inquietanti: “Non riteniamo forse normale che nel continente continuino a sussistere forti squilibri sociali? Non abbiamo messo a tacere la nostra coscienza, perché c’è già chi è impegnato in prima persona a portare soluzione a questi drammi? E’ stato un forte richiamo ad una nuova assunzione di responsabilità collettiva. (altro…)

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Custodi del dono di Dio

IL PROGETTO: Caritas Italiana propone un itinerario per vivere il tempo di dell’Avvento e del Natale 2013 imparando a sperimentare la carità con gesti di condivisione e solidarietà che aiutino a testimoniare concretamente l’amore di Gesù. Il Kit comprende: OPUSCOLO PER LE FAMIGLIE: CUSTODI DEL DONO DI DIO (papa Francesco). Un itinerario di formazione che sull’invito di papa Francesco esorta a non avere paura della solidarietà e a mettere a disposizione di Dio quello che abbiamo, le nostre umili capacità, perchè «solo nella condivisione, nel dono, la nostra vita sarà feconda e porterà frutto!». L’opuscolo si arricchisce di esperienze, riflessioni, preghiere e riferimenti al Catechismo della Chiesa cattolica. ALBUM PER BAMBINI: LE MIE MANI NELLE TUE per i bambini che aspettano il Natale. Attraverso l’immagine di Maria e Giuseppe che attendono la nascita di Gesù e ne curano l’attesa, illustrazioni e spazi per colorare, disegnare e “creativamente” riflettere sull’importanza di una carità concreta da donare ai poveri e a chi è bisognoso di affetto. Un percorso di scoperta dell’amore di Dio attraverso l’amore al fratello. POSTER con una immagine di papa Francesco e l’invito ad essere Custodi del dono di Dio, come il titolo del progetto 2013. SALVADANAIO in cartoncino componibile coordinato al progetto. Un valido strumento per catechisti e genitori per imparare a sperimentare una solidarietà concreta e quotidiana. La raccolta di fondi sarà destinata all’assistenza dei profughi a Lampedusa. COEDIZIONE CARITAS ITALIANA / CITTÀ NUOVA (altro…)

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L’umanità una sola famiglia

Dopo aver ringraziato per l’attribuzione del prestigioso premio al Movimento dei Focolari “uno strumento per portare in questa nostra epoca – assieme a molte altre benemerite e preziose organizzazioni, iniziative, opere – l’unità e la pace nel nostro pianeta”, Chiara Lubich delinea la Spiritualità dell’unità: “Esso sta in una nuova linea di vita, in uno stile nuovo assunto da milioni di persone che, ispirandosi fondamentalmente a principi cristiani – senza trascurare, anzi evidenziando, valori paralleli presenti in altre fedi e culture diverse – ha portato in questo mondo, bisognoso di ritrovare o di consolidare la pace, pace appunto e unità. Si tratta di una nuova spiritualità, attuale e moderna: la spiritualità dell’unità. Affonda le sue radici in alcune parole del Vangelo, che si inanellano l’una nell’altra. Ne cito qui soltanto alcune. Suppone anzitutto per coloro che la condividono, una profonda considerazione di Dio per quello che è: Amore, Padre. Come si potrebbe, infatti, pensare la pace e l’unità nel mondo senza la visione di tutta l’umanità come una sola famiglia? E come vederla tale senza la presenza di un Padre per tutti? Domanda, quindi, di aprire il cuore a Dio Padre, che non abbandona certo i figli al loro destino, ma li vuole accompagnare, custodire, aiutare; che, perché conosce l’uomo nel più intimo, segue ognuno in ogni particolare, conta persino i capelli del suo capo…; che non carica pesi troppo gravosi sulle sue spalle, ma è il primo a portarli. Egli non lascia alla sola iniziativa degli uomini il rinnovamento della società, ma se ne prende cura. Credere al Suo amore è l’imperativo di questa nuova spiritualità, credere che siamo amati da Lui personalmente e immensamente. Credere. E, fra le mille possibilità, che l’esistenza offre, scegliere Lui come Ideale della vita. Porsi cioè intelligentemente in quell’atteggiamento che ogni uomo assumerà in futuro, quando raggiungerà il destino a cui è stato chiamato: l’Eternità. Ma, è ovvio, non basta credere all’amore di Dio, non basta aver fatto la grande scelta di Lui come Ideale. La presenza e la premura di un Padre per tutti, chiama ognuno ad essere figlio, ad amare a sua volta il Padre, ad attuare giorno dopo giorno quel particolare disegno d’amore che il Padre pensa per ciascuno, a fare cioè la Sua volontà. E, si sa che la prima volontà di un padre è che i figli si trattino da fratelli, si vogliano bene, si amino. Conoscano e pratichino quella che può definirsi l‘arte di amare. Essa vuole che si ami ognuno come sé, perché “Tu ed io – diceva Gandhi – non siamo che una cosa sola. Non posso farti del male senza ferirmi”. Vuole che si ami per primi, senza aspettare che l’altro ci ami. Significa saper “farsi uno” con gli altri, cioè far propri i loro pesi, i loro pensieri, le loro sofferenze, le loro gioie. Ma, se questo amore dell’altro è vissuto da più, diventa reciproco. E Cristo, il “Figlio” per eccellenza del Padre, il Fratello di ogni uomo, ha lasciato come norma per l’umanità l’amore vicendevole. Egli sapeva che era necessaria perché ci sia pace e unità nel mondo, perché vi si formi una sola famiglia. Certo, per chiunque si accinga oggi a spostare le montagne dell’odio e della violenza, il compito è immane e pesante. Ma ciò che è impossibile a milioni di uomini isolati e divisi, pare diventi possibile a gente che ha fatto dell’amore scambievole, della comprensione reciproca, dell’unità il movente essenziale della propria vita”.


Leggi tutto:  Centro Chiara Lubich Guarda video: http://vimeo.com/77226264 (altro…)

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Quando si vive il Vangelo

Credo nell’amore Addolorati e delusi per aver scoperto che nostro figlio Bob, con due amici, aveva rubato degli alcolici, abbiamo cercato di fargli sentire il nostro amore al di là di tutto. In tribunale, mentre aspettavamo la sentenza, vedendo che uno degli altri ragazzi responsabili del furto era stato abbandonato dai genitori, siamo andati a fargli coraggio. Visto il nostro comportamento, il giudice ha accettato il pentimento espresso da nostro figlio, riconoscendo il sostegno che aveva in casa, e non ha emesso condanne né per lui né per gli altri due. Giorni dopo, avendo chiesto a Bob in che cosa credeva se non credeva in Dio, mi son sentito dire: «Credo nell’amore, perché l’ho visto in te e nella mamma» (A.K. – Australia). Quel gesto di solidarietà Una telefonata mi informa che un parente della signora che lavora da noi come domestica sta malissimo. Mi chiedono di andare a trovarlo. Sono stanco e fa freddo. Cerco lo sguardo di mia moglie e capisco che anche questa è un’occasione per essere fedele a quello stile di vita per gli altri che cerchiamo di portare avanti insieme. Esco, vado dall’ammalato, lo portiamo in ospedale dove i medici prendono subito in mano la situazione. Tornato a casa molto tardi, trovo mia moglie che mi aspetta ancora per la cena. Non ci diciamo molte parole, ma fra noi è cambiato qualcosa, il nostro rapporto si è arricchito per quel gesto di solidarietà (D. R. – Colombia). Nel campo profughi Mi era stato affidato il servizio sociale del campo rifugiati, ma non c’erano mezzi, non c’era niente da dare loro. In un gruppo di orfani c’era un bambino di sette anni che era rimasto separato dalla sua famiglia. Sua madre, dopo giorni di marcia, è arrivata al campo e lo ha ritrovato, ma era debolissima, perché da tanti giorni non mangiava. A me rimanevano 300 franchi, circa un dollaro: una fortuna. Io ne avevo bisogno, ma lei più di me. Glieli ho dati e così ha potuto comprare cibo, acqua e una piccola capanna per ripararsi. Sono tornato a casa convinto che Dio avrebbe pensato a me. Poco dopo è arrivata la mia sorella maggiore, che da tre giorni girava per il campo cercandoci. Mi ha portato 1000 franchi (C. E. – Ruanda). Fonte: Il Vangelo del giorno, novembre 2013, Città Nuova Editrice. (altro…)

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In Ciociaria, una festa per l’impegno civile

Associazione T. Zoffranieri

Un meeting della solidarietà che ha coinvolto tutti i cardini della vita di una comunità: è successo a Monte San Giovanni Campano, ai primi di settembre, durante la Festa dell’Impegno Civile. In un momento di crisi straziante, al cospetto di una politica incapace di dare soluzioni ai drammi di famiglie e imprese, ecco emergere dal basso quella società civile organizzata, che decide di farsi motore di cambiamento per una comunità più sensibile, più solidale ed inclusiva. Emiliano Fiore, ispiratore e promotore dell’iniziativa, racconta: “Ho sentito in cuore di dovermi spendere per la mia città, interessandomi ai suoi problemi, ai nuovi poveri, ai miei coetanei, all’ambiente, alle sue bellezze, al dolore oggi sempre più diffuso nei nostri ambienti”. “L’ho fatto in piena adesione a quell’Ideale trasmessomi da Chiara Lubich da ragazzo, che chiede scelte controcorrente. Vivere intensamente il carisma dell’unità ha significato sporcarmi le mani, proponendo esperienze e modelli che mettano al centro la relazione, la solidarietà, la legalità e la reciprocità. E la Festa dell’Impegno Civile è stata proprio questo, un’occasione per costruire reti di solidarietà, conoscersi, migliorarsi nella capacità di proteggere e tutelare le peculiarità di una città”.

Gruppo guardie giurate Agri

E così, nella roccaforte ciociara, 16 gruppi di volontari impegnati in vari campi, Misericordia, Circolo Legambiente Lamasena, Civilmonte, Avus, Ass.ne Carabinieri in congedo, Caritas, Ass.ne Santi Antonio e Nicola, Ass.ne Culturale Colli, Gioventù Francescana, Ucim, Ass.ne Tiziano Zoffranieri, A.g.r.i., Ass.ne Protezione Civile Madonna del Pianto, Afas, Forum Provinciale del Terzo Settore, hanno deciso di riscoprire quei genuini legami di comunità, di fraternità, rideterminando un nuovo processo di cambiamento e di sviluppo della propria città, rendendola concretamente più solidale. Si è parlato di ambiente, dell’esigenza di conoscere il piano di protezione civile della città; si è ascoltata musica con band locali, per esaltare i talenti del territorio; si sono allestiti mercatini dell’artigianato, del riuso e della solidarietà. Sono stati riaperti sentieri naturalistici abbandonati da anni, bonificando aree preda di discariche abusive. E poi presentazione di libri, rassegne, promozione di progetti sociali della Caritas locale; e ancora approfondimenti sulle origini della città, dei fatti che l’hanno resa celebre, tra questi la carcerazione di San Tommaso d’Aquino nel castello a due torri che svetta su una delle due colline del paese.

Gli organizzatori

“In quei giorni – ci spiega Emiliano – mi veniva in mente uno scritto di Chiara, oggi molto attuale e quanto mai denso di spunti, “L’attrattiva del tempo moderno”, nel quale scrive: vorrei dire di più, perdersi nella folla, per informarla del divino, come s’inzuppa un frusto di pane nel vino”. Fedele a quella profezia, ho deciso allora di perdermi nella folla, di gettarmi anima e corpo nella mischia della mia città, per informarla che farsi passare addosso questa crisi significa assecondarla”. Quella della Festa dell’Impegno Civile è stata una vera e propria best practice di una comunità che ha voluto far conoscere a se stessa e al mondo circostante quello che di più bello c’è al suo interno, favorendo la costruzione di una comunità a dimensione di famiglia, dove ciascuno stima l’altra associazione più della propria, per un bene più alto, quello della propria città, delle famiglie e imprese. Del resto lo ha detto anche l’economista Luigino Bruni, che, alla domanda da dove iniziare, in un tempo così difficile e buio, risponde: “Un popolo non esce da crisi profonde e identitarie come la presente, senza riscoprire una vocazione, una storia, un sano entusiasmo, un destino. Oggi all’Italia (e noi aggiungiamo a Monte San Giovanni Campano) mancano queste dimensioni ed è da qui che bisogna ripartire”. (altro…)

S. Maria Capua Vetere ricorda Chiara Lubich

Disabilità: il valore dell’esistenza

“Il nostro percorso di vita ci ha formati ad amare tutti, specie gli ultimi. E chi più ultimo di un figlio gravemente cerebroleso?”. Sono parole di Marco che assieme alla moglie Ada hanno condiviso il loro vissuto personale e l’ impegno sociale e politico  scaturiti dalla nascita della loro figlia Chiara. Marco, funzionario presso la Corte dei Conti, con competenze soprattutto sul controllo dei piani di finanziamento in favore di imprese e cooperative giovanili e sul controllo di gestione delle attività della Pubblica Amministrazione, è attualmente Consigliere della Regione Sardegna. “Ada ed io proveniamo da un’esperienza di impegno giovanile nel Movimento dei Focolari – racconta – con una vita improntata ai valori della fraternità, dell’amore reciproco, dell’unità. Avevamo fatto la scelta di vivere il Vangelo giorno per giorno. Abbiamo deciso di formare una famiglia aperta al prossimo, a disposizione degli altri, con percorsi di donazione e accoglienza”. Dopo due anni di matrimonio, nel 1987 nasce Chiara: cercata, voluta, amata come nuova tappa importante della vita coniugale. Poco dopo si manifestano i primi sintomi di una cerebro lesione profonda e diffusa. Da quel momento Ada e Marco si trovano a dover mettere in atto scelte importanti e decisive: “Un medico ci ha suggerito di affidarla ad un istituto, il che ci avrebbe consentito di condurre una vita normale. Pur consapevoli delle difficoltà, abbiamo deciso di seguire noi il suo percorso di vita e non che fosse lei a doversi adeguare al nostro”. “Grazie a nostra figlia – prosegue – ci siamo adoperati per mettere in collegamento fra loro tante famiglie che vivevano analoghe situazioni fino a dar vita ad una organizzazione ormai diffusa in numerose regioni italiane. È L’ABC, Associazione bambini cerebrolesi, che consente a migliaia di famiglie in difficoltà di veder riconosciuti i propri diritti. Riusciamo ad incidere nella creazione di nuove strutture e promozione di leggi adeguate e innovative in materia di disabilità”. Un esempio ne è la legge 162 del 1998, di sostegno alle persone con disabilità grave e in situazioni estreme e alle loro famiglie, di cui Marco è stato promotore e tra i protagonisti delle battaglie per la sua attuazione. Oggi sono quasi 20 mila i progetti personalizzati finanziati; la Sardegna è diventata la prima regione in Italia per le risorse destinate ed è un modello per le altre regioni italiane ed anche all’estero. “Insieme alle altre famiglie e associazioni –afferma Marco – siamo diventati protagonisti attivi di un’azione sociale di promozione dell’attuazione di diritti umani. Ci siamo assunti la responsabilità delle persone in situazione più estrema superando il modello pietistico e assistenzialistico della segregazione sociale. Esperimentiamo che migliorando la qualità di vita dei cosiddetti più deboli, si produce il miglioramento della società”. “I 26 anni di vita di Chiara – aggiunge Ada – mi hanno trasmesso un profondo senso della dignità dell’esistenza umana, perché pur non parlando e non avendo la possibilità di muoversi, mi comunica continuamente messaggi di vitalità. Ho imparato a comprendere il linguaggio del suo corpo, delle mani, del viso. Mia figlia mi fa capire ogni giorno l’immenso valore della sua corporeità. Il mio è, certo, un vissuto in cui non mancano dolore e difficoltà, ma comprendendone la valenza profonda, si traduce in un’esperienza di luce, di grande pienezza e, perché no, di soddisfazione e gratificazione, se penso a tutto quello che ne è scaturito”. (altro…)

Novembre 2013

È entrare nel cuore di quanti accostiamo per capire la loro mentalità, la loro cultura, le loro tradizioni e farle, in certo modo, nostre; per capire veramente quello di cui hanno bisogno e saper cogliere quei valori che Dio ha disseminato nel cuore di ogni persona. In una parola: vivere per chi ci sta accanto. Misericordia: accogliere l’altro così come è, non come vorremmo che fosse, con un carattere diverso, con le nostre stesse idee politiche, le nostre convinzioni religiose, e senza quei difetti o quei modi di fare che tanto ci urtano. No, occorre dilatare il cuore e renderlo capace di accogliere tutti nella loro diversità, nei loro limiti e miserie. Perdono: vedere l’altro sempre nuovo. Anche nelle convivenze più belle e serene, in famiglia, a scuola, sul lavoro, non mancano mai momenti di attrito, divergenze, scontri. Si arriva a togliersi la parola, ad evitare di incontrarsi, per non parlare di quando si radica in cuore l’odio vero e proprio verso chi non la pensa come noi. L’impegno forte ed esigente è cercare di vedere ogni giorno il fratello e la sorella come fossero nuovi, nuovissimi, non ricordandoci affatto delle offese ricevute, ma tutto coprendo con l’amore, con un’amnistia completa del nostro cuore, ad imitazione di Dio che perdona e dimentica. La pace vera poi e l’unità giungono quando benevolenza, misericordia e perdono vengono vissuti non solo da singole persone, ma insieme, nella reciprocità. E come in un caminetto acceso occorre di tanto in tanto scuotere la brace perché la cenere non la copra, così è necessario, di tempo in tempo, ravvivare di proposito l’amore reciproco, ravvivare i rapporti con tutti, perché non siano ricoperti dalla cenere dell’indifferenza, dell’apatia, dell’egoismo. «Siate benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo» Questi atteggiamenti domandano di essere tradotti in fatti, in azioni concrete. Gesù stesso ha dimostrato cos’è l’amore quando ha sanato gli ammalati, quando ha sfamato le folle, quando ha risuscitato i morti, quando ha lavato i piedi ai discepoli. Fatti, fatti: questo è amare. Ricordo una madre di famiglia africana: aveva dovuto subire la perdita d’un occhio della propria bambina Rosangela, vittima di un ragazzino aggressivo che l’aveva ferita con una canna e continuava a farsi burla di lei. Nessuno dei genitori del ragazzo aveva chiesto scusa. Silenzio, mancanza di rapporto con quella famiglia la amareggiavano. “Consolati – diceva Rosangela che aveva perdonato – sono fortunata, posso vedere con l’altro occhio!” “Una mattina – la madre di Rosangela racconta – la mamma di quel ragazzino mi manda a chiamare perché si sente male. La mia prima reazione è: ‘Guarda, ora viene a chiedere aiuto a me, con tanti altri vicini di casa, proprio a me dopo quello che suo figlio ci ha fatto!’ Ma subito ricordo che l’amore non ha barriere. Corro a casa sua. Lei mi apre la porta e mi sviene tra le braccia. L’accompagno in ospedale e le sto vicino fino a quando i medici non se ne prendono cura. Dopo una settimana, uscita dall’ospedale, viene a casa mia per ringraziarmi. L’accolgo con tutto il cuore. Sono riuscita a perdonarla. Ora il rapporto è tornato, anzi è iniziato tutto nuovo”. Anche la nostra giornata può riempirsi di servizi concreti, umili e intelligenti, espressione del nostro amore. Vedremo crescere attorno a noi la fraternità e la pace.

 Chiara Lubich


Parola di vita pubblicata in Città Nuova, 2006/14, p.9.

S. Maria Capua Vetere ricorda Chiara Lubich

Il sacerdote oggi: uomo della comunione e del dialogo

Sacerdoti capaci di dar vita ad una pastorale “nuova”, sacerdoti-Cristo per l’umanità, pronti a uscire verso le “periferie esistenziali”. È questo l’augurio di Maria Voce, presidente dei Focolari che, facendo eco alle parole di Papa Francesco, illustra sfide e finalità del Centro di spiritualità per sacerdoti Vinea Mea, riaperto ufficialmente martedì 22 ottobre con il convegno “Sacerdoti, diaconi e seminaristi a scuola di comunione” svoltosi, in diretta streaming. Presenti il vescovo di Fiesole, Mons. Mario Meini, e il suo predecessore Mons. Luciano Giovannetti, i sindaci di Incisa e Figline Valdarno Fabrizio Giovannoni e Riccardo Nocentini, oltre a circa 200 ospiti provenienti da diverse regioni italiane e anche dall’estero. Molto significativa la presenza degli ultimi due francescani abitanti dell’allora convento “il Vivaio”, padre Damiano Bichi e padre Costanzo Parachini, ultimo superiore del Convento. Furono proprio loro che, 30 anni fa, ne consegnarono le chiavi. Nell’intervento introduttivo per la riapertura, Maria Voce ha evidenziato l’importanza per il Centro Vinea Mea di essere parte della cittadella dei Focolari, da cui trae vita la proposta formativa, in quanto “Loppiano si propone come una porzione di Chiesa viva e come bozzetto di società nuova, mostrando come sarebbe il mondo se alla base di ogni rapporto si mettesse l’amore evangelico”. Un luogo dove “si formano uomini nuovi, aperti al dialogo, alla comunione, uomini capaci di fare della propria vita un dono per gli altri”. E ricorda l’augurio che Chiara Lubich fece nel ’66 ai sacerdoti presenti all’allora nascente “Scuola sacerdotale” – così il Centro si chiamava all’epoca – ubicata a Grottaferrata, nei pressi di Roma: saper posporre tutto, svestirsi di ogni pretesa di potere, per assicurare la presenza di Gesù fra loro. In questo modo sarà inevitabile che Gesù faccia venire fuori una pastorale nuova e dei sacerdoti nuovi, sacerdoti pronti a dare la vita per tutti. Maria Voce infine ha auspicato che scuole come questa si moltiplichino anche in altri Paesi. Il Vescovo di Fiesole, Mario Meini, sia nel suo intervento al Convegno che nella Messa conclusiva celebrata nell’attigua Chiesa parrocchiale, recentemente restaurata, ha tratteggiato la figura del sacerdote ponendo l’accento “non tanto sull’oggi ma sul sempre”, sulle linee cioè fiorite fin dalle origini nel pensiero e nella vita della Chiesa, con spunti di riflessione sulle sfide della modernità. Sacerdoti, ha affermato, che siano “uomini credibili”, “cristiani in comunione con i fratelli”, che esercitino il loro “ministero nella comunità, come uomini di fede”, con “passione pastorale”, che siano “cittadini del mondo” e capaci di muoversi nella rete delle comunicazioni globali. “Occorre, ha concluso, una spiritualità presbiterale non legata ad una cultura o ad un ambiente, ma che sappia farsi voce del mondo intero e senta il respiro della storia oggi; occorrono sacerdoti portatori di comunione”. Prospettiva, ha concluso, che trova eco nell’esperienza che Loppiano propone. Don Lorenzo Campagnolo, già responsabile del Centro, ne ha rievocato le origini e lo sviluppo. Sono oltre 4.000 sacerdoti, diaconi e seminaristi di numerosi Paesi del mondo che vi hanno trovato un aiuto per essere costruttori di comunità nelle parrocchie, nelle diocesi e negli ambienti sociali e civili in cui operano. Don Imre Kiss, sacerdote ungherese, attuale responsabile del centro di spiritualità ha illustrato metodo e programmi. La scuola è articolata in “piccoli focolari di 6-8 persone, a misura di famiglia, per meglio poter mettere in pratica l’amore scambievole concreto e profondo e per imparare in prima persona che cosa vuol dire spiritualità di comunione”. Ai sacerdoti, attualmente provenienti da 11 Paesi e di età tra i 20 e i 75 anni, insieme all’approfondimento della spiritualità dell’unità, il centro offre anche prospettive di carattere teologico ed ecclesiologico e laboratori tematici sulla pastorale familiare, giovanile, sociale, sul dialogo con vari ambiti della cultura contemporanea e altre tematiche di attualità. La scuola promuove inoltre iniziative come settimane di convivenza per seminaristi o corsi per educatori nei seminari a servizio di una Chiesa sempre più “comunione”. Giancarlo Faletti, copresidente del Movimento, ha sottolineato il fecondo intreccio fra diversi carismi, fra Chiesa locale e universale e il rapporto col territorio, e si è augurato che il Centro possa aiutare tanti sacerdoti a svolgere il loro servizio con sempre rinnovata passione per Dio e per gli uomini. La riapertura del Centro avviene dopo due anni di lavoro di ristrutturazione e restauro dell’antico convento francescano del XVI sec., dove era ospitato da oltre 30 anni, ad opera dello Studio di architettura e progettazione Centro Ave Arte (CAA, Loppiano). L’intervento si è reso necessario per rendere gli ambienti atti allo stile di vita di comunione che costituisce il tratto specifico di questa scuola, nella quale il sacerdote è “in mezzo” al popolo, in dialogo con ogni ambito dell’umano in questi tempi di profondo cambiamento socio-culturale. Vita Zanolini ed Elena Di Taranto dello studio di architettura CAA hanno illustrato la sfida posta dal progetto: favorire le nuove esigenze, nel rispetto e continuità con la memoria storica di cui l’edificio è testimone. Continuità, quindi, non solo spirituale ma anche storico-architettonica.


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Egitto: portare sollievo ai fratelli eritrei, etiopi e sudanesi

“Crediamo nella costruzione di un mondo più unito e per questo ci impegniamo ad assumerci le situazioni di maggior sofferenza cui portare aiuto. Inizia così la vicenda di un gruppo di giovani dei Focolari dell’Egitto. Avendo avuto notizia di un carcere in cui vi sono detenuti “speciali”, cercano di saperne di più. Entrano in contatto con uomini, donne e bambini per lo più cristiani provenienti dall’Eritrea con una storia di profondo dolore. Infatti, tentando di fuggire dalla difficile situazione in cui versa il loro paese e pensando di essere condotti in un luogo migliore, sono invece caduti nella trappola dei trafficanti di organi, destinati perciò ad una morte ignota. Quando hanno capito l’inganno, sono fuggiti attraversando le frontiere e si sono rifugiati in Egitto. Privi di documenti, però, sono stati arrestati e condotti in carcere. È lì che i giovani dei Focolari li trovano in attesa di poter un giorno rientrare in Eritrea. “Col sostegno di un religioso e dei giovani dei Focolari – racconta Abdo, testimone diretto – siamo riusciti ad entrare nel carcere. Eravamo molto entusiasti di poter amare concretamente, ma non immaginavamo quale dolore avremmo toccato con mano. Nella prigione – una ex caserma–, il cibo era molto scarso, igiene e cure mediche praticamente inesistenti”. I giovani sono rimasti colpiti dalla presenza di bambini, anche molto piccoli: uno di loro era stato ferito da una pallottola vagante, mentre attraversava la frontiera. “Impossibile dire il dolore che provavamo davanti ad una così grande sofferenza – commenta Abdo –. Con gli occhi pieni di lacrime ci chiedevano che male avessero fatto per meritare di essere in questa situazione”. I ragazzi però non si perdono d’animo, si dividono in gruppi, ascoltano le loro storie, cercano di dare sollievo, speranza nell’amore di Dio, portano aiuto materiale alle necessità più urgenti.

Foto © 100viaggi.it

“C’è chi aveva bisogno di medicine, altri di vestiario oppure di un telefono per mettersi in contatto con le loro famiglie che non sapevano dove fossero finiti. Ma la loro prima necessità era quella di avere qualcuno che li andasse a trovare e si interessasse a loro.” I responsabili della prigione indicano nella mancanza di cibo una delle maggiori difficoltà. “Un giorno –Abdo racconta – abbiamo preparato più di 100 piccoli contenitori col “kosheri”, cibo tipico egiziano fatto con pasta e lenticchie. La nostra visita si concludeva, di solito, con un intenso momento di preghiera. Erano loro che cantavano i salmi nelle proprie lingue, un’anima sola e una voce sola, con tale fede e forza interiore che ci coinvolgeva tutti in un clima spirituale profondissimo; non potevamo contenere la commozione!”. Da allora le visite si sono susseguite con costanza, coinvolgendo in questa forte esperienza i giovani per un mondo unito di altre città dell’Egitto come Il Cairo e Sohag. “Ad oggi – conclude Abdo – alcuni eritrei sono già rientrati nel loro paese, ma nuovi detenuti sono arrivati in carcere, vittime della stessa drammatica vicenda. Spesso sentiamo l’impotenza di non poter fare e dare di più, ma li affidiamo a Dio che tutto può. A noi forse viene chiesto questo piccolo contributo per costruire un mondo più unito e fraterno”. (altro…)

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Focolari oggi: nuova sterzata verso le periferie del mondo

Un impegno ad uscire fuori da se stessi, ad andare incontro alle periferie anche esistenziali del mondo, mettersi in ascolto dell’umanità di oggi. Si sono lasciati così i 211 delegati del Movimento dei Focolari provenienti dai cinque continenti, al termine del loro incontro annuale che si è svolto nel centro internazionale di Rocca di Papa, dal 26 settembre al 19 ottobre. In una diretta Internet, in cui si sono collegati più di 10 mila punti nel mondo, la presidente Maria Voce ha salutato tutti con un messaggio, sottolineando l’impegno ad orientare lo sguardo e le energie verso le “periferie del mondo”, non solo quelle legate alla povertà materiale, ma anche a quelle dove Dio è assente. Un processo che i Focolari hanno iniziato da tempo e che ha segnato le origini del carisma a Trento e la vita della fondatrice Chiara Lubich e della prima comunità focolarina. Come allora anche oggi i Focolari sentono con urgenza l’imperativo a dimenticarsi di se stessi, curandosi degli ultimi, facendo di tutto perché ci sia una comunione piena. “Spinti da Gesù – ha incalzato Maria Voce parlando ai focolari di tutto il mondo – che continua a soffrire nell’umanità di oggi. Umanità che alle volte ci assale con i suoi dubbi, alle volte con la sua disperazione, ma che vuole incontrare Chi può dare senso a queste domande”. Ma per incontrare il mondo occorre “uscire dalle nostre sicurezze e immergere nell’umanità la fiamma, dell’amore evangelico”. È l’amore che trasforma i fratelli in unica famiglia di figli di Dio, con dei rapporti veri, e dove l’un per l’altro è pronto a dare la vita: un amore che diventa reciproco. Questo sarà il punto della spiritualità dell’unità che tutti i membri del Movimento approfondiranno durante l’anno. A Rocca di Papa erano presenti anche rappresentanti delle comunità dei focolari che vivono in Paesi in guerra. E in questi contesti fortemente provati dal conflitto armato e dalla divisione, la proposta evangelica dell’amore reciproco come via della pace diventa profezia di un futuro di riconciliazione per questi popoli. “Ci siamo trovati non per difenderci, ma per perdonare chi ci ha fatto del male, per incoraggiarci ad amare di più”, affermano i rappresentanti dei Focolari della Siria. Parole forti, cariche di storie personali, di passi compiuti, di una vita che nonostante il buio della “notte siriana”, non cessa di andare avanti nella speranza che diventa preghiera mondiale che “solo il bene può vincere il male”. L’incontro dunque dei delegati termina con l’augurio di tornare nei propri Paesi “con cuore aperto, ciascuno al paese da dove è partito, per estendere questa esperienza di comunione”. Con la speranza che “il Vangelo vissuto da tanti porti ad una nuova avanzata del Regno di Dio nel mondo”. (altro…)

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Al via il sesto anno dell’Istituto Universitario Sophia

Individuare e percorrere le vie della cultura dell’unità nell’oggi della storia, accanto agli uomini e alle donne del nostro tempo. È questa la vocazione dell’Istituto Universitario Sophia (IUS), che ha inaugurato ieri, presso l’auditorium di Loppiano (FI), il sesto anno accademico alla presenza del Card. Giuseppe Betori, Gran Cancelliere, di Maria Voce, vice Gran Cancelliere dello IUS e presidente dei Focolari, del Vescovo di Fiesole Mons. Mario Meini, del rabbino capo delle comunità ebraiche di Firenze e Siena Rav Yosef Levi, delle autorità civili e di oltre 600 persone. Finalità che fa eco a quanto papa Francesco ha affermato recentemente nel suo discorso alla Facoltà Teologica della Sardegna in cui invitava a fare delle università luoghi del discernimento e di formazione della sapienza, di una cultura della prossimità e della vicinanza, di formazione alla solidarietà. Ha aperto la mattinata Maria Voce ricordando i traguardi raggiunti quest’anno: l’approvazione ufficiale degli statuti da parte della Congregazione per l’Educazione Cattolica, il conseguimento di numerose lauree magistrali e del primo dottorato di ricerca in “Fondamenti e prospettive di una cultura dell’unità”, le molte iscrizioni al primo anno di corso (45 nuovi studenti di oltre 25 Paesi). “Sophia si caratterizza sempre di più – ha spiegato Maria Voce –, come luogo privilegiato per raccogliere le questioni e le sfide che a livello planetario interpellano il nostro tempo e alle quali non possiamo che dare una risposta corale: risposta che può nascere, autentica e convincente, solo dalla reale e quotidiana condivisione di pensiero e di vita”. La parola è passata poi ad Annamaria Fejes, ungherese, che a nome dei circa cento studenti che frequentano i diversi corsi, ha espresso le motivazioni comuni a tanti di loro nella scelta di questo centro accademico: “Trovare, tramite la riflessione e il dialogo, vie alternative alle guerre e ai conflitti che insanguinano il nostro pianeta. Abbiamo la voglia e il desiderio di incontrare giovani, adulti, associazioni, organizzazioni, per costruire con loro un mondo più fraterno”. Anche l’arcivescovo Betori ha ribadito il ruolo dell’Istituto Sophia come spazio esistenziale d’incontro, d’incarnazione della sapienza divina e del sapere umano: “L’impegno personale a vivere la prossimità e la reciprocità nei vari momenti della giornata, in tante attività culturali, fa di Sophia il luogo in cui ‘sophia’ divina e ricerca umana del sapere divengono una cosa sola”. Il Preside, Mons. Piero Coda, ha delineato sfide, collaborazioni e prospettive di questo percorso culturale: dopo i primi anni di intensa sperimentazione, ha spiegato, “occorre ora mettere a fuoco il progetto formativo che anima la missione di Sophia, nell’integralità di una proposta che vuole armonicamente accordare vita e studio”. Sono operativi 23 protocolli d’intesa siglati con  istituzioni universitarie in Italia, Europa e nel mondo oltre ai numerosi corsi sostenuti e animati da Sophia in diversi Paesi. Ha inoltre sottolineato l’apporto degli studenti, “con-costruttori” della vita accademica: “Con voi anche noi ci sentiamo protagonisti del mondo nuovo che sta nascendo. Con voi – ha ribadito, citando Chiara Lubich – è possibile trovare le nuove strutture mentali a livello-mondo”. La prolusione è stata affidata quest’anno al prof. Benedetto Gui, docente di Economia politica, dal titolo “Complessità relazionale ed economia. Può la prima giovare alla seconda?”. Un’esposizione approfondita e vivace sul ruolo delle relazioni in economia, oggi più che mai centrali.

Stefania Tanesini

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Giovani in Argentina: “Rompiamo gli schemi!”

La grande sala della cittadella argentina di O’Higgins trasformata in un’ambientazione da Circo: i personaggi, attraverso i loro numeri, la coreografia e proiezioni visuali accompagnate da temi musicali, mostravano la complessa realtà che affronta la società di oggi. Un programma senza intervalli, che attraverso l’arte voleva trasmettere un messaggio profondo ed incisivo. Quale? Puntare in alto, così come è stato proposto nella canzone che è stata il tema della Festa, ad avere fiducia nella forza di lavorare insieme con l’apporto di ciascuno, a credere che si possono rompere le barriere dell’individualismo per riuscire a trasformare la società, nei diversi ambienti nei quali si svolge giorno per giorno la vita dei giovani, a lottare per una “cultura del dare” basata nel servizio disinteressato, per una cultura della fraternità e del perdono che rompa gli schemi di un’umanità fossilizzata e frivola che soffre, a credere che i grandi ideali non sono una utopia, ma una realtà che si può realizzare facendo, nei gesti quotidiani, una vera rivoluzione d’Amore. Cuore della preparazione dell’evento sono stati gli 80 giovani presenti quest’anno nella Mariapoli Lia. Punto di partenza è stato per loro chiedersi quale messaggio dare ai numerosi giovani che arrivano ogni anno proprio per questa festa. La proposta è stata quella di “mostrare a tutti come potrebbe essere la società, se l’amore reciproco fosse la legge fondamentale del nostro agire”. Alla fine di una riflessione critica sulla società contemporanea hanno smascherato uno dei suoi mali più frequenti: l’individualismo. Da lì la scelta di uno slogan che li ha aiutati a portare avanti l’iniziativa proposta, con l’idea di giocarsi la vita per grandi ideali: “Sei capace di cose grandi… Rompiamo gli schemi!”. Uno slogan che fa eco all’invito di Papa Francesco a Rio de Janeiro proprio ai giovani argentini: “Hagan lío”, fate chiasso. E così, con centinaia di giovani provenienti non solo dall’Argentina e dalle sue province più lontane, ma anche da Uruguay e Paraguay, il ricco programma dei due giorni ha aperto lo spazio alla partecipazione con vari workshop, visita alla cittadella, un recital per la pace con diversi gruppi musicali invitati e il complesso della Mariapoli Lia. Il lavoro insieme ha portato a cercare delle soluzioni alle problematiche poste nella sfida iniziale. Poi si riparte, ma col desiderio di mettere in pratica nella vita quotidiana l’uscita dall’individualismo, una risposta alle parole di Francesco: «Voglio che vi facciate sentire (…), voglio che si esca fuori, voglio che la Chiesa esca per le strade, voglio che ci difendiamo da tutto ciò che è mondanità, immobilismo, da ciò che è comodità, da ciò che è clericalismo, da tutto quello che è l’essere chiusi in noi stessi. Le parrocchie, le scuole, le istituzioni sono fatte per uscire fuori…». (altro…)

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A Padova, asilo nido “Chiara Lubich”

Sabato 12 ottobre è stato inaugurato a Padova l’asilo nido “Chiara Lubich. Una grande festa che ha coinvolto l’intera comunità del quartiere Altichiero a pochi minuti dal centro storico di Padova. Più di trecento persone presenti alla cerimonia del taglio del nastro. Claudio Piron, assessore alle Politiche Scolastiche del Comune di Padova, ha sottolineato le motivazioni che hanno spinto l’Amministrazione comunale a intitolare a Chiara Lubich il nuovo asilo nido. “La scelta – ha detto – di intitolare delle scuole a persone che hanno dato un contributo allo sviluppo della pedagogia, della formazione delle nuove generazioni (…).La cosa che sempre mi ha coinvolto di Chiara è la sua capacità di dialogare con tutti, di cercare di trovare sempre ciò che può mettere in relazione le persone, le situazioni, non dar nulla per scontato … mettere la fratellanza come punto fondamentale di tutta una vita, un impegno e una proposta educativa, associativa, una proposta di vita che è diventata l’esperienza di milioni di persone: mi sembra un valore antico che ha trovato una grande possibilità di essere attuato ogni giorno». «E’ una condizione fondamentale quella di ricordare le persone, come Chiara Lubich, che con la loro testimonianza hanno dato senso non solo alla loro vita, ma anche a quella degli altri – ha sottolineato Ivo Rossi, Sindaco reggente della città di Padova –. Abbiamo bisogno, in una comunità smarrita come quella in cui viviamo, di ritrovare, attraverso queste figure, dei cardini in cui muovere anche la nostra comunità». Una città unita nel ricordo di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari già premio Unesco per l’educazione alla pace e ai diritti umani. «Ragazzi onesti, credibili ed autentici possono essere in grado di cambiare il mondo», ha precisato l’assessore con delega alle politiche scolastiche e giovanili del comune di Padova Claudio Piron, sostenitore dell’iniziativa. Tra gli ospiti anche Omar Ettahiri, segretario dell’associazione marocchina della città di Padova, che ha voluto mettere al centro del suo pensiero il carisma della Lubich come maestra del dialogo interreligioso e donna di pace: «Noi abbiamo conosciuto il suo Movimento 12 anni fa. Con quello che lei ha seminato in questi 70 anni l’ha proprio meritato! E speriamo che sia contenta in cielo!». Un’occasione per ricordare anche il profilo educativo e scolastico della fondatrice dei Focolari che all’inizio degli anni Quaranta, poco più che ventenne, insegnava tra i banchi delle scuole elementari della provincia di Trento con un modello didattico «capace di comprendere, includere e motivare i suoi studenti». «Una vita quella di Chiara – ha sottolineato il professor Milan, ordinario di pedagogia all’Università di Padova – in grado di donare un esempio». A conclusione, è stato ancora l’assessore Piron, citando la scrittrice francese Marguerite Yourcenar, a ribadire l’importanza e il valore del progetto per tutta la comunità perché «Fondare biblioteche ed asili è come costruire ancora granai pubblici, ammassare riserve contro l’inverno dello spirito». (altro…)

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Brasile: convegno delle organizzazioni sociali dei Focolari

Sono 35 le organizzazioni che si sono date appuntamento, dal 21 al 24 ottobre, presso la cittadella Ginetta di São Paulo (Brasile): rappresentanti dell’Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Colombia, Cuba, El Salvador, Ecuador, Guatemala, Messico, Paraguay e Uruguay. Si tratta del primo incontro latinoamericano dei responsabili di organizzazioni sociali ispirate dal carisma dell’unità di Chiara Lubich. “Fraternità in atto: fondamento della coesione sociale nel XXI secolo”, l’impegnativo e pieno di significato tema dell’incontro. “L’obiettivo – dichiara Gilvan David de Sousa, uno degli organizzatori – è quello di identificare i principali elementi del contributo del carisma dell’unità alla trasformazione sociale, per offrire risposte alle grandi domande del nostro continente”. In un momento in cui l’attuale crisi globale impone la ricerca di nuove vie per uno sviluppo umano integrale, per Sousa “l’incontro dovrebbe segnare una nuova tappa nel processo in corso verso la creazione di una rete tra le diverse organizzazioni, tesa a favorire un arricchimento reciproco con scambio di idee, esperienze, difficoltà e produrre un maggiore impatto sociale”. Il tema della fraternità sarà approfondito con scambio di esperienze e relazioni, nei lavori di gruppo e in quattro plenarie: “La questione sociale alla luce della Dottrina sociale della Chiesa; “Il carisma dell’unità e la questione sociale in America Latina e Caraibi”; “Il carisma dell’unità e la sua attuazione nelle organizzazioni in America Latina e Caraibi”; “Come i progetti sociali ispirati dal carisma dell’unità possono camminare insieme nel continente latinoamericano”. Tra i relatori: don Vilson Groh, da 30 anni impegnato nelle periferie di Florianópolis, nel sud del Brasile, dove lavora a favore delle persone destituite dei loro diritti (nel 2013 è stato riconosciuto con il Premio parlamentare Darcy Ribeiro); la sociologa Vera Araújo, corresponsabile del Movimento dei Focolari per il Dialogo con la Cultura; Susana Nuin, Segretario esecutivo del Dipartimento di Comunicazione del CELAM e Consultrice al dicastero vaticano per la comunicazione sociale. (altro…)

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Riapertura del Centro di Spiritualità “Vinea Mea”

Situato nella cittadella internazionale di Loppiano (nei pressi di Firenze), il Centro di Spiritualità Vinea Mea è scuola di comunione e dialogo che, in oltre 30 anni di attività, ha formato più di 4.000 tra sacerdoti, diaconi e seminaristi cattolici e di Chiese diverse, di una sessantina di Paesi. «Vinea Mea – spiega don Imre Kiss, responsabile del Centro – offre una formazione permanente alla luce della spiritualità di comunione del Movimento dei Focolari. La scuola, della durata di un anno, prevede corsi di spiritualità, teologia, antropologia, ecclesiologia, oltre a laboratori su tematiche di attualità (giovani, famiglia, comunicazione, dialogo con culture e religioni). Attraverso la condivisione della vita in piccole comunità, punta a rispondere all’esigenza espressa da molti sacerdoti di sperimentare nel concreto una spiritualità fondata sulla comunione, per poi trasmetterla agli uomini e alle donne del nostro tempo». Il Centro opera in sinergia con simili strutture in altrettante cittadelle dei Focolari: in Polonia, Kenya, Brasile, nelle Filippine, in Argentina. Da 5 anni promuove, inoltre, corsi e workshop annuali rivolti a educatori nei seminari per sostenere e diffondere uno stile di vita sacerdotale fondato sulla comunione. Una scuola incentrata sulla formazione alla spiritualità di comunione, evidenziata dal Concilio Vaticano II, per essere “ministri capaci di riscaldare il cuore alla gente, di camminare nella notte con loro, di dialogare con le loro illusioni e delusioni, di ricomporre le loro disintegrazioni” (papa Francesco ai vescovi del Brasile, 27 luglio 2013). Una formazione unificata per sacerdoti e seminaristi che mette al centro la fraternità vissuta nella Chiesa e tra la gente. Sono queste alcune delle tematiche del convegno del 22 ottobre, col quale si inaugura il corso 2013/14 del Centro, nell’antico convento francescano del XVI sec. che lo ospita, recentemente restaurato e ristrutturato a cura del Centro Ave Arte, per meglio accogliere l’esperienza di vita comunitaria. Al Convegno interverranno, tra gli altri, Maria Voce, presidente dei Focolari, Mons. Mario Meini, vescovo di Fiesole e d. Imre Kiss, responsabile del Centro. È prevista una diretta streaming a partire dalle 16.00 alle 19.00 (ora italiana). Altri appuntamenti in agenda: Sabato 19 ore 15-19 e domenica 20 ottobre 2013 ore 10-12.30 e 15-19, porte aperte al Centro “Vinea Mea” a quanti desiderano visitarlo. Lunedì, 21 ottobre ore 21.00 Concerto per pianoforte di d. Carlo José Seno (Auditorium di Loppiano) Per maggiori informazioni: accoglienza.vineamea@gmail.com (altro…)

S. Maria Capua Vetere ricorda Chiara Lubich

Questione eutanasia, un’esperienza dall’Australia

«Negli ultimi 25 anni ho avuto l’occasione di visitare tante persone ammalate, specialmente i malati terminali, nella mia comunità parrocchiale. E posso dire che ho vissuto tante forti esperienze stando accanto a loro. Un pomeriggio sul tardi, mi arriva un email da una ex-collega. È stato come un fulmine a ciel sereno. Diceva: «Immagino che nessuno ti abbia mai chiesto una cosa simile. Non ho il diritto di chiedertelo, ma sto interrogando la mia coscienza e ho bisogno d’aiuto per trovare la risposta. Una persona mi ha chiesto di accompagnarla in Svizzera per assisterla a morire. Come forse sai, l’eutanasia è legale in quel Paese. La sua vita è diventata insopportabile per via della malattia. Non c’è speranza per lei di tornare a vivere una vita normale. Personalmente non ho una fede religiosa, ma apprezzerei molto una risposta sincera da parte tua. Si tratta di un membro della mia famiglia». Ho letto e riletto questo messaggio 4 o 5 volte prima di incominciare a pensare alla risposta da dare. Come rispondere a questo grido d’aiuto pieno di dolore? Mi è venuto in mente il pensiero del giorno che stavo vivendo con i miei amici del Focolare: “Essere libero da tutto per essere la volontà di Dio vivente”. Ma come attuarla? Ho cercato di vivere l’attimo presente, mettendo da parte tutto il resto e cercando di prendere su di me i pesi di chi mi aveva chiesto aiuto. Ho pregato Dio chiedendo il coraggio di dire con sincerità ciò che sentivo nel mio cuore, senza paura. Le ho risposto condividendo alcune mie riflessioni, e anche le esperienze vissute negli anni assistendo i malati terminali, ciò che avevo sperimentato stando accanto a loro e le loro famiglie: sofferenze, gioie, trionfi. Ho detto che personalmente non avrei scelto la strada che il suo parente voleva intraprendere, dando le ragioni più profonde nel mio cuore. Poi le ho spiegato che esistono degli ottimi centri di cure palliative, indicando i contatti di quelli più vicini. La mia amica, sempre molto riconoscente dell’aiuto ricevuto, mi racconta che il suo parente aveva consultato i contatti che avevo fornito e aveva deciso di non andare in Svizzera, scegliendo invece l’opzione delle cure palliative. Da allora ha vissuto ancora due anni, durante i quali ha potuto ricostruire tanti rapporti nella sua famiglia». R.L. (Australia) (altro…)

S. Maria Capua Vetere ricorda Chiara Lubich

Argentina: creare cultura EdC

“Un giorno, tanti anni fa, percorrendo la strada per andare al lavoro, mi resi conto che non ero un imprenditore felice”. Con queste parole è iniziata la testimonianza di Armando Tortelli, imprenditore brasiliano, lo scorso 27 settembre nella sede dell’Ordine degli Avvocati della Città di Paraná. Si è così aperta il 32º incontro di impreditori EdC argentini, proseguito poi nel Centro Mariapoli “El Salvador”. Questo fatto raccontato da Armando costituisce un momento di svolta nella sua vita. Nonostante fosse un imprenditore di successo e avesse una bella famiglia, lui si sentiva insoddisfatto. Proprio allora, si era nel ’91, arrivò Chiara Lubich a lanciare la sfida dell’Economia di comunione, che Armando accettò con la consapevolezza che questo impegno sarebbe stato affascinante ma non semplice e avrebbe capovolto tutta la sua vita. Oggi, assieme alla moglie Roselí e ai 5 figli, gestiscono 4 aziende. Una di esse distribuisce medicinali. “Ma come si produce una nuova cultura? – si chiedeva Armando -. Con l’esempio. Come fa il Papa. Se un imprenditore vuole generare una nuova cultura deve dare esempio”. Il Sabato e la domenica hanno girato attorno al tema centrale dell’incontro: “L’economia di comunione come espressione dellacultura del dare”. La Lic. Patricia Santoianni ha esposto un interessante sviluppo antropologico sulla cultura del dare nei popoli indigeni, mettendo in rilievo che soltanto chi dona ha un nome, un volto. Solo chi dona è. E più dona, più è. Ci sono stati anche dei workshop, alcuni in gruppo e altri individuali per riflettere sui passi a seguire per vivere in profondità l’EdC. Un ricco incontro con presenza di credenti e non credenti, come Rogelio, che si è iscritto perché ha saputo dell’incontro leggendo il giornale, di giovani e adulti, di imprenditori, studenti, lavoratori e disoccupati, con ideologie politiche molto diverse. In totale 110 partecipanti venuti da tutta l’Argentina e in 13 dal Paraguay, ma tutti quanti aperti alla più grande realtà latinoamericana. “Terra, terra… cielo, cielo” si poteva leggere nell’invito a questo incontro. Amiamo Colui che è in cielo amando coloro che sono in terra. Questa è la comunione. Quindi arrivederci nel 2014 … o prima … in qualunque posto al mondo dove ci incontri la comunione! (In collaborazione con Carolina Carbonell) (altro…)