Lug 24, 2014 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria
“Non dimenticateci”, non possiamo farlo. Come cristiani e come uomini e donne di questo pianeta, non possiamo restare passivi di fronte alle difficili situazioni di conflitto che si vivono in tanti punti del mondo. Per questo ci uniamo all’accorata preghiera di Papa Francesco chiedendo la pace in tutta la regione, specie nella terra di Gesù. E perché si percorrano tutte le strade possibili che escludano l’uso delle armi e si evitino così tante morti innocenti. Vogliamo assicurare ai nostri fratelli cristiani, ma anche a quelli di altre fedi, che non li dimentichiamo. Che ci assumiamo l’impegno quotidiano di offrire e di pregare l’Onnipotente perché si fermi la violenza contro i più deboli, perché si apra il dialogo tra le parti coinvolte e perché si abbia il “coraggio della pace”. Per chi volesse aiutare: c/c bancario n. 120434 intestato a: Associazione “Azione per un Mondo Unito – Onlus” Via Frascati, 342 – 00040 Rocca di Papa (Roma, Italy) Banca Popolare Etica – Filiale di Roma codice IBAN: IT16 G050 1803 2000 0000 0120 434 codice SWIFT/BIC: CCRTIT2184D Causale: Emergenza Medio Oriente Per i donatori europei vi è la possibilità della detraibilità/deducibilità fiscale. Per i cristiani in Iraq: IBAN JO09 ARAB 1110 0000 0011 1210 9985 98 Account: 0111 210998 0 598 Swiftcode: ARABJOAX100 Causale: Aiuto cristiani in Iraq ARAB Bank – Amman branch Amman – Jordan
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Giu 10, 2014 | Chiesa, Dialogo Interreligioso, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Araba cristiana è nata in Israele. Ha ricevuto il premio Mount Zion 2013, insieme all’ebrea Yisca Harani per “l’apporto importante allo sviluppo del dialogo tra religioni e culture nella Terra Santa e alla comprensione tra ebrei, cristiani e musulmani”. Margaret Karram, già membro della Commissione episcopale per il dialogo interreligioso dell’Assemblea degli Ordinari Cattolici della Terra Santa e collaboratrice con la direzione del Interreligious Coordinating Council in Israel (ICCI), è ora al Centro internazionale del Movimento dei Focolari ed è lei a dare voce alla preghiera di san Francesco nel momento cristiano dell’invocazione alla pace voluta dal vescovo di Roma con Shimon Peres e Abu Mazen, presente anche il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I. Riportiamo ampi stralci dell’intervista rilasciata a Victoria Gómez di Città Nuova. Che impressione ti sei portata da quest’incontro? «La prima è quella di essermi trovata in un’oasi di pace. Conosco bene i contrasti che la impediscono, eppure in quelle due ore trascorse insieme a pregare, mi pareva che, mentre si invocava da Dio il dono della pace, Gli si desse modo di vedere “dall’alto”, per così dire, il risultato degli sforzi umani. Certo il disegno è ancora incompiuto, mi appariva però come il ricamo di un tappeto: sul rovescio i nodi che dobbiamo sciogliere, ma chi guardava il ricamo era Dio e Lui vedeva il disegno. Mentre si susseguivano le preghiere in ebraico e in arabo pensavo: “Dio le conosce e le comprende. Lui sa agire nella storia”. Ho percepito la potenza della preghiera e capivo che il cuore degli uomini lo può cambiare solo Dio. A noi la pazienza dell’artigiano». La tua storia è una sorta di passaporto che ti abilitava alla partecipazione a quest’evento… «Ho vissuto fin da piccola sognando la pace. Ancora bambini ci chiedevamo: “Quale è la mia patria, quale il mio posto, chi sono io?”. Ora, a 50 anni, il sogno di quella patria non lo vedo ancora vicino, ma abbiamo seminato e tanto. Dobbiamo continuare a farlo. È un dovere nei confronti delle nuove generazioni. A loro dobbiamo passare la certezza che è un futuro possibile, senza perdere la speranza né abbatterci per la fatica. Ieri poi era la festa della Pentecoste e l’azione dello Spirito Santo “bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina, piega ciò che è rigido…”». Rappresentavi il Movimento dei Focolari su invito personale di papa Francesco…
«In molti, dalla presidente Maria Voce agli amici di Betlemme e Gerusalemme, mi avevano assicurato la loro particolare vicinanza. Ho raccolto parole di gioia anche da diverse personalità cristiane, ebree o musulmane, incontrate nei Giardini. Mi pareva che dall’intervento del Papa emergesse una nuova spinta ad impegnarci per la pace con più coraggio. Lo sentivo rivolto anche a noi che apparteniamo ai Focolari: essere più presenti, più attivi, più coraggiosi artefici nello sciogliere i “nodi” che incontriamo ovunque. Il saluto personale del Papa poi me l’ha confermato, come il riscontro in altre autorità». Eri l’unica donna che ha dato voce ad una delle preghiere. Come ti sei sentita? «Quella preghiera ho cercato di leggerla facendomi interprete dell’umanità che crede, soffre e spera. Anche noi donne abbiamo un ruolo da svolgere per la pace. Uno dei partecipanti mi ha detto: “È importante che lei sia qua. So cosa vuol dire la ricchezza di una donna!”. Mentre ascoltavamo quelle belle preghiere e le musiche ho ricordato le parole del Papa all’Angelus, poche ore prima: la Madre Chiesa e la Madre Maria sono “tutte e due madri, tutte e due donne”. E nelle emozioni di sicuro non omogenee che vibravano nei presenti, si percepiva il bisogno di una madre». Quali sentimenti hai colto tra la gente della Terra Santa che ti ha manifestato vicinanza? «C’era grande attesa e ora c’è tanta speranza. Ovviamente non mancano gli scettici. Palestinesi e israeliani ritengono che questo incontro abbia segnato una tappa alla quale guardare da oggi e da cui continuare a farlo in futuro. Inoltre, ha costituito un forte segno per la Chiesa che si fa carico della sofferenza e delle attese dei popoli. Ed è stata una dimostrazione che la Terra Santa non è dimenticata e che il Papa non lascia soli questi due popoli e camminerà al loro fianco. L’evento va guardato a lungo termine. Intanto, occorre continuare a tessere sciogliendo i nodi e impegnandosi su tutti i livelli possibili, con coraggio e delicatezza. Tanti pensano ad un cammino lungo, ma noi non conosciamo l’azione di Dio nella storia. Possiamo sempre sperare». Fonte: Città Nuova online (altro…)
Mag 29, 2014 | Centro internazionale, Chiesa, Focolari nel Mondo, Spiritualità
A conclusione del viaggio di papa Francesco in Terra Santa, riportiamo uno scritto di Igino Giordani che svela la grande trepidazione e attesa per quelle giornate davvero storiche di cinquant’anni fa. Il nostro autore inserisce il pellegrinaggio di Paolo VI nella cornice più ampia dell’evento conciliare che proprio in quei giorni concludeva la seconda sessione dei suoi lavori. È straordinaria l’attualità di vedute e di spunti di riflessione, così consonanti all’oggi della Chiesa: «Giovanni XXIII ha immesso uno spirito di giovinezza nella convivenza ecclesiale, e Paolo VI riassume giovanilmente tutti gli apporti più spiritualmente innovatori, avviando con potenza il Concilio verso conclusioni vitali, per cattolici e non cattolici, per bianchi e colorati, per battezzati, ebrei, pagani d’ogni paese e casta. La sua geniale iniziativa di recarsi in Terra Santa significa lo spirito con cui egli attende a lanciare un ponte sul mondo. In Palestina, a Betlemme, a Nazareth, a Gerusalemme, il Papa torna alle origini: là dove Gesù predicò la verità semplice, intera, il grande comandamento nuovo, instituì i sacramenti e diede la sua vita per ridare a noi la vita. Là, in quella origine della religione, non ci sono contrasti tra cristiani: essi sono venuti dopo. Al Cenacolo, attorno a Pietro e Maria, i fedeli formavano un cuore solo e un’anima sola: essi ascoltavano il testamento detto da Gesù sotto quelle volte, perché fossero “tutti uno”. E in un certo senso, non ci sono contrasti neppure tra cristiani, ebrei e musulmani, che per tutt’e tre quei luoghi sono sacri.
Paolo VI va a pregare, in chiese e presso monumenti, dei quali gli uomini han fatto centri di discordia, ricavando da ricordi di pace e perdono notizie di conflitti armati e di odi fratricidi. E invece il Santo Padre va a chiedere ispirazioni per ridestare forze di rinnovamento e di unione, dal Cenacolo, dove Gesù proclamò la legge dell’unità e dove lo Spirito Santo animò la prima Chiesa, e con la unione, frutto del rinnovamento degli spiriti, la pace, rievocata agli occhi del mondo dall’Enciclica Pacem in terris di Giovanni XXIII. “Vedremo quel suolo benedetto, da cui Pietro partì e dove non ritornò più un suo successore – scrive Paolo VI –: noi umilmente e brevissimamente vi ritorneremo in segno di preghiera, di penitenza e di rinnovamento spirituale per offrire a Cristo la sua Chiesa, per chiamare ad essa unica e santa i fratelli separati, per implorare la divina misericordia in favore della pace fra gli uomini, la quale ancora in questi giorni appare quanto sia debole e tremante, per supplicare Cristo Signore per la salvezza di tutta l’umanità”. E dunque gli scopi del pellegrinaggio sono gli scopi del Concilio, che in persona del Papa trasmigra in Palestina: rinnovamento, unità, pace…. Il suo pellegrinaggio, di preghiera e di penitenza, e cioè tutto per soli motivi religiosi, segnala la volontà della Chiesa dei poveri di rimettersi sul fondamento delle virtù evangeliche, condizionate dall’umiltà, quell’umiltà che nella casetta di Nazareth trovò la più pura espressione e la più commossa esaltazione nel “Magnificat dell’Ancilla Domini”. Da quel fondamento fiorì la carità: Cristo, che dà amore e vuole amore: “Mi ami tu più di questi?…”. Questo amore più grande di Pietro, spiega l’atto di umiltà onde Paolo VI ha chiesto perdono ai fratelli separati se colpe da parte cattolica ci sono state, nel discorso agli osservatori del Concilio. Tornare alle origini (…) è riprendere forza: rinascere». (altro…)
Mag 26, 2014 | Chiesa, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
“Ut unum sint”, che tutti siano una cosa sola: questo il motto del pellegrinaggio di Francesco in Terra Santa, per ribadire l’impegno a “camminare insieme verso l’unità” dei cristiani, cercando pure “un autentico dialogo con l’Ebraismo, l’Islam e le altre tradizioni religiose” [dalla dichiarazione comune firmata da Papa Francesco e dal Patriarca Bartolomeo]. Se, infatti, il centro del viaggio era l’incontro al Santo Sepolcro con il patriarca greco ortodosso di Costantinapoli Bartolomeo ed i responsabili delle Chiese di Gerusalemme, per rinnovare l’unità espressa da papa Paolo VI e il patriarca Atenagora 50 anni fa a Gerusalemme, la presenza del Papa in Terra Santa ha avuto senza dubbio un risvolto forte nel dialogo tra le religioni e una spinta nel cammino della pace. Lo testimoniano le attese del rabbino David Rosen, direttore internazionale degli Affari interreligiosi dell’American Jewish Committee. Intervistato da Paolo Lòriga, inviato di Città Nuova, nella sua casa a Gerusalemme, dichiara che “la maggioranza degli ebrei e dei rabbini valuta questa visita in maniera molto positiva”, e che la presenza di Francesco “può produrre un profondo positivo impatto nella coscienza ebraica e nella concezione dei cristiani”. Rosen è uno dei 400 firmatari – tra rabbini e personalità ebraiche -di un messaggio di benvenuto al Papa, un gesto non solo di cortesia, ma segno della “riscoperta della fraternità tra ebrei e cattolici. Sono sicuro – aggiunge – che la visita sarà un evento meraviglioso, un’occasione di festa e di gioia”.
E lo testimonia il grido di esultanza al termine dell’invito di Papa Francesco a Peres e Abbas: “Invito il presidente palestinese Mahmoud Abbas e il presidente israeliano Simon Peres ad elevare insieme con me un’intensa preghiera, invocando da Dio il dono della pace”. Il Papa parla da Betlemme, il 25 maggio, dopo la messa celebrata nella Piazza della Mangiatoia. “Offro la mia casa in Vaticano per ospitare quest’incontro di preghiera”. «Una sorpresa per tutti noi», dichiara mons. William Shomali, vicario per la Palestina del patriarca cattolico latino, grande tessitore di rapporti, dato che i tentativi di arrivare ad una preghiera comune durante la visita non erano andati a buon fine. Tana Imseeh viene da Ramallah e lavora al ministero del Welfare: “Abbiamo ascoltato un annuncio storico che, sono sicura, porterà frutti di pace”, dichiara all’inviato.
Il Papa era arrivato a Betlemme dalla Giordania, dove è stato accolto calorosamente dal Re Abdallah II. Lì il Papa si è recato nel luogo del battesimo di Gesù, incontrando 600 persone, tra i rifugiati siriani, giovani feriti e disabili. Una volta in Palestina, sfidando il protocollo, ha rivolto alle autorità palestinesi l’auspicio che “le spade si trasformino in aratri e questa terra possa tornare a fiorire nella prosperità e nella concordia”. Con forza ha sostenuto che “è ora di porre fine a questa situazione di conflitto sempre più inaccettabile”, indicando che “è giunto il momento per tutti di avere il coraggio della pace”. Nel percorso verso la Piazza della Mangiatoia si passa vicino al muro che divide Betlemme da Israele, il Papa chiede di fermare la jeep per avvicinarsi al muro: vi ha sostato davanti raccogliendosi in preghiera per qualche minuto. Poi è avanzato sino a poggiarvi la fronte, a condividere fisicamente la sofferenza di un popolo. La sosta non era prevista dal programma, ma papa Francesco confida: «È difficile costruire la pace, ma vivere senza pace è un tormento». Sito del Vaticano: http://w2.vatican.va/content/francesco/it/travels/2014/outside/documents/papa-francesco-terra-santa-2014.html Sito ufficiale della visita in Terra Santa: http://popefrancisholyland2014.lpj.org/ Sito ufficiale della visita in Giordania: http://popevisit.jo/ Leggi anche: Un testimone dell’incontro tra Paolo VI e Athenagoras – Fonte Città Nuova online Giordania – Francesco elogia cristiani e musulmani – Fonte Città Nuova online (altro…)
Feb 23, 2014 | Chiara Lubich, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria, Spiritualità
I primi contatti del Movimento dei Focolari con membri della comunità ebraica in vari paesi risalgono agli anni ‘70 e ‘80. Nel 1995 una rappresentanza della Comunità ebraica di Roma dona a Chiara Lubich un simbolico albero d’ulivo in riconoscimento del suo impegno di pace tra ebrei e cristiani, piantato nel giardino del Centro del Movimento, a Rocca di Papa (Roma). Nel 1996 si svolge a Roma il 1° congresso internazionale tra ebrei e cristiani, promosso dal Movimento. Il tema è centrato sull’amore di Dio e del prossimo. Sorprendente notare la grande consonanza tra la genuina tradizione rabbinica e la spiritualità del Movimento. Il culmine dell’incontro: il “patto di amore e di misericordia” proposto da Norma Levitt, ebrea di New York, per la riconciliazione fra ebrei e cristiani e fra ebrei di diverse tradizioni. L’avvenimento, tuttavia, più significativo ha luogo a Buenos Aires (Argentina), in occasione della visita di Chiara Lubich nel 1998.
Chiara presenta la spiritualità dell’unità evidenziando i punti comuni con il patrimonio spirituale ebraico. Un momento culmine il riferimento alla Shoah: “Quel dolore indicibile della Shoah e di tutte le più recenti sanguinose persecuzioni, non può non portare frutto. Noi vogliamo condividerlo con voi, perché non sia un abisso che ci separa, ma un ponte che ci unisce. E che diventi un seme di unità”. Da allora, ogni anno, si celebra la Giornata della Pace nella “Mariapoli Lia”, cittadella dei Focolari nella provincia di Buenos Aires. Un’altra tappa: l’incontro con amici ebrei nel 1999 a Gerusalemme. Chiara, pur non potendo essere presente, risponde alle loro domande, lette da Natalia Dallapiccola ed Enzo Fondi, allora corresponsabili per il dialogo interreligioso del Movimento. Molto apprezzata dai presenti, tra cui alcuni rabbini, una risposta sul perché del dolore, e cita anche un passo del Talmud: “Chiunque non prova il nascondimento del volto di Dio, non fa parte del popolo ebraico” (TB Hagigah 5b).
Dal 2005 si svolgono quattro simposi internazionali: i primi due a Castel Gandolfo (Roma), il 3° a Gerusalemme, nel 2009. “Miracolo” e “speranza” le due parole che tornano continuamente sulla bocca di tutti: ebrei e cristiani, presente anche la comunità locale araba del Movimento. Tutti vogliono cogliere la difficile sfida dell’unità: il “Camminare insieme a Gerusalemme”, come recita il titolo del convegno. Commovente il momento del “Patto dell’amore scambievole”, solennizzato sia sul Monte Sion alla Scala, dove una tradizione vuole che Gesù ha pregato per l’unità, sia al Kotel, Muro Occidentale, detto anche del Pianto. Nel 2011, il simposio si sposta a Buenos Aires. Cristiani ed ebrei di varie correnti – ortodossi, conservatori e riformati – si confrontano, nella Mariapoli Lia, sul tema “Identità e Dialogo, un cammino che continua”. Il programma è molto ricco di interventi su discipline diverse come filosofia, antropologia, psicologia, pedagogia, diritto e comunicazione. Giorni importanti non solo per i ricchi contenuti, ma anche per l’ascolto reciproco e lo scambio delle varie esperienze. Un partecipante ebreo commenta: “In questi giorni di dialogo rispettoso le diverse correnti del Giudaismo si sono incontrati armoniosamente”.
Ulteriori passi si fanno nel 2013 a Roma, in un incontro internazionale in cui si cerca di entrare più profondamente l’uno nella tradizione dell’altro. Caratteristica principale, però, di questo fruttuoso dialogo, non sono tanto i convegni ma la vita insieme e lo scambio continuo delle proprie visioni ed esperienze, che si snoda durante tutto l’anno in tante città d’Europa, Israele, e nelle Americhe. Il 20 marzo 2014, presso l’Università Urbaniana di Roma, si svolgerà un evento dedicato a “Chiara e le religioni: insieme verso l’unità della famiglia umana”. Vorrebbe evidenziare, a sei anni dalla sua scomparsa, il suo impegno per il dialogo interreligioso. La manifestazione coincide con il 50° della dichiarazione conciliare “Nostra Aetate” sulla Chiesa e le religioni non cristiane. Si prevede la partecipazione di personalità religiose dell’ebraismo. Vedi video: Buenos Aires, 20 aprile 1998 Chiara Lubich ai membri della B’nai B’rith e ad altri membri della comunità ebraica (altro…)