4 Nov 2016 | Chiesa, Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Sarà stata la partecipazione di papa Francesco e dei massimi rappresentanti della Federazione luterana mondiale. Saranno state le toccanti espressioni della Dichiarazione Congiunta letta nella cattedrale di Lund (città di 115.000 abitanti nel sud della Svezia). Oppure la grande partecipazione di popolo. Sta di fatto che il successo dell’evento di commemorazione del V centenario della Riforma ha superato ogni aspettativa anche per l’impatto sui media. «Cristo desidera che siamo uno, così che il mondo possa credere», hanno proclamato insieme luterani e cattolici, convinti che «il modo di relazionarci tra di noi incide sulla nostra testimonianza del Vangelo». Lo sguardo del Documento è rivolto al futuro e nel quotidiano: uscire fuori da se stessi, dalla propria comunità, dalla propria chiesa per intraprendere azioni comuni «nel servizio, difendendo la dignità e i diritti umani, specialmente dei poveri, lavorando per la giustizia e rigettando ogni forma di violenza». Un proposito di lavorare insieme «per accogliere chi è straniero, per venire in aiuto di quanti sono costretti a fuggire a causa della guerra e della persecuzione, e a difendere i diritti dei rifugiati e di quanti cercano asilo» e per la difesa di tutto il creato «che soffre lo sfruttamento e gli effetti di un’insaziabile avidità». Una Dichiarazione che diventa globale nell’appello finale ai cattolici e ai luterani del mondo intero affinché «tutte le parrocchie e comunità luterane e cattoliche» siano «coraggiose e creative», dimenticando i conflitti del passato perché «l’unità tra di noi guiderà la collaborazione e approfondirà la nostra solidarietà». In Svezia la Riforma di Lutero venne introdotta per motivi puramente politici. Il re Gustav Vasa prese il controllo della Chiesa e fu soltanto nel 2000 che avvenne la separazione tra Stato e Chiesa. Nel corso dei secoli il luteranesimo ha poi acquisito tante sfaccettature che si riflettono nelle diverse caratteristiche nazionali. Ma al di là della storia di ogni singolo Paese, vediamo oggi farsi strada la “Riforma dell’unità” voluta con convinzione da entrambe le chiese, luterana e cattolica. Una riforma destinata a diventare cultura popolare e quindi possibile. Essa si fonda su 5 impegni: 1) Cominciare sempre dalla prospettiva dell’unità e non dal punto di vista delle divisioni; 2) Farsi continuamente trasformare dall’incontro con gli altri; 3) Cercare una unità visibile elaborando insieme dei passi concreti; 4) Riscoprire la forza del Vangelo; 5) Testimoniare insieme la misericordia di Dio. Impegni questi che portano a testimoniare la bellezza di essere cristiani nella diversità, proprio perché ciò che ci unisce è molto più di quello che ci divide. È questa la convinzione che ha guidato anche la lunga amicizia tra i Focolari e i luterani e l’azione di tanti altri movimenti. Antje Jackelen, la prima donna arcivescovo della chiesta luterana svedese (61 anni, sposata con due figlie) da noi intervistata, riguardo al contributo dei movimenti sostiene che essi «Sono ecumenici nella loro stessa configurazione per cui con loro i pregiudizi sono abbattuti». E che l’evento di questi giorni «è anche il frutto di 50 anni di dialogo e di lavoro fatto insieme». Nel pomeriggio, all’Arena di Malmö, gremita da 10 mila persone, si sono alternate le testimonianze: Pranita (India), Hector Fabio (Colombia), Marguerite (Burundi), Rose (Sud Sudan), Antoine (Siria). Essi, più di tanti discorsi, hanno dimostrato che già esiste una collaborazione tra le chiese, con azioni comuni per il creato, per la giustizia sociale, per i bambini, per sostenere i poveri, i contadini, le vittime delle guerre. «Queste storie – ha concluso il Papa – ci motivino e ci offrano nuovo impulso per lavorare sempre più uniti. Quando torniamo alle nostre case, portiamo con noi l’impegno di fare ogni giorno un gesto di pace e di riconciliazione, per essere testimoni coraggiosi e fedeli di speranza cristiana». Dalle parole ai fatti. Per essere veri, per essere credibili. Dichiarazione Congiunta cattolico-luterana (Fonte vatican.va) (altro…)
3 Nov 2016 | Chiara Lubich, Cultura, Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Era il 22 ottobre del 1991 quando il Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa, lo scelse all’unanimità a divenire Arcivescovo di Costantinopoli-Nuova Roma e Patriarca Ecumenico. L’intronizzazione del metropolita appena cinquantunenne avvenne il 2 novembre successivo. A quel momento il neoeletto Patriarca aveva già avuto contatti col Movimento dei Focolari, conoscendo Chiara Lubich negli anni in cui da diacono studiava a Roma e nei ripetuti viaggi di Chiara ad Istanbul per visitare il Patriarca Athenagoras e successivamente il Patriarca Demetrio. Era stato presente a diversi di quegli incontri e, soprattutto dal carisma profetico di Athenagoras, aveva ereditato, come lui stesso afferma, quella passione per l’unità della Chiesa che anche in Chiara vibrava con un vigore particolare, frutto di un altro dono dello Spirito Santo. E si sentiva chiamato a darne seguito. In questi anni la stima, l’amicizia spirituale, la ricerca della comunione non hanno fatto che crescere. Il Patriarca Bartolomeo ha fatto visita a Chiara nell’Ospedale Gemelli a Roma, qualche giorno prima della sua dipartita, portandole la sua benedizione patriarcale… Si può citare ancora la visita dell’ottobre 2015 a Loppiano, dove è stato insignito dall’Istituto Universitario Sophia del primo dottorato honoris causa in Cultura dell’unità. Un mese dopo era lui ad accogliere nella Scuola teologica di Halki (Istanbul) il 34° incontro ecumenico dei vescovi amici del Movimento.

Maria Voce e Bartolomeo I – Istanbul, 27 dicembre 2010
Questo anniversario viene quindi vissuto con partecipazione e gioia grande da tutto il Movimento. Difficile fare un bilancio esaustivo di questi 25 anni di operosità paziente e tenace, mite e generosa. “25 anni benedetti” così li definisce Maria Voce, in un breve videomessaggio che fa giungere al Patriarca Bartolomeo in questa felice occasione. La Presidente dei focolari esprime sentimenti di “gratitudine a Dio per i doni che Egli gli ha concesso”, per essere ”guida illuminata, per la Sua Chiesa” ma anche nel “coinvolgere molti nel pensiero e nell’azione concreta (…) in favore della vita, del creato, del dialogo, della pace e della costruzione della fraternità universale”. “Le giungano gli auguri di tutti i focolarini del mondo intero che le vogliono bene e che le sono vicini con tanto affetto”. La mattina di sabato scorso, 22 ottobre, un caldo sole autunnale fa da cornice all’aria di grande festa che si vive nella Chiesa di S. Giorgio, Sede del Patriarcato Ecumenico, nel quartiere del Fener dell’odierna Istanbul. E’ qui che ha luogo la Divina Liturgia, momento culmine delle celebrazioni di festeggiamento di questo Giubileo. In greco moderno “efcharistó” è la parola per dire “grazie”. E sembra che niente può esprimere meglio il rendere grazie a Dio per il dono che Egli ha fatto alla Chiesa e al mondo attraverso quest’uomo, quanto questa solenne celebrazione eucaristica secondo il rito di S. Giovanni Crisostomo, anch’egli lontano predecessore del Patriarca. Alla presenza di numerosi metropoliti provenienti da diversi Paesi e legati al Patriarcato ecumenico, del vicario apostolico Rubén Tierrablanca di Istanbul e di un Mufti Dede Bektaşi dell’Albania, il patriarca tenta di fare un resoconto di questi anni, come servo umile e grato. 
Foto: Nikos Manghina
Mgr Nicholas Wyrwoll, che aveva studiato assieme a Bartolomeo a Roma, ci aiuta a capire la portata dell’azione e delle novità che ha visto questo quarto di secolo sotto la sua guida. “Tantissime cose sono cambiate in questi 25 anni. Tanto è dovuto anche ai mutamenti politici in Turchia. Bartolomeo ora è riconosciuto come Patriarca Ecumenico, titolo che all’inizio non si poteva nominare nemmeno nella liturgia. Un cambiamento notevole è stato quello del Santo Sinodo, che è l’organo di governo più importante della Chiesa Bizantina. Prima i membri provenivano tutti dalla Turchia, ora vengono invitati dal mondo intero e si alternano con una periodicità di sei mesi. Un’altra opera enorme che dobbiamo al Patriarca Bartolomeo è di aver saputo coinvolgere l’esigua comunità greca rimasta in Turchia e le stesse autorità turche per il restauro e il ripristino di tantissime chiese e monasteri. Questo consente di conservare e valorizzare l’enorme patrimonio cristiano di questo Paese, altrimenti destinato al deterioramento e al disfacimento completo. E non solo le chiese greche, ma anche le chiese armene, le sinagoghe… Ora le autorità locali invitano il clero ad utilizzare anche per il culto questi luoghi che sono normalmente adibiti a musei. Poi l’interesse per l’ecologia, per la salvaguardia della creazione. Ha collaborato con tutte le religioni e su questo tema è un leader ascoltato a livello mondiale. Nella sua omelia conclusiva il Patriarca ha sottolineato ancora una volta l’importanza del dialogo, ribadendo la necessità di cercare la comunione: possiamo rimanere diversi, siamo di diversa cultura, di diversa storia, di diverse esperienze, la comune espressione della nostra fede non va ricercata con parole, ma nella preghiera comune. Si è quindi rivolto al Mufti dell’Albania venuto a rendere omaggio…”. Ha sottolineato ancora il Sinodo Panortodosso tenutosi a Creta… “Possiamo dire che con lui la ricerca dell’unità nella Chiesa e in particolare con la Chiesa Cattolica ha subito un’accelerazione fenomenale, basti pensare ai numerosissimi incontri con i Papi, a Istanbul, a Gerusalemme, a Roma, a Mytilene, ad Assisi e altrove, le dichiarazioni comuni… Ed è molto importante che anche il Patriarca Kirill di Mosca abbia poi avuto un contatto diretto con papa Francesco a Cuba, lo scorso febbraio”. (altro…)
30 Ott 2016 | Chiara Lubich, Chiesa, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria, Spiritualità
Papa Francesco, il vescovo Munib Younan e il pastore Martin Junge (in rappresentanza della Comunione delle 145 Chiese che compongono la Federazione Luterana Mondiale): sono queste le tre personalità che con un gesto altamente significativo, dopo 500 anni, sottoscrivono insieme l’invito alla cerimonia di apertura del V Centenario della Riforma. Come altrettanto significativo è il titolo dell’evento: “Dal conflitto alla comunione – uniti nella speranza”, che avrà luogo il 31 ottobre con un culto ecumenico nella cui seguirà una cerimonia pubblica nello stadio di Malmö, in Svezia. Già nel ‘99, con la “Dichiarazione Congiunta sulla Dottrina della Giustificazione”, si era messa una pietra miliare nella relazione ecumenica cattolico-luterana. Un’importante storico documento che nella commemorazione di quest’anno viene posto come fondamento teologico, nella ricerca della possibile, piena unità dell’unica Chiesa di Cristo. Tra i luterani e il Movimento dei Focolari c’è un lungo percorso di amicizia. Saranno, infatti, i contatti con loro che faranno capire a Chiara Lubich che la spiritualità che Dio le aveva affidato non è solo per i cattolici.
Un po’ di storia. Il 14 gennaio 1961, Chiara è invitata a parlare della spiritualità dell’unità alle suore di Darmstadt (Marienschwestern). In quell’occasione conosce alcuni pastori luterani, tra cui Klaus Hess e la moglie Amalie, cofondatori della “Bruderschaft vom gemeinsamen Leben” in Germania. Pochi mesi dopo i coniugi Hess vengono a Roma per conoscere meglio il Movimento e la Chiesa cattolica. Il 24 maggio 1961, Chiara fonda a Roma il “Centro Uno” per l’unità dei cristiani e nel giugno del ‘68 s’inaugura il Centro Ecumenico nella cittadella dei Focolari di Ottmaring (Augsburg). Nel frattempo, nelle allora due Germanie, lo spirito dei Focolari è accolto sia dai vescovi cattolici, che da quelli evangelici e luterani. Anche in Scandinavia la spiritualità dell’unità si diffonde in ambito ecumenico e nelle Mariapoli in Svezia circa la metà dei partecipanti sono luterani. A partire dal 1982, agli incontri dei vescovi cattolici amici del Movimento si aggiungono incontri ecumenici con vescovi di varie Chiese. Nel 2015, sono 6 i vescovi luterani, di tre paesi, presenti all’incontro ecumenico di vescovi tenutosi a Costantinopoli. Nell’88 viene conferito a Chiara Lubich il premio “Festa della pace di Augsburg”. Nel ‘99 è invitata allo storico evento della firma della “Dichiarazione congiunta sulla Dottrina della giustificazione” ad Augsburg. Durante la solenne celebrazione le viene affidato di comporre e recitare una preghiera. Nel 2003, l’allora vescovo luterano di Monaco, Johannes Friedrich, si reca al Centro del Movimento con una delegazione. Qui Chiara parla di Gesù Abbandonato: «Egli si è presentato (…) come modello da imitare in tutte le prove e in modo speciale nei dolori delle disunità; (…) egli abbandonato è luce pure per ricomporre la piena comunione visibile». Nel 2009, l’attuale presidente dei Focolari, Maria Voce, è invitata alle celebrazioni in occasione del 10° anniversario della “Dichiarazione congiunta”. Per l’apertura del V Centenario della Riforma, non potendo la presidente esserci di persona, a rappresentare il Movimento dei Focolari saranno i delegati centrali Friederike Koller e Ángel Bartol.
Messaggio dal 35° Incontro ecumenico di vescovi Amici del Movimento dei Focolari all’assemblea di Lund (altro…)
19 Ott 2016 | Chiara Lubich, Chiesa, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria, Spiritualità
Ci saranno anche rappresentanti della chiesa metodista del Brasile e battista delle Filippine. Moderatore responsabile sarà il cardinale Francis X. Kriengsak Kovithavanij, arcivescovo di Bangkok. Il tema scelto per quest’anno: “Gesù crocifisso ed abbandonato come base di una spiritualità di comunione”, con accenti sulla comunione fraterna e la riconciliazione, nel contesto delle celebrazioni del 500.mo della riforma. Il programma è composto da contributi teologici e spirituali alla luce della spiritualità dei Focolari, celebrazioni liturgiche di varie tradizioni cristiane e tante occasioni di scambio e comunione tra i partecipanti. Sono in programma anche alcune visite: il campo di concentramento a Dachau e alcuni luoghi significativi della riforma. Un momento importante sarà una liturgia ecumenica nella chiesa di Sant’Anna ad Augsburg il 26 ottobre. Al centro della celebrazione, la memoria della dichiarazione congiunta sulla giustificazione, con la quale la Chiesa cattolica e l’Alleanza luterana mondiale avevano messo fine a giudizi vicendevoli. Giovedì, 27 ottobre, i vescovi saranno ricevuti dal primo sindaco di Augsburg, Dr. Kurt Gribl. (altro…)
22 Set 2016 | Chiesa, Cultura, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria

L’arcivescovo maronita di Damasco, mons. Samir Nassar.
A sei anni dell’inizio della guerra nel suo Paese e nella regione, quali secondo lei gli effetti più duri sulla società? Sei anni di guerra hanno finito per scuotere il baluardo della società siriana: la famiglia, la cellula base che ha assorbito i colpi e le disgrazie di questa violenza senza fine e che è stata il salvataggio del Paese e della Chiesa fino al 2014. Ma l’insicurezza, l’intolleranza, la violenza e la distruzione caotica hanno sradicato ormai più di due milioni di famiglie. Prive di abitazioni e disperse per tutto il mondo, come potrebbero portare ancora questo calvario così pesante? Dall’inizio della guerra (15 marzo 2011) è abbastanza comune vedere la famiglia incentrata su una mamma. Gli uomini vanno alla guerra e lì spesso muoiono. Un detto popolare recita: “un orfano senza padre non è un orfano”. La famiglia rimane radunata attorno alla madre che assicura l’unità e la sopravvivenza del focolare. In questa lunga e pesante sofferenza queste madri eroiche vivono nella povertà e nelle lacrime. Esse hanno ben onorato la loro vocazione, vivendo in tende e morendo annegate. C’è un sacrificio più grande? Distruzione della cellula naturale della società, e i giovani? Si può contare su di loro per guardare al futuro? La mobilitazione generale decretata nell’ottobre 2015 invita tutti gli uomini sotto i 45 anni ad aderire al servizio militare. Una decisione che ha turbato anche gli altri membri della famiglia che non potevano partire e che sono rimasti sul posto, in attesa della fine di una guerra interminabile. Questa fascia di età che è sparita costituiva la spina dorsale delle attività economiche ancora rimanenti. Alcuni hanno raggiunto le caserme e altri hanno scelto di fuggire seguendo il cammino dell’immigrazione clandestina, spesso irreversibile, destabilizzando il mercato del lavoro e la modesta vita famigliare privata di risorse. Quale futuro per una comunità senza giovani? Quali gli effetti della guerra nei riguardi della Chiesa? Queste situazioni hanno indebolito la Chiesa. Le famiglie spesso scelgono di raggiungere il figlio partito. Da qui l’esodo delle famiglie con la conseguente vertiginosa diminuzione di fedeli in tutte le parrocchie. Squilibrio demografico: in assenza di giovani le nostre ragazze lasciate sole si sposano con musulmani poligami. Quindi, meno matrimoni, meno battesimi. Per la prima volta la Chiesa si trova ad affrontare anche un altro problema cruciale: un prete su tre presenti a Damasco ha scelto di trasferirsi in un altro Paese più tranquillo. Come fare per trattenere i sacerdoti a Damasco? Che ne diviene della Chiesa senza preti? Secondo lei, qual è la sfida e la speranza dei cristiani oggi in Siria? Le città morte nel nord della Siria sono un’inquietante fotografia di ciò che potremmo diventare. Come evitare di ridursi a guardiani di pietre? Rimane ai cristiani di Oriente il compito di riconsiderare la loro vocazione e di vivere nella scia della piccola Chiesa primitiva minoritaria che viveva senza garanzie né protezione. Saremo noi in grado di rispondere a questa sfida apostolica? Il Vangelo ci rincuora: “Non temere piccolo gregge” (Lc 12, 32). (altro…)
16 Set 2016 | Chiesa, Cultura, Dialogo Interreligioso, Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
Nel 2011 Maria Clara, neopensionata, si trasferisce nei pressi del penitenziario femminile di Pozzuoli (Napoli), una grande struttura di detenzione tra le più sovraffollate d’Italia. Colpita dal grido di dolore che arriva dalle finestre sbarrate, ne parla con gli amici della locale comunità dei Focolari e in 25 di loro (giovani, ragazzi, famiglie…) decidono di rispondere all’appello. In accordo con la Caritas diocesana e con altri Movimenti, il gruppo si immerge così in quell’umanità sofferente che sta dietro le sbarre. Un’esperienza non facile, che porta ad affinare, nel segno della misericordia, ogni gesto e parola per essere davvero quella vicinanza d’amore che quel mondo aspetta. Ognuno diventa sempre più consapevole che non va lì per “assolvere”, giudicare, o per fare semplice assistenzialismo, ma soltanto per amare, puntando alla ricostruzione della persona. Ed è forse per questo loro atteggiamento che ben presto vedono emergere in ciascuna il lato positivo. “Quando uscirò da qui voglio essere una persona nuova”, confida una di loro. E un’altra: “Adesso che so cosa vuol dire essere cristiana, voglio vivere secondo il Vangelo amando le mie compagne di cella, anche se mi rendono la vita impossibile”. E un’altra ancora: “Ho capito che il vero aiuto viene da Gesù Eucaristia e non dai ‘potenti’ della terra”. Questo fluire di luce e di grazia non si conquista con la bacchetta magica. È il frutto di una continua attenzione ai bisogni delle detenute, sostenendole nel ritrovare la propria dignità in una discreta e perseverante formazione a vivere il Vangelo. È andare con loro alla messa domenicale, animandola di canti, e mettersi a disposizione per ristrutturare la cappella. È chiedere ed ottenere il permesso dalla direzione del carcere di organizzare, nella Casa famiglia “Donna Nuova” che ospita donne a regime di detenzione alternativo, tutta una serie di laboratori di educazione sanitaria, corsi di cucina, yoga, cucito, ecc. Una delle necessità delle detenute – non detta, ma subito rilevata – è la cura della propria immagine. Ed è così che è nata l’idea della “Boutique rosa”, un luogo gratuito all’interno del carcere, con le pareti tinteggiate di rosa, con tende e mensole colorate in contrasto con il grigiore delle celle. Un punto in cui le recluse, spesso abbandonate o lontane dalla propria famiglia, settimanalmente possono ricevere prodotti per l’igiene e la cura della persona, vestiario, biancheria, ecc. Insomma tutto ciò che serve per migliorare il “look” ed aumentare la propria autostima. E intanto si ascoltano le loro difficoltà con le altre detenute o con gli agenti, si dà conforto al loro dispiacere di non potersi occupare dei figli a casa, costruendo rapporti sempre più stretti. È anche l’occasione per condividere piccole o grandi gioie, come ad esempio uno sconto di pena, una visita inattesa, i passi fatti nel ricominciare. Tante di loro sono di etnie e culture diverse e appartengono a varie chiese cristiane e diverse religioni. “Ricordo una donna ortodossa – racconta Maria Clara – che nella settimana di preghiere per l’unità dei cristiani ha voluto partecipare con un suo canto-preghiera. Piangendo, mi ha poi detto che offriva l’immenso dolore della detenzione per l’unità delle chiese. Siamo poi andati a Napoli a conoscere il marito e i 5 figli, portando loro degli aiuti. Abbiamo condiviso questa esperienza con alcune persone appartenenti a chiese cristiane di diverse denominazioni con cui in diocesi è aperto un dialogo ecumenico, proponendo loro di venire anch’esse in carcere per aiutare nella “Boutique rosa”. Non aspettavano altro! Adesso collaborano con noi anche 4 sorelle evangeliche. Grazie ad esse, i rapporti con le detenute di chiese diverse diventano sempre più stretti e, talvolta, continuano anche quando escono dal carcere”. (altro…)