Feb 7, 2018 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Cosa spinge un gruppo di giovani, dai 18 ai 34 anni, provenienti dalle tre regioni linguistiche della Svizzera, a trascorrere alcuni giorni in montagna insieme a otto focolarini e focolarine, una coppia di focolarini sposati e un sacerdote? “Il focolare dietro le quinte”, un fine settimana nella splendida cornice delle Alpi del Vallese, non solo per godere della natura, ma anche per porsi, in un ambiente ideale, una serie di domande essenziali sulla vita trascorsa e quella futura, quando la prima è molto più breve della seconda. E tra queste: Qual è la mia strada? Una domanda spesso di non facile risposta, se formulata quando vi è la straordinaria e spesso irripetibile possibilità di scegliere a 360 gradi, tra tutte le strade possibili. Per intraprenderne consapevolmente una – hanno pensato gli organizzatori – è di aiuto abbassare il volume del frastuono quotidiano e trovare uno spazio dove sia più facile ascoltare un suggerimento, spesso sussurrato all’orecchio del cuore. «Da qui l’idea di trascorrere un week end insieme, dove ci si possa esprimere con libertà e sincerità, e dove Gesù – se vuole – possa parlare nell’intimo a ognuno. Un mix di approfondimento e vita in comune, fatto di passeggiate, giochi, pulizie, cucina, preghiera, per esprimere al meglio la bellezza e anche la “normalità” di seguirlo anche oggi».
“Dietro le quinte” della vita del focolare vi è una chiamata personale di Dio a realizzare una convivenza di laici, vergini e sposati (secondo il loro stato), pienamente immersi nel mondo, ma forti della presenza spirituale di Gesù tra loro, frutto dell’amore reciproco. Una “presenza” che vogliono portare dovunque, con l’obiettivo e l’orizzonte dell’unità tra le persone e i popoli, in un mondo più fraterno e unito, nel rispetto delle diversità. Alcuni dei giovani presenti non avevano mai approfondito questa possibilità, altri avevano già deciso di formarsi una famiglia, altri ancora non si erano mai posti la domanda. Ma comune a tutti era il desiderio di approfondire un rapporto personale con Dio e conoscere lo specifico di questa particolare forma di convivenza sul modello della famiglia di Nazareth, nata dal carisma di Chiara Lubich. “Siete in mezzo a tutti, non avete un convento che vi protegga, ma come fate?” “Bello, ma non è troppo faticoso?” “Cosa significa oggi seguire Gesù?”. Tante le domande spontanee e molte le risposte, a partire dalle esperienze personali e dagli scritti, meditati insieme, sulla spiritualità evangelica dell’unità.
Kati e Istvan, sposati, hanno condiviso le proprie gioie, difficoltà e le scelte fondamentali della loro famiglia. «Sono rimasto molto colpito dalla profondità dei temi che abbiamo toccato pur non conoscendoci» ha detto un giovane. «Sono venuta con tante domande e ho ricevuto tante risposte», ha concluso una ragazza, di ritorno in città. Peter, sacerdote, ha commentato: «Un week end inaspettato. Alcuni dei ragazzi hanno espresso il desiderio di continuare a confrontarci anche dopo. Questo, secondo me, è stato il messaggio più bello dei due giorni trascorsi insieme: viviamo per voi e con voi, nell’incertezza sulla scelta della propria strada, ma nella certezza di non essere più soli a cercarla». (altro…)
Feb 3, 2018 | Chiara Lubich, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità

Foto: www.afnonlus.org
«Facciamo nostro il detto: “Amare con i fatti” (1 Gv 3,18). Gesù vuole quelli, vuole una carità verso il prossimo che sia servizio concreto. Lui stesso ci è stato modello con la lavanda dei piedi, ad esempio. Amare con le opere. Noi sappiamo che possiamo fare ciò […] tutto il giorno: un atto concreto in favore di un fratello, poi di un altro o di un altro ancora, e così via. […] E allora, alla fine della vita, per queste azioni concrete, Gesù ci darà un premio proporzionato. Se anche un solo bicchiere d’acqua offerto a lui nel prossimo non rimarrà senza ricompensa (cf Mt 10,42), che sarà di molti bicchieri d’acqua? […] Mi ha fatto impressione sapere […] (che nel nostro Movimento sono già) fiorite spontaneamente dai nostri, nel mondo, oltre 200 opere o attività in favore dei fratelli che si trovano nelle necessità più varie. Opere caritative per ammalati, per anziani, disoccupati, portatori di handicap; sole, di studenti stranieri; opere in favore di bambini in difficoltà, dei senza casa, dei carcerati, dei tossicodipendenti, di alcolizzati; corsi di promozione umana e di catechismo; iniziative nel campo dell’economia, del lavoro, dell’educazione; azioni in favore di tutte le necessità dei Paesi in via di sviluppo, o per calamità naturali… E ho lodato Dio perché sin dai primi anni del Movimento le cosiddette opere di misericordia sono state per noi, come ci suggeriva il Vangelo, condizione imprescindibile per un buon esame finale, e dunque per una buona conclusione del Santo Viaggio della vita. Con questo nostro collegamento vorrei suggerirvi di prendere in considerazione una di queste opere, di averla a cuore in modo particolare, di interessarsi ad essa, di aiutarla a svilupparsi, di incrementarla con qualche mezzo a voi possibile, di sentirvi corresponsabili di essa. […] Guardiamoci intorno. Ci saranno attività e opere concrete suscitate nel Movimento Umanità Nuova o Giovani per un Mondo Unito o Famiglie Nuove o nel Movimento Parrocchiale. Sono nella vostra zona o in altre. Vedete come mettervi in contatto, magari consultando i vostri responsabili. Avvicinatevi ad esse con dolcezza, senza scompaginarle, ma solo col desiderio di servirle se non altro con la vostra preghiera. […] Allora, intesi: amare con le opere e dare una mano ad una di esse. Che per il nostro amore concreto ed anche per questa particolare opera, il Signore possa ripetere, alludendo a ciascuno di noi: “Ecco io verrò presto e porterò con me il mio salario, per rendere a ciascuno secondo le sue opere” (Ap 22,12)». Chiara Lubich, Rocca di papa, 12 maggio 1988 Da CHIARA LUBICH – Cercando le cose di lassù – Città Nuova 1992 – pp 92-93-94 (altro…)
Feb 2, 2018 | Centro internazionale, Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Arriva a sorpresa l’annuncio della visita di papa Francesco a Loppiano, cittadella del Movimento dei Focolari, prevista per il 10 maggio 2018. Sarà la presidente Maria Voce ad accoglierlo insieme all’ordinario del luogo, mons. Mario Meini, vescovo di Fiesole. “L’annuncio ha suscitato in me sorpresa e profonda gioia”, ha commentato a caldo Maria Voce. «È un grande onore per il Movimento dei Focolari accogliere un papa tra di noi, in una nostra cittadella. Ma soprattutto è una spinta a intensificare l’impegno a vivere l’amore e l’unità radicati nel Vangelo. È questo soffio di vangelo vissuto che vorremmo papa Francesco possa trovare arrivando a Loppiano. E ora che la notizia comincia a diffondersi nelle comunità del Movimento, questa gioia e quest’impegno saranno condivisi in tutto il mondo». Loppiano è la prima delle cittadelle dei Focolari, sorta nel 1964, sulle colline toscane vicino a Firenze. Attualmente conta circa 850 abitanti: uomini e donne, famiglie, giovani e ragazzi, sacerdoti e religiosi, di 65 nazioni dei cinque continenti. Più di metà degli abitanti vi risiede stabilmente mentre altri partecipano ad una delle 12 scuole internazionali che prevedono una permanenza da 6 a 18 mesi. La componente internazionale e multiculturale, che ha fatto sua la legge dell’amore scambievole, fa di Loppiano un laboratorio di convivenza tra persone diverse per età, condizione sociale, tradizione, cultura e fede religiosa. Vedi la scheda (altro…)
Feb 1, 2018 | Focolari nel Mondo, Spiritualità
Una risposta immediata All’inizio dell’estate compravamo sempre la legna e il cherosene per l’inverno, ma era già autunno e non avevamo ancora i soldi per assicurarci il riscaldamento. Un giorno, parlandone in famiglia, ci siamo detti: “L’Eterno Padre conosce i nostri bisogni e l’importante è avere fiducia in lui”. Non avevamo neanche finito il discorso quando è arrivato un nostro amico con una busta contenente del denaro, frutto di una colletta. Mai c’era capitato di avere una risposta così immediata di Dio che provvede ai suoi figli! I.S. – Serbia Dalla dentista Un ragazzo della nostra comunità aveva i denti molto rovinati, ma essendo di famiglia povera non poteva curarsi. Un giorno l’abbiamo accompagnato da una dentista ma, arrivati nella clinica dove lavora, ci siamo accorti che era frequentata da persone ricche. Fiduciosi nella provvidenza, siamo entrati lo stesso. Dopo la visita la dottoressa ci ha chiesto se potevamo pagare un lavoro così costoso. Le abbiamo spiegato che, con gli amici, avremmo organizzato una vendita di oggetti e vestiti usati per coprire tutte le spese. La dottoressa, incuriosita, ha voluto saperne di più. “Mi pagherete con quello che avete” ha poi concluso. Mentre uscivamo ci ha richiamato, aggiungendo: “Sapete, ho tanti problemi e mi è venuto in mente che potrei farvi il lavoro gratis se voi in cambio pregherete per me”. Così abbiamo fatto. Tempo dopo la dottoressa ci ha detto che la nostra presenza aveva portato nel suo lavoro una nota di gioia e serenità. G.B. – Filippine Incontri nel carcere Sapendo che ci sono tante persone sole che hanno molto bisogno di qualcuno che stia loro accanto, abbiamo pensato di andare a visitare i malati di un ospedale, i carcerati e i ragazzi di un orfanotrofio. A questi ultimi abbiamo portato oggetti, giochi e vestiti. Poi ci siamo detti: perché non usiamo anche i mezzi di comunicazione per arrivare a più persone possibile? Dalla radio locale abbiamo ottenuto mezz’ora di programma tutto per noi. Tante persone hanno seguito la nostra trasmissione. Quando siamo tornati nel carcere, ci hanno accolto dicendo che, dopo aver sentito alla radio la nostra trasmissione, ci stavano aspettando. Di solito ai ragazzi della nostra età non è consentito di entrare nel carcere, ma per noi avevano fatto un’eccezione. Con canti ed esperienze sul Vangelo abbiamo parlato a un centinaio di detenuti, uomini e donne, e a una decina di guardie. Ci hanno chiesto di tornare. Anche il giornale locale ha dato notizia di questi incontri dentro al carcere. Un gruppo di amici – Uganda La malattia Quando ho saputo che Monique era stata colpita dalla Sla, anche se non ci vedevamo ormai da due anni, sono tornato a farmi vivo con lei per mettermi a sua disposizione. Il nostro era stato un grande amore, ma per vari motivi ci eravamo allontanati. La fede semplice di Monique si scontrava con il mio agnosticismo. Accanto a lei, che accettava serenamente la sua nuova situazione, ho vissuto un vero e proprio capovolgimento mentale. I cristiani lo definirebbero “conversione”. Quando la sua malattia ha raggiunto uno stadio terminale, mi sono trovato cambiato. Non dico di aver trovato la fede, ma il rispetto verso Monique ha creato in me uno spazio nuovo. J. M. – Francia (altro…)
Gen 31, 2018 | Chiara Lubich, Cultura, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
Il Camerun, nella regione equatoriale dell’Africa occidentale, si compone, in seguito a due storie coloniali parallele, di due gruppi di regioni che parlano rispettivamente francese e inglese. Le differenze non si limitano alla lingua, ma includono anche aspetti dell’amministrazione pubblica. Una escalation di violenza sta minacciando il Paese, in tutto 23 milioni di abitanti su un territorio di 475 mila chilometri quadrati. Raphaël Takougang, avvocato camerunense, membro dei Focolari ora in Italia, spiega: «La parte francofona divenne indipendente il 1° gennaio 1960. Per la parte anglofona ci fu un referendum, il 1° ottobre 1961, per decidere se unirsi alla vicina Nigeria (già anglofona) o rimanere con il Camerun. Il nord di questa regione scelse di unirsi alla Nigeria, il sud preferì rimanere col Camerun. Nacque così una Repubblica Federale con due stati, il Cameroun Oriental e il Southern Cameroon, ognuno con proprie istituzioni (Parlamento, governo, sistema giuridico, ecc.) e altre a livello federale. Il 20 maggio 1972 un altro referendum diede alla luce la Repubblica Unita del Camerun. Nel 1984, una semplice modifica della costituzione tolse la parola “unita” e il paese prese da allora il nome di Repubblica del Camerun. Dal 1972 in poi il malessere degli anglofoni, in forte minoranza nel Paese, è andato sempre più aumentando e ha preso il nome di “anglophone problem”».
Dal 2016 questa situazione di crisi nella parte anglofona ha scatenato una serie di scioperi, dapprima degli insegnanti, poi degli avvocati. Gli abitanti della cittadella dei Focolari di Fontem, nel cuore della foresta camerunense, spiegano: «Se da una parte i vescovi hanno sempre incoraggiato il dialogo, il boicottaggio delle istituzioni deputate all’educazione e alla giustizia ha dato una svolta inaspettata alla crisi, che si è aggravata con l’escalation di scioperi anche degli esercizi commerciali e dei sistemi di trasporto, secondo una strategia definita “Città Morta”. All’inizio dell’anno scolastico, lo scorso settembre, nessuno studente si è presentato. Nonostante le minacce di rappresaglie per i trasgressori, qua e là, coraggiosamente, alcune scuole hanno riaperto e altre ne stanno seguendo l’esempio. Anche il nostro collegio a Fontem ha ripreso le attività». La cittadella è nata dalla testimonianza di amore concreto di alcuni medici, arrivati lì nel 1966, dopo un appello del vescovo locale a Chiara Lubich, per prendersi cura del popolo Bangwa, affetto da un’altissima mortalità infantile che ne stava causando l’estinzione. In breve tempo, grazie al contributo di persone di ogni parte del mondo, Fontem si è dotata di scuole, di un ospedale e di altre strutture di servizio. Da allora, il popolo Bangwa e diversi altri popoli confinanti si sono incamminati sulla strada della fraternità, visibile ora anche in altre cittadelle nate in questi anni nel continente africano. Con i suoi 80 mila abitanti, Fontem è un centro di incontro e formazione per persone che arrivano da ogni parte dell’Africa e del mondo. Qui scoprono come lo scambio e la collaborazione tra uomini e donne di razze, culture e tradizioni diverse possa portare frutti di fratellanza anche in regioni martoriate da conflitti.
«Il Collegio di Fontem ha subito un attacco – spiegano ancora gli abitanti – ma tante persone del villaggio sono accorse per aiutare studenti e insegnanti, anche a rischio della propria vita. Con l’avvicinarsi del 1° ottobre, data storica per il Camerun anglofono, nella ricorrenza del referendum citato, si temevano manifestazioni violente, e la comunità dei Focolari ha organizzato dei gruppi di preghiere alla quale hanno aderito persone anche di altre regioni del Paese e all’estero. Fino ad ora a Fontem nessuno ha perso la vita. Ogni occasione è propizia per coltivare rapporti con le varie autorità civili, tradizionali ed ecclesiali. Cerchiamo di aiutare quanti avviciniamo ad andare oltre le paure, a creare momenti di famiglia, cominciando da quelli più vicini, spesso confusi da tante voci e dai media. I giovani hanno organizzato delle serate di “talent show” e l’evento “Sports for peace” per promuovere uno spirito positivo». «In tutto questo periodo, pur in mezzo alle difficoltà – concludono – la vita della comunità dei Focolari è andata avanti anche qui. Ci auguriamo che questa sfida di amore verso tutti ci ottenga la capacità di discernere e agire per il bene del nostro Paese». (altro…)
Gen 30, 2018 | Cultura, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Cinque anni prima, di ritorno dal Genfest 1980, Andrew Basquille, Eugene Murphy e io, all’epoca studenti allo University College di Dublino, avevamo cominciato a dedicare più tempo, insieme, alla musica. Cominciò per noi un periodo di grande creatività, che sfociò nella composizione di molti brani, sia insieme che singolarmente. “Yes to You”, la canzone che abbiamo poi portato al Genfest del 1985, risale a quell’epoca. Ecco come è nata.
Nel 1981 Chiara Lubich visitò la comunità di Londra, e gran parte delle persone dei Focolari in Irlanda si misero in viaggio per l’Inghilterra, per seguire l’evento. Un pomeriggio, mentre un gruppo di noi irlandesi stava pranzando vicino al luogo dove doveva parlare Chiara, cominciai a suonare dei semplici accordi al piano e ne uscì una melodia con una sequenza di accordi, Mi-Do minore-Fa, leggermente inusuale (alla chitarra non mi sarebbe mai venuto in mente di utilizzarla). Joe McCarroll, cantautore molto bravo, che stava lì vicino a me, si unì aggiungendo alla melodia le parole “So many times that I’ve said maybe” (“Così tante volte ho detto forse”). Allora io continuai con le parole “So many times that I said no” (“Così tante volte ho detto no”), quando si aggiunse anche Andrew, che completò il primo versetto. Nei due giorni successivi io e Andrew scrivemmo circa 3 versetti, ma ancora non ci era venuta nessuna ispirazione per il coro. Alla fine questo fu aggiunto – testo e musica insieme – da Eugene, che impresse alla canzone una particolare enfasi, facendo cantare il coro in Do maggiore e poi, con una meravigliosa interazione tra maggiore e minore, in Fa, per esprimere ed enfatizza il nuovo livello di convinzione nella scelta di Dio, con le parole “Yes to You”.
Ci venne chiesto di eseguire il brano al Genfest, che si sarebbe svolto qualche mese dopo. Abbiamo provato e riprovato, spendendo tutto quel tempo a perfezionare la nostra canzone. Quel giorno, dietro le quinte, mentre aspettavamo pazientemente il nostro turno di cantare, cominciammo a renderci conto che i tempi stavano saltando. Ci dissero che il nostro pezzo era stato tagliato. Che delusione! Mentre chiudevo la mia chitarra nella custodia, pensavo ai mesi di prove e fatica che erano stati cancellati in un istante. Poi, all’improvviso, quella decisione venne revocata e ci ritrovammo di colpo catapultati sul palcoscenico, enorme, senza nemmeno il tempo di un controllo del suono e senza poterci guardare tra noi. Non ebbi nemmeno il tempo di prendere la mia chitarra, chiusa nella custodia, e mi ritrovai tra le mani una chitarra spagnola con le corde di nylon, uno strumento che non ero affatto abituato a suonare! È così che abbiamo cantato“Yes to You” al Genfest 1985: completamente privi di riferimenti e di certezze, costretti a dipendere solo dalla forza del rapporto di amore scambievole tra noi e dal desiderio di meritarci così la presenza di Gesù tra noi. La mia esperienza al Genfest 1985 è stata di riprova e verifica, riprova della mia scelta di vivere per l’unità, e verifica che questo fosse possibile. Ho partecipato a molti altri grandi eventi – festival, partite di calcio, concerti – ma nessuno come il Genfest. Lì non c’erano odio, ostilità e inimicizia, come quando le squadre rivali si scontrano nelle partite di calcio, e nemmeno l’euforia fugace provocata dall’alcol o dalla droga, che spesso accompagna i concerti o le grandi manifestazioni. Lì, a quel grande raduno di giovani, solo una gioia più profonda e duratura.
Padraic Gilligan
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