Movimento dei Focolari

Si va a Dio attraverso l’uomo

Le insicurezze nate dalle sfide mondiali come la globalizzazione, il cambiamento climatico e la pandemia del coronavirus sembrano svegliare in tanti un nuovo bisogno di una vita spirituale. Ma una spiritualità per l’oggi – afferma Chiara Lubich nel seguente testo – si caratterizza da una decisa dimensione comunitaria.   Una delle caratteristiche più originali della spiritualità dell’unità risiede nella sua dimensione comunitaria. Si sa come in questi duemila anni dalla venuta di Gesù, la Chiesa abbia visto fiorire nel suo seno, l’una dopo l’altra, e a volte contemporaneamente, le più belle, le più ricche spiritualità, sicché la Sposa di Cristo si è vista adorna delle perle più preziose, dei brillanti più rari che hanno formato e formeranno ancora tanti santi. In tutto questo splendore una nota è sempre stata costante: è soprattutto la persona singola che va a Dio. […] Ma oggi i tempi sono cambiati. In quest’epoca lo Spirito Santo chiama con forza gli uomini a camminare accanto ad altri uomini, anzi ad essere, con tutti quanti lo vogliono, un cuor solo e un’anima sola. E lo Spirito Santo ha spinto il nostro Movimento, fin dai suoi inizi, a fare questa solenne sterzata verso gli uomini. Secondo la spiritualità dell’unità si va a Dio proprio passando per il fratello. “Io-il fratello-Dio”, si dice. Si va a Dio insieme con l’uomo, insieme con i fratelli, anzi si va a Dio attraverso l’uomo. […] È un’era, dunque, la nostra in cui la realtà della comunione viene in piena luce, in cui si cerca, oltre il Regno di Dio nelle singole persone, anche il Regno di Dio in mezzo alle persone. Le spiritualità più propriamente individuali inoltre manifestano in genere delle precise esigenze in coloro che vi sono più impegnati: la solitudine e la fuga dalle creature per raggiungere la mistica unione con la Trinità dentro di sé. Per custodire la solitudine si esige il silenzio. Per tenersi separati dagli uomini si usano il velo e la clausura, oltre ad un particolare abito. Per imitare la passione di Cristo si fanno le più svariate penitenze, a volte durissime, digiuni, veglie. Nella via dell’unità si conosce pure la solitudine e il silenzio, per attuare, ad esempio, l’invito di Gesù a chiudersi nella propria stanza a pregare, e si fuggono gli altri se portano al peccato, ma in genere si accolgono i fratelli, si ama Cristo nel fratello, in ogni fratello, Cristo che può essere vivo in lui o può rinascere anche per l’aiuto che noi gli offriamo. Ci si vuole unire con i fratelli nel nome di Gesù, onde aver garantita la sua presenza in mezzo a noi (cfr. Mt 18,20). Nelle spiritualità individuali si è quindi come in un magnifico giardino (la Chiesa) e si osserva e si ammira soprattutto un fiore: la presenza di Dio dentro di sé. In una spiritualità collettiva si amano e si ammirano tutti i fiori del giardino, ogni presenza di Cristo nelle persone. E la si ama come la propria. […]

Chiara Lubich

Da: Una spiritualità di comunione. In: Chiara Lubich, La dottrina spirituale, Milano 2001, pag. 69. (altro…)

Gennadios Zervos: per l’unità delle due Chiese sorelle

Un lunga e profonda amicizia ha unito il Metropolita recentemente scomparso al Movimento dei Focolari. Il ricordo di Gabriella Fallacara, focolarina, esperta di ecumenismo, per molti anni responsabile del Centro “Uno” per l’unità dei cristiani del Movimento dei Focolari. “Quando sono entrata la prima volta nella semplice casa di Gennadios Zervos,[1] – sono stata accolta con particolare cordialità: sua madre parlando poco italiano e un bel greco, m’ha offerto un suo strano dolce: un piccolo bianco nodo cremoso, tutto aderente ad un lungo cucchiaio immerso in un bicchiere di acqua limpida. Il suo sapore sottile sembrava contenere ogni sfumatura orientale”. Iniziava così il mio articolo-intervista a Gennadios Zervos realizzato per la rivista Città Nuova. Quel primo incontro risale al novembre 1970. Non sapevo che dopo pochi mesi sarebbe stato eletto dal Patriarca Atenagora di Costantinopoli e dal suo Sinodo con il titolo di vescovo di Cratea. Con ciò, dopo 275 anni, la prima volta nella storia era ordinato in Italia di nuovo un Vescovo ortodosso. Quell’atmosfera di “casa” ha accompagnato l’amicizia di cui il vescovo Gennadios da allora ci ha onorato per lunghissimi anni. Zervos venne giovanissimo tra i napoletani: nel 1961, quando aveva ventiquattro anni. Già allora era professore del suo liceo, docente di patrologia greca a Bari nell’Istituto Superiore di Teologia, scrittore del foglio più importante del mondo greco-ortodosso, la rivista Stakis. Era già laureato in teologia ortodossa a Costantinopoli e in teologia cattolica alla Pontifica Facoltà di Teologia a Napoli. Una carriera prestigiosa la sua, ma come era maturata? Pensava – in verità – di svolgere la sua missione in Grecia, ma il Patriarca Atenagora gli cambiò meta: è l’Italia – disse – perché “centro del cattolicesimo. Lì dobbiamo avere dei giovani teologi […], per l’unità delle due Chiese sorelle”. Una profezia che si è realizzata. Nell’ultimo scambio di qualche mese fa esprimeva così la nostra comune gioia: “Non dimenticherò mai i nostri incontri[2] a Rocca di Papa, mi hanno dato la vera gioia di conoscere Chiara Lubich, che ho ammirato in tanti anni, nei nostri incontri con gli Ortodossi, come anche nei nostri incontri con i Vescovi Amici del Movimento. L’ultima volta l’ho vista nell’Ospedale Gemelli; vive nella mia anima la sua splendida figura, la sua splendida personalità. Per noi lei è una colonna di amore e di unità che ci ha fatto conoscere il supremo testamento del nostro Salvatore, la Volontà di Dio: ‘che tutti siano una cosa sola’”. Gennadios è stato protagonista umile e tenace dei “tempi nuovi” aperti con il Concilio Vaticano II e tradotti in storia anche attraverso il carisma dell’unità di Chiara Lubich, da lui condiviso e vissuto. Ha portato la ricchezza della Sua Chiesa d’Oriente con semplicità e interezza creando ponti nuovi di rispetto, collaborazione e comprensione. Ha scritto un pezzo di storia della Chiesa che ci riempie di gratitudine.

Gabri Fallacara

  [1] G. Fallacara, “Atenagora l’ha scelto per i nuovi tempi”, Città Nuova, febbraio 1971, pp.32-34. [2] Si tratta degli incontri ecumenici promossi dal Centro “Uno”, la segreteria per l’unità dei cristiani del Movimento dei Focolari. Foto: Metropolitan Gennadios Zervos & Gabriella Fallacara at the 59th week long Ecumenical Meeting, promoted by Centro “Uno”, Castel Gandolfo, Italy, 13th May 2017. (altro…)

Gennadios Zervos: mistico apostolo dell’unità

Gennadios Zervos: mistico apostolo dell’unità

Ad alcuni giorni dalla dipartita del Metropolita pubblichiamo il ricordo che ne ha tratteggiato Mons. Piero Coda, docente di Ontologia Trinitaria presso l’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (Italia) dov’è stato Preside dal 2008 al 2020. “Ebbi una visione: una porta era aperta in cielo…”. Con queste parole, tratte dal libro dell’Apocalisse, il Metropolita Gennadios Zervos, Arcivescovo Ortodosso d’Italia e Malta, amava descrivere con sguardo sapienziale l’incontro tra il Patriarca Athenagoras e Chiara Lubich. Perché – diceva già Athenagoras – se la porta è ormai aperta, siamo chiamati ad attraversarla insieme: per condividere lo stupore e la gioia del dono divino dell’Unità. Non trovo parole più appropriate per descrivere la fiamma che aveva acceso il cuore e illuminava l’azione del Metropolita Gennadios. Facendone quello straordinario e infaticabile apostolo dell’Unità tra la Chiesa d’Oriente e la Chiesa d’Occidente che abbiamo conosciuto, dal Concilio Vaticano II ad oggi. Da quando, nel lontano 1960, era approdato in Italia dalla nativa Grecia, inviato dal Patriarca Athenagoras. Discepolo umile e ardente della bimillenaria tradizione della Chiesa d’Oriente, impersonata dalla profetica figura del Patriarca Athenagoras e in cui si era formato sin dagli studi nella storica Scuola teologica di Chalki, la cui esperienza aveva condiviso con il futuro Patriarca Bartolomeo; e del carisma dell’unità donato dallo Spirito Santo a Chiara Lubich per la Chiesa tutt’intera del nostro tempo, al di là delle distinzioni confessionali. Egli ha così vissuto, da protagonista attivo e discreto, l’entusiasmante stagione inaugurata dalla riconciliazione tra Roma e Costantinopoli in chiusura del Vaticano II, sigillata nello storico abbraccio tra Papa Paolo VI e il Patriarca Athenagoras a Gerusalemme. Per proseguire poi con tenacia e senza tentennamenti su questa strada, contribuendo in maniera unica, in Italia, alla reciproca conoscenza delle due Chiese sorelle. Sempre nutrendosi a piene mani e con intima gioia della luce del carisma dell’unità. Con questo spirito il Metropolita Gennadios ha animato il suo ministero nella Diocesi Ortodossa d’Italia e Malta, guidandola con lungimiranza come Arcivescovo – il primo dopo quasi tre secoli – a una magnifica fioritura nella costante ricerca della comunione con la Chiesa cattolica e in dialogo sincero con tutti. Da ultimo, quasi fosse la preziosa eredità che ha voluto lasciarci, ha intensamente voluto la Cattedra ecumenica Patriarca Athenagoras-Chiara Lubich presso l’Istituto Universitario Sophia in sinergia con il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli: “segno – ha sottolineato il giorno dell’inaugurazione – del nostro infinito amore a questi due straordinari protagonisti del dialogo dell’amore”. Sono testimone, sempre di nuovo stupito e grato, di quanto portasse nel cuore quest’ultima sua creatura. Vi vedeva lo strumento indispensabile perché il ‘miracolo’ piovuto dal Cielo – così ne parlava – con l’incontro tra Athenagoras e Chiara – ove Chiara s’era fatta ponte vivo tra il Patriarca di Costantinopoli e il Papa di Roma, Paolo VI – potesse dare un contributo nuovo, che lui pensava persino indispensabile, al cammino ecumenico verso la piena e visibile unità: «l’amore fra Athenagoras, Chiara e Paolo VI – ripeteva – è una realtà così potente che nessuno può più cancellare, perché si tratta della presenza di Gesù in mezzo a loro”. Con immensa gratitudine raccogliamo dalle sue mani il testimone che ci trasmette. Ricordandolo commossi con le parole del Patriarca Bartolomeo che ne ha voluto celebrare i molti e luminosi carismi di cui abbiamo gioito, e che ora in più piena luce contempliamo: “tra essi i più grandi l’umiltà e la dolcezza, la pace e la sapienza, e più grande di tutti l’amore e la fede verso la Madre Chiesa”.

Piero Coda

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Vangelo vissuto: compagni di viaggio

Come Gesù anche noi possiamo avvicinare il nostro prossimo senza paura, metterci al suo fianco per camminare insieme nei momenti difficili e gioiosi, valorizzare le sue qualità, condividere beni materiali e spirituali, incoraggiare, dare speranza, perdonare. L’arte di insegnare Durante la pandemia anch’io, come gli altri colleghi, ho svolto le mie lezioni attraverso i media digitali. All’inizio c’era la novità e quindi una certa partecipazione da parte dei ragazzi, ma col tempo alcuni furbetti hanno trovato il modo di fare altro, disinteressandosi lentamente delle lezioni. In questa varietà di risposte al mio impegno per loro, ho cercato di non mostrare preferenze o approvazioni, ma di mettere sempre l’accento sulla responsabilità personale che in quel tempo di crisi risultava certamente più difficile. Il vero dilemma però è stato al momento di dare un giudizio, anche perché vedevo chiaramente come i compiti scritti che mi mandavano mancassero di originalità, per non dire che erano copiati. Un giorno ho chiesto agli alunni stessi come e cosa avrebbero fatto al mio posto. È stata l’occasione per una sincera disamina della propria partecipazione o non partecipazione. E – ciò mi ha commosso – sono stati loro stessi a darsi il giudizio. Forse una lezione di vita così non l’avevo mai vissuta. (G.P. – Slovenia) Superare la crisi insieme Non siamo riusciti ad avere figli e questa “sconfitta” ha fatto sì che entrambi puntassimo tutto sulla carriera. Dopo 24 anni, il nostro matrimonio era in crisi. Lui sembrava sfuggirmi. Avendo capito che stavamo passando da un amore di giovani a uno di adulti, ho deciso che spettava a ma fare il primo passo e ho chiesto a mio marito di accompagnarmi da una specialista. Una volta a casa, lui, visibilmente turbato, ha confessato che non immaginava che soffrissi così tanto e mi ha chiesto scusa. Ho chiesto aiuto a Dio, ho pregato. Mi è sembrato bene lasciare quel lavoro che mi portava a primeggiare e ho cercato di essere più presente in casa, più affettuosa e comprensiva. C’è voluta tanta dolcezza e pazienza, ma ora il nostro rapporto è maturato, non più legato ad espressioni che da giovani ci sembravano essenziali. Oggi mi sento dire frasi impensabili alcuni anni fa, come: “Non potrei vivere senza di te”. Siamo come due compagni di viaggio consapevolmente tesi a realizzare il disegno di Dio su noi due uniti. (S.T – Italia) Un nipote adolescente Durante il periodo in cui le scuole erano chiuse a causa della pandemia, mio nipote adolescente è diventato più aggressivo che mai. Abitiamo nella stessa casa e posso dire che, come nonna, l’ho cresciuto, sostituendo spesso i genitori; l’ho anche accompagnato nei momenti difficili con i compagni di scuola e gli insegnanti. Un giorno la sua reazione a un cibo che non gli era piaciuto è diventata perfino offensiva. I primi pensieri che ho avuto sono stati di duro giudizio, ma subito dopo l’istinto ad amare per prima mi ha fatto andare in cucina a preparare velocemente un dolce che a lui piace. Quando ha avvertito l’odore emanato dal forno, è venuto da me, mi ha abbracciata e mi ha chiesto perdono. Non gli ho detto nulla, come se niente fosse accaduto. Allora lui ha cominciato ad aprirsi ed è nato un dialogo come da tempo non capitava. Quando sono tornati i genitori, con mia sorpresa, ha detto che, rispetto ai compagni di scuola, si sentiva un privilegiato ad avere la nonna nella stessa casa. (P.B. – Slovacchia) Niente più lamentele Spesso, invece di essere grati a Dio per ciò che abbiamo e condividerlo con chi non ha, ci lamentiamo del cibo che non ci piace, della ristrettezza delle nostre case, della mancanza di certi vestiti e via dicendo. Ci dimentichiamo che Gesù ritiene fatta a sé qualsiasi cosa facciamo a favore di un nostro fratello. A far cambiare atteggiamento a me e ad altri amici, dandoci una forte spinta a guardare ai bisogni degli altri, è stato l’uragano Maria che ha causato vittime e distruzioni nel nostro Paese. Fra i tantissimi rimasti senza un tetto c’era anche la famiglia di un mio compagno di classe: genitori e sei figli che vivevano in un seminterrato, rimasti privi di tutto. Assieme agli altri compagni ho fatto un elenco delle cose di cui avevano bisogno e abbiamo organizzato una raccolta col valido aiuto anche dei chierichetti della mia parrocchia. Quando siamo andati a consegnare la “provvidenza” raccolta, era toccante vedere con quale gioia e commozione il nostro compagno e i suoi hanno accolto tutto. (Némesis – Puerto Rico)

a cura di Stefania Tanesini

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VI, n.5, settembre-ottobre 2020) _______ 1 C. Lubich, Parola di Vita ottobre 1995, in Parole di Vita, a cura di F. Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5), Città Nuova, Roma 2017, pp. 564-565. (altro…)

The economy of Francesco

The economy of Francesco

L’incontro si terrà online dal 19 al 21 novembre. Maria Gaglione, del team organizzativo, ha raccolto le storie dei partecipanti: economisti, ricercatori, studiosi e professori universitari, imprenditori e startupper, studenti, attivisti e changemaker da 115 Paesi del mondo. “È indispensabile formare e sostenere le nuove generazioni di economisti e imprenditori” per adottare un nuovo modello di sviluppo che “non esclude ma include” e non genera disuguaglianze. Parlando a economisti e banchieri, il Papa ha evidenziato l’urgenza di una “riconversione ecologica” dell’economia e ha sottolineato il ruolo decisivo dei giovani. Su questi temi li ha invitati a confrontarsi ad Assisi (Italia), dove San Francesco “spogliatosi di tutto per scegliere Dio come stella polare della sua vita, si è fatto povero con i poveri (…). Dalla sua scelta di povertà scaturì una visione dell’economia attualissima”. L’incontro, dal titolo Economy of Francesco, si terrà online dal 19 al 21 novembre. Maria Gaglione, del team organizzativo, ha raccolto le storie dei partecipanti: “I giovani che hanno risposto all’appello del Papa sono economisti, ricercatori, studiosi e professori universitari, imprenditori e startupper, studenti, attivisti e changemaker da 115 Paesi del mondo. Sono essi stessi “costruttori” di una economia più giusta, fraterna, che punta all’inclusione. Le università, le imprese, le comunità dove operano sono “cantieri di speranza”, come li definisce il Papa. Il loro motto è “No one left behind”, perché vogliono un’economia che non lasci indietro nessuno. In questo somigliano a San Francesco che sceglie una nuova vita per dedicarsi agli ultimi”. Alla logica del profitto, San Francesco preferì quella del dono. Cosa significa fare del proprio lavoro e dello studio, un dono per gli altri? “Questi giovani scelgono di donare la propria vita, le proprie capacità, i talenti, per dare a tutto un senso più profondo. Non pochi, intrapresa un’attività di studio o lavoro, a un certo punto scelgono di cambiare strada. Joel Thompson è un ingegnere elettronico. Ispirato dall’Enciclica Laudato Si’ di Papa Francesco ha deciso di impegnarsi per la giustizia ambientale e sociale, e ora vive e lavora in un villaggio indigeno nella Guyana amazzonica dove si occupa di formazione in 16 villaggi. Diego Wawrzeniak è un imprenditore sociale brasiliano, membro della comunità Inkiri. Ha lavorato nel settore finanziario e dopo aver creato una startup ha deciso di unirsi alla sua comunità per sviluppare una banca e una moneta locali e ora segue progetti che coniugano innovazione, imprenditorialità ed economia locale. Maria Carvalho ha origini indiane, è cresciuta fra Arabia Saudita e Canada e a Londra si occupa di politiche per l’energia e il clima. Racconta che il messaggio di fraternità di San Francesco ispira la sua vita e che ha scelto di diventare uno scienziato sociale per combattere povertà e disuguaglianza”. A causa della pandemia l’evento, pensato per marzo, si terrà online a novembre. Come si svolgerà? Si conserva l’impostazione originaria dell’evento che è stato pensato come un’occasione per far emergere la voce, il pensiero, le prospettive di giovani economisti e imprenditori. Da mesi circa 1200 ragazzi da tutti i continenti lavorano sui grandi temi dell’economia di oggi, cercando di conciliare dimensioni apparentemente distanti: finanza e umanità; agricoltura e giustizia; energia e povertà; etc.. L’appuntamento di novembre sarà la tappa fondamentale di un processo dunque già avviato per raccontare l’esperienza vissuta e il lavoro di questi mesi. Le proposte e le riflessioni troveranno spazio nelle varie sessioni del programma online, dove i giovani saranno in dialogo con economisti ed esperti di fama internazionale. Ci saranno collegamenti dai luoghi simbolici di Assisi e momenti in cui i giovani racconteranno le loro storie. E spazi per l’arte, la poesia, la meditazione, le realtà territoriali. Gran parte del programma sarà fruibile in streaming collegandosi al sito www.francescoeconomy.org  Il Papa ci ha comunicato la sua presenza.

Claudia Di Lorenzi

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L’ecologia integrale richiede una profonda conversione interiore

L’ecologia integrale richiede una profonda conversione interiore

Papa Francesco ha inviato un messaggio ai partecipanti del convegno EcoOne, l’iniziativa ecologica del Movimento dei Focolari. Papa Francesco ha inviato un messaggio ai partecipanti del convegno di EcoOne, iniziativa ecologica del Movimento dei Focolari, che si è svolto dal 23 al 25 ottobre in live streaming dal Centro Mariapoli di Castel Gandolfo (Italia). “Porgo un cordiale saluto a tutti coloro che prendono parte a questo Incontro internazionale che si svolge nell’ambito dell’anno speciale dedicato al quinto anniversario della Lettera Enciclica Laudato si’. Esprimo la mia gratitudine a EcoOne, l’iniziativa ecologica del Movimento dei Focolari, e ai rappresentanti del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale e del Movimento Cattolico Mondiale per il Clima, che hanno collaborato per rendere possibile questo evento. Il vostro incontro, con il tema “Nuove vie verso l’ecologia integrale: a cinque anni dalla Laudato si’ ”, imposta una visione relazionale dell’umanità e della cura del nostro mondo a partire da diversi punti di vista: etico, scientifico, sociale e teologico. Nel ricordare la convinzione di Chiara Lubich che il mondo porta in sé un carisma di unità, confido che questa sua prospettiva possa guidare il vostro lavoro nel riconoscimento che «tutto è collegato» e che «si richiede una preoccupazione per l’ambiente unita al sincero amore per gli esseri umani e un costante impegno riguardo ai problemi della società» (Laudato si’, 91). Tra tali problemi c’è l’urgenza di un nuovo e più inclusivo paradigma socio-economico, che possa riflettere la verità che siamo «un’unica umanità, come viandanti fatti della stessa carne umana, come figli di questa stessa terra che ospita tutti noi» (Enc. Fratelli tutti, 8). Questa solidarietà tra noi e con il mondo che ci circonda richiede una ferma volontà di sviluppare e attuare misure concrete, che favoriscano la dignità di tutte le persone nei loro rapporti umani, familiari e lavorativi, combattendo allo stesso tempo le cause strutturali della povertà e lavorando per proteggere l’ambiente naturale. Il raggiungimento di un’ecologia integrale richiede una profonda conversione interiore, a livello sia personale che comunitario. Mentre esaminate le grandi sfide che dobbiamo affrontare in questo momento, inclusi i cambiamenti climatici, la necessità di uno sviluppo sostenibile e il contributo che la religione può dare alla crisi ambientale, è essenziale rompere con la logica dello sfruttamento e dell’egoismo e promuovere la pratica di uno stile di vita sobrio, semplice e umile (cfr Laudato si’, 222-224). Mi auguro che il vostro lavoro contribuisca a coltivare nel cuore dei nostri fratelli e sorelle una responsabilità condivisa gli uni per gli altri, come figli di Dio, e un rinnovato impegno ad essere buoni amministratori del creato, suo dono (cfr Gen 2,15). Cari amici, vi ringrazio nuovamente per la vostra ricerca e per i vostri sforzi di collaborazione per cercare nuove vie che conducano a un’ecologia integrale, per il bene comune della famiglia umana e del mondo. Nell’esprimere i miei migliori auguri e la preghiera per le vostre deliberazioni durante questo incontro, invoco cordialmente su di voi, sulle vostre famiglie e sui vostri collaboratori la benedizione di Dio, fonte di saggezza, di fortezza e di pace. E vi chiedo, per favore, di ricordarvi di me nelle vostre preghiere”.

Ufficio Comunicazione dei Focolari

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Il coraggio del perdono

Le restrizioni causate dalla pandemia, in particolare i momenti di lockdown, hanno spesso causato o aumentato tensioni nei rapporti personali. Ci vuole il perdono. Ma il perdono richiede forza, coraggio e allenamento. Spesso le famiglie si sfasciano perché non ci si sa perdonare. Odi antichi mantengono la divisione tra parenti, tra gruppi sociali, tra popoli. A volte c’è addirittura chi insegna a non dimenticare i torti subiti, a coltivare sentimenti di vendetta… Ed un rancore sordo avvelena l’anima e corrode il cuore. Qualcuno pensa che il perdono sia una debolezza. No, è l’espressione di un coraggio estremo, è amore vero, il più autentico perché il più disinteressato. “Se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete?” – dice Gesù – questo lo sanno fare tutti: “Voi amate i vostri nemici.”[1] Anche a noi viene chiesto di avere, imparando da Lui, un amore di padre, un amore di madre, un amore di misericordia nei confronti di quanti incontriamo nella nostra giornata, specialmente di chi sbaglia. A quanti poi sono chiamati a vivere una spiritualità di comunione, ossia la spiritualità cristiana, il Nuovo Testamento chiede ancora di più: “Perdonatevi scambievolmente”[2]. L’amore reciproco domanda quasi un patto fra noi: essere sempre pronti a perdonarci l’un altro. Solo così potremo contribuire a creare la fraternità universale.

Chiara Lubich

Tratto da: Parola di Vita, Settembre 2002, in: Chiara Lubich, Parole di Vita, pag. 666. Città Nuova Ed., 2017. [1] Cf. Mt 5,42-47. [2] Cf. Col 3,13. (altro…)

Emirati Arabi: quando il lavoro diventa sviluppo umano

Emirati Arabi: quando il lavoro diventa sviluppo umano

Nell’anno speciale rivolto all’approfondimento dei principi dell’enciclica Laudato si’, incontriamo Abdullah Al Atrash, giovane imprenditore italo-siriano negli Emirati Arabi Uniti. Come non credente, aderisce all’Economia di Comunione dei focolari. Nell’azienda che dirige, dà lavoro a migranti perlopiù asiatici e africani, garantendo un salario e misure di sostegno sociale, oltre che la massima sicurezza per i dipendenti e l’ambiente, anche in questo momento di pandemia. Sono pakistani, indiani, nepalesi, filippini e ancora nigeriani, camerunensi, senegalesi. In comune hanno un passato di grande povertà, che li ha costretti a lasciare patria e famiglia e ad emigrare, e un presente che cerca di allontanarli da sfruttamento e nuovi disagi. Si tratta di molti dei 212 dipendenti della Mas Paints, fabbrica di vernici per legno e pareti nata nel 1989 in Italia e dal 2000 presente a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, Paese in cui – a fronte di circa 10 milioni di abitanti – 9 persone su 10 sono di origine straniera. A raccontare a Vatican News di questi “colleghi e amici della ditta” è Abdullah Al Atrash, il direttore generale dell’azienda, fondata da suo padre e suo zio. Nel sentir parlare questo giovane imprenditore italo-siriano, 42 anni, una laurea in economia e commercio all’Università di Ancona e un master all’Istituto Adriano Olivetti del capoluogo marchigiano, torna alla mente la riflessione sul lavoro contenuta nell’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco, che porta il Pontefice a evidenziare come esso sia “una necessità”, una “parte del senso della vita su questa terra, via di maturazione, di sviluppo umano e di realizzazione personale”. L’altro da sé “Qualsiasi forma di lavoro – mette ancora in luce il Papa – presuppone un’idea sulla relazione che l’essere umano può o deve stabilire con l’altro da sé”. Arrivando nel 2005 a Dubai, Abdullah ha osservato, studiato e in un certo senso fatto proprio il mondo dei lavoratori migranti. “Per me è stato un trauma vedere come vivano queste persone. Tutti coloro che dai Paesi poveri vanno a lavorare in altri Stati, qualsiasi essi siano, devono poi mandare a casa molto denaro per sostenere un numero davvero alto di parenti, perché hanno tutti un sistema allargato di famiglia, nel senso che aiutano anche genitori, fratelli, cugini. Ho fatto allora un calcolo secondo cui – spiega – in media ognuno di loro deve mantenere 10 persone e questo non solo per esempio dal punto di vista dei soldi che servono per fare la spesa, ma del denaro che fa realmente la differenza tra la vita e la morte, perché in tanti di quei Paesi non vi è uno Stato sociale, per diversi motivi: grande povertà, guerra, instabilità politiche, tensioni etniche o religiose. Questa gente in genere lavora tantissime ore, con impieghi faticosi, con paghe veramente basse. Ho visto casi di persone che lavorano nell’edilizia e guadagnano una cifra che arriva a 130-150 euro al mese, privandosi di tutto pur di mandare soldi a casa”. Una cultura della reciprocità Il Pontefice nella Lettera enciclica del 2015 puntualizza come “aiutare i poveri con il denaro” possa essere un “rimedio provvisorio per fare fronte a delle emergenze”: il “vero obiettivo” – chiarisce – dovrebbe sempre essere di consentire loro “una vita degna mediante il lavoro”. Ateo, sposato con una donna cattolica e padre di due figli, Abdullah condivide con la moglie Manuela l’esperienza del Movimento dei Focolari e le iniziative dell’Economia di Comunione, avviate nel 1991 da Chiara Lubich per promuovere una cultura economica improntata alla reciprocità, proponendo e vivendo uno stile di vita alternativo a quello dominante nel sistema capitalistico. Un percorso di vita, quello dell’imprenditore italo-siriano, che lo ha portato a “tener presenti i costi della vita e il mondo in cui vivono” questi migranti, adottando misure concrete per i lavoratori della sua azienda. Non è stato facile, confessa, ma “ho moltiplicato per 5 uno stipendio base, perché potessero avere una vita assolutamente dignitosa. E ho deciso di pagare loro, non solo al dipendente ma a tutta la famiglia ‘allargata’, le spese mediche di qualsiasi genere e quelle per l’educazione dei figli – perché senza educazione difficilmente troverebbero lavoro – sostenendoli nei loro studi fino all’università”. Un bene comune Il valore predominante sembra essere, dunque, quel capitale sociale che è l’insieme di relazioni di fiducia, di affidabilità, di rispetto delle regole indispensabili ad ogni convivenza civile, come sottolinea Francesco nell’enciclica, citando la Caritas in veritate di Benedetto XVI. Abdullah racconta di aver “creato un fondo, che viene preso dagli utili”, per andare ulteriormente in aiuto dei lavoratori. “L’utile aziendale – ci tiene a sottolineare – deve secondo me essere impiegato sia per investire nell’azienda affinché possa crescere, sia ovviamente per le necessità dei titolari, ma deve anche andare in egual misura ai dipendenti dell’azienda. Di fatto è un bene comune: un’azienda è di tutti, perché vi lavorano tutti e deve servire tutti”. “Ad un certo punto – prosegue – mi sono accorto che tra i dipendenti, oltre a queste necessità, c’era anche il problema della casa in patria. L’ho capito parlando con le persone, ho voluto instaurare con loro un rapporto umano e non solo lavorativo, parlando di me e di loro, delle nostre vite. Questa è comunità. E ciò mi ha fatto capire che, per costruirsi una casa nei Paesi d’origine, loro avevano due modi: cercare di prendere soldi dalle banche, ma le banche non prestano soldi ai poveri, o – e per me è stato doloroso saperlo – rivolgersi agli usurai, perché l’usura è molto diffusa in quei Paesi, facendo poi sacrifici enormi per restituire i soldi e impiegando anni. Quindi ho cercato di capire da quante persone fosse composta la famiglia, dove queste persone volessero costruire la casa e, calcolando la somma necessaria, abbiamo provveduto ad un prestito, da restituire liberamente nel tempo e secondo le possibilità. La somma prestata è a tasso zero, anche se il tasso zero in effetti non esiste perché c’è sempre l’inflazione, soprattutto in certi Paesi”. Una produzione che rispetti l’ambiente Nel corso dell’anno speciale indetto da Papa Francesco fino al 24 maggio 2021 per riflettere sull’enciclica Laudato si’, ad Abdullah chiediamo come la propria azienda riesca a rispondere alla sfida urgente di proteggere la “casa comune”. “Produciamo alcune vernici che sono assolutamente non tossiche, quindi non nocive e non inquinanti. Ci sono poi altre gamme di prodotti che invece necessariamente lo sono, pensiamo per esempio ai solventi, molto utilizzati anche nel campo farmaceutico. La cosa importante è che non vadano a danneggiare l’ambiente, perché l’ambiente siamo noi: il Papa lo ricorda continuamente. Io, da ateo, capisco che l’ambiente è tutto ciò che vive”. “Quindi in azienda – va avanti – puntiamo alla protezione dei lavoratori, in modo che la loro salute sia tutelata al 100%, investendo moltissimo in sicurezza, in maschere, impianti d’areazione e macchinari che non fanno fuoriuscire sostanze come i solventi. Per quanto riguarda i rifiuti, abbiamo puntato tanto su macchinari che separano i rifiuti solidi, liquidi e gassosi. Successivamente società pubbliche, del governo, vengono a prenderli e li trasferiscono in luoghi appositi e adatti allo smaltimento, per evitare che vadano ad inquinare l’ambiente. Perché sotto di noi c’è il mare: quando scaviamo un po’ sotto la fabbrica troviamo il mare!”. La pandemia Nell’emergenza mondiale da coronavirus, le preoccupazioni per le condizioni dei lavoratori sono cresciute. “L’ondata che è arrivata qui – ricorda Abdullah – è stata fortissima, ha colpito l’Iran, il Kuwait, l’Arabia Saudita, tutti i Paesi intorno a noi. Il periodo più duro, con la chiusura totale, è stato tra marzo e aprile. Quando si sono avute le prime notizie del virus, abbiamo predisposto delle misure, come l’adozione di barriere di vetro per i dipendenti, in uno spazio simile ad uno sportello bancario, l’uso di mascherine chirurgiche, la misurazione della temperatura corporea, il rispetto della distanza di sicurezza di due metri, i tamponi a tutti i dipendenti, il coordinamento quotidiano con il ministero della Salute locale. E inoltre ho affittato una trentina di monolocali per osservare le quarantene in sicurezza”. Un incontro di convivenza A colpire è la parola “convivenza” che ritorna più volte nel colloquio con Abdullah, anche quando ricorda di aver partecipato, ad inizio 2019, alla Messa del Papa ad Abu Dhabi, in occasione del viaggio di Francesco negli Emirati Arabi Uniti, già all’insegna di quella fraternità e amicizia sociale di cui il Pontefice oggi parla nella Fratelli tutti. “Un’esperienza magnifica, sono andato con alcuni dei colleghi e con gli amici del Movimento dei Focolari. C’era tantissima gente, tant’è vero che io ero fuori lo stadio, sul prato, da dove si poteva seguire l’evento attraverso dei maxischermi. Ho notato che la grande maggioranza dei presenti era cattolica, ma c’erano pure 5 mila musulmani, oltre a qualche gruppo di buddisti, indù e sikh. Trasmettevano le immagini del sentito abbraccio col Grande Imam di Al-Azhar Ahamad al-Tayyib. È stato un momento liberatorio, di incontro tra mondo islamico e mondo occidentale, con il Papa venuto qui con grandissima umiltà: ha ringraziato il Paese, le autorità, il popolo, nello spirito della convivenza, della pace, della tolleranza. Ci ha voluto dire che stare tutti insieme è possibile”.

Giada Aquilino per Vatican News

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Il dolore dei Focolari per un caso di abusi in Francia

Maria Voce: “Immenso dolore e incondizionata collaborazione del Movimento affinché venga fatta piena luce; istituzione di un organo d’indagine indipendente dopo un incontro con alcune vittime di un ex-membro consacrato dei Focolari”.  “Di fronte a questo immenso dolore siamo convinti che l’unica strada da percorrere sia quella di offrire alle vittime pieno ascolto e riconoscimento dei danni subiti. Per questo voglio ribadire la piena ed incondizionata collaborazione del Movimento, affinché venga fatta piena luce sui fatti e giustizia per le vittime”. Queste le parole di Maria Voce, Presidente del Movimento dei Focolari, in un comunicato stampa del 22 ottobre 2020 sul caso di violenza su minori ad opera di J.M.M., ex-membro consacrato dei Focolari, residente in Francia. Una vittima ha reso pubblico il suo caso che risale agli anni 1981 e 1982 quando – allora quindicenne – fu molestato sessualmente. È in via di costituzione un organo indipendente attraverso il quale il Movimento dei Focolari ha deciso di avviare un’indagine straordinaria, dopo l’incontro con alcune vittime, il 18 settembre 2020. In quell’occasione il Copresidente del Movimento dei Focolari, Jesús Morán, ha espresso dolore e vergogna per gli abusi commessi da J.M.M. “così come per il silenzio o la mancata iniziativa mantenuti per anni da parte di diversi responsabili”. A breve sarà resa nota la composizione di questo organo indipendente, che avrà il compito di ascoltare le presunte vittime, di raccogliere ulteriori testimonianze e di indagare su eventuali omissioni, coperture o silenzi da parte di responsabili del Movimento. Al termine delle indagini, l’organo indipendente renderà pubblica la sua relazione finale. Per consentire il pieno svolgimento delle indagini e garantirne la piena trasparenza, i due co-responsabili dei Focolari in Francia e il co-responsabile del Movimento per l’Europa Occidentale hanno presentato le dimissioni dai rispettivi incarichi il 21 ottobre 2020. Dimissioni accolte dalla Presidente dei Focolari.

Joachim Schwind

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Coraggio! I 100 anni di Danilo Zanzucchi

L’11 agosto scorso abbiamo festeggiato i 100 anni di Danilo Zanzucchi. Con la moglie Anna Maria sono stati per oltre 40 anni responsabili del Movimento Famiglie Nuove. La loro è una storia ricchissima, una storia di amore dato, ricevuto, generato. Siamo andati a trovarli a casa loro, a Grottaferrata… https://vimeo.com/464141479 (altro…)