Movimento dei Focolari
Una nuova primavera nel Regno unito

Una nuova primavera nel Regno unito

20110905-14 «Ho trovato la soluzione per la mia vita». «È un privilegio vedere come il carisma dell’unità trasforma le persone». «Ognuno era veramente felice». Una giornata che facilmente non si dimenticherà nella storia dei Focolari della Gran Bretagna. In  cinquecento provenienti dall’Inghilterra, Scozia, Galles e una rappresentanza dell’Irlanda si sono riuniti intorno alla presidente Maria Voce e il co-presidente Giancarlo Faletti nella cornice della Friends House dei Quaccheri di Londra nel quartiere di Euston. C’è chi ha impiegato anche dieci ore di viaggio pur di non perdere l’appuntamento. Lesley, una focolarina anglicana, nella sua introduzione ad un documentario che illustra le visite di Chiara Lubich nel Regno unito, ricorda lo shock vissuto per la recente rivolta nei quartieri londinesi, inquadrandola nell’epoca di una cultura secolarizzata, di “esaltazione dell’io”, che conduce spesso a conseguenze disastrose. E sottolinea come la Gran Bretagna contiene i semi di una cultura differente piantati oltre 40 anni fa, le cui radici penetrano in profondità attraverso il messaggio di Chiara Lubich che venne a Liverpool nel 1965, la prima di otto visite che hanno lasciato il segno nella storia dell’intero movimento dei Focolari, quando tramite il rev. Canonico Bernard Pawley fu invitata a parlare della spirtualità dell’unità nella cattedrale anglicana per cominciare a rimuovere la montagna delle incomprensioni e avviare il dialogo ecumenico. Seguono le testimonianze di Eddie della Scozia, di Lucy e David del Galles, di Ann dell’Inghilterra. Pur essendo le loro storie molto diverse per ambiti – dialogo ecumenico, dialogo interreligioso, cura spirituali degli anziani – incidono per profondità e concretezza. Una coppia del Congo, invece, che ora vive in Inghilterra ripercorre la propria avventura fatta di fughe dalla guerra, le difficoltà dell’integrazione e della loro relazione di coppia risolte e vissute nella scoperta sempre nuova dell’amore reciproco proposto dal Vangelo vissuto. Nel pomeriggio il momento clou con l’intervento di Maria Voce e Giancarlo Faletti, che hanno risposto alle numerose domande dei partecipanti, toccando tanti nervi scoperti del Paese. Innanzitutto sul come dare un nuovo impulso all’ecumenismo. «Forse – ha detto – Maria Voce – necessita un colpo d’ala» ed ha invitato ognuno a risvegliare nella propria chiesa di appartenenza «il desiderio di sperimentare il dono che Dio ci ha fatto per far venire la voglia, l’acquolina in bocca, della fraternità». Nei loro viaggi in tutto il mondo Maria Voce e Giancarlo Faletti trovano che in genere nel movimento ecumenico si procede in avanti, pur nelle differenze. A Budapest, Chicago, persino in Tanzania, citano episodi di positive esperienze di ecumenismo e la gratitudine trovata nei rappresentanti delle varie chiese verso i Focolari per il loro sostegno e impegno. L’altro grande tema sono i disordini, i saccheggi, la rivolta cominciata nelle periferie di Londra ed estesasi a tutto il Paese. Dopo anni di lavoro per costruire l’unità a taluni è sembrato di aver tutto perduto, come se le violenze avessero annullato ogni slancio positivo. Come avere speranza in questa situazione? «Eppure – sottolinea con fiducia Maria Voce – continuo ad avere speranza. Le violenze mi sembra esprimano un grande vuoto, una necessità di amore, è un bisogno estremo di essere considerati, pur ricorrendo a dei mezzi sbagliati». Sono, insomma, una sfida, «ma se rispondiamo con il nostro amore possiamo creare un bene più grande», come è stato per «tante persone che hanno reagito e si sono messe insieme per trasmettere dei segnali positivi». «La società – ha proseguito Giancarlo Faletti – si deve interrogare su quali valori e modelli culturali sta proponendo e noi possiamo portare i nostri valori. È un invito a dare di più». 20110905-15Le domande sembrano non esaurirsi mai: si parla del rifiuto di Dio da parte della società e Maria Voce: «Non ho mai trovato nessuno che dice di non voler essere amato. Si può dare Dio solo attraverso l’amore». «E siamo chiamati a vivere insieme questa testimonianza che è per tutti gli uomini, tutte le religioni, anche per i non credenti. I valori che riteniamo validi li offriamo a disposizione degli altri per costruire la fraternità». Un’altra questione molto importante è relativa al tema del sacrificio: l’idea del “saper perdere”, presente nella spiritualità dell’unità, può assumere per la cultura anglosassone delle connotazioni negative. Nella spiritualità focolarina «si parla di saper perdere – spiega Maria Voce –, ma anche di pienezza. Se doni qualcosa, perdi, perché hai fatto un atto d’amore e così ti arricchisci. Si dà e si guadagna. È la matematica di Dio che non si lascia vincere in generosità». La gioia in sala è tangibile e Maria Voce vorrebbe che «da tutto il mondo venissero a vedere questa cellula viva dei Focolari per gustare i frutti, la fedeltà, la preziosità che ha portato in oltre 40 anni a tutto il movimento. La famiglia del Focolare è viva nell’amore e con la presenza di Gesù tra noi, possiamo portare l’Amore di Dio nel mondo». Tanti si stringono attorno a Maria Voce e Giancarlo Faletti per un saluto, un bacio, un abbraccio, una foto ricordo. «È una nuova fase, c’è un futuro», «la spiegazione del significato del sacrificio personale mi ha illuminato su un incidente che avevo avuto quando ero giovane e non avevo mai compreso», «a volte mi sento pessimista, ma l’ottimismo di Maria Voce e Giancarlo Faletti mi hanno contagiata», «sarà una nuova primavera». Sono alcune delle impressioni dei partecipanti. dall’inviato Aurelio Molè [nggallery id=64] Ulteriori informazioni Servizio Informazione Focolare (altro…)

Una nuova primavera nel Regno unito

Giovani a Londra: una rivoluzione che non passa

20110905-03La veduta è mozzafiato. Dalla terrazza del quinto piano del Cafod Building, l’edificio della Caritas internazionale di Londra, si abbraccia con un unico sguardo la City of London, sede del quartiere finanziario della città, con la Borsa, la Banca d’Inghilterra e il caratteristico grattacielo Gherkin, a forma di cetriolo. Spostando lo sguardo da Est verso Ovest, ammiriamo in sequenza la cupola della Cattedrale di San Paolo, il capolavoro dell’architetto Christopher Wren, il London Eye, la ruota panoramica da dove si ammira uno splendido panorama della città, il palazzo di Westminster, sede delle camere del Parlamento e l’omonima Abbazia, famosa come luogo di sepoltura dei monarchi d’Inghilterra e di celebri matrimoni. Eppure non è la veduta che ci colpisce, anche se affascinante, ma il crogiolo di etnie, i volti, di 85 giovani, per lo più londinesi, ma provenienti anche da altre città della Gran Bretagna che si incontrano sul far della sera di sabato 3 settembre per parlare sul tema: “La forza della Parola” presenti la presidente dei Focolari Maria Voce e il co-presidente Giancarlo Faletti. Mentre la calda giornata volge al tramonto, il sole penetra dalle vetrate a giorno e illumina i volti dei giovani presenti che attraverso giochi, canzoni, esperienze, gruppi di dialogo snocciolano temi per niente semplici e scontati. La parola di cui si parla è, infatti, la parola di Dio, quella spiega Chris: “Capace di rivoluzionare la nostra vita e il mondo stesso”. Una parola proposta con coraggio e chiarezza, senza annacquamenti di sorta, che genera vita e luce non solo nei secoli che furono, ma oggi proprio a Londra, la città dei recenti tumulti. È un incontro inaspettato per l’interesse, l’attenzione, la partecipazione che coinvolge tutti. “Le persone cercano il senso della vita – dice Joanna, una giovane londinese insegnante di inglese, – e si pongono molte domande, ma non trovano un posto dove ottenere risposte”. “C’è un certo imbarazzo – aggiunge Oliver – a parlare di certi temi con i miei amici perché esiste un atteggiamento comune contro i temi religiosi”. Ma non sulla terrazza del Cafod Building. A sentirli parlare e, soprattutto vedendo questi giovani così uniti, Londra offre una speranza per il futuro. C’è profondità, freschezza, apertura “colorata” di diverse etnie, culture, nazionalità e accompagnata dai diversi accenti dell’unica lingua inglese. “Leggere la mattina le parole del Vangelo e recitare le preghiere – racconta Ranjith, – mi fa affrontare con più serenità il lavoro stressante che faccio e sperimento una gioia mai conosciuta”. “Vivere il Vangelo – interviene Carlos –, originario di Panama, ha dato una forma alla mia vita senza che me ne sia accorto. Alcuni mi criticano perché mi dono troppo agli altri, ma, in fondo, vivere il Vangelo è semplice, non è complicato. Basta amare!”. “Ho da poco un nuovo lavoro – continua Edel, una ragazza del Nord Irlanda – ma non ero felice. Ho cominciato a vivere l’arte di amare e, dopo qualche giorno, il boss mi ha ringraziato di essere lì.” In grande libertà e confidenza Maria Voce ha condiviso alcune sue coinvolgenti esperienze giovanili quando scoprì con i Focolari che le parole del Vangelo potevano essere messe in pratica, fino a cambiare completamente la sua vita e portare frutti di gioia, pace e libertà persino in situazioni difficili come quando viveva a Istanbul in un contesto a forte maggioranza musulmana o estreme come nel Libano in piena guerra. “Vivere il Vangelo – ha concluso – non solo cambia la vita, ma mette in moto una rivoluzione che è nata 2 mila anni fa e non è ancora finita. Tante rivoluzioni, infatti, hanno attraversato la storia, ma chi se le ricorda più? La rivoluzione cristiana è ancora viva perché Gesù è vivo e le sue parole sono per tutti. È una meravigliosa avventura in cui ci lanciamo senza paura perché Gesù è con noi”. Dopo aver invitato tutti al prossimo Genfest del 2 settembre 2012 a Budapest e dopo una pizza presa insieme, si trovano sulla vetrata della terrazza i post it con le loro frasi. Si legge, tra l’altro. “Posso sempre ricominciare” , “non aver paura: non sei solo” e “pensa al Vangelo come una lettera d’amore di Dio per te”. È difficile descrivere la gioia, l’atmosfera calda di unità tra tutti, la voglia di far conoscere ad altri la felicità sperimentata. dall’inviato Aurelio Molè [nggallery id=63] Ulteriori informazioni Servizio Informazione Focolare (altro…)

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Vivere il carisma: unità e mezzi di comunicazione

Un aspetto caratteristico del Movimento dei focolari è la comunione, l’unità. È la conseguenza della Parola vissuta e comunicata. Scriveva Chiara: «Il Movimento prima non c’era, poi c’è stato. E l’ha fatto nascere, lo sappiamo, lo Spirito Santo, che ha agito in un modo ben preciso. Ha messo le prime focolarine in condizione di prendere in grande, vorrei dire in unico rilievo, il Vangelo; ha illuminato loro le sue Parole e ha dato loro la spinta per viverle». «L’effetto? – si chiedeva ancora Chiara –. Lo sappiamo, impensato e meraviglioso: per la Parola vissuta radicalmente, per la Parola presa sul serio, è nata una comunità ben presto numerosa, ben presto diffusa in più di cento paesetti del Trentino: era il Movimento dei focolari. Gente che prima si ignorava è diventata famiglia; cristiani, prima indifferenti l’uno all’altro, si sono compaginati in uno. Dunque la Parola di Dio fa questo miracolo, può fare questo miracolo: dare origine ad una comunità visibile». “Unità” è la parola che più contraddistingue il Movimento dei focolari. Unità che è in sé comunione e comunicazione. Unità che ha bisogno di una continua comunicazione per rendersi ogni giorno attuale. Anche i mezzi di comunicazione sociale sono così al servizio dell’unità. Le 38 edizioni della rivista Città Nuova, in 24 lingue, assieme ad altre riviste, come Gen’s per il mondo sacerdotale e Unità e carismi per i religiosi, sono realizzazioni finalizzate all’unità. Così come i “Centri Santa Chiara” audiovisivi. Disse Chiara Lubich nel 2000, rivolgendosi ad un’assemblea di comunicatori e offrendo loro quattro “principi” della comunicazione mediatica: «Per essi il comunicare è essenziale. Il tendere a vivere nel quotidiano il Vangelo, l’esperienza stessa della Parola di vita, è sempre stata ed è unita indissolubilmente al comunicarla, al raccontarne i passi ed i frutti, dato che è legge amare l’altro come sé. Si pensa che ciò che non si comunica vada perduto. Così sul vissuto si accende la luce, per chi racconta e per chi ascolta, e l’esperienza pare fissarsi nell’eterno. Si ha quasi una vocazione al comunicare». Secondo principio: «Per comunicare, sentiamo di dover “farci uno” – come noi diciamo – con chi ascolta. Anche quando si parla o si svolge un tema, non ci si limita ad esporre il contenuto del nostro pensiero. Prima sentiamo l’esigenza di sapere chi abbiamo dinanzi, conoscere l’ascoltatore o il pubblico, le sue esigenze, i desideri, i problemi. Così pure farci conoscere, spiegare perché si desidera fare quel discorso, che cosa ci ha spinti, quali gli effetti di esso su noi stessi e creare con ciò una certa reciprocità. In tal modo il messaggio viene non solo intellettualmente recepito, ma anche partecipato e condiviso». Ancora: «Sottolineare il positivo. È sempre stato nel nostro stile mettere in luce ciò che è buono, convinti che sia infinitamente più costruttivo evidenziare il bene, insistere sulle cose buone e sulle prospettive positive, che non fermarsi al negativo, anche se la denuncia opportuna di errori, limiti e colpe, è doverosa per chi ha responsabilità». Infine: «Importa l’uomo, non il media, che è un semplice strumento. Per portare l’unità, occorre anzitutto quel mezzo imprescindibile che è l’uomo, un uomo nuovo per dirla con san Paolo, che ha accolto cioè il mandato di Cristo ad essere lievito, sale, luce del mondo». (altro…)

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La fuerza de una pasión

Lía Brunet fue una de las primeras compañeras de Chiara Lubich, quien dio inicio al Movimiento de los focolares. Pionera en la difusión del Movimiento en América Latina, vive una real aventura personal y colectiva a la vez, en la senda del amor recíproco que construye la unidad en la multiplicidad, con sus consecuencias de encarnación y transformación de la realidad. Desde su irrefrenable pasión hace suyo el sueño de Jesús: “Que todos sean uno”.

Datos del autor:
Los autores cuyos testimonios dan vida a este libro, de distintas proveniencias, religiones, generaciones y vocaciones, “miran” a Lía Brunet desde el vínculo que entretejieron con ella. Lo hacen con un estilo desprovisto de formalidad, pero sí cargado de afecto, reconocimiento y análisis de su larga y prodigiosa vida al servicio de la unidad. En efecto, en Latinoamérica Lía hizo suyo el compromiso con los grandes desafíos religiosos, sociales y culturales de la región. Con enorme visión esta mujer intuyó y fomentó el despliegue del potencial de estos pueblos hermanos. Marilyn Barrio (Presentación) Monseñor Estanislao Karlic (Prólogo) Maria Voce (Prólogo) María Nieves Tapia Josefina Trebucq de Clariá Silvina Jereb, Jorge Perrin, Raúl Di Lascio Inés Blanco Francesco Ballarini Marilyn Barrio, Benedetto Teresano Ignacio Salzberg, Jaime Kopec, Mario Burman, Boris y Clara Kalnicki, Eduardo Gruz, Berta Goldsztein, Mario y Marta Hendler Carlos Martínez Marta (Marvi) Yofre Gustavo Clariá José María Poirier Elena López Ruf, Magdalena Barrientos Editorial Ciudad Nueva – Buenos Aires
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La voluntad de Dios

¿Puede la divina voluntad hacernos felices o, al menos, dar cuenta de una futura y perenne felicidad? ¿Pueden sus inescrutables designios otorgarle un sentido a la existencia? Chiara Lubich afirma que sí. Ella estaba convencida de que sí. Lo prueba su propia y sufrida experiencia personal en muchas y diferentes ocasiones. Habla de lo que tuvo que vivir, de lo que comprendió en las lecciones místicas de su iluminación, del dolor profundo y del “abandono” que le tocó experimentar yendo tras los pasos de su divino Maestro. Con lenguaje que cada lector deberá contextualizar según los años y los destinatarios, Chiara siempre transmite su “amor enamorado del Amor” que muchas veces llega a lo más hondo del corazón. Cada uno de estos textos puede ser la oportunidad de entablar un diálogo, de afrontar una meditación y de proponernos comenzar o retomar la aventura de la vida cristiana.

Datos del autor:
Chiara Lubich (Trento, 1920 – Roma, 2008), fundadora del Movimiento de los Focolares y una de las personalidades más relevantes de la Iglesia Católica a partir del Concilio Vaticano II. Ha llevado adelante una intensa y fructífera actividad en el campo ecuménico y del diálogo interreligioso Editorial Ciudad Nueva – Buenos Aires
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[:ot]Kelma tal-Ħajja – Settembru 2011[:]

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Download Kelma tal-Ħajja – Settembru 2011


“Kien meħtieġ li nagħmlu festa u nifirħu, għax dan ħuk kien mejjet u reġa’ qam, kien mitluf u nstab.” (Lq 15, 32)1 Dan il-kliem insibuh fi tmiem il-parabbola magħrufa bħala tal-iben il-ħali, li żgur tafuha. Hu kliem li jrid jurina l-kobor tal-ħniena t’Alla. B’din il-Kelma jintemm kapitlu mill-Vanġelu ta’ San Luqa li fih Ġesù jirrakkonta żewġ parabboli oħra fuq l-istess suġġett. Tiftakarha l-istorja tan-nagħġa l-mitlufa li minħabba fiha r-ragħaj iħalli d-disgħa u disgħin l-oħra fid-deżert?2 U tiftakarha l-ġrajja tad-drakma l-mitlufa, u l-ferħ li ħasset dik il-mara meta sabitha, hekk li sejħet lil ħbiebha u l-ġirien tagħha biex jifirħu magħha?3 “Kien meħtieġ li nagħmlu festa u nifirħu, għax dan ħuk kien mejjet u reġa’ qam, kien mitluf u nstab.” B’dan il-kliem Alla qed jistieden lilek u ’l-insara kollha biex tifirħu, biex tagħmlu festa u tieħdu sehem fil-ferħ tiegħu talli dak ir-raġel midneb, li kien mitluf u issa nstab, ġie lura. Fil-parabbola dan il-kliem qed jgħidu l-missier lil ibnu l-kbir li dejjem għex miegħu, imma li wara ġurnata xogħol iebes ma riedx jidħol lura d-dar fejn kienu qed jiċċelebraw il-wasla ta’ ħuh. Il-missier mar jilqa’ lil ibnu l-kbir, kif mar jilqa’ wkoll lil ibnu l-mitluf, u għamel ħiltu biex jikkonvinċih jidħol. Imma jidhru ċari d-differenzi li kien hemm bejn il-missier u ibnu l-kbir: il-missier, li kien iħobb bla ma joqgħod ikejjel xejn u kellu ferħ kbir f’qalbu, li xtaq jaqsmu ma’ kulħadd; l-iben li kien mimli disprezz u għira lejn dak li darba kien ħuh. Infatti hu jgħid lil missieru: “Dan ibnek li belagħlek ġidek…”4. Bl-imħabba u l-ferħ tal-missier mal-wasla lura ta’ ibnu joħroġ ċar kemm ibnu l-kbir kien iżomm f’qalbu. Nistgħu ngħidu li ma’ missieru stess kellu rabta kiesħa u falza. L-aktar ħaġa importanti għal dan l-iben kien ix-xogħol, id-dmir, imma ma kellux imħabba ta’ iben lejn missieru. Aktar jagħtik li tgħid li hu kien jobdi ’l missieru daqs li kieku kien sidu. “Kien meħtieġ li nagħmlu festa u nifirħu, għax dan ħuk kien mejjet u reġa’ qam, kien mitluf u nstab.” B’dan il-kliem Ġesù qed jgħidilna biex noqogħdu attenti li ma mmorrux naqgħu fil-periklu li ngħixu biex inkunu nies tal-affari tagħna, moħħna biex inkunu perfetti, u lill-oħrajn inqisuhom inqas tajbin minna. Infatti jekk inti marbut mal-perfezzjoni, int qed tibni lilek innifsek, qed timtela bik innifsek, tammira lilek innifsek. Qed tagħmel bħall-iben li baqa’ d-dar, li jsemmi l-kwalitajiet tajba tiegħu lil missieru: “Ili dawn is-snin kollha naqdik, kelmtek ma ksirthielek qatt5”. Hawnhekk Ġesù qed jeħodha kontra min ir-rabta tiegħu m’Alla sserraħ biss fuq il-ħarsien tal-kmandamenti. Imma dan mhux biżżejjed. Dwar dan anki t-tradizzjoni Lhudija hija ċara ħafna. F’din il-parabbola Ġesù qed juri s-sbuħija tal-imħabba t’Alla billi jurina kif Alla, li hu Mħabba, jagħmel l-ewwel pass lejn il-bniedem bla ma joqgħod iqis jekk jistħoqqlux jew le. Imma hu jrid li l-bniedem jinfetaħ quddiemu biex jagħti bidu għal komunjoni vera ta’ ħajja. Naturalment, kif tista’ tifhem, l-akbar ostaklu għal Alla-Mħabba hi eżattament il-ħajja ta’ min jaħżen azzjonijiet, opri, filwaqt li Alla jixtieq jara l-qalb tagħna. “Kien meħtieġ li nagħmlu festa u nifirħu, għax dan ħuk kien mejjet u reġa’ qam, kien mitluf u nstab.” B’dan il-kliem Ġesù qed jistieden lilek biex quddiem il-midinbin, inti jkollok l-istess imħabba li għandu l-Missier lejn kull bniedem, imħabba li ma tkejjilx. Ġesù qed isejjaħlek biex ma tiġġudikax bil-kejl tiegħek l-imħabba li l-Missier għandu għal kull persuna. Bl-istedina lil ibnu l-kbir biex jaqsam miegħu l-ferħ għal dak ibnu li reġa’ nstab, il-Missier qed jitlob lilek ukoll biex tbiddel il-mod kif taħsibha: jiġifieri int trid tilqa’ bħala ħutek anki lil min m’għandek xejn lejh ħlief disprezz u superjorità. Dan għandu jġib fik konverżjoni vera, għax inti tissaffa mill-konvinzjoni li inti aktar bravu, ma tibqax tkun intolleranti lejn nies ta’ twemmin ieħor, u b’hekk tkun tista’ tilqa’ s-salvazzjoni, li ġabilna Ġesù, bħala rigal mogħti lilna biss għax Alla jħobbna. Chiara Lubich ——————————————- 1 Parola di vita, Marzu 2001, ippubblikata fuq Città Nuova 2001/4, p.7. 2  ara Lq 15, 4-7. 3  ara Lq 15,8-10. 4  Lq 15, 30. 5  Lq 15,29.[:]

Settembre 2011

“Bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato.”

Queste parole sono un invito che Dio rivolge a te, e a tutti i cristiani, a godere insieme con lui, a far festa e a partecipare alla sua gioia per il ritorno dell’uomo peccatore prima perduto e poi ritrovato. E queste parole, nella parabola, sono rivolte dal padre al figlio maggiore che aveva condiviso tutta la sua vita, ma che dopo un giorno di duro lavoro, rifiuta di entrare a casa dove si festeggia il ritorno di suo fratello. Il padre va incontro al figlio fedele, come è andato incontro al figlio perduto, e cerca di convincerlo. Ma è palese il contrasto fra i sentimenti del padre e quelli del figlio maggiore: il padre, con il suo amore senza misura e con la sua grande gioia,  che vorrebbe tutti condividessero; il figlio pieno di disprezzo e di gelosia verso suo fratello che non riconosce più come tale. Parlando di lui dice infatti: “Questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi”. L’amore e la gioia del padre per il figlio tornato, mettono ancor più in rilievo il rancore dell’altro, rancore che palesa un rapporto freddo e, si potrebbe dire, falso con lo stesso padre. A questo figlio preme il lavoro, il compimento del suo dovere, ma non ama il padre da figlio. Si direbbe piuttosto che obbedisce a lui come ad un padrone.

“Bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato.”

Con queste parole Gesù denuncia un pericolo in cui anche tu puoi incorrere: quello di una vita vissuta per essere una persona perbene, basata sulla ricerca della tua perfezione, giudicando i fratelli meno bravi di te. Infatti, se tu sei “attaccato” alla perfezione, costruisci te stesso, ti riempi di te stesso, sei pieno di ammirazione verso te stesso. Fai come il figlio rimasto a casa, che enumera al padre i suoi buoni meriti: “Io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando”.

“Bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato.”

Con queste parole Gesù va contro quell’atteggiamento per cui il rapporto con Dio sarebbe basato solo sull’osservanza dei comandamenti. Ma una tale osservanza non basta. Di questo anche la tradizione ebraica è ben conscia. In questa parabola Gesù mette in luce l’Amore divino facendo vedere come Dio, che è Amore, fa il primo passo verso l’uomo senza tener conto se egli lo meriti o no, ma vuole che l’uomo si apra a lui per poter stabilire un’autentica comunione di vita. Naturalmente, come puoi capire, l’ostacolo maggiore a Dio-Amore è proprio la vita di coloro che accumulano azioni, opere, mentre Dio vorrebbe il loro cuore.

“Bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato.”

Con queste parole Gesù invita te ad avere, nei confronti del peccatore, lo stesso amore senza misura che il Padre ha per lui. Gesù ti chiama a non giudicare secondo la tua misura l’amore che il Padre ha per qualsiasi persona. Invitando il figlio maggiore a condividere la sua gioia per il figlio ritrovato, il Padre chiede anche a te un cambiamento di mentalità: devi in pratica accogliere come fratelli e sorelle anche quegli uomini e donne verso i quali nutriresti soltanto sentimenti di disprezzo e di superiorità. Ciò provocherà in te una vera conversione, perché ti purifica dalla convinzione di essere più bravo, ti fa evitare l’intolleranza religiosa e ti fa accogliere  la salvezza, che Gesù ti ha procurato, come puro dono dell’amore di Dio. Chiara Lubich


Parola di vita, marzo 2001, pubblicata in Città Nuova 2001/4, p.7.

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Vivere il carisma: sapienza e studio

In una lettera degli anni Quaranta, Chiara Lubich scriveva una frase folgorante: «Vedi, io sono un’anima che passa per questo mondo. Ho visto tante cose belle e buone e sono sempre stata attratta solo da quelle. Un giorno (indefinito giorno) ho visto una luce. Mi parve più bella delle altre cose belle e la seguii. Mi accorsi che era la Verità». La sua aspirazione, appena diplomata come maestra, era di frequentare l’università cattolica di Milano. Pensava: «È cattolica, parleranno di Dio, mi insegneranno tante cose di Dio». Un concorso permetteva a 33 candidati di accedervi gratuitamente. Chiara risultò trentaquattresima.  Le sembrò di aver perso una grande occasione. Tra le lacrime, una voce però si fece largo nel turbinio del suo cuore: «Sarò io il tuo maestro!». L’aspetto dello studio ha in questa risposta interiore il suo riferimento. Più avanti, nel 1980, spiegava ancora: «Già nel ‘44 Gesù ha chiesto a me di lasciare lo studio e di mettere i libri in soffitta (…).  Affamata di verità, avevo visto l’assurdo di cercarla attraverso lo studio della filosofia quando la potevo trovare in Gesù, verità incarnata. E ho lasciato di studiare per seguire Gesù. (…)  Lì, in quell’episodio, c’è un preludio di quello che sarebbe fiorito col tempo nel Movimento.  Avremmo visto splendere una luce, ma essa sarebbe stata l’anima di una vita. (…)  Dopo quella rinuncia o meglio, dopo quella scelta che Dio ha chiesto a me, la luce è venuta veramente abbondante.  Essa ci ha illuminati sulla spiritualità che Dio voleva da noi, essa ha plasmato giorno dopo giorno l’Opera che si andava sviluppando.  Noi abbiamo chiamato questa luce ‘sapienza’. (…)  Ed abbiamo capito che la sapienza era fondamentalmente il nostro nuovo studio, lo studio di tutti i membri dell’Opera di Maria (…). Pur avendo lasciato già nel ‘43-‘44 gli studi, nel 1950 sentii la necessità di riprendere i libri in mano e di studiare teologia.  Sentivo il bisogno di poggiare le tante intuizioni di quel periodo su una base sicura». Numerosi sono i luoghi in cui si realizza la cultura dell’unità, ad esempio, la cosiddetta Scuola Abbà, che cura la dottrina che sgorga dal carisma dell’unità, che è alla sorgente di numerose iniziative che permeano i vari campi del pensiero e della vita. L’Università Popolare Mariana, finalizzata a fornire una formazione teologica di base ai membri del Movimento. Altre scuole e corsi orientati agli scopi specifici del Movimento. Nel campo editoriale l’editrice Città Nuova, con numerose pubblicazioni in varie lingue, e la rivista di cultura Nuova Umanità. Infine, dal 2008, l’Istituto Universitario Sophia con sede a Loppiano (Incisa V. – Firenze). (altro…)

Una nuova primavera nel Regno unito

Online il nuovo sito di Schoolmates

Ideato ed attuato dai Ragazzi per l’unità dei Focolari, in collaborazione con l’AMU (Associazione Azione per un Mondo Unito-ONLUS) e Umanità Nuova, Schoolmates è un progetto nato nel 2002 che ha coinvolto, in questi quasi dieci anni, centinaia di scuole. L’obiettivo è permettere a ragazzi di Paesi diversi di entrare in contatto e conoscersi, come suggerisce il nome, da una parte all’altra del mondo. Chi partecipa contribuisce poi, attraverso numerose attività, ad alimentare un fondo di solidarietà che permette di distribuire, ogni anno, varie borse di studio. Negli ultimi 12 mesi ne sono state assegnate 376 in 25 nazioni.

Il restyling del sito www.school-mates.org punta a migliorare la comunicazione, la partecipazione e l’interazione tra le classi ed i gruppi che aderiscono alle tre fasi del progetto.

Si inizia impegnandosi a vivere la “Regola d’oro” che invita a “fare agli altri quello che vorremmo fosse fatto a noi”, norma presente nei libri sacri di tante religioni.

La seconda fase permette di conoscersi: mettendo in rete via web classi o gruppi di ragazzi di Paesi diversi. Il progetto vuole offrire una possibilità di conoscere altre culture creando un dialogo nel quale le differenze siano fonte di ricchezza le une per le altre. In questa fase troviamo una delle novità del sito: la possibilità di gestire, per chi attuerà tutte e tre le fasi del progetto, un proprio spazio web. In esso i ragazzi potranno presentare la classe o il gruppo, far conoscere il proprio Paese sotto l’aspetto storico, geografico e culturale, e condividere esperienze e testimonianze del loro impegno a vivere la Regola d’oro. Se la classe o il gruppo desiderano mettersi in contatto con altre classi o gruppi, ciò potrà avvenire attraverso un’area riservata.

La terza fase è caratterizzata dal condividere: le classi ed i gruppi che aderiscono al progetto si impegnano infatti a contribuire al fondo di solidarietà per sostenere, ogni anno, alcuni microprogetti di solidarietà. L’obiettivo è permettere, attraverso l’assegnazione di borse di studio, a ragazzi che non avrebbero la possibilità di frequentare la scuola, di completare la formazione scolastica o professionale.

Tra le novità del nuovo sito anche una sezione dedicata ad insegnanti, educatori e tutor, ideata per condividere materiali ed esperienze didattiche realizzate nei vari paesi e nelle scuole di diverso ordine e grado.

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Una nuova primavera nel Regno unito

Vivere il carisma: armonia e ambiente

«Da noi ogni oggetto deve avere un perché», ripeteva Marilen Holzhauser, una tra le primissime focolarine. La sobrietà, l’essenzialità furono, per le prime compagne d’avventura di Chiara Lubich, stile di vivere, di arredare, di vestire. Il bello svela così il mistero di un fiore che consuma soltanto ciò di cui ha bisogno e mostra in tal modo tutta la sua reale bellezza. Il bello diventa così splendore del vero. L’armonia dell’essenzialità fa scoprire «la bellezza che salverà il mondo» e quale mondo salverà la bellezza. Nella Lettera a Diogneto, a proposito dei primi cristiani si legge: «Vivendo in città greche e barbare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale». Tutto ciò ha dei riflessi nella vita concreta di coloro che aderiscono allo “spirito dell’unità”. Ad esempio, i “Centri Mariapoli”, che accolgono congressi e corsi di formazione, e le Cittadelle di vita comune, 22 nel mondo, sono concretizzazioni che puntano a restaurare nella loro integrità umana i rapporti sociali. Così le produzioni dei centri Ave e Azur, e gli appuntamenti di “Art’è”, così come le opere d’arte di pittori, musicisti, pianisti, ballerini… vogliono esprimere la continua novità di Dio, sorgente di bellezza e armonia.

Dina Figueiredo, 'Eucarestia' - Ospedale S.Chiara, Trento 2004

Scriveva Chiara Lubich: «L’artista vero è un grande: tutti lo dicono anche se pochi sono i critici d’arte, ma in tutti v’è l’ammirazione ed il fascino del “bello”. L’artista s’avvicina in certo modo al Creatore. Il vero artista possiede la sua tecnica quasi inconsciamente e si serve dei colori, delle note, della pietra, come noi ci serviamo delle gambe per camminare. Il punto di concentramento dell’artista è nella sua anima, dove contempla un’impressione, un’idea, che egli vuole esprimere fuori di sé. Per cui, negli infiniti limiti della sua piccolezza di uomo a confronto di Dio, e quindi nella infinita diversità delle due cose “create” (passi la parola), l’artista è in certo modo uno che ricrea, crea nuovamente: e una vera “ricreazione” per l’uomo potrebbero essere i capolavori d’arte che altri uomini hanno prodotto. Purtroppo, per mancanza di veri artisti, l’uomo si ricrea per lo più in fantasticherie vuote di cinema, teatri, varietà, dove l’arte ha spesso poco posto. «L’artista vero – continua Chiara  – ci dà in certo modo con i suoi capolavori, che sono giocattoli di fronte alla natura, capolavoro di Dio, il senso di chi è Dio e ci fa rilevare nella natura l’orma trinitaria del Creatore: la materia, la legge che la informa, quasi vangelo della natura, la vita, quasi conseguenza dell’unità delle prime due. L’insieme poi è qualcosa che continuando a ”vivere” offre l’immagine dell’unità di Dio, del Dio dei viventi. Le opere dei grandi artisti non muoiono e qui è il termometro della loro grandezza, perché l’idea dell’artista s’è espressa in certo modo perfettamente sulla tela o sulla pietra componendo alcunché di vivo». (altro…)

Una nuova primavera nel Regno unito

Chiara Luce alla GMG

All’interno del vasto programma culturale predisposto per questa Giornata Mondiale della Gioventù, un evento che, secondo alcuni mezzi di comunicazione, è “essenziale”: il musical “Life, love, light” sulla vita della Beata Chiara Luce Badano. 50 giovani dei Focolari si sono proposti un obiettivo molto ambizioso: offrire questo musical – che era stato presentato solo nella Sala Paolo VI in coincidenza con la beatificazione della giovane italiana –  come risposta alle parole di Papa Benedetto XVI: “Vi invito a conoscerla : la sua vita è stata breve, ma il messaggio è grande… Diciannove anni pieni di vita, d’amore, di fede. I suoi ultimi due anni, pieni di dolore, ma sempre con amore e luce, una luce che irradiava attorno a lei, nata dal suo intimo: dal suo cuore pieno di Dio!” Mesi di preparazione, impegno, insieme ad una forte, profonda, esperienza di Dio… e quello che sembrava una sfida raggiungibile solo con un “miracolo” ieri sera, presso l’Auditorium “Pilar García Peña” (Madrid), era una splendida realtà. Dilettanti fino a pochi mesi fa, ieri sera sul palco sono stati dei veri professionisti. Prima dello spettacolo una gen del gruppo della coreografia si è espressa in questi termini: “Vogliamo comunicare che tutti noi possiamo fare il suo stesso cammino. Era una di noi”. L’auditorium, con una capienza di 5000 persone, era completamente pieno e molte persone hanno seguito il musical seduti sul pavimento o in piedi. Life, love, light presenta, con un agile intreccio di coreografie, canzoni e testi, le tappe principali della vita di Chiara Badano: l’infanzia con i genitori, i suoi rapporti con gli amici e con la fondatrice del Movimento dei Focolari, Chiara Lubich, le speranze, le conquiste ed i fallimenti di questa ragazza, fino al momento cruciale della malattia. “Perché, Gesù?” Si domanda davanti a questo dolore immenso e la risposta: “Se lo vuoi Tu, lo voglio anch’io” Un momento speciale, profondo ed emotivo, la testimonianza dal vivo di Maria Teresa e Ruggero Badano, genitori di Chiara e poi Chicca Coriasco, la sua migliore amica. Inoltre, la parola è stata data anche a dei giovani presenti che hanno condiviso le loro esperienze, il loro impegno nel vivere ogni giorno il Vangelo, come Chiara Luce. Il pubblico ha avuto una forte commozione quando si sono letti dei brani di sue lettere rivolte a Chiara Lubich: “Ho scoperto che Gesù abbandonato è la chiave per l’unità con Dio, l’ho scelto come mio primo Sposo e voglio prepararmi per quando arriva. Preferirlo”. Molti hanno sottolineato la bellezza del musical, la magnifica messa in scena, il linguaggio coinvolgente, attuale e moderno. Alcuni giovani presenti che si sono dichiarati non credenti, si sono detti d’accordo con il messaggio “d’amore e di unità” che si voleva trasmettere. “Non posso correre più, e vorrei passarvi la torcia, come alle Olimpiadi … Perché abbiamo una vita sola, e vale la pena spenderla bene.” Queste sono alcune delle ultime frasi di Chiara Luce che rispecchiano quanto vissuto durante la serata di ieri sera: adesso tocca ad ognuno di noi portare questa torcia. Video Clip su YouTube [nggallery id=61] (altro…)