Movimento dei Focolari
In Nepal per creare legami

In Nepal per creare legami

Quello che li spinge a partire per dar vita ad un focolare temporaneo è il desiderio di condividere la scoperta che ha dato senso e gioia alla loro vita. Perché altri possano sperimentare che vivere per la fraternità universale è la più bella delle avventure. Sono giovani, adulti e famiglie, che in piccoli gruppi partono verso paesi lontani, dove li aspettano comunità e villaggi per percorrere insieme un pezzo di strada e fare l’esperienza dell’accoglienza e dello scambio fra culture diverse, del donarsi all’altro e “farsi uno” nelle gioie e nei dolori. Perché – ne sono certi – l’uomo realizza pienamente sé stesso amando il suo prossimo. E la fraternità è possibile anche fra persone di fedi e convinzioni differenti: “Fai all’altro ciò che vorresti fosse fatto a te” è la Regola d’oro che tutti gli uomini possono far propria. Questi piccoli gruppi sono i cosiddetti “focolari temporanei”, traduzione itinerante dei tradizionali focolari, centri nodali del Movimento sul territorio e cuore pulsante della vita al suo interno. Negli ultimi anni ne sono nati a decine. Nel solco dei “pionieri” del Movimento dei Focolari, che a partire dagli anni ’50 furono inviati da Chiara Lubich nei diversi continenti per portare il carisma dell’unità. Come moderni apostoli. In Nepal, punto di incontro tra le popolazioni mongole dell’Asia e quelle caucasiche delle pianure indiane, con una spiritualità profonda che al buddismo affianca il cristianesimo e l’induismo, un gruppo di focolarini ha compiuto il suo viaggio. Dal 20 ottobre al 7 novembre, dalla capitale Kathmandu a Dharan, nel sud, e poi più a nord fino a Pokhara. Soprattutto creando legami. Provenienti da India, Italia e Gran Bretagna, fin da subito i membri del focolare si sono immersi nella cultura nepalese. Al loro arrivo era in corso il Dashain Hindu festival, il più grande festival indù che coinvolge l’intero Paese, e hanno partecipato al rito della Tika, ricevendo la tradizionale benedizione. A Daharan il gruppo è stato accolto in alcune parrocchie, ha raccontato della storia del Movimento e dell’impegno per la fraternità universale. Grande l’entusiasmo delle persone incontrate come dei sacerdoti. Nella capitale, al gruppo si sono uniti due giovani nepalesi che hanno partecipato al Genfest 2018 di Manila, condividendo la loro esperienza con gli studenti di una scuola guidata da padri gesuiti. A Pokhara l’incontro con alcune famiglie indù, povere e senza mezzi: armonia e dignità riempivano quelle case. I focolarini hanno parlato dell’ideale dell’unità, prima di essere invitati a pranzare insieme ascoltando musiche tradizionali. Il gruppo ha poi fatto visita al Vescovo Paul Simick, Vicario apostolico del Nepal, che si è detto felice per la loro presenza nel Paese e li ha invitati ad incontrare i sacerdoti. Un viaggio di arricchimento reciproco, quello in Nepal, dove l’ideale dell’unità ha incontrato la cultura locale. Un detto buddista lo descrive efficacemente: Coloro che hanno pensieri “alti”, non sono felici di restare nello stesso posto, ma come i cigni lasciano la loro casa e volano verso una casa più alta.

Claudia Di Lorenzi

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Corea: un ospite di eccezione alla Sung Sim Dang

Corea: un ospite di eccezione alla Sung Sim Dang

Il 24 gennaio Moon Jae-in, Presidente della Repubblica di Corea, ha fatto visita alla Panetteria Sung Sim Dang che aderisce al progetto Economia di Comunione. Per un imprenditore la visita del Presidente della Repubblica nella propria azienda è un evento a dir poco eccezionale, ma se la visita avviene proprio nel giorno del suo compleanno, ancora di più!  È quello che è successo a Daejeon ad Amata Kim e Fedes Im, imprenditori dell’Economia di Comunione (Edc) coreani della nota Panetteria Sumg Sim Dang.   Moon Jae-in, presidente della Corea del Sud dal maggio 2017 noto in occidente per esser riuscito a dare il via al processo di pace con la Corea del Nord dopo quasi 70 anni di guerra fredda, ha festeggiato il suo compleanno alla Sung Sim Dang con una magnifica torta ed ha potuto conoscerne da vicino la storia e la realtà. Il suo post su Instagram ha raccolto in poche ore oltre 76.000 like. Interessante il suo commento alla foto: “Sono stato sorpreso oggi di festeggiare il mio compleanno al panificio Sung Sim Dang di Daejeon. Durante la guerra del 1950 mio padre e il fondatore della panetteria (padre di Fedes ndr) erano sulla stessa nave di evacuazione, la Victoria, per fuggire dal Nord Corea. È per noi oggi molto caro e prezioso ricordare questo momento di storia. Il giorno del mio compleanno è un giorno come un altro ma oggi mi ricarico di nuova forza per gli auguri di molti. Grazie!” L’evento ha avuto una grossa eco sui media, anche per il grande valore – riconosciuto universalmente – che l’ azienda Edc Sung Sim Dang rappresenta per l’intera città di Daejeon. Clicca qui per vedere le immagini video dei momenti salienti della visita. Fonte:   www.edc-online.org

Antonella Ferrucci

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Migranti: oltre l’assistenzialismo

Migranti: oltre l’assistenzialismo

A Trieste (Italia) storie di accoglienza nel quotidiano. Il racconto di chi la vive in prima persona. “Insieme a Caritas e al Consorzio Italiano di Solidarietà (ICS) ci occupiamo soprattutto di famiglie di migranti e profughi con i loro bambini, ospiti presso una struttura di prima accoglienza nella nostra città, Trieste, e in provincia. Da tre anni, ogni settimana, con continuità, abbiamo attivato delle azioni concrete: un gruppetto di noi insegna italiano alle mamme in modo da far loro completare i corsi di studio per aiutarle ad affrontare meglio la quotidianità; altri giocano con i bambini e li seguono nei compiti. Sono passate dal centro ormai tante famiglie e con quasi tutte è rimasto un rapporto, anche dopo il loro trasferimento in altre case. In collaborazione, poi, con AFN – Associazione Famiglie Nuove, abbiamo avviato un progetto, autofinanziato da alcune persone della comunità, per aiutare in particolare una famiglia di nazionalità curda in difficoltà che, dopo due anni di sostegno, ora ha raggiunto la sua autonomia, permettendo loro di abitare in un appartamento in affitto grazie al lavoro che ha finalmente adesso il padre. Con altri piccoli progetti stiamo sostenendo le esigenze di altre famiglie, facendo in modo che le mamme possano seguire dei corsi di specializzazione per un possibile lavoro e i bambini possano integrarsi nelle varie attività con i loro compagni, per esempio nelle attività sportive. Li seguiamo nelle visite e cure mediche, nella ricerca della casa, abbiamo trovato alcuni lavoretti per le mamme, abbiamo potuto iscrivere un papà alla scuola guida e oggi lavora guidando i camion presso una ditta del porto. Con l’aiuto di alcune famiglie abbiamo potuto far partecipare ad una “vacanza famiglie” anche una mamma vedova africana con due bambini, che ne aveva necessità. Cerchiamo di vivere con loro momenti di vita quotidiana come i compleanni, le gite ai parchi la domenica, una gita in barca, il capodanno, il carnevale ma anche momenti di preghiera come in occasione del Ramadam con chi è di religione musulmana. Domenica 25 novembre 2018 abbiamo voluto rispondere concretamente all’appello di Papa Francesco che ha indetto la giornata mondiale dei poveri: “Questo povero grida e il Signore lo ascolta” e invitava così ogni cristiano e le varie comunità ad ascoltare questo grido e a cercare di offrire risposte con gesti concreti. Aggiungeva: “Affinché questo grido non cada invano”. Abbiamo pensato di organizzare così un pranzo – denominato “Festa dell’Amicizia” – all’insegna della condivisione con persone in difficoltà: rifugiati, profughi, disoccupati, poveri della nostra città. Si è riusciti a coinvolgere anche la nostra comunità dei Focolari chiedendo un aiuto concreto sia per il pranzo che per l’aiuto in sala e anche agli amici stessi che sono stati invitati è stato richiesto, per chi poteva e disponeva di una cucina, di contribuire con un pugno di cibo tipico dei loro paesi di provenienza. Eravamo un’ottantina: dal Camerun, Nigeria, Egitto, Tunisia, Russia, Pakistan, Kurdistan, Kossovo. Con nostra sorpresa, per la Caritas stiamo diventando un punto di riferimento, un “progetto” che va oltre l’assistenzialismo. Ci chiamano per condividere programmi, progetti e, in alcune occasioni anche per cercare soluzioni. Ci sembra siano rimasti coinvolti da questo nostro modo di fare accoglienza che, conclusa la fase di emergenza, punta alla reciprocità. Sentiamo che, in mezzo a questo caos, dove ciascuno magari non trova un punto di riferimento valoriale, quale quello dell’accogliere gli ultimi, non possiamo fermarci ma dobbiamo continuare a dare speranza”.

Paola Torelli Mosca, a nome del gruppo accoglienza migranti Trieste

Fonte: www.focolaritalia.it (altro…)

Una giornata straordinaria

Una giornata straordinaria

Ricordare Alberta Levi Temin attraverso il racconto della sua storia, parlare della Shoah con i ragazzi di una scuola media e lanciare la Regola d’oro per costruire da subito un mondo più in pace, più unito.

Alberta Levi Temin

Il sole splendido ha fatto da cornice ad una giornata speciale ad Ischia – un’isola del golfo di Napoli (Italia) – dove il 23 gennaio scorso alcuni ragazzi della Scuola Media “Giovanni Scotti” hanno potuto conoscere la storia di Alberta Levi Temin, ammiratrice di Chiara Lubich e testimone diretta della tragedia dell’olocausto, attraverso la presentazione del libro “Finché avrò vita parlerò”(Ed. L’Isola dei Ragazzi). Alla presenza di un gruppo di amici dei Focolari tra docenti, alunni e genitori, ma anche dell’autore del libro Pasquale Lubrano Lavadera e della prof.ssa Diana Pezza Borrelli (legata ad Alberta da un rapporto fraterno, alimentato anche nell’Associazione “Amicizia Ebraico-Cristiana” di Napoli), i ragazzi hanno ascoltato il racconto emozionante della sua storia. “Alberta un giorno venne a parlare nella mia scuola, – dice Pasquale – lei, di religione ebraica, insieme alla sua carissima amica Diana, di fede cattolica. Era stata invitata a raccontare a tutti i ragazzi e a noi docenti l’orrore della Shoah, ma anche a testimoniare che il dialogo è possibile fra tutti gli uomini senza distinzione di razze, di fedi o di convinzioni. Mi colpì la sua frase: –La famiglia umana è una e siamo tutti fratelli.” Alberta è morta nel 2016, ma durante la sua vita ha sempre avuto un unico pensiero che l’ha sorretta e le ha dato sempre gioia: è la Regola d’oro “Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te, non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”. Si è sempre battuta per il dialogo nella società a tutti i livelli. “Oggi più che mai capisco che bisogna avere un amore più grande – sosteneva Alberta – e, come dice Chiara Lubich, bisogna Amare la patria altrui come la propria. Dobbiamo avere amore per tutta l’umanità, solo in questo humus può nascere il dialogo”. “Ogni scuola dovrebbe dedicare in ogni classe una o due ore a settimana per insegnare il bene relazionale, quel bene che può aiutare i ragazzi a stare tra loro con serenità e a studiare insieme in uno spirito di collaborazione e di ricerca comune. Puntare a fare dell’esperienza scolastica, che è la prima e fondamentale esperienza sociale dell’uomo, una vera esperienza di aiuto reciproco”. Di tutto questo Alberta era convinta. Al termine del racconto, ai ragazzi è stato proposto di vivere la Regola d’oro,  strumento di pace e di dialogo, comune a tutte le religioni. A sigillo della giornata, la Dirigente Scolastica, prof.ssa Lucia Monti, ha posto una targa all’ulivo della pace dedicato a lei, per dirle grazie e perché la sua testimonianza continui a parlare. “Grazie – ha detto anche Chiara, un’alunna della scuola – per il messaggio di fratellanza che ci avete trasmesso, mi ha colpito molto che i cattolici si incontrano con ebrei e persone di altre religioni per costruire il mondo unito.” “Sento di ringraziare Alberta per la sua vita, la sua sapienza – ha affermato Pasquale Lubrano – e vorrei che ciascuno di noi, leggendo la sua storia, ora che lei non è più tra noi, possa partecipare pienamente a quella ‘bellezza’ interiore che l’ha resa unica, per poterla poi donare a tanti.” E ha concluso: “Ho provato oggi una grande emozione nell’ascolto attento dei ragazzi, nella loro vivace reazione, nei loro sguardi indagatori, nell’avere intravisto in ogni studente l’esigenza di vivere l’Amore per ogni uomo nella consapevolezza che la famiglia umana è una sola.”

Lorenzo Russo

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La GMG nel Paese “ponte”

A Panama è in corso la XXXIV Giornata Mondiale della Gioventù. Intervista alla giornalista panamense Flor Ortega, della comunità dei Focololari.   Nel logo della XXIV Giornata Mondiale della Gioventù, incentrata sul tema “Ecco la serva del Signore; avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1,38), la sagoma “a ponte” rappresenta il  piccolo istmo di Panama e ne simboleggia lo spirito di accoglienza. Un sottile braccio di terra di appena 75 mila chilometri quadrati, bagnato da due oceani, l’Atlantico e il Pacifico, che mette in contatto non solo le due Americhe, ma tutti i continenti, attraverso il canale che può essere oltrepassato dalle navi in transito. Un Paese ospitale, dalle porte aperte, specie per i numerosi migranti che lo hanno sempre attraversato da Nord o da Sud. Come avete lavorato alla preparazione di questo evento? “Quando il 31 luglio 2016, nel ‘Campus Misericordiae’ di Cracovia, in Polonia, Papa Francesco ha annunciato che la XXXIV Giornata Mondiale della Gioventù 2019 si sarebbe svolta a Panama, immediatamente il Movimento dei Focolari della zona del Mesoamerica, di cui Panama fa parte, ha aderito con entusiasmo”. Flor Ortega, giornalista panamense, ha seguito da subito l’aspetto della comunicazione. “All’inizio non avevamo molte notizie e abbiamo formato delle commissioni per informare tempestivamente tutti sui vari aspetti della preparazione. Ora la presenza sui media e sui social è molto forte”. Il 17 maggio, a Panama City, durante una celebrazione eucaristica con migliaia di partecipanti, l’Arcivescovo José Domingo Ulloa ha proposto delle giornate di preghiera, il 22 di ogni mese, fino a dicembre, in preparazion alla GMG. Lo stesso Arcivescovo, alcuni giorni dopo, nel suo ufficio, ha chiesto ai giovani del Movimento dei Focolari di occuparsi della prima, il 22 giugno. Come hanno aderito i giovani a questa proposta? “Con entusiasmo e impegno. Carmen Cecilia, di Panama, ci ha poi detto che questo impegno le ha fatto rivalutare la preghiera, la partecipazione all’Eucaristia, la recita del Rosario ‘come occasioni per stare faccia a faccia con Gesù’”. Molti giovani dei Focolari, sia di Panama che di altri Paesi, stanno lavorando da mesi al progetto di un evento di due giorni, al termine della GMG, dal 29 al 31 gennaio, per circa 400 partecipanti. “Gli adulti li hanno supportati provvedendo all’organizzazione dei pasti e degli alloggi, con diverse iniziative per raccogliere risorse. I giovani, da parte loro, hanno creato un programma per la registrazione on line e aperto un servizio di consultazione e di ‘call center’, per raccogliere i contributi anche da altri Paesi. Il focolare femminile di Panama è diventato per tutti un punto di riferimento anche logistico. Keilyn, del Costa Rica, l’ha definita ‘un’occasione per conoscere la comunità del Panama, molto unita e laboriosa, un vero modello’”. Dall’Italia sono arrivati a Panama anche Jesus Moran, vicepresidente dei Focolari, e il complesso internazionale del Gen Verde, che ha preso parte a due eventi introduttivi, il primo a Chitré, capoluogo della provincia di Herrera, sul Golfo di Panama, e il secondo a Colón, sulla costa atlantica. La band sarà presente anche la sera del 26 gennaio, durante la veglia in preparazione della messa conclusiva con Papa Francesco. “Pro mundi beneficio”, “a beneficio del mondo”, è scritto sullo stemma ufficiale di Panama. Cosa significa? “Il motto è legato alle finalità di servizio assolte dal canale. Ma siamo certi di poterlo estendere ora, idealmente, al messaggio che partirà da questa GMG”.

Chiara Favotti

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IUS in visita al Patriarca Bartolomeo I

IUS in visita al Patriarca Bartolomeo I

L’iniziativa è stata promossa dalla «Cattedra Ecumenica Internazionale Patriarca Athenagoras-Chiara Lubich», istituita a seguito del dottorato honoris causa conferito allo stesso Patriarca Bartolomeo nel 2015. “Continuate il percorso che avete intrapreso sulla via del dialogo, perché esso è riconciliazione, è incontro, è capacità di comprendere, è filantropia divina, è accoglienza del diverso, è trasfigurazione del mondo, è accogliere Dio nella storia umana.  Portate questo messaggio a tutti coloro che a qualsiasi titolo partecipano alla opera del Vostro Istituto, abbracciando fraternamente la Presidente del Movimento dei Focolari, Maria Voce e tutti i fratelli e sorelle del Movimento. Il Patriarcato Ecumenico è anche la Vostra casa, questa città di Costantino è anche la vostra città, perché non siete stranieri ma siete amici per noi”. È l’augurio finale che il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, ha rivolto a 30 tra docenti e studenti dell’Istituto Universitario Sophia (Loppiano) di diversi Paesi che, insieme al preside, Mons. Piero Coda, si sono recati alla sua sede al Fanar (Istanbul – Turchia). La visita della delegazione di Sophia al Patriarcato ecumenico si è svolta dall’8 al 12 gennaio ed è stata promossa dalla “Cattedra ecumenica internazionale Patriarca Athenagoras – Chiara Lubich”, istituita a seguito del dottorato h.c. conferito al Patriarca Bartolomeo il 26 ottobre 2015 per “far memoria e rilanciare lo spirito profetico che animò la straordinaria sintonia di cuore e di mente tra il Patriarca Athenagoras I e Chiara Lubich, a ridosso del Concilio Vaticano II e dello storico incontro del Patriarca con Papa Paolo VI”. La trasferta accademica prevedeva tra l’altro, insieme all’udienza col Patriarca, l’incontro col Metropolita Gennadios Zervos, presente in questi giorni a Istanbul per il Santo Sinodo, e col Metropolita Elpidophoros di Bursa presso il Monastero della Santa Trinità nell’isola di Halki (Turchia), avvenuta il 10 gennaio. Da questo incontro sono nate feconde prospettive di cooperazione tra il Seminario e l’Istituto Universitario Sophia, tra cui una Summer School, da realizzarsi probabilmente nella tarda primavera del 2020. La visita ha assunto particolare rilievo nel delicato momento di tensione che attraversa oggi il mondo ortodosso, perché intende riproporre l’impegno a percorrere con tenacia la via della reciproca conoscenza e del reciproco scambio di doni per promuovere la fraternità e la comunione. (altro…)

Nasce il Patto per una nuova governance delle città

Nasce il Patto per una nuova governance delle città

Si è concluso il convegno “Co-Governance, corresponsabilità nelle città oggi” con un documento che propone a cittadini e amministrazioni pubbliche la pratica della partecipazione e della costruzione di reti di cittadini, attori sociali e città. “La politica è l’amore degli amori che raccoglie nell’unità di un disegno comune la ricchezza delle persone e dei gruppi, consentendo a ciascuno di realizzare liberamente la propria vocazione” si è da poco concluso con le parole quantomeno sfidanti di Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, “Co- Governance, corresponsabilità nelle città oggi”, il convegno dedicato al governo partecipato delle città promosso da Movimento Umanità Nuova, Movimento Politico per l’Unità e Associazione Città per la Fraternità, espressioni dell’impegno sociale e politico dei Focolari. E’ stata la prima edizione dell’evento che tra due anni verrà replicato in Brasile. All’appuntamento hanno partecipato oltre 400 amministratori pubblici, politici, imprenditori, accademici e cittadini di 33 Paesi. Al centro dei lavori c’è stata la partecipazione, presentata nelle sue numerose applicazioni, come hanno mostrato le storie e le prassi condivise dagli oltre 60 esperti nei campi dell’urbanistica, comunicazione, servizi, economia, politica, ambiente. “Siamo convinti che la partecipazione sia una scelta strategica, il modo più consono di vivere bene dentro la città – spiega Lucia Fronza Crepaz, già parlamentare, formatrice presso la “Scuola di preparazione sociale” a Trento e membro del comitato scientifico dell’evento. “Una partecipazione non concepita come sostituzione della procedura della rappresentanza, ma scelta come una modalità efficace per affrontare la complessità dei problemi e ridare quindi corpo alla delega democratica”. Frutto dei lavori è l’approvazione e la firma del “Patto per una nuova Governance” con il quale i partecipanti s’impegnano a “contaminare” le proprie comunità e amministrazioni pubbliche. I 400 firmatari del patto si sono impegnati a comporre tre reti per aggregare le diversità e rispondere alla complessità del reale. Sono reti di cittadini: “Coloro che abitano il territorio urbano mantengono diversità di funzioni e compiti, ma sono ispirati dalla stessa responsabilità”; reti di attori collettivi, cioè gruppi professionali ed economici, soggetti del volontariato e dell’ambito religioso, della cultura e dell’università, della comunicazione, ecc.”; reti tra le città: “… che si propongono di far collaborare prima di tutto la cittadinanza con la creazione di piattaforme accessibili a tutti e di facile uso. Cooperano superando gli interessi particolari e i pregiudizi che minano la fiducia, fondamento indispensabile alla costruzione di una rete.  

Stefania Tanesini

Info e testi del convegno: www.co-governance.org (altro…)

Un supplemento d’amore

Oggi 22 gennaio il Movimento dei Focolari ricorda la nascita di Chiara Lubich avvenuta in questo giorno nel 1920. Una data che cade al cuore della “Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani” (celebrata in Europa). Un’occasione per ricordare la Fondatrice dei Focolari e la sua passione per l’unità attraverso la “preghiera ecumenica” da lei pronunciata nel 1998 ad Augsburg (Germania). Se noi cristiani diamo uno sguardo alla nostra storia di 2000 anni ed in particolare a quella del secondo millennio, non possiamo non rimanere ancora addolorati nel costatare come essa è stata spesso un susseguirsi di incomprensioni, di liti, di lotte. Colpa certamente di circostanze storiche, culturali, politiche, geografiche, sociali…; ma anche del venir meno fra i cristiani di quell’elemento unificatore loro tipico: l’amore. (…) Ma, se Dio ci ama, noi non possiamo certo rimanere inerti di fronte a tanta divina benevolenza; da veri figli e figlie dobbiamo contraccambiare il suo amore anche come Chiesa. Ogni Chiesa nei secoli si è, in certo modo, pietrificata in se stessa per le ondate di indifferenza, di incomprensioni, se non di odio reciproco. Occorre perciò per ognuna un supplemento di amore. Amore, dunque, verso le altre Chiese e amore reciproco fra le Chiese, quell’amore che porta ad essere ognuna dono alle altre, poiché si può prevedere che nella Chiesa del futuro una ed una sola sarà la verità, ma espressa in maniere diverse, osservata da varie angolazioni, abbellita da molte interpretazioni. Amore reciproco però che è veramente evangelico, e quindi valido, se praticato nella misura voluta da Gesù: amatevi gli uni gli altri – egli ha detto -, come io vi ho amato. “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri fratelli.” (cf Gv 15,13). (..) So, anche per esperienza, che, se noi tutti vivremo così, ci saranno frutti eccezionali, si avrà soprattutto un particolare effetto: vivendo assieme questi diversi aspetti del nostro cristianesimo avvertiremo di formare, sin d’ora, in certo modo, un solo popolo cristiano che potrà essere un lievito per la piena comunione tra le Chiese. Sarà quasi l’attuarsi di un altro dialogo, dopo quello della carità, quello teologico e della preghiera: un dialogo della vita, il dialogo del popolo di Dio. Dialogo più che urgente ed opportuno se è vero, come la storia insegna, che vi è poco di garantito in campo ecumenico, quando non vi è coinvolto il popolo. Dialogo che farà scoprire con maggior evidenza e valorizzare tutto il grande patrimonio già comune fra noi cristiani, costituito dal battesimo, dalla Sacra Scrittura, dai primi Concili, dai Padri della Chiesa, ecc. Attendiamo di vedere realizzarsi questo popolo, popolo che già qua e là nel mondo cristiano sta apparendo e che abbiamo fiducia che apparirà pure qui. (Chiara Lubich, Augsburg-Germania, 29 novembre 1998) Fonte: Centro Chiara Lubich (altro…)

Japay, sveglia!

A La Colmena, in Paraguay, Alejo, della comunità dei Focolari, trasmette attraverso la musica la passione per l’ideale della fraternità. «Japay, nella lingua guaranì, significa “sveglia!”» ci spiega Alejo Rolon. La Colmena, dove abita e lavora come insegnante di musica in un prestigioso collegio, è una città del dipartimento di Paraguarí, 130 km da Asunción, capitale del Paraguay, proprio nel cuore dell’America Latina. Da alcuni anni ha dato vita ad una interessantissima esperienza con oltre un centinaio di giovani che coinvolge in una serie di concerti pop. Dal palcoscenico, il messaggio che vola sulle note è un invito a costruire una società più fraterna e solidale. Il guaranì è una lingua di antichissima origine, parlata soprattutto in Paraguay, e riconosciuta nel 2011 come lingua ufficiale, insieme allo spagnolo, al termine di un processo legislativo molto complesso, durato decenni. «Japay, “sveglia!”, è per me una parola-simbolo, che indica l’atteggiamento che dovremmo avere nei confronti della vita. Il mio obiettivo è quello di rendere più consapevoli tutti, ma in primo luogo i giovani, che dobbiamo svegliarci e prendere l’iniziativa, perché il cambiamento che vogliamo vedere nella nostra città e nella società comincia da noi. Ogni iniziativa, anche piccola, in questa direzione può essere alla base di un nuovo modo di vivere. Questa è la sfida di Japay». In un momento estremamente delicato per il Paese sudamericano, alle prese con la necessità di una svolta per combattere la corruzione dilagante, la criminalità, la povertà endemica, la disuguaglianza sociale, la crisi economica, cosa propone concretamente Alejo con le sue canzoni? Ce lo spiega lui stesso: «La nostra filosofia è questa: dobbiamo cambiare mentalità. Ad esempio, nei testi che cantiamo proponiamo di vivere onestamente, anziché rubare o praticare la corruzione, una piaga purtroppo molto diffusa; di praticare una cittadinanza attiva, anziché l’arte dell’arrangiarsi, ognuno per conto proprio; di abbandonare la mentalità rassegnata del “così è sempre stato” e andare alle origini della nostra cultura salvando la sua parte migliore: l’intraprendenza, la creatività, la generosità nei confronti di chi ci vive accanto, il coraggio di affrontare i limiti, la capacità di convivere armoniosamente tra persone diverse. Il nostro è davvero, come dice la Costituzione del Paraguay, “un Paese multiculturale e bilingue”, ricco di tradizioni e valori. Ma ci sono problemi e ferite profonde, anche recenti. Lavoriamo sul potenziale delle persone, facendo leva sui loro sentimenti più veri». Alejo trasmette con la musica quello che ha ricevuto a sua volta dal carisma dell’unità: «Japay per me – spiega – ha anche un altro significato: JA (Jesùs Abandonado) e PAY (Paraguay). Nei problemi della mia gente e della società riconosco un volto sofferente di Gesù sulla croce: è per Lui che ho dato vita a quest’esperienza. E chissà dove ci porterà».

Chiara Favotti

Vedi anche japayparaguay.org e www.youtube.com/watch?v=wqByefcq1Yc (altro…)

Rifugiati: l’accoglienza prima del pane

Rifugiati: l’accoglienza prima del pane

In dialogo con Liliane Mugombozi, giornalista congolese, del focolare di Nairobi. Lavora presso il Jesuit Refugee Service della capitale keniota: “I migranti africani? La maggior parte di loro non va in Europa, ma si sposta nel continente africano”. “Per i media internazionali l’Africa è il continente dell’esodo di massa, ma questa non è la realtà. I migranti si muovono soprattutto dentro il continente. Tra il 2015 e il 2017 in Africa si sono spostati quasi 19 milioni di persone”. Liliane Mugombozi parla con cognizione di causa di questo fenomeno poco raccontato ma che lei conosce a fondo non solo per la professione giornalistica che esercita da molti anni, ma soprattutto per esperienza diretta. Da due anni e mezzo lavora al JRS (Jesuit Refugee Service), il Servizio per i rifugiati gestito dai Padri Gesuiti a Nairobi (Kenya).    “Dal settembre 2017 più di mezzo milione di rifugiati vive in Kenya. Vengono soprattutto dalla Regione dei Grandi Laghi, dal Corno d’Africa e dall’Africa Centrale, ma anche dal Myanmar, dall’Afghanistan, ecc. . La maggior parte vive nei campi profughi di Dadaab e Kakuma; circa 64.000 rifugiati risiedono a Nairobi”. Racconta che nel dicembre scorso hanno organizzato un workshop per 48 ragazzi rifugiati, provenienti da tanti paesi africani: dal Sud Sudan alla Somalia. Lo scopo era guardare insieme alla loro situazione di rifugiati e offrire strumenti per affrontare le sfide di tutti i giorni: dai diritti umani alle difficoltà culturali. ‘Quando vi guardo – ho detto loro – non vedo dei rifugiati, vedo il futuro di questo continente, vedo il futuro del mondo. Tutti voi avete sperimentato la sofferenza, chi meglio di voi potrà costruire delle istituzioni forti e giuste?’ ”. “Dal primo momento in cui sono arrivata al JRS di Nairobi, dove mi occupo degli studenti delle scuole secondarie e degli universitari che possono studiare grazie a borse di studio, avevo intuito che il mio servizio richiedeva una grande flessibilità e di andare oltre le mansioni tecniche. Mi sono sentita chiamata a condividere il dolore che c’è dietro ogni storia, per incontrare davvero la persona. Ho capito che la chiave era costruire rapporti veri, di reciprocità con tutti. A contatto con tanta speranza e altrettanto dolore Liliane ha capito che occorreva fare attenzione a non cedere alla tentazione di confondere la persona con il suo bisogno: “Una tentazione pericolosa che mi avrebbe chiuso il cuore ad un incontro vero con i ragazzi, le loro famiglie, gli insegnanti, con chiunque”. Anche la comunità dei Focolari in Kenya, soprattutto a Nairobi, ha collaborato con i Padri Gesuiti. Ha organizzato raccolte di vestiario, viveri e generi di prima necessità, libri, giocattoli e indumenti presso amici, famigliari e nelle parrocchie. “Abbiamo capito che prima di tutto dovevamo superare i pregiudizi, conoscere le storie dei rifugiati per creare una cultura dell’incontro, dell’accoglienza. Siamo coscienti che ci sono problemi che non possiamo risolvere, ma possiamo farci fratelli e sorelle di tutti loro. Certo, siamo ancora alle prime armi, ma crediamo che con Gesù fra noi, troveremo la risposta a questo grido di Gesù sulla croce oggi, in questa nostra terra”.

Stefania Tanesini

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