


Asia: 50 anni di unità
Cinquanta anni fa, il 22 febbraio 1966, approdavano a Manila 5 focolarini inviati da Chiara Lubich in risposta alla richiesta dell’allora Arcivescovo di Manila, il cardinale Rufino Santos. Guido Mirti, Giovanna Vernuccio, Silvio Daneo, Ednara Tabosa e Magdalena Brandao, sono i primi protagonisti dell’avventura dei Focolari in Asia. Da Manila si susseguono i viaggi verso il Giappone, la Corea, Hong Kong, Taiwan, India, Pakistan, Tailandia, Cambogia, Vietnam … fino all’Australia. Il Movimento dei Focolari si è così diffuso nel continente asiatico, portando a quanti incontrava lo spirito dell’unità che lo caratterizza, nonostante l’enorme diversità di culture, religioni e lingue. «Nel 2016, in ringraziamento a Dio per questi cinquanta anni di abbondanti grazie, frutto dell’incontro tra il carisma dell’unità e i nostri popoli, è in programma una serie di eventi», scrivono Ding Dalisay e Carlo Maria Gentile, dalle Filippine. «Alla Mariapoli Pace di Tagaytay (Filippine) – nei giorni 20 e 21 febbraio, si riunirà l’intera famiglia di Chiara presente in questa parte di mondo. Il primo giorno sarà caratterizzato da “un ritorno a casa”, in famiglia; mentre nel secondo si svolgerà una festa di ringraziamento con contributi artistici e culturali, rivisitando la storia di questi 50 anni, per spronarci a continuare, con nuovo slancio, ad offrire il nostro contributo all’unità della famiglia umana. Con l’occasione si presenteranno i centri sorti nella cittadella “Mariapoli Pace” a servizio del Movimento in tutta l’Asia: la Scuola delle grandi religioni (SOR), il Centro Mariapoli, le Scuole per i giovani, il Centro per i Sacerdoti, la Casa dei Seminaristi, i Centri dei Religiosi e delle Religiose, e i Centri Sociali Bukas Palad e Pag-asa. Si prevedono delegazioni dalla Corea, Giappone, Cina, Indonesia, Tailandia, Vietnam, Myanmar, India, Pakistan e Australia. Anche dagli USA parteciperanno alcuni tra i primi membri del Movimento nelle Filippine che si sono ormai stabiliti lì arricchendo la comunità in quel Paese. Ospiti d’onore saranno i protagonisti dei primi tempi dei Focolari in Asia, ora residenti in Italia, Guatemala e Malta». «Il 14 marzo, anniversario della dipartita di Chiara Lubich (22 gennaio 1920 – 14 marzo 2008), – continuano Ding e Carlo Maria – , si terrà un Simposio sul tema: “Carisma dell’unità, eredità senza tempo”. Appuntamento rivolto a personalità ecclesiastiche e civili per riflettere insieme sul contributo del carisma di Chiara Lubich nella vita dei singoli, nelle comunità, nella Chiesa e nella società». «Nelle Mariapoli che si svolgeranno nel corso dell’anno nelle Filippine (a Davao, Cebu e Manila) – spiegano –, una giornata sarà dedicata a far conoscere al più grande numero di persone la vitalità che la spiritualità dell’unità ha portato nei suoi 50 anni di presenza nel continente». «L’Asia è anche la casa di grandi religioni: Buddhismo, Induismo, Islam… Così nel 2017, in Thailandia – concludono – il 50° dei Focolari vedrà un evento di carattere interreligioso: un invito a quanti desiderano unirsi in questo cammino verso l’unità della famiglia umana». (altro…)

In India: all’università di Mumbai e sulle orme di Gandhi
Scritture tradizionali dell’induismo e il carisma di Chiara Lubich sono state messe a confronto in tre tavole rotonde al dipartimento di Sanskrito della Mumbai Vidya Peeth lo scorso 7 febbraio. Quale formazione accademica è necessaria nel contesto attuale per dare rilevanza al dialogo? Una formazione orientata alla valorizzazione dell’alterità. Gli interventi hanno sottolineato l’esperienza di dialogo vissuta in questi anni da membri dei Focolari e professori di tradizione indù. Si sono susseguite considerazioni alla luce dell’insegnamento di alcuni recenti riformatori dell’induismo, come Swami Vivekananda, Juddi Krishnamurty ed il Mahatma Gandhi. Presenti al convegno, oltre a diversi rappresentanti del locale Movimento dei Focolari, vari studenti ed assistenti dei dipartimenti di Filosofia e di Sanskrito dell’Università di Mumbai. Positivi i commenti che, nelle parole delle prof.sse Shubada Joshi, Madhavi Narsalay e Meenal Katarnikar, fanno ben sperare per futuri sviluppi sulla via iniziata quindici anni fa da Chiara Lubich nella sua prima visita a Mumbai. Il prof. Sureshchandra Upadhyaya – accademico di Mumbai -, a proposito del suo rapporto con i Focolari, in una video intervista dichiara: «Sono entrato più profondamente nella filosofia di Chiara, quella dell’Amore, e mi sono reso conto che [essa] è rivolta ad ogni essere umano. Chiara appartiene a tutta l’umanità. E quando tu parli con lei, quando leggi i suoi libri, ti accorgi che stai leggendo di te stesso».«Upadhyaya è un uomo di un calibro spirituale e intellettuale straordinario», sottolinea Jesús Morán, copresidente dei Focolari, nel corso della diretta del Collegamento CH lo scorso 13 febbraio, «è un profeta, nel senso più bello della parola. Una delle professoresse che abbiamo incontrato, ha detto: “Il fulcro dell’induismo è la divinizzazione dell’uomo e l’umanizzazione di Dio”. Su questo si può lavorare tanto insieme». Sulle orme di Gandhi – A Coimbatore esistono da anni diversi tipi di collaborazione, sia a livello sociale che culturale come pure progetti di formazione informale alla pace e alla prevenzione dei conflitti. In tale ambito, si sono svolte diverse manifestazioni. Si è, infatti, iniziato con la celebrazione del 25° anniversario della fondazione dei Bala Shanti, asili nido presenti in villaggi della zona di Coimbatore, nati dalla collaborazione fra AFN e Shanti Ashram, che continuano ad assicurare accesso alla scolarità anche a bambini di classi sociali discriminate. La XXI Tavola Rotonda Sarvo-Foco (tra membri del movimento gandhiano Sarvodaya e i Focolari) ha messo in evidenza il cammino compiuto in questi anni ed il coinvolgimento spirituale, vitale e sociale di coloro che sono impegnati nel pellegrinaggio del dialogo, insieme alle rispettive istituzioni e comunità (Gandigram University, Madurai Kamaraj University, Shanti Ashram, Gandhi Museum, Bharatya Vidya Bhavan di Coimbatore per menzionarne solo alcune). Sia a Mumbai che a Coimbatore si sono esaminate possibili vie di collaborazione con l’Istituto Universitario Sophia di Loppiano. Scambi di docenti e studenti, e studio dei testi di Chiara Lubich a cui il dialogo si ispira e che vengono considerati di natura mistica, nel primo caso; accordi di collaborazione con tre istituzioni Gandhiane del Tamil Nadu, nel secondo, con l’obiettivo di inserire gli studi Gandhiani all’interno del corso di dialogo interreligioso di Sophia. Prima di lasciare Coimbatore Maria Voce, Jesús Morán e tutta la delegazione hanno partecipato alla cerimonia in ricordo dell’assassinio del Mahatma Gandhi, svoltasi presso la Scuola di Bharatya Vidya Bhavan alla periferia della città. È li che Maria Voce ha proposto una riflessione sulla dimensione spirituale della ricchissima personalità di Gandhi, sottolineando come «in questi anni, noi cristiani abbiamo ricevuto in dono molti valori ed intuizioni del Mahatma e vi abbiamo trovato una sorprendente vicinanza e comunanza con lo spirito che Dio ha donato a Chiara Lubich». «Nel Gandhi Memorial, il mausoleo costruito nel luogo dove è stato ucciso Gandhi – racconta poi la presidente al rientro –, un luogo che dice martirio e violenza, tutto parlava di pace, c’era un’armonia che lasciava nel cuore una serenità soprannaturale, divina. Era la testimonianza di un uomo che ha vinto la violenza con la non violenza. E questo lo si vedeva anche in tutti i presenti».Leggi anche: In India: un dialogo di cuori e menti Servizio video Collegamento CH: https://vimeo.com/155395452 (altro…)

In India: un dialogo di cuori e menti
«Sono partita aspettandomi di incontrare un mistero. Sono tornata con l’impressione di aver incontrato un mistero più grande di quanto pensassi». «I sentimenti di queste prime ore: da una parte una grande voglia di assoluto, un desiderio di interiorità; poi, un forte amore per il pluralismo, non avere paura della diversità; infine, la bellezza della gente, specie dei giovani come futuro». Sono le prime impressioni a caldo, durante il Collegamento CH del 13 febbraio, di Maria Voce e Jesús Morán, presidente e copresidente del Movimento dei Focolari, al loro rientro da un lungo viaggio in India per trovare le comunità sparse in questo immenso Paese asiatico. Un viaggio complesso, durato un mese, 16.000 Km percorsi in 13 voli, con tappe a New Delhi, Bangalore, Coimbatore, Trichy e Mumbai. Un sub-continente caratterizzato dal dialogo interreligioso che anche il Movimento dei Focolari porta avanti da quando è presente, e cioè dagli anni ’80. Le vie che si erano aperte nel 2001 e nel 2003 nei due viaggi di Chiara Lubich a Mumbai e Coimbatore, nel corso degli anni, hanno portato ad un rapporto crescente sia con accademici che con gandhiani. Anche se accomunati da alcuni momenti ed esperienze condivise, come i simposi tenutisi nel 2002 e nel 2004 a Roma e nel 2011 in India, i due filoni si sono sviluppati con caratteristiche proprie dando vita a tipologie di dialogo diversificate anche se caratterizzate dallo stesso spirito. Resta vera per tutti, infatti, la definizione data nel 2001 da alcuni amici indù che avevano descritto il dialogo fra i Focolari ed il mondo indù come un ‘dialogo di cuori e di menti’. Nel 2001 a Mumbai, Chiara diceva ad un gruppo di indù: «Sono venuta in India soprattutto col desiderio di ascoltare, di imparare da voi, per aprire possibilmente un cordiale dialogo con voi, nei quali vedo tanti miei fratelli e sorelle». E a chi le domandava sull’atteggiamento d’avere per dialogare, Chiara rispondeva: «Noi puntiamo su quella cosiddetta “regola d’oro” che è presente in tutte le religioni, anche nell’induismo:“non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”». E ancora in un’intervista negli stessi giorni per Radio Vaticana: «Dialogare significa prima di tutto mettersi sullo stesso piano, non avere idee di priorità, di essere meglio degli altri e aprirsi ad ascoltare quello che l’altro ha dentro, spostare tutto per entrare nell’altro. Dopo chiedere naturalmente all’altro di ascoltare noi. E dall’insieme di questo si colgono quegli elementi comuni che si hanno e ci si mette d’accordo di vivere insieme. Questo è il dialogo concreto». A Delhi, nella prima fase del viaggio, presso l’India International Centre, si è tenuto un interessante ed intenso convegno che ha visto la partecipazione di una sessantina di persone di diverse fedi e culture. Moderato dal Sig. Merchant, rappresentante di rilievo della comunità Baha’i della capitale indiana, e dalla dott.ssa Vinu Aram, direttrice di Shanti Ashram a Coimbatore, il programma ha inteso offrire delle risposte plurali alle sfide che il dialogo è chiamato ad affrontare oggi. ‘La rilevanza del dialogo nella società odierna’: questo il titolo del pomeriggio, durante il quale si è presentata l’esperienza del Movimento dei Focolari nel campo del dialogo, prima dei due interventi chiave dell’incontro. In essi Maria Voce e Jesús Morán hanno affrontato, alla luce della società odierna, la questione della tensione fra progresso verso l’unità – che appare essere uno degli elementi caratterizzanti la nostra epoca – e la tendenza a difendere e a caratterizzare le rispettive identità. Proprio in questa tensione tipica dei processi di globalizzazione e, allo stesso tempo, che vede il mondo cambiare rapidamente per i flussi migratori ed i conflitti a livello regionale, si situa l’esperienza carismatica del dialogo proposta da Chiara Lubich che ha aperto vie di dialogo originali ed articolate. Maria Voce ha sottolineato come la Regola d’oro presente in ogni cultura e religione assicuri un punto di incontro che garantisce la possibilità di attuare quella che Chiara amava definire l’arte di amare, vera metodologia dialogica. Jesús Morán ha, invece, presentato l’aspetto antropologico del dialogo definendone alcune caratteristiche che rivelano una consonanza sorprendente proprio con l’esperienza fatta in questi anni fra indù e cristiani. Nel corso del pomeriggio, poi, si sono alternati altri interventi, tutti di grande attualità oltre che di profondità spirituale. Fra questi il Prof. Satyavrat Shastri, famoso esperto di lingua sanscrita, le Prof.sse Uma Vaidya e Shashi Prabhakumar, che hanno evidenziato l’analogia fra quanto affermano e suggeriscono le scritture tradizionali dell’induismo – soprattutto Veda ed Upanishad – ed il carisma dialogico di Chiara Lubich. Loppiano (Firenze), 7 febbraio 2001: https://vimeo.com/155014982 (altro…)
In cammino: Educarsi per educare
Accompagnare gli adolescenti nel loro progetto di vita, la figura dell’educatore, educazione al difficile, una comunità che educa: sono tra i temi affrontati da 400 formatori, non per mestiere ma per vocazione, che accompagnano bambini e ragazzi nell’ambito del Movimento dei Focolari, ad ogni latitudine. Vinca e Make vengono da Melbourne. «Sono originaria di Futuna: un passo più in là e cadi fuori dal mondo! – scherza Make – . Quando sono andata a trovare la piccola comunità nell’isola di Kiribati, i bambini erano dapprima incuriositi dalla presenza di una “straniera”, poi sorpresi dal fatto che giocassi con loro. Ho corso per due ore, anche se non ho più l’età per farlo, e anche se non avevamo nessuna lingua in comune, tra di noi si era creato un rapporto speciale».
Ma qual è il modello educativo di riferimento? Si tratta della persona-relazione, capace di amare e di essere riamata, modello che affonda le sue radici nel pensiero di Chiara Lubich. Il suo riflesso in campo educativo è stato sviluppato da un gruppo di ricercatori nell’ambito pedagogico e dal lavoro della Scuola Abbà e dell’Istituto Universitario Sophia, che per l’occasione ha inviato alcuni dei suoi docenti a svolgere interventi, forum e workshop. Davvero ampia la scelta, e per tutte le fasce di età: percorsi di educazione alla mondialità, tipologia dell’animatore e dinamiche di gruppo, gestione dei conflitti, ricerca su fede e ragione, fino a temi più specifici, come stili di vita e impatto ambientale, gender, dipendenze, mass media. Non sono mancate attività pratiche, da emozioni e danza, a teatro, marionette, palloncini, arte e manualità, video-making, uso della fotografia e dell’immagine.
Una possibilità concreta di “mettere in moto cuore, testa, mani”, sperimentarlo per poi viverlo insieme ai bambini e ai ragazzi. È una delle modalità che sta particolarmente a cuore a papa Francesco, (vedi il recente convegno mondiale sull’Educazione, Roma novembre 2015), e che mons. Vincenzo Zani, Segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica, ha rivolto come invito a tutti i formatori presenti a Castel Gandolfo dal 5 al 10 febbraio scorsi, presentando la visione di Francesco sull’educazione.
Maestro di rischio, audace esploratore, attento regista, tessitore umile di relazioni: si chiede questo all’educatore oggi, non da solo, ma nella rete della comunità dentro la quale opera. Sperimenta il fallimento, ma non si arrende, per aiutare a sua volta a non arrendersi. Soprattutto cerca di essere una persona autentica, un testimone credibile. Spesso si trova a che fare con bambini nei guai, come recita il titolo di un volume che è stato presentato in questi giorni. Sono i bambini che soffrono per le fragilità della propria famiglia, che subiscono violenza… ma qualcuno ha immesso nelle loro storie germi di speranza. È sempre possibile ricominciare, aiutandoli ad attivare quella che in gergo tecnico si definisce resilienza: tirar fuori le proprie risorse migliori per far fronte a situazioni difficili, adattarsi e superarle.
«C’è necessità di acquisire competenze – spiega Arturo Clariá, psicologo clinico argentino – anche nell’ordine sociologico, psicologico, offrendo strategie per lavorare insieme, essere più responsabili nell’accompagnamento, sempre con uno sguardo puntato in alto, al trascendente. A confronto con educatori di tutto il mondo sono emerse problematiche attuali e comuni alle varie culture, nel mondo globalizzato, fino alla mancanza di autostima, al vuoto esistenziale e alla difficoltà nel costruire il proprio progetto di vita. E alle volte non si sa cosa fare. Come far fronte a questa società liquida? L’educatore, non è quello che detiene il sapere, ma il direttore di un’orchestra nella quale ciascuno può suonare il suo strumento, e lui deve trovare l’armonia di ciascuno». Un’educazione, quindi, che esca dai luoghi chiusi, e si trasferisca sul piano emozionale, sociale, dei valori: «Questo – conclude – è lavorare per costruire una cultura di pace, di fraternità». Maria Chiara De Lorenzo Facebook: In Cammino Educarsi per Educare Foto galleria su Google: https://goo.gl/photos/BjmCh1FPnXaxyBQh8 (altro…)

Paraguay: la lunga primavera degli studenti
Migliaia di studenti universitari hanno denunciato l’imperante sistema di corruzione nella maggiore università statale del Paese, l’Università Nazionale di Asunción (UNA). Una lunga primavera australe che si è conclusa con le dimissioni a catena delle autorità accademiche e negoziando la riforma di uno statuto concepito nel tempo della dittatura. I giovani universitari hanno sorpreso tutti con la loro serietà ed organizzazione. Durante il mese circa in cui il campus è stato occupato, hanno creato un vero e proprio “Stato alternativo”. Turni di guardia alle porte, controlli a borse e bagagliai affinché non fossero introdotti alcolici, efficienti commissioni per l’alimentazione e servizi essenziali, l’organizzazione di un calendario di lezioni suppletive, con l’aiuto di professori e studenti degli ultimi anni; e ora, con un calendario di esami per non far perdere il semestre a nessuno. Hanno dimostrato, inoltre, l’intelligenza di non farsi strumentalizzare da nessuno. Indicato da molti come figura ispiratrice, Papa Francesco, che aveva incontrato migliaia di giovani nella sua visita al Paraguay. Il suo appello a “fare confusione e poi a organizzarla”, è stato accolto in pieno. Tra gli animatori della rivolta pacifica #UNAnotecalles (“UNA non tacere”), i giovani dei Focolari. La parola ad Alejandra e Cecilia, studentesse di Medicina e Ingegneria, rispettivamente: «Tutto è cominciato con un sit-in di fronte al Rettorato, per dimostrare la nostra indignazione riguardo alle più recenti denunce di corruzione. Ogni giorno si svolgeva una manifestazione pacifica con microfono aperto a studenti, professori e funzionari. Poi si è aggiunta una veglia permanente attorno all’edificio, con sciopero studentesco e l’esigenza delle dimissioni del rettore e dei suoi collaboratori. Il sostegno della cittadinanza, anche attraverso l’invio di alimenti ed altro, ci ha dato la forza per non cedere nella lotta, facendoci capire che era una battaglia di tutti. Dopo 40 giorni abbiamo ottenuto le dimissioni del rettore, di altri 5 funzionari e l’imputazione di altri 38 e poi, le dimissioni di tutti i decani delle facoltà. Per noi è stato fondamentale vivere questa tappa insieme ai gen che studiano alla UNA, e anche con gli altri, che ci facevano sentire il sostegno in vari modi. Certi della promessa di Gesù che se ci uniamo nel Suo nome Lui è con noi, abbiamo cercato che così fosse. Egli ci è stato di luce per difendere i valori evangelici di amore, verità e giustizia, e per superare i momenti difficili che non sono mancati. A volte non era facile contenere la folla che pareva lasciarsi portare dalle emozioni. In quei momenti, quando non era chiaro ciò che fosse più giusto fare, ci cercavamo per capire insieme come comportarci e che scelta promuovere.

Leticia (a sinistra)

Francesco e Kirill: l’unità si fa camminando
12 febbraio 2016. L’aeroporto di L’Avana (Cuba) è il luogo che ospita il primo incontro nella storia tra il Vescovo di Roma e il Patriarca di Mosca. Un incontro fraterno, “tra vescovi”, che ha dato «l’opportunità di ascoltare e capire le posizioni l’uno dell’altro», come ha detto il patriarca Kirill al termine dell’incontro. Tra le comuni preoccupazioni, l’anelito per la pace e la difesa dei cristiani perseguitati nel mondo. «Ho sentito la consolazione dello Spirito Santo in questo dialogo», afferma papa Francesco, con la prospettiva di «una serie di iniziative» da realizzare insieme. «Non siamo concorrenti ma fratelli, e da questo concetto devono essere guidate tutte le nostre azioni reciproche verso il mondo esterno», si legge al centro della Dichiarazione congiunta firmata dal papa e dal patriarca. In essa si invoca la necessità di un lavoro comune tra cattolici e ortodossi, e si auspica il superamento delle divergenze storiche ereditate, rispondendo insieme alle sfide del mondo contemporaneo. Si tratta dei cristiani vittime di persecuzione, della violenza in Siria, in Iraq e altri Paesi del Medio Oriente, della lotta contro il terrorismo, del dialogo interreligioso, del processo di integrazione europea nel rispetto delle identità religiose. Ma si toccano anche i temi sociali ed etici, con preoccupazione “pastorale”, come ha sottolineato papa Francesco ai giornalisti nel volo tra Cuba e il Messico: povertà, crisi della famiglia, diritto alla vita (aborto, eutanasia e procreazione assistita), i giovani, la pace in Ucraina. «Dalla nostra capacità di dare insieme testimonianza dello Spirito di verità in questi tempi difficili – si legge ancora nella dichiarazione – dipende in gran parte il futuro dell’umanità».
«Anche qui a Mosca si sente che è stato un incontro storico – scrive Anna Gloria, italiana nel focolare di Mosca – I mezzi di comunicazione ne parlano tanto. La sera prima dell’incontro, nella cattedrale cattolica dell’Immacolata Concezione il vescovo Paolo Pezzi ci ha invitati tutti a pregare per l’unità. È stato molto bello. Eravamo cattolici e ortodossi di vari movimenti e comunità. Si avverte che è stato fatto un passo importante nell’unità». La Chiesa ortodossa russa – nonostante le recenti tensioni tra Mosca e Roma – ha una lunga storia di ricerca della riconciliazione tra le chiese cristiane divise. Lo ha detto padre Hyacinthe Destivelle – incaricato delle relazioni con le Chiese ortodosse slave presso il Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, e presente a Cuba per l’incontro – in un’intervista a Radio Vaticana. Padre Destivelle spiega inoltre che «la Chiesa Ortodossa Russa è la quinta nell’ordine tradizionale di autorità tra le 14 Chiese Ortodosse autocefale. Al primo posto, con un primato d’onore, c’è il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, che ha un rapporto speciale con la Santa Sede». «Il significato dell’incontro tra papa Francesco e il patriarca Kirill può anche essere visto alla luce della storia delle relazioni con la Chiesa Ortodossa russa», dove essa «può fare da ponte tra Est e Ovest». Padre Destivelle ha inoltre citato altri esempi di come la Chiesa Ortodossa Russa sia stata attivamente pioniera nelle relazioni ecumeniche, ad esempio è stata la prima Chiesa a inviare osservatori durante il Concilio Vaticano Secondo. Tra gli argomenti trattati privatamente nelle due ore di colloquio tra Francesco e Kirill c’è anche il Sinodo Panortodosso: previsto per giugno 2016 (per la prima volta dopo il 787), a Creta, riunirà tutte le chiese ortodosse. «Per l’Ortodossia il Sinodo – aveva spiegato di recente il prof. Dimitrios Keramidas nel contesto di una scuola ecumenica dei Focolari – non è un evento che si inserisce dall’esterno nella vita ecclesiale, ma piuttosto la manifestazione ufficiale dell’essere comunionale della Chiesa, del continuo e ininterrotto cammino del popolo di Dio». Un cammino verso l’unità. Maria Chiara De Lorenzo Leggi anche: A Cuba Francesco incontra Kirill Verso il Sinodo Panortodosso A Creta il Sinodo Panortodosso (altro…)

Malattia: il limite trasformato in ricchezza
«Uscendo da casa il 3 maggio di 21 anni fa per raggiungere la banca dove lavoravo, non pensavo certo che la sera non vi sarei tornato. Un forte mal di testa aveva costretto i miei colleghi a portarmi d’urgenza in ospedale. Avevo 49 anni, una vita professionale ben avviata, una promozione imminente, una bella famiglia con tre figlie dai 18 ai 14 anni. Improvvisamente mi sono ritrovato su una carrozzina che neppure riuscivo a governare perché, oltre all’uso della gamba, avevo perso anche quello del braccio. Ero diventato un nulla: dovevo essere aiutato a mangiare, lavarmi, vestirmi… dipendevo in tutto dagli altri. Sentivo dentro disperazione e angoscia, sentimenti che cercavo di scacciare perché sapevo che non erano la soluzione. Da quando avevo abbracciato la spiritualità dei Focolari, avevo imparato a rendermi disponibile alla volontà di Dio, e anche se non capivo il perché di questo sfacelo, con mia moglie Pina abbiamo voluto credere che pure questo era amore di Dio per me, per noi. Anche le nostre figlie si sono lasciate coinvolgere in questa scelta e fin dai primi giorni mi sono ritrovato una forza e una pazienza che non avrei mai pensato di avere. In pochi mesi ho recuperato l’uso della gamba e seppur con grande fatica e col supporto di un collega che mi accompagnava, sono riuscito a tornare al lavoro per altri 7 anni. Poi non ce l’ho più fatta.
Già allora la mia inabilità non mi consentiva di camminare se non per brevi tratti, non potevo più guidare l’auto, farmi la doccia da solo, abbottonare i vestiti, tagliare il cibo nel piatto, avvitare una caffettiera, abbracciare mia moglie e le figlie. Non potevo fare, insomma, tutti quei gesti per i quali occorre l’uso delle due mani. A volte, più amara ancora era la paura. Paura di non farcela ad andare avanti come coppia, paura della solitudine, della mia fragilità di fronte alle diverse situazioni, del dubbio di saper ancora svolgere il ruolo di padre, e così via. Poi sono subentrate altre sospensioni di salute: ricoveri in ospedale, un tumore fermato in tempo, cadute con fratture, ecc. Oggi con tenacia continuo a fare le fisioterapie, anche se so che prospettive di guarigione non ce ne sono. Ma almeno aiutano a rallentare il processo invalidante. Più forte di tutto questo però, avverto dentro di me la grazia della vicinanza di Dio in ogni attimo. In questi 21 anni la raffinata fedeltà di Dio mi ha sempre accompagnato, con la delicatezza e la tenerezza che solo Lui sa dare. Con Pina abbiamo imparato a lasciarci portare da Lui, a farci sorprendere dal suo amore. E quando tutto sembrava crollare, o diventava precario o confuso, in fondo al cuore percepivamo che questo partecipare – in qualche misura – al mistero di Gesù sulla croce, era per noi un privilegio. Come Lui anch’io, anche noi cerchiamo di superare il dolore amando tutti quelli che sono intorno a noi, sperimentando, in quella che possiamo chiamare ‘alchimia divina’, che il dolore è come un talento da far diventare amore.
Dio mi/ci ha presi per mano e, svelandoci poco a poco il suo progetto su di noi, ci ha fatto il dono di entrare in profonda intimità con Lui e fra noi, facendoci comprendere – nella luce – anche il misterioso significato del dolore. E quello che poteva sembrare un limite si è trasformato in ricchezza, quello che poteva fermarci si è tramutato in corsa, anche per la forte condivisione con tanti altri. Dio ci ha resi più sensibili e misericordiosi con tutti quelli che con tanta fantasia ci mette accanto. Facendoci sperimentare che anche una malattia invalidante non toglie la possibilità di essere strumenti nelle mani di Dio per il prossimo». Giulio Ciarrocchi (altro…)

Ti amerò per sempre
“In che modo festeggeremo S. Valentino? Ancora non lo sappiamo. Ogni occasione è buona per sorprendere l’altro con qualcosa di bello, nascondendoci i regali fino all’ultimo minuto”. A parlare è Iris, brasiliana di 26 anni, in Italia per un progetto di cooperazione internazionale. È fidanzata con Antonello, laurea in economia, che in attesa di un lavoro più consono alla sua preparazione, fa i turni in un call center. Quando si sono conosciuti, Iris, per una precedente delusione, era un po’ restia ad iniziare un nuovo rapporto. Ma Antonello era riuscito a farsi dare il suo cellulare e con i suoi fantastici SMS ce l’ha fatta a convincerla di riprovarci. “Frequentandoci ho scoperto di esserne innamorata – ammette Iris – e subito abbiamo cominciato a fare progetti”. “Tipo?”, chiediamo timidamente. “Come prima cosa – interviene Antonello – ho voluto presentarla ai miei. Poi abbiamo fatto un viaggio in Brasile per conoscere i suoi. Nel frattempo ci stiamo scoprendo l’un l’altro nella diversità delle nostre culture e anche nel diverso credo religioso. Iris infatti è profondamente cristiana. Io invece provengo da una visione più umana delle cose. Ma seppur da strade diverse, ambedue siamo convinti della bellezza del matrimonio come atto profondamente umano e sacro allo stesso tempo”. “In questo scambio – racconta Iris –, che per me, abituata a certezze fin troppo scontate non è stato facile, ci siamo resi conto della forza del nostro amore. Un amore che ci ha fatti crescere in umanità: io sono diventata più donna, e Antonello più uomo. E che ci ha portati alla decisione che non appena avremo una certa autonomia economica, ci sposeremo”. Una certezza, la loro, che disarma. Perché anche loro sono circondati da coppie che naufragano, da grandi amori che svaniscono nel nulla. Ma ugualmente vogliono affrontare il grande passo del matrimonio perché – dicono – “Siamo sicuri del nostro amore. Che non è una cena romantica o un cuore di cioccolato regalato a San Valentino. L’amore – precisa Iris – è innamorarsi dell’anima dell’altro, è saper spostare il proprio pensiero per far spazio a quello dell’altro, è dimostrargli che per te lui vale per quello che è, non per quello che vorresti che fosse”.
Nell’incantevole parentesi rosa che è l’innamoramento, dove tutto è incandescente, sembra tutto abbastanza facile. Ma come tutte le stagioni della vita, anch’essa prima o poi tramonta. Gli esperti dicono che dura un annetto o poco più, poi inesorabilmente si torna raso terra. E allora? “Lo sappiamo che non sarà sempre così appassionante – incalza Antonello – che verranno momenti bui. Infatti ci siamo iscritti ad un corso per fidanzati, proprio per condividere la nostra avventura con altre coppie. So che lì si parlerà anche delle difficoltà, della crisi di coppia. E già ci è stato detto che spiegheranno come fare per superarle: imparare a vedersi ogni giorno nuovi e ricominciare sempre”. Quella del ‘ricominciare’ è una delle tante chance di cui l’amore di coppia ha davvero bisogno, come ad esempio una buona comunicazione che tenga vivo il dialogo, il pensare che la felicità è un dono da fare e non un diritto per sé, il giusto distacco dalle famiglie di origine, la condivisione con altre coppie, la capacità di perdono, la gratuità, la tenerezza… Questi e altri sono gli argomenti, compresi la sessualità e la procreazione, di cui in genere si parla nei corsi per fidanzati. Anche in quello organizzato da Famiglie Nuove dei Focolari che avrà luogo dall’8 al 10 Aprile 2016 nella cittadella di Loppiano (vicino Firenze). Fra l’altro, per chi intende sposarsi nella chiesa cattolica la partecipazione ad uno di questi corsi è un requisito obbligatorio. Quindi è proprio il caso di approfittarne. Per saperne di più. (altro…)

Giordani: Il vangelo non è una collana di parole
Il Vangelo non è solo collana di parole. È anche una serie di fatti. È vita. Gesù, oltre a predicare, medicò malati, confortò afflitti, risuscitò morti, diede cibo ai famelici: compì le opere di misericordia perché amava. «Ho pietà della massa», esclamò un giorno vedendo le turbe affamate; e moltiplicò i pani per sfamarle. E nella Redenzione il pane assume un valore sacro. Gesù nel pane inserì il più grande mistero; e del banchetto eucaristico fece centro di vita nella comunità della Chiesa, sempre collegando le due cose: corpo e spirito: così come in sé aveva unito divino e umano. Dunque, si ama Dio, il Padre, anche dando da mangiare al fratello che ha fame. Chi, potendo nutrire i denutriti, i mal nutriti, gli affamati, non li aiuta, è, secondo un pensiero dei Padri della Chiesa, un omicida, anzi un deicida. Fa morire Cristo. Chi, durante gli anni di guerra, ha condannato dei prigionieri a morir di fame, ha rinnovato, dal punto di vista del Vangelo, la crocifissione. È stato assassino – per così dire – di Dio. Le torme di deportati, nella neve e nel solleone, dentro vagoni blindati o in bastimenti isolati, la cui monotonia era interrotta solo dal collasso degli affamati, segnano la linea dell’ateismo pratico, anche se perpetrato in nome di Dio. S. Vincenzo de Paoli per questo salì nelle galee dei cristianissimi re, dove i galeotti cadevano estenuati. L’opera di misericordia, ricostituendo la giustizia, si presenta non come mera somministrazione di cibo o di denaro per comprarlo. «Le opere di misericordia non giovano a niente senza l’amore», dice sant’Agostino. «E se anche sbocconcellassi a favore dei poveri tutto quello che ho, e dessi il mio corpo alle fiamme, e non avessi amore, non mi servirebbe niente» (1 Cor 13, 3), dice san Paolo a quei cristiani che si comunicano il pane degli angeli e non quello degli uomini. La donna che, frigida e contegnosa, dà la befana ai poveri e non apre ad essi l’anima sua, compie un gesto puramente burocratico: Cristo non se ne contenta. Le imprese di assistenza sociale poco o punto giovano agli effetti della vita religiosa, se chi le compie non vi porta quell’alimento divino, quell’ardore di Spirito Santo, che è la carità.
Nessuno si commuove o è riconoscente al rubinetto che ci dà l’acqua o al lampione che ci dà la luce, – notava già Ozanam. «Non di solo pane vive l’uomo», il quale è anima, oltre che stomaco. L’opera di misericordia è un dovere morale e materiale: nutrendo chi spasima, nutro me; ché la sua fame è la mia e di tutto il corpo sociale, di cui son parte organica. Non si può gettare a mare il grano quando c’è, in altra parte del mondo, chi ha fame. «Molti, siamo un solo organismo»: e non si può ledere un organo per avvantaggiarne un altro. E se no, si paga: con le rivoluzioni e i disordini e le epidemie di qua, e poi con l’inferno di là. È stato detto: la terra muore, le scorte del pianeta diminuiscono e le guerre crescono appunto per la fame. Con esse e col controllo delle nascite, alcuni vorrebbero risolvere il problema, uccidendo la vita. E invece non le scorte mancano: manca l’amore – e l’intelligenza – che le faccia circolare. La circolazione è vita; il ristagno nell’accumulo è fonte di odi e rivoluzioni e guerre: è morte. «Se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere; perché, così facendo, adunerai carboni di fuoco sopra la sua testa» (Rm 12, 20). Le opere di misericordia compiono il miracolo di mettere a circolare l’amore facendo circolare il pane: il miracolo che fa del dono di un pane una sorta di sacramento sociale, con cui si comunica, con l’amore, Dio, e si nutre, col corpo, l’anima. Igino Giordani (tratto da Il fratello, Città Nuova, Roma, 2011, pp.63-67) (altro…)