Movimento dei Focolari
Giordani e la pedagogia cristiana

Giordani e la pedagogia cristiana

Igino Giordani«Educare significa accendere una fiamma, e non colmare un otre. Ma se è una fiamma da alimentare, l’uomo va educato a custodire e aumentare calore e luce: ha bisogno di un’educazione, la quale non dura nella sola epoca dell’infanzia, ma si svolge dalla nascita alla morte, e cioè tutto il tratto in cui occorre dar calore e far luce». Giordani fu uno scrittore e un giornalista, un uomo politico, ma fu anche un formidabile educatore. I suoi scritti erano progettati per insegnare, per formare il cittadino alla vita retta e, di fatto, furono molti – del laicato e del clero, nella Chiesa e nella società civile – che si formarono sulle pubblicazioni giordaniane, nel difficile periodo della resistenza culturale al fascismo e poi negli anni della guerra fredda. Giordani viveva e scriveva, scriveva e con ciò insegnava. A suo avviso, l’educazione deve essere un processo universale, coinvolgente tutti i cittadini. Il senso della funzione educativa è quello di trasmettere due principi fondanti la persona: libertà e responsabilità. Ricorrendo a una immagine di Plutarco, per Giordani educare significa accendere una fiamma, e creare le condizioni perché il discente sappia tenerla costantemente viva. Il baricentro del processo educativo, con ciò, si sposta dal docente al discente, e dalla infanzia all’intero arco della vita, verso un’autentica educazione permanente: «Gli educatori sono d’ordine naturale: famiglia e Stato, e d’ordine soprannaturale: Chiesa. Quando gli uni e l’altra collaborano verso il raggiungimento d’un solo ideale, cooperando anzichè urtandosi, l’educazione raggiunge la piena efficacia. Allora individui e masse non stanno inebetiti e neutrali di fronte al proprio destino, ma lo affrontano con coraggio: allora si hanno i periodi epici delle grandi imprese di pace e di guerra, del pensiero e del lavoro. La famiglia non è solo un vivaio o un brefotrofio o un alloggio corporativo: è una chiesa e una scuola. I genitori hanno il diritto da natura, e dunque da Dio, di educare, oltre che di generare e di nutrire, i figli: diritto e dovere, inalienabili, anteriori a ogni altro diritto della società civile. 20161016-01La famiglia educherà se i genitori saranno non solo educati, ma se avranno la coscienza della loro missione di maestri; se sapranno alimentare nelle anime infantili ideali superiori al vitto e alla carriera; se agiranno come piccola chiesa docente. La religione serve anche a ricordare, elevare e proteggere l’obbligo pedagogico della famiglia. E la politica deve fare altrettanto. Lo Stato quindi è l’altro grande educatore: e compie questo suo dovere soprattutto attraverso la scuola. Oggi lo Stato ha le sue scuole, ed ha pieno naturale diritto d’averle. Ma non sarebbe più nel suo diritto se in queste scuole coartasse la coscienza religiosa e pervertisse quella morale; peggio ancora se impedisse alla Chiesa di avere le sue scuole». «In quanto tocca la morale, l’educazione è, o dovrebbe essere, unica, dalla famiglia allo Stato, dalla parrocchia alla professione; l’educazione che trae norma dalla legge di Dio e costruisce su questa le leggi dell’uomo: un’educazione, la cui anima è una fede trascendente che, come tale, strappa gl’individui all’individualismo e li collega tra  loro, per l’impulso della giustizia e della carità. Come è stato detto da un pedàgogo illustre: “la vera cultura sociale è nata sul Golgotha”». (Igino Giordani, “Educazione e istruzione” in La società cristiana, Città Nuova,  (1942) 2010, pp. 108 – 111) (altro…)

Melbourne: insieme agli alcolisti

Melbourne: insieme agli alcolisti

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Kevin Kelly

«Ho pensato di fare qualcosa per gli altri quando ho conosciuto i Focolari. Ho aderito subito alla proposta di dedicare un po’ del mio tempo  al “The way”, un centro di accoglienza per persone alcoliste senza fissa dimora. È gente che ha trascorso una vita sulla strada ed ora è anziana o troppo malandata per affrontare da sola quel poco che resta della vita. Qui conosco Paddy, un giovane irlandese che aveva combattuto a fianco degli inglesi. Come molti ex- soldati non è più riuscito ad affrontare la vita normale e quindi a smettere di bere. In un momento di lucidità mi racconta che non ha mai sparato per uccidere, ma solo mirato alle gambe. Una sera mi rendo conto che sta davvero male e che non avrebbe superato la notte. Chiamo un amico sacerdote che riesce a dargli l’unzione degli infermi. Insieme poi lo laviamo e lo prepariamo per la sepoltura. Prenderci cura di Paddy, che dopo tanta sofferenza è ora nella pace, è per noi come deporre Gesù dalla croce. Lo facciamo con la stessa sacralità. In seguito conosco Peter, un medico dell’ospedale St Vincents col quale condividiamo le esperienze con gli alcolisti. Lui è intenzionato ad aprire un centro non ospedaliero per la riabilitazione dall’alcool e mi chiede se voglio interessarmi della gestione di questa nuova struttura. D’accordo con mia moglie, chiedo 3 anni di aspettativa dal servizio pubblico dove lavoro e inizio una stretta relazione con il personale dell’ospedale per creare le giuste condizioni per aprire il nuovo centro. Dopo molte consultazioni si apre in un vecchio pub a Fitzroy. Il personale è composto da un infermiere con grande esperienza nel settore, alcuni professionisti in vari campi, ma soprattutto da ex alcolisti: persone meravigliose, onesti con se stessi e con gli altri; grazie alla loro esperienza sono di grande aiuto agli utenti, soprattutto nella prima fase di astinenza. 20161014-01Lavorare con loro è un’esperienza davvero interessante. Quasi tutti hanno ottenuto la sobrietà attraverso “Alcolisti Anonimi” ed ora sanno come comportarsi con chi c’è ancora “dentro”. Sono esseri umani speciali, persone che nell’accettazione della loro condizione, sono riusciti ad uscirne trasformandone in positivo la sofferenza. Ad un certo punto ci rendiamo conto che alcuni utenti abituali, persone senza fissa dimora e indigenti, si rivolgono al centro soltanto per smaltire la sbornia, per poi tornare alle loro vecchie abitudini. Questo comportamento, per gli ex alcolisti che investono così tanto per aiutare le persone a recuperarsi, è molto difficile da accettare. Grazie al rapporto fraterno che si è stabilito fra di noi, posso condividere con loro un semplice ma rivoluzionario insegnamento di Chiara Lubich: “vederci l’un l’altro ogni giorno con occhi nuovi, come persone nuove”. La maggior parte dei collaboratori, non senza difficoltà, accetta di far suo questo principio. E gli effetti non tardano ad arrivare: un utente abituale, con il record per numero di presenze, trattato da noi ogni volta come una persona nuova, quando meno ce lo aspettiamo decide di smettere. Si lascia aiutare e, nello stupore di tutti, continua a mantenersi sobrio anche nel lungo periodo, aiutando a sua volta altre persone. Vivere a contatto con gli alcolisti mi dà l’opportunità di condividere la loro sofferenza e il ruolo di essa nello sviluppo delle persone. E anche di testimoniare l’importanza di accettare e di amare ogni persona al di là di come si presenta, dando a ciascuna tutta la fiducia di cui ha bisogno». (altro…)

Gen Verde: Tessendo insieme il futuro

Gen Verde: Tessendo insieme il futuro

Gen Verde_LoppianoLab-01Intonato stavolta alla “powertà”la povertà delle ricchezze e la ricchezza delle povertà – ha riaperto il suo cantiere LoppianoLab 2016, uno spazio dove nessuno è solo spettatore. Col filo della cultura dell’unità si intrecciano persone e istituzioni, idee ed esperienze e si prova insieme a ricucire strappi e a tessere un domani più fraterno nei vari campi del vivere. «Quest’anno – è stata una novità – abbiamo proposto “Giovani in action!”, workshop artistici aperti a chi più di tutti, per condizione anagrafica, è in cerca di un futuro diverso», racconta Mileni del Gen Verde. Così 160 giovani, tra cui italiani e una cinquantina provenienti da diverse parti del mondo coinvolti in un’arricchente esperienza d’interculturalità, hanno collaborato uniti da un clima familiare d’ascolto, fiducia, contatto senza pregiudizi. «Hanno provato – ancora Mileni – a “capire l’esigenza di chi ci sta accanto e non solo la nostra”, come ci hanno detto. E anche: “Possiamo scegliere: o ignorare chi ha difficoltà oppure aiutarlo”; e soprattutto hanno scoperto il miracolo dell’“insieme”, e le ricchezze da condividere poi nella povertà di ogni quotidianità». Quando è stato chiesto loro: «Avete scoperto qualcosa di nuovo con questo lavoro?», hanno risposto: «Abbiamo capito il valore della solidarietà, dell’aiuto reciproco nel lavoro di squadra, il senso di responsabilità davanti al gruppo e di fiducia reciproca anche per raggiungere un migliore risultato». E poi: «il superamento della barriera della lingua o di chi è di un’altra città cercando una comunicazione sincera e attenta. L’affrontare i momenti di scoraggiamento, di fallimento, scoprire il valore della gioia o del cantare, danzare e suonare insieme».  E cosa userai nella tua vita quotidiana di ciò che hai sperimentato qui? Parlano ancora i giovani: «Ascoltare e fidarsi degli altri senza guardare me stesso». Un altro ha detto: «Abbiamo acquistato più fiducia in noi stessi e abbiamo capito che le persone non sono sempre come appaiono dall’esterno. Possiamo eliminare i pregiudizi sfruttando un clima socievole per integrarci meglio con gli altri». Gran finale, la performance insieme ai giovani offerta dal Gen Verde la sera conclusiva, in un Auditorium gremito di circa 900 persone, dove nessuno è rimasto seduto. Ascolto profondo, partecipazione e un’esplosione di gioia per tutti. Qualcuno diceva: «Ho apprezzato lo stile fresco, attuale, coinvolgente del concerto», e poi: «Ho sentito la forza nella diversità, è stato bellissimo. Alla fine avrei voluto dire tante cose, ma sono stato in silenzio. Silenzio per meditare tutti i valori che ci avete trasmesso».

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50 anni dei Focolari in Portogallo

50 anni dei Focolari in Portogallo

La conclusione delle celebrazioni si svolgerà il 5 e 6 novembre a Fátima Domenica 6 novembre, sarà un giorno di Festa alla quale invitiamo tutti gli amici del Movimento dei Focolari convite50anos-dia6 Il programma: 11,30 – Messa | Auditorium del Centro Paulo VI 13,15 – Pranzo 15,30 – Festa commemorativa dei 50 anni del Movimento dos Focolares em Portugal | Auditorium del Centro Paulo VI 17,30 – Conclusione Sarà per noi motivo di grande gioia potere avere con noi la presenza di tanti amici! Iscrizioni : Per il 5 e 6 novembre qui – Solo per il 6 novembre qui   Per ulteriori informazioni:   50anos@focolares.pt tel: +351 263 790 676 (altro…)

Iraq, prove di rinascita

Iraq, prove di rinascita

20161013-01Instabilità politica, precarietà economica, corruzione, estremismo religioso, riduzione dell’offerta educativa. Sono solo alcune delle cause che spingono la popolazione irachena ad una migrazione senza precedenti. Oggi rimanere in Iraq è una scelta davvero difficile. Specie se sei cristiano. Eppure l’Iraq dispone di notevoli risorse naturali e il suo popolo è ricco di umanità e di grande capacità di inclusione. Basti pensare alla pluralità delle culture, di lingue, religioni, alle varie etnie che per secoli hanno saputo convivere in pace. Habitat del patrimonio cristiano fin dalle sue origini, da duemila anni l’Iraq è stata la casa naturale di comunità cristiane molto vive. Con l’imperversare delle guerre sono però diventate, oggi, oggetto di discriminazione e persecuzioni. L’evento più atroce è stato due anni fa, quando estremisti ISIS hanno preso Mossul e tutta la pianura attorno: in poche ore migliaia di cristiani hanno dovuto abbandonare le loro case e, con i soli vestiti addosso, fra mille disagi e pericoli, sono dovuti sfollare e poi emigrare verso la Giordania o il Libano dove hanno trovato asilo in improvvisati campi profughi. Secondo alcune statistiche i cristiani in Iraq erano un milione e mezzo (2003), oggi non raggiungono i 300.000. Anche la comunità dei Focolari ha subito gli effetti devastanti di questa barbarie. Ma sia quelli che hanno lasciato il Paese, sia chi è rimasto – concentrati nelle città di Erbil, Baghdad e Bassura, e a Dohuk – cercano di trasmettere pace ovunque, costruendo ponti di solidarietà. Tuttavia, mentre ai convegni estivi di più giorni tipici dei Focolari, le Mariapoli, in passato c’erano oltre 400 persone, a quello tenutosi dal 9 all’11 settembre di quest’anno erano appena in 40. Ma il calo numerico non ha influenzato il profilo qualitativo, decisamente cresciuto in intensità e profondità, anche perché il tema centrale metteva l’accento sui rapporti interpersonali da vivere all’insegna della misericordia. Ospiti di un convento a Sulaymaniya, vicino al confine con l’Iran, i partecipanti hanno vissuto tre giorni di vere e proprie esercitazioni nell’amore reciproco. Racconta Rula, focolarina giordana del focolare di Erbil: «Abbiamo pregato, giocato, passeggiato in un’atmosfera di famiglia, sperimentando la vera comunione. Nel momento dedicato alla famiglia è scattata una tale condivisione che ha permesso di parlare del rapporto di coppia, della sfida dell’immigrazione, della conciliazione lavoro-famiglia, dell’educazione dei figli… Mentre i giovani, attraverso coreografie, hanno mostrato come diventare ponti l’uno verso l’altro». La Mariapoli ha avuto anche la presenza del vescovo di Baghdad mons. Salomone, che ha infiammato tutti con le sue parole: «Gesù ci chiede di essere lievito per questo mondo. Sono contento che abbiate scelto questa città per incontrarvi perché, anche se siete pochi, sicuramente lascerete qui la tipica impronta di chi è seriamente impegnato a vivere il Vangelo». Il focolare cerca di sostenere quanti sono rimasti, come anche chi si decide per la partenza, proprio perché sa che non è facile, specie per i giovani, vivere senza poter progettare il proprio futuro. «Vediamo che nonostante siano all’estero continua Rula –  vogliono ancora rimanere in contatto. Un giovane, da un campo rifugiati ci ha scritto che la spiritualità dell’unità è l’unica luce che lo sostiene e che il cercare di amare gli altri dà un senso alla snervante attesa che sta vivendo». Fra le tante esperienze condivise in Mariapoli, emblematica quella di un chirurgo di un ospedale pubblico. Poiché i medici non ricevono regolarmente gli stipendi, essi cercavano di programmare gli interventi nel pomeriggio, quando cioè sono a pagamento. Ma lui ha deciso di aiutare il maggior numero di persone possibile e fissa tutti i suoi appuntamenti al mattino. All’inizio i colleghi lo criticavano, ma poi piano piano hanno deciso anche loro di fare come lui. (altro…)

Lionello Bonfanti

Lionello Bonfanti

Lionello_BonfantiLionello nasce il 10 ottobre 1925, a Parma, in una famiglia benestante da cui riceve un’educazione basata sull’onestà e autenticità. Frequenta il liceo negli anni segnati dalla seconda guerra mondiale, nei quali avverte una particolare “attenzione” verso i problemi sociali e civili. Nel ‘43 s’iscrive alla facoltà di Giurisprudenza e si laurea nel ‘47 a pieni voti e con la lode, dopo un periodo d’interruzione che trascorre in prigione per aver aiutato il movimento partigiano. Dopo la guerra si occupa con impegno delle attività formative e culturali della FUCI (Universitari Cattolici Italiani) e delle attività politiche della Democrazia Cristiana, non trascurando l’assistenza ai poveri nella Conferenza di S. Vincenzo. Ma teme l’imborghesimento. Aderisce quindi ad una iniziativa che riunisce giovani desiderosi di un approfondimento spirituale alla luce del Vangelo. Lì viene a conoscenza della spiritualità dell’unità di Chiara Lubich e, nel gennaio del ’50, incontra Ginetta Calliari, una delle prime focolarine. «Ella ci parlò assai semplicemente ma con grande convinzione. (…) Il cristianesimo che mi veniva esposto era così fresco ed affascinante che quasi mi pareva di ascoltare per la prima volta cosa fosse il cristianesimo stesso », ricorda. Insieme a questa crescita spirituale ne segue anche quella professionale: diventa il più giovane pretore d’Italia. Nel ’53 partecipa alla Mariapoli estiva, dove si approfondisce la spiritualità dell’unità. Incontra Chiara Lubich, Pasquale Foresi e Igino Giordani. Sono giorni che segneranno per sempre la sua vita. Li ricorda così: «Quella convivenza, pur essendo di piccole dimensioni, aveva una sua completezza: c’erano vergini e coniugati, sacerdoti e operai. Poteva essere modello della più grande società, avendo in sé una legge di valore universale. Vidi in quel “corpo” di persone unite in Cristo, pur nella povertà dei mezzi materiali, pur composto da persone non prive di difetti e di ingenuità, un organismo in cui il Signore aveva deposto una luce, una legge, una ricchezza destinate a dilagare in tutto il mondo (…)». In quel convegno decide di seguire Dio nel focolare. Nel ‘61 fa un passo che suscita scalpore: lascia la professione (nel frattempo era stato nominato Sostituto Procuratore della Magistratura a Parma) per dedicarsi completamente al Movimento. Il settimanale Gente pubblica un articolo su questo Magistrato che «aveva lasciato la toga per la Bibbia». Nel ‘62 riceve il «Premio della bontà» dalla Regione Emilia.

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Loppiano: Lionello Bonfanti e Renata Borlone

Troviamo Lionello a Roma, alla prima scuola internazionale di Grottaferrata, quindi a Torino e poi nella cittadella di Loppiano nel ‘65 dove, per 15 anni, insegna ai giovani focolarini e dedica tutto se stesso allo sviluppo della nascente cittadella con “l’amore reciproco come legge fondamentale”. Diventa sacerdote nel ’73 e per lui si tratta di «essere al servizio del carisma, essere una trasparenza d’amore, essere “più Gesù” per gli altri». Nell’ ‘81 ricopre vari incarichi al centro del Movimento a Rocca di Papa. Dopo la licenza in Teologia e Diritto Canonico, diventa un esperto di associazioni laicali, svolgendo un’opera preziosa di consulente per la formulazione degli Statuti del Movimento dei Focolari (Opera di Maria), a contatto con i migliori canonisti della Santa Sede. Nell’estate dell’ ’86 gli viene diagnosticato un tumore e spesso gli ritornano alla mente e al cuore alcuni pensieri di Chiara Lubich, specie uno su Maria: «È tutta bella l’Ave Maria in ogni sua espressione, ma oggi io vorrei suggerire di sottolineare con il cuore in modo particolare la duplice richiesta: “Prega per noi peccatori adesso” e “nell’ora della nostra morte”, affinché Maria ci assista con la sua intercessione presso Dio in ogni nostro attimo presente e perché in quel momento importante, che è la morte, sia presente presso di noi in modo speciale». Muore improvvisamente l’11 ottobre. C’è chi l’ha definito “uomo delle Beatitudini”, perché proprio in esse lo troviamo rispecchiato: nella purezza di cuore, nella mitezza, nella misericordia, nella pace, nella fame e sete della giustizia. La frase del Vangelo che ha orientato la sua vita è, infatti, “Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt 6, 33). (altro…)

Senza diritto di cittadinanza – di Silvano Gianti

Senza diritto di cittadinanza – di Silvano Gianti

Senza diritto di cittadinanzaTra autobiografia e cronaca il libro racconta le storie di tanti che vivono ai bordi delle strade in un «anonimato assordante», nel vuoto della desolazione e della sofferenza. A quei tanti, incontrati nei suoi interminabili giri tra le piccole e le grandi città del Nord del Paese, l’Autore prova a dar voce, ricostruendo pezzo dopo pezzo la realtà viva e cangiante delle periferie dell’esistenza. Ne emerge un caleidoscopio di vite vissute e condivise da chi sempre nella pienezza esistenziale per spirito di solidarietà o per senso di giustizia dedica la propria vita a migliorare le condizioni di uomini e donne che il degrado urbano e l’indifferenza della gente hanno privato del loro diritto di cittadinanza. Silvano Gianti è nato a Cuneo nel 1957. Da sempre attento a chi vive in situazioni di povertà e di disagio, ha vissuto in diverse città d’Italia e abita attualmente a Genova, dove lavora per “Città fraterna”, una onlus che sostiene i disoccupati del capoluogo ligure. Ha pubblicato in passato sul «Sole 24 ore» online, dal 1978 scrive sul settimanale diocesano «La Guida» e collabora con la rivista «Città Nuova». La collana Vite vissute: storie di uomini e donne del nostro tempo che hanno scelto, con coraggio e determinazione, di agire per il bene comune. Città Nuova Ed.

Congresso Gen 2 Mondiale

Il Congresso, che è triennale, quest’anno celebra il 50° del Movimento Gen: “generazione nuova” del Movimento dei Focolari. Nel 1966 Chiara Lubich propose ai giovani che facevano parte del Movimento “Una rivoluzione d’amore”, che, espliciterà poi, ha per fine concorrere alla realizzazione del testamento di Gesù: “Che tutti siano uno”. Dall’adesione di migliaia di giovani in tutto il mondo a questo programma, è nato il Movimento Gen. Ora è sparso in tutto il mondo con appartenenti alle più diverse culture, estrazioni sociali, religioni ed anche non professanti un credo religioso. (altro…)

Attivata emergenza umanitaria per Haiti

Attivata emergenza umanitaria per Haiti

Haiti La tempesta più violenta degli ultimi anni che ha investito l’Isola, già così provata, ha causato almeno 900 vittime. Ora incombe un pericolo ancora più grave e cioè le epidemie, e il colera in particolare. Wilfrid Joachim Joseph, referente SAD ad Haiti – sostegno a distanza, portato avanti dalle Famiglie Nuove –  ci fa sapere che nei dintorni di Mont-organisé, zona rurale nel distretto di Ouanaminthe, a Nord-Est di Haiti, «Il ciclone Matthew, dove AFN (Azione Famiglie Nuove) sostiene a distanza tanti bambini, non ha fatto vittime, ma molti danni alle costruzioni. In particolare alle fattorie e alle stalle, con gravi conseguenze dovute alle poche fonti di sostentamento della popolazione che, proprio perché rurale, vive di agricoltura e allevamento”.   Immediatamente il Movimento dei Focolari si è attivato per sostenere con aiuti di ogni genere le vittime di questa grave calamità naturale.  Il “Coordinamento aiuti per le emergenze umanitarie”, segnala i seguenti conti correnti per chi vuole dare il proprio contributo per Haiti, specialmente per le comunità dei Focolari: Azione Haiti (altro…)

Il coraggio di perdonare

Il coraggio di perdonare

Reconciliation by Josefina de Vasconcellos at Coventry Cathedral

Foto: Riconciliazione di Josefina de Vasconcellos (Coventry Cathedral)

La Parola di vita di questo mese ci invita a non rispondere all’offesa con l’offesa  ma – come  suggerisce Chiara Lubich – «con un atto di volontà e di lucidità, quindi di libertà, accogliere il fratello così com’è, nonostante il male che ci ha fatto, come Dio accoglie noi peccatori, nonostante i nostri difetti». Alcune brevi testimonianze: Quel muro è crollato «Ho passato un’infanzia ed una giovinezza molto triste, al punto da non conservare neanche un ricordo positivo. Anche da sposata i rapporti con la mia famiglia d’origine mi lasciavano sempre una profonda amarezza, solo critiche e disprezzo. Non è stato facile dimenticare, ma intanto ho cercato di fare mio il motto evangelico: dare senza attendere la ricompensa. Un giorno i miei genitori sono venuti a passare le vacanze da noi. Ho deciso di andare incontro ai loro gusti, senza aspettarmi nulla. Ho baciato mia madre, cosa che non avveniva più dalla mia infanzia. Lei mi ha abbracciata e le sono venute le lacrime. Ho sentito crollare il muro che ci divideva. E papà il giorno del suo compleanno ha voluto che mettessi la musica da lui preferita e che danzassi con lui. Una grande conquista quest’armonia con i miei!» (Margherita – Svizzera) Un litigio finito in dolcezza «Da mia sorella avevo saputo che i nostri genitori avevano litigato. Da tre giorni non si parlavano e papà rifiutava di mangiare il cibo che la mamma preparava. Arrivata a casa, subito ho avvertito un’atmosfera pesante. Senza fare domande, mi sono messa a servire concretamente sbrigando alcuni lavori;  alla prima occasione in cui mi sono trovata da sola con mio padre, ho cercato di sapere da lui cos’era successo. Si è confidato con me e così anch’io ho potuto dirgli il mio impegno nel cercare di vivere le parole di Gesù. Quando ho accennato al perdono, di cui Lui ci ha dato l’esempio, si è fatto più attento. Alla fine ci siamo messi d’accordo che quando sarebbe tornata la mamma l’avrebbe accolta bene. Dalla finestra della cucina ho assistito alla scena di lei che rientrava e di mio padre che le chiedeva con dolcezza com’era andato il lavoro». (P. F. – Camerun) Un semplice “ciao” «Da un po’ di tempo c’erano incomprensioni tra me e una sorella al punto che ci eravamo tolti il saluto. Un giorno ho deciso di fare io il primo passo per riconciliarci. Ma era tutt’altro che facile: in fondo ero il fratello maggiore, avevo la mia dignità… Dopo una notte agitata, alla mattina in cucina le ho detto “ciao”, ma così sottovoce che lei non ha sentito. Prendendo coraggio ho ripetuto con più forza il “ciao”. Lei è rimasta sorpresa e subito abbiamo fatto pace. Per la gioia e il senso di liberazione mi son messo poi a canticchiare». (Dolfi – Italia) (altro…)

Where is God in Suffering?

Where is God in Suffering?

where_is_god_in_suffering_website_coverAuthor: Fr Brendan Purcell

In Where is God in Suffering? philosopher Brendan Purcell considers ways in which we can meaningfully reconcile our faith in God with a world that often appears to be plagued by great tragedy. In this deeply personal and impassioned book, the author explores stories of historical figures and characters in literature whose unyielding faith in the face of great personal suffering provides solace for people today.

From Viktor Frankl and Etty Hillesum, both of whom endured the untold torments of concentration camps, to the terminally ill teenager Chiara Luce Badano, whose trust in God never wavered, Where is God in Suffering? provides an impassioned rejoinder to commentators such as Stephen Fry and Peter Singer who doubt or deny the existence of God. Also included are touching accounts of the lives of friends whom the author has known over the years, and whose great stoicism and faith in adversity will provide inspiration to all those who share in their story.

Orders and enquiries – New City Press

Argentina: gli effetti del “Rischiare”

Argentina: gli effetti del “Rischiare”

2016-10-09-PHOTO-00000048«La festa è stata un’esperienza incredibile! Ha colpito nel segno, nel mio cuore, e ci ha permesso di godere un bellissimo clima di fraternità che aiuta a ricaricare le batterie!». «Mi sono resa conto che posso decidere se restare nella caverna o uscirne. Ho scoperto quanto è importante aprirmi e condividere con altri quello che succede dentro di me». «Nel gruppo di giovani della cittadella ho riconosciuto una grande vitalità, radicalità, gioia, profondità, capacità di affrontare le difficoltà…». «È stata un’esperienza molto bella. Parto con la convinzione che è possibile vivere una vita diversa e che non siamo soli nello sforzo di essere quelli che realmente vogliamo essere e rischiare». Ecco alcune delle espressioni dei mille giovani riuniti, il 24 e 25 settembre scorsi, per la Festa dei giovani 2016, presso la Cittadella Lia – Argentina dei Focolari immersa nella pampa. Si tratta ormai di un appuntamento tradizionale che si ripete ogni anno con la potenza creatrice che i giovani sanno esprimere quando si tratta di trasmettere ad altri gli ideali per i quali vogliono spendere la vita. Quest’anno, all’edizione 2016, attratti dal motto “Rischia, quello che cerchi esiste”, sono arrivati oltre 1000 giovani da Paraguay, Uruguay, Cile, Brasile e da varie città dell’Argentina. In che consiste questa proposta? In un’esperienza di fraternità, che parte dal condividere per 48 ore lo stile di vita evangelico che caratterizza questa cittadella permanente del Movimento dei Focolari, nella quale attualmente vivono 85 giovani di 17 paesi, oltre a famiglie e adulti. Non solo. Si condivide un’esperienza e, attraverso la musica, il teatro e la danza, si mettono in comune anche le attuali problematiche in cui si trovano immersi i giovani: i rapporti familiari, lo studio, i successi e i fallimenti della vita, le dipendenze, i momenti di dolore, e soprattutto l’incontro con un Dio vicino, che ha una risposta personale per ciascuno. Ma l’idea non finisce lì: si cerca di coinvolgere tutti nella costruzione di un mondo unito senza distinzione di fede o di religione. 2016-10-09-PHOTO-00000047Quest’anno il programma prevedeva una combinazione di teatro, musica e testimonianze, il tutto sotto un’immagine emblematica che campeggiava a grande scala all’ingresso della sala nella quale si svolgeva la presentazione, con un cartello che incitava tutti: RISCHIA! Il linguaggio scelto per trasmettere le esperienze e costruire le scene di teatro, era diretto e ha interpellato ciascuno personalmente. Le canzoni, cantate con molta energia e un ritmo coinvolgente, hanno aiutato a fare la sintesi di questo impegno nella ricerca di qualcosa di grande per ognuno. I momento vissuti insieme fuori dalla sala, come la visita alla cittadella, i pranzi, le passeggiate, sono serviti per dar spazio a questo scambio tra giovani latinoamericani che hanno dimostrato il loro desiderio e la loro capacità di costruire un mondo unito, una società per tutti. Alla fine, la proposta lanciata ad ognuno dei partecipanti, di moltiplicare queste spazio di fraternità in ogni angolo del pianeta in cui viviamo. Gli echi non si sono fatti attendere: «Dal Paraguay voglio ringraziarvi perché ci avete fatto vivere giornate indimenticabili. Siamo emozionati e disposti ad accettare la sfida!». «Stamattina, mentre ero sull’autobus per andare al lavoro  –  scrive un altro giovane partecipante – mi tornavano in mente i giorni vissuti insieme e mi veniva voglia di vivere bene la giornata di oggi, di dare quel di più, di rischiare».   Fonte: Cono Sur online (altro…)

LoppianoLab 2016: accogliere il grido degli ultimi

LoppianoLab 2016: accogliere il grido degli ultimi

29418288973_c48e8c63ca_zNon è un errore la scelta della “W” all’interno del titolo ma è una sfida lanciata alle migliaia di partecipanti presenti e a quanti si sono collegati via streaming. Se da una parte c’è un’Italia dove i cosiddetti poveri assoluti sono aumentati del 130% in sette anni, dove ogni giorno le sue coste meridionali fanno da ponte alle centinaia di migliaia di migranti che fuggono dalla miseria e dalle guerre. Dall’altra parte c’è tutta la voglia di mettersi in gioco: volontari, associazioni, giovani che vogliono sperimentare nuove forme di impresa per aiutare le persone dall’emergenza quotidiana. Sì, perché l’impegno (come “dare qualcosa in-pegno”, con le parole di Alberto Frassineti, uno dei fondatori del Polo Lionello), è lo spirito che anima coloro che hanno portato le loro esperienze nel corso delle iniziative in programma per Loppianolab 2016: economia, ma anche politica, welfare, immigrazione, comunicazione, tecnologia e istruzione.  L’iniziativa, che ha visto promotori il  Polo Lionello Bonfanti , il Gruppo Editoriale Città Nuova, l’Istituto Universitario Sophia e la Cittadella di Loppiano, è nata nel 2010 con lo spirito di concretizzare un laboratorio nazionale che mettesse in  moto, come ha augurato nel suo messaggio Maria Voce, Presidente dei Focolari , “le qualità che hanno fatto grandi gli italiani,  la creatività e l’industriosità, l’accoglienza e la solidarietà, la cultura e l’arte”. 29417421254_790b3fde4a_zEsperti del mondo della cultura, dell’economia e della politica si sono alternati nei diversi momenti previsti dal programma, insieme alla tante voci della società civile tramite le iniziative promosse dalle centinaia di associazioni, singoli e comunità, rafforzando e mettendo in rete persone appassionate nel tradurre in prassi idee, progetti, stili di vita. Tre giornate, tre focus per accogliere diverse sfide: quella dell’innovazione tecno-scientifica, dello sviluppo e della povertà per reinventare la pace. E proprio a LoppianoLab sono stati festeggiati due anniversari importanti, il progetto di Economia di Comunione (EdC) per il suo 25° anno di vita  e quello della rivista dei Focolari, Città Nuova, che compie 60 anni. Trenta workshop multitematici, tre dirette via streaming, laboratori anche per bambini e adolescenti: “Loppiano Kids. È tempo di dare” con una serie di incontri sui temi della povertà, della solidarietà e dell’ecologia, e “Loppiano Young” con performance ed esibizioni artistiche curate dalla band internazionale Gen Verde. Jesús Morán,30061539755_311f8c2ac8_z copresidente dei Focolari e filosofo, ha chiuso l’ultimo giorno parlando delle tre sfide che oggi l’umanità si trova ad affrontare, quelle della globalizzazione e della post globalizzazione, la sfida antropologica, del “post umano”,  e per ultima quella umanitaria, del sub-umano, sfida che ci interpella ad elaborare una “cultura della resurrezione”, per assumere fino in fondo il dolore dell’uomo che soffre. La domanda che ci dobbiamo porre  – secondo Morán – è quanto spazio diamo, nella nostra vita, agli ultimi, agli “abbandonati” di oggi? Infine, durante il forum “La ricchezza delle povertà invisibili”, è stata lanciata la proposta di costituire un osservatorio sulla povertà che, sulla base di un piano di lavoro biennale, sviluppi un sistema informativo per monitorare gli effetti degli aiuti dell’EdC a livello globale, e studi  alcuni casi specifici significativi per i risultati ottenuti o le metodologie adottate.   Leggi anche: Città Nuova online: Speciale LoppianoLab Loppiano Economia di comunione (altro…)

Jesús Morán a LoppianoLab

Jesús Morán a LoppianoLab

29978451031_76dd1ba51d_zLa necessità di lavorare per la costruzione di un “noi poliedrico”. Promuovere la cultura del dialogo e dell’incontro per tutelare chi vive in condizioni sub-umane. La storia dell’umanità può essere letta anche come la storia del concetto del “noi”. Questo pronome, secondo quanto spiegato nell’incontro per la pace di Assisi dal filosofo Zygmunt Bauman, inizialmente includeva poche persone e definiva chi non faceva parte del gruppo col pronome “loro”. Il numero di quanti facevano parte del “noi” è andato via via crescendo, fino ad arrivare, in questi anni globalizzati, a poter includere – al limite – tutti, ma aprendo così un nuovo capitolo: come gestire questo “noi”? Partendo dalle parole di Bauman, il filosofo Jesús Morán Cepedano, copresidente del Movimento dei Focolari, nel corso dell’evento conclusivo della settima edizione di Loppianolab 2016, ha sottolineato la necessità di rendere più personale e denso di relazioni questo “noi”. Grazie alla globalizzazione, il “noi” attualmente costituito sembra essere tale solo a livello interpersonale, di convivenza, societario. Certo, è già un bel passo avanti, ha sottolineato Morán, ma è «sfasciato, rotto, ferito», proprio in quanto impersonale, e per tali motivi rischia di essere manipolato. Emerge la necessità, per l’umanità stessa, di compiere un ulteriore passo in avanti. Bisogna “personalizzare” questo noi, conservando la soggettività delle singole persone, ma anche dei popoli e delle culture, cercando di realizzare un «noi poliedrico e non sferico», secondo la terminologia utilizzata da papa Francesco. Dunque, per Morán la questione vera non sarebbe quella di continuare ad espandere il concetto del “noi”, ma di elevarlo, di personalizzarlo. Ma come? L’importante, ha aggiunto, è creare «spazi di personalizzazione del noi e farli dilagare ovunque nel mondo». La stessa cittadella internazionale di Loppiano è, pur nei suoi limiti, un esempio di spazio mondializzato con la personalizzazione del noi, in cui si può essere persone e nel quale non si vive un noi impersonale. «Il futuro dell’umanità si gioca su questo e io sono ottimista – ha affermato –. È un processo molto positivo e cruciale», ma «se non si compie questo passo in avanti il noi si autodistrugge». L’umanità, ha aggiunto il copresidente dei Focolari, complessivamente ha tre grosse sfide da affrontare. La prima è quella della post globalizzazione. Morán la definisce la sfida del “trans globale”: vivere cioè la globalizzazione in modo poliedrico, senza gruppi di potere egemonici, in un contesto di vera comunione, alba dell’uomo-mondo, concetto tanto caro a Chiara Lubich, per arrivare al quale occorre promuovere una cultura del dialogo e dell’incontro. La seconda sfida è antropologica, quella del “post umano”, che richiede – ha affermato il filosofo spagnolo rilanciando l’espressione dell’economista Stefano Zamagni – anche un’operazione culturale notevole. Serve un nuovo umanesimo, processo che richiede da noi esperienza, vita, pensiero e un altro tipo di cultura: quella della differenza. Una cultura capace di pensare la differenza, diversa dal pensiero debole, che è incapace di fare ciò e che porta all’omogeneizzazione. La terza sfida che l’umanità si trova a dover affrontare è quella umanitaria, indicata dall’economista Luigino Bruni. Parliamo, ha detto Morán, del “sub-umano”, di quei milioni e milioni di persone che, cioè, non vivono una vita umana all’interno di quel grande “noi” che è l’umanità. Quella del sub-umano è una grande sfida che ci interpella ad elaborare una cultura della resurrezione, per assumere fino in fondo il volto dell’uomo che soffre. La domanda che ci dobbiamo porre è: quanto spazio diamo, nella nostra vita, agli ultimi? La cultura dell’umanità – ha concluso il filosofo – indica di andare incontro agli “abbandonati” di oggi, alla cultura del sub-uomo. Non si avrà vera unità se non si affronterà, vincendola, anche questa sfida. Di Sara Fornaro Fonte: Città Nuova

Anne: la mia notte non ha oscurità

Anne: la mia notte non ha oscurità

IMG_1556_Anne and Eleanor Shepherd

Anne insieme alla mamma, Eleanor.

«Nata prematura di 14 settimane, alla nascita pesavo meno di un chilo. I medici dissero che avrei avuto soltanto una piccola possibilità di sopravvivenza, così mia madre chiamò un sacerdote per battezzarmi. Sono stata nell’incubatrice per quattro mesi e, a causa dell’eccessiva esposizione all’ossigeno, il mio udito ha subito una perdita dell’80% in entrambe le orecchie. Durante l’adolescenza ho cominciato a domandarmi il perché non fossi subito morta, tanta era la sofferenza che questa grave perdita uditiva mi provocava. I miei genitori che vivono la spiritualità dei Focolari, mi davano sempre la stessa risposta: “Anne, Dio ti ama immensamente e ha un piano speciale per te”. Questa frase mi faceva nascere il desiderio di scoprire il progetto che Lui aveva riservato per me. A 18 anni ho iniziato a lavorare presso l’ufficio postale. Il mio compito era quello di rispondere al telefono e questo mi risultava difficile perché era molto problematico per me riuscire a capire le varie richieste. Molte volte le persone all’altra estremità del telefono mi prendevano in giro dicendo che ero stupida e così tornavo a casa piangendo, gridando a mia mamma perché la vita doveva essere così difficile per me! IMG_1265La sua risposta mi ha colto alla sprovvista: “Prova a fare tu il primo passo. Quando domani rispondi al telefono, spiega con semplicità a chi ti ascolta che hai una perdita uditiva e invita le persone a parlare lentamente e chiaramente”. Per me è stato affrontare soprattutto me stessa, perché non volevo si sapesse della mia sordità; volevo infatti apparire “normale” come tutti gli altri. Il giorno dopo al lavoro ho sentito squillare il telefono e, nello stesso tempo, quella voce nel mio cuore mi diceva “fa il primo passo”. Per la prima volta nella mia vita, ho risposto al telefono invitando a parlare in maniera chiara poiché avevo un deficit uditivo. Con mia sorpresa la persona all’altro capo del telefono è stata molto gentile e comprensiva e questo mi ha incoraggiato, da quel momento in poi, a svolgere il mio lavoro con più sicurezza. I miei colleghi, vedendo le mie difficoltà e gli sforzi per superarle, hanno anche loro cercato di aiutarmi, rispondendo subito alle chiamate. È stato come se avessi gettato un sassolino nell’acqua provocando un effetto a catena. Ricordo di essere andata a casa dicendo alla mamma: “Ha funzionato!” Quel giorno ha segnato un punto di svolta nella mia vita: ho capito che dovevo accettare i miei limiti giorno dopo giorno e, cercando di fare il primo passo, di “amare per prima” gli altri come Dio ha fatto con noi, avrei trovato un rapporto con il mondo e con le persone, insieme alla pace interiore e ad una nuova libertà.
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Anne a Melbourne con le focolarine con cui abita.

La sofferenza mi ha portata più vicina a Dio che sempre mi aiuta a mettermi a disposizione degli altri. Nel tempo, ho sentito il desiderio di donarGli la vita nella strada del focolare. Le difficoltà non sono mancate, come quella di imparare la lingua italiana per ricevere la formazione. Ma ho sperimentato che nulla è impossibile a Dio. Ancora oggi non è semplice: per esempio, con le amiche con cui abito in focolare abbiamo dovuto fare dei piccoli passi quotidiani. Come chi parlava quasi borbottando ora si sforza di scandire bene le parole in modo che possa leggere le labbra. Alla fine vince l’amore reciproco! Ho ricevuto da mio padre, scomparso nove anni fa, un messaggio personale da aprire dopo la sua morte, in cui c’era scritta solo una frase: “La mia notte non ha oscurità”. È la mia esperienza quotidiana: ogni volta che scelgo di amare e di servire chi mi sta vicino, non ci sono più tenebre e sperimento l’amore che Dio ha per me». (altro…)

Brasil: Fórum Nacional dos 25 anos da EdC de 13 a 16/10

Brasil: Fórum Nacional dos 25 anos da EdC de 13 a 16/10

Forum-25-anos-RecifeA Economia de Comunhão (EdC) nasceu em maio de 1991 no Brasil,  com o objetivo de colaborar com a redução da pobreza, através da organização de iniciativas econômicas inseridas dentro de um movimento cultural mais amplo, composto por pessoas e instituições que objetivam, dos mais diversos modos, individual e coletivamente, construir a fraternidade nos dias de hoje. CONFIRA O PROGRAMA: Encontro da rede nacional de líderes e núcleos de EdC Data: 13/10 à 14/10 – início às 14h Voltado para os núcleos locais, com formação e momentos de comunhão. Local: Centro Mariápolis Santa Maria – Av. Alfredo Bandeira de Melo, 01 – Igarassú PE – Brasil   Programação Acadêmica Encontro dos Pesquisadores de EdC Data: 13/10 à 14/10 início às 9h00 Público alvo: Pesquisadores, professores e estudantes de EdC Local: Centro Mariápolis Santa Maria – Av. Alfredo Bandeira de Melo, 01 – Igarassú PE – Brasil Seminário de Economia para estudantes de Economia Data: 13/10 – 15h45 às 17h30 Público alvo: Estudantes do PIMES – pós-graduação em economia Local: Faculdade de Economia – UFPE Mesa Redonda: Palestrantes da Cátedra Chiara Lubich – UNICAP, ASCES-UNITA & SOPHIA Data: 13/10 – 20h às 22h Público alvo: Estudantes dos cursos de economia, filosofia, direito e história; pessoas envolvidas ou interessados na EdC e público em geral. Local: UNICAP – Universidade Católica de Pernambuco Fórum dos 25 anos – Grande Comemoração Nacional dos 25 anos. Assembleia Aberta –  Apresentação da Anpecom de hoje, resultados e desafios.  Data: 15/10 às 09h Voltado aos empreendedores, empresários, estudantes e simpatizantes. Local: Centro Mariápolis Santa Maria – Av. Alfredo Bandeira de Melo, 01 – Igarassú PE – Brasil Grande Comemoração Nacional dos 25 anos Data: 15/10 às 14h 16/10 até às 12h30 Voltado a qualquer pessoa que é interessado a construir uma economia diferente! Local: Centro Mariápolis Santa Maria – Av. Alfredo Bandeira de Melo, 01 – Igarassú PE – Brasil IMPORTANTE: Inscrição: R$60,00 (sem alimentação e hospedagem), associados da Anpecom (em dia com a anuidade) tem 50% de desconto. Valor de inscrição é sempre R$60,00, podendo a pessoa estar inscrita para um ou todos eventos. Associe-se no site da Anpecom que ainda dá tempo! Estadia e alimentação: Valor da diária com as três refeições: R$85,00 Para maiores informações sobre a estadia clique aqui O valor será pago diretamente para o Centro Mariápolis É importante fazer a inscrição.

Pensar Portugal Atual

Pensar Portugal Atual

pensarptaImpulsionados pelo desejo de incrementar a participação consciente na vida cívica, membros do Movimento dos Focolares promovem um ciclo de conferências / debates com personalidades de diferentes áreas profissionais e políticas, com o título Pensar Portugal Atual. Pensar Portugal para formar e desenvolver a consciência crítica, a capacidade de diálogo, a cidadania ativa e responsável, essenciais à Democracia com os desafios da atualidade.

Próxima Conferência – Lisboa, Centro Cultural Franciscano: 11 de outubro 2016, terça-feira, 21h00
Cardeal Patriarca de Lisboa D. Manuel Clemente “Pensar Portugal Atual” Mais informações: consultar a página Pensar Portugal Atual no Facebook ou pelo E- mail: pensarportugalatual@gmail.com Conferências já realizadas:

22 de novembro 2015, domingo, 16:00h
– Prof. Doutor Marcelo Rebelo de Sousa 11 de dezembro 2015, 6ª feira, 21:00h – Prof. Doutor José Eduardo Franco 15 de janeiro 2016, 6ª feira, 21:00h – Dr. Guilherme d’Oliveira Martins 19 de fevereiro 2016, 6ª feira, 21:00h – Prof. Doutor Jorge Miranda
19 de maio 2016, quinta-feira, 21h00
Prof. Doutor Jorge Braga de Macedo “A Globalização liberta aproximando”
19 de junho 2016, domingo, 16h00 – Prof. Doutor Bagão Félix “Gerações, Ética e Solidariedade” – Dr. Vítor Bento “Portugal, entre a Europa e o mar”
23 de setembro 2016, sexta-feira, 21h00 – Embaixador Jorge Lemos Godinho “Os pilares da política externa portuguesa num Mundo em evolução”

Gemma Galgani: Nell’abisso del mondo

Gemma Galgani: Nell’abisso del mondo

Nell'abisso del mondo 1La freschezza di un’esistenza centrata in Dio. Le due opere principali di Gemma Galgani – Diario e Autobiografia – vanno a comporre il dittico più significativo attorno al quale ruota la nostra conoscenza della sua vita e della sua spiritualità (1878-1903). Due libretti essenziali, centrati su una sola idea: Cristo come punto focale dell’esistenza attorno al quale tutto ruota. Attraverso queste pagine Gemma non smette di essere ancora oggi una provocazione per la nostra cultura: la sua vicenda alle soglie del nostro secolo ribadisce con le sue visioni e i suoi “colloqui” che il mondo di Dio cammina accanto a quello dell’uomo in un modo assolutamente reale, tangibile. Gemma Galgani nasce in provincia di Lucca nel 1878. Di indole sensibilissima, fu provata fin dall’infanzia da lutti e dolori. Nel Natale del 1896 si consacra a Dio con il voto di castità e nel 1899 riceve il dono delle stimmate. Nel 1902 si ammala gravemente e muore a Lucca nel 1903. Nel 1940 Pio XII la proclama santa. Natale Benazzi (1961), teologo e saggista, ha pubblicato diverse opere sulla storia della Chiesa. Da anni si dedica all’approfondimento dei temi e delle figure della spiritualità cristiana. Ha collaborato con la C.E.I nell’ambito dell’arte sacra e fa parte del Consiglio di amministrazione della Fondazione Sant’Ambrogio per la cultura della Diocesi di Milano. Per Città Nuova ha curato: “La vita comunitaria dei cristiani” di Dietrich Bonhoeffer (2015). LA COLLANA – MINIMA le più belle opere della spiritualità e del pensiero cristiano in edizione economica, formato tascabile. Città Nuova Ed.

30° anniversario del “Centro Mariapoli” di Castel Gandolfo

30° anniversario del “Centro Mariapoli” di Castel Gandolfo

Un po’ di storia. Nel 1982, Giovanni Paolo II mise a disposizione del Movimento dei Focolari la sala delle udienze papali a Castel Gandolfo (Roma). A partire da quella grande e vuota struttura, è stato realizzato, con il contributo di tutti i membri del Movimento (anche dei più piccoli), l’attuale  Centro Mariapoli Internazionale che, dal 1986, accoglie ogni anno migliaia di persone. Arrivano dalle più varie provenienze, giovani e adulti, raccolti in congressi, simposi, corsi di formazione  e di ogni genere, anche con spazi qualificati di dialogo ecumenico e interreligioso. Tutti accomunati dallo stesso obiettivo: concorrere a realizzare e rendere visibile la fraternità; vivere, alla luce dei valori universali del Vangelo, laboratori di fraternità; “una città-casa”, come scriveva allora Chiara Lubich.   invito 30 anni Centro Mariapoliinvito (altro…)

Premio Internazionale “Chiara Lubich per la fraternità” 2017

Al concorso – promosso dall’Associazione Città per la Fraternità – possono partecipare tutte le amministrazioni locali, di qualsiasi parte del mondo. Progetti e iniziative possono concorrere se:

  • istituiscono e/o diffondono, nel territorio principalmente locale, ma anche nazionale e internazionale, pratiche di fraternità universale, secondo le diverse accezioni di significato di tale principio;
  • stimolano i cittadini a impegnarsi per il bene comune e a partecipare alla vita della comunità civile,
  • favoriscono la crescita di una cultura della cittadinanza attiva e inclusiva.

Il progetto deve essere rappresentativo di un modo di amministrare non episodico e sempre più consapevole del valore del principio della fraternità universale. Da parte di amministrazioni pubbliche e altri soggetti sociali, economici, culturali, è possibile sia auto-candidarsi, che segnalare progetti altrui. Tutte le segnalazioni devono essere inviate entro e non oltre il 10 gennaio 2017 alla Presidenza dell’Associazione “Città per la Fraternità”, c/o Comune di Castel Gandolfo, Piazza Libertà, 7 00040 Castel Gandolfo (Rm). Scarica il bando (pdf) Per info: http://www.cittaperlafraternita.org/ (altro…)

Klaus Hemmerle: Il sole nella valle

Klaus Hemmerle: Il sole nella valle

1980 - Aquarell - Matterhorn mit Zermatt, Schweiz_Klaus-Hemmerle.de

Acquerello di Klaus Hemmerle (1980 – Matterhorn mit Zermatt, Schweiz – http://www.klaus-hemmerle.de)

«Durante queste passeggiate percorrevo una strada che si trova a 1.250 metri di altezza e che gira intorno ad una vetta. Si poteva vedere la valle la vetta dei monti. Era bellissimo! Volevo dipingere tutto questo, ritornato a casa. Mi fermavo ogni dieci metri per fissare nella mia anima una situazione, una bella vista prospettica. E dopo altri cinque metri, ancora un’altra vista completamente diversa. Nella mia vita non avevo mai osservato con quale velocità le prospettive cambiano. E non avrei saputo dire quale prospettiva poteva essere la più bella. Ogni combinazione, ogni costellazione era un evento diverso e una sorpresa sempre nuova. E così ho visto il mondo in una maniera completamente diversa. Ho visto un pezzo di cielo, ed ho capito che queste relazioni, questo rapportarsi di ogni cosa con le altre, questi tratti in cui le linee si dividono e poi si incrociano di nuovo, tutto questo è davvero una pienezza infinita  di tutti i possibili incontri di una sola e unica realtà: questo monte, quest’altro monte, quest’altro ancora e questa valle. Ma sempre in prospettive nuove, per cui non posso dire: “Questa è la vista prospettica giusta e quell’altra non lo è”, ma devo andare avanti, lasciando che queste prospettive e queste linee diverse si incontrino. Così devo vedere che nell’unico Dio in cui crediamo, tutte le realtà create, tutte le persone create, tutte le cose si trovano lì per un incontro sempre nuovo e un sempre nuovo incrociarsi, per molteplici bellezze che non si escludono, ma si includono reciprocamente e sono un unico incanto e un unico canto della Bellezza. Fra noi avviene la stessa cosa: devo essere pronto a lasciare un punto di vista e una prospettiva per poterne avere un’altra. In Dio lascio una prospettiva, ma questa rimane. Così c’è una simultaneità che non mi schiaccia nella sua universalità ma che è un’unica danza, un unico incontro, un unico gioco, un canto nuovo. Ed ho pensato tra me e me: sebbene fra le Chiese ci siano degli ostacoli e delle barriere, ci siano delle cose che si contrappongono e che devono essere vissute e patite, perché possano risolversi, c’è anche un incontrarsi sempre nuovo di carismi, luce e grazia. […] Noi dovremmo permettere l’uno all’altro di poter toccare con mano un frammento di questa infinità del paradiso e questo gioco celeste e trinitario delle relazioni reciproche. Quanto più ci incontriamo in questa bellezza, siamo l’uno dentro l’altro, e ci apprezziamo a vicenda, tanto più attireremo sulla terra un frammento di Paradiso. Un frammento della Gerusalemme celeste qui in mezzo a noi è un primo alito di quello che dovrà svilupparsi. Naturalmente mi sono anche domandato dove si possa trovare di fatto un punto in cui si incontrano tutte queste linee molto diverse, dove anche le realtà di dolore e le contraddizioni si incrociano, dove trova un punto di incontro anche quello che non si può risolvere con una specie di sintesi hegeliana, oppure, anche quelle cose che restano come un grido ma che comunque devono essere vissute e sostenute. Ho scoperto che questo punto di incrocio è Gesù nel suo abbandono: Egli si rende contemporaneo con ciò che contemporaneo non è, è accettazione e accordo di ciò che non si accetta e non si accorda, è il convivere con quella che è la morte dell’uno per l’altro. Proprio questo non è una semplice idea speculativa, ma è una possibilità di vivere e accettare le tensioni e i dolori e tutto quello che non è risolvibile»

Klaus Hemmerle

Tratto dal libro Klaus Hemmerle, innamorato della Parola di Dio  di Wilfried Hagermann, Città Nuova Ed. 2013, págs. 297-298. (altro…)

Carlo e Alberto: Un’amicizia per la santità

Carlo e Alberto: Un’amicizia per la santità

Carlo Grisolia e Alberto Michelotti

Carlo Grisolia e Alberto Michelotti

Alberto Michelotti, nasce a Genova il14 agosto1958. Studente di ingegneria, responsabile di un gruppo di giovani del Movimento dei Focolari, ama mettersi all’ultimo posto per servire … Innamorato della montagna, cade durante una scalata in un canalone ghiacciato sulle Alpi Marittime e muore il 20 agosto 1980. Il giorno dopo la sua morte a Carlo Grisolia, un altro ragazzo del suo stesso gruppo, viene diagnosticato un tumore tra i più maligni. Inizia così una sua staffetta durata 40 giorni “per incontrare Gesù”, in cui spesso Carlo afferma che Alberto è lì con lui a sostenerlo, come sempre. Entrambi veri campioni della spiritualità di comunione, ancora oggi continuano a toccare l’anima delle persone che li hanno conosciuti. La Chiesa ha perciò introdotto la loro causa di beatificazione (dal blog Santi Beati). Quale il segreto della loro vita? La scoperta e la messa in pratica della spiritualità dell’unità di Chiara Lubich, via collettiva che porta ad una santità costruita insieme.
Alberto Michelotti e Carlo Grisolia

In montagna

Ecco alcune delle impressioni spontanee che si trovano sul loro sito web: Sara. “Loro sono per me dei modelli di persone alle quali riferirmi perché insieme si sono fatti santi, aiutandosi, e amandosi, ma senza essere “diversi” da tanti altri. Carlo e Alberto mi danno la speranza di poter sempre ricominciare, di poter anch’io, vivendo come loro, puntare alla santità. Donatello. “Sento il bisogno di non perdere il contatto con loro e con la loro straordinaria esperienza di vita. Sento anche il desiderio di comunicare a quante più persone posso questa storia di giovani aperti con slancio al loro prossimo, senza incertezze”. Ornella. “Ho conosciuto la loro storia casualmente, ho approfondito con la lettura e la ricerca su internet i loro profili. La loro è stata una storia straordinaria nella normalità. Sono una scia luminosa che porta a Dio… mi auguro che tanti possano conoscere la loro storia, oggi c’è bisogno di testimonianze così forti!” E. “Come due fulmini a ciel sereno Carlo e Alberto sono stati improvvisi e veloci. Sono stati dirompenti e folgoranti per me e, penso, per le persone che li hanno conosciuti”. A.A. “Carlo e Alberto in pochi anni hanno fatto gesti e azioni che molte persone non sono riuscite a compiere nella loro vita. Loro avevano la volontà, la voglia, la grinta e il sacrificio di donare a pieno la loro vita al progetto che Dio aveva in serbo per loro. Erano una tela bianca da dipingere. Dio lo ha fatto e loro hanno abbracciato la fede anche in punto di morte. Io, come giovanissima, ammiro tanto questi due ragazzi. Sono un modello per tutti noi”. Per conoscerli di più: Alberto e Carlo santi insieme Carlo Grisolia   –   Alberto Michelotti Documentario sulla loro vita Trailer https://www.youtube.com/watch?v=yI4jmG-pwsk Insieme possiamo – Documentario sulla loro vita Sul loro sito http://www.albertoecarlo.it , altri video, info, foto e la possibilità di scaricarlo gratuitamente, anche in formato DVD. (altro…)

I Focolari ringraziano

I Focolari ringraziano

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Maria Voce accolta a Milano da alcuni membri dei Focolari.

Questa mattina, 28 settembre, Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari, è stata sottoposta a Milano ad un intervento cardiochirurgico. L’intervento, programmato da tempo, si è concluso con successo. Il decorso postoperatorio, in queste prime ore, risulta regolare. Il Movimento dei Focolari ringrazia quanti hanno pregato e si sono interessati alla salute di Maria Voce, mentre continua ad accompagnare con la preghiera l’evolversi della degenza, chiedendo il rapido e completo ristabilimento della presidente. (altro…)

Parola di Vita di ottobre

In una società violenta come quella nella quale viviamo, il perdono è un argomento difficile da affrontare. Come si può perdonare chi ha distrutto una famiglia, chi ha commesso crimini inenarrabili o chi, più semplicemente, ci ha toccato sul vivo in questioni personali, rovinando la nostra carriera, tradendo la nostra fiducia? Il primo moto istintivo è la vendetta, rendere male per male, scatenando una spirale di odio e aggressività che imbarbarisce la società. Oppure interrompere ogni relazione, serbare rancore e astio, in un atteggiamento che amareggia la vita e avvelena i rapporti. La Parola di Dio irrompe con forza nelle più varie situazioni di conflitto e propone, senza mezzi termini, la soluzione più difficile e coraggiosa: perdonare. L’invito, questa volta, ci giunge da un saggio dell’antico popolo di Israele, Ben Sira, che mostra l’assurdità della domanda di perdono rivolta a Dio da una persona che a sua volta non sa perdonare. «A chi [Dio] perdona i peccati? – leggiamo in un antico testo della tradizione ebraica – A chi sa perdonare a sua volta»1. È quanto Gesù stesso ci ha insegnato nella preghiera che rivolgiamo al Padre: «Padre… rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori?» (Mt 6, 12). Anche noi sbagliamo, e ogni volta vorremmo essere perdonati! Supplichiamo e speriamo che ci sia data nuovamente la possibilità di ricominciare, che si abbia ancora fiducia nei nostri confronti. Se è così per noi, non lo sarà anche per gli altri? Non dobbiamo amare il prossimo come noi stessi? Chiara Lubich, che continua a ispirare la nostra comprensione della Parola, così commenta l’invito al perdono: esso «non è dimenticanza che spesso significa non voler guardare in faccia la realtà. Il perdono non è debolezza, e cioè non tener conto di un torto per paura del più forte che l’ha commesso. Il perdono non consiste nell’affermare senza importanza ciò che è grave, o bene ciò che è male. Il perdono non è indifferenza. Il perdono è un atto di volontà e di lucidità, quindi di libertà, che consiste nell’accogliere il fratello così com’è, nonostante il male che ci ha fatto, come Dio accoglie noi peccatori, nonostante i nostri difetti. Il perdono consiste nel non rispondere all’offesa con l’offesa, ma nel fare quanto Paolo dice: “Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male”(Rom 12, 21). Il perdono consiste nell’aprire a chi ti fa del torto la possibilità d’un nuovo rapporto con te, la possibilità quindi per lui e per te di ricominciare la vita, d’aver un avvenire in cui il male non abbia l’ultima parola». La Parola di vita ci aiuterà a resistere alla tentazione di rispondere a tono, di ricambiare il male subìto. Ci aiuterà a vedere chi ci è “nemico” con occhi nuovi, riconoscendo in lui un fratello, anche se cattivo, che ha bisogno di qualcuno che lo ami e lo aiuti a cambiare. Sarà la nostra “vendetta d’amore”. «Dirai: “Ma ciò è difficile” – continua Chiara nel suo commento –. Si capisce. Ma qui è il bello del cristianesimo. Non per nulla sei alla sequela di un Dio che, spegnendosi in croce, ha chiesto il perdono a suo Padre per chi gli aveva dato la morte. Coraggio. Inizia una vita così. Ti assicuro una pace mai provata e tanta gioia sconosciuta»2.

Fabio Ciardi

  1 Cf. Talmud babilonese, Megillah 28a. 2 Costruire sulla roccia, Città Nuova, Roma 1983, p. 46-58.   (altro…)

Vangelo vissuto: Non siamo soli

La manna dal cielo «Sono iracheno e come professione faccio il veterinario. Nel drammatico momento storico che sta vivendo il nostro Paese anche il mio lavoro ne aveva risentito: pochi ormai i clienti. A forza di cercare qualche soluzione per tirare avanti, mi è stato promesso un posto con salario alto, lontano però, dalla mia città.  Una soluzione favorevole per la mia famiglia ma che mi avrebbe allontanato da tutti. I parenti insistevano perché accettassi quella che sembrava proprio una manna discesa dal cielo. Ne ho parlato a lungo con mia moglie e alla fine, ci è sembrato non opportuno partire in quel momento sia per il bambino, sia per alcune famiglie di amici che avevano bisogno del nostro sostegno, se non altro morale. Così abbiamo rinunciato a quel progetto, fidandoci ciecamente dell’amore di Dio. Incredibilmente, già dal giorno dopo questa scelta sofferta, il mio lavoro ha avuto un miglioramento. Ora riesco a guadagnare quattro volte più di quanto guadagnavo prima». (Y.K. Iraq) L’imprevisto «Eravamo sposati da poco quando, nell’imminenza di fare trasloco, abbiamo scoperto di aspettare il nostro primo bambino. A tutto ciò si è aggiunto un imprevisto: un piccolo nodulo al seno. Gli esami fatti hanno evidenziato trattarsi di tumore. Sia per me che per mio marito che è medico, è stato un duro colpo, il primo di questa gravità dopo il matrimonio. Appena tre giorni dopo il colloquio con lo specialista sono stata operata. Secondo lui e i suoi colleghi tenere il bambino costituiva il fattore aggravante la malattia: bisognava subito procedere ad un aborto terapeutico per cominciare la chemioterapia. Non volevamo però rassegnarci a fare questo passo. Confidando in Dio abbiamo consultato altri medici, cercando soluzioni alternative. Infine abbiamo deciso per il parto cesareo al settimo mese di gravidanza, quando il bambino sarebbe stato perfettamente in grado di sopravvivere. Solo dopo avrei iniziato la chemioterapia e la radioterapia. Sono passati 8 anni da allora. Ora attendiamo il terzo figlio».  (M.D. Francia) Più gioia nel dare «Cercavo la felicità in modo sbagliato: pessime compagnie, discoteca, alcol e fumo. Il mio ragazzo faceva uso di droghe e spacciava. Scontrosa e ribelle sia a scuola che a casa, mi vestivo in modo strano, sempre di nero e con abiti pieni di borchie. Ed ero totalmente indifferente nei confronti di Dio. Quando mi sono accorta di aver toccato il fondo, con la forza della volontà ho lasciato quel ragazzo e abbandonato le vecchie amicizie. Ma come risolvere la tristezza e il senso di vuoto che provavo? Nel ricominciare l’anno scolastico, il nuovo professore di religione mi ha ispirato fiducia. Dai colloqui con lui ho ricevuto il dono della fede. L’incontro con Dio misericordia mi ha cambiata totalmente, appagando il mio bisogno d’amore. Ho iniziato a pregare e cercare il Signore, a spendermi nel volontariato, sperimentando che “c’è più gioia nel dare che nel ricevere”. Vivo una vita normale: studio e faccio tutto ciò che fa una ragazza della mia età, con la differenza che ora ho Dio nel cuor».  (A.R. Italia) (altro…)

Venezuela: appunti di viaggio

Venezuela: appunti di viaggio

Venezuela_04«Ci torno dopo 5 anni: l’impatto è sconvolgente, non riconosco il Venezuela. La descrizione che me ne aveva fatto il giovane seduto accanto sull’aereo esprime il dolore di un popolo afflitto ma non rassegnato. “Ancora un po’ di speranza ce l’ho!”, mi diceva, descrivendomi i luoghi più belli della sua terra e invitandomi a visitarli. A Caracas le persone trasmettono un senso di vuoto. Solo i bambini danno un tocco di vitalità ad una realtà che sembra mostrarsi assurda. Il viaggio verso Puerto Ayacucho è durato più di 17 ore. Lungo il tragitto lo sguardo si ferma verso un giovane che, rovistando nel bidoncino della spazzatura, cerca di selezionare qualche resto di cibo. Ma è soprattutto la notizia di due ragazzi, di 14 e 15 anni, uccisi perché trovati a rubare del mango su un albero, che mi sottolinea a che livello di paura e di non condivisione si è arrivati. È questo un altro tipo di omicidio dovuto alla fame. La città è al confine con la Colombia. La piaga che l’infesta è rappresentata dagli omicidi di giovani che, agli occhi di chi dovrebbe proteggerli, appaiono violenti, ladri, ai quali serve la punizione estrema. Così è capitato anche a Felipe Andrés, un giovane diciassettenne che, per proteggere il fratello, non rivela a coloro che lo avevano prelevato dalla casa della nonna dove potesse trovarsi. Per questo suo atteggiamento viene brutalmente ucciso con il numero di proiettili pari ai suoi anni. Venezuela_nuvolettaSiamo in uno dei quartieri fuori Valencia. Mi colpisce una coda per l’acquisto delle bombole del gas. Angel, 12 anni, candido come il suo nome, mi confida con disarmante semplicità: “Io non cresco perché non bevo latte”. Anche il latte in polvere rientra tra i beni più preziosi del Paese. Mi rimangono impressi gli occhi semplici e vivissimi dei piccoli conosciuti. Una serata coi giovani. Si sente una grande voglia di riscatto. Le loro esperienze rafforzano quel voler essere portatori di speranza, cominciando dai loro amici, a scuola, nel lavoro… Nella Nuvoletta. Un minibus ci porta in alto, dove si trova il Centro Mariapoli “La Nuvoletta”. Vi si arriva percorrendo luoghi segnati dalla povertà. Anche qui diverse code in attesa di poter acquistare qualche prodotto. Gabriel mi ringrazia per la pasta che gli ho offerto. “Sai che io mangio pasta solo la domenica” – “E gli altri giorni?” – chiedo. “Gli altri giorni solo sopa”. Domando se è contento di stare insieme. “Sì – mi risponde –, perché qui tutti sono contenti”. Venezuela_07Al momento della partenza un’altra sconvolgente notizia: vengo a sapere che Fabián, un ragazzo così limpido e vivace, pochi mesi prima ha perso il padre in modo tragico, ucciso da dei sicari. Mi viene da raccontargli la mia esperienza: proprio la malattia e la partenza per il cielo di mio papà mi ha fatto riavvicinare a Dio. Ci guardiamo e sembra che ci capiamo almeno un po’. Arriviamo a Maracaibo, la città più calda del Venezuela. Facciamo un giro e percorriamo gli 8 e più chilometri del ponte che la unisce a San Francisco. A Tamale ci aspetta una giornata con i Ragazzi per l’unità. Sentire una tredicenne raccontare: “Ho incoraggiato mia mamma a perdonare coloro che avevano ucciso mio padre”, non può lasciare indifferenti. L’appuntamento successivo è in una parrocchia. Ci accolgono con canti, e poi inizia il dialogo: “Cosa fare quando un ragazzo ti dice che non torna a casa perché non ha niente da mangiare?”. Cerco di rispondere parlando del dolore e del silenzio di Dio avvertito da Gesù sulla Croce. Ci lasciamo con il pensiero che uno dei ragazzi comunica a tutti: “La forza dell’amore è più forte del dolore”». (A. S.) (altro…)

La potenza dell’amore che sana

La potenza dell’amore che sana

20160926-01John: «È l’inizio dell’anno scolastico. Nostro figlio sta entrando nel penultimo anno delle superiori, ma già al primo giorno di scuola dice a mia moglie Claire che non sarebbe più tornato perché non sopporta la gente. Da allora rimane nel chiuso della sua stanza, per uscirvi solo dopo essersi accertato che noi siamo già addormentati. Con me non parla, lo fa sporadicamente solo con la madre. Confesso che non è facile accettare il ruolo di vedersi rifiutare dal proprio figlio. Ciò che mi aiuta ad andare avanti è la frase del Vangelo: “Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34). Una notte egli prende la disperata decisione di suicidarsi, ma mentre chiamiamo l’ambulanza scappa dalla finestra inghiottito dal buio. La polizia coordina una ricerca nella zona, ma lui non si trova. Ad un certo punto ritorna spontaneamente, così possiamo ricoverarlo in ospedale. Una settimana in terapia intensiva per una persona in preda al panico e col terrore delle persone e degli spazi chiusi è molto lunga! Notte dopo notte, giorno dopo giorno siamo da lui. Dormiamo a turno, affinché al suo risveglio ci trovi vicino a sé. E’ l’unico modo che ci è dato di amarlo concretamente. Quando esce riusciamo a convincerlo ad entrare in un programma di terapia giornaliera. Non potendo fare altro, con mia moglie facciamo da supporto per le cose pratiche, affidando questo nostro figlio a Dio e chiedendo a Lui di fare il resto. E ci accorgiamo che Egli lo fa davvero, compreso il fatto di mettergli accanto un gruppo di ragazzi che, pur nel loro disagio, si sostengono vivendo l’uno per l’altro». Claire: «Con una delle ragazze del gruppo nasce un’amicizia e ben presto anche lei diventa parte della nostra vita familiare. Ha molteplici problematiche, non ultima quella della tossicodipendenza, ma dimostra di saper comprendere nostro figlio. Lo aiuta a superare i momenti ansiosi, mentre lui la sostiene nei duri tentativi di astinenza dalla droga». John: «Ben presto però la loro relazione si interrompe, perché nostro figlio è contrario all’uso di qualsiasi tipo di droga. La ragazza trascorre un periodo di ricovero forzato nel quale sembra riuscire a farcela. E quando esce provano a ricostruire il loro rapporto su una base più solida: “niente più droghe”. Dopo un po’ di tempo decidono di sposarsi». Claire: «Un mese prima del matrimonio nostro figlio mi telefona tutto allarmato: “Mamma, lei usa di nuovo la droga, cosa devo fare?”. Non è facile rispondere. Potrei approfittare per convincerlo a lasciarla, ma non mi sembra la strada giusta. Così gli suggerisco di guardare bene nel suo cuore: “Se vedi che hai amato saggiamente e fino in fondo, allora questo è il momento di dire che la tua parte è conclusa; ma se vedi che in te c’è ancora amore ‘saggio’ che puoi darle, allora continua a provare”. Segue un lungo silenzio, poi: “Credo che posso amare un po’ di più”. Dopo il matrimonio riescono a trovare un ottimo centro di recupero con un supporto ambulatoriale esterno. Trascorrono 14 lunghi mesi, nei quali lei riesce a mantenere l’impegno “niente più droghe”. È una strada lunga per tutti, ma l’amore evangelico che cerchiamo di avere tra noi due – anche tra le lacrime – ci dà la forza di amare nostro figlio in questa delicata situazione. Un amore che forse aiuta anche a lui a capire come amare sua moglie». (altro…)

Chiara Lubich: “Ho un solo Sposo sulla terra”

Chiara Lubich: “Ho un solo Sposo sulla terra”

ChiaraLubichDurante l’estate del 1949, Chiara Lubich, con i suoi 29 anni, vive un’esperienza di luce e di vita. Lasciare quel “paradiso” in montagna non è facile, ma avverte che Dio la vuole immersa nei dolori dell’umanità, “prosciugando l’acqua della tribolazione” in quelli che più soffrono. È con quello spirito che scrive di getto: «Ho un solo Sposo sulla terra: Gesù Abbandonato: non ho altro Dio fuori di Lui. In Lui è tutto il Paradiso con la Trinità e tutta la terra con l’Umanità. Perciò il suo è mio e null’altro. E suo è il Dolore universale e quindi mio. Andrò per il mondo cercandolo in ogni attimo della mia vita. Ciò che mi fa male è mio. Mio il dolore che mi sfiora nel presente. Mio il dolore delle anime accanto (è quello il mio Gesù). Mio tutto ciò che non è pace, gaudio, bello, amabile, sereno…, in una parola: ciò che non è Paradiso. Poiché anch’io ho il mio Paradiso ma è quello nel cuore dello Sposo mio. Non ne conosco altri. Così per gli anni che mi rimangono: assetata di dolori, di angosce, di disperazioni, di malinconie, di distacchi, di esilio, di abbandoni, di strazi, di… tutto ciò che è lui e lui è il Peccato, l’Inferno. Così prosciugherò l’acqua della tribolazione in molti cuori vicini e – per la comunione con lo Sposo mio onnipotente – lontani. Passerò come Fuoco che consuma ciò che ha da cadere e lascia in piedi solo la Verità. Ma occorre esser come Lui: esser Lui nel momento presente della vita». Da: Chiara Lubich, Il grido, Ed. Città Nuova (Pag. 56 – 57) (altro…)

Chiara Lubich: Reinventare la Pace

Chiara Lubich: Reinventare la Pace

Invito_Unesco_It_digitaleParigi, 19 dicembre 1996: l’UNESCO conferisce a Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, il prestigioso premio per l’Educazione alla Pace, in riconoscimento alla sua vita tutta spesa per la costruzione e all’educazione alla Pace di migliaia e migliaia di persone di ogni credo e latitudine. Oggi il tema dell’educazione alla pace è più che mai attuale. L’evento, promosso dall’Unesco e New Humanity, si celebrerà il 15 novembre, presso la sede dell’UNESCO (Parigi, Francia), dalle ore 10:00 alle ore 18:00. I lavori si apriranno con la prolusione di un rappresentante dell’UNESCO, quindi il saluto di Mons. Francesco Follo, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’UNESCO e gli interventi di Maria Voce e Jesús Morán, presidente e copresidente, rispettivamente, del Movimento dei Focolari. Seguiranno altri due momenti: 5 idee per educare alla pace oggi; il dialogo in un mondo unito e plurale. Scarica il programma Iscrizioni Leggi l’intervento di Chiara Lubich Video dell’occasione – 17 dicembre 1996 https://vimeo.com/77226264 (altro…)

Forum Mondiale per la Pace in Brasile

Forum Mondiale per la Pace in Brasile

WorldPeaceForum_BannerDal 22 a 25 settembre si svolgerà il “Forum Mondiale per la Pace” in Brasile, nella città di Florianópolis. La cerimonia di apertura sarà trasmessa in streaming il 22 settembre alle ore 18:00 (ora locale). Per seguire la trasmissione LIVE: http://live.flars.net/worldpeaceforum2016 Chi vuole collegarsi alla conferenza che i giovani del Forum faranno con i giovani del mondo, il 23 settembre alle ore 11:15 (ora locale) può registrarsi a questo link : worldpeaceyouth.org/registration (altro…)

Atlanta (USA): abbiamo un sogno

Atlanta (USA): abbiamo un sogno

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Membri della comunità dei Focolari ad Atlanta

La città di Atlanta, in Georgia, è la nona area metropolitana degli Stati Uniti, sede della Coca Cola e città natale di Martin Luther King. I have a dream, ho un sogno, gridava nel ‘63 il leader della non violenza, chiedendo l’uguaglianza tra bianchi e neri, e sperando che un giorno s’avverasse il credo della nazione americana “che tutti gli uomini sono stati creati uguali”, come si legge nella Dichiarazione di Indipendenza del 1776. Da allora tanti passi sono stati fatti, ma rimangono sfide aperte. Lo testimonia Celi Fuentes Montero, costaricense, “bianca”, che ha vissuto per 20 anni a Los Angeles e ora è nel focolare di Atlanta. «Sentivo dire che nel sud degli Stati Uniti c’erano episodi di discriminazione razziale, ma mi sembravano racconti esagerati. Ma purtroppo mi sono dovuta ricredere». Di recente, negli Stati Uniti vari sono stati gli scontri con la polizia in cui i giovani afroamericani non armati sono stati uccisi da colpi di arma da fuoco. Le proteste sono state particolarmente intense a Baltimora e a Ferguson, degenerando in episodi di violenza che hanno dato slancio al Black Lives Matter, un movimento che denuncia la povertà e il disagio delle comunità nere e la violenza della polizia.Purtroppo l’estate scorsa a Dallas e in Louisiana, in seguito ad attacchi di cecchini, l’odio ha ucciso dei poliziotti e – le vittime erano sia bianchi che neri. La tensione è palpabile anche ad Atlanta, dove la popolazione afroamericana supera il 50%. Lì la comunità dei Focolari, che rispecchia la demografia, s’impegna per tessere reti di riconciliazione e ricostruire dal di dentro il tessuto sociale. «I nostri amici afroamericani temono di uscire di casa – continua Celi Fuentes – perché dicono che hanno paura di rischiare la vita. Quando gli scontri erano più frequenti, un’amica temeva di andare a fare la spesa. “Ma poiché credo al mondo unito, mi sono fatta coraggio e sono uscita per amare quanti avrei incontrato”, mi ha detto. Al supermercato ha trovato una donna bianca che presentava un prodotto e si è fermata ad ascoltare. La donna ha capito il suo gesto e si sono scambiate un abbraccio». Nonostante le leggi anti-discriminazione messe in atto sin dal “Civil Rights Movement” degli anni ‘60, nel sud si sperimenta ancora disparità sociale ed economica. «Alcuni dei miei giovani amici afroamericani – continua Celi – si sentono svantaggiati, rispetto ai giovani bianchi, per l’accesso all’Università e al lavoro». «Arrivata in Georgia mi metto a cercare lavoro insieme a una amica nera – racconta ancora Celi –. Andiamo in una agenzia per l’impiego, lei è più qualificata di me per questo lavoro specifico. Ma a me dicono che mi chiameranno in prossimo futuro, a lei invece, di tornare a studiare e prepararsi meglio. Era chiara la discriminazione per il colore della pelle. Provo sgomento: apro gli occhi su quello che tanti subiscono ogni giorno. Faccio mio questo dolore e, almeno per quanto sta a me, cerco di dare un contributo a costruire ponti al di là della tensione che sperimentiamo». Una opportunità ci viene data mediante la collaborazione ad Atlanta in progetti comuni della comunità dei Focolari e quella dei musulmani afroamericani. «Con tanti amici afroamericani e musulmani lavoriamo insieme in piccole azioni che mettono in moto sempre più persone. Prepariamo il cibo o le coperte per i senza tetto della città, o gli zaini per queste persone, utili quando, per legge, devono essere evacuate da certi luoghi della città. Sono azioni che possono sembrare insignificanti, ma che testimoniano l’amore concreto. per questa collaborazione i nostri amici musulmani ci hanno detto: finora dialogavamo, adesso siamo fratelli. Tra noi della comunità dei Focolari avvertiamo di aver raggiunto un livello di comprensione reciproca molto più profonda insieme ad un maggior supporto tra persone di diversi background sociali e raziali. Il giorno in cui ci sono state le sparatorie ci siamo trovati per l’incontro della Parola di Vita: ci siamo scambiati le paure, l’incomprensione, ci siamo detti l’un l’altro “sono qua per te!”». «Nel cuore ho tanta speranza – conclude Celi –. È vero che siamo pochi in mezzo a questi problemi di cui la tensione razziale è solo uno ma non l’unico. Mi viene da chiedere l’aiuto di Dio per entrare più profondamente in questa cultura per dare, insieme, il nostro tipico contributo: quello dell’unità, lì dove c’è tanta divisione». (altro…)