Diritto e società in America Latina

Il dott. Gianni Caso (a destra) riceve l’onorificenza
Il dott. Gianni Caso (a destra) riceve l’onorificenza
4 domande e 4 risposte a braccio. Le parole del Papa sono il momento più toccante della veglia di Pentecoste del 18 maggio 2013, che ha radunato in Piazza San Pietro 200mila fedeli di numerose realtà ecclesiali. «Conoscevo le vostre domande…, è la verità!». Ma le risposte sono spontanee, e coinvolgono i presenti in un ascolto attento e silenzioso. Come ha raggiunto la certezza della fede e come vincere la propria fragilità? è la prima. Risponde raccontando la sua storia: «Io ho avuto la grazia di crescere in una famiglia dove la fede si viveva in modo semplice e concreto. Soprattutto è stata mia nonna che ha segnato il mio cammino di fede». «Ci parlava di Gesù ci insegnava il catechismo, il venerdì santo ci portava alla processione delle candele, alla fine arrivava il Cristo giacente, la nonna ci faceva inginocchiare e diceva: è morto, ma domani resuscita! Ho ricevuto il primo annuncio cristiano dalla mia nonna!». E il suo invito è ad abbandonare la paura: «Siamo fragili, lo sappiamo, ma Lui è più forte. Col Signore siamo sicuri, la fede cresce col Signore…». Qual è la cosa più importante a cui dobbiamo guardare? «Qual è la cosa più importante? Gesù. Se andiamo avanti con l’organizzazione, ma senza Gesù, non andiamo». E invita a vivere in “sinergia con lo Spirito Santo”. Non tanto parlare, ma testimoniare con la coerenza di vita. Come vivere una chiesa povera e per i poveri? Quale contributo dare alla chiesa e alla società in questa crisi che tocca l’etica pubblica? “Vivere il Vangelo è il principale contributo che possiamo dare. La chiesa non è un movimento politico, né una struttura ben organizzata. Non siamo una ONG, e quando la chiesa diventa una ONG perde il sale, non ha sapore, è soltanto una vuota organizzazioni”.
Indica tra i pericoli più grandi quello dell’efficientismo e della chiusura in se stessi. Una chiusura che porta ad ammalarsi: “La chiesa deve uscire da se stessa verso le periferie esistenziali”. Certo quando si esce può succedere un incidente, ma: “Preferisco mille volte una chiesa incidentata che una chiesa malata per chiusura. Uscite fuori, uscite!”. È l’invito del Papa per uscire dalla cultura dello scontro e della frammentazione, dalla “cultura dello scarto”, per vivere invece la cultura dell’incontro con l’altro: con Gesù e con tutti i fratelli, a partire dai più poveri, guardandoli negli occhi e toccandoli per mano, per “toccare la carne di Cristo, prendere su di noi il dolore dei poveri”. Come confessare la fede? “Per annunziare il vangelo sono necessarie 2 virtù: il coraggio e la pazienza”, come ha ricordato anche la testimonianza del fratello di Shabhaz Bhatti, il ministro pachistano ucciso nel 2011. In cammino per il martirio siamo tutti: chi dà la vita testimoniando Gesù, e chi vive i piccoli martiri quotidiani. “Un cristiano deve sempre saper rispondere al male con il bene”. “Cerchiamo di far sentire a questi fratelli e sorelle che siamo profondamente uniti a questa situazione”. “Pregate per questi fratelli e sorelle nella preghiera di tutti i giorni?”
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Nel saluto sul sagrato a Papa Francesco dei vari responsabili dei Movimenti e comunità ecclesiali, Maria Voce esprime al Santo Padre il ringraziamento e l’impegno dei Focolari a “dare questa testimonianza di cristianesimo coraggioso e gioioso”. Tra le prime impressioni, Maria Voce confida che “il suo discorso ha fatto bene al cuore”, in particolare l’insistenza sull’incontro con Gesù e sulla preghiera, ripresa in tutte le risposte, sottolineando “la dimensione spirituale del cristiano: la preghiera, l’incontro con Gesù che avviene attraverso le persone, nelle periferie, fuori. Ha bocciato i ragionamenti, le strategie a tavolino, senza ignorare le sfide. Bisogna guardare a Gesù e tutto il resto è conseguenza». La presidente dei Focolari ha voluto sottolineare anche l’atmosfera di amicizia e di gioia tra i vari fondatori e rappresentati di comunità e movimenti: “Credo che il Papa, arrivando, abbia sentito questo cuore gioioso della Chiesa”. Mentre Giancarlo Faletti, copresidente del Movimento, ha sottolineato che il papa ha indicato nell’amore a Gesù e al prossimo la dinamica di vita di chi sa guardare fuori: “Ci ha guardati non come un particolare della chiesa ma come cristiani, aveva davanti a sé la cristianità”. Rivedi la diretta (CTV) (altro…)
Il vescovo Joe Grech fu un grande apostolo del movimento Rinnovamento nello Spirito.
«O Spirito Santo, quanto dovremmo esserti riconoscenti e quanto poco lo facciamo! Ci consola il fatto che sei tutt’uno con Gesù e col Padre, cui più spesso ci rivolgiamo, ma ciò non ci giustifica. Vogliamo stare con te… «ottimo consolatore, ospite dolce dell’anima, dolce refrigerio».1 Tu sei la luce, la gioia, la bellezza. Tu trascini le anime, tu infiammi i cuori e fai concepire pensieri profondi e decisi di santità con impegni individuali inattesi. Tu operi quello che molte prediche non avrebbero insegnato. Tu santifichi. Soprattutto, Spirito Santo, tu che sei così discreto, anche se impetuoso e travolgente, ma soffi come lieve venticello che pochi sanno ascoltare e sentire, guarda alla rozzezza della nostra grossolanità e rendici tuoi devoti. Che non passi giorno senza invocarti, senza ringraziarti, senza adorarti, senza amarti, senza vivere come tuoi discepoli assidui. Questa grazia ti domandiamo. Ed avvolgici nella tua grande luce di amore soprattutto nell’ora della più fitta tenebra: quando si chiuderà questa visione della vita per dissolversi in quella eterna. Chiara Lubich (Da “La dottrina spirituale”, Mondadori, 2001 p.189-190) (altro…)
Sono attese a Roma oltre 120.000 persone di 150 movimenti e realtà associative ecclesiali, provenienti da numerosi Paesi di ogni continente. Si tratta della Giornata dei movimenti, delle nuove comunità, delle associazioni e delle aggregazioni laicali, che si svolgerà in piazza San Pietro sabato 18 e domenica 19 maggio. L’appuntamento, inserito tra le iniziative dell’Anno della fede, è stato presentato dall’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, durante la conferenza stampa svoltasi nella Sala Stampa della santa Sede. Significativo lo slogan scelto: “Io credo! Aumenta in noi la fede”. “I pronomi personali – ha spiegato il presule – attestano il significato sotteso. Ognuno nella chiesa è chiamato a pronunciare in prima persona la sua adesione a Cristo e alla Chiesa”. Una scelta libera, personale, ma dice anche che la fede è un fatto comunitario, «un “noi” che si carica del valore della comunità quale è in primo luogo la Chiesa”. “Molti giovani, uomini e donne – ha aggiunto – in questi movimenti e associazioni, spesso “hanno ritrovato non solo la fede un tempo perduta”, ma “hanno compiuto una vera conversione di vita”. “Le realtà ecclesiali” – ha affermato – sono uno dei frutti più evidenti del concilio Vaticano II”; parole che riecheggiano la forte espressione usata da Benedetto XVI che, nella Pentecoste 2006, definiva le nuove realtà ecclesiali “una delle novità più importanti suscitate dallo Spirito Santo nella chiesa per l’attuazione del Concilio Vaticano II”. La scelta della Pentecoste, prosegue mons. Fisichella, intende far comprendere che “nella Chiesa di oggi le nuove realtà ecclesiali sono il segno della presenza di Cristo Risorto che guida la sua Chiesa nell’opera di evangelizzazione”. L’inizio dell’incontro in piazza San Pietro è fissato con l’accoglienza alle ore 15, cui seguirà un alternarsi di testimonianze e momenti artistici e musicali; è prevista la partecipazione del gruppo musicale internazionale Gen Verde e di un coro composto da circa 150 persone di movimenti diversi. Papa Francesco giungerà verso le ore 18 e, dopo l’ascolto di testimonianze dell’Irlanda e del Pakistan, aprirà un dialogo rispondendo ad alcune domande. Domenica 19 maggio, il Papa celebrerà alle 10.30 la messa in piazza San Pietro, cui seguirà la recita della Regina coeli. In questi mesi di preparazione, sono spesso tornate alla mente le parole pronunciate da Giovanni Paolo II nel primo grande incontro della Pentecoste 1998: “Quale bisogno vi è oggi di personalità cristiane mature, consapevoli della propria identità battesimale, della propria vocazione e missione nella Chiesa e nel mondo! Quale bisogno di comunità vive! Ed ecco, allora, i movimenti e le nuove comunità ecclesiali: essi sono la risposta, suscitata dallo Spirito Santo, a questa drammatica sfida di fine millennio. Voi siete questa risposta provvidenziale”. Libretto per seguire la celebrazioni del 18 maggio Libretto per sequire la s. Messa del 19 maggio (altro…)
«Lo Spirito Santo che unisce creature e Creatore genera una convivenza umano-divina. Ma la Pentecoste, facendo d’una “moltitudine di fedeli un cuor solo e un’anima sola”, provocò, spontanea conseguenza dell’unità, la comunità di vita. Per tale modo la convivenza quotidiana in mezzo a distrazioni e rumori risulta tutta una convivenza divina, in cui i fratelli ci servono per scalare Dio. Anzi, ogni fratello che incontriamo ci dà un rifornimento di vita divina perché, amandolo per Cristo, ci dà accesso a Dio. E così la marcia della vita non risulta più, come fu detto una marcia verso la morte, ma una crescita verso la giovinezza eterna. «Vivere lo Spirito di Dio, è lasciar vivere lo Spirito Santo in sé. E allora di quanto si ama Dio, di tanto si amano gli uomini che sono la sua rappresentanza (…). E i beni dello Spirito Santo quanto più si comunicano tanto più aumentano. Per svolgersi e ardere, la carità deve spandersi, è sangue e vuol circolare, è fuoco e vuol prorompere. Come la vita naturale è una circolazione di calore, comunicato da una cellula all’altra, così dalla prima cellula accesa al Creatore è stato un continuo passaggio e insieme un assiduo aumento di calore nel tempo e nello spazio. Così la vita soprannaturale è un’assidua comunicazione di calore – la grazia, la carità – dal sole che è Dio, alle anime a cui partecipa Dio. Canali di trasmissione della grazia sono i fratelli fatti in certo modo sacramenti di Dio. Se si escludono i fratelli lo Spirito Santo non passa più, la vita si arresta. E si capisce: l’amore che passa da me al fratello e dal fratello a me è Dio che circola. «L’origine di tutto questo miracolo va cercata nell’incarnazione e perciò nella carità. L’uomo dunque, essendo immagine e somiglianza di Dio, (…) è Dio che vive – incarnato per così dire – in limitatezze umane. Se è così, deve esser da me visto e trattato come Dio per effigie. Reciprocamente, io debbo comportarmi quale rappresentante di Dio; da qui derivano la mia dignità vicaria e i miei obblighi d’azione. «L’uomo è fattura di Dio e porta in ogni cellula del corpo e in ogni piega dello spirito la marca di fabbrica, che è la fabbrica dell’Eterno. Da tale artefice ha ricevuto un’impronta inconfondibile, per cui ogni uomo sta come un capolavoro a sé. Egli porta in ogni molecola la prova dell’esistenza di Dio da cui fu messo al mondo. Di tale divinizzazione lo Spirito Santo è l’agente, egli che è il principio attivo dell’incarnazione di Dio. Tutti gli individui umani vengono resi partecipi in qualche modo dell’unione con Dio e l’amore che dell’uomo fa un Dio è quello stesso che d’un Dio fece un uomo». Igino Giordani in: La divina avventura, Città Nuova, 1993, (Garzanti, 1953) (altro…)
ISBN 978-1-56548-396-5
Publisher : New City Press (NY)
Product Description
People on the lookout for the trends in the Catholic Church will be very happy to discover Brendan Leahy’s Ecclesial Movements and Communities. The birth and development of the ecclesial movements has been a topic of much discussion over the past 50 years. Leahy presents the movements as examples of the Church’s charismatic dimension, a principle which Pope John Paul II described as ‘co-essential’ with the hierarchical-institutional dimension. His overview of their rise and development captures the unique qualities of Charismatic Renewal, Communion and Liberation, Cursillo, Focolare, L’Arche, Legion of Mary, the Neocatechumenal Way, Regnum Christi, Sant’Egidio, and others.
Leahy offers an insightful overview of the rise and spread of the movements and describes several ways of seeing what it is that makes them ‘co-essential’ in the Church. Capturing the ecclesial maturity that exists in many of the movements today, he addresses many specific questions, like:
• how the movements express and/or renew charisms
• how the movements fit in the context of Apostolic Succession (including the role of priests)
• movements and the parish
• canonical challenges
The Holy Spirit is sort of the Harry Houdini of divinity, forever busting loose in seemingly impossible ways. In the Catholic Church, the “new movements” are the most remarkable recent example – an unplanned and dynamic form of life that’s erupted in an age when secularization, scandal, and the weight of history is often a recipe for decline. Fr. Brendan Leahy provides a concise yet theologically profound reading of this great escape act by the Spirit, one that’s especially commendable for being neither cynical nor overly romantic.
John L. Allen Jr.
Senior Correspondent for the National Catholic Reporter and
author of The Future Church (Doubleday, 2009)
L’Africa al sud del Sahara unificata nel pensiero dei suoi popoli: «Un terreno su cui costruire un futuro migliore – afferma Gisèle Moulatsa del Gabon – non per rimanere chiusi nel nostro piccolo mondo, ma per aprirci sempre di più alla famiglia universale». Un’affermazione carica di significato, a conclusione dell’appuntamento che dal 10 al 13 maggio ha riunito partecipanti da varie nazioni africane. Che cosa è la scuola per l’inculturazione? Nell’Esortazione Apostolica, Evangelii nuntiandi, Paolo VI aveva espresso preoccupazione per la frattura tra Vangelo e cultura, vedendo in essa il dramma del nostro tempo. Auspicava quindi che si colmasse questo divario avvicinando le varie culture con più interesse e attenzione. L’evangelizzazione delle culture è, come sottolineato anche da Giovanni Paolo II, la forma più profonda e più completa perché il messaggio di Cristo entri nelle coscienze e penetri nelle usanze delle persone, nelle loro attività, nelle loro istituzioni e strutture. In sintonia con il pensiero dei pontefici, Chiara Lubich, nel maggio del 1992, fonda la scuola per l’inculturazione ispirata dalla spiritualità dell’unità, durante un suo viaggio a Nairobi, Kenya. In quell’occasione ne definì lo scopo: trovare il modo di dialogare con le culture e i valori africani per favorire l’evangelizzazione tra i popoli del continente.
Quest’anno l’approfondimento ha riguardato la Persona nell’Africa Sub sahariana, tema esaminato dalla prospettiva dell’antropologia africana nella sua radice comunitaria e secondo le specificità delle aree geografiche del continente; di quella biblico-semitica e degli scritti del Nuovo Testamento; dei documenti del Concilio Vaticano II e del contributo della spiritualità dell’unità. I partecipanti hanno inoltre condiviso numerose esperienze, arricchendo con la vita i lavori di riflessione accademica. «L’esame di alcuni aspetti della nostra cultura alla luce del Vangelo ci mette a confronto con valori divergenti, Gesù è esigente », spiega Vital Muhindo del Congo. «Le sfide ci sono: non è il Vangelo che deve entrare nelle nostre culture, ma le nostre culture nella logica del Vangelo». In questo contesto, Victorien Kone, ha ricordato il momento forte della scomparsa della figlia Joëlle, all’età di 6 anni. Secondo la loro cultura, la piccola non poteva essere sepolta, perché ancora in procinto di diventare persona. «Ma come non farle un funerale degno? – racconta il papà – Pur essendo ancora piccola, Joëlle era spiritualmente grandissima! Aveva un rapporto profondo con Chiara Lubich, era amata da tutti, grandi e piccoli. Il funerale c’è stato, con la partecipazione di tantissime persone, un grande esempio di vita. Questo modo di fare ha sorpreso, ma è stata una testimonianza che ha influito sulla mentalità comune». Questa edizione della scuola per l’inculturazione ha accolto anche un gruppo di giovani del Movimento dei Focolari di tante parti del mondo, che vi hanno partecipato per il lancio di Sharing with Africa, una tappa del più vasto Progetto Mondo Unito (UWP), mentre in concomitanza con la Settimana Mondo Unito 2013 in Burkina Faso si svolgeva un’attività nel reparto pediatrico di un ospedale, in Nigeria il primo Genfest nazionale con 1000 giovani – cristiani e musulmani – e in Costa d’Avorio si presentava lo UWP alla commissione nazionale dell’Unesco. (altro…)
[:en] [:de]Video – “Wehen des Geistes” http://vimeo.com/66249271 ©Centro S. Chiara Audiovisivi Soc. Coop. a.r.l. All rights reserved Der große Platz, den die Kolonnaden von Bernini einrahmen, kann die Menge der Teilnehmer aus 56 neuen Gemeinschaften und geistlichen Bewegungen nicht fassen. Sie vertreten etwa 80 Millionen Katholiken, größtenteils Laien. Zum ersten Mal treffen sich alle gemeinsam mit dem Papst. Als riesigen, bunten Blumengarten bezeichnete jemand den Petersplatz an diesem sonnigen Nachmittag des 30. Mai. Die Mitglieder der verschiedenen Bewegungen mit ihren besonderen Charismen tragen dazu bei, die Kirche schöner, lebendiger und glaubwürdiger zu machen und bieten wirklich ein überraschendes Schauspiel von Einheit in der Verschiedenheit. Das bezeugen auch die Gründer der vier am meisten verbreiten Bewegungen: Chiara Lubich, Kiko Arguello, Jean Vanier, Luigi Giussani. Ihre Charismen gründen im gleichen Geist und führen zur gemeinsamen Treue zur Kirche. Ihre Einheit verdeckt nicht die Unterschiede, sondern hebt hervor, dass das christliche Leben seinen Ursprung im Geheimnis der Dreifaltigkeit hat. …In den wichtigsten Momenten im Leben der Kirche entstehen immer viele Charismen. Ich denke z.B. an das Konzil von Trient.(…) Ich meine, dass der Heilige Geist heute (…) in die gleiche Richtung weht und verschiedene Akzente setzt. Das Leben der Kirche ist einer Symphonie vergleichbar, einem großen Konzert, zu dem viele Instrumente und möglichst viele Stimmen gehören. (Piero Coda) Eine große Vielfalt an Charismen also, aus denen viele geistliche Bewegungen entstanden sind. Der Papst unterstützt und ermutigt sie als Antwort des Heiligen Geistes auf die Herausforderungen des zu Ende gehenden Jahrtausends. In seiner Ansprache zögert Johannes Paul II. nicht, zu behaupten, dass das, was vor zweitausend Jahren im Abendmahlssaal von in Jerusalem geschehen ist, sich an diesem Nachmittag auf dem Petersplatz wiederholt. Der Kirche hat der Heilige Geist erst vor wenigen Jahren mit dem II. Vatikanischen Konzil ein neues Pfingsten geschenkt und dadurch eine neue und unvorhergesehene Dynamik geweckt.(…) Ihr, die hier Anwesenden, seid der greifbare Beweis dieser Ausgießung des Heiligen Geistes. (Johannes Paul II) Johannes Paul II. spricht mit Anerkennung von dem Weg, den die Bewegungen bisher zurückgelegt haben, und betont, dass sie jetzt einen neuen Abschnitt vor sich haben: den der kirchlichen Reife. Ihre gemeinsame Verkündigung soll eine gültige Alternative zur säkularisierten Kultur sein, die für Lebensmodelle ohne Gott wirbt. (…) Die Bewegungen stellen ein wertvolles Kapital für die Mission der gesamten Kirche dar. Deren Gründer sagte nicht umsonst, dass es das Zeugnis der Einheit braucht, „damit die Welt glaubt”. Die missionarische Fruchtbarkeit der Bewegungen wird noch verstärkt, wenn dieses Zeugnis der Einheit in der Verschiedenheit aufleuchtet, damit die Welt glaubt. (Gusmán Carriquiri) Ein Zeugnis der Einheit unter allen Bewegungen im Hinblick auf die Neuevangelisierung. Das ist die Herausforderung, die Chiara dem Papst gegenüber angenommen hat. Wir wissen, dass sich die Kirche die volle Gemeinschaft unter den Bewegungen wünscht; ihre Einheit, die übrigens bereits begonnen hat. Wir versichern Ihnen, Heiligkeit, dass wir, nachdem unser spezifisches Charisma die Einheit ist, alles daransetzen werden, um zu ihrer vollen Verwirklichung beizutragen. (Chiara Lubich)
Chiara übernahm damit eine Verpflichtung, die auch den Verantwortlichen aller anderen Bewegungen am Herzen liegt. Es ist wichtig, dass wir uns Möglichkeiten zum Dialog schaffen, so wie wir das mit Christen anderer Konfessionen und im interreligiösen Bereich tun. Wir alle sind Teil eines Ganzen, das viel größer ist als die einzelnen Bewegungen. Es geht einfach darum, dass jeder seinen Platz findet und zur rechten Beziehung mit den anderen findet. (Jean Vanier) Wenn jeder von uns begreifen würde, wie wichtig sein persönlicher Beitrag ist, ein Beitrag, der aus einem Weg zu ganz bestimmten Zielen erwächst, dann könnten wir sicher – wie viele Flüsse gemeinsam ein Meer füllen – Einfluss auf viel mehr Bereiche der Kultur, der Wissenschaft usw. gewinnen. Zu oft haben wir diese Bereiche anderen überlassen, deren Angebote die Menschen nicht überzeugen (…) und sie nicht zu Jesus Christus führen. (Salvatore Martinez) (…) Die Freundschaft unter den verschiedenen Bewegungen muss wachsen. Sie sollen einander kennenlernen, achten und lieben. Natürlich hat das nichts mit Politik, mit Bündnissen zu tun.(…) Ich erwarte mir, dass das gegenseitige Verständnis zwischen den Bewegungen wächst und das wird in dem Maß geschehen, in dem die verschiedenen Charismen sich für die Evangelisierung einsetzen. Es geht hier nicht um Koordinierung, es geht um einen Geist, der reifen, der eindringen muss in die verschiedenen Geschichten, Menschen und Bewegungen. (Andrea Riccardi) Das scheint wirklich die beste Haltung zu sein, um den Erwartungen der Kirche zu entsprechen und der Einladung Folge zu leisten, die der Papst am Ende der historischen Begegnung vom 30. Mai ausgesprochen hat. .:eute spricht Christus von diesem Platz aus zu jedem von euch: „Geht hinaus in die ganze Welt und verkündet das Evangelium allen Geschöpfen!” (Mk 16,15) Er zählt auf jeden von euch.´(Johannes Paul II)
Auszug aus dem Dokumentarfilm:
Wehen des Geistes
Die geistlichen Bewegungen – Frühling der Kirche
Originaltitel: „Sulle ali dello Spirito“, Centro Santa Chiara 1998
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Manila, capitale delle Filippine, megalopoli di più di 11.0000.000 di abitanti, città di enormi contrasti sociali dove da anni si lotta per una democrazia equa e solidale, dopo decenni di forte dittatura che non ha fatto altro che aumentare le distanze tra ricchi e poveri. Spesso nelle parrocchie si concentrano diverse iniziative sociali a favore dei più disagiati. Si sente anche la necessità di formare le persone ad una partecipazione civica democratica per una ricostruzione equa del Paese. Anche il Movimento parrocchiale presente nel Paese – persone animate dalla spiritualità dei Focolari che operano a servizio della parrocchia – da tempo ha messo nel programma di formazione la necessità di un impegno concreto nel sociale, attraverso la promozione di iniziative di solidarietà, alimentazione, abitazione, educazione civica e politica aperte a tutti.
In occasione delle elezioni del Sindaco e vice sindaco di Manila, la parrocchia di S. Roque a Manila ha deciso di organizzare un Forum di educazione e formazione della cittadinanza alla politica e partecipazione democratica. Il Forum, svoltosi il 20 aprile, è stato ideato insieme al Vicariato coinvolgendo sia le 48 parrocchie della diocesi di Manila che il Ministero degli Affari pubblici. I lavori di preparazione in équipe con le varie realtà interessate, hanno avuto inizio da febbraio, con la stesura del programma, inviti, interventi. Al Forum hanno partecipato 2000 persone di cui 1400 dalle diverse parrocchie, con partecipanti di Ong come l’Associazione dei trasporti, la Federazione dei commercianti, oltre a deputati, leader di gruppi ecumenici, gruppi di insegnanti e uomini di affari. I candidati a Sindaco, vice sindaco ed assessori hanno presentato i loro programmi per i prossimi 3 anni per la città di Manila; a seguire domande e risposte in un clima di rispetto e fiducia. Lo stile di attacco all’avversario come strategia di campagna elettorale, tipico di questi momenti, ha lasciato il posto ad un’esperienza di fraternità, dove tutti – delle varie appartenenze politiche – alla fine sono usciti soddisfatti. “Avevo paura – confida uno degli organizzatori – che fosse superiore alle nostre forze, invece è stato un successo”. E tra le impressioni finali: “Ho capito quale è il programma dei candidati e a quali valori si ispirano. Grazie di quanto avete fatto”. (altro…)
Each of us has a ray that burst forth from the Father’s heart when he spoke our name with the word Love. If we follow this ray, which is his will for us, what he lovingly desired, and continues in each moment to desire for us, we will become what we are in the mind of God from all eternity.
It’s a matter of corresponding to his will, adhering to it, moment by moment, until the day when it will literally lead us back to the sun, to the Father…. Chiara notes how the rays draw nearer and nearer to each other until they become one in the sun. As we do the will of God, we will become closer and closer to each other, until we are all one in the sun, in God.
Author: Chiara Lubich
ISBN 978-1-56548-382-8
Available from New City (NY)
“Sono stato un uomo molto fortunato; vorrei esprimere tutto l’amore di Dio ma credo che sia impossibile dire tutto quanto ho ricevuto [da Lui] e quindi poterlo comunicare”; cominciava così Oreste Basso a narrare, nel 1997, ad un gruppo di giovani, il filo d’oro di cui vedeva intessuta la sua storia. Nato a Firenze il 1° gennaio 1922 da una famiglia che gli ha trasmesso principi cristiani ed una rettitudine d’animo a tutta prova, ama gli studi umanistici, e sogna una professione ed una vita “a posto”. L’esperienza della guerra è “una lezione tremenda, perché lì si vedevano tutti gli ideali umani cadere”. “L’unica cosa che poteva rimanere in piedi dopo la guerra – ricorda – erano gli affetti naturali, quelli della famiglia”. Conseguita la laurea in ingegneria, nel ‘46 trova lavoro in uno stabilimento industriale a Sesto San Giovanni (Milano), che allora era considerata la “Stalingrado d’Italia”. Abita a Milano e la sera va spesso in una mensa dove incontra degli amici – Piero Pasolini, Danilo Zanzucchi, Guglielmo Boselli, Alfredo Zirondoli – poi divenuti tra i primissimi a seguire l’avventura del focolare. Si confrontano su Maritain, il neotomismo, l’arte, la musica. Uno di loro, Giorgio Battisti, propone un giorno ad Oreste di “conoscere una cosa bella, delle giovani che vivono il Vangelo”.
Una di esse, Ginetta Calliari, tra le prime ad aver seguito Chiara Lubich, si reca ad incontrarli ed è tempestata dalle domande che questi giovani non cessano di porle rimanendo ad ascoltarla fino a tarda notte e dandosi appuntamento di mese in mese con lei che viene appositamente da Trento. “Cominciammo a capire – Oreste racconta – che il Vangelo era una cosa che poteva essere vissuta non da persone lontane, ma da noi, da me, da lui, dagli altri”. I frutti di questa nuova vita sono evidenti: Oreste si guadagna la stima di un suo subalterno politicamente molto attivo che, osservandolo e venuto a conoscere il suo ideale evangelico, gli dice: “Se lei crede in questo Dio, anch’io posso credere in Lui come lei dice”. Nel 1951 Oreste lascia la sua abitazione e va a comporre il focolare di Milano insieme a coloro che nell’annuncio di Ginetta hanno colto la chiamata a questa via. Poco dopo conosce Chiara: “Un incontro bellissimo! – afferma –; mi apparve una persona stupenda nella sua grandissima semplicità e luce”. Intanto aumentando, in varie città d’Italia, il numero di persone desiderose di conoscere il Movimento nascente, Oreste Basso si trasferisce a Parma insieme a Lionello Bonfanti; il suo racconto ha il sapore delle origini: “Per poter dormire c’era un divano, e per mangiare comprammo un fornello a spirito: in genere si mangiava formaggi, tante volte il latte; il latte era la nostra salvezza! Ma eravamo proprio contenti!”. Passa qualche anno e il Movimento dei Focolari – Opera di Maria (questo il nome dato da Chiara alla nuova realtà ecclesiale) si diffonde e si staglia in multiformi aspetti. Oreste è quindi invitato a trasferirsi a Firenze, a ricoprire un ruolo di responsabilità. La sua adesione è immediata, nonostante sul lavoro gli sia stata proposta una ulteriore promozione e il direttore generale stesso si sia mostrato desolato per la sua partenza; “È cominciata un’altra vita” commenta Oreste, immerso completamente nel carisma di cui Chiara è portatrice. Alla fine degli anni ’50 è chiamato a Roma, dove, accanto a Chiara, svolge con il suo stile, insieme gioioso e discreto, un compito di primo piano anche nelle diverse stesure degli Statuti dell’Opera che negli anni si succedono e si adeguano ad una realtà in costante crescita; nel 1981 Oreste è inoltre ordinato sacerdote, ministero che considera un privilegio, una chiamata ad un amore più grande. Eletto copresidente del Movimento nel 1996, esercita un ruolo fondamentale alla morte di Chiara (14 marzo 2008) e durante la successiva Assemblea generale che avrebbe eletto colei che doveva succedere alla fondatrice. I messaggi giunti alla notizia della sua scomparsa dal Santo Padre per mano del Segretario di Stato Vaticano, dal Cardinal Bertone e da Mons. Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i laici attestano la radicalità della vita evangelica e la semplicità di rapporti sinceri che Oreste Basso ha saputo costruire giorno dopo giorno fino all’ultimo. A lui, le numerosissime testimonianze che continuano ad arrivare, esprimono affetto e gratitudine. Video con immagini (altro…)
Video “Sulle ali dello Spirito” http://vimeo.com/65824582 © Centro S. Chiara Audiovisivi Il grande abbraccio del colonnato del Bernini non riesce a contenere la folla degli appartenenti a ben 56 nuove comunità e movimenti ecclesiali; un’esigua rappresentanza dei circa 80.000.000 di cattolici, in grande maggioranza laici, che fanno parte di questo sterminato popolo. È la prima volta che essi si incontrano tutti insieme col Papa. Un enorme giardino multicolore: così qualcuno ha definito Piazza S. Pietro nell’assolato pomeriggio del 30 maggio. La presenza dei membri dei vari movimenti che con i loro specifici carismi contribuiscono a rendere la Chiesa bella, viva, credibile costituiva davvero un sorprendente spettacolo di unità nella diversità. Una realtà testimoniata dai fondatori di 4 dei più diffusi movimenti, Chiara Lubich, Kiko Arguello, Jean Vanier, Luigi Giussani: i loro carismi traggono origine dallo stesso Spirito e conducono ad una comune fedeltà alla Chiesa; ma è un’unità che non cela, però, le loro differenze evidenziando come la vita cristiana abbia origine nel mistero trinitario. «…Nei momenti più importanti della vita della Chiesa nascono sempre numerosi carismi. Penso al Concilio di Trento. (…) Per cui direi, oggi si vede che lo Spirito Santo (…) soffiando nella stessa direzione offre, dona diversi accenti perché la vita della Chiesa è una sinfonia, è un grande concerto e occorrono parecchi strumenti, occorrono il numero più grande possibile di voci». (Mons. Piero Coda) Una grande varietà di carismi, dunque, alla radice dei tanti nuovi movimenti ecclesiali, sostenuti ed incoraggiati dal papa come la risposta provvidenziale dello Spirito Santo alle sfide di fine millennio. Nel suo intervento Giovanni Paolo II non esita ad affermare che quanto accadde nel Cenacolo a Gerusalemme 2000 fa, si rinnova questa sera in piazza San Pietro. «Alla Chiesa (…) il Consolatore ha donato di recente con il Concilio Ecumenico Vaticano II, una rinnovata Pentecoste suscitando un dinamismo nuovo ed imprevisto. (…) Voi qui presenti siete la prova tangibile di questa effusione dello Spirito» (Giovanni Paolo II). Giovanni Paolo II, riconoscendo il percorso fatto fin qui dai movimenti, li vede incamminati ora verso una nuova tappa della maturità ecclesiale nella quale il loro forte comune annuncio sia una alternativa valida alla cultura secolarizzata che reclamizza modelli di vita senza Dio. «Ciò costituisce un capitale prezioso per la missione dell’intera Chiesa. Il suo fondatore non ha detto invano che la testimonianza dell’unità è “perché il mondo creda.”La fecondità missionaria dei movimenti sarà potenziata se questa testimonianza di unità nella diversità risplende affinché il mondo creda» (Gusmán Carriquiri). Una testimonianza di unità fra tutti i movimenti nella prospettiva della nuova evangelizzazione: è l’esigenza di cui Chiara si è fatta portavoce presso il papa. «Sappiamo che la Chiesa desidera, e anche lei, la comunione piena fra i movimenti, la loro unità che, del resto, è già iniziata. Ma noi vogliamo assicurarla, Santità, che, essendo il nostro specifico carisma l’unità, ci impegneremo con tutte le nostre forze a contribuire a realizzarla pienamente» (Chiara Lubich).
Un impegno quello preso da Chiara che risponde alle aspirazioni di tutti gli altri leader dei movimenti. «È importante che creiamo tra noi opportunità di dialogo, come lo si costruisce con persone di altre confessioni cristiane, o a livello interreligioso. Tutti facciamo parte di qualcosa di molto più grande dei singoli movimenti. Si tratta semplicemente per ognuno di trovare il suo posto e di saper stare con gli altri» (Jean Vanier). «Se ciascuno di noi comprendesse che dal contributo di ciascuno, un contributo che nasce anche io spero, io penso, veramente da un cammino che ci faccia guardare a traguardi precisi; ecco, come tanti fiumi che concorrono poi ad alimentare un mare, sicuramente noi potremmo invadere molti più ambiti della cultura, molti più ambiti della scienza, molti più ambiti della promozione umana che troppo spesso abbiamo delegato a chi forse non aveva proposte tali da convincere l’uomo (…) e consegnarlo a Cristo Gesù» (Salvatore Martinez). «Bisogna che cresca l’amicizia tra la realtà dei diversi movimenti. Che i movimenti si conoscano, si stimino, si amino, eccetera. Ma, naturalmente, tutto questo non si fa, non è un fatto di politiche, di alleanze,(…).. La mia attesa è che l’intesa fra i movimenti cresca ma, crescerà anche nella misura in cui nei differenti carismi saranno coinvolti sempre più nell’evangelizzazione. Perché qui non si tratta di coordinamento, ma, qui si tratta di uno Spirito, di uno Spirito che deve maturare, deve entrare, di uno Spirito che si innesta in storie e persone e movimenti differenti» (Andrea Riccardi). Sembra essere proprio questo l’atteggiamento migliore per rispondere alle attese della Chiesa e aderire efficacemente all’invito rivolto dal papa a conclusione dello storico meeting del 30 maggio». «Oggi da questa piazza Cristo ripete a ciascuno di voi: ‘andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura’. Egli conta su di voi!» (Giovanni Paolo II). Estratto dal documentario “SULLE ALI DELLO SPIRITO. I movimenti ecclesiali primavera della Chiesa” prodotto in occasione della Pentecoste 1998 © Centro S. Chiara Audiovisivi Soc. Coop. a.r.l. Tutti i diritti sono riservati (altro…)
Klaus Hemmerle, già vescovo di Aquisgrana, è stato un teologo e filosofo di spicco che ha dato, con la sua particolare impronta, un importante contributo per l’approfondimento dottrinale del carisma dell’unità e per la sua diffusione tra i vescovi. La visita della presidente dei Focolari Maria Voce ad Aquisgrana l’11 maggio 2013 si è svolta quindi all’insegna dell’influsso che mons. Hemmerle ha avuto sulla teologia e sulla vita della chiesa e della società. “Chiara Lubich l’ha ispirato e si è fatta ispirare da lui”, afferma Maria Voce nel descrivere il rapporto tra il teologo e vescovo tedesco e il Movimento dei Focolari. La stessa Chiara lo ha annoverato tra i suoi cofondatori. In mattinata Maria Voce era stata invitata ad una visita privata dall’attuale vescovo di Aquisgrana, Heinrich Mussinghoff. Poi sono andati insieme nel Duomo per visitare la tomba di Hemmerle. Nel pomeriggio nell’ex domicilio di Hemmerle si è radunato un piccolo gruppo di membri del Comitato centrale dei cattolici tedeschi (che riunisce le organizzazioni laicali), teologi e già suoi collaboratori. Tra questi, Matthias Sellmann, docente di teologia pastorale a Bochum, e Claudia Lücking-Michel, vicepresidente del Comitato centrale e segretaria generale dell’Opera di Cusanus, – associazione che distribuisce borse di studio per studenti meritevoli – hanno svolto due brevi temi sulla figura del vescovo Hemmerle. Nella seconda parte si sono susseguite testimonianze dei partecipanti su incontri personali con lui. “Il suo pensiero teologico e il suo influsso sul nostro lavoro nel comitato dei laici tedeschi hanno portato frutto molto al di là della sua vita terrena”, ha dichiarato Claudia Lücking-Michel che, pur avendo incontrato Hemmerle solo una volta, ha approfondito il suo pensiero e ne è stata segnata. Lo descrive come un costruttore di ponti su tanti livelli, che l’ha stimolata a riflettere sul senso della vita e della morte.
Un maestro prezioso nell’insegnare un cristianesimo convincente, è invece la definizione che dà di Hemmerle Matthias Sellmann nel suo contributo, sottolineandone il pensiero plurale. È stato, secondo lui, un pensatore di avanguardia: “Si è sempre messo nella posizione di chi impara ed era convinto che la materia teologica avesse sempre più di una fonte. Hemmerle riusciva a spiegarti la Trinità in modo tale da farti venire la voglia e il gusto di viverla!”. Un grande saggio – così lo descrive ancora Sellmann – che è riuscito a spiegare grandi teoremi in modo semplice. “Siamo grati di averlo avuto tra noi e riusciremo a decifrare la portata della sua teologia forse solo in futuro”, afferma l’attuale vescovo di Aquisgrana Heinrich Mussinghoff, e continua “Possiamo imparare da lui come pensare in modo nuovo la fede, come viverla e come raccontarla in modo nuovo”. Nello scambio tra i presenti venivano poi alla luce alcune idee interessanti su come far fruttare anche in futuro l’eredità di Klaus Hemmerle: studiare l’aspetto del linguaggio “ben comprensibile e molto originale allo stesso tempo” come suggeriva il Prof. Michael Albus, che ha fatto il suo dottorato con Hemmerle. O ancora, promuovere un premio tra scienziati che si impegnano sui grandi temi del pensiero di Hemmerle; iniziare un progetto di scambio per collaboratori e dirigenti dell’ambito ecclesiale, sono invece tra le proposte di Claudia Lücking-Michel. Nell’insieme è emersa l’importanza della figura di mons. Hemmerle per la teologia e la vita della chiesa non solo nella Germania del suo tempo, ma per le prospettive ecclesiali di oggi e del futuro. (altro…)
Certamente non è la prima volta che l’Editrice “Ciudad Nueva”(Buenos Aires), si occupa di dialogo interreligioso: infatti, alcuni anni fa pubblicò “Ecumenismo e dialogo interreligioso in Argentina”. In quell’occasione il prologo lo firmò il cardinale Jorge Mario Bergoglio, oggi Papa Francesco. Fra le altre cose, scriveva: “Questo libro cerca di aiutarci nel cammino, nell’adorazione dell’unico Dio, nella ricerca quotidiana per essere migliori: è un anello in più nella catena del dialogo. Questo libro cerca di aumentare ancora di più la nostra fraterna sete di incontro”. Il testo di Silvina Chemen e Francisco Canzani, del quale stiamo parlando con loro, rappresenta una proposta ed una testimonianza di questo tipo di incontro. Come è nata l’idea di scrivere insieme “Un dialogo per la vita”? Silvina Chemen:« In realtà non ci siano incontrati per scrivere: il libro è stato il frutto di un incontro “di vita”, che si è arricchito con il trascorrere del tempo. Mentre stavamo scrivendo, abbiamo deciso di aggiungere una piccola appendice ad ogni capitolo, con il titolo: “Imparando nel cammino”, perché avevamo capito che era un’esperienza anche il fatto di scriverlo insieme». Francisco Canzani: «È stata un’esperienza comunitaria nel contesto di un dialogo del quale eravamo partecipi. Non volevamo cadere nei soliti luoghi comuni, in questioni tecniche, accademiche o “politicamente corrette. Non abbiamo pensato ad un libro di buoni consigli su come dialogare, ma partire da un’esperienza personale e comunitaria che, a sua volta, presentasse i fondamenti teorici sufficienti per dare gli elementi necessari per entrare nel dialogo ebraico-cristiano e, anche se sembra un po’ pretenzioso, in qualunque forma di dialogo».
Qual’è l’obiettivo principale del libro? Silvina Chemen: «La nostra idea è generare la coscienza che il dialogo è una opportunità per vivere meglio, perché se la religione deve fare qualcosa in questo mondo globalizzato, è preservare il senso etico, la speranza, dare un senso all’esistenza. (…)». Ritornando sul concetto di convivenza, il documento della Chiesa cattolica Lumen gentium parla della “costruzione della famiglia umana”. Francisco Canzani:«Non bisogna aver paura delle identità: identità solide aiutano il dialogo. Più forte l’identità, più forte è il vincolo. Inoltre, l’identità comprende la trasparenza intellettuale e la trasparenza spirituale». Per accedere alla versione integrale dell’intervista di José Maria Poirier e Santiago Durante (Buenos Aires), entrare al sito della rivista Ciudad Nueva. (altro…)
«Come molti di voi sanno, qui, soprattutto a Gerusalemme, viviamo separati. Gli arabi non hanno occasioni di incontrare gli israeliani, e viceversa. Non c’è una vera condivisione nella nostra vita quotidiana». A parlare è Lara, una giovane cristiana che vive a Gerusalemme e studia nell’università ebraica. Le sue parole danno risalto all’evento vissuto nella Sinagoga Kehillat Yedidya, lo scorso 30 aprile: “Scoprendo l’umanità dell’altro”, il simposio che ha visto radunati giovani delle tre religioni monoteiste. Un buon numero sono i Giovani per un Mondo Unito, convenuti per l’evento conclusivo dell’anno del Genfest, Be the Bridge. Ma gli altri sono i coetanei che vivono in Terra Santa. Lara continua il suo racconto, parlando di «un’idea nata da due giovani donne che volevano migliorare le loro vite e dare ai giovani la chance di incontrarsi, rompendo con tutti gli stereotipi». Una sfida cominciata 6 anni fa e che continua ancora oggi. Ogni anno il gruppo conta una ventina di giovani delle tre religioni: ebrei, cristiani e musulmani, tra i 14 e i 16 anni. Come giovane, Lara ha partecipato al primo progetto, da «ragazza entusiasta che guarda al lato luminoso della situazione e al sogno di un mondo unito che si avvicina». Gli incontri si svolgono due volte al mese «ci scopriamo ed esploriamo le somiglianze e le differenze fra noi». Negli incontri si trattano diversi argomenti per conoscersi: la famiglia, i valori e l’educazione nelle diverse religioni, ecc… Un progetto importante, ma la domanda rimane: finiti questi appuntamenti, ci si vedrà ancora? L’esperienza va avanti, e il progetto ha aiutato a comprendere anche il punto di vista dell’altro. Spiega ancora Lara: «In tempi di conflitto e difficoltà, ci incontriamo, condividiamo il dolore e preghiamo. Sembra un sogno lontano dalla realtà, ma è una verità che viviamo insieme». Lara è una delle 4 voci dei giovani che hanno offerto le loro testimonianze, sogni e speranze: con lei anche Hani, musulmano palestinese, che studia da avvocato; Huda ebreo, nato a New York e trasferito in Israele da piccolo; Nalik, cristiana del Portogallo. Il nunzio Mons. Lazzarotto si è rivolto ai giovani invitandoli ad “essere profeti”, per “fare di questa terra, di nuovo una terra di sognatori”. Una preghiera, che il prof. Alberto Lo Presti traduce in ‘principio sociale’, quello della fraternità, che avrebbe in sé “il potere di trasformare la nostra storia”. Al suo intervento ha risposto il rabbino Raymond Apple (ICCI), sottolineando la necessità di imparare a fidarsi gli uni degli altri: “La via della fraternità è poter dire: io mi fido di te”. Il rabbino Kronish, moderatore dell’evento, – direttore dell’Interreligious Coordinating Council in Israel (ICCI) – in conclusione ha incoraggiato i giovani presenti a continuare a portare a tutti questo messaggio di speranza. Si riparte da Gerusalemme, col desiderio di guardare in alto e crescere nella fiducia reciproca. Per cambiare la storia. (altro…)
I Giovani per un mondo unito ci raccontano alcuni dei tanti “frammenti di fraternità” in corso in tante parti del mondo dove loro sono presenti. Eccone alcune, per cominciare: Nuova Zelanda.“Ogni mese svolgiamo una diversa attività sociale. Nel nostro paese ci sono molte spiagge belle, accessibili a tutti: famiglie, giovani, corridori e bambini. Anche se la natura è generalmente considerata e rispettata, le spiagge non sono sempre pulite. Abbiamo contattato il comune della città di Wellington che ha accolto la nostra iniziativa fornendoci tutte le attrezzature necessarie per la pulizia. Con un gruppo di giovani per un mondo unito ci siamo incontrati un pomeriggio con i guanti e sacchi della spazzatura. La spiaggia scelta è stata una delle più popolate. Oltre a svolgere un servizio per la città, abbiamo costruito rapporti d’amicizia con tanti giovani coinvolti nell’iniziativa”. “A Parigi, abbiamo organizzato una serata di solidarietà subito dopo lo Tsunami ed il disastro nucleare di Fukushima dello scorso anno. Nel corso della serata si è presentato il UWP e c’è stato un collegamento via internet con un gruppo di giovani per un mondo unito giapponesi. Essi ci hanno raccontato come hanno vissuto durante il disastro, cercando di aiutare le persone intorno a loro. Abbiamo potuto conoscere di più la comunità del Movimento in Giappone e la loro vita quotidiana. Alcuni dei nostri amici presenti alla serata hanno scoperto l’importanza della solidarietà e la gioia di essere coinvolti in un progetto di fraternità. Il denaro raccolto è stato inviato in Giappone, per aiutare la comunità locale”. Siena (Italia). “Mia madre (94 anni) è stata portata d’urgenza al pronto soccorso alle 11 di notte. Con mia sorella eravamo preoccupate e anche dispiaciute perché ci avevano chiesto di uscire e la mamma era rimasta sola. Accanto a noi era seduto un giovane che sembrava desideroso di parlare. Gli abbiamo chiesto perché era lì. Sua madre aveva avuto una sospetta crisi cardiaca, ci ha risposto. Quando ci hanno permesso di vedere nostra madre, abbiamo scoperto che era nella stessa stanza della mamma di quel giovane. Così abbiamo potuto portare notizie a lui e al marito che era seduto davanti a noi. Poi il ragazzo è entrato nella stanza e, a sua volta, ci ha portato notizie della nostra mamma. Il padre – che all’inizio era silenzioso – ha cominciato a parlare con noi del suo lavoro e dei problemi che incontrava. Dopo due ore e mezzo entrambe le mamme sono state dimesse. Quando ci siamo salutati il giovane ci ha detto: ‘E’ stato un piacere parlare con voi! Speriamo di rivederci!’. Abbiamo smesso di avere l’angoscia di andare al pronto soccorso. Il dolore personale, la preoccupazione, anche l’angoscia, abbiamo sperimentato che si superano amando chi ci è vicino”. Glolé (Costa d’Avorio). “Con i bambini piccoli le giovani mamme non riescono a concentrarsi nel lavoro nei campi. Per aiutarsi è venuta loro l’idea di fare dei turni per tenere i bambini. Prima di andare a lavorare lasciano i piccoli a due di loro, che quel giorno rimangono a casa: preparano da mangiare e stanno con loro per tutto il tempo necessario. Alla fine dei lavori, ogni mamma viene a riprendere il suo bambino. Tra questo gruppo di mamme è nata una grande fiducia reciproca”. United World Project sito ufficiale ¦ Facebook
Dov’è il confine tra la vita e la morte? Come assistere un malato “fino alla fine”? Il volume offre una visione della complessità dell’argomento e dei diversi approcci. È un libro che non contiene risposte, ma aiuta chi si interroga profondamente su come assistere un malato fino agli ultimi momenti dell’esistenza, nel pieno rispetto della sua dignità. I temi di bioetica provocano facilmente contrapposizioni irriducibili, in quanto fanno riferimento ai valori fondamentali di ogni persona. Quando poi si parla di fine vita, ogni parola, ogni azione acquista un peso e una delicatezza estrema. Episodi noti della cronaca hanno posto l’opinione pubblica di fronte ad interrogativi quanto mai problematici. L’autore Valter Giantin, geriatra, docente di geriatriamedicina interna e bioetica presso la Clinica geriatrica dell’Università di Padova, è coordinatore del corso di perfezionamento “Comunicazione emotiva e relazione terapeutica” presso la stessa Università. È docente di bioetica presso la fondazione Marcianum e presidente dell’associazione di utilità e promozione sociale Panthakù. Lavora quindi quotidianamente in questo campo, con la responsabilità di prendere decisioni difficili. Dalla sua esperienza è nato questo volume che affronta il tema della nutrizione e idratazione artificiale dal punto di vista clinico, psicologico, sociologico, legale, bioetico, attraverso dati scientifici. Mettendo a confronto circa 25 autori, fa dialogare esperienze, posizioni filosofiche, casi di cronaca, professionalità diverse, dimostrando che è spesso possibile (e utile) trovare insieme la pista da seguire. Caso per caso. – Nel testo sono analizzati alcuni rilevanti casi giudiziari sull’argomento, approfondendo anche l’approccio medico-legale. – In appendice il documento del Comitato Nazionale di Bioetica sull’alimentazione ed idratazione artificiale di pazienti in stato vegetativo persistente. Il volume inaugura la collana Borderline, che affronta argomenti attuali e di frontiera (scienza e fede, new media e società, biotecnologie e umanità, cultura e bene comune) trattati con serenità e linguaggio non specialistico con l’obiettivo di far dialogare punti di vista e competenze diverse. Citta Nuova Editrice (altro…)
Contribuire a far sperimentare, per poi insegnare e diffondere nei Seminari, uno stile di vita evangelico centrato sulla comunione: ecco il nocciolo del paradigma su cui si è basato il corso per formatori che si è svolto nella capitale thailandese dal 15 aprile al 5 maggio. Il piccolo manipolo di sacerdoti europei giunti da Roma si trova di fronte una realtà ecclesiale viva, giovane e aperta al soffio dello Spirito. I seminari sono ancora pieni, come lo erano una volta quelli del vecchio continente, anche se il contesto sociale ed economico è in grande evoluzione. I 60 partecipanti al corso provengono da diverse zone dell’Asia: Pakistan, India, Malesia, Myanmar, Vietnam, Laos, Timor Este e Thailandia; sono dunque portatori essi stessi di impostazioni culturali diverse, ma la sfida a volgere in occasione di conoscenza ciò che può sembrare un ostacolo, è accettata da tutti con gioia. L’inizio dei lavori è preceduto dalla celebrazione eucaristica presieduta da mons. Francesco Kovithavanij, arcivescovo di Bangkok e responsabile nella Conferenza episcopale locale per i seminari e la formazione del clero. Nel susseguirsi delle lezioni e dei giorni, molti colgono la testimonianza d’unità degli animatori del Corso, impegnati in prima persona a vivere coerentemente a quanto insegnato.
Don Silvestre Marques, direttore del Corso, nota “la crescente comunione tra tutti di esperienze, di difficoltà e di tante domande in un clima di grande unità e apertura”. Per Brendan Purcell, della diocesi di Sydney (Australia), un frutto di questo clima è la condivisione profonda: “Specialmente coloro che provengono dal Myanmar e Vietnam hanno parlato di come la loro vita umana e sacerdotale sia stata marcata da esperienze tragiche – uccisioni, morte violenta dei genitori – avvenute quando erano tanto giovani”. La seconda parte del Corso, è stata impostata sul modo di attuare la spiritualità dell’unità, presentata nelle varie aree della formazione, attraverso una dinamica di laboratorio di esperienze, identificando le sfide più urgenti e assumendo l’impegno di concretizzare quanto appreso nei propri seminari. “Stiamo facendo un corso vitale – si esprime uno di loro –, nel senso che impariamo in questi giorni a mettere in pratica la vita di comunione, con un beneficio diretto su ciascuno di noi ma anche per le chiese locali che rappresentiamo”. Dopo tre settimane di vita vissuta insieme e di una concreta esperienza di comunione, tutti indistintamente hanno testimoniato la realtà “di famiglia” creatasi ed il desiderio di continuare a portare avanti questa sfidante avventura: la formazione e preparazione dei futuri presbiteri, sia in Asia come in qualsiasi altra parte del mondo. (altro…)
I giovani del Movimento dei Focolari di tutto il mondo si sono dati appuntamento in Terra Santa: “Be the bridge” è lo slogan di quest’anno, con la certezza di cominciare a costruire un mondo unito. Guarda il video: http://www.fmc-terrasanta.org/it/attualita-eventi-e-societa.html?vid=4337 (altro…)
“Via alla santità”: Giovanni Paolo II al N. 87 dell’esortazione Apostolica Ecclesia in Africa così presenta il processo di inculturazione, avendo incoraggiato in tale direzione i vescovi del Kenya già dal 1980. Chiara Lubich nel maggio 1992 in profonda sintonia con il pensiero del pontefice, fa nascere a Nairobi (Kenya) una scuola di inculturazione secondo la spiritualità dell’unità ed intuisce come nel “farsi uno più profondo, che è il ‘farsi tutto a tutti’ di San Paolo (1Cor 9,22)”, vi sia “un’arma strapotente”. “Non si può entrare nell’animo di un fratello – spiega Chiara – per comprenderlo, per capirlo…se il nostro spirito è ricco di un’apprensione, di un giudizio”; “Farsi uno” – prosegue – significa mettersi di fronte a tutti in posizione di imparare, perché si ha da imparare realmente, significa tagliare completamente la radice della tua cultura e entrare nella cultura dell’altro e capirlo e lasciar che si esprima, finché l’hai compreso dentro di te, e quando l’hai compreso, allora sì, potrai iniziare il dialogo con lui e passare anche il messaggio evangelico attraverso le ricchezze che lui già possiede”. È, dunque, l’inculturazione, concepita da Chiara come uno “scambio di doni”: “Così il fratello ha prima dato e noi, poi, abbiamo fatto altrettanto… e su quel qualcosa di ‘vivo’ noi possiamo – servendo – innestare con dolcezza, con amore, con illimitata discrezione, quegli aspetti della verità, del messaggio evangelico che portiamo e danno pienezza e completezza a ciò che quel prossimo già crede e sono da lui spesso attesi, quasi agognati; aspetti che trascinano con sé, poi, tutta la verità”. In sostanza, sintetizza Chiara nel 2000 visitando la cittadella di Fontem (Camerun), “è l’amore che deve guidarci nell’inculturazione, così che agisca lo Spirito Santo”. In questi 21 anni si sono succedute, con cadenza biennale, varie edizioni della scuola di inculturazione; esse hanno, di volta in volta, preso in esame un singolo aspetto, culturale o esistenziale del vissuto: la proprietà e il lavoro; il concetto di Dio; persona e comunità; riconciliazione; sofferenza, malattia e morte; educazione; comunicazione; il sacro nella religiosità tradizionale dell’Africa sub-sahariana. Quest’anno, dal 10 al 13 maggio, l’oggetto di riflessione sarà “la persona nelle culture africane”, esaminato come di consueto, da tre prospettive: nella cultura africana tradizionale, nella Sacra Scrittura e nel Magistero della Chiesa alla luce del carisma dell’unità. Fonte: stralci di Chiara Lubich dalla Presentazione al volume “Il senso del sacro nell’Africa subsahariana” Opus Mariae, Nairobi, Centro per l’inculturazione, 2012, pp.5-7. (altro…)
A volte sono gli avvenimenti più semplici che possono racchiudere un messaggio importante: Zwochau è un piccolo paese tedesco, circa 20 km a nordest di Lipsia. Dal 10 gennaio 2013 forma un nuovo comune assieme ad altri due paesi. Un passo inevitabile, che però si è svolto non senza tensioni e ferite. Zwochau di per sé ha poco più di 1000 abitanti, una antica chiesa e, dal 1993, ospita un centro d’incontri e di formazione dei Focolari: il Centro Mariapoli. I focolarini, ben inseriti nella vita della piccola comunità, frequentano le assemblee comunali e le attività delle varie associazioni presenti nel paese. E, nonostante la maggioranza della popolazione non abbia convinzioni religiose, il Centro Mariapoli viene utilizzato dai vicini per feste di famiglia, nozze e compleanni. Ci si aiuta fra tutti, come si era abituati a fare soprattutto nel tempo della DDR.
Era, perciò, logico che gli amici più stretti esprimessero il desiderio di avere un proprio incontro con la presidente dei Focolari, Maria Voce, che ha iniziato il suo viaggio in Germania proprio a Zwochau. Una trentina di abitanti radunati domenica pomeriggio, 5 maggio, per prendere un caffè insieme a lei. Tra di loro la sindaco, l’ex-sindaco, il capitano dei vigili del fuoco, il presidente del club di ping-pong. Hanno offerto in regalo alla presidente un cestino con prodotti tipici: lana, una tisana di erbe locali, un lucido per metalli prodotto a Zwochau. Poi, in quanto “esperta della cultura della fiducia”, hanno chiesto a Maria Voce un consiglio su come arrivare ad una vera comunione all’interno del comune, contrassegnato da tante differenze e anche qualche ferita.
La presidente prende come paragone il cestino che ha appena ricevuto: “Fiducia – spiega – significa proprio partire dall’idea che l’altro può essere un dono per me, che ha qualcosa di buono da dare”. Allora si tratta di essere curiosi, andare alla ricerca di quel bene che l’altro possiede, di creare una tale atmosfera, un tale rapporto, da incoraggiare ognuno a cavare fuori il meglio di sé e farne un regalo. Una frazione del villaggio sarà forte nel fare la lana, l’altra nel raccogliere l’erba, altra ancora nella produzione del lucido per i metalli. Se ognuno tira fuori il meglio di sé pian piano si compone un bel cesto in cui ognuno è rappresentato con la propria caratteristica, e la composizione nel suo insieme può diventare un contributo per il bene di tutti. Un’immagine, o meglio, un messaggio che vale solo per il paesino di Zwochau? O può essere anche un suggerimento per altri tipi di convivenza, tra persone, gruppi, associazioni, città? Per i presenti è stato un momento gioioso. Un semplice avvenimento ma con un messaggio universale. Joachim Schwind (altro…)
«Conosco il Movimento dei Focolari da quando ero piccola, ma durante gli ultimi due anni ho avuto l’occasione di riscoprire il mio rapporto con Dio attraverso l’esperienza della separazione dei miei genitori. Sono stati anni molto difficili, in cui ho visto crollare tutte le certezze e ho messo in discussione più volte la mia fede in Dio e il Suo amore nei miei confronti. Essendo la figlia maggiore, mi sono ritrovata ad essere la persona su cui gravava di più la situazione. I miei genitori non facevano che tenermi ore al telefono ad ascoltare la rabbia che avevano l’uno per l’altra. In quel periodo mi sentivo molto sola, senza punti di riferimento e Dio molto distante da me: sentivo solo il Suo silenzio. Un giorno, quando ormai pensavo che peggio di così non potesse andare, ho ricevuto la telefonata di mia madre che mi comunicava cosa le aveva suggerito l’avvocato: far testimoniare me e mia sorella in tribunale contro mio padre, perché secondo lei era l’unico modo di far chiudere la causa di separazione in fretta. Mi è crollato il mondo addosso! Ero molto combattuta: mio padre, in effetti, si era comportato male con noi, e poi con lui purtroppo non ho mai potuto instaurare un rapporto forte. Inoltre qualche giorno prima l’aveva combinata davvero grossa: era stato il mio compleanno e lui mi aveva chiamato non per farmi gli auguri (se l’era dimenticato), ma per sfogarsi e lamentarsi di mia madre come al solito. In quel momento di massima disperazione, però, dopo mesi di “silenzio” ho risentito la voce di Dio chiara e forte dentro di me, che mi diceva di non farmi sopraffare dalla rabbia e di pensare solo ad amare, sempre e nonostante tutto, senza aspettarmi nulla in cambio. Mi sono fatta coraggio e ho detto a mia madre che non avrei testimoniato contro mio padre. Lei la prese malissimo e si è arrabbiata accusandomi di non volerla aiutare. Non ci siamo più sentite per diversi giorni, in cui – nonostante la convinzione che quel “no” detto a lei, era un “si” detto a Dio – ho sofferto molto. Inaspettatamente, da quel momento, le cose hanno cominciato ad andare meglio. Pian piano si sono sciolti tutti i nodi e soprattutto i miei genitori hanno capito che non dovevano coinvolgere noi figlie nei loro problemi. Mia madre, passata la crisi, ha capito il senso del mio gesto, lo ha condiviso e il nostro rapporto si è rafforzato. Anche con mio padre ci sono stati dei passi in avanti perché ha saputo della mia decisione ed è rimasto “colpito dal mio coraggio”. Adesso ho dentro di me una forza, una serenità e una fede tutte nuove, nate dalla certezza che non sono sola, anche nei momenti in cui non sento la Sua voce, Lui è sempre accanto a me; ed è vero che Dio chiede di lasciare tutto per seguirLo, ma alla fine quello che dà in cambio ha più valore di qualunque cosa si è lasciata. È davvero il centuplo promesso!». (T. – Italia) (altro…)
Berlino – Tra i presenti di varie culture e religioni vi sono il Nunzio Apostolico, Mons. Jean-Claude Périsset, il vescovo ausiliare emerito di Berlino, Wolfgang Wieder, l’ambasciatrice della Repubblica Democratica del Congo, Clementina Shakembo Kamanga e Sona Eypper, presidente del Convento internazionale di Comunità Cristiane a Berlino. Con stralci di video e con alcune interviste sul palco gli organizzatori della serata danno una breve visione sull’impegno del Movimento dei Focolari sui vari fronti del dialogo: tra culture e religioni, in economia e in politica, tra le generazioni.
Nel suo intervento Maria Voce richiama alcune sfide importanti nella società attuale – in Europa e in tutto il mondo: bisogni materiali aggravati dalla crisi finanziaria, riserve di fronte alla crescente migrazione, tensioni sociali provocate dalla diversità culturali e la scarsa integrazione. «Abbiamo scoperto il dialogo come via maestra percorribile con speranza di successo per quanti vogliono contribuire a realizzare la fratellanza universale», spiega la presidente. «Il dialogo è uno stile di vita, una cultura nuova, che il Movimento può e vuole offrire agli uomini e alle donne di oggi». Se ogni persona si facesse guidare dalla coscienza di esser figlio o figlia di un unico Padre e di conseguenza fratelli tra loro, allora ci sarebbe la chance per arrivare ad un vero «dialogo tra persone, non tra ideologie o sistemi di pensiero», uno scambio cioè caratterizzato dalla misericordia, la compassione e l’amore.
Nei media Maria Voce vede degli strumenti molto adatti per questo tipo di dialogo, purché i contatti non rimangano «brevi, effimeri, privi di senso, nello spazio esclusivamente virtuale». Si tratta invece di «trasformare i contatti in relazioni, cioè costruire reti di fraternità vera».
Al discorso segue un dialogo vivace e profondo con il pubblico: come fare, quando l’altro non ha nessun interesse a creare un rapporto fraterno? È giusto giudicare le reti sociali come strumenti superficiali nei rapporti personali? Maria Voce risponde in modo molto concreto, facendo esempi dalla sua vita ed invitando i presenti a fare sempre il primo passo. «Per me – così il bilancio del suo primo approccio alla capitale tedesca – Berlino è una città che mostra le piaghe della storia. Qui però sono stati anche abbattuti dei muri. E voi Berlinesi offrite queste piaghe ed invitate altri a condividerne i frutti». «Maria Voce non si ferma alla teoria – afferma il Nunzio Périsset, che aveva ricevuto la presidente dei Focolari la mattina dello stesso giorno -. Ci invita ad abbattere dei muri, a costruire dei ponti e a fare noi il primo passo. Ciò è importante anche nel mio lavoro da diplomatico. Dio redime il mondo in noi e attraverso noi. E ciò l’ho visto e vissuto stasera». Andrea Fleming
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[:de]Rechtzeitig zu ihrem Deutschlandbesuch ist dieses Interviewbuch mit Maria Voce erschienen. Die Nachfolgerin der charismatischen Gründerin Chiara Lubich (1920-2008) an der Spitze der Fokolar-Bewegung, setzt in der schwierigen Phase nach der Gründungszeit einer Gemeinschaft in der Kirche wichtige, überraschende Akzente. Im Gespräch mit den Journalisten Paolo Lòriga und Michele Zanzucchi steht sie freimütig Rede und Antwort: Wie sieht sie die Fokolar-Bewegung, eine der großen geistlichen Erneuerungsbewegungen, heute? Wie steht sie zu den Fragen und Herausforderungen in Kirche und Welt? Ihre freimütigen, geradlinigen Antworten ohne Angst vor (Selbst-)Kritik zeigen das Potenzial eines Charismas in der Kirche, das für Dialog und Offenheit steht. Verlag Neue Stadt[:es]
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Sono le 16.30 del 1° maggio a Gerusalemme: una piccola folla di giovani è radunata nelle vicinanze della scala nella valle del Cedron che, secondo la tradizione, Gesù avrebbe percorso pregando il Padre: “Che tutti siano una cosa sola” (Gv, 17 21). Nei giorni precedenti hanno percorso le strade di questa terra culla di una cultura millenaria ma spesso teatro di contrasti e di divisioni alternando momenti artistici e workshop con incontri e approfondimenti all’insegna del dialogo e della multiculturalità. Quest’oggi hanno appena concluso una marcia, accompagnati da uno striscione che esprime un programma di vita: Be the bridge. “Essere noi stessi ponti fra tutti con la nostra vita”, spiega Nalik, portoghese, durante il collegamento che unisce Gerusalemme, Mumbai, Budapest e Loppiano (Italia), in un unico grande abbraccio che si irradia via internet e via satellite. A Budapest più di 150 giovani sono convenuti nell’Angolo della Fratellanza, inaugurato in occasione del Genfest: cinque panchine in pietra che portano incisa la Regola d’oro, fondamento della fraternità, in altrettante lingue diverse. Accanto a loro il dott. Miklos Rethelyi, Presidente della Commissione Nazionale Ungherese per l’Unesco, riceve le schede che descrivono i tanti “Frammenti di fraternità” attuati nel Paese. Sono definiti Frammenti di Fraternità azioni che puntano a costruire la fraternità a livello locale, nelle città, nei quartieri, e a livello mondiale con una vasta tipologia di gesti che vanno da esperienze personali vissute nel quotidiano ad interventi immediati per assistere vittime di terremoti, alluvioni, guerre, carestie. Per il rappresentante Unesco non si tratta solo di “buone intenzioni, ma anche attività di numerosi uomini e donne ungheresi che hanno approfondito i legami di fratelli e sorelle”. Mumbai contribuisce con un’esperienza di perdono, e Loppiano con la canzone Crossin’ the Bridge, in sintonia con il messaggio inviato ai circa 3000 giovani presenti da Maria Voce, Presidente del Movimento dei Focolari : “Il ponte serve proprio per unire (…); non vi stancate di voltarvi verso il giovane che avete affianco. Il primo passo è a volte il più costoso, ma abbiate coraggio, lo facciamo insieme”. A Loppiano prende vita anche la prima esposizione delle iniziative dei GMU italiani: il servizio alle mense Caritas a Roma; il laboratorio musicale per l’Africa a Catania; l’associazione Arcobaleno per l’integrazione dei migranti a Milano; il progetto “Spot si gira” a Brescia; la Clown terapia a Perugia, per citarne alcune. Si presenta poi lo United World Project, nato nella cornice del Genfest e lo United World Watch (l’osservatorio sulla fraternità) che raccoglie gesti quotidiani, realizzazioni originali e fantasiose. La dott.sa Shyami Puvimanasinghr, Officer dell’ONU per il Diritto allo sviluppo, in un video-messaggio incoraggia i giovani a partecipare ai lavori del prossimo Social Forum (Sud Africa, 11-13 dicembre 2014) con entusiasmo ed idealità. La giornata appena conclusa segna l’inizio dell’annuale Settimana Mondo Unito (United World Workshop), expo di uno stile di vita e di iniziative che esprimono accoglienza, disponibilità, condivisione, rapporti autentici; i giovani delle Filippine hanno scelto di essere discretamente a servizio dei “più poveri tra i poveri” in alcuni quartieri di Manila. A Bruxelles, giovani provenienti dalle varie comunità linguistiche del Belgio, col progetto ‘Let’s peace- together4peace’ contagiano gli oltre 600 presenti con la gioia di vivere “l’arte di amare”. In Portogallo si alternano caffè concerto, azioni di volontariato, performance artistiche. In Zambia si presenta il progetto ad altri giovani. A Yogyakarta, in Indonesia, si prepara il primo Youth Day dei Giovani per un Mondo Unito, anche qui con l’intento di mostrare che la fraternità non solo non è un’utopia, ma già comincia a scrivere le pagine di una nuova storia.
“Col progetto Let’s bridge-Together4peace è cambiata la nostra vita e continua a cambiare ogni giorno“, sostiene convinto uno dei giovani presentatori all’inizio della loro performance. Danza Hip Hop o Pop Funky, teatro, video-clip, musiche e canzoni, sono il frutto del lavoro di settimane di 70 ragazzi e ragazze che il 20 aprile scorso, dal palco di una sala di Bruxelles non smettono di raccontare le loro scoperte sorprendenti ad un pubblico di 600 persone sempre più coinvolto. Tutto è espressione del ‘lifestyle4peace’, uno stile di vita fatto di condivisione, accoglienza, disponibilità, rapporti autentici: è diventato il loro “lifestyle” da quando un anno e mezzo fa si sono lanciati nei workshop col Gen Rosso culminati nella rappresentazione del musical ‘Streetlight’. Hanno tra i 14 e i 25 anni, provengono dalle varie comunità linguistiche del Belgio (fiamminghi, francofoni, germanofoni, di origine belga o africana), sono di convinzioni e religioni diverse, ma hanno in comune un’esperienza: l’aver accettato la sfida di andare alla scoperta dell’altro sperimentando che “l’arte di amare” è appassionante, crea legami forti e ti fa capace di cose che neanche sognavi di poter e saper fare. Quando sono partiti non si conoscevano neppure e non sapevano da che parte cominciare. Ora stanno in scena, con l’emozione della prima volta, ma con la convinzione di chi ha da dire qualcosa in cui crede perché l’ha sperimentata e vuole condividerla. Raccontare la loro storia come gruppo, trasmettere ad altri la scoperta fatta, è un’esigenza: sono la generazione dei social network e non riescono a tenere per sé una cosa così forte.
La mattina su quello stesso palco s’era svolto tutt’altro programma, sia per l’età dei protagonisti e dei 300 del pubblico (i più, decisamente oltre la fascia degli “anta”), che per i contenuti: la fiducia come fondamento dell’educazione. Eppure c’è continuità tra i due momenti. È proprio questo, infatti, uno degli atteggiamenti alla base del progetto ‘Together4peace‘, attitudine sapientemente illustrata dal noto psichiatra infantile, il prof. Adriaenssens e supportata da significative esperienze in campo educativo. Alcune battute colte al volo dai giovani protagonisti: “Non è tanto importante che gli altri mi accettino – sostiene Amy -, l’importante è che io accetti loro applicando la “regola d’oro”: fai agli altri ciò che vorresti gli altri facessero a te. L’utopia di Gesù la sperimentiamo fra noi. Non siamo un gruppo religioso, non ho la fede, ma qui andiamo verso lo stesso obiettivo: se crediamo che ognuno ha qualcosa di buono e lo doniamo, ci sentiamo tutti uniti”. “L’anno scorso ho subito un’aggressione che ha provocato l’angoscia e l’ira dentro di me, sentimenti che non riuscivo a cancellare – racconta Abou -. Conoscendo questo gruppo, ho visto giovani che avevano la pace in loro ed ho imparato che non serve utilizzare la violenza”. E infine Juliette: “Ho avuto la fortuna di incontrare dei giovani e degli adulti che sono straordinari per me. Mi hanno toccato per la loro fede. Prima credevo più per convenienza che per convinzione, ma ora ho rivisto la mia posizione verso Dio… ho trovato la pace che mi porta sulla “roccia” a cui ogni momento posso appoggiarmi. Non mi sento più sola e provo un’immensa libertà di sapere che Dio mi ama sempre…”. Fonte: http://www.focolare.be Foto galleria (altro…)
«Sandro mi ha raccontato una sua esperienza di vita. Con la sua famiglia, moglie, un figlio di 14 anni, una figlia di 12 e il piccoletto di 2 anni, sono andati al mercato a fare la spesa. Un signore vendeva 15 carciofi a 3 euro, tutta la famiglia è stata d’accordo: compriamo!!!! Comprato tutto il necessario, mentre tornavano a casa, incontrano una signora povera che dice al papà: “Mi regali qualche carciofo? Non ho niente da mangiare” . Giorgio, d’accordo con la famiglia, regala 5 carciofi alla signora. La figlia di Sandro, Gioia, dice al papà: “Se questa signora chiede carciofi a tante persone… forse non è giusto…”. E il papà: “Noi cerchiamo di fare il bene, poi, lei risponderà alla sua coscienza di come si comporta”. Tornano a casa felici degli acquisti. Il giorno dopo, mentre Sandro era in una chiesa a dare un salutino alla Madonna e le chiedeva aiuto perché doveva comprare degli occhiali al figlio e non aveva i soldi, suona il telefono, e rimane sorpreso di sentire una vecchia conoscenza al quale tanti anni fa aveva prestato dei soldi, che telefonava per dire che ora poteva restituirli. La cifra era proprio quella che serviva per gli occhiali. Il vangelo dice: “Date e vi sarà dato”. Ma Colui che contraccambia è proprio un Signore. Il Signore». (A.DN – Italia) «Questa Parola di Vita è proprio vera! L’altro giorno stavo andando a lavoro. Uno degli impiegati mi ha chiesto una piccola cifra, che ho dato volentieri. In questi giorni stiamo lavorando (sono un insegnante) anche se le scuole sono chiuse. Quando sono andato a riscuotere quanto mi spettava, sono rimasto sorpreso che l’amministrazione ci abbia dato una somma che non ci aspettavamo. Era 5 volte di più di quanto avevo dato all’impiegato». (K. -USA) (altro…)
http://vimeo.com/68288688
Presso l’Hotel Sheraton di Chicago, allestito per l’occasione, sono arrivati quasi 500 partecipanti da tutto il Nord America, da Santo Domingo, dall’Austrialia e dall’Europa. Il collegamento internet ha registrato un altro migliaio di contatti. Expo 2013 ha mostrato i volti dell’America creativa, laboriosa, coraggiosa, quella dei singoli e delle comunità che si mettono in rete, e conoscendosi, condividono un percorso comune. Durante le sessioni plenarie non si sono presentati né temi, né relazioni, né tavole rotonde: solo brevi carrellate di esperienze per introdurre gli otto laboratori del sabato pomeriggio. Musica, lavoro, arte, fede, salute, educazione, ecologia, impegno civile, media e comunicazione: il cambiamento positivo è cominciato da questi ambiti. «È un cambiamento che comincia dalle relazioni, dai rapporti che si creano tra le persone che costruiscono il tessuto sociale» – ha dichiarato il card. Francis George, arcivescovo della città, intervenuto per un saluto. «Ed è questo l’augurio che vi faccio anche da qui in avanti: di continuare a costruire unità a tutti i livelli, anche se è necessario rischiare, perché questo è ciò che serve di più alla società di oggi».
Un rischio che ha corso, tra gli altri, anche Carol Spale, che vive a Chicago: in una situazione di difficoltà per la sua famiglia, ha ricevuto l’aiuto gratuito di alcuni vicini, provocando una reazione a catena che oggi vede tutto il suo quartiere impegnato a favore dei più bisognosi della città, coinvolgendo tutti i livelli dell’amministrazione. Anche questa è reciprocità.
E Marisol Jimenez, che a Santo Domingo porta avanti la scuola Cafè con Leche, che oltre ad assicurare pasti e istruzione a oltre 500 bambini, svolge un ruolo fondamentale per il ristabilimento dell’armonia sociale nei quartieri più poveri della città. Così succede anche in Canada, così succede in tutto il Nord America che qui a Chicago si è riunito per guardarsi in faccia, fare il punto della situazione, e trarre nuovo coraggio per ripartire e continuare a portare avanti le azioni più varie su tutto il territorio. Fonte: Umanità Nuova online : Expo 2013, creare la rete dalle piccole cose
“Era già scesa la notte su Roma. E in quell’appartamento seminterrato l’esiguo gruppo di ragazze, che volevano vivere il Vangelo, si davano la buona notte. Ma ecco il campanello. Chi era a quell’ora? Un uomo che si presentava alla porta nel panico, disperato: il giorno dopo l’avrebbero sfrattato di casa con la famiglia, perché non pagava l’affitto. Le ragazze si guardarono ed in un muto accordo, aprirono il cassettino dove, in buste distinte, avevano raccolto il residuo dei loro stipendi e un deposito per le bollette del gas, del telefono, della luce. Diedero tutto a quell’uomo, senza ragionare. Quella notte dormirono felici. Qualcun altro avrebbe pensato a loro. Ma ecco che non è ancora l’alba. Il telefono squilla. ‘Vengo subito con un taxi’, dice la voce dell’uomo. Meravigliate per la scelta di quel mezzo, le ragazze attendono. La faccia dell’ospite dice che qualcosa è cambiato: ‘Ieri sera, appena tornato a casa, ho trovato un’eredità che non avrei mai immaginato di ricevere. Il cuore m’ha detto di farne a metà con voi’. La somma era esattamente il doppio di quanto avevano generosamente dato”. «Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo» Ne hai fatto anche tu l’esperienza? Se non è così, ricordati che il dono va fatto disinteressatamente, senza speranza di ritorno, a chiunque chiede. Prova. Ma fallo non per vedere il risultato, ma perché ami Dio. Mi dirai: “Ma io non ho nulla.” Non è vero. Se vogliamo abbiamo tesori inesauribili: il nostro tempo libero, il nostro cuore, il nostro sorriso, il nostro consiglio, la nostra cultura, la nostra pace, la nostra parola per convincere chi ha a dare a chi non ha… Mi dirai ancora: “Ma non so a chi dare.” Guardati attorno: ti ricordi di quell’ammalato in ospedale, di quella signora vedova sempre sola, di quel compagno rimandato così avvilito, di quel giovane disoccupato sempre triste, del fratellino bisognoso d’aiuto, di quell’amico in carcere, di quell’apprendista esitante? E’ in loro che Cristo ti aspetta. Assumi il comportamento nuovo del cristiano – di cui è tutto impregnato il Vangelo – che è quello dell’anti-chiusura e dell’anti-preoccupazione. Rinuncia a mettere la tua sicurezza nei beni della terra e poggiati su Dio. Qui si vedrà la tua fede in Lui, che sarà presto confermata dal dono che ti tornerà. Ed è logico che Dio non si comporta così per arricchirti o per arricchirci. Lo fa perché altri, molti altri, vedendo i piccoli miracoli che raccoglie il nostro dare, facciano altrettanto. Lo fa perché più abbiamo, più possiamo dare; perché – da veri amministratori dei beni di Dio – facciamo circolare ogni cosa nella comunità che ci circonda, finché si possa dire come della prima comunità di Gerusalemme: non v’era fra loro nessun povero (Cf At 4,34). Non senti che con questo concorri a dare un’anima sicura alla rivoluzione sociale che il mondo s’attende? «Date e vi sarà dato». Certamente Gesù pensava in primo luogo alla ricompensa che avremo in Paradiso, ma quanto avviene su questa terra ne è già il preludio e la garanzia.
Chiara Lubich
Link audio Centro Chiara Lubich
Rivedi la diretta (canali audio nelle seguenti lingue: italiano, arabo, inglese, spagnolo, francese, portoghese) Trasmissioni satellitari delle seguenti TV: Telepace (diretta – in lingua italiano – programmazione) – Telelumière (diretta – in lingua araba)
Perché Gerusalemme? Perché “Be the Bridge”? Con queste domande si apre la diretta del 1° maggio, momento culmine dell’esperienza in Terra Santa di un gruppo internazionale di 120 giovani. A seguire il live streaming, saranno tanti in varie parti del mondo. In particolare da Loppiano (FI), cittadella da sempre legata alla storia dei giovani dei Focolari, dove saranno riuniti 3.000 da tutta l’Italia; da Mumbai, dove verrà offerta una testimonianza sul perdono, e da Budapest, dove, insieme ai giovani ungheresi, darà un saluto il Dr. Miklós Réthelyi, Presidente della Commissione Nazionale dell’Unesco. A 3 mesi dalla GMG di Rio de Janeiro, i giovani dei Focolari si preparano così all’appuntamento mondiale con Papa Francesco, raccogliendo il suo appello di domenica scorsa a fare cose grandi: “Giocate la vita per grandi ideali, giovani!”. Durante la diretta si ripercorreranno i momenti forti degli 8 giorni in Terra Santa: l’incontro con il Sindaco di Betlemme e con gli studenti all’Università di Betlemme, il concerto di Gen Rosso e Gen Verde al Technion di Haifa, il Simposio interreligioso a Gerusalemme con il rabbino Ron Kronish, direttore dell’ ICCI (Interreligious Coordinating Council in Israel). Si farà poi il punto sullo United World Project (UWP), il progetto avviato col Genfest 2012 a Budapest, e sui suoi sviluppi, mentre in una video intervista la dott.ssa Shyami Puvimanasinghe della sede Onu a Ginevra, sezione diritto allo sviluppo, risponderà alla domanda su come i Giovani per un Mondo Unito possono collaborare con l’ONU. Già nel 1997, Chiara Lubich, parlando alle Nazioni Unite a New York, aveva esortato al cammino verso l’unità dei popoli. Di questo storico intervento verranno riproposti alcuni passaggi. Con una danza araba “dabke” dei giovani della Terra Santa, seguita da un momento di silenzio per la pace, e l’annuncio della prossima tappa dello UWP si concluderà la diretta, ma si continua con la Settimana Mondo Unito che, ad ogni latitudine, per questa prima settimana di maggio, collezionerà appuntamenti sportivi, culturali, sociali – secondo la fantasia dei giovani e le specificità di ogni Paese – per ‘sponsorizzare’ l’idea del mondo unito. Guarda anche video Franciscan Media Center (altro…)
L’amicizia e la collaborazione che lega il Consiglio Ecumenico delle Chiese con il Movimento dei Focolari affonda le sue radici alla fine degli anni ’60 ed ha scritto una nuova pagina lo scorso 25 aprile in Svizzera; nella sede ginevrina dell’organizzazione ecumenica si è infatti tenuta una conferenza con successiva tavola rotonda dal titolo “Pace e giustizia: frutti di unità”. Il Rev. Dr Olav Fykse Tveit segretario generale del CEC, suo malgrado, non ha potuto essere presente, per un viaggio importante in Egitto. C’era il vice segretario generale, M. Georges Lemopoulos ad accogliere calorosamente gli invitati, e a sottolineare l’importanza di questo avvenimento nel quadro della preparazione dell’Assemblea generale del CEC, che si terrà dal 30 ottobre al 8 novembre 2013 a Busan, nella Corea del Sud, col tema “Dio della vita, guidaci verso la giustizia e la pace”.
È seguita la lettura di un messaggio di Maria Voce, attuale presidente del Movimento dei Focolari: “Nutro un grande apprezzamento per l’appassionato impegno di tanti – anche oggi qui presenti – a favore della piena e visibile comunione della Chiesa di Cristo, per far sì che la cristianità con voce unanime dia quel suo indispensabile contributo di vita e di pensiero alla costruzione di un mondo più giusto e in pace. Dà gioia saper uniti con noi in questo sforzo per la fratellanza universale, così importante per l’umanità di oggi, valenti persone appartenenti ad altre fedi o organismi a scopo umanitario. È proprio l’amore fraterno che trasforma il nostro operare insieme in rapporti di reciprocità”.
Michel Vandeleene, dottore in teologia spirituale ha poi illustrato agli oltre 180 partecipanti, per lo più rappresentanti delle chiese locali, membri di organizzazioni internazionali e collaboratori di organizzazioni ecumeniche, lo sviluppo e la specificità del carisma di Chiara Lubich, sottolineando la sua “passione per la pace, la giustizia e l’unità” ‑ passione che per lei avrebbe avuto una sola radice: Gesù Abbandonato, che è sempre stato la fonte del dialogare di Chiara con persone di tutti gli orizzonti e che le ha valso il premio Unesco per l’educazione alla pace, e nel 1998 quello del Consiglio d’Europa per i diritti dell’uomo. Nel corso della tavola rotonda che ne è seguita, diversi relatori hanno evocato l’ispirazione che traggono dal carisma dell’Unità nel loro impegno per la pace e la politica. Il reverendo Martin Robra, partendo dalla sua esperienza al CEC ha insistito sul significato vitale di “Gesù abbandonato”, come “cuore” della spiritualità dell’unità, perché cuore dell’Umanità, capace di suscitare nuova vita, speranza e solidarietà nelle persone e nei gruppi anche in mezzo alle tragedie in molte parti del mondo, come in Siria attualmente. Ada Marra, Consigliere Nazionale del Parlamento svizzero da parte sua ha testimoniato il suo impegno a stabilire relazioni interpersonali indipendentemente dalle divergenze politiche. Maria Francisca Ize-Charrin, ex-direttrice al Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, ha voluto cogliere il collegamento tra lo stile di vita proposto da Chiara ‑ l’unità ‑ e le due preoccupazioni principali delle Nazioni Unite: l’universale riconoscimento dei diritti umani e la tutela di ogni persona. Il prof. Ioan Sauca, direttore dell’Istituto Ecumenico di Bossey, ha aggiunto che “l’amicizia con Chiara Lubich ha dato frutti significativi; fra l’altro, ha disposto l’Istituto a diversi mutamenti, tra cui una maggiore unità tra i suoi membri, la collaborazione con insegnanti di altre religioni e l’apertura a studenti di nuovi movimenti religiosi. Un ospite ha dichiarato di essere stato toccato dalla riunione e ha sottolineato come l’attuazione del carisma di Chiara “deve iniziare con le relazioni interpersonali per indurre poi ad un profondo cambiamento della società che porterà allo sviluppo e alla pace”. (altro…)
Varchi la soglia dell’ateneo di Betlemme e ti imbatti in una folla singolarissima: ragazze cristiane a braccetto con musulmane, leggins e chador e poi una gigantografia di Arafat a fianco della cappella cattolica. Non è sincretismo quello che si vive tra le aule di questa università che conta circa quattromila studenti, ma un ritratto di convivenza e di tolleranza che dal 1973, anno di fondazione di questo centro di cultura e di studio, fotografa un aspetto del dialogo tra religioni. Ma a Michel Rock, docente cattolico di discipline religiose, non basta. Ha voluto che i suoi studenti incontrassero i giovani del Movimento dei Focolari, in pellegrinaggio in Terra Santa per approfondire non solo teoricamente ma attraverso testimonianze e progetti cosa aggiunge la fraternità ad un contesto multi religioso come quello del suo corso. “Non voglio solo una tranquilla convivenza – ha ribadito nel suo intervento – la fraternità apre nella nostra storia accademica, già orientata per statuto al dialogo, un percorso nuovo in grado di incidere sulla vita e sul pensiero”.
Alberto Lo Presti, professore di storia delle dottrine politiche all’Angelicum di Roma, precisa assieme a due giovani dei focolari, una brasiliana e un rumeno, che la fraternità non è una medicina che tutti debbono assumere per fare il mondo più bello ma una forza storica in atto, adatta a questo momento di forte crisi. “In un mondo attraversato da forti differenze anche l’idea di bene si è frammentata in tanti piccoli beni individuali per soddisfare le esigenze di tutti“, ha precisato Lo Presti. L’interdipendenza e il comune destino che la storia ci propone magari sotto l’aspetto di guerre, disastri ambientali, crolli di borse sottolinea secondo il docente romano che “la felicità dell’altro è decisiva anche per la mia e la fraternità mi propone un’etica che va al di là di solidarietà e condivisione perché lo status di fratello appartiene sempre all’altro uomo anche durante i conflitti o se la relazione si incrina”. Un’affermazione che in questa terra non può lasciare indifferenti. Yousef Al Hieraimi, docente di islamistica nello stesso corso di Rock, ha ribadito che “le religioni non possono mai essere occasioni di divisione ma nastri di partenza per la fraternità”.
Ne è seguito un dibattito animato per precisare meglio le declinazioni della fraternità nel lavoro tra atenei, nei mass media, nelle inevitabili differenze della convivenza. Mariam, studentessa palestinese, precisa a più riprese l’orgoglio di partecipare a questo corso di scienze religiose tenuto da un docente cattolico e da uno musulmano perché “ci apre la mente e ci mostra una realtà ben diversa da quella che i pregiudizi inevitabilmente costruiscono. Qui non ci sono nemici, ma si cresce insieme ed oggi mi sono sentita incoraggiata a continuare in questa direzione”. Per Cristine fino ad oggi c’erano due tipi di amore: quello per i piccoli che ti fa prendere cura di loro e quello tra sposi. “Oggi ho capito che c’è un terzo tipo: quello della reciprocità, quello che ti fa agire con l’altro, chiunque esso sia come faresti con te stesso”. Dall’inviata Maddalena Maltese (altro…)
Il saggio di danza della sua piccola – la più bella di tutte! -; il sabato mattina tutti insieme a giocare sul lettone; l’eterna e assillante domanda: “Che cosa cucino stasera?”: una mamma racconta. Squarci di vita quotidiana descritti con delicatezza e ironia che aprono una finestra sulla vita non sempre facile delle mamme di oggi, impegnate a coniugare il lavoro, l’educazione dei figli, la casa. Un libretto leggero e profondo al tempo stesso, gustoso e poetico. Che fa sorridere, commuovere e pensare. Da regalare e regalarsi in occasione della Festa della mamma o tutte le volte che desideriamo dirle: «Ti voglio bene, mamma! ». L’autrice, Hana Pinknerová, nata nel 1963 a Znojmo nella Repubblica Ceca, si è laureata in Pedagogia presso l’Università Masaryk a Brno. Attualmente lavora nella redazione del periodico femminile on line www.moje-rodina.cz. È sposata, vive con il marito e due figlie a Brno. È autrice di numerose pubblicazioni. (altro…)
C’è il tempo del cammino e c’è quello della sosta. Nazareth è stata la tappa in cui i 120 giovani dei focolari in Terra Santa per la conclusione dell’anno dedicato al Genfest si sono incontrati con 25 loro coetanei di Haifa e Gerusalemme, lo scorso 28 aprile. La lingua o la differente provenienza non sono stati motivo di imbarazzo e neppure le improvvisate traduzioni hanno frenato il racconto e le impressioni di questi giorni vissuti in Terra Santa alla scoperta dei luoghi della fede cristiana, ma soprattutto delle persone che in questa terra continuano con generosità e coraggio a scrivere nuove pagine di una storia che ripete con altri volti, altre vite la buona novella. Dominga di Napoli ha riconosciuto immediatamente Nicola di Haifa: una foto scattata in modo giocoso a Budapest, da sconosciuti, li ha fatti rincontrare in questa città in modo inatteso. Il patto di fraternità siglato al Genfest in questi mesi ha nutrito le loro scelte e anche la fedeltà all’impegno di “fare agli altri ciò che si vorrebbe per se” come pilone dei ponti di dialogo che in tutto il mondo si sono continuati a costruire. Ci si racconta con spontaneità delle scoperte e delle novità incontrate in questi luoghi: “non è un percorso di memoria sulle tracce di quanto è successo duemila anni fa con Gesù, è scoprirlo nella realtà di oggi e questo è affascinante”, commenta Tiziana entusiasta per l’accoglienza e il senso di famiglia sperimentato immediatamente con la comunità dei Focolari. Poi c’è chi è arrivato qui con il suo fardello di storia personale. Stanislaw è bosniaco, la sua storia non è dissimile da quella di tanti giovani che qui, sulla loro pelle, vivono un conflitto non armato ma latente. “Durante la guerra in Bosnia ho vissuto tempi difficili, la situazione politica era difficile e dovevo decidere se rimanere nel mio Paese o restare. Alla fine sono rimasto a Sarajevo, in una città che ha molto in comune con quelle palestinesi. Anche lì c’era spazio per costruire ponti. Non mi pento di quanto scelto e forse quel sì mi ha condotto oggi fino a questa terra, fino a voi con cui sento grande affinità”. Joaquin viene dall’Argentina. Lui è cristiano, il papà è ebreo. “Era difficile dire ai giovani palestinesi di questa mia doppia identità. Certi giorni mi sentivo molto vicino agli ebrei, mi identificavo anche con le loro paure. Poi ho ripensato ad un mio amico tedesco. Quando ci eravamo conosciuti mi aveva chiesto scusa per la shoà. Oggi voglio chiedere anch’io perdono ai palestinesi per quanto di ingiusto gli ebrei fanno nei loro confronti”. Un ponte tra ebrei e arabi è stato anche il workshop che il Gen Verde e il Gen Rosso hanno preparato con studenti delle scuole sia a Betlemme che a Nazareth. Samer di Haifa entra nei dettagli. “Non eravamo convinti di questo esperimento. Sappiamo che in questi rapporti basta una parola sbagliata per far esplodere contestazioni e critiche. Eravamo proprio intimoriti. Invece danzare insieme, muoversi in modo coordinato ha sciolto ogni tensione: avevamo un obiettivo comune e quello potevamo realizzarlo perché il pubblico si aspetta la nostra coreografia. Basta un piccolo passo e Dio interviene. E poi c’eravate tutti voi a sostenerci e incoraggiarci nel continuare”. Il concerto al Technion di Haifa, con la presentazione dello United World Project, mette il sigillo, anche con la musica, su questo ponte che si puntella con nuovi mattoni. Dall’inviata, Maddalena Maltese (altro…)
Si chiama “Condecoración” de la “Orden del congreso de Colombia”, ed è stata istituita nel 1987 dal parlamento colombiano: è l’onorificenza che a nome del popolo le due camere possono conferire a cittadini o istituzioni che abbiano servito il Paese. Ed è con questa motivazione che la “Condecoración” – sollecitata dal Senatore della Repubblica José Darío Salazar Cruz – è stata attribuita al Movimento dei Focolari e consegnata al magistrato italiano, dott. Giovanni Caso, presidente aggiunto onorario della Corte di Cassazione italiana. “Accogliamo questo riconoscimento all’opera di Chiara Lubich come un ulteriore incoraggiamento a proseguire, con sempre maggior decisione e slancio, il cammino da lei tracciato ovunque, e in particolare in Colombia”; scrive la presidente dei Focolari Maria Voce nel ringraziamento inviato agli onorevoli e a tutti i presenti radunati nella seduta straordinaria del congresso della Repubblica di Colombia tenuta il 25 aprile. In questa occasione è stato conferito ai Focolari il titolo di “Commendatore”, con la motivazione di “mettere in luce l’eccelso contributo che il Movimento ha dato lungo i suoi 40 anni di presenza in Colombia a beneficio della convivenza e della fraternità”.
Erano presenti il segretario della conferenza episcopale, mons. Daniel Falla Robles, il vescovo anglicano Francisco Duque, e il Personero di Bogotà [responsabile dell’ufficio distrettuale dei diritti umani], dr. Ricardo Cañón. Nel riconoscimento si ricorda in particolare come i Focolari, nei 40 anni di permanenza in Colombia, abbiano generato “modelli di convivenza nei vari ambienti della società, nel mondo della pedagogia, del diritto, dell’economia…”. E nel suo discorso, il Senatore cita tra le concretizzazioni, quella de Los Chircales, della scuola Sol Naciente, la collaborazione con la Pastorale sociale di Soacha, tra le altre. Sulla fraternità, “presupposto essenziale di ogni convivenza”, mette ancora l’accento Maria Voce, considerando che applicandola “su più vasta scala, nell’agire politico, giuridico, sociale, essa offre possibilità sorprendenti. Favorisce il dialogo a vari livelli e permette di tenere insieme e valorizzare culture, pensieri diversi, esperienze umane divergenti che, altrimenti, possono sfociare in conflitti insanabili. Per la fraternità acquistano nuovi significati anche la libertà e l’uguaglianza, fondamenti base della democrazia. La fraternità può sostenere e dare nuova luce a quegli organismi impegnati a superare le barriere tra singoli e popoli per accelerare le tappe verso l’unità della famiglia umana e garantire la pace”. Prosegue dunque l’impegno dei Focolari in Colombia, che, nei giorni scorsi si è concretizzato anche con una serie incontri tenuti dal dott. Caso, membro della commissione centrale internazionale di Comunione e Diritto, rete internazionale di studiosi e operatori del diritto, che cercano di coniugare il paradigma della fraternità con il diritto. Il calendario degli interventi ha toccato in precedenza anche il Centro America, con un importante appuntamento di operatori del diritto in Guatemala. (altro…)
Davide fa parte dell’Azione cattolica, ha 24 anni e afferma che quella di Sophia è una delle scelte più giuste fatte nella sua vita. Come rappresentante degli studenti, presenta i suoi colleghi: attualmente sono circa 80 fra quelli che sono iscritti ai corsi di laurea specialistica e i dottorandi. Vanessa viene dal Libano. Conosce sin da piccola il Movimento dei Focolari, ma a un certo punto la ricerca della verità, del senso della vita, di Dio stesso, diviene in lei inquietudine profonda. Fidandosi della proposta di un amico focolarino decide di venire a Sophia, come l’ultima occasione per ritrovare quel Dio di cui dubita l’esistenza. Sophia si rivela un’esperienza esigente, ma capisce che non è da sola in questa ricerca. Con lei camminano altri studenti, ma cammina da sempre un’umanità che nei filosofi di ogni tempo ha espresso le stesse sue domande, le stesse sue esigenze. Emanuele, 24 anni di Genova, laureato in filosofia e adesso al secondo anno di Sophia, sperimenta quanto l’Istituto universitario dia a chiunque, a prescindere dall’appartenenza o meno al Movimento dei Focolari, la possibilità di accedere alle fondamenta del carisma dell’unità, partendo dal cuore di quell’esperienza particolare di luce che Chiara Lubich visse nel ’49, durante la quale ebbe da Dio le intuizioni fondamentali sull’Opera che sarebbe nata negli anni. “A Sophia – afferma – succede anche che la dimensione universale del carisma di Chiara venga compresa e spiegata da chi non fa parte del Movimento e questo colpisce pure chi ne fa parte”. Lorenzo si presenta definendosi uno studente anomalo. Ha 47 anni, un lavoro stabile e ha scoperto l’esistenza di Sophia perché invitato a intervenire in un dibattito economico nel quale si parlava anche di Economia di Comunione. Per chi, come quelli della sua generazione, si è formato sui testi di Adam Smith, la proposta nuova di un’economia “civile” è una di quelle che rimette tutto in discussione. E come è stato per lui, così pensa potrebbe essere per tante “persone che hanno già studiato o hanno un lavoro”.
Lia del Paraguay frequenta il secondo anno con indirizzo politico.Rivolge una domanda alla presidente dei Focolari, vice gran cancelliere dell’Istituto universitario, sulla particolarità dell’esperienza, fatta di studio e di vita. Maria Voce spiega: “Una difficoltà può essere vista come un ostacolo o come una sfida per fare un passo più avanti. La sfida in più della convivenza vi permette di testimoniare la fraternità universale, idea fondante del Movimento e di Sophia. Come si testimonia infatti la possibilità della comprensione reciproca, il superamento di visioni diverse se non se ne fa l’esperienza concreta? Venendo qui avete aderito ad un progetto diverso che vi ha affascinato, altrimenti avreste cercato un’altra cosa. Questo progetto ha la radice in una luce straordinaria, in un “sogno” che nella realtà diventa fatica quotidiana. Voi siete stati scelti per questo e state facendo un’esperienza importante, state provando la costruzione della fraternità: la fatica non vi deve spaventare, né si può rendere più facile l’esperienza, perché si tratta di qualcosa di molto grande”. Non sfugge a nessuno l’impegno richiesto e neanche alla presidente che conclude ammettendo: “Ci vuole l’apertura a credere di essere radicati in un sogno nato in Dio, trasmesso attraverso Chiara e che richiede la serietà di chi questo sogno deve farlo diventare realtà. È un impegno grande per anime grandi”. di Aurora Nicosia Foto galleria su Flickr (altro…)
«Siamo arrivati vicino a Denver, in Colorado, dall’Argentina 3 anni fa, senza conoscere nessuno, in un inverno nevoso. Pensionati, si apriva un capitolo nuovo della nostra vita, ma anche l’opportunità di vivere l’arte di amare evangelica: prendere l’iniziativa ed essere i primi ad andare incontro agli altri, vicini di casa o parrocchiani, per conoscerli e costruire rapporti duraturi. Nella grande parrocchia cattolica di cui facciamo parte, cercavamo, dopo la Messa, di avviare una conversazione con ciascuno. Parlavamo di Denver e delle escursioni in montagna, delle cose di tutti i giorni… ma poi, quando ce n’era l’opportunità, cercavamo di condividere qualcosa della nostra vita spirituale e l’esperienza del cercare di vivere – non solo di pensare – nello spirito del Vangelo. Gradualmente il rispetto e l’amicizia nei nostri riguardi cresceva. E in meno di 18 mesi siamo stati nominati membri del consiglio parrocchiale. Nel 2012, abbiamo cominciato insieme ad un’altra coppia un “progetto di buon vicinato”, nel nostro quartiere costituito da 253 famiglie. Si trattava di bussare di porta in porta e invitare le persone a partecipare a degli incontri mensili, allo scopo di conoscersi tra persone che vivono nella stessa comunità locale. Ma ci voleva anche lo sforzo personale di mantenere e sviluppare questi nuovi rapporti, invitando le coppie a cena a casa nostra, partecipando ad eventi culturali, o semplicemente con un caffè o una passeggiata. In un anno abbiamo aggiunto 95 nomi nella mailing list, con una partecipazione di 40 persone ai nostri appuntamenti regolari. A qualche mese dall’inizio del progetto, dalla parrocchia ci viene chiesto di tenere un nuovo gruppo chiamato “piccola comunità di fede”. Abbiamo accettato, cercando di mettere in evidenza il rapporto tra la Scrittura e la vita quotidiana e di testimoniare l’amore di Dio. Pian piano la gente del gruppo ha cominciato a condividere a sua volta la propria esperienza nel vivere la Parola. Un esempio: George, ingegnere informatico, diceva che da quando ha conosciuto questo nuovo ‘metodo’ di avvicinarsi al Vangelo, si è reso conto di dover cambiare il rapporto con clienti e colleghi, essendo più attento e presente al 100% ogni momento, nel relazionarsi al telefono con clienti ansiosi per i problemi del loro pc, o nei lavori più complessi che il capoufficio gli affida. Con un’altra signora, invece, abbiamo preso l’iniziativa di andare a trovare una coppia che conoscevamo appena. Veniamo a sapere che la moglie stava facendo la chemioterapia e il marito era molto preoccupato. Ci siamo offerti di preparare loro i pasti e comprato i fiori per il suo rientro a casa dall’ospedale. Qualche volta proprio prima di un incontro, ci troviamo ad avere opinioni diverse su come procedere. Ma sappiamo di avere la responsabilità di attuare quanto cerchiamo di annunciare: essere uniti tra noi è il prerequisito. E più ci esercitiamo a vivere il valore di amare il prossimo, più vediamo concretizzarsi i frutti dei nostri sforzi». Vedi anche sito del Expo 2013 (altro…)
“Sabato scorso c’era una vera folla che scendeva dal treno: ho visto con i miei occhi questo ‘esercito’, tanti Giovani per un mondo unito che arrivavano a La Plata.… Li ho visti, poi, nei vari quartieri, lavorando come matti, con amore e impegno, ed ho pensato: sì, è chiaro, questa è la vera rivoluzione!”. Così scrive Sofia dopo una intensa giornata di lavoro, offrendo aiuto e assistenza a chi ha subito i danni della grande inondazione del 3 di aprile: metà della città inondata, molti i morti e il dolore di perdere tutto. E, ancora una volta, sono i giovani che si mettono in prima linea per organizzare la rete di solidarietà che si è attivata in tutto il paese. “Eravamo più di 40 – racconta Pilar -. Ci siamo divisi in tre gruppi per poter offrire meglio il nostro aiuto. Una famiglia ha aperto le porte della sua casa per poter raccogliere materiale e distribuirlo nel quartiere. Ma avevano tutte le loro cose coperte di fango, così alcuni sono rimasti ad aiutarli, mentre altri preparavano cibi e vestiario per chi che ne aveva bisogno. Altri hanno iniziato a pulire le case dei vicini. Sono molto stanca, però super contenta di aver dato una mano”. “Siamo andati in una scuola per selezionare le donazioni e scaricare camion di materiali, materassi, acqua e detersivi. Parlando con la gente del quartiere, ci siamo resi conto della grande necessità di condividere quanto si sta vivendo. C’è chi ha perduto tutto! Un signore, che abbiamo aiutato a caricare la spazzatura sul camion, ci ha offerto l’unica cosa che aveva: acqua calda per il mate. Ha perso tutti i mobili, e l’acqua ha distrutto il materiale del suo locale di elettronica”.
“Ho dedicato molto tempo ai bambini: racconti pieni di vita, di sentimento… Sguardi che attraversano l’anima, perché in mezzo al caos ed alla perdita delle cose materiali, la gente cerca affetto, cerca chi ascolti la loro esperienza. Ho dovuto fare da mamma a più di qualcuno di loro, dando da mangiare ai più piccoli, sorvegliando neonati di pochi mesi, mentre le mamme pulivano…”. In un’altra città, Luisa ed altri amici cominciano una campagna “casa per casa” avvisando che avrebbero raccolto materiale, vestiario e che sarebbe stato aperto un conto in banca per raccogliere fondi. Ma “non so se qualcuno depositerà qualcosa…” confida a qualcuno. Joaquín, di nove anni, sta ascoltando la conversazione mentre guarda alla televisione le immagini dell’inondazione; si alza, va nella sua stanza, e ritorna per consegnare una busta a Luisa: “Qui ci sono i miei soldi”. La mamma, stupita, gli dice: “Ma questi erano per la tua bicicletta” (era un anno che Joaquín stava risparmiando per comprarla). Joaquín le risponde: “Mamma, loro ne hanno più bisogno di me”.
Anche molte famiglie dei Focolari hanno subito considerevoli perdite economiche. Dopo i primi momenti di sorpresa e di dolore, si sono unite alla grande corrente di solidarietà, aprendo le case ad altri, raccogliendo e distribuendo donazioni, aiutando come possibile. Guardando la gravità dei danni, tutto quello che si riesce a fare sembra poco. Uno dei Giovani per un Mondo Unito venuti col treno per aiutare, lo esprime in questo modo: “Sento che il mio contributo è piccolo, però ogni granello di sabbia vale. Forse non possiamo risolvere i problemi di tante famiglie, però possiamo unirci nella preghiera perché Dio Amore aiuti queste persone che debbono ricominciare da zero. Grazie a ciascuno!… Mi ha dato molta speranza, molta forza, il vederci uniti per, in qualche modo, «morire per la nostra gente!»”. A cura di Carlos Mana, Argentina (altro…)
Il Peace Center si trova nel cuore politico e multi religioso di Betlemme. Nella stessa piazza, un quadrato di pietra bianca delimitato da palme, ci sono la basilica della natività e la moschea: una convivenza che non ha nulla di scontro o di intolleranza. A fianco c’è il comune, mentre tutt’attorno ci sono i colori del mercato. E poi c’è il muro che il governo israeliano ha deciso di costruire a difesa del suo territorio.
I Giovani per un Mondo Unito del Movimento dei Focolari, 130 da 25 nazioni diverse hanno voluto iniziare dal Peace Center a rinforzare i ponti di fraternità che a partire dal Genfest, la manifestazione partita a Budapest nel settembre 2012, hanno continuato a gettare in tante parti del mondo. Se lo slogan ungherese era Let’s bridge – neologismo che invitata a costruire legami e a superare barriere tra popoli, fedi, culture – ora è Be the bridge – essere ponti, il progetto che si lancerà proprio dalla Terra Santa, con una banca dati che si impegnerà a catalogare le buone pratiche ispirate alla fraternità messe in atto da singoli, gruppi, organizzazioni e stati. Vera Baboun, prima donna sindaco di Betlemme e dei territori palestinesi ha accolto la proposta di questo start, «felice e orgogliosa, perché credo nella forza e nella capacità del dialogo proprio in una terra ferita dall’assenza di fraternità». Cristiana, docente universitario, vedova e con cinque figli, per quaranta minuti ha raccontato la sua esperienza di sindaco-donna e risposto alle incalzanti domande dei giovani presenti. Entusiasta sostenitrice del cambiamento e delle nuove generazioni ha ribadito più volte: “Sta a noi fare i passi per creare il nuovo. Per costruire i ponti servono tre cose: il coraggio, la buona volontà e la verità. Bisogna confidare in se stessi e credere che si può cambiare“.
A conferma della novità che contraddistingue la sua amministrazione ha illustrato il progetto di un consiglio consultivo fatto da giovani che affiancherà quello eletto dalla città. Nel saluto conclusivo non poteva mancare un riferimento ai muri che circondano la sua città: “Il muro è stato costruito da mani d’uomo. Chi lo abbatterà? Mani d’uomo. Facciamo un vantaggio del non vantaggio e lavoriamo per un sogno comune: fare del mondo una casa comune dove gli uomini sono davvero una sola umanità. E i palestinesi sono questa umanità”. Intanto, a Gerusalemme, prosegue l’ultima tappa del Genfest, col cantiere di fraternità dei giovani dei Focolari in Terra Santa, iniziato il 24 aprile. Diversi gli appuntamenti previsti, con ebrei, arabi, musulmani e cristiani per continuare a gettare ponti come ci si era impegnati sin da Budapest. Con duecento studenti musulmani e cristiani all’università di Betlemme per un laboratorio sulla riconciliazione e la pace, mentre insieme ai complessi internazionali Gen Rosso e Gen Verde e ad artisti locali si percorre la strada dell’arte e della musica. Il 1° maggio un collegamento internazionale da Gerusalemme con Italia, Ungheria ed India siglerà un patto mondiale di fraternità e rilancerà lo United World Project, il progetto che mira ad incrementare l’unità tra popoli, persone, istituzioni anche attraverso la creazione di una banca dati di tutte le iniziative che negli anni hanno operato in questa direzione. Fonte: Città Nuova online Leggi anche: Gerusalemme, ultima tappa del Genfest “Be the Bridge” website www.unitedworldproject.org (altro…)
VIDEO: Messaggio rivolto al Giornata del Movimento Umanità Nuova, Palazzo dello Sport (EUR), Roma il 20 marzo 1983
Si trovavano sulla stessa auto proveniente dal confine turco. Giunti alla periferia di Aleppo, un gruppo di uomini armati ha bloccato il veicolo, ha fatto scendere i passeggeri ed ha ucciso il diacono che era alla guida dell’auto. Dei due metropoliti si sono perse le loro tracce. Mor Gregorious Yohanna Ibrahim, arcivescovo della Chiesa siro-ortodossa di Aleppo, è un vescovo molto conosciuto: è amico del Movimento dei Focolari e collabora con la comunità di Sant’Egidio, così come il vescovo Paul Yazigi. Il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, dichiara che «è una drammatica conferma della tragica situazione in cui vivono la popolazione della Siria e le sue comunità cristiane». «Il Santo Padre Francesco – prosegue il portavoce vaticano – segue gli eventi con partecipazione profonda e intensa preghiera per la salute e la liberazione dei due vescovi rapiti e perché, con l’impegno di tutti, il popolo siriano possa finalmente vedere risposte efficaci al dramma umanitario e sorgere all’orizzonte speranze reali di pace e di riconciliazione». C’è al momento incertezza sulla sorte dei due vescovi. Il 23 aprile si è diffusa nei media la notizia della loro liberazione, ma sul posto si sta cercando di capire la verità dei fatti. Alla sera una piccola folla si era riunita davanti ai vescovadi di Aleppo, ma poi è tornata a casa. Si attendono sviluppi nelle prossime ore. In tutto il mondo si prega per la loro liberazione. Fonte: Città Nuova online http://cittanuova.it/c/427746/Incertezza_sulla_sorte_dei_due_vescovi.html http://cittanuova.it/c/427729/Rapiti_due_vescovi_in_Siria.html http://cittanuova.it/c/427611/Diario_dalla_Siria32.html (altro…)
“Il paradigma dell’unità: un dialogo interdisciplinare sul pensiero di Chiara Lubich”; questo il titolo del seminario tenutosi il 12 e 13 aprile scorsi presso l’Università Cattolica Fu Jen (Taipei). Organizzato in collaborazione con l’Istituto Universitario Sophia e con altri due atenei cattolici di Taiwan, l’evento ha suggellato un rapporto che fin dagli anni ’50 la fondatrice dei Focolari ha coltivato con la chiesa ed il mondo accademico dell’isola, e che ha avuto culmine – ha ricordato Maria Voce nel saluto inviato per l’occasione – nell’iniziativa dell’Università Cattolica di Taipei di conferirle il dottorato honoris causa in teologia nel 1997. Oggi nel medesimo luogo emerge con evidenza il carisma di Chiara, la sua eredità, attraverso la quale Papa Francesco, nel messaggio che ha voluto donare ai partecipanti, li ha incoraggiati a “rinnovare la gioia dell’incontro con Cristo e a testimoniare la Sua presenza nel mondo”.
Il tema di apertura svolto dal Card. Joao Braz de Aviz, Prefetto della Congregazione per la Vita Consacrata, ha messo in luce una sfida che la Chiesa è chiamata ad affrontare: coniugare l’unità “sua nota essenziale” e la cattolicità [vedi articolo su Osservatore Romano]. “In altri termini – ha precisato – come essere uno nella grande varietà di culture, tradizioni, esperienze spirituali e teologiche”. In questo cammino verso la pienezza “dell’unità nella molteplicità” si inserisce il carisma di Chiara come “un dono più grande”. I contributi del prof. Piero Coda per l’ambito teologico e dell’economista Luigino Bruni per l’aspetto economico si sono alternati ad interventi di relatori locali, in una sinergia fruttuosa e ricca di prospettive di ulteriore collaborazione futura, che ha portato alla sottoscrizione di un protocollo d’intesa con Sophia. Yu-Xing-yang, parlamentare taiwanese, ha voluto offrire una testimonianza appassionata di come il carisma di Chiara sia fonte di ispirazione anche nella propria attività politica. La consistente presenza di membri di varie correnti buddiste nonché del rappresentante della Chiesa Ortodossa a Taiwan, ha dato un particolare sapore interreligioso ed ecumenico allo svolgersi dei lavori. Per le conclusioni lasciamo la parola a P. Ramon della Providence University che ha riassunto la luminosità dei giorni trascorsi: “Chiara è venuta a Taiwan nel 1997, oggi lei è passata per la seconda volta, e non la dobbiamo più lasciar andare via”. (altro…)
«È innanzitutto una storia di amicizia». Cominciano così i lavori del convegno promosso da Comunità islamica della Sicilia e Movimento dei Focolari, che si è svolto a Catania lo scorso 14 aprile. «Ci siamo conosciuti, alcuni del Movimento dei Focolari con l’Imam di Catania e questa amicizia è cresciuta e si è allargata ad altri musulmani e persone del movimento, soprattutto famiglie, con momenti in cui abbiamo potuto condividere insieme i valori della fraternità universale, facendone esperienza concreta». A parlare è Giusy Brogna, dei Focolari, esperta di dialogo interreligioso con l’Islam dopo anni in Medio Oriente, che insieme al giornalista Roberto Mazzarella, e a Kheit Abdelhafid, Imam e Presidente della Comunità Islamica di Sicilia e al vice presidente Ismail Bouchnafa, è tra gli organizzatori dell’evento. Circa 500 le persone che hanno accolto l’invito: famiglie intere provenienti da diverse città siciliane in cui già da tempo è nata un’amicizia tra comunità del Movimento dei Focolari e alcune famiglie musulmane.
Visione cristiana della famiglia e valore aggiunto della famiglia musulmana per la società italiana sono state tra le relazioni centrali, presentate rispettivamente dai coniugi Gaetano e Grazia Maria Amore e dall’Imam Kheit Abdelhafid, che si è detto soddisfatto sia della giornata che del lungo lavoro preparatorio: “La famiglia è centrale per entrambe le nostre religioni, soprattutto pensando al futuro dei nostri figli, che vorremmo vivessero in un mondo senza barriere, in cui la diversità è vista come ricchezza”. Le esperienze hanno dato spessore a quanto detto: si sono presentate una famiglia di Scicli; Giosi e Zanja, compagne di banco a Ispica; Fatima e Hamed di Rosolini con la figlia Rabia e con alcuni amici cattolici. Tra loro c’è chi sostiene da anni – nei locali parrocchiali – una scuola per le donne immigrate. Il pomeriggio prosegue con i giovani che insieme – cristiani e musulmani – nelle scorse settimane hanno girato un cortometraggio per descrivere con ironia i principali luoghi comuni cui si va incontro quando non si conoscono le diverse tradizioni culturali e religiose.
L’arcivescovo di Catania, S.E. Monsignor Salvatore Gristina, presente all’incontro, ha incoraggiato a proseguire su questa strada: “Confidiamo nell’aiuto di Dio” – ha detto – noi teniamoci per mano e andiamo avanti”. Tra le personalità civili intervenute, la neo-senatrice on. Venera Padua, il vice-prefetto di Catania Massimo Signorello, il Rettore dell’Università di Catania Giacomo Pignataro, l’on. Enzo Bianco, l’on. Giuseppe Castiglione, che, con sottolineature diverse, hanno tutti evidenziato la grande portata culturale e civile di questo percorso di dialogo. In particolare il sindaco di Catania Raffaele Stancanelli, ha voluto ringraziare per aver scelto la città di Catania per questo evento così importante “capace di contagiare in termini positivi la nostra comunità nazionale”. L’appuntamento del 14 aprile a Catania si inserisce tra le esperienze di fraternità che da tempo si portano avanti tra alcune comunità islamiche e i Focolari, nell’ambito del Progetto Italia, e che hanno avuto un momento importante di visibilità lo scorso novembre a Brescia. (altro…)
A causa dei ritmi lavorativi sempre più pressanti che costringono i genitori a trascorrere gran parte della giornata fuori di casa e grazie anche ad una migliore qualità della vita, più che in passato, i nonni svolgono un ruolo fondamentale – pratico, affettivo ed educativo – nella vita dei nipoti. Accompagnano i nipoti a scuola e nelle mille attività pomeridiane, li affiancano nei compiti, sono i compagni di gioco e di segrete confidenze. Quali potenzialità e criticità si nascondono dietro questo rapporto? Come far sì che questo legame conviva in armonia con quello tra genitori e figli? Aceti con il suo consueto vivace stile comunicativo e la pluriennale esperienza pedagogica affronta un tema attualissimo offrendo interessanti piste di riflessione. Per un’anticipazione sul libro leggi anche Nonni-nipoti: un rapporto vincente su Città Nuova online. (altro…)
Riflettori puntati sulla Svezia: paese scandinavo di rigorosa tradizione luterana, è investito da decenni, come tutta la grande penisola, da una diffusa secolarizzazione espressa non solo dalle minime percentuali di partecipazione a celebrazioni religiose, ma anche da uno stile di vita che sembra aver accantonato riferimenti al trascendente. L’esperienza del “Cortile dei Gentili” per il dialogo tra persone di fede e non credenti – promosso dal Pontificio Consiglio della Cultura – ha in questi anni contribuito ad una maggior reciproca conoscenza che può essere, da parte di cristiani luterani e cattolici, corroborata ed arricchita dal mettere in pratica il Vangelo e comunicare i frutti che questo produce. In questo contesto e con questo intento inquadriamo due iniziative promosse dal Movimento dei Focolari, nella ricorrenza del 5° anniversario di Chiara Lubich.
“Che nessuno che vi accosti debba andarsene deluso, ma ciascuno trovi in voi luce per la propria vita, calore per il proprio cuore, sostegno per i propri passi; (…) Rimanete fedeli al vostro carisma e testimoni di Cristo in questo mondo così confuso, a volte stanco, senza entusiasmo”; una consegna ed un’esortazione che mons. Nowacki, Nunzio Apostolico in Svezia, ha lasciato ai membri del Movimento dei Focolari. Nell’omelia pronunciata durante la Messa che ha celebrato il 14 marzo scorso, in occasione del quinto anniversario della morte di Chiara Lubich, l’ha ricordata come “una donna straordinaria che (…) ha infiammato il mondo con la fiamma dell’amore di Cristo ed ha scoperto nella croce di Gesù un motivo fondamentale per vivere in intima unione con Lui (…), ogni giornata come espressione di amore per Dio e per i fratelli”.
Con questo incoraggiamento, due giorni dopo la comunità locale del Movimento ha organizzato nella sala di una chiesa luterana un pomeriggio dal titolo: “Quale rilevanza ha il Vangelo oggi?”, in cui si sono succedute testimonianze ed esperienze di vita vissuta, aggiornamenti su attività di concreta solidarietà, ed un approfondimento spirituale con contributi artistici. Alcuni echi ben esprimono il tono della serata: “Lunedì pensavo di andare al lavoro e far valere le mie ragioni, ma dopo l’esperienza ascoltata in sala ho capito che devo amare per primo”; e ancora: “Ho sentito che vivere il Vangelo è possibile anche nella vita di oggi, voglio provarci anch’io”. Prossimo appuntamento per i Focolari in Svezia: la Mariapoli a Kumla (Örebro) dal 27 al 30 giugno. (altro…)
Dal 4 al 7 aprile, giovanissimi da varie isole delle Filippine, si sono riuniti a Tagaytay per un’avventura diversa dal solito. Hanno lasciato il confort delle loro case e preso le distanze dalla tecnologia, hanno affrontato la sfida di incontrare la diversità, e scelto di stare a contatto con la natura, mentre stringevano nuove amicizie da tutto il Paese. Col tema “L’altro da me… un altro me” hanno cercato di scoprire come vivere una giornata tutta guidata dall’amore. Durante l’attività di “ColoriAmo la città”, i giovani partecipanti al campo hanno svolto varie azioni sociali: visite negli orfanotrofi e nella prigione locale; trasferte in sperduti villaggi alla periferia di Tagaytay, dove hanno piantato un centinaio di nuovi alberi. Tutte occasioni per concretizzare il tema del campo, specialmente l’applicazione della frase del Vangelo: “Qualunque cosa avrete fatto al più piccolo dei miei fratelli, l’avrete fatto a me” (Mt. 25,40). Momenti che hanno lasciato un segno importante nei ragazzi, come ha commentato uno di loro dopo aver aiutato in un ospedale alcune persone con lesioni cerebrali: “Ho capito quanto troppo spesso dia per scontate cose che in realtà sono un privilegio e i doni che ho ricevuto”. E un altro, dopo aver passato alcune ore con alcuni bambini orfani: “Nel poco tempo trascorso con loro, ho sentito di essere diventato come un padre per un bambino senza genitori”. Chi invece ha visitato i detenuti della prigione di Tagaytay City, è stato toccato dalle loro testimonianze, sul cercare di risollevare le proprie vite spezzate. I detenuti hanno anche messo in guardia i ragazzi dal commettere grandi errori che mandano dritto in prigione, distruggendo la vita propria e di altre persone.
I ragazzi hanno partecipato anche a workshop di arte, teatro, danza, musica, giornalismo e sport. Hanno condiviso esperienze di vita, come quella della famiglia di Lito Bulan: di fronte a grandi difficoltà, come la malattia della moglie, ha affrontato la situazione con maggior amore e perseveranza, e così la figlia, che ha cercato di vivere “l’arte di amare”, dandosi da fare per mantenere intatta l’unità tra tutti. Lei ha raccontato che le prove nella vita servono da ‘filtro’ per un legame di amore in famiglia più forte e profondo. Durante il campo si è svolta una “Amazing Race” (corsa straordinaria): una gara per testare l’unità e la capacità di lavoro di squadra tra i 15 gruppi che si erano formati. Tra le 15 tappe, la più emozionante è stata la scivolata nel fango – una lezione sulla fiducia e il coraggio nella vita – e la corsa ad ostacoli, un vero e proprio test sulla perseveranza! L’ultimo giorno era dedicato alla preghiera, alla riflessione e al sacramento della riconciliazione. Un momento per ripensare ed integrare quanto appreso in questi 4 giorni avventurosi e significativi. Come in ogni youth camp (questo è il 5° anno consecutivo), è sempre difficile salutarsi, ma più forte è ripartire con la sfida di “amare il nostro prossimo e di colorare gli angoli bui delle nostre città”. Le pagine Facebook dei partecipanti nel giro di poco si sono riempite con foto e racconti che esprimono come questa sia stata “l’estate più indimenticabile” della loro vita! Adesso questi 300 giovani Filippini sono porti ad esportare l’esperienza vissuta allo Youth Camp nel loro ambiente quotidiano. (altro…)
LIVE STREAMING EVENT 1 maggio: http://live.focolare.org/uww2013/
È un richiamo esplicito al Genfest di Budapest “Let’s Bridge” dello scorso settembre il titolo che i giovani del Movimento dei Focolari hanno scelto per la Settimana Mondo Unito 2013. Evento centrale è il 1° maggio, con 4 punti forti di aggregazione: Gerusalemme, simbolo di pace; Loppiano, da sempre legata alla storia dei Giovani per un Mondo Unito; Mumbai, sulle vie del dialogo interreligioso; Budapest, la capitale che ha ospitato i 12mila giovani del Genfest. A rendere visibile questa rete mondiale già in atto, saranno i collegamenti live durante la giornata del 1° maggio, tra queste 4 città. Essere ponti, dunque, gettare ponti di fraternità sulla linea dello United World Project (Progetto Mondo unito) che proprio al Genfest ha mosso i suoi primi passi. In questi mesi in diversi punti del pianeta, molti giovani hanno proseguito il cammino, cogliendo la “fraternità in atto” nel vissuto proprio e circostante, intensificando attività ed iniziative per sensibilizzare la pubblica opinione nei propri paesi, contribuendo come cittadini attivi a realizzare una cultura di pace e dialogo, dove la diversità e multiculturalità siano benvenute. Come a Chicago, dove i Giovani per un Mondo Unito insieme all’associazione Mosque Cares si sono trovati al centro culturale Ephraim Bahar per preparare 150 pasti, ‘kit di sopravvivenza’ e una selezione di abiti per uomo/donna da distribuire ai senza tetto del quartiere. O come a Montevideo, dove una delegazione di Giovani per un Mondo Unito dell’Uruguay, insieme ad alcuni professionisti impegnati nel settore dell’educazione, è stata ricevuta da María Paz Echeverriarza, la responsabile per l’area educazione della Rappresentanza dell’Unesco presso i governi di Argentina, Uruguay e Paraguay. Un’occasione per presentare lo UWP e raccontare della rete esistente attorno all’opera sociale Nueva Vida, da dove – pur in un contesto di emarginazione – sono partite, con successo, piccole aziende. E ancora la “Settimana della buona volontà”, in Serbia: in un centro culturale alternativo i giovani hanno realizzato forum di attivismo sociale, proiezioni di film, azioni per aiutare persone in difficoltà, fra cui – oltre la raccolta di viveri – anche la donazione del sangue. La Settimana Mondo Unito sarà l’occasione per fare il punto della situazione, e numerose sono le attività che contemporaneamente si svolgeranno in quei giorni in varie zone del mondo. In Terra Santa 120 giovani, rappresentanti di molti Paesi saranno insieme dal 24 aprile al 2 maggio, con un fitto programma che va dal ‘Forum sulla fraternità universale’ all’Università di Betlemme con relatori musulmani e cristiani, all’incontro con il sindaco Vera Baboun; da una serata interreligiosa ad una escursione nel deserto, ai workshop di canto, musica, danza e percussioni con il Gen Rosso e il Gen Verde presenti in Terra Santa per l’occasione, che convergeranno, poi, in un concerto in programma il 29 aprile ad Haifa. Per finire, il 1° maggio, con un flashmob alla Porta di Giaffa (Gerusalemme), un punto dove si incrociano ebrei, cristiani e musulmani. Ma il progetto continua, e i passi successivi si muoveranno in Africa, e per l’esattezza a Nairobi, dove a maggio prenderà via il cantiere Sharing with Africa, nel corso della “scuola di inculturazione” sul valore della persona nelle tradizioni africane.
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