
Il coraggio di perdonare

Foto: Riconciliazione di Josefina de Vasconcellos (Coventry Cathedral)
Foto: Riconciliazione di Josefina de Vasconcellos (Coventry Cathedral)
In Where is God in Suffering? philosopher Brendan Purcell considers ways in which we can meaningfully reconcile our faith in God with a world that often appears to be plagued by great tragedy. In this deeply personal and impassioned book, the author explores stories of historical figures and characters in literature whose unyielding faith in the face of great personal suffering provides solace for people today.
From Viktor Frankl and Etty Hillesum, both of whom endured the untold torments of concentration camps, to the terminally ill teenager Chiara Luce Badano, whose trust in God never wavered, Where is God in Suffering? provides an impassioned rejoinder to commentators such as Stephen Fry and Peter Singer who doubt or deny the existence of God. Also included are touching accounts of the lives of friends whom the author has known over the years, and whose great stoicism and faith in adversity will provide inspiration to all those who share in their story.
Orders and enquiries – New City Press
«La festa è stata un’esperienza incredibile! Ha colpito nel segno, nel mio cuore, e ci ha permesso di godere un bellissimo clima di fraternità che aiuta a ricaricare le batterie!». «Mi sono resa conto che posso decidere se restare nella caverna o uscirne. Ho scoperto quanto è importante aprirmi e condividere con altri quello che succede dentro di me». «Nel gruppo di giovani della cittadella ho riconosciuto una grande vitalità, radicalità, gioia, profondità, capacità di affrontare le difficoltà…». «È stata un’esperienza molto bella. Parto con la convinzione che è possibile vivere una vita diversa e che non siamo soli nello sforzo di essere quelli che realmente vogliamo essere e rischiare». Ecco alcune delle espressioni dei mille giovani riuniti, il 24 e 25 settembre scorsi, per la Festa dei giovani 2016, presso la Cittadella Lia – Argentina dei Focolari immersa nella pampa. Si tratta ormai di un appuntamento tradizionale che si ripete ogni anno con la potenza creatrice che i giovani sanno esprimere quando si tratta di trasmettere ad altri gli ideali per i quali vogliono spendere la vita. Quest’anno, all’edizione 2016, attratti dal motto “Rischia, quello che cerchi esiste”, sono arrivati oltre 1000 giovani da Paraguay, Uruguay, Cile, Brasile e da varie città dell’Argentina. In che consiste questa proposta? In un’esperienza di fraternità, che parte dal condividere per 48 ore lo stile di vita evangelico che caratterizza questa cittadella permanente del Movimento dei Focolari, nella quale attualmente vivono 85 giovani di 17 paesi, oltre a famiglie e adulti. Non solo. Si condivide un’esperienza e, attraverso la musica, il teatro e la danza, si mettono in comune anche le attuali problematiche in cui si trovano immersi i giovani: i rapporti familiari, lo studio, i successi e i fallimenti della vita, le dipendenze, i momenti di dolore, e soprattutto l’incontro con un Dio vicino, che ha una risposta personale per ciascuno. Ma l’idea non finisce lì: si cerca di coinvolgere tutti nella costruzione di un mondo unito senza distinzione di fede o di religione.
Quest’anno il programma prevedeva una combinazione di teatro, musica e testimonianze, il tutto sotto un’immagine emblematica che campeggiava a grande scala all’ingresso della sala nella quale si svolgeva la presentazione, con un cartello che incitava tutti: RISCHIA! Il linguaggio scelto per trasmettere le esperienze e costruire le scene di teatro, era diretto e ha interpellato ciascuno personalmente. Le canzoni, cantate con molta energia e un ritmo coinvolgente, hanno aiutato a fare la sintesi di questo impegno nella ricerca di qualcosa di grande per ognuno. I momento vissuti insieme fuori dalla sala, come la visita alla cittadella, i pranzi, le passeggiate, sono serviti per dar spazio a questo scambio tra giovani latinoamericani che hanno dimostrato il loro desiderio e la loro capacità di costruire un mondo unito, una società per tutti. Alla fine, la proposta lanciata ad ognuno dei partecipanti, di moltiplicare queste spazio di fraternità in ogni angolo del pianeta in cui viviamo. Gli echi non si sono fatti attendere: «Dal Paraguay voglio ringraziarvi perché ci avete fatto vivere giornate indimenticabili. Siamo emozionati e disposti ad accettare la sfida!». «Stamattina, mentre ero sull’autobus per andare al lavoro – scrive un altro giovane partecipante – mi tornavano in mente i giorni vissuti insieme e mi veniva voglia di vivere bene la giornata di oggi, di dare quel di più, di rischiare». Fonte: Cono Sur online (altro…)
Non è un errore la scelta della “W” all’interno del titolo ma è una sfida lanciata alle migliaia di partecipanti presenti e a quanti si sono collegati via streaming. Se da una parte c’è un’Italia dove i cosiddetti poveri assoluti sono aumentati del 130% in sette anni, dove ogni giorno le sue coste meridionali fanno da ponte alle centinaia di migliaia di migranti che fuggono dalla miseria e dalle guerre. Dall’altra parte c’è tutta la voglia di mettersi in gioco: volontari, associazioni, giovani che vogliono sperimentare nuove forme di impresa per aiutare le persone dall’emergenza quotidiana. Sì, perché l’impegno (come “dare qualcosa in-pegno”, con le parole di Alberto Frassineti, uno dei fondatori del Polo Lionello), è lo spirito che anima coloro che hanno portato le loro esperienze nel corso delle iniziative in programma per Loppianolab 2016: economia, ma anche politica, welfare, immigrazione, comunicazione, tecnologia e istruzione. L’iniziativa, che ha visto promotori il Polo Lionello Bonfanti , il Gruppo Editoriale Città Nuova, l’Istituto Universitario Sophia e la Cittadella di Loppiano, è nata nel 2010 con lo spirito di concretizzare un laboratorio nazionale che mettesse in moto, come ha augurato nel suo messaggio Maria Voce, Presidente dei Focolari , “le qualità che hanno fatto grandi gli italiani, la creatività e l’industriosità, l’accoglienza e la solidarietà, la cultura e l’arte”.
Esperti del mondo della cultura, dell’economia e della politica si sono alternati nei diversi momenti previsti dal programma, insieme alla tante voci della società civile tramite le iniziative promosse dalle centinaia di associazioni, singoli e comunità, rafforzando e mettendo in rete persone appassionate nel tradurre in prassi idee, progetti, stili di vita. Tre giornate, tre focus per accogliere diverse sfide: quella dell’innovazione tecno-scientifica, dello sviluppo e della povertà per reinventare la pace. E proprio a LoppianoLab sono stati festeggiati due anniversari importanti, il progetto di Economia di Comunione (EdC) per il suo 25° anno di vita e quello della rivista dei Focolari, Città Nuova, che compie 60 anni. Trenta workshop multitematici, tre dirette via streaming, laboratori anche per bambini e adolescenti: “Loppiano Kids. È tempo di dare” con una serie di incontri sui temi della povertà, della solidarietà e dell’ecologia, e “Loppiano Young” con performance ed esibizioni artistiche curate dalla band internazionale Gen Verde. Jesús Morán,
copresidente dei Focolari e filosofo, ha chiuso l’ultimo giorno parlando delle tre sfide che oggi l’umanità si trova ad affrontare, quelle della globalizzazione e della post globalizzazione, la sfida antropologica, del “post umano”, e per ultima quella umanitaria, del sub-umano, sfida che ci interpella ad elaborare una “cultura della resurrezione”, per assumere fino in fondo il dolore dell’uomo che soffre. La domanda che ci dobbiamo porre – secondo Morán – è quanto spazio diamo, nella nostra vita, agli ultimi, agli “abbandonati” di oggi? Infine, durante il forum “La ricchezza delle povertà invisibili”, è stata lanciata la proposta di costituire un osservatorio sulla povertà che, sulla base di un piano di lavoro biennale, sviluppi un sistema informativo per monitorare gli effetti degli aiuti dell’EdC a livello globale, e studi alcuni casi specifici significativi per i risultati ottenuti o le metodologie adottate. Leggi anche: Città Nuova online: Speciale LoppianoLab Loppiano Economia di comunione (altro…)
La necessità di lavorare per la costruzione di un “noi poliedrico”. Promuovere la cultura del dialogo e dell’incontro per tutelare chi vive in condizioni sub-umane. La storia dell’umanità può essere letta anche come la storia del concetto del “noi”. Questo pronome, secondo quanto spiegato nell’incontro per la pace di Assisi dal filosofo Zygmunt Bauman, inizialmente includeva poche persone e definiva chi non faceva parte del gruppo col pronome “loro”. Il numero di quanti facevano parte del “noi” è andato via via crescendo, fino ad arrivare, in questi anni globalizzati, a poter includere – al limite – tutti, ma aprendo così un nuovo capitolo: come gestire questo “noi”? Partendo dalle parole di Bauman, il filosofo Jesús Morán Cepedano, copresidente del Movimento dei Focolari, nel corso dell’evento conclusivo della settima edizione di Loppianolab 2016, ha sottolineato la necessità di rendere più personale e denso di relazioni questo “noi”. Grazie alla globalizzazione, il “noi” attualmente costituito sembra essere tale solo a livello interpersonale, di convivenza, societario. Certo, è già un bel passo avanti, ha sottolineato Morán, ma è «sfasciato, rotto, ferito», proprio in quanto impersonale, e per tali motivi rischia di essere manipolato. Emerge la necessità, per l’umanità stessa, di compiere un ulteriore passo in avanti. Bisogna “personalizzare” questo noi, conservando la soggettività delle singole persone, ma anche dei popoli e delle culture, cercando di realizzare un «noi poliedrico e non sferico», secondo la terminologia utilizzata da papa Francesco. Dunque, per Morán la questione vera non sarebbe quella di continuare ad espandere il concetto del “noi”, ma di elevarlo, di personalizzarlo. Ma come? L’importante, ha aggiunto, è creare «spazi di personalizzazione del noi e farli dilagare ovunque nel mondo». La stessa cittadella internazionale di Loppiano è, pur nei suoi limiti, un esempio di spazio mondializzato con la personalizzazione del noi, in cui si può essere persone e nel quale non si vive un noi impersonale. «Il futuro dell’umanità si gioca su questo e io sono ottimista – ha affermato –. È un processo molto positivo e cruciale», ma «se non si compie questo passo in avanti il noi si autodistrugge». L’umanità, ha aggiunto il copresidente dei Focolari, complessivamente ha tre grosse sfide da affrontare. La prima è quella della post globalizzazione. Morán la definisce la sfida del “trans globale”: vivere cioè la globalizzazione in modo poliedrico, senza gruppi di potere egemonici, in un contesto di vera comunione, alba dell’uomo-mondo, concetto tanto caro a Chiara Lubich, per arrivare al quale occorre promuovere una cultura del dialogo e dell’incontro. La seconda sfida è antropologica, quella del “post umano”, che richiede – ha affermato il filosofo spagnolo rilanciando l’espressione dell’economista Stefano Zamagni – anche un’operazione culturale notevole. Serve un nuovo umanesimo, processo che richiede da noi esperienza, vita, pensiero e un altro tipo di cultura: quella della differenza. Una cultura capace di pensare la differenza, diversa dal pensiero debole, che è incapace di fare ciò e che porta all’omogeneizzazione. La terza sfida che l’umanità si trova a dover affrontare è quella umanitaria, indicata dall’economista Luigino Bruni. Parliamo, ha detto Morán, del “sub-umano”, di quei milioni e milioni di persone che, cioè, non vivono una vita umana all’interno di quel grande “noi” che è l’umanità. Quella del sub-umano è una grande sfida che ci interpella ad elaborare una cultura della resurrezione, per assumere fino in fondo il volto dell’uomo che soffre. La domanda che ci dobbiamo porre è: quanto spazio diamo, nella nostra vita, agli ultimi? La cultura dell’umanità – ha concluso il filosofo – indica di andare incontro agli “abbandonati” di oggi, alla cultura del sub-uomo. Non si avrà vera unità se non si affronterà, vincendola, anche questa sfida. Di Sara Fornaro Fonte: Città Nuova
A Economia de Comunhão (EdC) nasceu em maio de 1991 no Brasil, com o objetivo de colaborar com a redução da pobreza, através da organização de iniciativas econômicas inseridas dentro de um movimento cultural mais amplo, composto por pessoas e instituições que objetivam, dos mais diversos modos, individual e coletivamente, construir a fraternidade nos dias de hoje. CONFIRA O PROGRAMA: Encontro da rede nacional de líderes e núcleos de EdC Data: 13/10 à 14/10 – início às 14h Voltado para os núcleos locais, com formação e momentos de comunhão. Local: Centro Mariápolis Santa Maria – Av. Alfredo Bandeira de Melo, 01 – Igarassú PE – Brasil Programação Acadêmica Encontro dos Pesquisadores de EdC Data: 13/10 à 14/10 início às 9h00 Público alvo: Pesquisadores, professores e estudantes de EdC Local: Centro Mariápolis Santa Maria – Av. Alfredo Bandeira de Melo, 01 – Igarassú PE – Brasil Seminário de Economia para estudantes de Economia Data: 13/10 – 15h45 às 17h30 Público alvo: Estudantes do PIMES – pós-graduação em economia Local: Faculdade de Economia – UFPE Mesa Redonda: Palestrantes da Cátedra Chiara Lubich – UNICAP, ASCES-UNITA & SOPHIA Data: 13/10 – 20h às 22h Público alvo: Estudantes dos cursos de economia, filosofia, direito e história; pessoas envolvidas ou interessados na EdC e público em geral. Local: UNICAP – Universidade Católica de Pernambuco Fórum dos 25 anos – Grande Comemoração Nacional dos 25 anos. Assembleia Aberta – Apresentação da Anpecom de hoje, resultados e desafios. Data: 15/10 às 09h Voltado aos empreendedores, empresários, estudantes e simpatizantes. Local: Centro Mariápolis Santa Maria – Av. Alfredo Bandeira de Melo, 01 – Igarassú PE – Brasil Grande Comemoração Nacional dos 25 anos Data: 15/10 às 14h 16/10 até às 12h30 Voltado a qualquer pessoa que é interessado a construir uma economia diferente! Local: Centro Mariápolis Santa Maria – Av. Alfredo Bandeira de Melo, 01 – Igarassú PE – Brasil IMPORTANTE: Inscrição: R$60,00 (sem alimentação e hospedagem), associados da Anpecom (em dia com a anuidade) tem 50% de desconto. Valor de inscrição é sempre R$60,00, podendo a pessoa estar inscrita para um ou todos eventos. Associe-se no site da Anpecom que ainda dá tempo! Estadia e alimentação: Valor da diária com as três refeições: R$85,00 Para maiores informações sobre a estadia clique aqui O valor será pago diretamente para o Centro Mariápolis É importante fazer a inscrição.
Impulsionados pelo desejo de incrementar a participação consciente na vida cívica, membros do Movimento dos Focolares promovem um ciclo de conferências / debates com personalidades de diferentes áreas profissionais e políticas, com o título Pensar Portugal Atual. Pensar Portugal para formar e desenvolver a consciência crítica, a capacidade de diálogo, a cidadania ativa e responsável, essenciais à Democracia com os desafios da atualidade.
Marco Desalvo (a destra)
La freschezza di un’esistenza centrata in Dio. Le due opere principali di Gemma Galgani – Diario e Autobiografia – vanno a comporre il dittico più significativo attorno al quale ruota la nostra conoscenza della sua vita e della sua spiritualità (1878-1903). Due libretti essenziali, centrati su una sola idea: Cristo come punto focale dell’esistenza attorno al quale tutto ruota. Attraverso queste pagine Gemma non smette di essere ancora oggi una provocazione per la nostra cultura: la sua vicenda alle soglie del nostro secolo ribadisce con le sue visioni e i suoi “colloqui” che il mondo di Dio cammina accanto a quello dell’uomo in un modo assolutamente reale, tangibile. Gemma Galgani nasce in provincia di Lucca nel 1878. Di indole sensibilissima, fu provata fin dall’infanzia da lutti e dolori. Nel Natale del 1896 si consacra a Dio con il voto di castità e nel 1899 riceve il dono delle stimmate. Nel 1902 si ammala gravemente e muore a Lucca nel 1903. Nel 1940 Pio XII la proclama santa. Natale Benazzi (1961), teologo e saggista, ha pubblicato diverse opere sulla storia della Chiesa. Da anni si dedica all’approfondimento dei temi e delle figure della spiritualità cristiana. Ha collaborato con la C.E.I nell’ambito dell’arte sacra e fa parte del Consiglio di amministrazione della Fondazione Sant’Ambrogio per la cultura della Diocesi di Milano. Per Città Nuova ha curato: “La vita comunitaria dei cristiani” di Dietrich Bonhoeffer (2015). LA COLLANA – MINIMA le più belle opere della spiritualità e del pensiero cristiano in edizione economica, formato tascabile. Città Nuova Ed.
Un po’ di storia. Nel 1982, Giovanni Paolo II mise a disposizione del Movimento dei Focolari la sala delle udienze papali a Castel Gandolfo (Roma). A partire da quella grande e vuota struttura, è stato realizzato, con il contributo di tutti i membri del Movimento (anche dei più piccoli), l’attuale Centro Mariapoli Internazionale che, dal 1986, accoglie ogni anno migliaia di persone. Arrivano dalle più varie provenienze, giovani e adulti, raccolti in congressi, simposi, corsi di formazione e di ogni genere, anche con spazi qualificati di dialogo ecumenico e interreligioso. Tutti accomunati dallo stesso obiettivo: concorrere a realizzare e rendere visibile la fraternità; vivere, alla luce dei valori universali del Vangelo, laboratori di fraternità; “una città-casa”, come scriveva allora Chiara Lubich. invito (altro…)
Personalità della Chiesa cattolica, esponenti del mondo islamico, autorità civili, rappresentanti di associazioni e persone di Brescia e delle città vicine hanno riempito lo scorso 23 settembre la cattedrale della città italiana per partecipare all’evento “Paolo VI, un ritratto spirituale”, con la testimonianza di Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari, proposta da Rosi Bertolassi del Movimento stesso. L’intervento tocca tre aspetti della personalità di Giovanni Battista Montini: profeta, apostolo, mediatore. In esso, la presidente dei Focolari esprime innanzitutto una gratitudine profonda che lega il Movimento da lei rappresentato al beato Paolo VI, “uno dei doni che Dio ha voluto fare all’umanità nel nostro tempo”. E ricorda il periodo in cui la Chiesa studiava il Movimento nascente: «Divenuto papa, il suo ruolo è stato determinante nel discernere il carisma di Chiara Lubich e nel rendere possibile ciò che agli inizi degli anni sessanta sembrava ancora “impossibile”, individuando sapientemente vie giuridicamente praticabili per esprimere la fisionomia specifica di quest’Opera nuova nella Chiesa». Quindi sottolinea che, proprio perché «intrisa della Parola, la figura di Giovanni Battista Montini – Paolo VI – ci appare nella sua triplice dimensione di profeta, apostolo, mediatore. Nella dimensione profetica, Maria Voce evidenzia «la capacità di aprire con coraggio e sapienza strade nuove» e di «abbattere muri e di esprimere il rinnovamento della Chiesa cui la sua anima anelava» . Come lo storico abbraccio di pace con il patriarca Atenagora nel gennaio 1964 in Terra Santa; nel 1970, quando con una storica decisione, eleva a dottore della Chiesa – titolo da sempre accordato solo agli uomini – due donne: Teresa d’Avila e Caterina da Siena; o ancora quando, nell’Anno Santo del 1975, s’inginocchiò per baciare i piedi del metropolita ortodosso Melitone. «Paolo VI fu veramente il Papa del dialogo» così si espresse Giovanni Paolo II a Concesio durante la sua visita pastorale nel 1982, sottolineando nel suo predecessore la capacità di dialogare con l’umanità intera». Maria Voce sottolinea anche la sua dimensione apostolica: «Nell’Ecclesiam Suam (…) sentiamo vibrare il pensiero e l’animo dell’apostolo di cui aveva scelto il nome, l’apostolo missionario e il primo teologo di Cristo, colui che si era fatto tutto a tutti e non si era risparmiato perché l’annuncio del Vangelo giungesse a tutte le genti». A questo riguardo Maria Voce ricorda i viaggi apostolici «che li ha avvicinati ai popoli della terra, rendendo la chiesa più una e più “cattolica” come Paolo VI amava sottolineare, nel senso etimologico del termine. Di grande levatura e di portata universale resta lo storico e profondamente umano discorso pronunziato all’ONU. Mi è caro richiamare ancora l’innovativo inserimento dei laici in punti vitali dell’istituzione ecclesiastica, la sua fiducia nell’apporto delle loro idee e il suo riconoscere, nell’Octogesima adveniens, la legittimità della pluralità di opzioni in campo politico pur nella fedeltà ai principi evangelici». Infine, la sua capacità di “Mediatore nell’unico Mediatore”: dopo aver ricordato la sorprendente lettera alle Brigate Rosse «scaturita dal suo animo nel tempo doloroso del rapimento dell’onorevole e amico Aldo Moro», la presidente afferma il suo ruolo di mediatore e aggiunge: «Paolo VI – sulle orme del Maestro – prende su di sé l’angoscia e il tormento del mondo sentendolo profondamente suo, ne porta il peccato avvertendone realmente il peso e patendone fino in fondo, come spesso tradisce il suo volto. Ed è così che in lui la paternità di Dio si manifesta nitidamente, annullando ogni distanza tra cielo e terra, sanando ferite, asciugando lacrime, portando pace e unità». Leggi: Il discorso integrale
Leggi anche: La Voce del Popolo – L. Febbrari, Meditazione su Paolo VI di Maria Voce
Il Giornale di Brescia –Parola di focolarini: Paolo VI profeta, apostolo, mediatore, di Adalberto Migliorati
Al concorso – promosso dall’Associazione Città per la Fraternità – possono partecipare tutte le amministrazioni locali, di qualsiasi parte del mondo. Progetti e iniziative possono concorrere se:
Il progetto deve essere rappresentativo di un modo di amministrare non episodico e sempre più consapevole del valore del principio della fraternità universale. Da parte di amministrazioni pubbliche e altri soggetti sociali, economici, culturali, è possibile sia auto-candidarsi, che segnalare progetti altrui. Tutte le segnalazioni devono essere inviate entro e non oltre il 10 gennaio 2017 alla Presidenza dell’Associazione “Città per la Fraternità”, c/o Comune di Castel Gandolfo, Piazza Libertà, 7 00040 Castel Gandolfo (Rm). Scarica il bando (pdf) Per info: http://www.cittaperlafraternita.org/ (altro…)
Acquerello di Klaus Hemmerle (1980 – Matterhorn mit Zermatt, Schweiz – http://www.klaus-hemmerle.de)
Tratto dal libro Klaus Hemmerle, innamorato della Parola di Dio di Wilfried Hagermann, Città Nuova Ed. 2013, págs. 297-298. (altro…)
https://vimeo.com/184353987 (altro…)
© CSC Audiovisivi – Caris Mendes
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Foto: SIF Loppiano
Chiara Lubich e le religioni: Religioni tradizionali
È vero che siamo un Paese solidale solo nelle emergenze e nelle tragedie? Che siamo una nazione di immigrati, quelli che arrivano in gommone, ed emigranti, quelli che invece se ne vanno, i giovani, sia gli uni che gli altri in cerca di futuro? Solidali, quindi, ma con un problema: l’Italia accusa da anni una forte perdita d’interesse nell’impegno politico. Una prospettiva a cui LoppianoLab 2016 vuol dare piena visibilità. Lo farà grazie alle centinaia di voci, progetti, iniziative sociali, solidali, civile, economiche e culturali che sono la spina dorsale di questo Paese. «Scandaglieremo povertà e ricchezze dell’Italia – spiega Michele Zanzucchi, direttore del periodico dei Focolari “Città Nuova” e membro del comitato scientifico di LoppianoLab – avvalendoci della formula collaborativa ormai tipica di LoppianoLab: esperti, professionisti, personalità del mondo dell’economia, della politica e della cultura rifletteranno insieme alla società civile per mettere a frutto le forze sotterranee e manifeste costituite dalle migliaia di associazioni, singoli e comunità che mandano avanti le nostre città. Sarà l’occasione per far emergere l’Italia che progetta non dal basso o dall’alto, ma “insieme”». Saranno 3 gli appuntamenti di punta della manifestazione, trasmessi in diretta streaming su www.loppiano.it: Venerdì 30 settembre – Auditorium di Loppiano – ore 20.45 FOCUS – “Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri” . Dialogo su innovazione tecno-scientifica, sviluppo e povertà. Con: Leonce Bekemans, Cattedra Jean Monnet, Coord. accademico Centro Diritti Umani, Dialogo Interculturale e Governance, Università Padova; Pasquale Ferrara, diplomatico, docente di Diplomazia e Relazioni internazionali, Università LUISS, Roma e Istituto Universitario Sophia; Giuseppe Pellegrini, sociologo, docente di Scienza e Coinvolgimento del pubblico, Università Padova, presidente di Observa/Science in Society; Sergio Rondinara, ingegnere nucleare, docente di Epistemologia e Cosmologia, Istituto Universitario Sophia. Modera: Giuseppina Paterniti, vicedirettore TGR Rai. Sabato 1° ottobre – Auditorium Loppiano – ore 15.30 FOCUS – Powertà. La povertà delle ricchezze e la ricchezza delle povertà. Un cambio di prospettiva radicale sulla società e sul mondo: quella delle povertà. Al fianco di chi l’indigenza la vive sulla propria pelle per scorgere le tante forme di ricchezza di cui spesso la povertà è portatrice per i singoli e le comunità. Con: Leonardo Becchetti, economista, Università di Roma 2 Tor Vergata; Pasquale Calemme e Melania Cimmino, Fondazione di Comunità San Gennaro ONLUS; Nicolas Delâtre, responsabile delle attività lavorative, Village Sain Joseph; Nathanaël Gay, fondatore Village Saint Joseph; Anouk Grevìn, docente di management, Università di Nàntes e Istituto Universitario Sophia; Maria Pia Ortoli, Soc. Cooperativa Sociale Officina dei Talenti ONLUS; Rita Polo, Coord. generale Ass. Bambini Cerebrolesi Sardegna. Modera: Stefano Femminis, giornalista dell’équipe di Aggiornamenti Sociali. Domenica 2 ottobre – Auditorium Loppiano- ore 9.30 FOCUS- Economia Comunicazione Unità. 25° Economia di Comunione. 60° Città Nuova . Una prassi ed una cultura economica improntate alla comunione, alla gratuità ed alla reciprocità. Un gruppo editoriale che vuole essere fermento culturale e comunicativo nella società contemporanea valorizzando quanto contribuisce alla fraternità universale. Con: Luigino Bruni, economista, coordinatore internazionale progetto Economia di Comunione; Fabio Colagrande, Radio Vaticana; Eva Gullo, presidente di E. di C. Spa; Florencia Locascio, EoC – International Incubating Network; Giulio d’Onofrio, docente di Storia della filosofia medievale, Univ. di Salerno; Jesús Morán, Copresidente del Movimento dei Focolari, Barbara e Paolo Rovea, Famiglie Nuove; Geneviève Sanze, economista, co-responsabile Economia e Lavoro del Movimento dei Focolari; Stefano Zamagni, economista, socio fondatore e presidente del Comitato Scientifico di Indirizzo della Scuola di Economia Civile-SEC. Tutte le info della manifestazione su: www.loppianolab.it Ufficio stampa LoppianoLab: Elena Cardinali – mob: 347/4554043 – ufficiostampa@cittanuova.it Stefania Tanesini- mob: 338/5658244 – sif@loppiano.it web: www.loppianolab.it Facebook: www.facebook.com/loppianolab – Twitter: @LoppianoLab Promotori: Polo Lionello Bonfanti – www.pololionellobonfanti.it – Gruppo Editoriale Città Nuova – www.cittanuova.it – Istituto Universitario Sophia – www.iu-sophia.org – Cittadella di Loppiano – www.loppiano.
In montagna
Maria Voce accolta a Milano da alcuni membri dei Focolari.
A seguito della morte di Paolo VI, «20 giorni dopo, il 26 agosto, sale alla Cattedra di Pietro il “Papa del sorriso”, Giovanni Paolo I. Ma, se il suo brevissimo pontificato dura solo un mese, egli ha tempo per fare un sorriso pure a noi con parole benedicenti». Così scrive Chiara Lubich nel libro “Il grido” (1), dove mette in evidenza il rapporto ininterrotto avuto con i successori di Pietro. Anche con Albino Luciani, pur nel brevissimo tempo del suo pontificato. «Il nuovo papa ha il dono di farsi capire immediatamente da tutti – scrive Guglielmo Boselli (2), allora direttore di Città Nuova –, anche dai bambini. Ha il linguaggio normale, immediato che usava Gesù, la sapienza del cuore che rende capace di comunicare subito un rapporto spontaneo: il dono meraviglioso di chi viene da una lunga esperienza pastorale, sempre a contatto con la gente, e non ha bisogno di discorsi difficili da addetti ai lavori. È un uomo con una vasta cultura umanistica e teologica, che ha superato la fase in cui si trovano coloro che ancora studiano il cristianesimo in laboratorio: le sue parole sono immediatamente quelle che devono essere. Basta che apra bocca e già l’intesa c’è, comunicativa, vera». La sua elezione si era svolta dopo un breve conclave durato solo ventisei ore. Era stato scelto “un apostolo del Concilio”, come si disse. All’udienza con i cardinali, il 30 agosto, infatti, in riferimento alla Lumen gentium 22 toccava uno dei punti chiave dell’ecclesiologia del Vaticano II. «I vescovi – disse a braccio – devono pensare anche alla Chiesa universale… dietro voi vedo i vostri vescovi, le Conferenze, che nel clima instaurato dal Concilio devono dare forte appoggio al Papa… Ecco, questo è vero, però oggi c’è un gran bisogno che il mondo ci veda uniti… Abbiate pietà del povero Papa nuovo, che veramente non aspettava di salire a questo posto. Cercate di aiutarlo e cerchiamo insieme di dare al mondo spettacolo di unità, anche sacrificando qualche cosa alle volte; ma noi avremmo tutto da perdere se il mondo non ci vede saldamente uniti». Dopo soli 33 giorni, il 28 settembre, la notizia sconcertante della sua morte. «Giovanni Paolo I – scrive ancora Guglielmo Boselli (3) – ha avuto il compito, forse, di abbattere le ultime apparenze esterne di ogni “distanza” fra il papa, fra il vescovo di Roma “presidente della carità” e il popolo, che ancora potevano resistere: per fare un dialogo da uomo fra uomini in una chiesa, nella quale tutto è credibile, autentico. Papa Luciani ha fatto la sua parte: forse non doveva, e non poteva, fare di più». Non si fa fatica a riconoscere una chiara continuità con papa Francesco. (1) Chiara Lubich, Il grido, Città Nuova ed., pag 107 (2) Città Nuova, 17/1978, pag. 8 (3) Ibid. 19/1978, pag. 9 (altro…)
In una società violenta come quella nella quale viviamo, il perdono è un argomento difficile da affrontare. Come si può perdonare chi ha distrutto una famiglia, chi ha commesso crimini inenarrabili o chi, più semplicemente, ci ha toccato sul vivo in questioni personali, rovinando la nostra carriera, tradendo la nostra fiducia? Il primo moto istintivo è la vendetta, rendere male per male, scatenando una spirale di odio e aggressività che imbarbarisce la società. Oppure interrompere ogni relazione, serbare rancore e astio, in un atteggiamento che amareggia la vita e avvelena i rapporti. La Parola di Dio irrompe con forza nelle più varie situazioni di conflitto e propone, senza mezzi termini, la soluzione più difficile e coraggiosa: perdonare. L’invito, questa volta, ci giunge da un saggio dell’antico popolo di Israele, Ben Sira, che mostra l’assurdità della domanda di perdono rivolta a Dio da una persona che a sua volta non sa perdonare. «A chi [Dio] perdona i peccati? – leggiamo in un antico testo della tradizione ebraica – A chi sa perdonare a sua volta»1. È quanto Gesù stesso ci ha insegnato nella preghiera che rivolgiamo al Padre: «Padre… rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori?» (Mt 6, 12). Anche noi sbagliamo, e ogni volta vorremmo essere perdonati! Supplichiamo e speriamo che ci sia data nuovamente la possibilità di ricominciare, che si abbia ancora fiducia nei nostri confronti. Se è così per noi, non lo sarà anche per gli altri? Non dobbiamo amare il prossimo come noi stessi? Chiara Lubich, che continua a ispirare la nostra comprensione della Parola, così commenta l’invito al perdono: esso «non è dimenticanza che spesso significa non voler guardare in faccia la realtà. Il perdono non è debolezza, e cioè non tener conto di un torto per paura del più forte che l’ha commesso. Il perdono non consiste nell’affermare senza importanza ciò che è grave, o bene ciò che è male. Il perdono non è indifferenza. Il perdono è un atto di volontà e di lucidità, quindi di libertà, che consiste nell’accogliere il fratello così com’è, nonostante il male che ci ha fatto, come Dio accoglie noi peccatori, nonostante i nostri difetti. Il perdono consiste nel non rispondere all’offesa con l’offesa, ma nel fare quanto Paolo dice: “Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male”(Rom 12, 21). Il perdono consiste nell’aprire a chi ti fa del torto la possibilità d’un nuovo rapporto con te, la possibilità quindi per lui e per te di ricominciare la vita, d’aver un avvenire in cui il male non abbia l’ultima parola». La Parola di vita ci aiuterà a resistere alla tentazione di rispondere a tono, di ricambiare il male subìto. Ci aiuterà a vedere chi ci è “nemico” con occhi nuovi, riconoscendo in lui un fratello, anche se cattivo, che ha bisogno di qualcuno che lo ami e lo aiuti a cambiare. Sarà la nostra “vendetta d’amore”. «Dirai: “Ma ciò è difficile” – continua Chiara nel suo commento –. Si capisce. Ma qui è il bello del cristianesimo. Non per nulla sei alla sequela di un Dio che, spegnendosi in croce, ha chiesto il perdono a suo Padre per chi gli aveva dato la morte. Coraggio. Inizia una vita così. Ti assicuro una pace mai provata e tanta gioia sconosciuta»2.
Fabio Ciardi
1 Cf. Talmud babilonese, Megillah 28a. 2 Costruire sulla roccia, Città Nuova, Roma 1983, p. 46-58. (altro…)
La manna dal cielo «Sono iracheno e come professione faccio il veterinario. Nel drammatico momento storico che sta vivendo il nostro Paese anche il mio lavoro ne aveva risentito: pochi ormai i clienti. A forza di cercare qualche soluzione per tirare avanti, mi è stato promesso un posto con salario alto, lontano però, dalla mia città. Una soluzione favorevole per la mia famiglia ma che mi avrebbe allontanato da tutti. I parenti insistevano perché accettassi quella che sembrava proprio una manna discesa dal cielo. Ne ho parlato a lungo con mia moglie e alla fine, ci è sembrato non opportuno partire in quel momento sia per il bambino, sia per alcune famiglie di amici che avevano bisogno del nostro sostegno, se non altro morale. Così abbiamo rinunciato a quel progetto, fidandoci ciecamente dell’amore di Dio. Incredibilmente, già dal giorno dopo questa scelta sofferta, il mio lavoro ha avuto un miglioramento. Ora riesco a guadagnare quattro volte più di quanto guadagnavo prima». (Y.K. Iraq) L’imprevisto «Eravamo sposati da poco quando, nell’imminenza di fare trasloco, abbiamo scoperto di aspettare il nostro primo bambino. A tutto ciò si è aggiunto un imprevisto: un piccolo nodulo al seno. Gli esami fatti hanno evidenziato trattarsi di tumore. Sia per me che per mio marito che è medico, è stato un duro colpo, il primo di questa gravità dopo il matrimonio. Appena tre giorni dopo il colloquio con lo specialista sono stata operata. Secondo lui e i suoi colleghi tenere il bambino costituiva il fattore aggravante la malattia: bisognava subito procedere ad un aborto terapeutico per cominciare la chemioterapia. Non volevamo però rassegnarci a fare questo passo. Confidando in Dio abbiamo consultato altri medici, cercando soluzioni alternative. Infine abbiamo deciso per il parto cesareo al settimo mese di gravidanza, quando il bambino sarebbe stato perfettamente in grado di sopravvivere. Solo dopo avrei iniziato la chemioterapia e la radioterapia. Sono passati 8 anni da allora. Ora attendiamo il terzo figlio». (M.D. Francia) Più gioia nel dare «Cercavo la felicità in modo sbagliato: pessime compagnie, discoteca, alcol e fumo. Il mio ragazzo faceva uso di droghe e spacciava. Scontrosa e ribelle sia a scuola che a casa, mi vestivo in modo strano, sempre di nero e con abiti pieni di borchie. Ed ero totalmente indifferente nei confronti di Dio. Quando mi sono accorta di aver toccato il fondo, con la forza della volontà ho lasciato quel ragazzo e abbandonato le vecchie amicizie. Ma come risolvere la tristezza e il senso di vuoto che provavo? Nel ricominciare l’anno scolastico, il nuovo professore di religione mi ha ispirato fiducia. Dai colloqui con lui ho ricevuto il dono della fede. L’incontro con Dio misericordia mi ha cambiata totalmente, appagando il mio bisogno d’amore. Ho iniziato a pregare e cercare il Signore, a spendermi nel volontariato, sperimentando che “c’è più gioia nel dare che nel ricevere”. Vivo una vita normale: studio e faccio tutto ciò che fa una ragazza della mia età, con la differenza che ora ho Dio nel cuor». (A.R. Italia) (altro…)
«Ci torno dopo 5 anni: l’impatto è sconvolgente, non riconosco il Venezuela. La descrizione che me ne aveva fatto il giovane seduto accanto sull’aereo esprime il dolore di un popolo afflitto ma non rassegnato. “Ancora un po’ di speranza ce l’ho!”, mi diceva, descrivendomi i luoghi più belli della sua terra e invitandomi a visitarli. A Caracas le persone trasmettono un senso di vuoto. Solo i bambini danno un tocco di vitalità ad una realtà che sembra mostrarsi assurda. Il viaggio verso Puerto Ayacucho è durato più di 17 ore. Lungo il tragitto lo sguardo si ferma verso un giovane che, rovistando nel bidoncino della spazzatura, cerca di selezionare qualche resto di cibo. Ma è soprattutto la notizia di due ragazzi, di 14 e 15 anni, uccisi perché trovati a rubare del mango su un albero, che mi sottolinea a che livello di paura e di non condivisione si è arrivati. È questo un altro tipo di omicidio dovuto alla fame. La città è al confine con la Colombia. La piaga che l’infesta è rappresentata dagli omicidi di giovani che, agli occhi di chi dovrebbe proteggerli, appaiono violenti, ladri, ai quali serve la punizione estrema. Così è capitato anche a Felipe Andrés, un giovane diciassettenne che, per proteggere il fratello, non rivela a coloro che lo avevano prelevato dalla casa della nonna dove potesse trovarsi. Per questo suo atteggiamento viene brutalmente ucciso con il numero di proiettili pari ai suoi anni.
Siamo in uno dei quartieri fuori Valencia. Mi colpisce una coda per l’acquisto delle bombole del gas. Angel, 12 anni, candido come il suo nome, mi confida con disarmante semplicità: “Io non cresco perché non bevo latte”. Anche il latte in polvere rientra tra i beni più preziosi del Paese. Mi rimangono impressi gli occhi semplici e vivissimi dei piccoli conosciuti. Una serata coi giovani. Si sente una grande voglia di riscatto. Le loro esperienze rafforzano quel voler essere portatori di speranza, cominciando dai loro amici, a scuola, nel lavoro… Nella Nuvoletta. Un minibus ci porta in alto, dove si trova il Centro Mariapoli “La Nuvoletta”. Vi si arriva percorrendo luoghi segnati dalla povertà. Anche qui diverse code in attesa di poter acquistare qualche prodotto. Gabriel mi ringrazia per la pasta che gli ho offerto. “Sai che io mangio pasta solo la domenica” – “E gli altri giorni?” – chiedo. “Gli altri giorni solo sopa”. Domando se è contento di stare insieme. “Sì – mi risponde –, perché qui tutti sono contenti”.
Al momento della partenza un’altra sconvolgente notizia: vengo a sapere che Fabián, un ragazzo così limpido e vivace, pochi mesi prima ha perso il padre in modo tragico, ucciso da dei sicari. Mi viene da raccontargli la mia esperienza: proprio la malattia e la partenza per il cielo di mio papà mi ha fatto riavvicinare a Dio. Ci guardiamo e sembra che ci capiamo almeno un po’. Arriviamo a Maracaibo, la città più calda del Venezuela. Facciamo un giro e percorriamo gli 8 e più chilometri del ponte che la unisce a San Francisco. A Tamale ci aspetta una giornata con i Ragazzi per l’unità. Sentire una tredicenne raccontare: “Ho incoraggiato mia mamma a perdonare coloro che avevano ucciso mio padre”, non può lasciare indifferenti. L’appuntamento successivo è in una parrocchia. Ci accolgono con canti, e poi inizia il dialogo: “Cosa fare quando un ragazzo ti dice che non torna a casa perché non ha niente da mangiare?”. Cerco di rispondere parlando del dolore e del silenzio di Dio avvertito da Gesù sulla Croce. Ci lasciamo con il pensiero che uno dei ragazzi comunica a tutti: “La forza dell’amore è più forte del dolore”». (A. S.) (altro…)
John: «È l’inizio dell’anno scolastico. Nostro figlio sta entrando nel penultimo anno delle superiori, ma già al primo giorno di scuola dice a mia moglie Claire che non sarebbe più tornato perché non sopporta la gente. Da allora rimane nel chiuso della sua stanza, per uscirvi solo dopo essersi accertato che noi siamo già addormentati. Con me non parla, lo fa sporadicamente solo con la madre. Confesso che non è facile accettare il ruolo di vedersi rifiutare dal proprio figlio. Ciò che mi aiuta ad andare avanti è la frase del Vangelo: “Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34). Una notte egli prende la disperata decisione di suicidarsi, ma mentre chiamiamo l’ambulanza scappa dalla finestra inghiottito dal buio. La polizia coordina una ricerca nella zona, ma lui non si trova. Ad un certo punto ritorna spontaneamente, così possiamo ricoverarlo in ospedale. Una settimana in terapia intensiva per una persona in preda al panico e col terrore delle persone e degli spazi chiusi è molto lunga! Notte dopo notte, giorno dopo giorno siamo da lui. Dormiamo a turno, affinché al suo risveglio ci trovi vicino a sé. E’ l’unico modo che ci è dato di amarlo concretamente. Quando esce riusciamo a convincerlo ad entrare in un programma di terapia giornaliera. Non potendo fare altro, con mia moglie facciamo da supporto per le cose pratiche, affidando questo nostro figlio a Dio e chiedendo a Lui di fare il resto. E ci accorgiamo che Egli lo fa davvero, compreso il fatto di mettergli accanto un gruppo di ragazzi che, pur nel loro disagio, si sostengono vivendo l’uno per l’altro». Claire: «Con una delle ragazze del gruppo nasce un’amicizia e ben presto anche lei diventa parte della nostra vita familiare. Ha molteplici problematiche, non ultima quella della tossicodipendenza, ma dimostra di saper comprendere nostro figlio. Lo aiuta a superare i momenti ansiosi, mentre lui la sostiene nei duri tentativi di astinenza dalla droga». John: «Ben presto però la loro relazione si interrompe, perché nostro figlio è contrario all’uso di qualsiasi tipo di droga. La ragazza trascorre un periodo di ricovero forzato nel quale sembra riuscire a farcela. E quando esce provano a ricostruire il loro rapporto su una base più solida: “niente più droghe”. Dopo un po’ di tempo decidono di sposarsi». Claire: «Un mese prima del matrimonio nostro figlio mi telefona tutto allarmato: “Mamma, lei usa di nuovo la droga, cosa devo fare?”. Non è facile rispondere. Potrei approfittare per convincerlo a lasciarla, ma non mi sembra la strada giusta. Così gli suggerisco di guardare bene nel suo cuore: “Se vedi che hai amato saggiamente e fino in fondo, allora questo è il momento di dire che la tua parte è conclusa; ma se vedi che in te c’è ancora amore ‘saggio’ che puoi darle, allora continua a provare”. Segue un lungo silenzio, poi: “Credo che posso amare un po’ di più”. Dopo il matrimonio riescono a trovare un ottimo centro di recupero con un supporto ambulatoriale esterno. Trascorrono 14 lunghi mesi, nei quali lei riesce a mantenere l’impegno “niente più droghe”. È una strada lunga per tutti, ma l’amore evangelico che cerchiamo di avere tra noi due – anche tra le lacrime – ci dà la forza di amare nostro figlio in questa delicata situazione. Un amore che forse aiuta anche a lui a capire come amare sua moglie». (altro…)
Durante l’estate del 1949, Chiara Lubich, con i suoi 29 anni, vive un’esperienza di luce e di vita. Lasciare quel “paradiso” in montagna non è facile, ma avverte che Dio la vuole immersa nei dolori dell’umanità, “prosciugando l’acqua della tribolazione” in quelli che più soffrono. È con quello spirito che scrive di getto: «Ho un solo Sposo sulla terra: Gesù Abbandonato: non ho altro Dio fuori di Lui. In Lui è tutto il Paradiso con la Trinità e tutta la terra con l’Umanità. Perciò il suo è mio e null’altro. E suo è il Dolore universale e quindi mio. Andrò per il mondo cercandolo in ogni attimo della mia vita. Ciò che mi fa male è mio. Mio il dolore che mi sfiora nel presente. Mio il dolore delle anime accanto (è quello il mio Gesù). Mio tutto ciò che non è pace, gaudio, bello, amabile, sereno…, in una parola: ciò che non è Paradiso. Poiché anch’io ho il mio Paradiso ma è quello nel cuore dello Sposo mio. Non ne conosco altri. Così per gli anni che mi rimangono: assetata di dolori, di angosce, di disperazioni, di malinconie, di distacchi, di esilio, di abbandoni, di strazi, di… tutto ciò che è lui e lui è il Peccato, l’Inferno. Così prosciugherò l’acqua della tribolazione in molti cuori vicini e – per la comunione con lo Sposo mio onnipotente – lontani. Passerò come Fuoco che consuma ciò che ha da cadere e lascia in piedi solo la Verità. Ma occorre esser come Lui: esser Lui nel momento presente della vita». Da: Chiara Lubich, Il grido, Ed. Città Nuova (Pag. 56 – 57) (altro…)
Unità, dialogo, comunione. Questi tre obiettivi, tipici dei Focolari, riassumono anche l’impegno del Dr. Tarunjit Singh Butalia, lo scienziato della Ohio State University di Columbus, che il 18 settembre ha ricevuto l’onorificenza Luminosa 2016 a Hyde Park (New York). “Il suo decennale e instancabile sforzo – ha dichiarato nel suo messaggio la presidente dei Focolari Maria Voce – merita la nostra ammirazione e il nostro profondo apprezzamento. Ci sentiamo solidali con lei e la comunità Sikh nel promuovere, insieme ad altri, la pace e la cura per la nostra casa comune”. Butalia, mosso dalla convinzione che le religioni svolgono un ruolo cruciale nella costruzione della pace, è un pioniere delle relazioni cattolico-sikh negli Stati Uniti. Ed è proprio per il suo grande impegno nel dialogo interreligioso che nel dicembre 2011 ha partecipato alla Preghiera per la pace ad Assisi invitato da papa Benedetto XVI. Nel suo discorso di accettazione, lo scienziato ha ricordato gli amichevoli inviti a cena e a picnic interreligiosi che hanno segnato l’inizio dei suoi contatti con il Movimento dei Focolari. Un’amicizia, ha spiegato, che nel tempo è diventata fiducia. Ha poi sottolineato che la fede ha sempre avuto un ruolo particolare nella società americana, proprio perché è una nazione di immigrati, gente che ha potuto integrarsi abbastanza e che negli ultimi 50 anni sta sempre più manifestando il desiderio di mantenere la propria identità religiosa. “Musulmani, buddhisti, sikh, indù, Jain e Baha’i, portando qui la loro religione – ha affermato Butalia – hanno reso gli Stati Uniti una nazione fra le più cosmopolite del mondo. Rilevava inoltre l’importanza di riconoscere il pluralismo come valore “nel quale ogni componente mantiene la sua identità e tuttavia rimane parte del tutto armonico”. “Dobbiamo concentrarci sulla costruzione di relazioni”, ha detto; “dobbiamo riuscire a parlare delle nostre differenze”.
Butalia ha poi proposto a se stesso un ulteriore passo avanti rispetto alla regola d’oro (“Fai agli altri come vorresti fosse fatto a te” Mt 7,12), definendo tale sua versione “regola platinum”: “Fai agli altri ciò che essi vorrebbero che tu faccia per loro”. Andare cioè oltre l’ipotesi di trattare gli altri col proprio metro, ma trattarli assumendo il loro. Ha poi invitato i 130 partecipanti a costruire un dialogo “ascoltando, più che parlando” e a non fare mai confronti su quale sia la religione migliore. Riferendosi alla islamofobia, Butalia ha sottolineato che dobbiamo lavorare contro la discriminazione nei confronti di qualsiasi fede. In chiusura ha citato il detto di un discepolo del fondatore Sikh Guru Nanak, “Nessuno è mio nemico, e nessuno è straniero. Vado d’accordo con tutti”.
Dr Tarunjit Butalia con la delegazione Sikh
Organizzato dalla Diocesi umbra con le famiglie francescane e la Comunità di Sant’Egidio, l’evento ha raccolto leaders religiosi di tutto il mondo con la partecipazione anche di uomini e donne di cultura e delle istituzioni. Presente anche il Movimento dei Focolari, sia in fase di preparazione che di partecipazione, soprattutto dalle comunità in Umbria e da Rita Moussalem e Roberto Catalano responsabili centrali del dialogo interreligioso dei Focolari. Con la sua presenza, lo scorso 20 settembre, papa Francesco ha dato continuità a quanto Giovanni Paolo II aveva intuito nel 1986: la necessità di pregare per la pace e il ruolo che le religioni hanno per evitare i conflitti come pure per contribuire a risolverli. Nel 2011, Benedetto XVI aveva presentato la pace non solo come un impegno degli uomini di fede, ma anche come un progetto culturale. Ma il mondo non è più quello degli anni ’80, quello bi-polare della Guerra fredda. Si è arrivati al mondo globalizzato e multipolare di oggi, dove anche le guerre sono cresciute, senza mai essere di religioni. Papa Francesco ha salutato i leader presenti uno a uno, iniziando da un gruppo di profughi, immagine delle sfide del mondo di oggi. Non si è trattato solo di un atto formale. Sono stati attimi profondi, di rapporto intenso, capaci di stabilire intese importanti per il futuro. Un secondo momento è stato il pranzo per il quale, nel Sacro Convento, il Papa ha voluto tutti accanto a sé. Consumare un pasto insieme, sotto lo stesso tetto è in sé un atto di pace. È seguita, poi, la preghiera comune. Ben inteso, non insieme. Ogni religione aveva un luogo dove i suoi seguaci potevano recarsi per pregare, secondo la propria tradizione religiosa, per la pace del mondo. Ognuno lo ha fatto distintamente; un atto che ha inteso cancellare il dubbio che questi momenti trasudino di sincretismo. I cristiani hanno pregato insieme, a dimostrare che l’unità fra le Chiese è fondamentale per dare un contributo importante alla pace, come seguaci di Cristo.
Il Papa presiede la preghiera ecumenica nella basilica di S. Francesco. Foto: CNS/Paul Haring
Parigi, 19 dicembre 1996: l’UNESCO conferisce a Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, il prestigioso premio per l’Educazione alla Pace, in riconoscimento alla sua vita tutta spesa per la costruzione e all’educazione alla Pace di migliaia e migliaia di persone di ogni credo e latitudine. Oggi il tema dell’educazione alla pace è più che mai attuale. L’evento, promosso dall’Unesco e New Humanity, si celebrerà il 15 novembre, presso la sede dell’UNESCO (Parigi, Francia), dalle ore 10:00 alle ore 18:00. I lavori si apriranno con la prolusione di un rappresentante dell’UNESCO, quindi il saluto di Mons. Francesco Follo, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’UNESCO e gli interventi di Maria Voce e Jesús Morán, presidente e copresidente, rispettivamente, del Movimento dei Focolari. Seguiranno altri due momenti: 5 idee per educare alla pace oggi; il dialogo in un mondo unito e plurale. Scarica il programma Iscrizioni Leggi l’intervento di Chiara Lubich Video dell’occasione – 17 dicembre 1996 https://vimeo.com/77226264 (altro…)
L’arcivescovo maronita di Damasco, mons. Samir Nassar.
https://vimeo.com/183346391 (altro…)
Dal 22 a 25 settembre si svolgerà il “Forum Mondiale per la Pace” in Brasile, nella città di Florianópolis. La cerimonia di apertura sarà trasmessa in streaming il 22 settembre alle ore 18:00 (ora locale). Per seguire la trasmissione LIVE: http://live.flars.net/worldpeaceforum2016 Chi vuole collegarsi alla conferenza che i giovani del Forum faranno con i giovani del mondo, il 23 settembre alle ore 11:15 (ora locale) può registrarsi a questo link : worldpeaceyouth.org/registration (altro…)
È in arrivo a Roma una delegazione di 40 persone provenienti dal Camerun, formata da 9 Fon, Re nativi del popolo Bangwa di Lebialem, Camerun Sud/Ovest, accompagnati da Mafuas (Regine), due Sindaci e Notabili dei loro regni. Motivo di questo loro viaggio in Italia è celebrare il Giubileo della Misericordia con Papa Francesco e ringraziare Dio per il 50° anniversario del primo incontro a Fontem tra il popolo Bangwa e il Movimento dei Focolari. Questo “pellegrinaggio” inizierà in Vaticano incontrando Papa Francesco all’udienza generale del 21 settembre. I Fon-Re potranno salutarlo a nome di tutta la delegazione e dei loro popoli, offrendogli doni tipici della loro cultura e ringraziandolo per quanto la Chiesa ha fatto per le loro popolazioni. I giorni successivi, ospiti del Movimento dei Focolari, visiteranno i luoghi dove è nata, ha vissuto ed è sepolta Chiara Lubich: Trento, Loppiano (Firenze) e Rocca di Papa (Roma). Fu lei con i Focolari, infatti, a dare risposta alla preghiera del popolo Bangwa, a lei arrivata tramite mons. Peters vescovo di Buea, agli inizi degli anni ‘60, quando l’endemia della malattia del sonno e altre malattie tropicali provocavano una mortalità infantile del 90%, minacciando l’estinzione della popolazione. Oggi queste malattie sono quasi scomparse e l’ospedale, con ambulatori, laboratorio analisi, sala operatoria, reparto di medicina interna maschile e femminile, reparto di chirurgia, di maternità, di pediatria e il nuovo reparto di malattie infettive, rappresenta un centro di eccellenza nella cura della popolazione dell’intera regione.
Agli inizi degli anni ‘70, viene anche costruita una centrale elettrica, una falegnameria, una scuola materna e un College, con oltre 500 allievi, tra i più quotati istituti pre-universitari del Camerun. Questi 50 anni di impegno evangelico, fondato sui fatti, ha coinvolto l’intera regione del Lebialem valorizzando la cultura di questo popolo e, nella reciprocità, tanti hanno accolto il messaggio cristiano nella vita personale e in quella sociale. Negli anni, frutto del lavoro collettivo con missionari e suore di varie congregazioni, sono sorte alcune parrocchie, la diocesi di Mamfe, altre scuole e strutture pubbliche e amministrative dello Stato. Questa storia è il bagaglio che la delegazione presieduta dai 9 Fon porta con sé. Una storia per la quale sentono il dovere di ringraziare Dio e “Mafua Ndem Chiara Lubich” (regina inviata da Dio), come il popolo Bangwa ama chiamarla. È previsto un incontro della delegazione Bangwa con la stampa: mercoledì 21 settembre alle ore 12.30, presso la sala J. H. Newman dell’Università Urbaniana (Roma). Leggi anche: http://focolare-fontem.org/ Vedi video: General Hospital, Fontem Fonte: Servizio Informazione Focolare (SIF) (altro…)
Membri della comunità dei Focolari ad Atlanta
Come abbiamo potuto seguire dai media, il 16 aprile scorso un forte terremoto di magnitudo 7,8 ha colpito l’Ecuador, in particolare le province di Manabì, Esmeraldas, Santo Domingo e Pichincha, lasciando quasi 30 mila persone senza tetto. Il Movimento dei Focolari si è subito attivato in tanti modi: a partire dai primi soccorsi, insieme ai tanti volontari spontanei e, nel tempo, con una raccolta fondi coordinata da AMU (Azione per un mondo unito) e AFN (Azione Famiglie Nuove Onlus), mentre localmente è stata costituita una commissione per individuare le priorità di intervento e coordinare i lavori a più lungo termine. «Nei mesi scorsi – scrivono dalla commissione – alcuni di noi siamo andati a visitare diverse località colpite, incontrando le comunità e cercando collaborazioni con enti che operano con le stesse finalità. A fine agosto le prime proposte di intervento erano completate e abbiamo stretto rapporti di collaborazione in particolare con l’Ong FEPP (Fondo Ecuadoriano Populorum Progressio) e la Fundación Amiga».
In questa fase, gli interventi post emergenza ritenuti più urgenti riguardano la messa in opera di attività produttive che possano dare supporto economico alla popolazione, il sostegno psicologico per superare il trauma che – come scrivono– «a distanza di 5 mesi, è ancora molto forte». Sottolineano un altro punto importante: «Abbiamo visto la necessità di offrire formazione sulle procedure per accedere ai fondi del governo ecuadoriano per la ricostruzione delle abitazioni». Le località in cui inizialmente si concentrerà l’aiuto sono tre, tutte situate nella provincia di Esmeraldas: Salima, “10 de Agosto” e Macara, «dove si porteranno avanti delle iniziative per attenuare le conseguenze dei traumi subiti e per rafforzare l’organizzazione e le capacità della comunità», spiegano. «A Salima si realizzerà, inoltre, un panificio in forma cooperativa e un’attività di formazione per fabbricare reti da pesca, in cui i pescatori più anziani faranno da formatori. Nella località “10 de Agosto” si svolgeranno corsi di formazione in artigianato e cura della persona, e inoltre si aiuterà un gruppo di madri a creare un asilo», specificano. «Questa – scrive la commissione locale – rappresenta la prima fase del progetto, che corrisponde ai fondi attualmente disponibili. Lavorando con le comunità approfondiremo ancora di più in futuro le loro esigenze e necessità, a cui potremo dare risposta». Resoconto ad oggi. Per l’emergenza in Ecuador, sono arrivati all’AMU contributi per complessivi € 35.502, di cui € 10.000 già erogati, altri 10.00 sono stati erogati da AFN. Leggi le news precedenti: – Emergenza Ecuador – Terremoto in Ecuador due mesi dopo (altro…)
Vorrei «consolarlo», «correre per il mondo a raccoglierGli cuori» è lo spontaneo impulso che Chiara Lubich avverte quando il 24 gennaio 1944 prende coscienza dell’abissale grido di Gesù in croce: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Se in quel momento ha sofferto di più – conclude –, vuol dire che in quell’ora ci ha amati di più. Facciamo di lui l’Ideale della nostra vita!». E pensare che allora in teologia non si rifletteva sull’abbandono sperimentato da Gesù! La pietà cristiana concentrava l’attenzione sui dolori fisici, sull’agonia nell’Orto degli Ulivi. Eppure la seconda guerra mondiale e in particolare l’olocausto stavano scavando nella coscienza dell’umanità una voragine che solo quest’estrema esperienza di Gesù poteva in qualche modo colmare. Chiara, ancor giovane, sceglie di cercare e amare Gesù abbandonato negli innumerevoli volti della sofferenza umana personale e collettiva, solo per amore: per non lasciar solo l’Abbandonato. Assai presto, però, fa un’esperienza inaspettata: «Ci si butta in un mare di dolore e ci si trova a nuotare in un mare di amore». Lo strazio si tramuta in gioia e trasforma i rapporti, crea comunione: «Sono due aspetti di una unica medaglia. A tutte le anime mostro la pagina Unità. Per me e per le anime in prima linea dell’Unità: unico tutto è Gesù abbandonato». Gli anni 1949-1951 sono fonti di nuove intuizioni. La ferita dell’abbandono come espressione di massimo Amore diventa per Chiara la chiave di volta della sua visione della storia, della vita umana e prima ancora di Dio. La contempla come «la pupilla dell’Occhio di Dio sul mondo: un Vuoto Infinito attraverso il quale Dio guarda noi: la finestra di Dio spalancata sul mondo e la finestra dell’umanità attraverso la quale si vede Dio». Seguono anni di prova per l’approfondito studio con cui la Chiesa esamina il nuovo carisma, tempo di sospensione che Chiara vive alla luce del Figlio abbandonato dal Padre, convinta che la Chiesa in tutto questo è Madre. Tappa dopo tappa, il volume ripercorre così la traiettoria dell’avventura spirituale di Chiara, attraverso suoi appunti, lettere, diari e discorsi, raccolti in sei capitoli. 160 pagine che potranno accompagnare e rischiarare il nostro quotidiano, con introduzione a cura del teologo Hubertus Blaumeiser. Con l’approvazione dei Focolari da parte della Chiesa, all’inizio degli anni ‘60, si apre una nuova prospettiva: Gesù abbandonato diventa il movente che spinge ad andare incontro alle sfide sociali, alle lacerazioni di ogni tipo, è “maestro del dialogo” in ambito ecumenico e interreligioso, si manifesta come “Dio di oggi” capace di parlare anche a chi non crede, nonché fonte di un grande cambiamento culturale. Con lui l’autrice intraprende quello che ha chiamato il “Santo Viaggio”, un cammino comunitario di santità che ha coinvolto centinaia di migliaia di persone nei cinque continenti: «Egli è il sommo Maestro della vita spirituale, del distacco da noi stessi, dalle persone, da ogni cosa, da ciò che è di Dio ma non è Dio». Così fino a un’ultima “notte” nella quale Chiara si addentra ancor più nell’abissale separazione sperimentata da Gesù e al contempo s’immedesima con la notte collettiva e culturale dell’umanità. «Amando Gesù abbandonato – scrive – troviamo il motivo e la forza per non sfuggire questi mali, queste divisioni, ma per accettarli e consumarli e portarvi così il nostro personale e collettivo rimedio». E si dice convinta: «Se riusciamo ad incontrare lui in ogni dolore, se lo amiamo rivolgendoci al Padre come Gesù sulla croce: “Nelle tue mani, Signore, consegno il mio spirito” (Lc 23, 46), allora con Lui la notte sarà un passato, la luce ci illuminerà». (altro…)
Gesù, che in croce si sente abbandonato non solo dagli uomini ma anche dal Padre suo celeste, è un abissale mistero cui accenna il racconto dei Vangeli di Marco e di Matteo. Il grido di Gesù sulla croce è una realtà così inaudita che la cristianità per secoli non ha avuto il coraggio di sviscerarla, concentrando la sua attenzione su altri aspetti della passione. «Ho aspettato venti secoli per rivelarmi a te. Se tu non mi ami, chi mi amerà?», è la domanda che Chiara Lubich un giorno si è sentita interiormente rivolgere. Sin dagli inizi della sua avventura spirituale, aveva infatti chiesto al Crocifisso: «Dammi la passione della tua passione». Nel grido di Gesù in croce ha progressivamente scoperto l’amore più grande, la chiave dell’unità, il volto di Dio che più parla all’umanità di oggi. Attraverso pagine, in parte inedite, tratte da appunti, lettere, discorsi, diari, questo volume invita a rivivere la scoperta di un Dio che non ha esitato a farsi la domanda di tutte le domande: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» L’AUTRICE – Chiara Lubich (1920-2008) grande figura carismatica dei nostri tempi, nota per la sua infaticabile azione in favore dell’unità e della pace. Lo spirito del Movimento dei Focolari da lei fondato si è diffuso in tutto il mondo, anche tra i membri di Chiese cristiane, fedeli di altre religioni e persone di altre convinzioni. Le sue opere contano 58 titoli pubblicati, con oltre 220 edizioni e ristampe e traduzioni in più di venti lingue. LA COLLANA – MEDITAZIONI risponde al mai sopito interesse per la vita spirituale mettendo a disposizione di un vasto pubblico sussidi per la riflessione interiore ispirati a un’autentica esperienza spirituale, che alla solidità della dottrina uniscono l’aggancio ai problemi di ogni giorno. Editrice: Città Nuova
1956: Igino Giorani (a sinistra) con Chiara Lubich a Fiera di Primiero
Nel 2011 Maria Clara, neopensionata, si trasferisce nei pressi del penitenziario femminile di Pozzuoli (Napoli), una grande struttura di detenzione tra le più sovraffollate d’Italia. Colpita dal grido di dolore che arriva dalle finestre sbarrate, ne parla con gli amici della locale comunità dei Focolari e in 25 di loro (giovani, ragazzi, famiglie…) decidono di rispondere all’appello. In accordo con la Caritas diocesana e con altri Movimenti, il gruppo si immerge così in quell’umanità sofferente che sta dietro le sbarre. Un’esperienza non facile, che porta ad affinare, nel segno della misericordia, ogni gesto e parola per essere davvero quella vicinanza d’amore che quel mondo aspetta. Ognuno diventa sempre più consapevole che non va lì per “assolvere”, giudicare, o per fare semplice assistenzialismo, ma soltanto per amare, puntando alla ricostruzione della persona. Ed è forse per questo loro atteggiamento che ben presto vedono emergere in ciascuna il lato positivo. “Quando uscirò da qui voglio essere una persona nuova”, confida una di loro. E un’altra: “Adesso che so cosa vuol dire essere cristiana, voglio vivere secondo il Vangelo amando le mie compagne di cella, anche se mi rendono la vita impossibile”. E un’altra ancora: “Ho capito che il vero aiuto viene da Gesù Eucaristia e non dai ‘potenti’ della terra”. Questo fluire di luce e di grazia non si conquista con la bacchetta magica. È il frutto di una continua attenzione ai bisogni delle detenute, sostenendole nel ritrovare la propria dignità in una discreta e perseverante formazione a vivere il Vangelo. È andare con loro alla messa domenicale, animandola di canti, e mettersi a disposizione per ristrutturare la cappella. È chiedere ed ottenere il permesso dalla direzione del carcere di organizzare, nella Casa famiglia “Donna Nuova” che ospita donne a regime di detenzione alternativo, tutta una serie di laboratori di educazione sanitaria, corsi di cucina, yoga, cucito, ecc. Una delle necessità delle detenute – non detta, ma subito rilevata – è la cura della propria immagine. Ed è così che è nata l’idea della “Boutique rosa”, un luogo gratuito all’interno del carcere, con le pareti tinteggiate di rosa, con tende e mensole colorate in contrasto con il grigiore delle celle. Un punto in cui le recluse, spesso abbandonate o lontane dalla propria famiglia, settimanalmente possono ricevere prodotti per l’igiene e la cura della persona, vestiario, biancheria, ecc. Insomma tutto ciò che serve per migliorare il “look” ed aumentare la propria autostima. E intanto si ascoltano le loro difficoltà con le altre detenute o con gli agenti, si dà conforto al loro dispiacere di non potersi occupare dei figli a casa, costruendo rapporti sempre più stretti. È anche l’occasione per condividere piccole o grandi gioie, come ad esempio uno sconto di pena, una visita inattesa, i passi fatti nel ricominciare. Tante di loro sono di etnie e culture diverse e appartengono a varie chiese cristiane e diverse religioni. “Ricordo una donna ortodossa – racconta Maria Clara – che nella settimana di preghiere per l’unità dei cristiani ha voluto partecipare con un suo canto-preghiera. Piangendo, mi ha poi detto che offriva l’immenso dolore della detenzione per l’unità delle chiese. Siamo poi andati a Napoli a conoscere il marito e i 5 figli, portando loro degli aiuti. Abbiamo condiviso questa esperienza con alcune persone appartenenti a chiese cristiane di diverse denominazioni con cui in diocesi è aperto un dialogo ecumenico, proponendo loro di venire anch’esse in carcere per aiutare nella “Boutique rosa”. Non aspettavano altro! Adesso collaborano con noi anche 4 sorelle evangeliche. Grazie ad esse, i rapporti con le detenute di chiese diverse diventano sempre più stretti e, talvolta, continuano anche quando escono dal carcere”. (altro…)
https://www.youtube.com/watch?v=8Asjy1-9mxI Dopo Noi veniamo a te (1972), Dove tu sei (1982), Se siamo uniti (1987), e insieme al Gen Verde Come fuoco vivo (1998) e Messa della Concordia (2004), nell’anno della misericordia arriva un nuovo lavoro del Gen Rosso: Voce del mio canto, una raccolta di brani nati da una ricerca interiore sia musicale che spirituale. Entriamo nell’album con un’intervista a Lito Amuchastegui, argentino, per 20 anni nel Gen Rosso. È il compositore della maggior parte dei canti dai quali è partita l’idea per arrivare a comporre una Messa completa, che ha visto in seguito la collaborazione di Beni Enderle per alcune musiche e Valerio Lode Ciprì per alcuni testi, mentre al mixaggio finale ha lavorato Emanuele Chirco. Appassionato di musica – ha cominciato a cantare in pubblico all’età di 5 anni – Lito nel Gen Rosso ha lavorato come fonico. Voce del mio canto è l’eredità che lascia al gruppo, prima di partire per Córdoba (Argentina), sua terra natale. «Scrivere una Messa non è uno scherzo», dichiara. «Ci vuole consapevolezza: stai parlando di chi è Dio per te. Di fronte a ogni brano ho dovuto mettermi di fronte a Lui e, come in un colloquio, chiedergli: sei veramente Tu la Voce del mio canto? Sei Tu l’unico mio bene? Quando ci sono le croci sei Tu il mio Cireneo? Ne Il Cielo è con noi, un brano che mi piace molto, sono partito da una meditazione di Chiara Lubich, in cui dice che il Cielo si è rovesciato su di noi, il Cielo infinito: “e tu sei nato fra noi e hai portato il profumo del cielo, tu sei morto per noi, sei puro amore, sei amore divino”; si tratta quindi di una domanda su Dio, non a livello teologico o storico, ma su chi è Dio per me. Per questo dico che è stata una ricerca spirituale». Voce del mio canto è, quindi, soprattutto un’esperienza: preghiera, gioia di sentirsi amati da Dio. Ma com’è nata l’idea di una Messa cantata? «Lo spunto è partito dalla voglia di fare musica; mi sono portato la chitarra in vacanza e ho scritto di getto Quelli che amano te. Poi, l’ho musicata e condivisa con chi era con me ed è piaciuta. Da lì sono andato avanti e sono venuti fuori 11 brani, più due che avevamo già. Perché una Messa? Si vede che Dio mi parlava così: “Voglio aiutarti a che tu mi dia più gloria”. È partito da lì». Quali storie ci sono dietro ogni canzone? Lito Amuchastegui rivela di aver messo dentro i brani un po’ delle sue radici: «In una canzone si parla di Pane della Madre Terra. La Madre Terra per noi americani del sud è molto sentita, viene dalle tradizioni indigene. Inoltre, sono stato in Uruguay, dove ho conosciuto il “candombe” che ha dei tratti afro americani ed ho voluto lasciare l’impronta dell’esperienza fatta con i musicisti uruguayani nel Santo: un popolo che canta e loda Dio, un popolo di strada, con tamburi, come il Re Davide che cantava e danzava davanti all’Arca dell’Alleanza. Oppure, Niña de Nazareth, una canzone che avevo scritto prima ancora di arrivare nel Gen Rosso e non ero mai riuscito a mettere in musica. Lavorandoci con Beni Henderle, in due ore è venuta fuori. Per altre, invece, è stato più faticoso: del Kirie Eleison, ad esempio, ho fatto 7 versioni. Volevo comunicare l’esperienza che Dio ci ama; anche la misericordia nasce dal suo essere Amore. Il resto è relativo, ma questo per me è come un chiodo fisso». Cosa consiglieresti a chi vuole suonare queste canzoni? «Consiglierei che non sono canzoni da cantare, ma canzoni da vivere. Augurerei alle persone che vogliono riprodurle in un gruppo, una parrocchia, un coro, di poter fare questa esperienza con Dio. Di “entrare” nei brani. Mettersi dentro con l’anima, perché possa emergere l’interpretazione giusta». Elenco brani:
Testi e spartiti musicali completi sono inclusi nel CD Dove acquistare il CD Voce del mio canto (altro…)
«Quando mi è stato proposto di andare a trovare le comunità dei Focolari in Gabon, ho cercato su Google Earth per scoprire in quale punto del continente africano si trovasse. Si tratta, infatti, di un piccolo Paese del quale si parla poco o niente. Eppure pochi posti nel mondo sono così belli, ricchi di risorse (petrolio, legnami pregiati, foreste, specie in estinzione ancora presenti, parchi naturali, 800 km di costa, fiumi, un mare da sogno …). Senza parlare della gente: meno di 2 milioni di abitanti di 40 diverse etnie, cristiani, animisti e musulmani, abituati a convivere pacificamente e – questo devo dirlo! – con una capacità di accoglienza inclusiva straordinaria, che ho potuto sperimentare sulla mia pelle. Oggi il Gabon si trova in una complicata impasse politica, dopo le elezioni del 27 agosto e da quando è stata annunciata la vittoria di uno dei due candidati alla presidenza. Da più parti, sia dall’interno del Paese che dalla comunità internazionale, c’è una forte richiesta di trasparenza nel rendere noti i risultati delle singole regioni e non solo il risultato finale – come prevede la Costituzione gabonese –. Nel caso specifico, infatti, il risultato non convince una gran parte della popolazione che è scesa in piazza, sia a Libreville (la capitale) che a Port-Gentil (città industriale). Le varie manifestazioni sono state contenute e represse, purtroppo con il risultato di un numero imprecisato di morti e di tanti arresti. Bloccati i mezzi di comunicazione non ufficiali e i vari social network, trovo difficoltà ad avere notizie dei miei amici, con i quali abbiamo condiviso dei giorni indimenticabili alla luce del Vangelo vissuto. Sono loro che riescono a farsi vivi per dire che stanno bene e in quale situazione si trovano: “Grazie per averci in cuore! – scrivono da Libreville – Purtroppo è proprio vero che il Paese sta vivendo una situazione di violenza post elettorale. La tensione è forte e ci è stato consigliato di rifornirci di acqua e dei viveri necessari e di restare a casa. Ci sono stati dei saccheggi ai supermercati. La comunicazione è gestita dal governo e abbiamo la possibilità di collegarci a internet in tempi brevi e solo dalle 8 del mattino fino alle 14; sono stati invece bloccati i servizi di messaggistica e i social come facebook, whatsapp, ecc. I militari sono molto visibili sulle strade. Una confusione totale dopo la proclamazione dei risultati elettorali, in questo paese libero e democratico… Siamo ancora in attesa dell’annuncio da parte della Corte Costituzionale, con possibili altri disordini. La gente teme per il prossimo futuro del Gabon”. Ricevo notizie anche da Port-Gentil: “Stiamo bene, grazie a Dio. Dal 31 agosto l’accesso a Internet è limitato e complicato. Speriamo che si riattivi presto perché è uno strumento troppo importante per la comunicazione. Tutta la scorsa settimana siamo rimasti chiusi in casa, con l’impossibilità di uscire a causa del totale caos che ha invaso le strade di Port-Gentil e di tante altre città del Paese. In questi momenti sentiamo l’importanza della preghiera”. Prima di lasciarci avevamo sigillato un patto tra di noi: impegnarci ad essere costruttori di pace, unità e di dialogo con tutti, ciascuno nel proprio ambiente di lavoro e familiare. Ora è più che mai il momento di attuarlo. Ci sostengono le parole che Papa Francesco ha rivolto l’11 settembre ai presenti in piazza S. Pietro e al mondo: “Affido al Signore le vittime degli scontri e i loro familiari. Mi associo ai Vescovi di quel caro Paese africano per invitare le parti a rifiutare ogni violenza e ad avere sempre come obiettivo il bene comune. Incoraggio tutti, in particolare i cattolici, ad essere costruttori di pace nel rispetto della legalità, nel dialogo e nella fraternità». (altro…)
Il dott. Tarunjit Singh Butalia
19-20 settembre: arrivi a Roma 21 Settembre: Udienza con il Santo Padre, Papa Francesco, in Vaticano. Dopo l’udienza, visita alla tomba di S. Pietro e dei papi. Visite ad alcuni posti sacri. 22 settembre: Visita turistica a Roma. Partenza per Loppiano (prima cittadella dei Focolari). 23 settembre: Visita di Loppiano e incontro con gli abitanti. 24 settembre: Partenza per Trento, città natale di Chiara Lubich. 25 settembre: Visita di Trento, incontri con alcuni abitanti, rappresentanti di istituzioni, il sindaco e l’arcivescovo di Trento. 26 settembre: partenza da Trento per Roma. Tappa turistica a Venezia. Arrivo la sera a Castel Gandolfo. 27 settembre: visita alla tomba di Mafua Ndem Chiara Lubich, al centro internazionale dei Focolari a Rocca di Papa Roma). Incontro con i membri del consiglio generale. 28 settembre: partenza e conclusione del pellegrinaggio.
I frutti della Parola «Anni orsono, in tre, chiedemmo al nuovo parroco di approfondire la Parola di Dio. Prese così il via un incontro che precedeva la liturgia domenicale. Più ci impegnavamo a mettere in pratica la Parola, tante più persone ci chiedevano di partecipare. In pochi mesi eravamo un gruppo numeroso; tra i più assidui i rapporti erano come quelli di una vera famiglia. E in parrocchia si cominciava a respirare un’altra aria. Ora non ci bastava più la sola preghiera e lo sforzo individuale per essere dei bravi cristiani; ci sentivamo coinvolti in un cammino comunitario in cui ognuno s’impegnava a raggiungere la meta della santità insieme agli altri. Gesù lo sentivamo vicino, tra noi, e questo aveva delle conseguenze: oltre alla gioiosa scoperta di una nuova immagine della Chiesa, nasceva l’esigenza di condividere anche i beni materiali con chi era meno fortunato, di sostenere famiglie in difficoltà, giovani disorientati, persone bisognose di riscoprire l’amore di Dio. E non solo nell’ambito parrocchiale». (Lucio – Italia) La tredicesima dimenticata «Ero al mercato quando, ricordandomi che i miei genitori erano rimasti senza soldi, ho fatto le spese anche per loro. Al ritorno ho notato per strada una bambina in lacrime: aveva fame e i suoi – m’ha raccontato – non avevano niente da mangiare. Consultandomi con mio marito Antonio, abbiamo deciso di portare a quella famiglia metà della nostra spesa mensile. Il giorno dopo la figlia della nostra vicina è venuta a confidarci che il papà era andato via in cerca di lavoro e non era più tornato. Neanche loro, in casa con tanti bambini, avevano di che sfamarsi. Mi sono detta fra me: “adesso basta, abbiamo già fatto la nostra parte!”. Ma quando Antonio mi ha ricordato che non avevamo dato ancora il necessario, abbiamo diviso ancora una volta quanto era rimasto della provvista mensile. Ormai non avevamo più soldi per la spesa, ma ogni giorno ci è arrivato l’aiuto da parte di qualcuno. A fine mese, il mio stipendio era il doppio del solito. Non era uno sbaglio: era la tredicesima di cui mi ero dimenticata». (B. P. – Brasile) Tradizione con cuore nuovo «Nella nostra società, specie nei villaggi, per tradizione gli uomini non aiutano nelle faccende di casa e le donne, anche quando sono malate, lavorano: non si sentono vittime e neppure gli uomini si sentono crudeli. Così anche a casa mia. Se mia moglie stava facendo un lavoro e io leggevo un libro o guardavo la tv, non mi veniva in mente di alzarmi se il bambino piangeva: era compito suo. Quando con l’aiuto di amici cristiani m’è diventato chiaro che gli altri hanno diritto al mio amore, al mio aiuto, ho sentito di dover cominciare soprattutto a casa mia. Un giorno mia moglie, mentre stava preparando la colazione, ha dovuto occuparsi del bambino, così ho apparecchiato io la tavola. Al suo ritorno è rimasta sorpresa, ma non ha fatto commenti. Ma quando ho stirato da solo il vestito per andare in ufficio, è stato troppo per lei … Allora le ho raccontato la bellezza di amare per primi e fare agli altri quello che si vorrebbe fatto a sé. Ora nella famiglia c’è più armonia». (W.U. H. – Pakistan) (altro…)
https://www.youtube.com/watch?v=IIkXayKbFwI
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Le notizie che arrivano dal Venezuela non sono proprio confortanti. Anzi, il Paese latinoamericano sembra non solo allo stremo, ma anche diviso. In questo contesto, le comunità dei Focolari s’adoperano in favore della riconciliazione e della solidarietà condividendo tutto quello che hanno. La comunità di Colinas de Guacamaya (Valencia), dopo essersi interrogata su come vivere in tempi di una crisi sociale, politica, economica che sta toccando i livelli più alti, risponde raddoppiando l’impegno a mettere in pratica il comandamento nuovo del Vangelo, quello dell’amore reciproco, a cominciare dai piccoli gesti quotidiani. Scrive una di loro: «Oggi, mentre acquistavo al supermercato 12 rotoli di carta igienica ho pensato a chi della comunità, come tanti altri qui in Venezuela, pur avendo i soldi per comprarla, non riesce a trovarla da nessuna parte. Chiamo un’amica che, felice, mi prega di prenderne per lei. A sua volta mi chiede se avessi bisogno di qualcosa, ed io ho potuto dirle che in casa avevamo bisogno di sapone. “Ah – ha risposto lei –, quello te lo do io; non solo, ti porti via anche un platano che mi ha appena dato mio figlio”. Ancora una volta ho toccato con mano che, se l’amore circola, il “date e vi sarà dato” promesso da Gesù si avvera». Gesti semplici, ma anche estremi, se si pensa che per un mango rubato, c’è chi arriva ad uccidere. Un’altra signora racconta: «All’inizio della giornata trovo una persona che cercava dell’olio per cucinare e siccome ne avevo un po’ lo condivido con lei; poco dopo ne incontro un’altra che aveva bisogno di un’iniezione, così gliel’ho fatta con tanta cura. Più tardi bussa alla porta una donna: la figlioletta ha una forte influenza e le serve il nebulizzatore che, per fortuna, io ho, anzi sono già in tanti ad usarlo. Passando davanti alla casa di un’amica approfitto per chiederle se ha bisogno di qualcosa: “Sì, del detersivo per il bucato”, mi risponde. Corro a casa, prendo il mio e facciamo a metà. Poiché mio marito lavora di notte, alla sera viene qualcuno della comunità a farmi compagnia. Ricevo un gesto solidale ed io approfitto per preparare la cena, consapevole che qualcuno non ha cibo sufficiente. Prima di addormentarmi, nel dare uno sguardo alla giornata trascorsa, avverto una grande gioia: abbiamo vissuto l’uno per l’altro e, insieme, ci siamo aiutati a vivere il Vangelo. Domani avrò una nuova opportunità di riconoscere in ogni persona che mi passa accanto una presenza speciale di Dio». I problemi del Paese sono di tali dimensioni che questi racconti quotidiani possono sembrare ingenui o, comunque, insufficienti, piccole gocce di fronte ad un oceano. E si attendono al più presto risposte a livello politico, economico e sociale. Madre Teresa di Calcutta affermava che “quello che noi facciamo è solo una goccia nell’oceano, ma se non lo facessimo l’oceano avrebbe una goccia in meno”. Sembrerebbe che sia anche la convinzione di questa piccola comunità venezuelana. (altro…)
Ave Cerquetti, ‘Bella Accoglienza’ – Roma, 1961
Grande festa il 14 agosto a José C. Paz (ad una cinquantina di km da Buenos Aires, Argentina), per celebrare il 10° anniversario dell’inaugurazione della sede che ospita le attività del progetto sociale “Juntos por el Barrio” (Insieme per il quartiere), un’opera sociale finalizzata particolarmente ai bambini e adolescenti del quartiere e alle loro famiglie. Ma se è vero che l’edificio compie dieci anni, non bisogna dimenticare che le attività del progetto sono iniziate ben prima e, come spesso accade, suscitate ad opera della gente che in quel quartiere ci viveva da tempo. Quando Francesco, il papa argentino, ha invitato a prendersi cura delle periferie, probabilmente aveva nel cuore insediamenti come il barrio dove sorge questo centro sociale. Si tratta di un agglomerato abitativo formatosi in maniera informe a ridosso di altre costruzioni, costituito da nuclei famigliari giunti lì in cerca di fortuna. Fortuna che purtroppo non hanno trovato perché neppure lì c’era. La disoccupazione dilagante li ha resi ancora più poveri e vulnerabili ad ogni sua conseguenza: emarginazione, alcolismo, droga, violenza, prostituzione. Pericoli che hanno minacciato anche i molti bambini e adolescenti che trascorrevano quasi tutto il tempo in strada.
Fin dal 1999, alcuni abitanti ‘storici’ del quartiere, sostenuti dai Focolari che nelle vicinanze hanno un centro convegni, si sono messi insieme per fare qualcosa per quei nuovi arrivati. Per prima cosa hanno cercato di individuare quale fosse la domanda più forte che emergeva dal barrio. Ed era: poter disporre di un luogo di accoglienza diurno per bambini e adolescenti per toglierli dalla strada. Così è nato il progetto “Juntos por el Barrio”. In una sala di fortuna è iniziata una prima attività di appoggio scolastico. Visto il successo dell’iniziativa (in parte finanziata dal sostegno a distanza di AFN onlus), le idee hanno cominciato a moltiplicarsi in altrettante iniziative. E con donazioni provenienti anche dall’estero è stato poi costruito un edificio dove svolgere queste attività, diventato ben presto punto d’incontro e di riferimento per tutto il barrio.
Era proprio il caso, quindi, di festeggiare, anche perché il quartiere sta davvero cambiando volto. Nel centro “Juntos por el barrio” si realizzano attualmente molteplici attività, tante di esse rivolte ai minori ma anche a persone di tutte le età: integrazione alimentare, prevenzione sanitaria, alfabetizzazione, laboratori di serigrafia e artigianato, corsi per giardinieri, parrucchieri, sarti, attività ludiche. Si dà così supporto ad oltre 70 famiglie, mentre ogni settimana il centro è frequentano mediamente da 200 persone. I 220 che sono intervenuti alla celebrazione del 14 agosto, tra cui un centinaio di bambini, sprizzavano gioia da tutti i pori. E tutti si sentivano protagonisti non solo della festa ma anche del loro riscatto, forse per sentirsi ‘parte’ di un processo nel quale più che il dare e il ricevere, viene in luce la reciprocità. (altro…)
12 NOVEMBRE CONCERTO ACUSTICO “LA VITA LIVE” Riccione (RN) Presso Spazio Tondelli, via Don Giovanni Minzoni, 1, Riccione (RN). Ore 21:00. Info e prenotazioni: www.genverde.it