Ott 7, 2012 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
«Mi chiamo Nacho, sono argentino ed ho 25 anni. Ho giocato per tanti anni, a calcio, in una squadra importante dell’Argentina e la mia vita s’incamminava verso quel mondo anche dal punto di vista professionale. Ero fidanzato con una ragazza che viveva, sin da piccola, il mio stesso ideale basato sui valori evangelici. Sognavamo di sposarci e di avere tanti figli. Avevo molti piani in mente di come sarebbe stata la mia vita accanto a lei. Insomma, ero un ragazzo felice della mia vita cristiana e dell’ideale di un mondo unito per il quale avevo scelto di vivere! Ma proprio mentre ringraziavo Dio per avermi accompagnato sempre nella mia vita e per quello che stavo vivendo insieme a Lucia, ho sentito dentro di me come se Lui mi dicesse: “Nacho, tu sei disposto a seguirmi, lasciando tutto e consacrare la tua vita solo a me?” E subito mi è venuto da risponderGli: “Certo che lo sono”. Mi sono chiesto cosa volesse dire “il mio tutto” e ho capito che Dio mi chiedeva di seguirlo lasciando la mia famiglia presente, papà, mamma, fratelli ma, soprattutto, lasciando la mia possibile famiglia futura. Ne ho parlato con Lucia. Non è stato facile per nessuno dei due ma, ancora con le lacrime agli occhi, ho avuto quel giorno la conferma della decisione che stavo per prendere: quella di seguire Gesù come focolarino, nella strada tracciata da Chiara Lubich. Non è semplice spiegare quello che sperimento vivendo ciò che Gesù ci ha promesso e cioè che non c’è nessuno che abbia lasciato casa, padre, madre, figli e che non riceva cento volte tanto in questa vita. Questo lo vivo giorno dopo giorno, ad esempio nel dare un po’ del mio tempo per qualcuno che ha bisogno e sentirlo veramente come mio fratello…e soffrire oppure gioire con lui. Qualche giorno fa sono arrivato a casa stanco morto dopo il lavoro e l’unica cosa che desideravo era riposarmi un po’. Un altro focolarino stava preparando la cena e mi ha chiesto una mano perché era in ritardo. Ho cominciato ad aiutarlo, così, dimenticandomi della mia stanchezza, ho sentito la gioia di poter vivere per lui. Facendo queste piccole esperienze, riesco a scoprire me stesso ancora di più. Vedo che i miei limiti diventano una pedana di lancio e che i miei orizzonti si allargano soprattutto nei confronti delle altre culture. Nella convivenza con persone di altri paesi sento che le uniche barriere che possono esserci sono quelle dentro noi stessi. E questo mi fa anche superare la paura di andare incontro allo sconosciuto, a quello che è diverso da me, perché ho capito che la diversità non crea tanto la divisione ma serve al complemento di noi stessi. Ora sto completando la mia formazione nella Scuola dei focolarini in Svizzera. Poi ancora non so in quale focolare del mondo andrò, con chi abiterò, ma sento che Dio mi ha chiamato personalmente per contribuire a realizzare la fraternità nel mondo, abbracciando la famiglia dell’umanità intera con un cuore libero, e per questo ideale voglio dare la mia vita». Da Genfest 2012
(altro…)
Ott 6, 2012 | Cultura, Focolari nel Mondo

Papa GIOVANNI XXIII firma l’indizione del Concilio Vaticano II 11 Ottobre 1962
L’anno 2012 porta con sé un anniversario del tutto particolare: il giorno 11 ottobre 1962 fu aperto da Giovanni XXIII il Concilio Vaticano II. La stessa data fu scelta, trent’anni più tardi, per la pubblicazione, da parte di Giovanni Paolo II, del Catechismo della Chiesa cattolica (11 ottobre 1992) . E sempre l’11 ottobre avrà inizio l’Anno della Fede, indetto da Benedetto XVI con la Lettera apostolica Porta fidei: «Quest’anno – spiega la Congregazione per la dottrina della fede – sarà un’occasione propizia perché tutti i fedeli comprendano più profondamente che il fondamento della fede cristiana è “l’incontro con un avvenimento, con una Persona che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva”. Fondata sull’incontro con Gesù Cristo risorto, la fede potrà essere riscoperta nella sua integrità e in tutto il suo splendore. “Anche ai nostri giorni la fede è un dono da riscoprire, da coltivare e da testimoniare”, perché il Signore “conceda a ciascuno di noi di vivere la bellezza e la gioia dell’essere cristiani”». Per la Chiesa cattolica questo tema ha un’importanza centrale, come testimonia la decisione da parte di Benedetto XVI di erigere, il 20 settembre 2010, un nuovo Dicastero: il Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione. Si tratta di un intreccio di avvenimenti e di tematiche che si incontrano nel primo rilevante avvenimento dell’Anno della Fede, costituito dalla XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che avrà luogo dal 7 al 28 ottobre 2012 sul tema La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana. Abbiamo chiesto a tre teologi una riflessione sulla tematica del Sinodo. Piero Coda, nel suo testo Vaticano II e nuova evangelizzazione – Un unico Kairós, riporta il tema della nuova evangelizzazione alle sue radici, nelle scelte operate dal Concilio Vaticano II. La riflessione di Julie Tremblay, La qualità della nostra fede, sottolinea la condizione essenziale della nuova evangelizzazione posta a tema del Sinodo: vivere il Vangelo in modo nuovo. Il teologo anglicano Callan Slipper, nel suo intervento La “nuova evangelizzazione” in una prospettiva anglicana, sottolinea come l’impegno intrapreso dalla Chiesa cattolica costituisca uno sguardo convincente ed utile anche alle altre Chiese, che condividono il medesimo orizzonte problematico. In questo contesto, appare molto opportuno uno “scambio dei doni” tra le Chiese. Per approfondimenti continua su: Nuova Umanità online Editoriale a cura di Antonio Maria Baggio, tratto dal trimestrale di cultura Nuova Umanità (altro…)
Ott 5, 2012 | Cultura, Famiglie, Focolari nel Mondo
«Abitiamo da quindici anni in un condominio. Quattro scale, centoventi appartamenti. Appena sposati, desideravamo impostare rapporti di buon vicinato e magari anche trasmettere con gioia il nostro stile di vita, improntato sul Vangelo vissuto. Ma, lavorando tutto il giorno, non riuscivamo nemmeno a vederli, i nostri vicini. Dopo la nascita dei bambini, abbiamo conosciuto altri genitori con i loro figli al parco o nel cortile condominiale. È nata l’idea di invitare qualcuno di loro a cena, cui sono seguite altre occasioni di festa e scampagnate. L’atmosfera condominiale finalmente cominciava ad acquistare un certo calore. Alle volte i rapporti decollano quando, superato il naturale riserbo, non solo si cerca di dare, ma si trova anche il coraggio di chiedere. Marco un giorno stava passando dei cavi nel nostro appartamento, ma si accorge che da solo non ce l’avrebbe fatta. Con un po’ di umiltà chiede aiuto al dirimpettaio, che accorre con gentilezza inaspettata. Un sabato di agosto particolarmente torrido e afoso rientriamo a mezzanotte. I bambini addormentati sono a peso morto tra le nostre braccia. Davanti alla luce rossa dell’ascensore due coppie sono già in attesa. Non sembrano avere la minima intenzione di lasciar salire prima noi, nonostante il “carico”. Con loro c’erano state discussioni, circa l’inopportunità – a detta loro – di far giocare i bambini – i nostri – nel cortile condominiale. Entrano nell’ascensore. Mentre aspettiamo di salire a nostra volta, l’ascensore si blocca e suona l’allarme. La scala è praticamente deserta, con questo caldo sono tutti fuori città. Che fare? Chiamare i vigili del fuoco o l’assistenza, e poi portare a letto i bambini e stare tranquilli? In fondo non ci hanno trattato molto bene. Però l’aria starà diventando infuocata dentro la cabina dell’ascensore… Marco corre nel locale del motore e con molta fatica riporta l’ascensore al piano, liberando i malcapitati. Una sera siamo a cena fuori con dei nostri vicini. A un certo punto i loro genitori, pure nostri condomini, li chiamano per avvertirli che dal loro appartamento sta uscendo acqua. Ci precipitiamo tutti a casa. Lo sportello della lavatrice si era aperto e l’acqua continuava a caricare all’infinito. Risultato: due centimetri di acqua dappertutto, senza contare quella che stava defluendo giù per le scale dalla porta d’ingresso. La situazione appariva tragica pensando ai possibili danni per i vicini del piano di sotto, che avevano appena messo il parquet. Ci offriamo di far dormire da noi i bambini. Gli uomini cominciano a spingere l’acqua fuori dalbalcone, le donne a raccoglierla nei secchi con gli stracci. Il peggio è evitato, per fortuna. Una sera, mentre riordino il salone, sentiamo urla terribili provenire dal piano di sotto. Sulle prime pensiamo di non immischiarci. Ma poi Marco scende. La porta dell’appartamento è spalancata. Marco con trepidazione entra. Il figlio di 18 anni è trattenuto a terra da due condomini. Il padre barcolla, con lo sguardo perso nel vuoto. La madre si dispera e tra i singhiozzi dice che il ragazzo voleva gettarsi dal balcone. Un altro vicino si tampona la faccia perché aveva ricevuto un pugno dal ragazzo, che nel frattempo continua a sussultare e a imprecare con gli occhi sbarrati e la bava alla bocca. Aiutiamo come possiamo, soprattutto consolando i genitori e aspettando insieme l’ambulanza che avrebbe portato il ragazzo all’ospedale, in overdose di cannabis. Anche questo può accadere in un condominio». (Anna Maria e Marco, Italia) Tratto da Una buona notizia. Gente che crede gente che muove – Città Nuova Editrice, 2012
E nel tuo condominio come va?
(altro…)
Ott 4, 2012 | Chiara Lubich, Chiesa, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Klaus Hemmerle (1929-1994), già vescovo di Aachen (Aquisgrana, Germania) è stato un teologo e filosofo di spicco che ha dato, con la sua particolare impronta, un importante contributo per l’approfondimento dottrinale del carisma dell’unità e per la sua diffusione tra i vescovi. Scrive Mons. Hemmerle in riferimento alla frase di Gesù: “Ciò che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40):
- «Questa Parola ci dice in modo definitivo chi è l’uomo e quale è la sua realtà… Questa interpretazione dell’uomo è certamente uno scandalo, non minore di quello con cui Gesù scandalizzava gli uomini dichiarandosi Figlio di Dio. In nome della propria libertà, in nome della propria identità e peculiarità l’uomo ritiene di dover contestare il fatto che lo si identifichi con Gesù Cristo. L’uomo vuole essere amato per se stesso, per quello che è, non vuole essere degradato ad una sorta di maschera di Gesù. Teme piuttosto che quel ‘di più’ di amore che egli riceve per amore di Gesù, sia qualcosa che non tiene conto di lui, qualcosa che lo lascia fuori, qualcosa che lo deruba dell’amore che egli desidera per se stesso, e di cui ha bisogno. Ma chi ama in modo tale che per amare Gesù nell’altro trascura l’altro come persona, così facendo trascura anche Gesù. E chi considera la presenza di Gesù nell’uomo in maniera tale da sminuire la realtà dell’uomo, in realtà non ha affatto compreso la presenza di Gesù nel prossimo.
- Gesù si fa uno con me, cioè non mi lascia solo. Egli è dalla mia parte in modo radicale, mi accetta così come sono, e ciò che riguarda me riguarda pure Lui. Io rimango me stesso, io divento pienamente me stesso, proprio perché non rimango solo.
- Il mistero di Cristo è il mistero di ogni uomo. Che significa ciò per la persona che incontro e che significa per me e la mia vita? In riferimento all’altro significa che non ho mai a che fare con qualcuno che è semplicemente l’anello di una catena, o la rotella di un macchinario o un semplice numero nella grande quantità di materiale umano. Ogni qualvolta incontro un volto umano, incontro Dio nella sua realtà incondizionata, incontro quella voce che sopra questo volto umano pronuncia ciò che ha detto di Gesù sul monte della Trasfigurazione: “Questi è il mio figlio prediletto!” (Mc 9,7). Non ci sono eccezioni.
- Incontriamo Cristo in particolare negli ultimi, in chi sembra essere più lontano da Lui, nelle persone in cui il volto di Cristo sembra essere oscurato. Come mai? Sulla croce, vivendo l’abbandono di Dio, facendosi persino peccato (2 Cor 5,21), Gesù si è identificato con ciò che è più lontano da Dio, con ciò che più sembra contrapporsi a Lui. Solo scoprendo Cristo nel prossimo, in chi è più lontano dal mistero della propria persona e dal mistero di Cristo, e donando alla persona quell’amore umano che si rivolge in modo indiviso a lui e a Cristo stesso, il prossimo potrà scoprire la propria identità con Gesù, la sua vicinanza a Lui, l’essere pienamente assunto da Lui.”
Pensieri tratti da “Offene Weltformel” (altro…)
Ott 3, 2012 | Cultura, Focolari nel Mondo

© Maria Cristina Criscola
“Per me dipingere è andare incontro al mistero”, afferma Maria Cristina Criscola in una recente intervista. E continua: “Non mi sono mai posta un modello come stile… cerco di essere rigorosa con le tecniche; nello stesso tempo, cerco di approfondire lo ‘spogliamento’ per arrivare all’intimità più profonda di ciascuno”. Parole che esprimono la ricerca dell’artista argentina, che non è solo umano-artistica, ma spirituale. E le sue opere accompagnano questo processo nella ricerca della luce. Lo afferma anche il Dott. Claudio Villareal, curatore di una mostra che riunisce le opere di Criscola dal 1978 al 2012, dal titolo “Incontrare l’eterno nella marea del futile”: “È, nel contempo, presenza e spogliamento. È lo spirito della materia. Davanti alle sue opere, “tacere è abbastanza azzeccato”, come diceva Rothko. Le grandi dimensioni delle sue tele ci mettono in contatto con questo TUTTO che abita in tutto. Con questo spirito che prevale, che è il contenuto della materia alla quale dà forma, liberandola nella luce. I colori sono più che dei mezzi, più che dei simboli”. Qualche linea biografica: Maria Cristina Criscola è nata nel 1943 a Buenos Aires. Negli anni ’70 frequenta diverse accademie di Belle Arti (Manuel Belgrano, Prilidiano Pueyrredón, Ernesto de la Cárcova) e ne esce come docente di Dipinto, con specializzazione in dipinto murale. Fino al 2007 è docente, e per 10 anni anche direttrice, dell’Accademia di Belle Arti Manuel Belgrano. Nel 1989 presso la Facoltà delle Belle Arti dell’Università Complutense di Madrid, presenta un corso di dottorato dal titolo Colore, Forma e Contenuto. 
© CSC – Maria Cristina Criscola
In seguito si succedono molteplici esposizioni e mostre in Argentina e in altri Paesi. Momenti importanti sono i lunghi periodi al Centro Ave Arte, a Loppiano (Firenze), durante i quali realizza diversi progetti di vetrate e porte per chiese. Ma soprattutto approfondisce, insieme ad altre artisti, l’arte illuminata dalla spiritualità dell’unità. A coronamento di questa esperienza il bozzetto e la realizzazione, nel 2004, della porta principale del santuario della Diocesi di Fiesole intitolata a Maria Thèotokos (madre di Dio) sempre a Loppiano. Criscola ha anche un suo atelier, “Il Bello”, nella Mariapoli Lia (O’Higgins, Buenos Aires), un luogo dove sperimentare, come afferma l’artista che si crea “da un punto di quiete, da un posto assoluto dove tutto abita”. L’arte concepita come forma di conoscenza e di comunicazione, o meglio, di comunione. La mostra che ripercorre tutta la sua produzione artistica rimarrà aperta fino al 7 ottobre a Berazategui (Buenos Aires). (altro…)
Ott 2, 2012 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Brulica la vita alla Fattoria Loppiano, sulle colline del Chianti toscano, in questo periodo di vendemmia. Anche nei territori circostanti storicamente caratterizzati dalla presenza di altre importanti fattorie, che hanno reso nel tempo quest’area fiorente sotto l’aspetto della produzione agricola e per lo sviluppo della comunità locale. L’arrivo dei Focolari, a metà degli anni sessanta, a Loppiano, aveva dato già un notevole impulso allo sviluppo del territorio, anche con la costituzione della Cooperativa Loppiano Prima, nel 1973, che in quasi quarant’anni di vita ha conosciuto uno sviluppo sorprendente. “La Fattoria Loppiano è invece nata alla fine del 2004, per adeguare l’assetto della ben nota Cooperativa Loppiano Prima alla nuova legislazione italiana sulle cooperative agricole”, racconta Giorgio Balduzzi, direttore generale della Fattoria. “La Cooperativa ha ceduto l’attività strettamente agricola ad una nuova azienda formata dai soci lavoratori. È nata così la Fattoria Loppiano di cui la Cooperativa è socio sostenitore di maggioranza”. Partiamo dai numeri: la Fattoria lavora 200 ettari di terreno, distribuiti tra vigneto, oliveto e terreni ad uso seminativo tutti certificati biologici. Tra i suoi prodotti annovera quelli tipici delle colline toscane: vino Chianti, vinsanto, grappa, cereali tra i quali farro, orzo e pasta di grano duro. Inoltre, ci sono 5.000 piante di olivo delle diverse varietà, che fruttano l’olio extra vergine ottenuto tramite spremitura a freddo.
Negli ultimi anni alcuni appartamenti sono stati ristrutturati per l’uso agrituristico, nel più totale rispetto dei volumi e dei materiali originali toscani, rendendo gli alloggi accoglienti e armoniosi. L’agriturismo, oltre ad appartamenti arredati e indipendenti, offre vari servizi: piscina, mountain bike, lezioni private di tennis e visita in azienda con degustazione dei vari prodotti. Il pernottamento in azienda permetterà di poter svolgere attività di più giorni nella “fattoria didattica”, ospitando scolaresche di istituti primari, secondari, università, famiglie o gruppi di altre nazioni europee. Produzione, vendita, profitto, ma anche “prodromo di Economia di Comunione”, fraternità, reciprocità. Come si conciliano queste parole, in riferimento all’esperienza sia della Cooperativa che della Fattoria? “Alla base c’è la volontà di attuare una nuova conduzione aziendale basata sull’ascolto reciproco – continua Giorgio Balduzzi – accogliendo l’idea altrui anche se diversa dalla propria; nel rispetto dell’altro e accogliendo la diversità come ricchezza di pensiero, mirando cosi collegialmente ad un bene aziendale”. E questa sfida non è scontata, ci sono momenti difficili, “momenti in cui ci dobbiamo ricordare lo scopo del nostro lavorare insieme, rispettando e coordinando i vari ruoli, anche gerarchici; adottando ogni mattina come target la fraternità che è alla base della nostra scelta di vita”. Nonostante il momento attuale di crisi, la serenità per andare avanti è frutto di esperienze importanti, che puntano alla valorizzazione dei talenti, dei rapporti personali e dei beni aziendali. Grazie a questa aperta condivisione dei problemi, subentra una forza vitale e propulsiva che rende ogni lavoratore parte di un corpo solidale, capace di soluzioni innovative che guardano avanti, fedeli al Vangelo, nella concretezza di ogni giorno. (fine seconda parte… continua). A cura di Paolo Balduzzi
(altro…)
Ott 1, 2012 | Cultura
Politica e diritto, Istituzioni e Codici scritti, ma anche relazioni tra esseri umani. Vivere governandosi attraverso leggi condivise è difficile, ma inevitabile. Lo riassume bene la figura di Caino: egli rifiutò suo fratello; ma fu poi il fondatore, nella tradizione biblica, della prima città, nella quale la convivenza fraterna era resa possibile attraverso la legge. Il libro costituisce uno dei frutti più maturi delle ricerche sulla fraternità, mettendo al centro dell’interesse la fraternità intesa come principio relazionale. I contributi affrontano le prospettive diverse e complementari del dibattito contemporaneo. Antonio Maria Baggio è professore di Filosofia politica all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano, dove coordina il Dipartimento di Studi politici. Nell’ambito delle ricerche sulla fraternità in politica ha curato diversi volumi, tra i quali: Il principio dimenticato. La fraternità nella riflessione politologica contemporanea, Roma 2007; La fraternidad en perspectiva política. Exigencias, recursos, definiciones del principio olvidado, Buenos Aires 2009. Contributi di Antonio Maria Baggio – Adriana Cosseddu – Paolo Giusta – Rodrigo Mardones – Antonio Márquez Prieto La collana IDEE / POLITICA, sotto la direzione di Antonio Maria Baggio, intende offrire al pensiero politologico un contributo di riflessione ispirato alla cultura della fraternità, coinvolgendo esponenti significativi del dibattito contemporaneo. Della stessa collana:
- Filippo Pizzolato – Il principio costituzionale di fraternità – Itinerario di ricerca a partire dalla Costituzione Italiana
- A.Marzanati / A.Mattioni (ed.) – La fraternità come principio del diritto pubblico
- A.M. Baggio (ed.) – Il principio dimenticato – La fraternità nella riflessione politologica contemporanea
Ordinazioni: Citta’ Nuova Editrice (altro…)
Ott 1, 2012 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
“La spiritualità dell’unità o di comunione mi ha dato la possibilità di comprendere e vivere con maggiore donazione la sublime vocazione del battesimo, della consacrazione religiosa, del sacerdozio e dell’episcopato”. A queste parole, contenute nel suo testamento spirituale, Mons. Lucas Donnelly – vescovo di Deán Funes (Argentina), scomparso lo scorso 31 agosto all’età di 91 anni – aveva affidato la sintesi meravigliosa del suo apostolato e del contributo spirituale venutogli dalla conoscenza del Movimento dei Focolari. Da dodici anni viveva stabilmente nella cittadella del Movimento situata ad O’Higgins (a 250 km da Buenos Aires). Amante della musica classica – su tutti Chopin –, è stato per molti un testimone autentico dell’amore a Cristo anche in quegli ultimi frangenti di vita: “Sto perdendo la memoria – aveva confidato –, ma trovo grande conforto nella preghiera e nella meditazione “. Nato nel 1921 da genitori di origine irlandese, ultimo di sei figli, già da ragazzo coltiva il desiderio profondo di donarsi totalmente a Dio. Sceglie di consacrarsi nell’Ordine Mercedario dalla specifica vocazione di liberare l’uomo da tutte le attuali forme di schiavitù, e diviene maestro e guida della sua comunità negli anni duri della dittatura argentina. Donnelly si dimostra un pastore rispettoso delle libertà di spirito di ciascuno ed anche un uomo di grande acume intellettuale. Intuisce “che si stava preparando un cambiamento importante nella Chiesa…quello che avrebbe poi preso forma e sarebbe stato siglato dal Concilio Vaticano II … Mi è sempre piaciuto provare cose nuove, senza trascurare la cosa più importante”, l’amore per Dio. Alla fine degli anni Cinquanta avviene il suo incontro con i Focolari e, quello personale, con la fondatrice Chiara Lubich. Si prodigherà attivamente per far conoscere il Carisma dell’unità a tanti e allo sviluppo della branca dei vescovi amici “dell’Opera di Maria”. Nel 1980 viene nominato vescovo di Deán Funes e riceve l’ordinazione episcopale da Giovanni Paolo II. Dirà di papa Wojtyla: “Ho avuto un profondo rapporto con lui. Ogni volta che andavo a Roma lo incontravo personalmente. Venti volte ho presenziato alle sue udienze”. Dopo un anno trascorso al Centro internazionale “Claritas” per i religiosi a Loppiano, diventa nel 2000 il primo cittadino-vescovo della cittadella Lia in Argentina, dove vive per 12 anni. In quell’occasione è la stessa Chiara Lubich a scrivergli: “Benvenuto nella prima cittadella che ha la gioia e l’onore di accogliere tra i suoi abitanti un successore degli apostoli, un Vescovo che tanto ha dato alla Chiesa”. In un passaggio del suo testamento spirituale Mons. Donnely racconta così quest’esperienza: «In questo centro, ho potuto sperimentare ciò che significhi l’amore come esperienza vitale, ciò che significhi vivere con “Gesù in mezzo” in tutti i momenti e circostanze della vita quotidiana. In questo modo sono riuscito a comprendere meglio il mistero di “Gesù Abbandonato”, chiave dell’unità con Dio e fra gli uomini ed ho scoperto il fratello come strada sicura per l’unione con Dio». Oggi sono in molti a ricordarlo. Nella cittadella è stato una presenza operosa e, al tempo stesso, silenziosa di apostolato alla sequela di Cristo, realizzando pienamente quanto Chiara Lubich gli aveva scritto dodici anni addietro: “Con la sua presenza e la sua sapienza, Gesù in mezzo nella cittadella crescerà e sarà più splendente”. (altro…)
Ott 1, 2012 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Sabato sera, al tramonto del sole. La sala d’esposizione del complesso comunale “Il Cortile” di Berazategui è affollata di pubblico che ammira le opere su tela e foto plastica dell’artista Maria Cristina Criscola, presentate nella mostra che sta per essere inaugurata. Improvvisamente qualcuno incomincia a cantare e, nella sorpresa generale, gli altri si uniscono al coro. Sono i membri del Coro del Municipio di Berazategui che, con i loro canti, danno inizio all’inaugurazione. Alcuni sono al pian terreno, altri nel soppalco, e la melodia riempie tutto lo stabile. A seguire i discorsi rituali e il brindisi. Il catalogo della mostra – che riunisce opere dal 1978 al 2012 – dice: “Incontrare l’eterno nella marea del futile” e, come dice il curatore, Dott. Claudio Villareal, “È, nel contempo, presenza e spogliamento. È lo spirito della materia. Davanti alle sue opere, “tacere è abbastanza azzeccato”, come diceva Rothko. Le grandi dimensioni delle sue tele ci mettono in contatto con questo TUTTO che abita in tutto. Con questo spirito che prevale, che è il contenuto della materia alla quale dà forma, liberandola nella luce. I colori sono più che dei mezzi, più che dei simboli. Il bianco, il nero, il rosso …”. Potremmo dire che la vita di Maria Cristina Criscola è ricca sia nella ricerca della crescita umano artistica, che in quella spirituale. Infatti le sue opere accompagnano questo processo nella ricerca della luce, come lei stessa dice: “Non mi sono mai posta un modello come stile; per me dipingere è andare incontro al mistero. Cerco di essere rigorosa con le tecniche; nello stesso tempo, cerco di approfondire lo spogliamento per arrivare all’intimità più profonda di ciascuno”.
L’artista è nata nel 1943 a Buenos Aires. Nella decade del ’70 esce dalle Scuole delle Belle Arti “Manuel Belgrano”, “Prilidiano Pueyrredón” e Ernesto de la Cárcova” come Professoressa Nazionale Superiore di Dipinto, Specialità Dipinto Murale. È stata docente fino al 2007 (direttrice negli ultimi 10 anni) della Scuola delle Belle Arti “Manuel Belgrano”. Nel 1989 nella Facoltà delle Belle Arti dell’Università Complutense di Madrid, assiste al corso di Dottorato “Colore, Forma e Contenuto”. In seguito si succedono molteplici esposizioni e mostre in Argentina e in altri paesi. Momenti importanti per la Criscola sono i lunghi periodi al Centro Ave Arte, a Loppiano (Firenze, Italia), durante i quali realizza diversi progetti di vetrate e porte per chiese. A coronamento di questa esperienza il bozzetto e la realizzazione, nel 2004, della porta principale del santuario della Diocesi di Fiesole intitolata a Maria Thèotokos (madre di Dio) sempre nella Cittadella di Loppiano (Firenze, Italia). Criscola ha anche un suo atelier, “Il Bello”, nella Mariapoli Lia (O’Higgins, Buenos Aires). La mostra che percorre tutta la sua produzione artistica rimarrà aperta fino al 7 ottobre. (altro…)
Set 30, 2012 | Parola di Vita
«Sulla tua parola getterò le reti». Dopo una notte infruttuosa, Pietro, esperto nella pesca, avrebbe potuto sorridere e rifiutarsi di accettare l’invito di Gesù a gettare le reti di giorno, momento meno propizio. Invece, passando oltre il suo ragionamento, si fidò di Gesù. È questa una situazione tipica attraverso la quale anche oggi ogni credente, proprio perché credente, è chiamato a passare. La sua fede, infatti, è messa alla prova in mille modi. Seguire Cristo significa decisione, impegno e perseveranza, mentre in questo mondo in cui viviamo tutto sembra invitare al rilassamento, alla mediocrità, al “lasciar perdere”. Il compito appare troppo grande, impossibile a raggiungersi, e fallito in anticipo. Occorre allora la forza di andare avanti, di resistere all’ambiente, al contesto sociale, agli amici, ai mass-media. È una prova dura da combattere giorno per giorno, o meglio ora per ora. Ma, se la si affronta e la si accoglie, essa servirà a farci maturare come cristiani, a farci sperimentare che le straordinarie parole di Gesù sono vere, che le sue promesse si attuano, che si può intraprendere nella vita un’avventura divina mille volte più affascinante di quante altre ne possiamo immaginare, dove possiamo essere testimoni, ad esempio, che mentre nel mondo la vita è spesso così stentata, piatta ed infruttuosa, Dio ricolma di ogni bene chi lo segue: dà il centuplo in questa vita, oltre alla vita eterna. È la pesca miracolosa che si rinnova. «Sulla tua parola getterò le reti». Come mettere in pratica allora questa Parola? Facendo anche noi la scelta di Pietro: «Sulla tua ‘parola’…». Aver fiducia nella sua Parola; non mettere il dubbio su ciò che Egli chiede. Anzi: basare il nostro comportamento, la nostra attività, la nostra vita sulla sua Parola. Fonderemo così la nostra esistenza su ciò che vi è di più solido, sicuro, e contempleremo, nello stupore, che proprio là dove ogni risorsa umana viene meno, Egli interviene, e che là, dove è umanamente impossibile, nasce la vita.
Chiara Lubich
[1] Pubblicata in
Città Nuova, 1983/2, pp. 40-41.
Set 29, 2012 | Focolari nel Mondo, Sociale
Da Rio+20 a LoppianoLab, dal progetto in corso in Bolivia alla Giornata internazionale dell’alfabetizzazione. Ecco alcuni fronti dove è attualmente impegnata l’AMU, l’ONG dei Focolari. Ripercorriamo la sua storia. Quando il Movimento dei Focolari si è diffuso dall’Europa ad altri continenti, si è trovato spesso di fronte a situazioni di estrema povertà. L’amore per i poveri e il “farsi uno” con la realtà locale si è concretizzato in azioni sociali come scuole, ambulatori, centri sociali. Man mano che queste azioni prendevano forma, si avvertiva la necessità di avere uno strumento che le sostenesse economicamente e aiutasse a cercare soluzioni in modo non assistenzialistico, ma nell’ottica dello sviluppo e della reciprocità. Così, nel 1986, si è costituita l’Associazione Azione per un mondo unito (AMU), Organizzazione Non Governativa, riconosciuta dal Ministero degli Affari Esteri italiano ad operare nel campo della cooperazione, della formazione e dell’educazione allo sviluppo.
Ad oggi l’AMU ha realizzato 350 progetti in 56 Paesi in diversi ambiti: dall’istruzione alla formazione professionale, dal sostegno alle necessità primarie (alimentazione, casa, salute), alla costruzione di infrastrutture, dagli interventi post emergenza al micro credito e micro imprenditoria. Ma tutto questo non è sufficiente se non è accompagnato da un cambiamento culturale che riguarda tutti, nel Nord e nel Sud del mondo. Per questo, accanto ai progetti di sviluppo, l’AMU lavora per la promozione dei diritti umani. Attraverso convegni e corsi di formazione propone l’attenzione ai beni comuni, la pratica di stili di vita sobri e solidali, l’uso responsabile delle risorse, la cittadinanza attiva a livello locale e globale.
Al centro di ogni suo intervento, l’AMU cerca di mettere la persona con i suoi diritti e le sue necessità. Lo fa applicando la comunione come metodologia, lavorando con le persone, per risolvere insieme i problemi e produrre cambiamenti efficaci e sostenibili nel tempo. Quando si crea tra le persone un rapporto in cui ciascuno ha la possibilità di dare e di ricevere – in una parola quando si crea reciprocità – allora il progetto ha raggiunto il suo obiettivo. Chi dà sente anche di ricevere e chi riceve sente il desiderio di dare a sua volta; si passa così dalla solidarietà alla fraternità. Molte persone, in ogni parte del mondo, sono collegate con l’AMU attraverso il sito web e la rivista AMU Notizie. Donatori e beneficiari, ognuno partecipa e collabora secondo la propria sensibilità, esigenze e possibilità. Tutti, senza distinzione, possono far parte di questa rete che è per l’AMU la ricchezza più grande. (altro…)
Set 28, 2012 | Nuove Generazioni
Anche i e le gen 4 dei Focolari (bambini dai 4 agli 8 anni) hanno vissuto, in prima linea, il Genfest 2012 insieme ai giovani e agli adulti. In tutto il mondo, hanno promosso e portato avanti varie iniziative per raccogliere fondi e così permettere a più giovani possibili delle loro città di partecipare a questo evento. Qualche flash: A Hong Kong hanno confezionato dei gustosissimi cup-cake e coni gelato, mentre in Panama dei portachiavi colorati. In molte città, poi, rinunciando a qualche gelato o bibita, hanno messo in comune il corrispettivo in soldi. Alcuni sono partiti con mamma e papà per Budapest, partecipando di persona a questo momento così speciale. Sara e Rossella ci raccontano le loro esperienze: Sara (6 anni):«La cosa che mi è piaciuta di più è stata quando, nel posto dove abbiamo fatto la Messa, abbiamo dato le nostre cose da mangiare alla signora povera che ci aveva chiesto dei soldi. Mi è piaciuto che c’erano tanti giovani che avevano le bandiere di tutto il mondo. Così lo facciamo già, il mondo unito! Nel Flashmob sul Danubio, abbiamo scritto sulle sciarpe gli atti d’amore che vogliamo fare».
Rossella (8 anni): «Con la mia famiglia ho partecipato al Genfest. E’ stato molto bello perché c’erano tanti giovani da tutto il mondo, ci siamo divertiti tutti. Abbiamo ballato, cantato e ascoltato delle esperienze. Ho capito che devo sempre ricordarmi della regola d’oro cioè voler bene tutti (anche ai miei compagni di scuola che non mi restituiscono le penne!) come voglio bene a me stessa. Il Flashmob è stato magico, meraviglioso. Vedere tutti quei ragazzi sul Ponte delle Catene e fare tutti insieme la stessa cosa, tutti si volevano bene come Gesù ci vuole bene. Sulla sciarpa usata per il Flashmob ho scritto: anche se sto male non devo essere triste ma continuare ad amare. Durante il Genfest ho fatto alcuni atti d’amore, ho mangiato il cibo che ci davano nell’arena anche se non mi piaceva tanto; ho prestato i miei pennarelli ad alcuni giovani per scrivere sulle sciarpe e ho giocato con mio fratello e Sara, anche se ero stanca».
(altro…)
Set 28, 2012 | Cultura, Spiritualità
Il volume fa parte della nuova collana dell’editrice Città Nuova “Studi della Scuola Abbà”, espressione culturale pluridisciplinare del Centro studi del Movimento dei Focolari fondato da Chiara Lubich per l’elaborazione della dottrina contenuta nella spiritualità dell’unità. Oggetto fondamentale di studio sono gli scritti legati alla luminosa esperienza mistica vissuta dalla Fondatrice negli anni 1949-1950, e che è all’origine del Movimento dei Focolari, alla quale i membri della Scuola Abbà, esperti nelle diverse scienze, attingono per rileggere le proprie discipline. In questo testo si approfondisce il momento iniziale di tale esperienza, avvenuto il 16 luglio 1949, con un “Patto di unità” tra lei e l’onorevole Igino Giordani. I contributi – a firma di Atzori, Rossé, Leahy, Ciardi, Morán, Henderson, Blaumeiser, Araújo, Cosseddu, Ferrara, Bruni – commentano il racconto fatto da Chiara Lubich di tale Patto secondo diverse prospettive di lettura che, spaziando dall’ambito teologico, ecclesiologico, spirituale all’ambito letterario, sociologico, giuridico, politologico, economico, ne offrono una attualizzazione ricca per la vita della Chiesa, delle comunità ecclesiali, e per la società. Ordinazioni: Città Nuova (altro…)
Set 28, 2012 | Cultura
Si è svolto al “Mondo Migliore” di Rocca di Papa dal 30 agosto al 1° settembre scorso il seminario internazionale: “Servizio sociale professionale e agire agapico: riflessioni teoriche, processi operativi” proposto da Social-One e dalla Fondazione Zancan. Una trentina di studiosi del servizio sociale provenienti prevalentemente dall’Italia, ma con presenze importanti da: Brasile, Argentina, Stati Uniti e Romania, si sono confrontati per focalizzare meglio il rapporto tra l’agire agapico – innovativa chiave interpretativa per le scienze sociali proposta da Social One ormai da alcuni anni – e il servizio sociale. Ma cos’è il servizio sociale? Il servizio sociale è un sistema di valori, teoria e pratica e nelle sue varie forme esso è orientato verso le molteplici, complesse interazioni tra le persone e il loro ambiente. La sua missione è abilitare tutte le persone a sviluppare il proprio potenziale, arricchire le loro vite e prevenire i disagi. Il servizio sociale professionale è focalizzato sulla soluzione dei problemi e sul cambiamento. Così, gli assistenti sociali che del servizio sociale sono i professionisti principali, sono agenti di cambiamento nella società e nelle vite delle persone, delle famiglie e delle comunità di cui sono al servizio. Ma oggi, come sappiamo, i sistemi dei servizi alle persone stanno cambiando: tutto può essere messo in discussione e i principi cardine del pensiero sociale sono sottoposti a sollecitazioni forti che si ripercuotono sulle persone e sui professionisti che vi operano. Ecco perché Social-One si è interrogata su queste sfide. Nella sua presentazione introduttiva la coordinatrice di Social One, Vera Araújo, ha così espresso l’intento che ci si prefiggeva per quei giorni: «Vogliamo comporre anche in questo Seminario una comunità dialogante, consapevole che per una miglior comprensione della realtà sociale e delle persone che ne sono attori, è utile ascoltare e confrontarsi (…),e che il cammino della storia non si ferma, dunque bisogna lanciarsi verso il futuro con coraggio nonché verso spazi non ancora esplorati».
La relazione che ha dato il via al seminario è stata proposta da Tiziano Vecchiato, Direttore Scientifico della Fondazione Zancan, che da alcuni anni condivide il cammino di Social-One. Egli ha evidenziato che «il servizio sociale affonda le proprie radici professionali proprio nell’incontro con le persone. L’intenzione è di valorizzare le loro capacità e potenzialità. L’impegno di ascolto, orientamento e accompagnamento sono altrettanti modi di esprimerla, per aiutare promuovendo e condividendo responsabilità». Poi si è chiesto se e in che misura l’agire agapico possa rappresentare una componente costitutiva nell’esperienza professionale. Una possibile risposta: «una caratteristica dell’agire agapico è la capacità di essere generativo e di poter dare risposte in più di quanto ci si aspetta (l’eccedenza che è più del dono)». Sono seguiti i contributi di due docenti universitari di Siena – Angelo Lippi e Anna Maria Zilianti – che hanno commentato la relazione di Vecchiato. In particolare la Zilianti sottolineava che «l’agire agapico può essere la leva per dare impulso al cambiamento necessario in questo momento» fatto, come si diceva di smarrimento, crisi di valori e non solo. Angelo Lippi ha affermato che «con l’agire agapico ci sono le condizioni per esplorare relazioni “generative” che possono diventare un surplus da sviluppare anche all’interno delle organizzazioni pubbliche, private e del terzo settore». Da subito è scattato tra i presenti un clima collaborativo e stimolante che si avvertiva anche nei momenti di pausa e di intervallo dove si continuava a discutere e a elaborare insieme.
Il seminario ha previsto tre sessioni di approfondimento: la prima coordinata da Rosalba De Martis, dottore di ricerca in Scienze Sociali dell’università di Sassari, su “La relazione agapica come condizione generativa di eccedenza riconoscibile in termini di valore professionale, personale e sociale”, una seconda coordinata da Paolo De Maina del Comune di Roma su “Cura e prendersi cura” ed una terza da Michele Colasanto dell’Università Cattolica di Milano su “Agire agapico nelle organizzazioni e nelle istituzioni: ostacoli e criticità per nuovi modi di intendere la costruzione del bene comune”. In tutte le sessioni vi è stato un continuo scambio, ricco di prospettive. Molto importanti ed apprezzati gli interventi di alcuni professionisti provenienti da zone extraeuropee come Angela Maria Bezzera Silva del Brasile che ha delineato la storia e i tratti fondamentali del Servizio Sociale nel suo Paese che è il secondo corpo professionale del mondo, con circa 104 mila assistenti sociali, secondi solo agli USA. In Brasile, come in tutto il Latino America il Servizio Sociale non viene definita come una professione di aiuto, ma piuttosto come una professione che lavora per la trasformazioni delle cause strutturali della povertà e emarginazione, attraverso la mobilitazione, coscientizzazione, partecipazione delle classi popolari e di tutta la società civile. Maritza Vasquez Reyes proveniente dagli Stati Uniti che ha dato uno spaccato di questa Nazione con una ricca tradizione di servizio sociale e Rolando Cristão, dell’Argentina, che ha posto il problema del rapporto del servizio sociale e la comunità partendo dall’esperienza del suo Paese affermando che l’agire agapico è importante anche per migliorare le alternative di soluzioni ai problemi sociali attuali per moltiplicare le potenzialità delle comunità (problema sentito in America Latina) per il suo sviluppo e raggiungimento del bene comune. Importante e preziosa anche la presenza di due assistenti Sociali della Romania, Paese che sta riannodando il filo della propria storia dopo anni difficili. Nelle conclusioni Tiziano Vecchiato e Vera Araújo hanno sottolineato che il seminario ha indicato strade nuove da sperimentare perché «insieme possiamo rigenerare speranza, risorse, possibilità. E questo vale anche in tempi di crisi, di recessione, di razionalizzazione del nostro sistema di protezione sociale». Tutti i partecipanti hanno avvertito che questo seminario ha rappresentato un passo nuovo nel lavoro di ricerca che Social-One sta svolgendo. A cura di Paolo De Maina (altro…)
Set 28, 2012 | Chiara Lubich, Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Da quando ho saputo che l’anno appena trascorso sarebbe stato dedicato a vivere la “Parola” – racconta Maria –, il mio pensiero è tornato a quando, conosciuto il Movimento dei Focolari da ragazza, Chiara Lubich ci aveva incoraggiato a riscrivere, con la nostra vita, il Vangelo. Nel mese di marzo si viveva la frase: “Signore da chi andremo?”( Gv 6,68) e nel commento Chiara afferma che le Parole di Gesù vissute cambiano il nostro modo di pensare e di agire. Erano venuti alcuni operai a fare dei lavori in garage. Una persona del condominio, non essendo al corrente del fatto, si era risentita e aveva inveito contro l’idraulico. Per caso, mi sono trovata in mezzo a questa discussione e ho cercato di riportare la pace. Così prima ho parlato con l’uno, spiegandogli il motivo di questi lavori improvvisi e poi, con l’altro, perché capisse la ragione di questo suo sfogo. La tensione è cessata ed è tornata la serenità». «Una delle nostre figlie – continua Luigi –, con il cambio d’insegnante ha manifestato alcune difficoltà in una delle materie dove era sempre riuscita bene. Il problema era esteso a buona parte della classe, tanto che molti genitori sono intervenuti prendendo posizione contro l’insegnante. Abbiamo pensato di fare qualcosa per aiutare a sciogliere la tensione. La frase del Vangelo «Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!» (Lc 12,49), dove Chiara ci invita ad amare ciascuno coi fatti, ci ha aiutato ad avere l’atteggiamento giusto sia con nostra figlia, sia con gli altri genitori, sia con il professore. Ci siamo impegnati inviando lettere, partecipando alle riunioni dei genitori e con la preside, parlando con il professore, ascoltando le ragioni di ognuno e cercando di orientare tutti verso un dialogo costruttivo. Apparentemente questa esperienza non ha avuto un lieto fine perché circa la metà degli alunni della classe ha avuto il debito in questa materia. Ci pare, però, sia stata un’occasione per portare uno spirito diverso nella scuola e, soprattutto, abbiamo condiviso con nostra figlia questa “sconfitta”, aiutandola a superare l’ostacolo, pronti con lei a rispettare questo professore e pregando ogni sera anche per lui». «A maggio, ad una delle nostre figlie è stato diagnosticato un grave tumore – racconta Maria –. È stata una sorpresa: perché Dio ci chiede questo? Eravamo confusi… non era facile superare questo dolore. La Parola ci è stata ancora una volta di aiuto e pian piano abbiamo cercato di aderire a quanto Dio ci chiedeva. Il rapporto con Luigi e con i figli è diventato più forte. Abbiamo sentito l’amore di tanti con i quali abbiamo condiviso questa sospensione. L’operazione è andata bene. Nella stanza di Letizia – sono potuta stare accanto a lei tutto il tempo del ricovero – c’era una signora la cui famiglia abitava lontano. Era a digiuno da parecchi giorni per vie delle cure che stava facendo. La Parola di Vita di quel mese era «Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell’uomo vi darà» (Gv 6,27). Sentivo che questo cibo potevo offrirglielo attraverso le parole e alcuni piccoli servizi. Un giorno le ho prestato il giornale “Città Nuova”, e dopo poco ho visto che stava leggendo proprio la Parola di Vita». «Con l’estate siamo tornati al nostro paese natale dove ci attendeva una situazione familiare difficile: una zia di Maria bisognosa di tante cure e suo marito malato in ospedale, entrambi anziani e senza figli. Lo zio non conosceva in pieno della gravità del suo male. Gli siamo stati accanto fino al momento della morte. Le ultime notti, poi, le abbiamo trascorse sussurrandogli all’orecchio qualche preghiera. Ci sembra si sia preparato gradualmente all’incontro con Dio». (altro…)
Set 27, 2012 | Chiara Lubich, Nuove Generazioni
«…Pur se immersi, come tutti, nei mali del nostro tempo, voi giovani avete spesso nei vostri cuori e nelle vostre menti delle antenne che sanno cogliere onde particolari, che altri non sanno percepire. La vostra età vi fa liberi di nutrire aspirazioni nobili, come quelle della pace, della giustizia, della libertà, dell’unità; di sognare realizzazioni che ad altri parrebbero utopiche; di prevedere, nel terzo millennio, l’alba di un mondo nuovo, più buono, più felice, più degno dell’uomo, più unito. Ringraziamo Dio che esistete! Ma qual è ora la mia parola a voi? Essa ha da essere un’eco di quella di Gesù, ricordata dal Papa ai giovani nel 1995: “Come il Padre ha mandato me, così io mando voi“. È l’invito a portare la luce della verità nella società di oggi; è la sfida a quella che il Papa ha chiamato: “nuova evangelizzazione”. “Nuova evangelizzazione”!! Ma perché “nuova”? E che significa: “nuova”? Questo “nuova” può avere più significati. Io posso annunciarne uno. Oggi, come sapete, non bastano più le parole. I giovani, in specie, non ascoltano tanto i maestri, quanto i testimoni; vogliono fatti. Ed ecco che l’evangelizzazione potrà essere “nuova” se coloro che l’annunciano saranno anzitutto cristiani “doc”, autentici, che vivono per primi ciò che il Vangelo insegna; gente di cui si possa dire, come dei primi cristiani: “Guarda come si amano, e l’un per l’altro è pronto a morire”.
Sarà “nuova” poi se essi ameranno pure tutti gli altri uomini e donne, senza distinzione. E sarà “nuova” ancora se questi cristiani concretizzeranno il loro amore dando mano alle opere richieste dalle esigenze: cibo, vestiti, case, per chi non ha. E sarà “nuova” – state attenti adesso – infine, se parleranno, annunciando il Vangelo, solo dopo tutto questo. Cristiani che agiscono così – vi assicuro – portano nel mondo il fascino di Gesù e innamorano la gente di lui, cosicché il regno di Dio si espande oltre ogni aspettativa e la Chiesa si consolida e cresce. Cresce in modo tale che essi possono guardare lontano, come Gesù quando ha chiamato tutti alla fraternità universale pregando il Padre, dicendo così: “Che tutti siano uno“. Un sogno che può sembrare folle, ma che è possibile perché è il sogno di un Dio. Ed essi ci credono. Ci sono migliaia, anzi milioni di giovani di tutte le nazioni che stanno incamminandosi proprio verso questa meta. È a loro che Giovanni Paolo II ha detto: “Gli uomini che sanno guardare al futuro sono quelli che fanno la storia; gli altri ne sono rimorchiati…”[1]. E oggi il Papa, carissimi giovani, rivolge queste parole anche a tutti voi. Non deludetelo, non deludeteci. Io ve lo auguro con tutto il cuore». Tor Vergata (Roma), 19 agosto 2000, intervento di Chiara Lubich alla XVª Giornata Mondiale della Gioventù
[1] Giovanni Paolo II,
Omelia della Messa a conclusione del Genfest 1980, in “L’Osservatore Romano” 19-20 maggio, p.1.
(altro…)
Set 27, 2012 | Centro internazionale, Chiesa, Spiritualità
Maria Voce è stata nominata da Papa Benedetto XVI uditrice alla prossima sessione del Sinodo dei Vescovi sul tema “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”, che si terrà in Vaticano dal 7 al 28 ottobre. “L’esperienza del Sinodo, in cui viene in evidenza in modo eminente la collegialità della Chiesa, ci trova particolarmente sensibili, anche per il carisma dell’unità che ci caratterizza”. Con queste parole Maria Voce esprime la sua adesione e manifesta la profonda riconoscenza al Santo Padre per la fiducia che, con questo invito, dimostra a lei e a tutto il Movimento dei Focolari, vedendo in questa circostanza un’opportunità di servizio alla Chiesa universale. La presidente dei Focolari recentemente, rivolgendosi alla comunità dell’Argentina, diceva: “Il Vangelo deve essere il nostro vestito. Aiutiamoci a viverlo per annunziare che Cristo è vivo, e così permettere che altri s’incontrino con lui presente tra noi per l’amore reciproco che ci lega”. Sono stati nominati anche due altri membri dei Focolari: Ernestine Sikujua Kinyabuuma, docente all’Istituto Universitario Maria Malkia di Lubumbashi (Rep. Democratica del Congo) e Gisèle Muchati, responsabile regionale in Siria di Famiglie Nuove del Movimento dei Focolari. Dal dicembre 2011 Maria Voce è Consultore del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione. Fonte: Servizio Informazione Focolari (altro…)
Set 25, 2012 | Centro internazionale, Chiesa, Cultura, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Tre sale collegate, 3.000 persone e la diretta streaming, a sottolineare la grande attesa suscitata dalla presentazione del libro-intervista in cui Maria Voce si è prestata volentieri a rispondere alle domande a tutto campo dei giornalisti Michele Zanzucchi e Paolo Lòriga (rispettivamente direttore e caporedattore del quindicinale Città Nuova): “Cosa fanno e cosa pensano i focolarini dopo Chiara Lubich? Sono progressisti o conservatori? Lavorano per conquistare posti di rilievo nella Chiesa e in politica? Sono dei buonisti che sorridono troppo?…”. “La scommessa di Emmaus”, questo il titolo del volume che è stato presentato in anteprima il 22 settembre, in un dialogo tra la stessa presidente dei Focolari e Lucetta Scaraffia (storica ed editorialista de “L’Osservatore Romano”) e Marco Politi (scrittore ed editorialista de “Il Fatto Quotidiano”). Scaraffia e Politi non si sono lasciati sfuggire l’occasione di avere di fronte Maria Voce in persona e l’intervista ha toccato gli argomenti più diversi: come affrontare il tema dell’immagine dopo un tempo di nascondimento; la richiesta che i Focolari si facciano promotori della riflessione di grandi temi come il protagonismo dei laici, l’ecumenismo, il dialogo interreligioso e con persone di convinzioni diverse; la donna, fine vita, famiglia e lavoro, i musulmani in Europa; il carisma femminile di Chiara Lubich come dono per la Chiesa; il ridotto numero dei focolarini che fanno una scelta radicale di vita in confronto al vasto Movimento, e altro ancora.
Maria Voce sembra trovarsi nel salotto di casa sua con due amici. Non si scompone e risponde con immediatezza e lucidità. “Non siamo ammalati di nascondimento, ma non ci teniamo a farci pubblicità. Desidereremmo, piuttosto, che le persone conoscessero quel tanto di incisività positiva che riusciamo a mettere nelle realtà umane. Non sento di avere cose significative da dire come Maria Voce, ma come Movimento dei Focolari”. “I laici non hanno bisogno di incoraggiamento, ma piuttosto di essere lasciati liberi di agire in un contesto ecclesiale di maggiore fiducia”, si legge nel libro. Questa frase, particolarmente apprezzata dalla Scaraffia, è lo spunto per riflettere su laici e donna: “Chiara, prima ancora di essere una donna, è laica. (…) [La sua] è stata una grande anticipazione, quella di far sentire la forza vitale del laicato nella Chiesa. Per quanto riguarda la presenza femminile, Chiara amava dire che la donna ha, come caratteristica propria, una capacità più grande di amare e di soffrire. Questo è manifestato soprattutto nella maternità. Quindi direi che la donna ha, in modo particolare, la capacità di far famiglia. (…) In una Chiesa che si vuole sempre di più famiglia, comunione, sintesi di tutte le aspirazioni dell’umanità, la donna ha la sua funzione importante. Però – così come sempre Chiara ha detto – sono convinta che la donna e l’uomo sono davanti a Dio ugualmente responsabili. Nel Vangelo c’è scritto che non c’è nè uomo nè donna, nè giudeo nè greco, quindi l’importante è che sia la donna che l’uomo diventino quello che devono essere, cioè Cristo nella Chiesa”. Dopo un intermezzo musicale Marco Politi propone “un focolare del colloquio”: promuovere regolarmente delle riflessioni sui grandi temi. “È una sfida più che una domanda” ribatte Maria Voce. “Sarebbe, questa, una cosa più congeniale al nostro stile, al nostro modo di fare, perché non sarebbe tanto un mettere a confronto grandi idee, ma delle esperienze – come è stato d’altra parte in questi due giorni a LoppianoLab –. La testimonianza che vogliamo dare è quella del rapporto con chi ci sta accanto, non con i grandi sistemi”.
Riguardo al “problema della costruzione delle moschee, per esempio, ritengo che la cosa più importante sia che i musulmani si sentano accolti e compresi dai cristiani anche nel modo di esprimere la propria religiosità”. Continua affermando che il Movimento arriva alla riflessione dei grandi temi con il proprio stile, di vicinanza, di esperienza vitale. “Ad esempio in una scuola, in un ospedale, si mettono insieme le persone del Movimento che vi operano e condividono le esperienze della loro professione vissuta cristianamente. Dalla vita spesso nasce anche una riflessione che genera delle iniziative concrete, insieme a delle linee di pensiero che poi vengono offerte”. “Il carisma di per sè ha le risposte. Sono le domande che cambiano secondo i tempi. A nuove domande, si esigono nuovi modi di formulare le risposte che comunque si trovano nel carisma”. Riguardo all’ecumenismo: “Credo che sia un cammino difficile. È una vergogna per tutti i cristiani essere divisi. Se ce ne rendiamo conto, ne soffriamo. E il partecipare tutti della stessa sofferenza, non potrà non farci fare dei passi per superarla. Allora può darsi che si faranno, anche se con fatica, dei passi verso l’unità. Per arrivarci, bisogna saper perdere qualcosa, tutti! E questo costa. Noi crediamo che, come Movimento, la nostra funzione è proprio quella di metterci in questa spaccatura. Dobbiamo camminare! Credo che sia una ricerca che dobbiamo fare insieme”. Sul numero esiguo dei focolarini: “Proprio perché è una scelta radicale, il consumarsi nell’unità – che significa amarsi reciprocamente, perdendosi completamente nell’altro, perché Dio sia fra di noi – è una scelta esigente per la quale non tutti sono chiamati; anche se la scelta di Dio la fanno tutti nel Movimento”. E conclude: “A noi interessa che vada avanti l’idea della fraternità universale. È Dio che conduce la storia, dunque non dobbiamo aver paura”. L’ora è volata via. Tra i tre sul palco e i 3.000 presenti si è creato un feeling che non si vorrebbe interrompere. Ma la “scommessa di Emmaus” ormai è stata lanciata e accolta.
(altro…)
Set 24, 2012 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
4 giorni per dare voce ad economia, cultura, territorio e politica, ai giovani. Molti i ‘fatti di cittadinanza attiva’ raccontati al LoppianoLab, in un programma che si è snodato attraverso laboratori, seminari, testimonianze di imprenditori, spazio all’Economia di Comunione, alle scuole di partecipazione politica del Movimento politico per l’unità, all’Istituto Universitario Sophia. Zoom su “cosa fanno e cosa pensano i focolarini dopo Chiara Lubich”, con la presentazione in anteprima del libro-intervista a Maria Voce: “La scommessa di Emmaus”. Le prime cifre di questa terza edizione parlano di 3.000 partecipanti da tutte le regioni italiane, cui aggiungere i 5.000 collegamenti alle dirette streaming di vari momenti del programma e quanti sono passati da Loppiano solo per un giorno. Una redazione social ha permesso al pubblico dei social network (soprattutto nella fascia 18-34) di partecipare e interagire: 300.000 i contatti. Quali i temi principali affrontati in questi giorni? Legge elettorale, intercultura, legalità, arte, sviluppo sostenibile e molto altro nei 15 laboratori, confluiti nel pomeriggio di sabato nell’evento “Italia Europa. Un unico cantiere tra giovani, lavoro, innovazione”. Vivace il confronto che ne è seguito con gli esperti su economia, formazione ed Europa dove i giovani hanno offerto il proprio contributo per la rinascita dell’Italia. E sui rapporti tra le generazioni, la giornalista Tiziana Ferrario ha ribadito l’importanza di crescere insieme, giovani e adulti, in un reciproco scambio tra passione ed esperienza. “C’è bisogno di più Europa dei cittadini – ha dichiarato Paolo Ponzano, consigliere speciale Commissione Europea. Gli ha fatto eco Stefano Zamagni, economista, richiamando la necessità a livello nazionale di una forma più matura di democrazia deliberativa, dove i cittadini partecipino quotidianamente alla gestione della cosa pubblica.
Momento clou dei 4 giorni è stata la doppia intervista a Maria Voce, presidente dei Focolari, appena nominata uditrice al prossimo sinodo dei Vescovi sulla Nuova Evangelizzazione, che ha risposto alle provocazioni di Lucetta Scaraffia (Osservatore Romano) e Marco Politi (Il Fatto quotidiano), sulle grandi questioni della chiesa e della società: il ruolo della donna, l’impegno dei laici cattolici, la visibilità dei Focolari oggi, il problema ecumenico, il dialogo interreligioso e i rapporti con i “diversamente credenti”. A LoppianoLab cittadini, esperti, professionisti hanno raccontato l’Italia della crisi ma anche quella della risalita, con un unico comune denominatore: la passione per la partecipazione civile. Affollato il laboratorio “Lo stallo dei partiti. La politica dei tecnici. E i cittadini?” dove si è affrontata la questione della legge elettorale, tema molto caldo in Italia. In piena sintonia il seminario delle Scuole di partecipazione politica, oggi 24 in tutta la penisola, 500 i giovani coinvolti. “Dateci educatori veri e vi daremo un mondo migliore” è il titolo del laboratorio nel quale si è ribadita la centralità del fatto educativo come risorsa per il futuro.
Storie di lotta e speranza hanno illuminato il laboratorio sulla legalità, come quella di Salvatore Cantone, imprenditore impegnato in prima linea con un’associazione anti-racket e Giuseppe Gatti, magistrato anti mafia e sotto scorta, che hanno messo in luce che solo dalla fraternità può nascere una nuova legalità. Comunic@ando, il workshop sui media, ha presentato un ventaglio di iniziative: laboratori civici, uso critico dei media, fino ad un progetto europeo che ha visto giovani italiani in partnership con altri coetanei di altre quattro nazioni. Al Polo Lionello, nell’ambito di LoppianoLab, si è svolta la 3ª convention nazionale di Economia di Comunione. Novità di quest’anno, la nascita di AIPEC, l’associazione italiana delle imprese EdC, e la voce dei giovani: bilancio di un anno e mezzo di attività dell’incubatore di impresa del Polo, che ha sostenuto l’avvio di 52 idee imprenditoriali; il progetto Policoro, risposta alla disoccupazione giovanile nel sud Italia. Concluso l’evento, ora i laboratori civili ‘riaprono’ sul territorio. La partecipazione attiva è la chiave per guardare al 2013. Flickr Photostream (altro…)
Set 23, 2012 | Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
“Era da anni che ero diventato duro, chiuso, triste, oggi Chiara Luce mi ha aperto le porte”, così si rivolge un detenuto a Maria Teresa, madre della beata Chiara Luce Badano, mentre l’abbraccia tenendola per le mani. Un pomeriggio senz’altro singolare, quello del 20 settembre, nel teatro del carcere romano di Rebibbia: 250 detenuti vestiti a festa per accogliere i coniugi Ruggero e Maria Teresa Badano, genitori della beata Chiara Luce. “Sarà un momento speciale”, annuncia nella presentazione Anna Del Villano direttrice di un reparto del carcere. Ma come si è arrivati a questo momento? Alfonso Di Nicola, dei Focolari, che da anni svolge lavoro di volontariato nelle carceri di Rebibbia: “Venendo a conoscenza che i Badano erano stati a trovare i detenuti del carcere di Viterbo nel 2011 – racconta –, ho pensato che si poteva organizzare una serata così anche a Rebibbia”. Man mano che trovano posto i detenuti, impressiona come si salutano con espressioni di gioia e tanti abbracci. Appartengono a diversi reparti del carcere. “Secondo il reato commesso”, ci spiegano.
Sul palco, quattro sedie: per i Badano, Chicca Coriasco – amica del cuore di Chiara Luce – e Franz, suo fratello. Rompe il ghiaccio Maria Teresa ricordando quanto la sua figlia amava gli ammalati e le persone sofferenti e invita tutti a trascorrere un momento di famiglia. Ruggero, non nasconde l’emozione. Quale il messaggio di Chiara Luce? Una ragazza normale, sportiva e vivace, che ama Sassello, la sua città natale, soprattutto quando si copre di neve. Insieme a Chicca, conoscono la spiritualità dei Focolari ancora giovanissime. Fanno proprio l’invito di Chiara Lubich a vivere il Vangelo con tutto lo slancio giovanile, nelle diverse circostanze della vita quotidiana, gioiose e dolorose; e poi condividono i frutti delle loro esperienze per incoraggiarsi a vicenda. “Come fanno i fratelli maggiori – s’inserisce Franz – mi sono tenuto lontano da loro”. Una ragazza normale dunque. E proprio questa normalità, lo attira fortemente specie quando il tumore diventa una sentenza inappellabile. Chiara Luce – continua – si era innamorata di Gesù crocefisso così come glielo aveva presentato Chiara Lubich: abbandonato, ‘perdente’, quel Dio ‘sconfitto’ che assomiglia a tutti noi… che ad un certo punto, sulla croce, urla”. Amare Lui, sarà il segreto che l’aiuterà a vivere la grave malattia – un osteosarcoma, il peggiore dei tumori – trasformando ogni dolore in amore con una serenità e una gioia contagiose. Ruggero, racconta: “Andavo a spiare dal buco della serratura della sua cameretta per vedere se lei era sempre così, oppure il sorriso era per noi. Invece, lei sorrideva sempre”.
Nel Teatro c’è un ascolto non comune. La storia di Chiara Luce cattura l’attenzione di tutti e questa ragazza entra nel cuore dei presenti. E mentre scorrono alcune immagini di Chiara Luce sul grande schermo, un coro internazionale dei Focolari intona “Dio mi ama”, la canzone scritta per la beatificazione di Chiara Luce, il 25 settembre 2010. “Presto Chiara Luce sarà santa”, esclama un detenuto. Maria Teresa ribadisce: “Allora, voi non sarete più qui… passiamo tutti dei periodi difficili”. Le sue parole cadono come balsamo e vengono accolte da un caloroso applauso! Scheda Biografia breve Sito della postulazione: www.chiaralucebadano.it Sito “Life Love Light”: www.chiaraluce.org Franz Coriasco, “Dai tetti in giù”, Ed. Città Nuova, Roma 2010. http://www.cittanuova.it/contenuto.php?testoricerca=dai+tetti+in+gi%F9&v=Cerca&MM_ricerca=ricerca&TipoContenuto=articolo&idContenuto=28519&origine=ricerca&name=1 (altro…)
Set 22, 2012 | Centro internazionale, Cultura
Nella presentazione in prima nazionale del libro-intervista: Maria Voce in dialogo con Paolo Lòriga e Michele Zanzucchi, “La scommessa di Emmaus, cosa fanno e cosa pensano i focolarini nel dopo Chiara Lubich” (Città Nuova Ed.) Maria Voce, presidente dei Focolari ha dialogato con Lucetta Scaraffia (Osservatore Romano) e Marco Politi (Il Fatto Quotidiano). Ne è risultato uno scambio intenso e appassionato sulle grandi questioni della chiesa e della società: il ruolo della donna, l’impegno dei laici cattolici, la visibilità dei Focolari oggi, il problema ecumenico, il dialogo interreligioso e i rapporti con i “diversamente credenti”. Di fronte ad una sala gremita – 3.000 persone da tutta Italia e tantissimi collegati in streaming – Maria Voce ha invitato i membri dei Focolari ad un impegno totalitario: “E’ questo il momento di offrire il nostro modo di evangelizzare, la nostra testimonianza, la nostra vita, la nostra parola, senza temere di trovare una resistenza. Sono convinta che Dio conduce la storia, e allora di cosa abbiamo paura? Non ci teniamo a farci pubblicità, desideriamo piuttosto che le persone conoscano quel tanto di incisività positiva che riusciamo a mettere nelle realtà umane”. Leggi tutto – Comunicato Stampa 22 settembre 2012
Ulteriori informazioni: Servizio Informazione Focolari Articoli nella stampa: “Il carisma non finisce con la nascita in cielo della fondatrice” Zenit 22/09/2012 Né femminista né sinodista, ma vera Focolarina. Maria Voce mostra che “la scommessa di Emmaus” è vinta Zenit 23/09/2012 (altro…)
Set 22, 2012 | Chiesa, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Giovani che hanno deciso di impegnare le loro energie per annunciare il Vangelo con la musica. Sono i complessi Eis (Unità, in greco) e Hope (Speranza) di Teramo e Fermo (Italia). S’identificano con il Movimento Diocesano dei Focolari e sono diventati strumenti di animazione delle loro diocesi; hanno incontrato ormai migliaia di persone. «Hope nasce nel 1995 – ci racconta Fabio – in occasione dell’incontro “Eurhope” dei giovani europei con Giovanni Paolo II. Un’esperienza indimenticabile seguita da tante altre occasioni in cui Hope ha dato e continua a dare il proprio contributo nella diocesi di Fermo e non solo». «Eis, invece, ha solo 3 anni di vita – spiega Alice –. È nato da un campo estivo di giovani della diocesi di Teramo ed ha già incontrato più di 4.500 persone in 17 spettacoli». Come vi fate conoscere?
«La fama dei complessi si costruisce da sè – è Alice a parlare –. Qualcuno colpito dallo spettacolo ci invita alla sua città; magari un giornalista scrive un articolo, una radio locale chiede un’intervista… ed i concerti si susseguono dalle sale parrocchiali ai palchi delle piazze per l’intera cittadinanza. I blog dei due complessi sono pieni di adesioni entusiaste da giovani e giovanissimi. Non solo adesioni, ma spesso occasioni di incontro e perfino dei veri cambi di rotta nella propria vita!» Ma i “complessi non vogliono essere una fabbrica di eventi”, ci tengono a chiarire. «Prima di tutto – afferma Fabio – puntiamo ad essere un gruppo unito, in cui ogni componente cerca di vivere mettendo alla base di tutto l’amore scambievole. E poi facciamo quello che c’è da fare: Preparare lo spettacolo, mettere insieme le idee di ognuno, spendere il tempo per le numerosissime prove…». Immaginiamo che non sarà tutto facile…?
«Certo, non è semplice – chiarisce subito Fabio –. Ma ogni volta cerchiamo di ricominciare, esprimendo le nostre idee e, allo stesso tempo, pronti ad accantonarle se non servono. Ci interessa che tutto nasca dall’unità del gruppo, unità che rende Gesù presente tra noi (Mt 18,20)». Hope e Eis attualmente propongono due diversi musical sulla vita di Chiara Luce Badano, una giovane dei Focolari beatificata nel 2010. Gli spettacoli propongono una figura moderna, imitabile; una giovane che ha saputo fare della sua vita un meraviglioso “ricamo”, arrivando ad accettare la malattia e la morte a 18 anni come amore di Dio per sè e la sua famiglia. «Le impressioni che ci lasciano scritte sono forti – racconta Alice –. A Giulianova, ad esempio, la figura di Chiara Luce è riuscita a tener desta l’attenzione di una città intera sulla santità». Chiara Lubich propose la musica ai giovani, alla fine degli anni ’60, come strumento di evangelizzazione. E nacquero i più noti complessi internazionali Gen Rosso e Gen Verde. Nacquero anche complessi di giovani impegnati nelle parrocchie o nelle diocesi, come “Gen 70”, nella parrocchia di Vallo Torinese (Piemonte). Per una delle sue componenti, Maria Orsola (scomparsa all’età di 15 anni) è in corso il processo di beatificazione. (altro…)
Set 22, 2012 | Cultura, Focolari nel Mondo, Spiritualità
19 Maggio 1973: è sabato e la cittadella di Loppiano è, come sempre da nove anni a questa parte, in piena attività per accogliere i visitatori che durante questo weekend verranno a conoscere la “Mariapoli”. Apparentemente è un giorno come un altro, in realtà la data è storica. Viene costituita infatti in questo giorno la Cooperativa Loppiano Prima, che nasce per offrire una testimonianza di Vangelo vissuto attraverso un’esperienza di lavoro concreto. Detta così sembra una passeggiata, ma le origini di questa particolare azienda affondano in un terreno tutto “oro” e tutto “fango”. Per il secondo nel senso letterale del termine. Loppiano era già nata da alcuni anni. Su quelle colline toscane l’entusiasmo e la gioia certamente non mancavano e i ragazzi si industriavano in ogni modo pur di realizzare il loro sogno: dare visibilità all’ideale di un “mondo unito”, grazie ai rapporti fra gli abitanti della cittadella, fatta di internazionalità, diversità, e allo stesso tempo intrisa di un’armonia difficile da trovare altrove. Certo non era facile perchè i sassolini da togliere nel cuore di ciascuno, per mentalità, etnia e cultura, erano tanti. Ma c’erano ben altri sassi, molto più visibili e altrettanto pesanti: erano quelli dei terreni abbandonati da anni che rendevano il paesaggio inospitale, i trasporti un po’ difficili, le condizioni di vita non proprio comodissime. Ci sarebbe stato bisogno di qualcuno competente per lavorare le terre, risistemare le case, fare in modo che quella tenuta agricola assumesse davvero l’aspetto di una città. Anche se in miniatura.
Questo appello, lanciato a tutto il Movimento dei Focolari, venne accolto con particolare entusiasmo dai Volontari e dalle Volontarie di Dio in tutto il mondo: alcuni di loro, residenti nelle valli bergamasche (nord Italia), con generosità e ancor più fede partirono, lasciando lavoro e attività ben avviate per trasferirsi con famiglia e figli piccoli a Loppiano. Senza alcuna sicurezza di lavoro e di casa, cominciarono a ristrutturare alcuni casolari e, con sacrifici e duro lavoro, iniziarono la costruzione della cittadella e la coltivazione dei terreni circostanti. Una pazzia, vista da parenti e amici; eppure, grazie a queste prime famiglie, Loppiano spalancò le sue porte sul mondo, rendendo concreta un’avventura spirituale e umana oggi conosciuta e stimata nei cinque continenti. Si trattava d’incarnare nel lavoro concreto di ogni giorno la spiritualità del Movimento dei Focolari e di mantenere il rispetto nei confronti della natura e di conseguenza per l’uomo. Di conseguenza, in questi anni non sono mai stati usati prodotti di sintesi su tutte le coltivazioni, facendo tesoro invece dei processi fisici, conseguendo l’ottenimento della certificazione biologica su tutti i terreni.
La Cooperativa conta più di 4000 soci sparsi in tutto il mondo che, anche attraverso le quote sociali e il consumo dei prodotti, contribuiscono allo sviluppo dell’azienda e, indirettamente, anche a quello di tutta la cittadella. Nel 1991, lanciando in Brasile il progetto dell’Economia di Comunione, Chiara Lubich ha indicato la Cooperativa Loppiano Prima quale prodromo dell’EdC stessa. Loppiano oggi è bella, bellissima, con i suoi prati, le case, le strade, l’acqua corrente per tutti. Ma ci sono voluti la fede e il coraggio dei pionieri, la maggior parte ancora presenti, alcuni già in Cielo, senza i quali niente sarebbe stato possibile, nemmeno la realizzazione di quella profezia di cui ha parlato una volta Igino Giordani (Foco) in un messaggio inviato alla Cooperativa: «Voi testimoniate e gridate il Vangelo semplicemente con il lavoro e la comunione dei beni… E siete le primizie di una società da molti concepibile solo a parole eppure da tutti sognata. Per voi e grazie a voi il mondo di domani è già cominciato…». (fine prima parte… continua)
Sito Web Terre di Loppiano: http://www.terrediloppiano.com Catalogo prodotti
(altro…)
Set 21, 2012 | Cultura, Focolari nel Mondo
Pensiamo di fare cosa gradita, fornendo alcune informazioni utili, per chi non potrà essere fisicamente presente all’edizione di LoppianoLab 2012, ma che desidera ugualmente seguire, almeno in parte, il variegato evento. Il programma che si svolgerà nell’Auditorium della cittadella di Loppiano il pomeriggio del 22 settembre, che include il dialogo/intervista a Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari, verrà trasmesso in streaming su: www.loppiano.it Inoltre, sono attivi anche i canali sociali di LoppianoLab 2012: Facebook | Twitter | Google+ Infine, ecco il programma completo
(altro…)
Set 20, 2012 | Famiglie, Focolari nel Mondo, Spiritualità
“Pensavamo che il primo periodo dopo il matrimonio fosse la continuazione della luna di miele”, raccontano Luca e Giulia che si sono sposati da poco. “In effetti siamo felicissimi, tuttavia per le molte differenze di carattere e di abitudini tra noi che emergono nella vita quotidiana, questo tempo iniziale rappresenta anche un banco di prova.” “Ad esempio, al rientro a casa la sera – dice Luca – io ho bisogno di riprendermi dalla stanchezza del lavoro. Giulia invece attende tutto il giorno per raccontarmi il suo vissuto giornaliero. Vivere il Vangelo ci insegna anche ad amarci concretamente. Con delicatezza cerchiamo di spiegarci e di metterci in un atteggiamento di ascolto e di accoglienza reciproca”. “La cosa interessante – adesso è Giulia a parlare – è che quando riesco a sforzarmi di lasciar perdere quello che io vorrei dire o fare in quel dato momento, Luca stesso poi mi chiede come ho trascorso la mia giornata. Ne scaturisce un dialogo sereno e molto arricchente per entrambi”. “Quando siamo stati in Madagascar, per il viaggio di nozze, abbiamo conosciuto un ragazzo del posto e la sua famiglia. Abbiamo potuto vedere con i nostri occhi le difficoltà economiche che vivevano”. – dice Luca – “Aspettavano un bambino, ma in quel luogo per poter partorire in ospedale avevano bisogno di una somma cospicua ed erano preoccupati perché non avevano i soldi necessari. La cosa ci ha fatto riflettere, anche se loro non ci avevano chiesto nulla”. “Dato che a me piace tanto il calcio – continua Luca – avevo intenzione di fare l’abbonamento ad una Tv a pagamento, per poter vedere le partite da casa. Abbiamo però sentito nostra l’esigenza di questa famiglia. Mi è venuto spontaneo ritenere l’abbonamento un superfluo; cosi abbiamo inviato loro il corrispettivo, insieme ad altri nostri soldi, frutto di spese non necessarie. Se, ad un primo momento, ci è sembrato di aver perso qualcosa, ora possiamo dire che è stato un guadagno; infatti spesso amici o vicini di casa ci invitano a vedere le partite, creando così occasioni per instaurare rapporti di amicizia sempre più profondi”. (altro…)
Set 20, 2012 | Centro internazionale, Cultura, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Non si regge una società senza giustizia; pure, per la società vale ancora di più la carità, che supera la giustizia senza annullarla. La giustizia fonda la società, la carità la nutrisce; una è il cervello, l’altra è il cuore; uno lo scheletro, l’altra il sangue. Roma col suo diritto arrivò molto innanzi nel cammino della civiltà: – dà a ciascuno il suo -; ma non arrivò dove giunse Cristo, che disse: – dà agli altri anche il tuo -. La giustizia dice: – non rubare la roba altrui -. La carità intima: – dà a chi ha bisogno la roba tua -. Cioè con la giustizia diamo ad altri ciò che è loro; con la carità ad essi diamo anche quello che è nostro. È quindi non solo un ristabilimento dell’equilibrio preesistente o presupposto, ma un accrescimento e miglioramento di esso, verso un’equità a cui il diritto non arriva. Un padrone che dà all’operaio la mercede pattuita, resta nella giustizia; ma se al salario, che è insufficiente alla famiglia, aggiunge più di quanto ha pattuito, entra nella carità. Quella non toglie: ma questa aggiunge. Insomma nel diritto, come è codificato e come è inteso, si può morire di fame e d’abbandono; nella carità no: finché c’è uno che mangia e vive, dà del suo pane e del suo aiuto anche agli altri. E se la forza della giustizia tiene gli uomini al loro posto freddamente, come articoli in casella, la forza della carità li lega in una solidarietà familiare, rompendo i setti divisori e facendo circolare calore e sorriso. Forza espansiva e coesiva, più ricca e più nutriente della giustizia, la carità non si contenta di mantenere ciascuno al suo posto nel mondo, essa tende a fare nel mondo un posto per tutti – una famiglia – sempre aperta e pronta a ricreare le fonti della vita e della speranza. Perciò mentre la Giustizia fu rappresentata con le bilance in mano e la benda agli occhi, la Carità ha invece gli occhi bene aperti per vedere anche dove lo sguardo dei distratti e dei felici non arriva; e non sta a misurare quello che dà, e offre a piene mani, senza ragionar troppo sui meriti della persona – del fratello – a cui dà. Questo servizio – questo prodigarsi per i fratelli, questo trasferire loro la nostra fortuna, le nostre forze e il nostro sangue, sì da far della nostra vita la loro vita – al solito, nella identificazione cristiana, è un servizio reso, attraverso i fratelli, a Cristo stesso; e – per la reversibilità del corpo mistico – un servizio, il più vero, il più cospicuo, reso a noi stessi. Facciamo i nostri interessi facendo gli interessi degli altri: servendo. Il padre serve i figli, il cittadino serve la comunità, il prete serve i fedeli, chi comanda serve chi obbedisce, e così via; e tutti siam serviti da Cristo, che dà la vita per tutti. Questo amore nasce nell’ordine della grazia: ma lì non si ferma. Si è cristiani, si è fratelli, si è nella Chiesa, sempre: quindi ogni società, anche civile, anche economica, se composta di cristiani, è inclusa in questo ciclo del divino, e ne beneficia. Animata dalla carità, semplifica i propri problemi umani e cospira alla soluzione dei problemi eterni. Questa è la carità vista come grande virtù sociale. E Cristo è un debitore il quale paga il cento per uno. Può dare un’eternità per una modesta – e magari sudicia – carta moneta.
La società cristiana, Città Nuova, 2010, pp.98-101.
(altro…)
Set 19, 2012 | Cultura, Focolari nel Mondo
Ruski Krstur (Voivodina), è una cittadina di circa 4000 abitanti, cuore della minoranza rutena in Serbia. E’ una regione agricola, impoverita dalla guerra. Senza i sussidi governativi, l’emigrazione – soprattutto verso il Canada –, negli ultimi anni, è cresciuta enormemente. Qui un gruppo di giovani non ha voluto lasciare il proprio villaggio, ma tenacemente ha cercato ed è riuscito a costruire un futuro, per sè e per molti altri. Questa è la loro storia. Negli anni ’90, due imprenditori, Slavko Rac e Janko Katona (che avevano già delle attività avviate), decidono di aprire un chiosco di gelati. Poichè l’iniziativa ha successo, continuano aprendo un secondo chiosco in un’altra città, dando così lavoro ad altri 6 giovani. Ma non si fermano qui: nasce la ditta Juarbis, nel settore dell’agricoltura, che cresce velocemente anche con gli investimenti dello Stato per lo sviluppo. Nel 2008 conta già 40 impiegati, e raggiunge il primato del settore nella regione. «Ma la crisi torna a bussare, – racconta Marija Majher, direttrice attuale della Juarbis – e nel 2009, con la riduzione della produzione del latte, la ditta perde la parte più consistente degli introiti. È un duro colpo, ma il nostro gruppo è affiatato. Lavoriamo insieme da 10 anni e vogliamo rialzarci insieme. In tutti questi anni abbiamo cercato di mantenere sempre aperta anche la comunicazione con i 500 cooperatori, dai quali ritiriamo il latte e i prodotti agricoli. La nostra fonte di ispirazione nella conduzione dell’azienda, è stata l’“arte di amare” che ha radice nel Vangelo, come ci è stata proposta da Chiara Lubich. Abbiamo costruito così rapporti profondi e vitali con tutti ». Sviluppando l’intuizione di Chiara di dividere gli utili dell’azienda in tre parti, oltre a creare nuovi posti di lavoro, si è fatta conoscere la “cultura del dare” e della comunione dando vita, nella città, a varie iniziative educative e culturali e infine, ma non per ultimo, si è intervenuti nelle situazioni di emergenza con aiuti concreti e con progetti di sviluppo. «Con nostra sorpresa – continua Marija Majher -, due di noi sono stati eletti a grande maggioranza alle elezioni comunali. È stata l’occasione di fare qualcosa in più per la nostra gente della quale conoscevamo da vicino la situazione di povertà e di sofferenza. Ci ha guidata, ancora una volta, l’esperienza di Chiara nel dopoguerra a Trento che voleva risolvere i problemi sociali della città a partire dai più poveri e dal coinvolgimento della comunità, col desiderio di attualizzarla. Così, con le nostre tre ditte, e altri amici della Caritas locale, stiamo cercando di sponsorizzare alcune attività per la città come promuovere azioni ecologiche o procurare la legna per il riscaldamento a persone ammalate o anziane. Questi ultimi, poi, sono stati coinvolti in appuntamenti settimanali di dialogo e d’intrattenimento e ci si presta per accompagnarli alle visite mediche, ad esempio. Un progetto che è ancora un sogno consiste nel far fruttare gli ettari di terra abbandonati, attorno a molte delle loro case, per costruire una casa di riposo che venga incontro alle loro esigenze. Si è pensato anche ai bambini e ai ragazzi con laboratori di giornalismo, recitazione, cucina, decorazioni e tanta animazione, con giochi e feste. La famiglia rimane al centro delle nostre attività. Si sono compiute azioni straordinarie per alcune di loro alle quali sono state bruciate le case, ad altre si sono pagate le bollette dell’elettricità e si è acquistato una lavatrice ad una famiglia numerosa. L’ultimo progetto “La famiglia per la famiglia” è la proposta, rivolta a tutta la comunità locale, a mettere a disposizione le proprie forze e potenzialità, per aiutarsi reciprocamente». (altro…)
Set 18, 2012 | Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
Mi chiamo Magued e sono cresciuto in una famiglia cristiana. Quando avevo tre anni, a mia mamma è stata diagnosticata la Sclerosi Multipla. Questa malattia, continuando ad evolversi, l’ha resa paralizzata e non vedente. Insieme al babbo, a mio fratello e a mia sorella, ho imparato ad aiutarla. Sognavo, però, che fosse sana come le mamme dei miei amici, che potesse venire a prendermi all’uscita della scuola, o mi preparasse la colazione… ma col tempo ho capito che il mio era un sogno irrealizzabile. Insieme ai miei fratelli, ho imparato ad accettare questa situazione vedendo in essa la volontà di Dio, e a credere che tutto concorre al bene per chi ama Dio. E siamo diventati più uniti tra di noi, sentivamo che la Sua grazia ci accompagnava sempre. Sei anni fa, abbiamo scoperto che mia sorella aveva un tumore. In quel momento, sono andato in crisi, non riuscivo ad accettare che anche mia sorella fosse malata, così ho chiesto a Dio di prendere me al suo posto, perché pensavo che avrei sopportato di più questo dolore. Col tempo, ho accettato anche la malattia di mia sorella che, malgrado le cure, non guariva. Quattro anni fa, mia mamma è andata in Paradiso e in quel momento ho sentito, insieme al grande dolore, un grande vuoto. Era come se un pezzo del mio cuore si fosse staccato e fosse partito con lei. Poi, due anni fa, facendo degli accertamenti, per un disturbo ad un occhio, ho scoperto di avere, anch’io, la sua stessa malattia. All’improvviso, tutto è crollato! Avevo appena finito l’università e pensavo di avere un futuro aperto davanti a me…. Mi angosciava pensare che un giorno mi sarei svegliato paralizzato o che avrei perso la vista, come la mamma. Ho sentito la spinta a buttarmi a fare tutto, anche ciò che è male, perche, poi, non avrei più potuto fare più niente… Ma presto ho capito che ciò che mi rendeva veramente felice era cercare di vivere ogni giorno come fosse l’ultimo, con un rapporto profondo con Dio. Così, ho cominciato un nuovo lavoro, e ho conosciuto una ragazza, un angelo, pronta a portare con me tutte le difficoltà che potrò incontrare in futuro.
Tanti dei miei amici mi dicono che pregano per me, perché io guarisca ma io rispondo che anch’io prego per loro, perché ognuno di noi è malato in qualche cosa. Una sera di qualche mese fa, mia sorella mi ha chiamato – ero fuori casa con gli amici – e mi ha chiesto di tornare perché si sentiva male. Sono arrivato e mi sono seduto accanto a lei. Abbiamo cominciato a pregare insieme anche se non eravamo abituati a farlo. Era come se una voce mi dicesse: “Prega con lei, Magued”. Dopo poco si è sentita ancora più male, ha appoggiato la testa su di me ed è spirata. In questi ultimi mesi, ogni tanto ho avuto delle ricadute. Non riuscivo a tenere in mano una penna, o perdevo la sensibilità al braccio e per un periodo non ci vedevo bene, cosa che mi ha creato problemi al lavoro. In questi momenti, mi ricordo di mia mamma e di mia sorella che, malgrado il dolore, avevano occhi pieni di gioia e di pace. È come se mi dicessero: “Non aver paura, ma continua a credere nell’Amore di Dio e a testimoniarlo con la tua vita”.
(altro…)
Set 17, 2012 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo

Il pubblico poggese
«Seduti in una tenda della comunità di Poggio Renatico ascoltiamo l’avventura della gente che ha vissuto il sisma e non ha perso la speranza, gli sforzi e i progetti futuri del loro instancabile prodigarsi». Scrive Tomek Mikusinski, del Gen Rosso, alla vigilia dello spettacolo. Il gruppo viene accolto nel tendone antistante la chiesa ancora inagibile – le immagini dell’esplosione controllata del campanile di Poggio Renatico hanno fatto il giro del web. «Ma Chiesa sono anche loro», continua Tomek. «Ci danno la possibilità di raccontare la nostra vita, la traiettoria che ci ha portati fin qui, a scegliere Dio e seguirlo, le esperienze passate e le aspettative che guidano il nostro cammino…». Una di loro ci confida: «Ringrazio tutto il gruppo per la testimonianza di vita e di amore che avete portato tra noi. Gli ultimi eventi ci hanno un po’ scoraggiato, ne avevamo davvero bisogno! È una gioia per noi aver potuto realizzare questo grande sogno». E il 14 settembre, il giorno prima, si registra una nuova, lieve, scossa sismica. Tra le località più vicine all’epicentro, c’è anche Poggio Renatico. Ma lo spettacolo non si ferma, come non si è fermato il progetto, già ideato prima del sisma di maggio. E la sera del 15 erano un migliaio gli spettatori al campo sportivo. Considerando il numero di abitanti, una famiglia su tre era presente! Predisposta anche un’area gratuita dove pernottare con tende da campeggio. «Condivisione, ammirazione, speranza, gratitudine, amore, unità, amicizia, sono solo alcuni aggettivi che spontaneamente vorrebbero esprimere ciò che abbiamo vissuto in questo ultimo fine settimana», è ancora Tomek a scrivere, a nome del gruppo. «Crollano, i monti, le sue città, l’amore non crolla mai, l’amore non crolla mai; e c’è tanta gente che aiuta e che dà, speranza e serenità…. Il testo di questa nostra canzone ha risuonato molto in profondità. Nella comunità di Poggio Renatico è sopratutto una tangibile realtà. Abbiamo vissuto giorni di vera fratellanza! Poiché dove l’amore e la speranza sono fondate sul dolore, lì passa Dio e rinasce la Vita! Tanta vita!». «Mi sono caricata alla grande per riprendere il mio cammino personale, spesso pieno di ostacoli e difficoltà che mettono alla prova», commenta una ragazza al momento di ripartire; «Grazie per aver dimostrato che insieme si può camminare lontano». L’evento è stato promosso dalla Parrocchia di Poggio Renatico, con il patrocinio della regione Emilia Romagna, della provincia di Ferrara e del Comune di Poggio Renatico, in collaborazione con la Pro Loco di Poggio Renatico, L’ACD Polisportiva Poggese, con l’importante sostegno dell’ ADO Hospice di Ferrara, e la “parthership” di associazioni come “ASD ELVIVE“, gli “Amici di Campagna“, i ragazzi di “Tra terra e cielo” e “sponsor“. Era la prima volta in Emilia Romagna, per il nuovo concerto del Gen Rosso “Dimensione indelebile”. “In nome delle ricostruzione anche un gruppo storico della musica internazionale”. Si legge su Ferrara24ore. “Il gruppo, definito “international performing arts group”, è attivo dal 1966 con una profonda attenzione al sociale e per questo motivo ha accolto con entusiasmo l’invito ad esibirsi nel nostro territorio per risollevare l’animo della popolazione turbata dal terremoto ed è diventato un collaboratore nell’organizzazione viste le difficoltà del momento”. “Il gruppo lotta per la costruzione di un mondo vivibile più giusto, pacifico e solidale. Non c’è concetto migliore per far ripartire Poggio Renatico”. (altro…)
Set 16, 2012 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«All’età di dieci anni un evento ha portato ad una svolta decisiva la vita della mia famiglia e quella mia personale: mio padre fu sottoposto ad un’operazione molto seria al fegato. Ricordo alcune mattine d’estate, in cui lo accompagnavo, con mia madre, al lungomare di Siracusa (Italia) per una passeggiata. Dopo un breve periodo in cui sembrava riprendersi, come un temporale improvviso, sopravvenne la crisi. E una notte si addormentò per sempre. Quando vidi quel corpo immobile, dal volto più pallido del solito, non riuscii a piangere. Ero come impietrito. Neanche un “perché?” passava per la mia testa di ragazzo di 10 anni, né ero capace di pregare. Negli anni successivi mi resi conto che tutti i miei compagni avevano un papà che li proteggeva ed io no e quella situazione di orfanezza mi pesava molto. Cinque anni più tardi, attraverso un mio amico, conobbi persone che avevano fatto del Vangelo il loro codice di vita. Nel loro appartamento – il Focolare – una sera incontrai Marco, il primo giovane che aveva seguito Chiara Lubich, che mi parlò nell’avventura dell’unità. Le sue parole piene di vita, di Vangelo vissuto nel quotidiano, mi colpirono, mi dissetarono. Non mi sentivo più orfano, anch’io ora avevo un Padre che si prendeva cura di me, anzi – me ne accorsi negli anni seguenti – avevo trovato cento padri, cento madri, cento fratelli (cfr. Mt 19,29). Compresi subito che dovevo mettere in pratica il Vangelo, così cominciai a scuola, ad ascoltare per amore quel professore un po’ noioso, a prestare i miei appunti ai compagni che ne avevano bisogno…. Alcuni anni più tardi, spinto da questa meravigliosa scoperta dell’amore personale di Dio, maturò in me il desiderio di donarmi a Lui e cominciò per me l’esperienza del focolare. Ho vissuto 26 anni nel focolare di Vienna e da lì brevi ma continui viaggi in Cecoslovacchia e in Ungheria per incontrare i nostri amici. Erano gli anni in cui un muro ci separava, ma ci univa il Vangelo, perché di questo avevano sete, ancor più che della libertà.
Non sono mancate le avventure in tutti quei viaggi. Una volta nella zona di confine, aprendo il bagagliaio della macchina per i consueti controlli, mi accorsi con spavento che per errore avevamo caricato una grossa valigia piena di filmati, scritti, diapositive della vita delle nostre comunità. Tutto materiale ‘vietatissimo’. Stranamente la polizia diede un’occhiata superficiale (non notò la mia faccia terrorizzata) e ci disse che potevamo procedere. Tutto si risolse con grande gioia degli amici di Budapest per quelle apparecchiature necessarie per conoscere la diffusione del Vangelo in tutto il mondo. In questa e in tante altre situazioni, ho toccato con mano l’amore di Dio, che mi segue passo passo e sistema sempre quanto non si è fatto bene. A inizio settembre si è celebrato il Genfest proprio a Budapest. È stata per me una grande gioia. Ricordo gli incontri da ‘catacombe’ con diversi giovani, in casa di qualche famiglia: era ufficialmente proibito per più di 5 persone. Con alcune famiglie, giovani, sacerdoti, durante qualche fine settimana, in un casolare di campagna o al lago Balaton, lì, in mezzo a tanti turisti, avevamo modo di parlare della spiritualità dell’unità e delle esperienze di vita del Vangelo. Ebbene, tanti di loro ragazze e ragazzi, famiglie e sacerdoti si sono impegnati in questa nuova vita. Gesù con la sua forza e la sua luce entra sempre, anche a porte chiuse, allora come oggi». (altro…)
Set 15, 2012 | Chiesa, Cultura, Dialogo Interreligioso, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
«C’è tanta gioia e attesa per il viaggio di Benedetto XVI» dichiara Arlette Samman, libanese, con l’italiano Giorgio Antoniazzi responsabile dei Focolari in Libano, dove il Movimento è presente fin dal 1969. Arlette e Giorgio in questi giorni si trovano presso il Centro internazionale dei Focolari per il raduno annuale dei delegati. Li abbiamo intervistati. «Tutto il popolo libanese è in festa, i musulmani hanno accolto molto bene la notizia della venuta del Papa ed hanno espresso chiaramente la loro gioia attraverso i loro leaders religiosi. Trovano in questa visita come una benedizione soprattutto in questo momento molto delicato che attraversa tutta la regione», spiega Arlette. «Il Medio Oriente che accoglie il Sommo Pontefice infatti non è più quello dell’ottobre 2010, data nella quale si è svolto il Sinodo per il Medio Oriente. Da quel momento varie scosse politiche, sociali, popolari, economiche hanno fatto tremare e messo in ginocchio alcuni dei Paesi della regione». Quale il messaggio atteso? «Le grandi linee sono già apparse nelle raccomandazioni del Sinodo, ma saranno certamente parole nuove, con una luce nuova», continua Giorgio. «Il cuore di tutto sarà la presenza cristiana minoritaria e la relazione con l’Islam, la questione della libertà religiosa, della libertà di fede e di culto, quella del dialogo. Parlerà della pace tanto necessaria eppure più che mai minacciata. E giacché il titolo del Sinodo era ‘Comunione e testimonianza’, tutto fa pensare che questa sia la vera sfida per le Chiese locali, alla vigilia del Sinodo sull’Evangelizzazione». Come si è preparata la popolazione a vivere questi giorni? «Il 12 settembre, in preparazione alla sua visita, c’è stata una marcia di cristiani e musulmani per la pace – alla quale abbiamo partecipato –, confluita sulla Piazza della Riconciliazione a Beirut. La Chiesa cattolica si è preparata, nelle diocesi e parrocchie, con preghiere e novene; le strade sono tappezzate delle foto del Santo Padre con slogan di accoglienza all’uomo di pace. È un momento di forte speranza per i popoli del Medio Oriente». In occasione della firma e della pubblicazione dell’Esortazione Apostolica Post-sinodale dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, in programma l’incontro di Benedetto XVI con il Presidente della Repubblica e con le autorità civili e religiose cristiane e musulmane, e con i giovani presso la sede del Patriarcato maronita. Domenica mattina celebrazione della Messa nel centro di Beirut.
Il Movimento dei Focolari, è presente in tutte le regioni del Paese; ad esso aderiscono cristiani di diverse Chiese Orientali ed anche alcuni musulmani. Durante la visita del Papa come sarete attivi? «Siamo inseriti nelle parrocchie ed insieme a tutti seguiamo momento per momento le varie manifestazioni. Abbiamo fatto arrivare al Santo Padre un dono insieme alla nostra immensa gioia e gratitudine per la sua venuta nelle nostre terre, assicurandogli che l’accompagniamo con la preghiera costante in ogni tappa della sua visita, con l’augurio che porti grazie abbondanti di pace e di speranza per i nostri popoli così provati. Gli abbiamo anche assicurato il nostro fedele impegno ad essere ovunque portatori di unità e di fratellanza», ricorda Arlette. «Alla presentazione del documento il 14 settembre, c’era un focolarino a rappresentare il Movimento – spiega Giorgio Antoniazzi – mentre un centinaio dei nostri giovani, impegnati anche nei vari servizi richiesti, parteciperanno alla serata dei giovani il 15 settembre». E conclude Arlette: «Questa visita è senza dubbio un momento molto importante per l’unità della Chiesa e per tutti i Paesi del Medio Oriente». (altro…)
Set 14, 2012 | Centro internazionale, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Con il saluto introduttivo della presidente Maria Voce, il 13 settembre ha preso il via l’incontro annuale dei Delegati del Movimento dei Focolari, che vede radunati circa 300 partecipanti, fra responsabili centrali e provenienti delle diverse aree geografiche dove il Movimento è presente. Il convegno si protrarrà fino al 6 ottobre e prevede tre giorni di “ritiro spirituale”, incentrato su uno dei punti della spiritualità dell’unità: l’amore al fratello. Il tema verrà approfondito attingendo ai testi e discorsi di Chiara Lubich, con una riflessione di Maria Voce e testimonianze dei partecipanti. Questi ultimi offriranno esperienze di vita del Vangelo, argomento approfondito nell’anno appena concluso. Prevista anche una riflessione sull’Anno della Fede – indetto da Benedetto XVI dall’ottobre prossimo – da parte del teologo irlandese d. Brendan Leahy e della dott.ssa Lida Ceccarelli, focolarina. La prima fase del raduno si concluderà con un collegamento via internet che sarà seguito dalle numerose comunità sparse in tanti paesi. Lunedì 17 settembre partiranno i lavori incentrati su diversi argomenti e in particolare: i New Media e la trasformazione della società, l’identità del “focolarino” e il suo contributo specifico – alla luce del carisma dell’unità – alla Chiesa e alla società, la presentazione dello sviluppo del Movimento in alcuni paesi (Canada, USA, America Latina…). Non mancherà un bilancio sul Genfest 2012 appena conclusosi in Ungheria, protagonisti i giovani. Un segnale dell’importanza con la quale i Focolari guardano alle nuove generazioni come un futuro che è già presente e di sprone per tutto il Movimento. La celebrazione della messa del 26 settembre sarà presieduta dal vescovo di Frascati, Mons. Raffaello Martinelli. In concomitanza con questo raduno, esce, edito da Città Nuova, il libro “La scommessa di Emmaus, cosa fanno e cosa pensano i focolarini nel dopo Chiara”. In questi giorni ne avremo un assaggio. (altro…)
Set 12, 2012 | Cultura
Un libro intervista per conoscere il pensiero della Presidente del Movimento dei Focolari: deriva delle democrazie occidentali, Europa, cristianofobia e fondamentalismo; e ancora, incontri per i divorziati e l’appartenenza al Movimento di vescovi e cardinali; la Chiesa in un futuro non lontano; sono scomparsi i focolarini dopo la morte di Chiara? Sono solo alcuni degli argomenti affrontati nel libro e su cui Maria Voce ha risposto e sarà chiamata a rispondere. A partire dalle domande del libro intervista La scommessa di Emmaus (Città Nuova Editrice) Marco Politi, scrittore e editorialista de “Il Fatto Quotidiano” e Lucetta Scaraffia, docente di storia contemporanea all’Università La Sapienza di Roma e editorialista dell’“Osservatore Romano”, dialogheranno con Maria Voce, sull’attualità dei Focolari, uno dei movimenti cattolici più diffusi nel mondo e che al suo interno conta membri di altre Chiese, di diverse religioni e di convinzioni laiche. Il 22 settembre, presso l’Auditorium di Loppiano, all’interno del multievento LoppianoLab. “Emmaus”: così Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei focolari, chiamava Maria Voce, dal nome del luogo in Palestina dove i due discepoli hanno incontrato e riconosciuto Gesù dopo la Resurrezione. Quel nome era l’invito a vivere attraverso l’amore scambievole la presenza di Gesù tra i suoi. E così, semplicemente, è chiamata all’interno del movimento. Dopo la morte della fondatrice avvenuta nel 2008, Maria Voce viene eletta presidente. Calabrese, prima donna avvocato nella regione, focolarina dal 1959, poi responsabile del movimento in Turchia per sei anni, Maria Voce si è trovata ad assumere un compito oneroso: raccogliere l’eredità della fondatrice e traghettare il movimento dalla fase degli inizi “carismatici” a quella immediatamente successiva, in cui un movimento guarda all’oggi della storia rispondendo attraverso il suo carisma alle sfide e alle domande che la società vive, senza perdere la propria identità, ma senza rimanere ancorato al passato. (altro…)
Set 12, 2012 | Centro internazionale, Cultura
Un libro intervista per conoscere il pensiero della Presidente del Movimento dei Focolari. “Emmaus”: così Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei focolari, chiamava Maria Voce, dal nome del luogo in Palestina dove i due discepoli hanno incontrato e riconosciuto Gesù dopo la Resurrezione. Quel nome era l’invito a vivere attraverso l’amore scambievole la presenza di Gesù tra i suoi. E così, semplicemente, è chiamata all’interno del movimento. Città Nuova online pubblica una rubrica a puntate dedicata al nuovo libro, che verrà presentato in anteprima il 22 settembre, durante il LoppianoLab, presente Maria Voce. Riportiamo alcuni stralci della prima puntata. Dopo la morte della fondatrice avvenuta nel 2008, Maria Voce viene eletta presidente. Calabrese, prima donna avvocato nella regione, focolarina dal 1959, poi responsabile del movimento in Turchia per sei anni, Maria Voce si è trovata ad assumere un compito oneroso: raccogliere l’eredità della fondatrice e traghettare il movimento dalla fase degli inizi “carismatici” a quella immediatamente successiva, in cui un movimento guarda all’oggi della storia rispondendo attraverso il suo carisma alle sfide e alle domande che la società vive, senza perdere la propria identità, ma senza rimanere ancorato al passato. Nell’intervista con Paolo Lòriga e Michele Zanzucchi, Maria Voce esprime senza reticenze il suo pensiero su fatti e vicende della società contemporanea, delineando così quel che pensano e fanno i focolarini dopo la morte della loro carismatica fondatrice. Continua su Città Nuova online (altro…)
Set 11, 2012 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Senza categoria, Sociale
Non è comune vedere tanti giovani al Consiglio Comunale della città di La Plata. Nelle loro sedi oggi non vi sono rappresentanti politici eletti alle ultime elezioni, ma 60 studenti di varie scuole della città. La Plata è la capitale della provincia di Buenos Aires con 600.000 abitanti. “Ho una parola”, il titolo di questa iniziativa del Centro Educativo Francescano “Padre Castañeda”. Quest’anno vi partecipano – in qualità di relatori – gli alunni della Scuola del Movimento politici per l’unità dell’Argentina (MPPU) Dopo l’alzabandiera e l’Inno nazionale, iniziano gli interventi. Ignacio Piñero, giovane avvocato, Master dell’Istituto Universitario Sophia, presenta il MPPU e la sua opzione per la fraternità come metodo e contenuto dell’impegno politico. Come una delle sue concretizzazioni, viene presentata la Scuola di formazione politica. Gli oratori esprimono la sostanza della loro militanza nel partito di appartenenza, tenendo conto delle motivazioni: “Perché la politica? Perché la fraternità? “. Juan José Pfeifau, del Frente para la Victoria (partito al governo) , sottolinea l’importanza della politica come strumento di trasformazione, valorizzando la ricchezza dello scambio onesto ed imparziale tra i politici di diversi partiti: attività impegnativa ma necessaria.
Godmann Pilar del GEN-FAP, ricorda coloro che non possono essere presenti al forum. A proposito delle risposte da dare alle diverse problematiche che si presentano, spiega che, se si immette la dinamica della fraternità come metodo politico, esse sono più esaurienti di quelle che un politico e un partito possono dare. Infine provoca gli studenti con la domanda: “Cosa ci aspettiamo dalla politica, della società?”. In conclusione, Martin Sánchez, membro della Juventud Radical, ricorda i suoi anni di attivismo studentesco come il seme della sua vocazione politica, e le disuguaglianze attuali che ci devono stimolare all’impegno. Poi, i giovani si suddividono in gruppi nei quali affrontano i tre punti chiave del forum: l’educazione, la politica e la società.
Nelle conclusioni, trasmesse in diretta da due canali televisivi, i giovani si interrogano sulla ” difficoltà di scegliere per chi non ha accesso all’educazione, sottolineando che essa è un diritto ed un obbligo”. Emergono vari temi: l’impegno e la partecipazione; le politiche pubbliche che influiscono sulla società e, in particolare, l’educazione, il ruolo dei media e l’importanza di avere una lettura critica degli stessi. Inoltre la corruzione come un male difficile da estirpare accanto all’importanza dell’impegno personale: “Il cambiamento deve cominciare da me“. Queste mura, testimoni silenziose di tante lotte e – spesso – di voci discordi, sono stati oggi testimoni di gioventú, gioia, dialogo e speranza per il futuro. (altro…)
Set 11, 2012 | Cultura, Dialogo Interreligioso, Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
“Se ciascuno di noi s’impegnasse a comunicare almeno a cinque giovani quanto abbiamo vissuto in questi giorni qui a Budapest, allora forse potremmo davvero cambiare il mondo”. Lo ha detto con coraggio e con determinazione un giovane musulmano palestinese di Gerusalemme, che ha concluso: “Non dimenticate di pregare per la situazione in Palestina”. Gli ha fatto eco un algerino, anche lui musulmano: “Se è stato possibile vivere in questi giorni con giovani di etnie, culture, lingue e religioni diverse allora lo può essere anche negli ambienti da dove veniamo”. Sono alcune delle voci a caldo, a conclusione dell’ultima mattinata del Genfest dedicata al mondo del dialogo interreligioso. Tra i protagonisti dell’evento Genfest svoltosi allo SportArena, vi sono stati infatti giovani musulmani, buddisti ed indù che si sono impegnati, in prima persona, nello svolgimento della manifestazione. La domenica mattina, mentre i giovani cattolici partecipavano alla S.Messa cattolica in piazza Santo Stefano, i più di duecento giovani di varie Chiese hanno avuto modo di pregare nelle celebrazioni liturgiche secondo la propria appartenenza ecclesiale: Ortodossi – di 8 Patriarcati e Chiese – Copti-ortodossi, Anglicani, Metodisti, Battisti, Pentecostali. La Santa Cena che Luterani e Riformati hanno desiderato celebrare insieme era presieduta dal Segretario Generale del Sinodo della Chiesa riformata ungherese, pastore Zoltan Tarr. Per i fedeli di altre religioni si è offerto un programma alternativo che permettesse loro d’incontrarsi per scambiarsi esperienze di vita vissuta e di impegno nel dialogo.
Un incontro interreligioso che ha preso il cuore e la mente di tutti i presenti. Un momento speciale che ha rafforzato i ponti tra le diversità di religione e di cultura. Era moderato da un musulmano algerino, da un buddista giapponese e da una giordana cristiana. La sala ha offerto un vero caleidoscopio: i partecipanti, provenivano da USA, Uruguay, Giappone, Thailandia, India, Algeria, Libano, Israele e Territori palestinesi, Macedonia, Bosnia, Bulgaria, Francia, Italia e altri Paesi ancora. Fra loro ebrei, musulmani, buddisti mahayana e theravada, indù, una giainista, e rappresentanti della Tenri-kyo, una delle religioni nate nel Giappone del XIX secolo. Presenti anche alcuni giovani cattolici hanno voluto condividere questo momento con i loro amici. Il lavoro per i diritti umani di organizzazioni giovanili ebraiche nel laico Uruguay, l’impegno di giovani musulmani algerini e macedoni nel vivere la fratellanza nel quotidiano sui posti di lavoro e nelle università; azioni sociali con le organizzazioni gandhiane nel sud India: i rappresentanti delle diverse tradizioni religiose si raccontano quanto già fanno per costruire la pace e la fratellanza universale. Ci sono i giovani della Tenri-kyo, che spiegano come cercano di portare la gioia nel mondo; i Buddisti della Myochikai, con una proposta per l’educazione etica dei ragazzi attraverso una rete interreligiosa; e quelli della Rissho Kosei-kai, con le loro attività per la pace, fra cui la campagna “dona un pasto”.
Quasi due ore concluse con un minuto di profondo silenzio in cui ciascuno ha pregato in fondo al cuore con le parole e la sensibilità della sua fede per la pace nel mondo e l’impegno alla fratellanza, per essere davvero costruttore di ponti. Uscendo, due giovani ebrei dell’Uruguay hanno commentato: “Un’esperienza incredibile! Dobbiamo lavorare insieme per portare questo spirito dove ci troviamo”. Due giovani indù: “Non ci sono parole per dire cosa abbiamo vissuto in questi giorni”. Una buddista giapponese: “Ho trovato la forza di affrontare le situazioni difficili con amore” e grida insieme agli altri: “Let’s bridge!”
(altro…)
Set 10, 2012 | Focolari nel Mondo
Visita di Maria Voce e Giancarlo Faletti, presidente e copresidente dei Focolari, ai membri delle comunità egiziane (4-11 settembre 2012) (altro…)
Set 10, 2012 | Centro internazionale, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
‘Avete illuminato l’Egitto’, una frase che qui si rivolge come benvenuto all’ospite in visita. Poche parole dettate dalla sapienza di una cultura millenaria che vede nell’ospite la presenza di Dio e, dunque, lo considera un dono. Sono parole che sintetizzano i vari momenti di dialogo che Maria Voce e Giancarlo Faletti hanno avuto con diversi gruppi del Movimento dei Focolari in Egitto. Era, infatti, desiderio di molti poter stabilire un contatto personale, soprattutto alla luce delle sfide che il Paese si trova ad affrontare oggi ma anche nella prospettiva di problematiche legate al rapporto fra le Chiese, oltre che ad aspetti che si vivono in Egitto, come in altre parti del mondo, perché legati al fenomeno della globalizzazione. Cosa significa in questo contesto vivere il Vangelo oggi? Come essere aperti a tutti in una società dove esistono discriminazioni? Come capire le scelte di vita per il proprio futuro se si è giovani o quella per la propria famiglia? È possibile vivere uno spirito come quello di comunione in una società complessa ed in rapida evoluzione ma anche con un futuro nebuloso? Tutte domande scottanti, soprattutto, nell’Egitto del 2012, a due anni dalla rivoluzione di Piazza Tahrir, con una popolazione giovane e dove i cristiani guardano al futuro con apprensione: una comunità che discende dalla Chiesa apostolica, fondata da Marco evangelista, ma che vive in minoranza, sebbene profondamente radicata e parte della società e della storia socio-culturale del Paese. Le occasioni per un dialogo con la presidente ed il copresidente sono state varie: l’incontro dei 350 membri ed aderenti più vicini ai Focolari, il momento trascorso con i focolarini e le focolarine che vivono nelle comunità del Cairo e di Sohag, la serata con un centinaio di giovani – ‘Dagli occhi che brillavano di intelligenza dell’amore’, ha notato Maria Voce – che animano le diverse attività giovanili nello spirito dei Focolari.
Maria Voce e Giancarlo Faletti hanno, prima di tutto, ascoltato e maturato risposte mai scontate e spesso provocanti per la radicalità che hanno proposto, richiamandosi sempre al Vangelo come prospettiva per una lettura sia del presente che del futuro. Ma, soprattutto, hanno espresso gratitudine a tutti quelli che hanno incontrato per il loro impegno nel vivere il messaggio dell’amore evangelico nel segno dell’unità per cui ha pregato Gesù prima di morire. “A chi ha perso la speranza io direi ‘grazie!’ per quanto avete creduto e sperato”, ha detto Giancarlo Faletti ad una maestra che raccontava come, con altri impegnati a vivere la spiritualità di comunione, dopo aver sentito la necessità di essere positivi, non nascondevano la paura per il futuro, confessando di “Non voler perdere la speranza e la fede”. “La vostra vita risente di grande provvisorietà”, ha riconosciuto il copresidente. “È in atto un cambiamento storico che presenta imprevisti. Condividiamo con voi questa insicurezza. Vi guardiamo come fratelli prediletti. Non siete soli. Viaggiando abbiamo trovato Paesi in situazioni come la vostra, ma anche peggiore, dove le sicurezze erano minime. Sento una grande gratitudine per la vostra vita”. Ricordando, poi, l’esperienza di Chiara Lubich, nei primi giorni del Movimento nel corso della seconda guerra mondiale, ha concluso: “Dopo aver accompagnato i genitori fuori Trento, Chiara ha attraversato il ponte per tornare in città. Su quel ponte Chiara ha giocato la vita sua e quella di tutti noi. È tornata nella sua città priva di sicurezze e certezze. Dio la chiamava in quella città. Penso che Chiara vi sia grata, ma vi è grata tutta l’Opera. Fin dove vi è possibile restare nella città dove Dio vi ha posto, voi contribuite al cammino di Dio nell’umanità”. Le sfide d’altra parte sono proprio nella quotidianità. Ad un giovane padre di famiglia, che notava la difficoltà a vivere in una società basata sull’occhio per occhio… e che chiedeva: “Come insegnare ai figli ad affrontare la società in modo evangelico senza essere deboli?”, Maria Voce ha ricordato che era proprio questa la società in cui Gesù ha vissuto, portando una legge nuova, quella dell’amore al fratello e del perdono. Non è una debolezza, ma un segno di forza. “Aiutate i vostri figli – ha suggerito la presidente – a scoprire che la vera forza è quella di coloro che riescono a dominare se stessi. Gli uomini hanno ricevuto da Gesù una nuova legge e, se la vivono, diventano personalità vere ed autentiche. I bambini vedono gli altri e tendono a imitarli. Dovremmo aiutarli a vedere che non reagire con la violenza significa essere più forti”. In tutti è vivo il ricordo dei giorni di piazza Tahrir, e della rivoluzione che ha fatto sognare milioni di egiziani. Ma, a due anni di distanza, molti riconoscono che si vive un momento di sofferenza nel mondo arabo. “Come essere vera rivoluzione per essere luce che fa vedere?”, ha chiesto un giovane. Approfittando di questa domanda, che ha definito: ‘Bellissima perché tu vuoi essere questo”, Maria Voce ha lanciato una sfida: “L’unica risposta è la vita di Gesù. La rivoluzione nella vita di un giovane che vuole vivere la spiritualità dei Focolari, è vivere Gesù, che ha detto: “Io sono la luce del mondo” [Gv. 8,12]. Questa è la vera rivoluzione: chiedersi cosa farebbe Gesù qui, oggi. ‘Voi farete cose più grandi di me’[Gv. 14,12], Lui lo ha detto e noi possiamo farlo. Essere i rivoluzionari per eccellenza”. Dall’inviato Roberto Catalano (altro…)
Set 9, 2012 | Centro internazionale, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
«Faraoni, greci, beduini, nubiani, cristiani, musulmani …. L’Egitto di oggi è la sintesi di queste culture che hanno portato all’unicità del carattere egiziano, con le sue bellezze, le sue originalità e, anche, le sue contraddizioni». Sally, una giovane del Cairo, ha accompagnato Maria Voce, Giancarlo Faletti e tutti i presenti in un excursus sulla storia religiosa e culturale di questo Paese affascinante. È venerdì pomeriggio, giorno festivo per l’Egitto, paese di maggioranza musulmana. Siamo nel grande College dei Gesuiti nei pressi della stazione ferroviaria centrale e non lontano da Piazza Tahrir. La Presidente ed il Copresidente entrano nella sala al buio: sembra di penetrare nel cuore delle antiche piramidi fra mistero e presenza del divino. I 350 presenti trattengono a stento il desiderio di accoglierli con l’entusiasmo che scatenano non appena si accendono le luci: appare una vera fantasmagoria di colori e di suoni, per esprimere la gioia da subito incontenibile. Poco prima, a Maria Voce, un gruppo di bambini aveva consegnato la chiave di Ankh, il simbolo che, nella tradizione dell’antico Egitto, rappresenta l’immortalità. Ed è proprio con la chiave di Ankh e con l’aiuto di Sally che si trascorre un’ora attraversando millenni di storia di questo popolo: dalla civiltà sorta lungo lo scorrere del Nilo fino alla rivoluzione di Piazza Teharir simbolo di quella primavera araba, che rappresenta la realtà in cui il Paese ed i suoi abitanti si trovano oggi a confrontarsi. In questa storia millenaria, s’inserisce anche la piccola storia del Movimento dei Focolari, iniziata con l’arrivo di Aletta Salizzoni, Mariba Zimmermann e Marise Atallah, il 26 gennaio 1981. Si tratta di un momento che avrebbe cambiato la vita di tanti all’interno della comunità cristiana, producendo, anche in questa terra, la nascita di un gruppo di persone che vivono per costruire delle comunità dove, per l’amore reciproco, possa essere presente Cristo.
Oggi, la spiritualità dell’unità si è diffusa a Sohag, Luxor, Aswan, Alessandria, Ismailia ed altre città, fino a piccoli villaggi. Non mancano rappresentanti del Sudan, dell’Eritrea, dell’Etiopia, della Siria e dell’Irak. Ci sono gruppi provenienti da queste ed altre località convenuti al Cairo per salutare Maria Voce e Giancarlo Faletti e per raccontare le ultime pagine della storia del loro Paese, quelle scritte a partire dalla ‘rivoluzione’, come tutti la chiamano qui. In quelle settimane, ricorda ancora Sally, «era difficile uscire di casa, non c’era sicurezza e ci siamo radicati nell’attimo presente. Abbiamo pregato di più e cercato di aiutare gli altri. Il risultato di questa vita sono stati rapporti coi nostri vicini di casa e fra cristiani e musulmani. La paura si è trasformata in amore reciproco e comunione gioiosa. Abbiamo sentito l’unità di tutta la nostra grande famiglia». Infine, alcuni saggi di folklore, musica coinvolgente, colori vivi, come i volti che si avvicendano sul palco. L’atmosfera si scalda in attesa di un dialogo con Maria Voce e Giancarlo Faletti, ma di questo parleremo domani, perché in questi giorni i dialoghi con bambini, giovani, famiglie si sono susseguiti, tutti interessanti, stimolanti e sinceri e diretti. Leggi tutto Dall’inviato Roberto Catalano (altro…)
Set 8, 2012 | Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità

Trasmissione di Telepace – Saluto in INGLESE
Erano 1.700 i giovani di 41 Paesi del mondo all’udienza del mercoledì in rappresentanza dei 12 mila che, dal 31 agosto al 2 settembre, hanno partecipato al Genfest, manifestazione promossa a Budapest dal Movimento dei Focolari dal titolo “Let’s Bridge”, cioè “costruiamo ponti”. Nei saluti in lingua inglese, facendo riferimento al titolo del Genfest, il Papa ha rivolto ai giovani l’appello a “promuovere l’unità nella famiglia umana, costruendo ponti con coraggio”. “Possano – ha aggiunto il Santo Padre – la gioia semplice, l’amore puro e la pace profonda che provengono dall’incontro con Gesù, farvi testimoni radiosi della Buona Notizia ai giovani dei vostri Paesi”. Alle parole del Papa – che durante il Genfest aveva già inviato loro un messaggio – i “giovani di Budapest” hanno risposto sventolando le stesse sciarpe e striscioni che avevano fatto sfilare sabato scorso per le strade della capitale ungherese con un flashmob sul ponte delle Catene. Poi, al termine dell’udienza, una piccola delegazione di 4 giovani – del Messico, Iraq e Pakistan – ha potuto personalmente salutare il Santo Padre a nome dei 12 mila giovani del Genfest. A Benedetto XVI hanno regalato il Cd del Genfest con le canzoni del loro complesso internazionale. I giovani dei Focolari proseguono con una scuola di formazione nel centro Mariapoli di Castel Gandolfo e a Sassone che terminerà domenica 9 settembre. Il programma sta approfondendo i temi della “fraternità” che hanno fatto da sfondo alla manifestazione di Budapest. In particolare stanno discutendo su come portare avanti il progetto “United World Project” che prevede la costituzione di un Osservatorio internazionale permanente per prendere in esame azioni e iniziative che di fatto sono state in grado di generare un “incremento di fraternità”. L’Osservatorio dovrà inoltre promuovere “la categoria della fraternità” attraverso iniziative culturali specifiche. Si sta poi vagliando anche la richiesta all’Onu di riconoscere l’interesse internazionale della Settimana mondo unito, confermando e allargando ancora di più l’appuntamento annuale che da più di quindici anni vede i giovani dei Focolari – assieme a tanti altri – impegnati a “dare voce alla fraternità universale”. (Fonte Sir). Per aderire al progetto si può firmare la petizione online su http://www.unitedworldproject.it/2/i_commit_myself_329906.html. Guarda il video dell’udienza (stralcio dalla diretta TV di Telepace).
(altro…)
Set 7, 2012 | Focolari nel Mondo
Saluto del Santo Padre Benedetto XVI ai giovani dei Focolari partecipanti al Genfest (in INGLESE) (altro…)
Set 6, 2012 | Chiesa, Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Da lunedì 3 settembre, al Cairo in Egitto, è in corso l’annuale incontro dei vescovi di varie Chiese, animato dalla spiritualità di comunione del Movimento dei focolari. L’incontro, giunto quest’anno alla trentunesima edizione, ha raccolto nella megalopoli egiziana vescovi provenienti da 22 Chiese cristiane e da tutti i continenti. La scelta della sede del Cairo assume, in questo momento di trasformazione sofferta e dall’esito a volte incerto, un significato particolare. I vescovi, infatti, hanno desiderato testimoniare la loro solidarietà e vicinanza ai fratelli cristiani in tutto il Medio Oriente e particolarmente alla Chiesa copta in Egitto, dando, con la loro presenza, un segno che, di fronte alle difficoltà esterne, stringersi in una maggiore unità è una necessità inderogabile. Il programma è scandito da momenti di riflessione sul “rapporto fraterno tra diversi” richiesto dal Vangelo con l’amore del prossimo, da momenti di condivisione ecclesiale e personale e da celebrazioni liturgiche con le varie comunità cristiane. Nella giornata di giovedì hanno presenziato ai lavori Maria Voce, presidente del Movimento dei focolari, e Giancarlo Faletti, copresidente. Proprio la presidente dei Focolari ha svolto una riflessione sul tema del convegno – “Incontrare il prossimo con amore” – rispondendo, poi, alle domande dei presenti. Motivante e di profondo significato ecclesiale e di comunione con la Chiesa copta ortodossa è stata la giornata di visite agli antichi monasteri nel deserto del Wadi Natrun. Qui i vescovi hanno sostato anche sulla tomba di papa Shenouda III recentemente scomparso. Ma già nella giornata iniziale del convegno il piccolo gruppo di vescovi animatori dell’iniziativa si era recato in visita al patriarcato copto ortodosso, dove aveva incontrato Anba Bakhomios, attuale amministratore della Chiesa copta, in attesa dell’elezione del successore del papa Shenouda III. L’incontro, presso la cattedrale di San Marco, era stato caloroso. Anba Bakhomios aveva, infatti, parlato dell’importanza dell’unità e della centralità della croce nella vita cristiana, particolarmente di quella della comunità copta. Sebbene spesso taciuta, infatti, la vita della comunità cristiana in Egitto è stata, lungo i secoli, oggetto di varie forme di discriminazione e persecuzione. Oggi si coglie una pressione sociale a volte sottile, ma insopportabile per le ingiustizie che porta a commettere e dalle uccisioni di cristiani in diversi casi di violenza, verificatisi in varie parti del Paese.
I vescovi della varie Chiese avevano colto l’occasione per ringraziare la Chiesa copta ortodossa per la sua fedeltà alla tradizione che risale a Marco evangelista e per l’impegno ed il coraggio nel mantenere l’integrità della fede. Era un abbraccio fra Chiese d’Oriente e d’Occidente, nella preghiera e nell’amore: da una parte, la stima e la riconoscenza per una fede difesa nei millenni di fronte a errori dottrinali e persecuzioni e, dall’altra, la gratitudine per la preghiera, il supporto e la vicinanza nel momento della prova e della sofferenza. Con questa esperienza di comunione interecclesiale, nella giornata di martedì, i vescovi hanno visitato due monasteri a circa tre ore dal Cairo. Era come se fossero stati inviati a scoprire il patrimonio del monachesimo copto, che risale al terzo secolo, quando Antonio, Paolo e Pacomio dettero vita ad esperienze di monachesimo – eremitico i primi due e comunitario il terzo -. Esse avrebbero aperto vie nuove nella storia del cristianesimo, arricchendo la Chiesa ancora giovane con i carismi che l’avrebbero accompagnata per due millenni con ricchezze e valori spirituali incalcolabili. Proprio dallo stile di vita monastica, così tipico della chiesa copta, proveniva il papa Shenouda III, che, sebbene si sia rivelato una guida sicura per tutta la chiesa copta fra il 1971 ed il 2012 – è infatti scomparso pochi mesi fa -, non mancava di tornare settimanalmente ad Alessandria e a momenti di vita monastica. Shenouda III è stato amato dalla sua gente: si sente come se ne parla, quanto vivo sia il suo ricordo, quale la stima e l’affetto che le persone nutrono ancora per lui. L’invito a ritornare tutti alla cattedrale di San Marco è arrivato quasi inatteso, ma molto apprezzato dai vescovi delle diverse cristiane. La serata del 4 settembre è stata caratterizzata da un “calore agapico” che andava ben oltre la cena offerta per l’occasione. L’accoglienza, la ricca presentazione delle origini e dei tratti salienti del carisma monastico, proposto ai presenti da Anba Bakhomios, le parole di stima e gratitudine reciproca hanno fatto parlare i presenti di una vera novità. Anba Thomas, stretto collaboratore dell’amministratore della Chiesa, sottolineava come:«L’intera esperienza di questi giorni fra i vescovi sia stata quella di una solidarietà in atto. I cristiani di Egitto hanno sentito l’unità dei cristiani del mondo. È lo Spirito che si muove fra noi e, sta dimostrando che, se ci impegniamo ed abbiamo fiducia gli uni negli altri, l’unità fra le Chiese è davvero possibile». È
venuta in evidenza l’esperienza dell’unità come di una realtà spirituale prima ancora che istituzionale e teologica. L’aspetto spirituale, infatti, resta quello essenziale senza il quale niente è possibile. Anba Bakhomios ha espresso parole di particolare calore nei confronti di Maria Voce: «La nostra Chiesa ha grande stima e dà grande importanza alla donna. È ad una donna, Maria Maddalena, che Gesù Risorto è apparso per la prima volta». Uscendo dal grande complesso della cattedrale di San Marco e del patriarcato copto, dopo aver sostato davanti alle reliquie del santo evangelista che Paolo VI volle restituire all’allora patriarca Kyrillios VI, non si può non pensare al proverbio arabo: «Chi beve l’acqua del Nilo, tornerà in Egitto». È quello che ha voluto esprimere Anba Bhakomios nell’accommiatarsi da Giancarlo Faletti che gli assicurava la preghiera dei Focolari per l’elezione del nuovo papa copto: «Vi inviteremo, vi inviteremo», ha risposto, confermando che il legame nato è veramente quello di fratelli e sorelle, parte dell’unica Chiesa di Cristo. di Roberto Catalano (altro…)
Set 6, 2012 | Ecumenismo, Focolari nel Mondo
In anni recenti, Hurgada, sul Mar Rosso, e Luxor e nei pressi di Alessandria hanno ospitato le Mariapoli del Movimento dei Focolari in Egitto. Sono luoghi ricchi di bellezze artistiche e naturali, simbolo del popolo egiziano profondamente religioso, aperto, gioioso, ospitale, dotato di un equilibrio fondato su una grande capacità di soffrire e sopportare le avversità. Lo hanno dimostrato al mondo con quanto accaduto a partire dal dicembre 2011. La storia della spiritualità dell’unità in Egitto risale alla fine degli anni ‘50 quando Marco Tecilla, il primo focolarino, sbarca ad Alessandria per incontrare uno dei primi francescani che aveva conosciuto il Movimento, Padre Nazareno Beghetto. Alla fine degli anni ’60 dall’Algeria i focolarini arrivano in Egitto solo per alcuni giorni; mentre nel ‘75, Aletta Salizzoni, una delle prime focolarine, si reca nella terra dei faraoni, accompagnata dai coniugi Matta del Libano, invitati dalle religiose del Buon Pastore che, dopo aver partecipato ad una Mariapoli in quel paese, avevano dato inizio ad una comunità focolarina. Verso la fine degli anni ‘70 si diffondono i “gruppi della Parola di Vita”. È proprio per questa vita che, nel 1980, un gruppo di gen partecipa ad un congresso internazionale a Roma. Rientrando in patria chiedono l’apertura di un focolare. Il loro sogno diventa realtà nel 26 gennaio 1981: Aletta arriva al Cairo insieme a due focolarine e trova casa a Shoubra. Il 13 ottobre 1983 si apre anche il focolare maschile. Padre Morcos Hakim viene eletto, nell’82, vescovo di Sohag (Alto Egitto). Qui, darà vita ad una fiorente comunità di giovani e adulti della città e dei villaggi circostanti: gente semplice, a volte analfabeta, che accoglie e vive la Parola di Vita con totalitarietà. Intanto, si moltiplicano i viaggi delle focolarine e dei focolarini in diverse parti del Paese. Si tengono Mariapoli sia al Cairo che a Sohag. Alcuni studenti fanno conoscere l’ideale dell’unità anche a Assiut. Notando questa inattesa fioritura di vita, Mons. Morcos chiede che venga aperto un focolare anche al sud. Nel 1995 tre focolarine, tra cui la prima egiziana, si trasferiscono a Sohag. Da lì, attraverso viaggi regolari, trasmettono a tanti la spiritualità del Movimento, a Minia, Luxor ed Assuan. Con gli anni ’80, anche ad Alessandria si forma una piccola comunità intorno a suor Cecilia, salesiana; un gruppo che prosegue anche dopo la partenza della religiosa, incontrandosi attorno alla Parola e scambiandosi le esperienze.
Sebbene, nel frattempo, si sviluppino tutte le espressioni dei Focolari – molti, per esempio, i sacerdoti e i seminaristi che aderiscono alla spiritualità dell’unità – sono le famiglie ad avere un impatto sul territorio ed una visibilità apprezzata. Attorno ad una coppia italo-libanese, si forma un gruppo di coppie, la cui esperienza porterà alla creazione di un centro di formazione di fidanzati e giovani coppie alla vita matrimoniale e alla maternità e paternità responsabili, oltre che all’accoglienza del dono della vita. Questo centro, incoraggiato dalla Conferenza episcopale e dal Patriarca Stephanos II, viene ospitato all’interno della sede del Patriarcato. I Focolari in Egitto, oggi, hanno una chiara fisionomia ecumenica: una comunità composta da appartenenti alla Chiesa cattolica di vari riti orientali e da quella copto-ortodossa. Molti riscoprono la bellezza della propria Chiesa e s’impegnano in prima linea a lavorare per renderla sempre più conforme al piano di Dio. Il carattere ecumenico dimostra come il dialogo della vita permetta di superare pregiudizi, spesso esistenti da secoli. Si instaurano rapporti nuovi non solo fra cristiani (circa il 10% della popolazione) ma anche con musulmani e ciò incoraggia, infonde speranza e dà la certezza di poter costruire un mondo unito al di là di qualsiasi differenza. Dall’inviato Roberto Catalano (altro…)
Set 5, 2012 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
«4 settembre ore 14: dopo 20 ore di pullman siamo rientrati alla base, Castelli Romani, diversi da come siamo partiti. Quanti eravamo? 96 in autobus, 20 in aereo e poi… chi ritroviamo a Budapest? Quei 4 venuti in macchina per risparmiare, gli altri col camper, gli amici che stavano nel sotterraneo dello Sport Arena per i vari servizi dietro le quinte: la regista, il coordinatore della diretta internet, i ragazzi delle reti sociali e molti altri. Qualche centinaio, da questa piccola parte di mondo. Il gruppo è assortito, cartina al tornasole delle provenienze del Genfest: vario per età (c’è chi non ha ancora compiuto 14 anni, la mascotte del gruppo, a chi pur over 30 non vuole perdere questa occasione unica, punte estreme nella fascia media di universitari e liceali), vario per credo (molti cattolici, anche praticanti, tanti curiosi di un’esperienza nuova, e poi agnostici e non credenti, e fra noi anche una suora e un sacerdote). La cronaca del Genfest la possiamo leggere su vari supporti (vedi la folta rassegna stampa, il boom dei social network, il replay della diretta), ma come raccogliere cosa questo evento – che non si ripeteva da 12 lunghi anni – è stato per ciascuno dei partecipanti? Solo il tempo lo dirà, ma un assaggio lo abbiamo avuto. A Budapest, prima di ripartire, di fronte alla “Chiesa del centro”, pochi metri dal Ponte delle Catene, teatro del più grande flashmob della storia mai realizzato su un ponte (che tremava sotto il peso ‘esultante’ dei 12mila!), questo gruppo caciarone e molto italiano, si è seduto sul prato sotto i 35° del pomeriggio ungherese, e ha fermato il tempo.
Non si sentiva più il rumore del traffico, né le voci dei passanti, né il caldo né la sete, ma solo il fiume di vita condivisa da chi, superando la timidezza, si alzava per dire a voce alta, cosa era successo dentro di lui o di lei. “Avere il coraggio di ‘lasciarmi ferire’ dal dolore dell’altro, senza passare oltre” – ricorda Tiziana, 22 anni, studentessa di economia; e Francesco, 18 anni non ancora compiuti: “Sono venuto decidendomi all’ultimo, per fare qualcosa di interessante a fine estate. Non mi sarei mai aspettato un cambiamento così. È cominciato quando ho raccolto una mela che mi è rotolata sui piedi, e l’ho data alla ragazza che mi stava di fronte con un sorriso. In questi giorni ho cercato solo di amare chi era accanto, e non mi sono mai sentito così vivo come adesso”. Anna invece ha 14 anni, e confida: “Quest’anno ero un po’ triste, pensando alle tante amiche a cui avevo cercato di comunicare questo grande ideale, e che piano piano sono andate via. Per questo, quando ho saputo del Genfest ho fatto di tutto per poter venire; e con la carica di questi giorni, vedendo quanti siamo, a credere che il mondo unito è possibile, voglio ritornare a casa gridando a tutti questo grande sogno”. Freddy, 18 anni: “Nel gruppo che frequento siamo tutti agnostici, atei, non credenti. Ma per noi l’accoglienza dell’altro è fondamentale. In questi giorni abbiamo fatto insieme questa esperienza, di sentirci tutti fratelli nonostante le differenze”.
Adesso sì, possiamo partire, e la scommessa del Genfest è stata vinta. Un anno fa, quando si è progettato il viaggio, i giovani leader del gruppo avevano detto: abbiamo bisogno di una settimana, perché per noi la cosa fondamentale è costruire rapporti, legami forti con i nostri amici. E così ha preso forma questo viaggio, che ci ha visto passare da Vienna, per una prima tappa, e rimanere a Budapest ancora un giorno e mezzo per scoprire le meraviglie di questa città. Cuore di tutto sono stati i due giorni tra lo Sport Arena, il Ponte delle Catene, e la Piazza di fronte alla Cattedrale di Santo Stefano. “Appena messo piede nello Sport Arena, è successo qualcosa”, dice Paolo; il concerto la sera del 31 agosto, il linguaggio della musica che unisce i giovani di tutto il mondo, il bisogno di saltare, di abbracciarsi, trasmettere le emozioni. Ma l’emozione poi si trasforma in vita (le esperienze raccontate lo hanno dimostrato), in scelte, in coraggio. Il coraggio di tornare a casa e di essere “Let’s Bridge”, un ponte vivente verso chiunque incontriamo». I Giovani per un Mondo Unito dei Castelli Romani e Lazio
(altro…)
Set 4, 2012 | Dialogo Interreligioso, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
Mi chiamo Sam e vengo dalla Thailandia. Sono buddista ed ho conosciuto i “Giovani per un mondo unito” attraverso un amico, anche lui buddista. Vivendo insieme a loro, ho visto che possiamo essere veramente fratelli, anche se seguiamo religioni diverse. Nell’ottobre dello scorso anno, il mio Paese è stato colpito da un’alluvione. Le distruzioni sono state enormi ed incalcolabili. Richiederà tanto tempo per recuperare quanto è stato perso: case, fabbriche, interi villaggi e città sono state sommerse per alcuni mesi. Nello stesso tempo, questa terribile calamità ha provocato grande solidarietà in tutto il popolo thailandese. È stato un fenomeno inaspettato. Il paese veniva da un lungo periodo di lotte politiche, anche violente, durante il periodo delle elezioni. Forse ricorderete le sparatorie con i militari ed i morti sulle strade. Invece, l’alluvione ci ha riuniti tutti. L’alluvione mi ha toccato in prima persona. L’acqua ha inondato di notte il quartiere dove abito. Vivo in un appartamento in condivisione e non avevo molte cose da perdere. Tanti, invece, hanno perso la vita colpiti anche da scosse elettriche e c’è stato un fuggi fuggi generale per potersi salvare. Anch’io sono scappato e sono andato in un centro di accoglienza, dove mi sono messo a disposizione. Ho trovato moltissime persone, sia anziani che bambini; alcuni avevano abbandonato la loro casa con i soli vestiti che avevano addosso, non potendo portar via nulla; alcuni erano in preda a shock, altri seriamente ammalati: una scena tremenda!
Insieme ai “Giovani per un mondo unito” che sono venuti a trovarmi nel campo, abbiamo cercato di dare un aiuto materiale ed anche di infondere coraggio alle persone che erano demoralizzate. Così abbiamo aiutato a distribuire del cibo e dei giocattoli ai bambini e ci siamo messi a giocare con loro. Insomma, è stato condividere con tanti la disperazione! Ma la cosa più urgente in quel momento era salvare la capitale Bangkok dall’inondazione. Gli studenti e tanti altri si sono mobilitati per rinforzare gli argini dei canali e dei fiumi e costruire alcune barriere per deviare l’acqua che stava arrivando. Anche noi siamo andati a riempire i sacchi con la sabbia che veniva portata con grossi camion e abbiamo lavorato giorno e notte nel fango, senza fermarci. La sabbia era sporca e puzzava molto. Il lavoro era estenuante ed abbiamo dovuto anche saltare alcuni pasti ed ore di sonno. È stata una vera lotta contro il tempo. Ho conosciuto, però, tanti amici e ci siamo aiutati tra tutti. Ad un certo punto ero privo di forza, ma l’ideale di un mondo unito e i miei amici che mi erano vicini, mi hanno sostenuto. Siamo riusciti così a costruire e riparare gli argini dei canali evitando che le acque arrivassero a Bangkok. Alla fine l’alluvione è passata, ma è rimasta la gioia d’essersi donati per costruire un mondo più solidale e di avere intessuto tanti rapporti di amicizia e di fraternità. (altro…)
Set 3, 2012 | Focolari nel Mondo
Budapest 31 August 2012 (altro…)
Set 3, 2012 | Focolari nel Mondo
Budapest 31 August 2012 (altro…)
Set 3, 2012 | Centro internazionale, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Senza categoria
«Alcuni decenni fa le grandi manifestazioni giovanili avevano un significato particolare. Ora il mondo è cambiato. Con la crescente mobilità i giovani possono fare tante valide esperienze internazionali. Attraverso i social network sembra loro di potersi incontrare facilmente anche nel nome di ideali comuni. Ormai sono numerosi i meeting e le conferenze internazionali con dei documenti finali, ma con poco impatto concreto sul mondo. In questo contesto come vede Lei il ruolo e il significato del Genfest? La situazione cambiata quale riflessione chiede al Movimento?» «Dopo 12 anni dall’ultima edizione, questo Genfest era attesissimo da tutti nel Movimento. E i giovani si sono dati un anno di Genfest, dal 1° maggio 2012 al 1° maggio 2013, proprio a significare che l’uno e l’altro aspetto ne fanno parte, quello della grande manifestazione internazionale e quello della continuità nella vita quotidiana, che loro vivono anche nel web. Nel messaggio per la giornata delle comunicazioni sociali del 2011, il Papa ha fatto un’importante riflessione sulla “vasta trasformazione culturale” che le nuove tecnologie producono, cambiando non solo il modo di comunicare, ma la comunicazione in se stessa. Il Papa fa una lucida analisi delle potenzialità e dei limiti dei social network, in cui i giovani vivono, e invita i cristiani ad esservi presenti con creatività, “perché questa rete è parte integrante della vita umana”. “II web – dice il Papa – sta contribuendo allo sviluppo di nuove e più complesse forme di coscienza intellettuale e spirituale, di consapevolezza condivisa”. D’altra parte, sottolinea che, “il contatto virtuale non può e non deve sostituire il contatto umano diretto con le persone a tutti i livelli della nostra vita”. Ne siamo convinti anche noi e l’entusiasmo e l’impegno, gli sforzi fatti da tanti per essere a Budapest ce lo conferma: i giovani hanno sete di rapporti autentici, “globalizzanti” direi, che coinvolgano l’intera persona. E’innegabile che solo nel contatto diretto si può sperimentare appieno la gioia dell’incontro con l’altro, la sfida e la ricchezza della diversità, la forza di un ideale condiviso per cui spendersi insieme… Il Genfest è un momento in cui vedere realizzata già quell’unità e fraternità in cui questi giovani credono e per le quali si impegnano. Il Movimento comunque si pone davanti a questa sfida con la consapevolezza che il dono che Dio gli ha dato, il carisma dell’unità, è più che mai consono alla chiamata dell’umanità a vedersi e a vivere come una sola famiglia, in un’interdipendenza e solidarietà che questa nuova situazione culturale accelera e sottolinea. Poi le forme, i metodi, vanno cercati, elaborati. Naturalmente questa riflessione è già iniziata e viene portata avanti nel Movimento, sia a livello globale che anche nelle sue manifestazioni concrete locali. Credo che questo Genfest, non solo come manifestazione, ma come fenomeno di condivisione che i giovani hanno cominciato nella preparazione e prosegue con progetti concreti, è un importantissimo passo, un’esperienza che ci darà spunti notevoli. Ed è interessante soprattutto portare avanti questa riflessione insieme, giovani e adulti.» Leggi tutto: http://www.magyarkurir.hu/node/41764
(altro…)
Set 2, 2012 | Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
Ma come si è svolto il programma del “Day 2”? Com’è stata chiamata la seconda giornata del Genfest allo Sport Arena di Budapest. Gli interventi, le musiche, le coreografie, in una varietà di suoni, colori e movimenti, hanno percorso la metafora della costruzione di un ponte. Quel “Let’s bridge”, tante volte scambiato come saluto, ha acquistato una profondità diversa. Fa i tuoi calcoli è il primo passo. Ci sono i conflitti, come racconta Bassem dell’Egitto sull’esperienza fatta in seguito agli eventi di Piazza Tahrir. C’è l’esclusione sociale, messa in rilievo dall’esperienza vissuta da Plinio, in Brasile. C’è contesto di violenza che chiama vendetta… o possibili scelte per decidersi ad un impegno che porta ad affrontare le situazioni problematiche dell’ oggi. Sporcarsi le mani, scavare nel fango il passo successivo. Lo possono dire letteralmente i giovani della Thailandia quando raccontano l’esperienza fatta nell’aiutare gli alluvionati del proprio Paese. L’impegno è nell’andare incontro, in prima persona, alle situazioni di necessità. Lo raccontano anche, in modo diverso, Ricardo (Cile) e i giovani dell’Indonesia e della Svezia. Piantare i pilastri. A questo punto si parla delle fondamenta. È il momento di rivivere l’esperienza di Chiara Lubich attraverso un monologo teatrale e la sintesi di un suo intervento all’ONU. Il messaggio è chiaro: la scelta di Dio che è Amore e che porta ad amare. La Regola d’oro espressa dalle Scritture cristiane dice: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro” (Mt. 7,12). Ma, con sfumature diverse, lo dicono anche i testi sacri delle altre grandi Religioni. Lo confermano le esperienze fatte dai giovani dell’India, cristiani ma anche indù, da due giovani sposi della Svizzera e non ultima la storia di Nacho, giovane argentino che decide di lasciare una promettente carriera come calciatore per scegliere di vivere a tempo pieno per gli altri. Scelte coraggiose, spesso controcorrente, sempre portatici di pienezza di vita.
La realizzazione del ponte è la tappa successiva. Immagine dell’unità che passa attraverso azioni concrete in tutti gli ambiti del quotidiano. Senza dimenticare qual è la chiave di volta che permette all’arco del ponte di non crollare: amare anche quando c’è il dolore. Lo illustrano alcuni giovani italiani impegnati in un centro di accoglienza per immigrati clandestini, portando con sé le immagini e la voce dei loro amici. Anche Adhelard e Ariane, che dal Burundi fanno tutti partecipi della loro vita in un campo di ex rifugiati alla periferia di Bujumbura. E Kaye che, dalle Filippine, porta la sua dura esperienza di separazione familiare. Sono storie che finora non hanno avuto un finale felice ma che, vissute nell’amore, permettono di sperimentare la pienezza della vita anche in queste situazioni dolorose. Si creano così basi solide che permettono di attraversare il ponte, ultima tappa di questo percorso figurato. Il ponte permette l’apertura verso molte strade. Lo sanno Issa, cristiano di Nazaret e Noura, musulmana di Gerusalemme. Si incontrano regolarmente, assieme ad altri giovani cristiani, musulmani ed ebrei per approfondire la conoscenza reciproca e pregare per la pace. Dell’intervento della presidente dei Focolari, Maria Voce, e del lancio dell’ United Word Project ne abbiamo già parlato. Certo è grande la gioia dei 12.000 quando in serata lasciano lo Sport Arena, tutti in marcia verso il simbolico Ponte delle Catene. Trenta secondi di silenzio danno il via al flashmob più internazionale della storia. Al grido di “Go!” i giovani si scambiano delle sciarpe colorate su cui ciascuno ha scritto una frase, il proprio nome, una consegna. Gioia, festa, confusione accolgono il nuovo Stop che fa distendere le stoffe e scoprire: “Il dono che Dio ha voluto farmi”, così si esprime una giovane laziale in lacrime dopo aver letto il suo messaggio: “Dio ti ama immensamente”. “Oggi si comincia a vivere per la pace”, si legge su un altro. Let’s bridge è ricopiato in tutte le lingue. “Il bracciale, segno del patto, l’ho messo non per conformismo ma perché mi impegno”, dice un altro. A guardare questi volti, c’è da crederci sul serio. Budapest forse potrà scrivere, nella sua storia, questa insolita e non violenta rivoluzione che da qui è rinata.
Mattina conclusiva del 2 settembre a Piazza Santo Stefano, in pieno centro città, con la celebrazione della S. Messa per i ragazzi cattolici, presieduta dal cardinale Peter Erdö, arcivescovo di Budapest. I giovani appartenenti ad altre Chiese celebrano le proprie liturgie nei rispettivi luoghi di culto, mentre per i 160 tra musulmani, buddhisti e hindu è pronto uno spazio proprio. Infine, s’incontrano tutti insieme per un momento di silenzio e di raccoglimento per la pace: il Time out. Il prossimo appuntamento è a Rio de Janeiro. Dal palco due brasiliani invitano alla Giornata Mondiale della Gioventù del 2013. Si parte con l’impegno a costruire relazioni di fraternità, tra singoli e gruppi, nei 104 Paesi di provenienza. Da Budapest al mondo!
(altro…)
Set 1, 2012 | Centro internazionale, Cultura, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
Carissime e carissimi, (…) Viaggiando per il mondo ho conosciuto i giovani di ieri e di oggi; ho visto trasformarsi le condizioni sociali in cui si vive; ho visto il frantumarsi di tante sicurezze; ho visto le sofferenze di non trovare lavoro, di non riuscire ad avere più momenti e luoghi di aggregazione se non il vuoto chiasso delle discoteche o il rumore delle folli corse in moto… E tutto in rapida evoluzione, in continuo cambiamento, cosicché sembra impossibile aggrapparsi ad un appiglio che non ceda, o salire uno scalino che non tremi. Ho sentito crescere una generazione che ha paura. Paura di illudersi e di essere delusa, paura di dare qualcosa di sé e di restare a mani vuote; paura di ritrovarsi soli pur in mezzo ad una folla. Ho però incontrato anche molti giovani, tra cui tanti di voi, che, nonostante tutto ciò, sanno che per la costruzione di un mondo più unito, occorrono cambiamenti innanzitutto personali, e quindi scelte radicali. E le fanno. (…) Leggi tutto:
Discorso di Maria Voce ai giovani presenti al Genfest
(altro…)