Movimento dei Focolari
Svizzera, oltrepassare i confini

La socialità cristiana comporta l’interdipendenza tra uomo e donna

Giordani racconta di un uomo dell’antichità che «allontanatosi per commercio, scrisse alla moglie che, rimasta in casa, stava per divenire madre: ‘Se nasce un maschio, allevalo; se nasce una femmina, esponila’». Quella persona, continua Giordani «esprimeva, in tutta semplicità, l’opinione che il paganesimo idolatrico aveva della donna: un mammifero di sfruttamento e di piacere, stimato immensamente inferiore al maschio, e, in tutti i casi, da tutte le legislazioni, mantenuto in soggezione all’uomo: da ragazza sotto la tutela del padre, da sposa sotto quella del marito, da vedova sotto quella dei figli o dei parenti: mai arbitra di sé. Il cristianesimo mutò questo stato di cose con lo stabilire l’eguaglianza spirituale della donna con l’uomo, nella parità dei diritti e doveri e col sottrarre la madre ai capricci del padre mediante l’indissolubilità matrimoniale, con cui fu assicurata a lei una posizione stabile nella sua casa. In Cristo – insegnò Paolo apostolo – «non v’è più né giudeo né greco, né schiavo né libero, né uomo né donna» (Gal. 3:28); ma soli spiriti, tutti figli di Dio e quindi pari fratelli. La socialità cristiana comporta una interdipendenza tra uomo e donna: «né la donna senza dipendenza dall’uomo, né l’uomo senza dipendenza dalla donna, nel Signore». L’uomo appartiene alla sua donna, e la donna al suo uomo: «come infatti la donna dall’uomo, così l’uomo per mezzo della donna; e il tutto da Dio» (I Cor. 11,12). Però il vero è che, nella società, l’influsso di lei è meno d’un terzo: un influsso assolutamente inferiore ai suoi sacrifici e al numero. Ed è un danno sociale enorme, perché mancando l’azione delle virtù femminili, che sono specificamente la pietà, la grazia, l’amore della pace e dell’ordine, prevalgono nella società le virtù maschili di forza, di conquista, di avventura, le quali, come tutte le virtù, se non sono contemperate e armonizzate da altre, facilmente traboccano nei vizi contigui. Ma è un fatto: se la donna è degradata, l’uomo la segue nella degradazione. Ché la donna pervertita passa la sua perversione ai figli, così come la donna retta, eroica, passa rettitudine ed eroismo ad essi. Infine, per sfasciare una società, una via sicura è la corruzione della donna. Per sostituire alla società l’alveare, all’uomo il numero, occorre anche scioglierlo dalla riverenza verso la donna casta e fedele e dirompere i loro rapporti nella licenza sessuale per cui al sacramento succede tutt’altro elemento. Degradata la donna, l’uomo è pronto a tutte le abdicazioni. La disumanizzazione dell’uomo – necessaria per ridurlo ad automa – comincia da lei: come nell’Eden. Le filosofie edonistiche, materialistiche, propugnate nelle ultime generazioni e arrivate ai tempi nostri alle prime vaste esperienze pratiche, portano alla fine della maternità: e la maternità è il principio della vita».

La Società Cristiana, Città Nuova, 2010 (1942), pp.54-58.

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La Parola in canzoni

La Parola si fa musica. Nell’Anno della fede, l’Associazione musicale In Sincrono propone un’accurata selezione dei più grandi successi del Gen Rosso, del Gen Verde e altri artisti (Sandro Crippa, Daniele Ricci, Marco Lunardis, Chiara Grillo) ispirati ad alcune frasi del Vangelo. Quattordici canzoni riarrangiate e reinterpretate in chiave moderna e attuale dal compositore e musicista Sandro Crippa. Per un pubblico vario e ampio, anche laico e giovanile. All’interno del CD un libretto con i testi delle canzoni. Ogni testo è preceduto dal pensiero del Vangelo al quale si riferisce. Per meditare la Parola attraverso la musica e la lettura. BRANI MUSICALI PRESENTI NEL CD:

  • La casa sulla roccia (Gen Rosso)
  • Desolata (Gen Rosso)
  • Cosa avrevo in cambio (Gen Rosso)
  • Servo per amore (Gen Rosso)
  • Vieni e seguimi (Gen Rosso)
  • La tempesta (Gen Verde)
  • Perché molto hai amato (Gen Verde)
  • Voi valete molto di più (Daniele Ricci, Gen Verde)
  • Rimanete in me (Marco Lunardis)
  • Dio dimostra amore per noi (Marco Lunardis)
  • Io sono con voi (Marco Lunardis)
  • Alla festa del chicco di grano (Chiara Grillo)
  • Ricco tu (Daniele Ricci)
  • Il buon pastore (Sandro Crippa)

Editrice: CITTÀ NUOVA (altro…)

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Cuba, dopo l’uragano Sandy

Dopo il passaggio dell’uragano Sandy nella parte orientale dell’Isola ci scrivono da L’Avana: «La città di Santiago e altri paesi della regione circostante sono stati fortemente colpiti. Si prevedeva una ‘tormenta tropicale’, ma, in pochissime ore, si è convertita in un uragano di categoria 3. Le situazioni più gravi sono dovute alla distruzione delle abitazioni e delle coltivazioni». Secondo fonti governative, da una prima valutazione risultano 15.392 le case distrutte totalmente, e 36.544 parzialmente, senza contare gli effetti sugli ospedali, scuole, chiese ed altre infrastrutture pubbliche. I danni provocati dall’uragano hanno compromesso una situazione abitativa in tanti casi già precaria. La situazione è molto difficile: scarseggiano i viveri, i materiali per la ricostruzione. Dopo una settimana comincia a ripristinarsi la corrente elettrica. La comunità dei Focolari, in particolare i giovani e i ragazzi, sono attivissimi nell’aiutare a sgombrare le strade, ad effettuare piccole riparazioni nei loro quartieri, a preparare le mense per i poveri nelle parrocchie. “Da L’Avana – scrivono- un gruppo, si è subito recato a Santiago con un pulmino carico di viveri e generi di prima necessità, ma soprattutto per stare con la gente e condividere i loro pesi e sofferenze, cercando di aiutarli in quel poco che è possibile. Abbiamo portato gli aiuti nelle case. Le persone non trovavano parole per ringraziare! Tutto è arrivato al momento giusto. In una famiglia non c’era più sale, in un’altra mancavano candele e fiammiferi, altri, da giorni, non avevano da mangiare a sufficienza…Soprattutto abbiamo fatto arrivare il conforto e la solidarietà del Movimento in tutto il mondo. La nostra città è stata devastata, ma, nonostante questo, l’amore reciproco tra noi si è rafforzato e la fraternità verso tutti ci aiuta a non essere sopraffatti dalla tristezza”. L’ONGs AMU (Azione per un Mondo Unito) sostiene a Cuba alcune micro imprese con la prospettiva di nuovi sviluppi. Inoltre, ha offerto aiuto per la ricostruzione o ristrutturazione di alcune abitazioni danneggiate dagli uragani precedenti. È in corso un progetto pilota col quale fare esperienze utili da ampliare poi su vasta scala. ______________________________________ Per saperne di più o per sostenere il progetto: AMU – http://www.amu-it.eu Associazione Azione per un Mondo Unito presso Banca Popolare Etica, filiale di Roma. Codice IBAN: IT16G0501803200000000120434 Codice SWIFT/BIC CCRTIT2184D Causale: Progetto: La mia casa è la tua casa (altro…)

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Colorare Scampia

È il 1967: Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, si rivolge ai giovani con queste parole “Giovani di tutto il mondo unitevi!”. Una frase, la sua, che segnerà, nell’anno successivo, l’atto di nascita del Movimento Gen (Generazione nuova): la prima generazione lasciava il testimone alla nuova; è l’immagine di una cordata che insieme, ma attraverso esperienze diverse, vuole realizzare il testamento di Gesù: “che tutti siano una cosa sola” (Gv 17,21). Nel 1985 sarà il momento dei Giovani per un Mondo Unito: il loro obiettivo è costruire la fraternità universale, attraverso iniziative concrete quali raccolte fondi per progetti di solidarietà e attività di valorizzazione del territorio. In tutto il mondo ci sono tantissimi giovani che vivono per questo ideale, ma hanno l’opportunità di incontrarsi tutti insieme? Chiara aveva pensato a tutto: il Genfest. La prima edizione si tenne nel 1973 a Loppiano (Toscana) con circa 8000 giovani. Soltanto due anni dopo ben 20000 giovani si ritrovarono al PalaEur di Roma alla presenza del papa Paolo VI che li salutò dicendo: «Nasce un mondo nuovo». Seguirono altre edizioni del Genfest, fino all’ultima, la decima, che si è svolta quest’anno dal 31 agosto al 2 settembre. I giovani di Chiara, ben 12500 provenienti dai 5 continenti, hanno potuto ritrovarsi a Budapest, che per 3 giorni si è trasformata in “capitale della cultura dell’unità”. Il titolo del Genfest 2012 “Let’s Bridge!” è esplicativo dell’esperienza vissuta; tre giorni trascorsi a costruire ponti di condivisione tra giovani diversi per culture e tradizioni religiose e no, ma tutti mossi dallo stesso desiderio di vivere seguendo la Regola d’Oro, “Fai all’altro quel che vorresti fosse fatto a te” trasversale ad ogni credo, accogliere il prossimo che ci passa accanto come un fratello da amare senza riserva alcuna. Su questa scia, il 3 novembre circa 200 Giovani per un Mondo Unito si sono ritrovati presso l’istituto Don Luigi Guanella di Scampia (NA). Hanno così dato inizio al loro Let’s bridge… NOW!!! È lì che vogliono far sentire la loro presenza, portare la fiamma viva del loro amore. Il parroco ha messo a disposizione la struttura, il suo tempo; il presidente della municipalità, ha accolto con entusiasmo questa presenza. «Noi volevamo fare qualcosa per i giovani di quel quartiere (raccontano i GMU). Ci siamo organizzati con attività di animazione nelle piazze, abbiamo dato vita ad un’attività ecologica per ripulire un campo da basket e permettere ai bambini di tornare a giocare; alcuni di noi sono stati con un padre gesuita, nel campo rom, per riparare una tettoia e costruire un muretto per impedire all’acqua di entrare in una baracca. Il tutto accompagnato da canzoni e musiche di un gruppo di ragazzi che ha allietato noi e le persone che, curiose, si affacciavano dai balconi. Un pomeriggio per colorare Scampia, per rendere la città più accogliente. Siamo entrati lì in punta di piedi, non volevamo che la nostra fosse un’iniziativa isolata che diventasse una vetrina da mostrare ai media o alle istituzioni, vogliamo che sia il punto di partenza di una serie di iniziative che matureranno nel tempo e con i rapporti». Al termine della giornata i piedi erano ancorati a terra: lì abbiamo trovato una famiglia nelle persone, nei bambini che salutandoci ci hanno detto: “Ritornate presto ché vi aspettiamo”. Le fondamenta del ponte sono state gettate; la strada è lunga, ma noi ci crediamo! Il 1° dicembre ci troveremo ancora a Scampia. Un popolo di santi? Sì, se viviamo la santità come Chiara ci ha insegnato: pensare e agire con amore». Fonte: La discussione (altro…)

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Mi hai insegnato il perdono

(da sinistra) Maria-Goretti con le focolarine
in Burundi

«Ho perso la mamma, uno zio e sua moglie all’inizio della guerra del 1993. Tutti e tre sono stati uccisi da persone del nostro stesso quartiere che conoscevamo bene. Papà ha preso con noi i nostri cugini rimasti orfani. Tutti insieme eravamo in 14 e il babbo non ha mai fatto differenza tra noi. Per tenerci uniti nostro padre ha deciso di non risposarsi. Essendo la più grande, l’aiutavo perché i più piccoli non sentissero troppo la mancanza della mamma. Alla mia proposta di fare giustizia nei confronti di chi aveva ucciso i nostri, papà ci ha sempre aiutato a perdonare e ci ha spiegato cosa significasse per lui la riconciliazione. Ha incoraggiato i miei fratelli a iniziare un “club”: un’associazione di giovani per promuovere la pace e la riconciliazione. Questo club ha contribuito tanto a riappacificare gli animi nel nostro quartiere e nel nostro Comune. Adesso vivo in Italia. Quando, in primavera è giunta la notizia del suo ricovero in ospedale, mi è venuta l’idea di scrivere e di comunicarlo ad alcuni per chiedere preghiere. Poi è stato trasferito nel reparto di terapia intensiva, così mi sono affrettata per tornare in Burundi. Arrivata lì l’ho trovato molto sofferente; i miei fratelli facevano di tutto per lui; ho pensato allora a tutto il suo amore per noi figli, all’amore manifestato in tanti modi a tante persone, compresi quelli che avevano ucciso i nostri genitori, alla Parola di Vita che stavamo vivendo: “A chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha” (Mt 13,12), e a Gesù sulla croce. Un giorno dopo il mio arrivo, papà è partito serenamente per il Paradiso, come se mi avesse aspettato. Ripensando in seguito alle parole del nostro arcivescovo durante la messa del funerale –in cui ricordava i loro colloqui riguardo alla riconciliazione e alla pace – mi si è confermato, come ci ricordava Chiara Lubich, che il Paradiso è una casa che abiteremo lassù, ma che costruiamo già da questa terra».  Maria-Goretti (Burundi) (altro…)

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Dall’India allo Sri Lanka

Su invito del Nunzio, Mons. Joseph Spiteri, Marilu, Ala Maria e Rey, focolarini dell’India, hanno passato dodici giorni in Sri Lanka dove hanno trovato una piccola, ma viva, comunità dei focolari e ciò nonostante i nove anni trascorsi dall’ultima visita. Infatti, solo l’anno scorso si è conclusa in questo paese una terribile guerra di cui si avvertono ancora gli strascichi.

Con il Cardinale di Colombo
Mons. Malcolm Ranjith

In questa visita è stato possibile incontrare il Cardinale di Colombo, Mons. Malcolm Ranjith che negli anni settanta aveva conosciuto personalmente Chiara Lubich e che ha mostrato profondo interesse per l’esperienza di dialogo interreligioso che il movimento vive in India, soprattutto per come viene portato avanti il cosiddetto “dialogo della vita”. A tale esperienza si è riferito anche il il Dott. A. T. Ariyaratne, buddista, fondatore del Movimento Gandhiano Sarvodaya Shramadhana, premiato a Coimbatore lo scorso gennaio con il “Defender of Peace”, riconoscimento dato in passato anche a Chiara Lubich. Alcuni suoi collaboratori erano molto contenti di conoscere i rapporti tra il focolare e lo Shanti Ashram in India ed hanno espresso il desiderio che un simile progetto si realizzi con loro nello Sri Lanka.

La visita al dott. Ariyaratne

Particolarmente bello e familiare è stato l’incontro con la comunità del Movimento composta da 25 persone che avevano conosciuto i Focolari tanti anni prima e che ancora sono animati dal desiderio di viverne la spiritualità. Alcune impressioni. Una ex insegnante: “Sto passando un momento difficile, ma, venendo qui, ho capito che devo essere la prima ad amare”. Una signora venuta per la prima volta:“Vedendo voi così felici non posso rimanere indifferente. Mi avete dato coraggio e comincio a vivere così”. E una suora:“Sentendo le vostre esperienze e vedendovi così vibranti mi avete risvegliato”. Mons. Spiteri, anche lui presente, al termine della riunione ha impartito la benedizione, dicendo: “Adesso che abbiamo conosciuto questa vita, soprattutto in quest’anno della fede, dobbiamo essere la testimonianza viva della parola”. Un altro momento di luce si è vissuto con il vescovo emerito Nicholas Marcus Fernando che, dopo essere stato aggiornato sul lavoro dei Focolari in campo interreligioso, ha commentato:“È l’amore che ci vuole.  Prima pensavo che fosse la bontà, ma questo è un concetto astratto.  Ci vuole l’amore per il dialogo e per tutto”. (altro…)

[:de]Ich liebe, also bin ich![:]

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Produktabbildung -
Herausgeber: Liesenfeld, Stefan
Einband: kartoniert
Abmessungen: 11 x 19 cm
Seiten: 64
Erscheinungsdatum: 10/2012
ISBN: 978-3-87996-953-1

Gedanken von Chiara Lubich (1920-2008) über Wert und Aktualität der Liebe zum Nächsten

Menschen, die lieben, prägen die Welt durch ihr bloßes Dasein. “Es ist die Liebe, die unser Wesen ausmacht. Wir sind, weil wir lieben. Wenn wir nicht lieben, verliert unser Leben Sinn und Geschmack. Wer kennt diese Erfahrung nicht?” (Chiara Lubich)

Die hier zusammengestellten Texte öffnen den Blick für die verändernde Kraft der Liebe, für ihre tausend Facetten, für ihre Himmel und Erde verbindende Tiefendimension.

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Svizzera: una società plurale

Quattro lingue nazionali, tre grandi confessioni cristiane e varie altre comunità cristiane più piccole, città e villaggi alpini poco popolati: questa è la Svizzera che la presidente dei Focolari, Maria Voce e il copresidente, Giancarlo Faletti, vengono a visitare in occasione dell’incontro con la comunità locale dei Focolari e con membri della Chiesa Riformata in contatto con la spiritualità dell’unità. Ad accoglierli, all’aeroporto di Zurigo, una rappresentanza della società plurale che è la cifra di questa piccola nazione, nata dalla decisa volontà di stare insieme, e che si rispecchia nella composizione stessa del Movimento dei Focolari qui. Il soggiorno svizzero della presidente, che si protrarrà fino all’11 novembre, ha come sede centrale il Centro d’incontro e formazione “Pietra angolare” di Baar, poco distante da Zurigo. Nato nel 1976 per favorire il contatto fra amici del Movimento dei focolari provenienti da regioni con culture e lingue diverse, ha visto sorgere nel tempo delle piccole aziende. In esso si svolgono corsi di formazione nel campo religioso, politico ed ecumenico. In programma nei prossimi giorni incontri con i vari membri del Movimento, dai focolarini ai giovani, dai dirigenti ai bambini e all’intera comunità del Movimento in Svizzera. L’8 novembre è prevista una giornata ecumenica a Berna che sta riscuotendo l’interesse di cattolici e riformati animati da una sincera spinta a costruire rapporti di unità. Il Movimento dei Focolari in Svizzera I primi contatti col Movimento dei Focolari risalgono al 1955, attraverso un architetto della Chiesa evangelica riformata che lavorava a Milano con uno dei primi focolarini. Quell’incontro fu, si potrebbe dire, la pietra fondante per la diffusione della spiritualità dell’unità in Svizzera, oltre che la conferma che essa poteva essere vissuta sia da cristiani cattolici che riformati. Nel 1961 si apre il primo focolare a Zurigo, cui seguirono quelli di Ginevra, Lugano e Berna*. Per favorire il contatto e l’unità fra i membri e gli amici delle diverse regioni del Paese, è sorto nel 1976 a Baar (ZG) un Centro di formazione aperto anche a gruppi esterni al Movimento. A Zurigo e ad Adliswil si situano i due centri nazionali che sono al servizio dell’intero Movimento dei Focolari in Svizzera e una sede della casa editrice Neue Stadt. Fin dal 1981 a  Montet nel cantone di Friburgo si trova il Centro internazionale per la formazione di giovani alla vocazione del focolare. La spiritualità dell’unità vissuta nel quotidiano da circa 20.000 amici e membri del Movimento contribuisce alla costruzione di ponti fra le varie Chiese cristiane e con appartenenti ad altre religioni. Ne sono una testimonianza alcuni focolari composti da membri di varie confessioni cristiane, i gruppi ecumenici e gli  incontri interreligiosi. Anche con il Consiglio Ecumenico delle Chiese a Ginevra ci sono da anni contatti stabili.

A Ginevra, Ottobre 2002: Chiara Lubich e Dr. Konrad Raiser, all’epoca Segretario Generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese (WCC).

La città di Friburgo ospitò nel 1960  il primo incontro estivo internazionale del Movimento fuori dall’Italia. Da allora Chiara Lubich ritornò spesso in Svizzera. Ai suoi soggiorni nelle estati del 1961 e 1962 ad Oberiberg e ad Einsiedeln sono legate importanti sue intuizioni spirituali sul futuro sviluppo della spiritualità dell’unità. Dal 1971 Chiara ha trascorso i mesi estivi nel Vallese, dove nel 1980 ci fu il primo collegamento telefonico che da allora unisce a livello mondiale le varie comunità del Movimento dei Focolari ed è divenuto un importante mezzo per la comunione fra tutti. Chiara Lubich conosceva in profondità le usanze culturali e politiche della Svizzera, ne apprezzava la democrazia diretta e la struttura federalistica. Nei vari incontri avuti con politici (Berna 1998, 2004 e Martigny 2003) ha espresso la sua ammirazione per la ricchezza culturale e incoraggiato tutti a scoprirla reciprocamente attraverso un dialogo rispettoso. Da questi incontri sono nati gruppi di politici che s’impegnano a promuovere la fraternità in politica. dall’inviata Aurora Nicosia * Sito ufficiale del Movimento dei Focolari in Svizzera: www.fokolar-bewegung.ch (altro…)

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Libano: dopo le bombe, la speranza rinasce dai giovani

Il 19 ottobre, in seguito ad un attentato a Beirut, è morto un capo della polizia libanese e sono state distrutte 40 case nel quartiere di Achrafieh. Molte persone sono quindi rimaste senza tetto e sono necessari molti aiuti. Jacques, un Giovane per un Mondo Unito (GMU) che è stato al Genfest di Budapest – una manifestazione che ha radunato nella capitale ungherese oltre 12.000 giovani sotto il titolo di “Let’s bridge” – ha avuto l’idea di realizzare un concerto di raccolta fondi, proprio per chi ha perso la casa e per dare un messaggio di pace. Tutto è partito da una conversazione su WhatsApp … Jacques è anche presidente del Music Club nella sua università. Dopo una chat con alcuni Giovani per un Mondo Unito e altri amici del Music Club si è deciso di fare il concerto. Nel giro di poco oltre 2500 giovani hanno confermato via Facebook la loro presenza. Un tam tam scandito da presenze in tv per parlare del concerto, interviste radio a non finire, articoli sui giornali. Scrivono i GMU del Libano alla vigilia del concerto, organizzato insieme ad altre Ong libanesi: “Sta succedendo qualcosa di molto più grande di noi, ma contiamo sull’aiuto di Dio. Sentiamo che è Lui che sta facendo miracoli, perché in questo momento ci sono troppe divisioni politiche in Libano, diventate ancora più forti dopo l’esplosione. Molti giovani sono disgustati dalle dichiarazioni dei politici. Questo concerto è come una luce in questo grande buio; un messaggio di speranza, di pace ed unità tra i Libanesi. Con questo concerto vogliamo testimoniare il nostro ideale, e che i giovani libanesi sono uniti”. Il codice distintivo al concerto era il bianco, in segno di pace. All’entrata sono stati distribuiti dei nastri bianchi, proprio come quelli usati durante il Genfest, come segno dell’impegno a costruire la pace. “Il concerto ci ha lasciato una scia di nuovo entusiasmo, sentiamo che il Genfest continua”, scrivono ancora. Un evento importante quindi, all’insegna di quell’United World Project (www.unitedworldproject.org) lanciato a Budapest, e che prende forma attraverso questi piccoli o grandi, come adesso in Libano, frammenti di fraternità che rendono viva la costruzione di un mondo più fraterno anche nei posti più delicati o a più rischio. (altro…)

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Non per, ma con gli indigenti

Martin Piller, parroco, racconta: «Spesso ho parlato al comitato parrocchiale dei poveri che bussano alla porta della canonica per chiedere denaro. Pensare che Gesù si identifica con loro, mi ha aiutato a prendermi cura delle loro necessità. Con i miei collaboratori ci siamo chiesti quali passi fare per cambiare la loro situazione». Mark Etter, agente pastorale: «Abbiamo letto uno scritto di Chiara Lubich: “Se vuoi conquistare una città all’Amore di Dio, fai i tuoi calcoli. Prenditi degli amici che abbiano i tuoi stessi sentimenti. Stringi un patto con loro… Poi occupati dei più poveri. Se hai portato consolazione, aiuto ed hai fatto felice qualcuno di coloro che vivono ai margini della società, allora hai posto le fondamenta per l’edificazione di una nuova città”». Piller:«Attraverso queste parole,  Gesù ci ha parlato chiaramente: i poveri sono il nostro tesoro. Così, individuate alcune persone sensibili, abbiamo trasmesso loro il nostro desiderio di lavorare, almeno due ore la settimana, insieme ai poveri». Etter:«L’inizio è stato tutt’altro che professionale. Mancavano gli strumenti di lavoro ma non le idee. Qualcuno ha proposto di restaurare con loro i tavoli del giardino della parrocchia per poi ricompensarli per il lavoro svolto; un altro di spaccare alcune bottiglie vuote e con i pezzi grattare la vecchia vernice dei tavoli. Così è stato fatto e… la volta successiva un altro ha portato la carta vetrata». Piller: «Sono ormai passati quattro anni. Oggi, una quarantina di persone di ogni età e provenienza lavorano con noi due ore la settimana. Sono giovani, pensionati, genitori, drogati, persone senza fissa dimora… Tutto è cresciuto. Una pasticceria ci offre i panini e i dolci non venduti per la pausa-caffè. Nel campanile della Chiesa abbiamo allestito una laboratorio di candele e nel centro parrocchiale un atelier per confezionarle insieme ad altri oggetti. Una fondazione e un’azienda di Economia di Comunione ci sostengono finanziariamente. Con gli operatori del servizio sociale della città è nato un rapporto costruttivo; vengono a trovarci spesso e s’interessano del nostro lavoro». Etter: «Ci sono stati momenti in cui sapevamo che la nostra cassa era vuota e sapevamo che il giorno dopo molta gente sarebbe venuta a lavorare e che avrebbe avuto bisogno di una piccola retribuzione. Ricordo bene quella sera in cui ci siamo inginocchiati in Chiesa per chiedere la luce per continuare. Il giorno seguente qualcuno ha lasciato in canonica una busta con una grossa somma: ci è parsa la risposta di Dio alla nostra fede nella sua Parola: “Chiedete ed otterrete”». Piller: «Marco, un collaboratore che veniva regolarmente, è morto improvvisamente per una overdose. Poiché i genitori desideravano un funerale privato, siamo andati in cappella e dopo un canto abbiamo invitato i presenti a dire qualcosa su di lui. Ci siamo commossi per come ciascuno si è rivolto spontaneamente a Dio». «Cerchiamo continuamente di calarci nella situazione dei bisognosi e ne siamo sempre arricchiti. Alcune settimane fa abbiamo raccolto denaro per la figlia di uno dei lavoratori, malata in Africa. È stata grande la nostra meraviglia quando abbiamo visto la disponibilità a dare quanto avevano guadagnato in quella giornata, per lei». (altro…)

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In festa con Chiara Luce

A Sassello, il paese natale di Chiara Luce il 27-28 ottobre tantissimi giovani si sono dati appuntamento per festeggiare la beata ligure: il titolo scelto per il weekend: “Io ho tutto“. Un itinerario di 4 tappe ha portato i giovani in giro per il paese per ascoltare tanti testimoni della vita di Chiara Luce, immergendo i partecipanti in un vero “a tu per tu” con Lei. Il momento più forte, l’incontro con Ruggero e Maria Teresa Badano, che raccontano tanti particolari della sua vita fino ad arrivare al suo volo verso il cielo. Subito dopo l’adorazione eucaristica intervallata da alcuni scritti di Chiara Luce e la visita al cimitero, per andare a “trovarla” e avere un momento di dialogo personale con lei. I giovani di Chiara Luce sono però capaci di passare da momenti di profonda riflessione ad altri di gioiosa ricreazione, vissuti tutti con la stessa intensità e l’anima puntata in alto, come testimonia la festa animata da un giovane dj che chiude la giornata. La domenica, alla S. Messa sono più di 700 le persone che affollano la chiesa. Nell’omelia il  parroco di Sassello invita i giovani ad avere coraggio e fiducia in Dio prendendo esempio da Chiara Luce che un giorno aveva incoraggiato sua mamma dicendole: “fidati di Dio e hai fatto tutto”. Nel pomeriggio il programma continua ed il piccolo teatro della parrocchia non riesce a contenere tutti i presenti, così lo spettacolo sulla vita della beata, offerto dalla compagnia teatrale “Passi di Luce” di Castelfiorentino (FI), deve essere rappresentato per due volte di seguito. Ormai Chiara Luce e l’esempio della sua vita hanno irreversibilmente varcato i confini della Liguria e dell’Italia. Lo testimonia sia la presenza a Sassello di giovani di 33 nazioni diverse, sia il collegamento skype con il Messico, dove nella Cittadella “Il diamante” si trova una cappella dedicata alla Beata Chiara Luce. Laggiù si è svolto un triduo a cui hanno partecipato, nei 3 giorni, 1700 persone; anche lì è stato particolarmente apprezzato il musical con la storia della sua vita. A testimoniare che Chiara Luce è sinonimo di gioia anche a Isernia, in Italia, la beata è stata ricordata con uno spettacolo musicale dal titolo “Siate felici, perché io lo sono”, realizzato dagli artisti di “Azioni musicali” di Loppiano (FI) a cui hanno partecipato oltre 700 persone. L’impressione è che in questi giorni la “fiaccola” di Chiara Luce sia passata a tantissimi giovani, proprio come desiderava lei. (altro…)

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Il coraggio di parlare

«Sono commessa in un negozio di abbigliamento. È un lavoro che mi piace, perché mi consente di costruire bei rapporti con i clienti. Una signora, in particolare, veniva spesso. Comprava vestiti per la figlia, che abitava in Australia. Li provava su di me, diceva infatti che le assomiglio. Mi parlava di lei, mi faceva tante confidenze. Un giorno, come al solito, la vidi arrivare, ma mi accorsi subito che il suo volto era diverso. Triste, spento. Era venuta per parlarmi. Aveva saputo che sua figlia in Australia aveva una relazione con un uomo molto più grande di lei. Insieme al marito desideravano che lei tornasse a casa, ma proprio pochi giorni prima, al telefono, aveva annunciato loro che era incinta e che voleva abortire. La signora era confusa, arrabbiata, piena di rancore. Pensava, tuttavia, che sbarazzarsi del bambino fosse l’unica soluzione possibile. In fondo sperava che prima o poi la figlia sarebbe tornata. Fino ad allora avevo cercato sempre di accontentarla, dopotutto era una cliente. Ma in quel momento sentii di doverle dire ciò che realmente pensavo.  Desideravo aiutarla concretamente, non soltanto condividere un peso. Le chiesi il numero di telefono della figlia. Avevo deciso di provare a parlarle. Pregai per trovare le parole giuste. Con mio stupore, la ragazza fu felice di parlare con me. Mi disse che voleva abortire, ma perché sperava di morire anche lei. Era troppo grande il peso del dolore arrecato alla famiglia, dopo quello che i genitori avevano fatto per lei. Ma tra tutto quel dolore avvertii una piccola luce di speranza, insieme a un sincero pentimento per aver fatto soffrire i genitori. Ne ho parlato poi con la signora, spiegandole che la figlia era pentita, pronta a ricominciare. In seguito ho conosciuto di persona questa ragazza e il suo compagno. Non hanno più abortito, anzi ora hanno intenzione di sposarsi per dare al loro bambino una famiglia. Anche i futuri nonni non finivano più di ringraziarmi». (Twinette, Zimbabwe) Tratto da: Una buona notizia. Gente che crede gente che muoveCittà Nuova Editrice, 2012 (altro…)

Novembre 2012

Con questa risposta Gesù precisa in quale modo egli rimarrà presente in mezzo ai suoi dopo la sua morte e spiega come sarà possibile avere contatto con lui. «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui». La sua presenza dunque si può realizzare fin d’ora nei cristiani ed in mezzo alla comunità; non occorre aspettare il futuro. Il tempio che la accoglie non è tanto quello fatto di muri, ma il cuore stesso del cristiano, che diventa così il nuovo tabernacolo, la viva dimora della Trinità. «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui». Ma come può il cristiano arrivare a tanto? Come portare in sé Dio stesso? Quale la via per entrare in questa profonda comunione con lui? E’ l’amore verso Gesù. Un amore che non è mero sentimentalismo, ma si traduce in vita concreta e, precisamente, nell’osservare la sua Parola. E’ a quest’amore del cristiano, verificato dai fatti, che Dio risponde col suo amore: la Trinità viene ad abitare in lui. «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui». «… osserverà la mia parola». E quali sono le parole che il cristiano è chiamato ad osservare? Nel Vangelo di Giovanni, “le mie parole” sono spesso sinonimo di “i miei comandamenti”. Il cristiano è dunque chiamato ad osservare i comandamenti di Gesù. Essi però non vanno tanto intesi come un catalogo di leggi. Occorre piuttosto vederli tutti sintetizzati in quello che Gesù ha illustrato con la lavanda dei piedi: il comandamento dell’amore reciproco. Dio comanda ad ogni cristiano di amare l’altro fino al dono completo di sé, come Gesù ha insegnato ed ha fatto. «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui». E come allora vivere bene questa Parola? Come arrivare al punto in cui il Padre stesso ci amerà e la Trinità prenderà dimora in noi? Attuando con tutto il nostro cuore, con radicalità e perseveranza appunto l’amore reciproco fra noi. In questo, principalmente, il cristiano trova anche la via di quella profonda ascetica cristiana che il Crocifisso esige da lui. E’ lì, infatti, nell’amore reciproco, che fioriscono nel suo cuore le varie virtù ed è lì che può corrispondere alla chiamata della propria santificazione.

                                                                                    Chiara Lubich

Svizzera, oltrepassare i confini

United World Project

Lanciato durante il Genfest di Budapest alla fine di questa estate, l’obiettivo che lo United World Project (UWP) si pone è ambizioso: riprendendo il compito che Chiara Lubich ha affidato ai Giovani per un Mondo Unito (GMU), intende promuovere la cultura della fraternità universale, affinché “il mondo unito sia sulla bocca di tutti”, come lei diceva. Suddiviso in tre parti (United World Watch, United World Workshop e United World Network), il progetto mira a coinvolgere più persone possibili, chiedendo d’impegnarsi in prima persona a vivere per la fraternità, fino a coinvolgere anche i grandi organismi internazionali. United World Watch. E cioè, dare vita ad un Osservatorio internazionale e permanente sulla fraternità universale. Per questo, i GMU si impegnano a sviluppare con le iniziative più varie “frammenti di fraternità” in tutto il mondo, ad approfondire il principio della fraternità universale nelle sue varie declinazioni mediante studi e forum e a raccogliere e monitorare azioni fraterne di singoli, gruppi e popoli. United World Workshop. I giovani si impegnano inoltre a dar seguito all’attuazione di quelle che l’UNESCO chiama “buone pratiche”: attraverso le molteplici attività che li vede impegnati in tutto il pianeta proseguiranno a lavorare concretamente alla realizzazione della fraternità universale. Inoltre, attraverso l’ONG New Humanity, propongono alle Nazione Unite il riconoscimento a livello internazionale della “Settimana Mondo Unito” che promuovono in tanti paesi dal 1996. [slideshare id=14920918&doc=presentazioneuwp-121028114610-phpapp02] United World Network. Per arrivare al mondo unito, non basta il coinvolgimento delle istituzioni internazionali. Attraverso una raccolta di firme (obiettivo, consegnare all’ONU 500.000 firme entro maggio 2013) i GMU propongono a giovani, adulti e ragazzi, d’impegnarsi a vivere la regola d’oro “fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te” e a contribuire al “Watch”, rimanendo “sentinelle” attente ai “segni di fraternità” che chiamano il mondo all’unità. Per firmare:www.unitedworldproject.org Momento centrale del progetto sarà nel maggio 2013 a Gerusalemme quando, a conclusione dell’anno del Genfest, si chiuderà la raccolta di adesioni al “Network” e si lancerà ufficialmente il “Watch”, l’Osservatorio, in collegamento con tutto il mondo. Il progetto mostra una grande attenzione al tema della fraternità in quel “delicato cantiere” che è attualmente il Medio Oriente; ma in esso si inserisce anche “Sharing with Africa”, una proposta di reciprocità rivolta all’intero popolo africano per riscoprire ed attuare l’ideale tradizionale dell’Ubuntu (la visione di unità alla base delle società africane). United World Project diventerà così un grande contenitore dove confluiranno tante attività dei Giovani per un Mondo Unito. Tomaso Comazzi

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Svizzera, oltrepassare i confini

Terre di Loppiano: 200 prodotti, 1000 sapori

Il sito è azzeccato, la grafica è accattivante, ma è soprattutto il gusto a non tradire mai: tre ingredienti che hanno fatto la fortuna di Terre di Loppiano, un’azienda nata per promuovere e commercializzare, anche attraverso un negozio online (www.terrediloppiano.com) il lavoro di alcune imprese che operano nel settore agro alimentare. Il “paniere” è composto da circa 200 prodotti qualificati, certificati, tracciabili, garantiti e testati, e provengono da varie parti del mondo. L’imprenditore Giorgio Balduzzi è l’ideatore e tra i fondatori dell’azienda. Con lui scambiamo qualche impressione su questo progetto. Terre di Loppiano…perché questo nome? «Il brand Terre di Loppiano non esprime tanto un legame territoriale, quanto il valore intrinseco della “terra” che, se rispettata, sa dare dei frutti di altissima qualità; mentre “Loppiano” è il riferimento del nostro agire che affonda le radici nell’humus della spiritualità dell’unità di cui la cittadella è testimonianza». Le aziende che fanno parte di Terre di Loppiano aderiscono al progetto dell’Economia di Comunione (EdC)? «Contrariamente a quanto si possa pensare delle 15 aziende che ne fanno parte solo alcune aderiscono all’EdC; mentre altre sono state scelte sul mercato per caratteristiche professionali ed etiche simili alle nostre: Anche se adesso queste imprese hanno chiesto di far parte del progetto di EdC». Quale valore aggiunto ha portato al vostro lavoro il rapporto con queste aziende? «In realtà è proprio dal rapporto nato con alcune di queste aziende che non fanno parte dell’EdC,  che è nata l’idea di promuovere alcuni loro progetti mirati al sociale. È importante far conoscere queste possibilità e soprattutto metterle “in rete”, non solo per superare i possibili rapporti di concorrenza reciproca, ma soprattutto per mettere le esperienze di ciascuna impresa al servizio del bene comune». Sinergie, rapporti, fare rete, fare squadra: sembra un’unica mission la vostra… «Sì. Abbiamo sperimentato che con l’aiuto e la ricerca del bene comune fra le stesse aziende, è possibile uscire perfino dalla crisi. Nel 2010, ad esempio, Terre di Loppiano si è imbattuta in un’azienda produttrice di miele a rischio chiusura. L’incontro con noi è stato una boccata di ossigeno: noi abbiamo acquistato presso questa azienda una partita di miele annuale, grazie a questa “rete” l’abbiamo diffusa sul mercato, evitando il fallimento dell’azienda». Siete già oltre l’Italia? «Abbiamo aperto otto negozi a nostro marchio in Corea, grazie al contatto casuale con un importatore coreano che ha sposato la nostra stessa sfida; e adesso si adopera per far conoscere questo agire economico in Corea». Sono richiesti quindi grande impegno e responsabilità… «È vero, le cose vanno fatte bene, e se si fanno anche per amore di chi ci passa accanto, che magari vive una situazione difficile, i risultati non mancano. Le esperienze sono continue: un negozio agro-alimentare che rivende alcuni nostri prodotti ha affermato di aver capito lo spirito di questo tipo di aziende guardando il rapporto tra noi; alcuni nostri fornitori adesso chiedono di fare il percorso formativo di questa nuova cultura economica. Noi cerchiamo di lanciare il sasso e fare la nostra parte, poi se la semina è stata buona, il raccolto non può mancare». A cura di Paolo Balduzzi (altro…)

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Ildegarda. La potenza e la grazia

Il 7 ottobre 2012 Ildegarda viene proclamata Dottore della Chiesa. Scrittrice, musicista, cosmologa, poetessa, drammaturga, naturalista, filosofa, consigliera di pontefici e imperatori – tra i quali Federico il Barbarossa –, predicatrice, monaca benedettina e fondatrice di un monastero femminile, veggente fin dalla più tenera età, Ildegarda di Bingen (1098-1179) è, nel panorama delle donne illustri della storia, una figura affascinante per il carattere poliedrico della sua genialità. Questa Vita Hildegardis, in cui la pupilla Adelheidis raccoglie e mette per iscritto le parole della venerabile maestra, ci restituisce con la piacevolezza di un romanzo e la veridicità di una biografia storica il ritratto di una donna e santa, modello di una femminilità forte e moderna. Lucia Tancredi è nata nel 1963 a San Marco in Lamis, nel Gargano. Vive a Macerata dove insegna letteratura. Ha fondato e diretto «EV – mensile di scrittura ricreativa». Ha scritto Donne in posa (Ed. UniTre) e Racconti di viaggio – le città d’arte della marca maceratese (Ed. QuodLibet). Per Città Nuova ha pubblicato: Io, Monica, le confessioni della madre di Agostino (2007). Fonte: www.cittanuova.it (altro…)

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A 50 anni dalla prima Mariapoli in Argentina

I primi focolarini arrivati in Argentina, Lia Brunet e Vittorio Sabbione, tra la fine del 1961 e l’inizio del 1962, si proposero come prima attivitá la realizzazione di una Mariapoli. Da pochi mesi si erano stabiliti a Buenos Aires e dato che era giá nata una comunitá a Santa Maria di Catamarca – localitá impregnata della cultura Inca, al centro delle Valli Calchaquies ai piedi delle Ande – animata dal parroco d. Antonio Priori , decisero di realizzarla il quel paesino di montagna a 1.400 chilometri dalla capitale argentina. Dato che la località non aveva alberghi, tutti i partecipanti sarebbero stati alloggiati nelle case delle famiglie. Una catena di donazioni e disponibilità che coinvolse tutta la città. Fu così che, nel luglio del 1962, si svolse la prima Mariapoli latinoamericana a Santa Maria di Catamarca. A 50 anni da questo primo seme dell’Ideale di Chiara Lubich in queste terre, oltre 250 persone provenienti dalle città e dalle provincie vicine si sono date appuntamento l’1° e 2 ottobre 2012 per quella che è stata definita “La Juntada” (l’incontro). Tutto è nato molto spontaneamente, senza tanta organizzazione. C’era il desiderio di ricordare quel momento di fondazione ed esprimere un nuovo annuncio della fraternità evangelica: il risultato superò le aspettative. Ci sono stati momenti di festa, con la partecipazione di artisti locali. Particolarmente solenne la Messa domenicale, con il ricordo di Lia, Vittorio, d. Antonio Priori, di Rosita Sanchez (una delle prime focolarine argentine che conobbe il Movimento in quella prima Mariapoli), Rubio Moya (volontario, che sostenne la comunitá fino ai suoi ultimi giorni di vita). La dimostrazione che in questi 50 anni lo spirito dell’unità si è radicato a Santa Maria, è stata la visita alle opere sorte e l’incontro con le persone che le hanno fatte nascere, trasformate loro stesse dalla vita del Vangelo. La Scuola Aurora che recupera le tecniche artigianali della cultura delle Valli Calchaquies, e Tinku Kamayu (Insieme per lavorare), una cooperativa di filatura e confezione sorta da un gruppo di alunne della Scuola Aurora. Ed è rimasto nella città, come simbolo di questo momento, un murale dipinto dal giovane artista Jesús Flores che sprime l’incontro della luce portata dal carisma dell’unità e la cultura locale. Il messaggio arrivato per l’occasione da Maria Voce (Presidente dei Focolari) sottolinea il cammino percorso: “… Santa Maria è per tutti noi un luminoso esempio di quello che il nostro Ideale è chiamato a fare in queste terre: che si realizzi l’unità nella diversità (…) Spero che la comunione delle esperienze realizzate ed i progetti per il futuro possano dare a tutti la certezza che il cammino che percorriamo insieme ci fa essere quell’unica famiglia che vive per il mondo unito”. “Vedo questo come il futuro di Santa Maria, che è stata la culla dell’Opera di Maria, perché è una città ‘sintesi’, che unisce la tradizione indigena, la creola e la tradizione cristiana”, ha detto un membro del Movimento che partecipò a quella Mariapoli. “Un nuovo sentimento di speranza ha preso forza – ha commentato uno degli organizzatori dell’evento – vedendo la presenza e l’entusiasmo dei giovani che sono rimasti fino alla fine, aiutandoci a comprendere che la continuità dell’Ideale è nelle loro mani”. (altro…)

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Gen Rosso: scuola che rende forti

Chi è fortenon ha bisogno di violenza, è il motto scelto dalla scuola Werkrealschule di Isny (Allgäu-Germania),  tra i primi partner della nuova edizione del progetto educativo del complesso internazionale Gen Rosso e dell’associazione Starkmacher. Non più, quindi,  il noto “Forti senza Violenza”, ma Starkmacher Schule”, e cioè “Scuola che rende forti”.

Dall’8 al 12 ottobre, studenti e insegnanti della Werkrealschule Isny sono stati coinvolti in un progetto che li ha portati sul palco, insieme al Gen Rosso, con il musical “Streetlight”. E tutto in soli tre giorni di prove! Follia? “Forse sì – dice Tomek, uno dei componenti della band –, ma tutti ci hanno creduto e le prove sono andate avanti senza tregua”. “Un progetto che integra tutta la scuola, non capita tutti i giorni – sostiene il preside Grimm -; per questo motivo Starkmacher Schule è stato introdotto in tutte le classi”. Il progetto educativo-musicale prevede la convivenza con il Gen Rosso per rappresentare il musical dopo tre giorni di workshop in diverse discipline; e la formazione delle competenze attraverso un training sviluppato nell’Università di Heidelberg per insegnanti e studenti, che aiuta a scoprire gli strumenti e le qualità personali che si possono usare per raggiungere lo scopo. “Già nello scorso anno, alcuni insegnanti e studenti sono stati formati con questo sistema“, confida Anita Heumos, assistente sociale che si trovava l’anno scorso in veste di traduttrice ed ora organizzatrice del progetto nella sua città. “Per molti giovani non risulta scontato salire su un palco ed esibirsi davanti ai coetanei – spiega Tomek -, per questo è importante il sistema di formazione che li aiuta, proponendo loro nuove sfide e competenze. Così si garantisce la sostenibilità del progetto. È una delle novità di questa nuova edizione”. Günther Kreutzer, insegnante, aggiunge: “Uno spettacolo ha bisogno di tante persone che operano intorno ad esso. Nei  workshop, ad esempio, ci sono stati dei traduttori, perché i membri del Gen Rosso  provengono da Paesi diversi, un fattore molto coinvolgente e creativo“. “Il 9 ottobre siamo stati ricevuti dalla vice-sindaco della città di Isny, entusiasta di quanto è stato svolto nella scuola; e alcune aziende, due parrocchie (cattolica e protestante) e gente comune, hanno voluto sostenere il progetto con offerte in denaro o doni in natura”, racconta ancora Anita; e continua: “Anche il preside era molto soddisfatto dalla risposta di alcuni genitori, anche essi parte attiva del progetto”. Con l’aiuto della musica  e dei diversi laboratori creativi del Gen Rosso, i giovani hanno raggiunto un buon livello di preparazione al progetto, sia come consapevolezza della gravità della violenza di tutti i giorni che della forza interiore per poter affrontare e risolvere i problemi quotidiani. La standing ovation finale dei più di 1000 partecipanti ai due Musical nella Rotmooshalle di Isny, sembrava una ricompensa al grande lavoro svolto da tutti. Un giornale locale ha scritto: “Il Musical fa la scuola felice”. “Lo spirito di unità – conclude Tomek – ha lasciato un forte segno in ciascuno… I volti luminosi sembravano confermarlo!”.


Foto galleria Starmacher Schule Project in Isny


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Gettare le reti, oltre ogni speranza

«Carlos mi chiama una sera di agosto mentre mi trovo a riposare in un paesino dei Pirenei. La sua situazione è disperata: ha perso il lavoro da qualche mese, i debiti si sono accumulati, verrà sfrattato a breve, non ha dove andare… Ci conosciamo da anni, da quando abbiamo scelto – insieme a tanti altri allora giovani come noi – di cercare di mettere in pratica le parole di Gesù. La sua vita, però, non è stata facile: un matrimonio andato in crisi dopo 15 anni. Due figli ormai indipendenti e che rimangono il principale motivo di vita di Carlos, rimasto solo. Cosa posso fare, in pieno agosto? Ci mobilitiamo via cellulare e skype con alcuni amici e riusciamo ad ottenere l’uso di una casetta disabitata da tempo. L’attrezziamo con l’aiuto di un amico rumeno, e riusciamo a raccogliere la cifra necessaria per coprire le spese di ristrutturazione. Nel frattempo si presenta un lavoro per Carlos. Se si considera la crisi attuale e i suoi 61 anni si può ben parlare di un fatto sorprendente: rientra nelle “sorprese” a cui non ci si abitua mai, eppure sono i frutti “normali” del cercare di vivere il Vangelo nel quotidiano. Ha trovato un lavoro duro: si svolge di notte, scaricando casse per ore ed ore. Soffre di mal di schiena, ma non si può permettere di rifiutarlo. Dopo alcuni giorni, si apre una nuova possibilità come agente commerciale, il suo mestiere di sempre! Un nuovo “fatto sorprendente” che ci fa sentire vicino l’amore di Dio. A metà settembre Carlos si trasferisce nella casetta attrezzata per lui. All’improvviso mi telefona, molto scosso, per dirmi che l’indomani si dovrà presentare davanti al giudice, con l’ingiunzione di pagare i 5.000 € di affitti arretrati. Cerco di tranquillizzarlo, ma la situazione si presenta drammatica. Noi, i suoi amici, abbiamo esaurito le nostre povere risorse e non siamo in grado di raccogliere una tale cifra. Ci resta la fede nell’amore di Dio che non può abbandonare Carlos. Mentre sono in una riunione di lavoro mi arriva un sms: “Ci sono novità, è andata molto meglio del previsto!”. Dopo aver messo la sua situazione sul tappeto – ha sempre pagato i fitti, ha mantenuto un ottimo rapporto con i proprietari dell’appartamento, nel frattempo ha perso il lavoro e non è più riuscito ad onorare gli impegni mensili; si dice pronto a restituire il dovuto nei tempi e nei limiti delle sue attuali possibilità, dato che ora ha un buon lavoro – il giudice, decide di ridurre il debito a soli 1.500 € a condizione, però, che venga saldato entro il 30 ottobre, altrimenti si ricorrerà ad altra sentenza più grave. Ora basta superare l’ultimo scoglio: trovare i 1.500 €. Siamo ad ottobre. La Parola di vita ci ricorda di “gettare le reti” dove le abbiamo già gettate senza successo. Ci riproviamo con fede rinnovata e chi ci aveva detto prima di no, di fronte alla somma ridotta, accetta di anticipare la cifra! Carlos con il suo lavoro potrà ora, pian piano, restituire quest’ultimo debito». (Juan, Barcelona) (altro…)

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Una bella notizia, il Sinodo “al Campidoglio”

“Una bella notizia”. Non potevano scegliere titolo più azzeccato gli organizzatori di un convegno internazionale svoltosi stamane in Campidoglio presso la sala della Protomoteca. Roma capitale, col suo sindaco, Gianni Alemanno, offre ai suoi cittadini una giornata di confronto e dialogo sulla nuova evangelizzazione. Ospiti alcuni padri sinodali presenti in città in queste settimane per partecipare ai lavori dell’assise indetta da Benedetto XVI proprio sulla nuova evangelizzazione e alcuni laici chiamati come uditori al Sinodo stesso: Maria Voce, presidente del Movimento dei focolari, Francesco Miano, presidente nazionale dell’Azione cattolica e Chiara Amirante, fondatrice e presidente della Comunità Nuovi orizzonti. In effetti non solo di una bella notizia si è trattato, ma di tante belle notizie. Chi pensava che il cristianesimo fosse una cosa noiosa ha sentito parlare qui di gioia; chi riteneva che l’evangelizzazione fosse l’imposizione di divieti di una religione del “non si può fare”, ha visto che il Vangelo vissuto porta con sè una forza trasformante; chi credeva che la religione fosse un fatto privato ha appreso che essere laici impegnati vuol dire cambiare la vita personale, ma incidere anche nella società. E se qualcuno pensava che il Sinodo fosse un appuntamento per addetti che si svolge tra le mura del Vaticano e lì finisce, oggi ha potuto sperimentare che il Sinodo è venuto in città. (…) Il tema della città e di Roma in quanto città emerge dunque fortemente. Questa Roma, che coi suoi soli monumenti, con le sue basiliche antiche racconta le radici millenarie del cristianesimo, ne testimonia da sé la bellezza anche a chi vi giunge da posti dove il Vangelo non è ancora conosciuto; ma occorre che tutto ciò non rimanga un «museo», come suggerisce padre Lombardi, direttore della Radio Vaticana e della Sala Stampa Vaticana, che si comprenda quanto «l’evangelizzazione che dà speranza, non sia un tema estraneo ad una grande città come Roma». Un tema, questo, che torna anche nell’intervento di Maria Voce, la quale, oltre a raccontare come il Movimento dei focolari sia nato dal Vangelo e da esso tragga il senso profondo del suo operare nei più vari ambiti dell’agire umano ad ogni latitudine, ricorda che Chiara Lubich stessa, ricevendo nel gennaio del 2000 la cittadinanza onoraria di Roma, aveva dato impulso ad un’opera di evangelizzazione della città portata avanti dai membri romani dei Focolari, quella che viene chiamata Operazione Roma Amor. (Continua su Città Nuova online) Fonte: Città Nuova online 18-10-2012  (altro…)

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Salta (Argentina): inaugurata la Cattedra Libera “Società, Politica e Fraternità”

Alla fine di settembre, a Salta (nel nord dell’Argentina), si è firmato l’accordo fra l’Università Cattolica di Salta (UCASAL) ed il Movimento Politci per l’Unitá (MPPU) argentino, grazie al quale nasce la Cattedra Libera: “Società, Politica e Fraternità”.

Il rettore dell’università, José Antonio Manzaráz, ha sottolineato che, per la ubicazione di Salta nel Nordovest argentino, “è necessario pensare di più a una politica migliore”. In un’atmosfera gioiosa, c’era la convinzione di star dando un passo rilevante verso la realizzazione del fine stesso dell’Università: contribuire a formare un pensiero capace, non soltanto di interpretare ma anche di dare risposte alle problematiche locali, partecipando responsabilmente a politiche pubbliche e alla formazione di giovani con un maggiore impegno politico.

L’inaugurazione della Cattedra è iniziata con la partecipazione e l’apporto degli studenti in Arti e Musica; quindi, le parole del vice rettore Francisco Núñez circa la possibilità che offre la Cattedra Libera, grazie al sostegno  e l’esperienza del MPPU, al dialogo fra vita politica e università. Un video ha sintetizzato le origini del MPPU, la cui sorgente spirituale prende ispirazione dal pensiero di Chiara Lubich, il suo sviluppo in Argentina e gli obiettivi della Cattedra Libera.

La Dott.sa Cecilia Di Lascio, presidente del MPPU, ha poi presentato le fondamenta della proposta della fraternità nella sua dimensione universale, con il conseguente rafforzamento della vocazione politica e la trasformazione dello stile di gestione e il fine ultimo dell’esercizio del potere. Ha poi precisato che il MPPU è un laboratorio dove il pensiero e la vita politica si alimentano reciprocamente rafforzando l’impegno comune nel cercare di dare risposte alle gravi sfide di frammentazione ed esclusione delle nostre società.

Non sono mancate le testimonianze di coloro che hanno concluso la scuola di formazione sociale e politica del MPPU. Al termine, la Dott.sa Verónica López, direttrice della Cattedra Libera, ha parlato della partecipazione e del consolidamento della vita pubblica del MPPU a Salta: sia nella costruzione del dialogo e incontro fra diversi attori, sia nel dibattito sulle problematiche centrali della vita politica; la formazione dei giovani e la promozione alla partecipazione dei cittadini attraverso forum di dialogo fra politici. La Dott.sa ha poi concluso presentando le specializzazioni del 2012-2013 il cui asse ruoterà attorno lo sviluppo locale in prospettiva fraterna; gli attori principali: i docenti, i ricercatori della Rete Universitaria per lo Studio della Fraternità (RUEF), sindaci, ex-sindaci, legislatori e i funzionari pubblici del MPPU dell’Argentina, i quali grazie alla loro gestione guidata dal paradigma della fraternità, possano illuminare nuovi spazi e metodi di gestione di politiche pubbliche, insieme ai docenti dell’UCASAL.

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Vescovi: l’efficacia della testimonianza

Una serata di scambio e testimonianze, nell’arco dei lavori sinodali sulla nuova evangelizzazione, tra 27 vescovi partecipanti al Sinodo e una trentina di laici. A introdurla il presidente della conferenza episcopale della Thailandia, Arcivescovo di Bangkok Francis X. Kriengsak, moderatore dei vescovi amici del Movimento dei Focolari. “Le nostre parole vengono ascoltate se sono espressione della nostra vita”, ha esordito. Autenticità e coerenza, quindi, in “uomini e donne che hanno fatto l’esperienza di Dio, icone viventi dell’amore di Dio per la gente”. Dove? Nei luoghi abituali: lavoro, scuola, sanità, sport, famiglia, quartiere, internet. Riferendosi al suo personale percorso in una società quasi interamente buddista, mons. Kriengsak ha concluso “ma non basta la nostra testimonianza personale, seppure eroica”. Affinché il Vangelo sia efficace e convincente “occorre dare vita a piccole cellule di vita evangelica, essere noi vescovi parte viva di una comunità gioiosa e attraente”, “la Chiesa attrae quando vive in comunione”. Sui Movimenti ecclesiali come “Parole” che evangelizzano è intervenuta Anna Pelli, del Centro studi del Movimento dei Focolari e responsabile per esso del dialogo con le diverse realtà ecclesiali. Ha presentato la Chiesa nella sua ricchezza carismatica, seguendo l’inedita immagine attraverso cui Chiara Lubich descrive la Chiesa come “un magnifico giardino in cui fiorirono tutte le Parole di Dio”: vi “fiorì Gesù, Parola di Dio, in tutte le più svariate manifestazioni” (1). Da qui il rapporto “di unità e distinzione” tra le varie spiritualità, frutti esse “della creatività dello Spirito, doni suoi alla Chiesa di oggi per aprire nuove vie di comprensione e di attuazione della verità infinita di Dio”. Da qui il richiamo ad attuare “con crescente pienezza di vita” la propria specificità, per fare della Chiesa “un Vangelo vivo”, “un popolo evangelizzante”. I vescovi hanno voluto ascoltare anche la voce di laici spronati dalla spiritualità di comunione come vissuta dai Focolari, giovani e non, credenti e non, impegnati nel sociale e in ambito ecclesiale. Significativa l’espressione di uno scienziato russo non credente, riportata da Franz Kronreif, dei Focolari: “Se un giorno tu mi dicessi che non credi più in Dio, ne sarei rattristato per te e per me. Mi sentirei più povero”. Dal pomeriggio si è tratta una conclusione espressa dall’arcivescovo Francis Kriengsak: il mondo attende di vedere realizzati “spazi del Risorto”, luoghi che diano “visibilità ad un’umanità forgiata dal Vangelo, dove regna la comunione di cuori e di beni”. “È impensabile che noi vescovi da soli riusciamo a rinnovare la Chiesa. Occorre che i laici siano in prima linea”, ha commentato un presule della Corea presente. I partecipanti si sono poi trasferiti alla basilica di s. Bartolomeo, sull’isola Tiberina, accolti calorosamente dalla Comunità di sant’Egidio, per la celebrazione della preghiera ed un successivo e fraterno momento conviviale. (1) C. Lubich, Scritto cit. in “Nuova Umanità”, 3-4 (1997), p.389. A cura di Victoria Gómez (altro…)

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Una buona notizia, gente che crede gente che muove

Hanno per protagonisti giovani e ragazzi, famiglie, professionisti, operai, dirigenti, religiose, sacerdoti, che affrontano col Vangelo le situazioni del quotidiano e le sfide della società. Un popolo che crede, vive, muove, coinvolge, nel rispetto delle convinzioni e dell’esperienza altrui, consapevole che ogni persona può dare un contributo alla grande famiglia umana”. Così viene presentato il libro, edito da Città Nuova, a cura di Chiara Favotti. Pubblichiamo, come piccolo ‘assaggio’, una delle storie raccolte in “Una buona notizia, gente che crede, gente che muove”. «Sono africano e sto studiando nel Nord Italia. Qualche tempo fa avevo letto su una rivista un articolo, in cui l’autore diceva che una “notte” sta pervadendo la cultura occidentale in tutti i suoi ambiti, portando a una perdita degli autentici valori cristiani. Sinceramente non avevo capito molto il senso di questo scritto, finché non mi capitò un fatto che mi fece aprire gli occhi. Era sabato pomeriggio. Alcuni ragazzi, miei vicini di casa, mi propongono di uscire con loro e di trascorrere una serata insieme. Vogliono fare qualcosa di diverso. Siamo in sei o sette. Per iniziare, andiamo a ballare in un locale. All’inizio mi diverto, mi dicono che ho la musica nel sangue, che so ballare bene. Ben presto però mi accorgo che intorno a me alcuni ballano senza alcun rispetto né per se stessi né per gli altri. Non ballano per puro divertimento, ma per lanciare messaggi ambigui. Dentro di me avverto una voce sottile, che mi chiede di andare controcorrente e di ballare con dignità e per amore. Dopo qualche ora, i miei compagni propongono di cambiare locale. Mi fido di loro, in fin dei conti sono miei amici, e accetto. Entriamo in un altro locale. Il tempo di rendermi conto dove sono, tra musica ad altissimo volume, luci psichedeliche e un odore acre che entra forte nel naso, e rimango subito sconvolto. Questa non è una normale discoteca, qui delle ragazze si prostituiscono. Sono molto deluso e arrabbiato. Senza dire una parola mi giro ed esco dal locale. Uno dei miei amici mi insegue. Mi insulta, mi dà del ritardato. Non gli rispondo. Passano pochi minuti, ne esce un altro, questa volta non per insultarmi, ma per darmi ragione. Infine un altro amico si sfila dal locale e anche lui mi dà ragione. Rimango sorpreso, avevo creato una catena di controcorrente. Senza aver parlato né degli ideali cristiani in cui credo, né di Dio, gli altri mi avevano visto e avevano capito. Passa qualche mese. Non pensavo più da un pezzo a quell’episodio. Un giorno un ragazzo, che era stato con noi quella sera, viene da me, mi dice di essersi pentito e di non voler più frequentare quel tipo di locali. Questa esperienza mi ha aiutato a capire più radicalmente la necessità di rischiare e di dire “no” a certe proposte». (Yves, Camerun) Hai anche tu una buona notizia da segnalarci? (altro…)

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Luce: dal Brasile al mondo

Guarda la trasmissione sul sito di TV2000

Da piccola “avevo come motto della mia vita: “Il mio popolo un giorno non avrà fame e neanche sete. E fare questo sarà la mia vita”. A raccontarlo è Angela Luce Silva, focolarina originaria di Masejo, Brasile,  durante i giorni di LoppianoLab a Tv2000. Una storia, la sua, in cui il donarsi totalmente a Dio le ha svelato un popolo ancor più ampio e l’ha condotta dal Brasile all’Italia, dalla Thailandia all’Indonesia dello tsunami nel 2004, all’impegno con l’Amu (Ong del Movimento dei Focolari). Riportiamo alcuni stralci dell’intervista – Guarda qui il video integrale in italiano. Il Brasile è una grande potenza, ma in quegli anni non era facile… “Erano gli inizi degli anni ’80, e proprio mentre mi ponevo tante domande ho conosciuto i giovani del Movimento dei Focolari. Per me è stato bellissimo, un grande cambiamento perché lì, fra di loro vedevo già una società nuova, diversa e vivevano come i primi cristiani, mettevano in comune le loro necessità, i loro beni, le loro cose. Per me era vedere un Vangelo fatto vita”. Tutto è partito quando avevi 15-16 anni e ti trovavi in Brasile. C’è un luogo che mi ha colpito ascoltando il tuo racconto… “È a Recife, vicino al mare. Si chiamava l’Isola dell’Inferno perché quando veniva l’alta marea questa località si riempiva di fango”. Ma c’era anche un altro tipo di fango… “È una regione dove ci sono le favelas, i mocambos, e  le persone vivono sulle palafitte. Una vita di esclusione e di impoverimento: spaccio di droga, prostituzione. Avevo finito l’università, volevo stare con queste persone, così insieme ad altri giovani siamo andati ad abitare lì, insieme a queste persone. Con loro cercavamo di capire quale era il processo di sviluppo che potevamo fare insieme”. Oggi l’isola non si chiama più Isola dell’Inferno, ma Isola di Santa Teresinha (di Lisieux). Ora tutto è trasformato.

Angela Luce Silva lavora con
“Azione per un mondo unito”

La storia di Luce poi procede verso altre destinazioni perché nel ’90 lasci il Brasile e vieni in Italia… “Ad un certo punto non era per me sufficiente dare solo la mia conoscenza o le mie cose materiali. Sentivo che c’era un grande richiamo di Dio a vivere un’avventura con Lui, di donarmi a Lui”. Ma arriviamo ad oggi, l’Azione per il Mondo Unito, l’Amu oggi è la tua vita, il tuo impegno. Cosa significa? “Lavorare all’Amu è una sfida grandissima, una chance, l’opportunità di realizzare il sogno della fraternità universale perché all’Amu lavoriamo per i progetti di sviluppo in 56 Paesi. Mi occupo del settore dell’educazione allo sviluppo. Cerchiamo di dare anche qui in Italia il senso della speranza ai giovani, perché bisogna cambiare tanti stili di vita. Capire che al Sud tanti problemi esistono perché  al  Nord stiamo troppo bene. ‘Ma come – mi dirai – siamo in crisi!’. Ma è vero e no, perché se pensiamo a certi Paesi allora i nostri problemi si ridimensionano”. (Fonte: Tv 2000) (altro…)

Svizzera, oltrepassare i confini

Emergenza Siria: un appello per i profughi

Un milione e mezzo di siriani sono sfollati dalle zone più “calde” del Paese

Decidere di lasciare la propria terra, la propria casa, il lavoro, gli amici, è un fatto traumatico, quando non si ha altra scelta. Non si può prevedere se e quando si potrà ritornare e se si troverà ciò che si è lasciato. Un milione e mezzo di siriani sono sfollati dalle zone più “calde” del Paese verso regioni meno pericolose, mentre 311.000 – queste le ultime stime dell’ONU – si sono rifugiati nei Paesi confinanti: Turchia, Iraq, Giordania e Libano. Non si intravvede ancora una possibile soluzione di questo conflitto che vede schierate su fronti opposti le forze governative e le forze di opposizione; anzi, si teme un’estensione della crisi a livello internazionale. Eppure, il vento della primavera araba aveva fatto sperare nella forza della resistenza non violenta e nella spinta pacifica verso una riforma del Paese in senso democratico, in un contesto in cui la convivenza fra diverse fedi religiose non aveva mai destato seri problemi. Poi, tutto è precipitato. Mentre si cercano ancora nuove soluzioni diplomatiche con la speranza che la vera anima del popolo siriano possa emergere e realizzare le sue aspirazioni alla convivenza pacifica, senza frantumare il Paese, si cerca di dare sollievo alla popolazione colpita. In Libano, il Movimento dei Focolari è in prima linea nell’aiuto ai profughi. Le comunità hanno risposto a questa emergenza con grande generosità, mettendo a disposizione quanto potevano, soldi e beni. Presso il Centro Mariapoli di Ain Aar sono alloggiate alcune famiglie siriane, mentre altre sono ospitate in varie parti del Paese. “Tutti vorrebbero rientrare in Siria – scrivono i responsabili del Movimento in Libano – ma la situazione non lo consente. Così abbiamo iscritto i bambini alle scuole libanesi e attendiamo l’evolversi degli avvenimenti. I rifugiati partecipano con quello che possono, ma il costo della vita in Libano è di 5 volte superiore a quello siriano e le risorse economiche finiscono velocemente”.

© Foto UNICEF HQ

Contemporaneamente, in Siria, la perdita progressiva del lavoro per la chiusura di molte fabbriche, il crollo del commercio e l’aumento dei prezzi dei generi di prima necessità, soprattutto gasolio e gas, rendono drammatica la vita per tante famiglie ed estremamente inquietante il futuro. Per questo è importante non lasciare sola la popolazione e sostenerla in ogni modo possibile. L’AMU (Associazione Azione per un Mondo Unito, Ong ispirata alla spiritualità dei Focolari) coordina la raccolta fondi e gli interventi di emergenza, insieme ai responsabili locali. Al momento i fondi raccolti sono destinati ad aiuti di prima necessità (vitto, alloggio, spese sanitarie), sia per famiglie di rifugiati che per famiglie sfollate in Siria. In Libano, inoltre, si sta provvedendo all’inserimento dei bambini profughi nelle scuole libanesi. Chi desidera esprimere alla popolazione siriana la propria vicinanza anche attraverso un contributo in denaro, può utilizzare il seguente conto corrente intestato a:


Associazione Azione per un Mondo Unito presso Banca Popolare Etica, filiale di Roma. Codice IBAN: IT16G0501803200000000120434 Codice SWIFT/BIC CCRTIT2184D Causale “Aiuti alle famiglie siriane” oppure “Scolarizzazione bambini siriani”.


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Svizzera, oltrepassare i confini

Storie fra i tralci: la vendemmia alla Fattoria di Loppiano

I trattori si accendono presto, poco prima delle otto del mattino: si aprono le cantine, si mettono in moto i vari macchinari per la raccolta dell’uva, mentre un nugolo di persone si salutano, ridono e volentieri si sistemano sui carri: non stanno partendo per una gita, ma si apprestano ad affrontare una giornata di duro lavoro in mezzo ai vigneti. C’è l’uva da tagliare; ci sono i secchi da svuotare, ci sono i carrelli pieni d’uva succosa da riportare in fattoria. Ma, soprattutto…c’è da stare insieme. Chi ha provato l’esperienza della vendemmia alla Fattoria Loppiano se la ricorda così: sì certo, fatica e impegno, alcune ore di sonno da recuperare, ma più forti sono la gioia, la voglia di fare, la voglia di ricominciare qualcosa lasciato a metà al ritorno nelle proprie città. I vendemmiatori infatti qui a Loppiano arrivano da tutte le parti d’Europa tra i mesi di Settembre e Ottobre: sono soci e amici della Fattoria di ogni età e condizione, che ogni anno offrono gratuitamente qualche giorno, al massimo due settimane, per aiutare gli operai a raccogliere l’uva. C’è chi ancora non si capacita di come sia possibile scegliere di usare una parte delle proprie ferie per dedicarsi a un’attività non sempre così piacevole: i ritmi, tra l’altro, sono quasi militari: la colazione è fissata alle 7.30, poi alle 8.00 si parte per il lavoro, alle 12.00 il pranzo, e poi via di nuovo nei campi fino all’imbrunire: arriva così il momento del riposo, del relax, per chi lo desidera c’è la Messa al Santuario Maria Theotokos, per poi continuare con la cena e una serata in compagnia  degli altri abitanti della cittadella. Eppure fra tutti c’è entusiasmo, gratitudine. Complice uno scorrere del tempo più consono alla persona e il contatto diretto e continuo con la natura e le sue bellezze, i vendemmiatori possono respirare quel clima di fraternità che anima ogni giorno dell’anno la Fattoria e la cittadella di Loppiano. E questo lavorando, scambiandosi storie ed esperienze tra un tralcio e l’altro, aiutandosi nella fatica così come nel godere di momenti di grande allegria. E quello che più colpisce è che…. sono tutti sobri! Ambrogio Panzieri, di Cornate d’Adda, in provincia di Monza e Brianza (Italia), ne è certo: «Da tantissimo tempo non conoscevo momenti così intensi sotto l’aspetto umano e spirituale. (…) Avevo la sensazione di conoscerle da sempre quelle persone, pronte a spronarmi e a darmi la forza di credere che anche a casa, al paese, avrei potuto portare quella gioia, quel donarsi l’un l’altro. In una parola sola: amare!» Antonio Sottani, da 15 anni alla Fattoria, riassume così questi giorni: «Certamente c’è una generosità dei nostri soci, socie, amici e amiche che è base per ogni esperienza straordinaria. Noi offriamo vitto, alloggio, ma soprattutto la possibilità di vivere insieme, nel lavoro, un’esperienza di reciprocità. Capita infatti che i vendemmiatori, dopo qualche giorno, sentano la necessità di dare una svolta alla loro vita, di riprendere in mano situazioni difficili nella loro città, nelle famiglie, portando amore là dove non c’è. Ma noi non facciamo niente di speciale, cerchiamo solo di volerci bene».

Carlo Isolan si occupa della parte agricola

Questo “volersi bene” attrae persone e risorse impensate: «Di esperienze ce ne sarebbero diverse» – continua Carlo Isolan, che si occupa della parte agricola – «ma una su tutte può spiegare la concretezza di questa vita: un gruppo di giovani provenienti dalla Repubblica Ceca aveva vissuto con noi qualche giorno di vendemmia; alla loro partenza ci avevano fatto presente di aver esaurito i fondi economici per poter sopperire alle spese di rientro. L’azienda come principio etico non opera “in nero”, così abbiamo preso dalla cassa ufficiale una cifra destinandola a questi amici, sapendo che era un’emergenza, ma fiduciosi che Dio ci avrebbe pensato, non per niente lo chiamiamo il “Socio nascosto”. Qualche giorno dopo, una signora che era appena arrivata per la prima volta in azienda per la vendemmia, ci ha consegnato una busta dicendoci, “l’ho in tasca da qualche giorno e sento che devo darla a voi”. All’interno c’era la stessa cifra donata qualche giorno prima». Questo come tanti altri fatterelli sarebbero da raccontare. Ma ora c’è silenzio, è sera, c’è da far piano che tutti dormono. Domani è un altro giorno, per gustare storie che si intrecciano come i tralci e si liberano come foglie al vento, raggiungendo i confini più lontani.   (fine terza puntata… continua…) A cura di Paolo Balduzzi (altro…)

Svizzera, oltrepassare i confini

Pubblico – privato: cos’è la fede?

La fede è un fuoco che tanto più cresce a quante più anime si apprende: chi se lo chiude in sé, rischia di soffocarlo, per mancanza di quell’ossigeno che è la carità, virtù espansiva, e non egocentrica. Non si è fatto tutto quando si ha la fede per sé; allora comincia il debito di darla ad altri. La religione nella coscienza nasce; ma non ci muore. Nasce, e si espande fuori. Chiudersela dentro, come in uno scrigno, significa comprimervi l’immensità di Dio e dell’amore, cioè compiere un’operazione di deformazione e limitazione; e ne segue un culto piccolo, a nostra misura, geloso del culto altrui; un tentativo settario di sequestrare pei propri usi la divinità. Al Gesù nostro si sostituisce il Gesù mio: la cattolicità si raggrinzisce a morte; la fraternità si viviseziona. Si diventa acattolici, senza accorgersene, adottando in pratica il principio dell’ognuno per sé e io per tutti, nel quale la solidarietà del Corpo mistico si scompone. Come se nell’organismo umano, una cellula o un organo agisse solo per sé, non allegato con gli altri. Ma, – e qui sta la forza della vera personalità, – il singolo non vive per sé; anzi vive il meno possibile per sé, e il suo progredire spirituale è un continuo rinunziare a sé, perché servendo gli altri serve Dio e se medesimo. Secondo il paradosso di Cristo, chi pensa più a sé, pensa meno a sé: avaro che muore di paura e di fame; più facile salvarsi mediante gli altri; ché la salvezza è data da Dio sulla regola delle opere dell’uomo, cioè delle prestazioni al prossimo, nelle quali attua la legge d’amore, legato, com’è, a Dio non solo dalla fede, ma anche dall’amore, che si traduce in atti; da una fede collaudata dai fatti, con cui sta verso Dio, non solo a tu per tu, ma anche in compagnia dei fratelli, come ogni figlio verso il padre, col debito della solidarietà. Una spinta in altezza lo conduce a Dio; una in latitudine lo conduce all’umanità: le due spinte non sono indipendenti, ma legate, come le due assi della croce, che s’incontrano sul cuore di Cristo; e quanto più una ascende, tanto più l’altra si dilata; più si ama Dio, più si cercano gli uomini, in ciascuno dei quali l’immagine di lui risplende. Tratto da Igino Giordani, Segno di Contraddizione, 1933 (Ed. Città Nuova, 1964- pp.272-274/ p.321) www.iginogiordani.info (altro…)

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Annunciare che Dio ci ama

«Dio Amore – lo sappiamo – è una verità della nostra fede e ha tutta la sua attualità. Perché in tempi come questi, in cui Dio si sente lontano, in cui addirittura si parla della morte di Dio, che cosa può esserci di più salutare, di più atteso per questa umanità che ci circonda – compresa quella che si dice “cristiana”, ma non lo è del tutto – di aprirla con l’aiuto dello Spirito a questa rivelazione: Dio è vicino col suo amore a tutti e ama appassionatamente ciascuno? […] Di dire a questa umanità che ogni circostanza parla di questo amore? Di farle comprendere che occorre sentirsi circondati da questo amore, anche quando tutto farebbe sentire l’opposto? Annunciarle che nulla sfugge a Lui, che conta persino i capelli del nostro capo? […] Il nostro mondo ha bisogno di questo annuncio: Dio è Amore, Dio ti ama, Dio ti ama immensamente! E l’hanno fatto proprio migliaia di persone ormai, l’hanno annunciato, l’hanno detto in treno, a scuola, a casa, nelle botteghe; quando ne avevano l’occasione dicevano: “Guarda, ricordati che Dio ti ama”. E gli effetti sono stati straordinari, le persone hanno preso uno shock, proprio come quando gli apostoli annunziavano: “Cristo è risorto”. “Come? Risorto?”. Dire a queste persone: “Dio è Amore e Dio ti ama immensamente” e dirlo con la convinzione che abbiamo, provoca una rivoluzione». Chiara Lubich, “”, Ed. Città Nuova, Roma, 2011, pagg. 86-87. (altro…)

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L’amore al fratello

Questa raccolta di testi di Chiara Lubich ci fa scoprire come l’amore cristiano ai fratelli – rivolto nel corso dei secoli soprattutto ai poveri e i derelitti – si spalanca e può essere indirizzato ad ogni uomo, di qualsiasi situazione sociale. E la sua pratica viene offerta a tutti, di ogni appartenenza politica, culturale o religiosa, come via di piena realizzazione di sé e di trasformazione del mondo. Questo stile di vita, oltre ad essere una via di “nuova evangelizzazione”, sviluppa una vera cultura, con conseguenze economiche, sociali, politiche e internazionali. Testi tratti da meditazioni, scritti, lettere e discorsi sul tema. (altro…)

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Concluso l’incontro dei delegati del Movimento dei Focolari

Si è concluso sabato 6 ottobre l’incontro annuale dei delegati del Movimento dei Focolari che dal 13 settembre ha visto radunati nel centro internazionale di Rocca di Papa circa 300 partecipanti, fra incaricati centrali e delegati delle diverse aree geografiche dove il Movimento è presente. Un mese intenso di lavoro in cui si è fatto il punto sui Focolari nel mondo e si è guardato al futuro. Il programma ha alternato momenti in plenaria, incontri per ambiti (ecclesiale, giovanile, sociale) e per gruppi di zone geografiche. È stata ripercorsa la vita del Movimento,  che attraversa le culture dei diversi popoli, condividendo con loro traguardi e aspettative, spesso prove e situazioni difficili, come in Siria e nei Paesi colpiti da violenze, conflitti e catastrofi naturali. Inoltre, è stato dato uno sguardo privilegiato sulla ‘fraternità’ in atto nel mondo, attraverso il progetto United World Project, lanciato al Genfest, e spiegato nei dettagli anche all’assise dei Focolari. Annunciato il seminario di studi sul pensiero di Chiara Lubich, che si terrà il 14 marzo 2013 all’Università La Sapienza di Roma, nel 5° anniversario della sua scomparsa. Nell’era del sempre connessi, e mentre si rende noto il tema del nuovo messaggio di Benedetto XVI per la giornata delle comunicazioni sociali (“Reti Sociali: porte di verità e di fede; nuovi spazi di evangelizzazione”), uno spazio privilegiato viene dedicato proprio alla comunicazione: un seminario sui new media, come impatto sulla trasformazione della società, svolto dal sociologo italiano Gennaro Iorio, dalla psicologa cilena Paula Luengo e dall’economista italiano Benedetto Gui; e una panoramica sui media dei Focolari, dalle editrici Città Nuova, in Italia e all’estero, all’ufficio stampa, dal servizio informatico al notiziario interno, al sito web con i social network, avviati in un cammino di comunicazione coordinata. “Dalle notizie portate dai delegati, e da quelle che voi stessi ci avete trasmesso direttamente – ha detto la presidente Maria Voce in un saluto in diretta mondiale via web, sabato 6 ottobre, a conclusione dell’incontro -, abbiamo visto quanto Dio ha operato nell’anno che è appena finito. Siamo sicuri che Egli opererà tanto e tanto di più in quest’anno che comincia, se noi ci mettiamo al suo servizio per riconoscerlo ed amarlo in ogni fratello”. Nell’anno in cui la Chiesa cattolica si dedica in particolar modo all’approfondimento della “Nuova Evangelizzazione”, il Movimento dei Focolari si sintonizza approfondendo quest’anno un punto della spiritualità di Chiara Lubich: l’amore al fratelloL’altro da me: un altro me è il titolo della riflessione che la presidente Maria Voce propone quest’anno ai Focolari, a partire dall’invito del Vangelo: “Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Mt. 22,39). Da qui, l’augurio lanciato da Maria Voce nel suo saluto via web ai membri del Movimento: “Quest’anno sia un anno di grande espansione d’amore nel mondo”. Stringere “questo patto di amore reciproco, ma non per noi, per l’umanità che ha bisogno di un’inondazione d’amore, che ha bisogno di un fiume d’amore, che ha bisogno di incontrare Gesù”. Si è aperto intanto domenica 7 ottobre, con una solenne cerimonia in Vaticano, il Sinodo dei Vescovi sul tema “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”,  appuntamento al quale anche la presidente dei Focolari partecipa come uditrice. (altro…)

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Dal calcio al mondo unito. La storia di Nacho

«Mi chiamo Nacho, sono argentino ed ho 25 anni. Ho giocato per tanti anni, a calcio, in una squadra importante dell’Argentina e la mia vita s’incamminava verso quel mondo anche dal punto di vista professionale. Ero fidanzato con una ragazza che viveva, sin da piccola, il mio stesso ideale basato sui valori evangelici. Sognavamo di sposarci e di avere tanti figli. Avevo molti piani in mente di come sarebbe stata la mia vita accanto a lei. Insomma, ero un ragazzo felice della mia vita cristiana e dell’ideale di un mondo unito per il quale avevo scelto di vivere! Ma proprio mentre ringraziavo Dio per avermi accompagnato sempre nella mia vita e per quello che stavo vivendo insieme a Lucia, ho sentito dentro di me come se Lui mi dicesse: “Nacho, tu sei disposto a seguirmi, lasciando tutto e consacrare la tua vita solo a me?” E subito mi è venuto da risponderGli: “Certo che lo sono”. Mi sono chiesto cosa volesse dire “il mio tutto” e ho capito che Dio mi chiedeva di seguirlo lasciando la mia famiglia presente, papà, mamma, fratelli ma, soprattutto, lasciando la mia possibile famiglia futura. Ne ho parlato con Lucia. Non è stato facile per nessuno dei due ma, ancora con le lacrime agli occhi, ho avuto quel giorno la conferma della decisione che stavo per prendere: quella di seguire Gesù come focolarino, nella strada tracciata da Chiara Lubich. Non è semplice spiegare quello che sperimento vivendo ciò che Gesù ci ha promesso e cioè che non c’è nessuno che abbia lasciato casa, padre, madre, figli e che non riceva cento volte tanto in questa vita. Questo lo vivo giorno dopo giorno, ad esempio nel dare un po’ del mio tempo per qualcuno che ha bisogno e sentirlo veramente come mio fratello…e soffrire oppure gioire con lui. Qualche giorno fa sono arrivato a casa stanco morto dopo il lavoro e l’unica cosa che desideravo era riposarmi un po’. Un altro focolarino stava preparando la cena e mi ha chiesto una mano perché era in ritardo. Ho cominciato ad aiutarlo, così, dimenticandomi della mia stanchezza, ho sentito la gioia di poter vivere per lui. Facendo queste piccole esperienze, riesco a scoprire me stesso ancora di più. Vedo che i miei limiti diventano una pedana di lancio e che i miei orizzonti si allargano soprattutto nei confronti delle altre culture. Nella convivenza con persone di altri paesi sento che le uniche barriere che possono esserci sono quelle dentro noi stessi. E questo mi fa anche superare la paura di andare incontro allo sconosciuto, a quello che è diverso da me, perché ho capito che la diversità non crea tanto la divisione ma serve al complemento di noi stessi. Ora sto completando la mia formazione nella Scuola dei focolarini in Svizzera. Poi ancora non so in quale focolare del mondo andrò, con chi abiterò, ma sento che Dio mi ha chiamato personalmente per contribuire a realizzare la fraternità nel mondo, abbracciando la famiglia dell’umanità intera con un cuore libero, e per questo ideale voglio dare la mia vita». Da Genfest 2012


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