Pag-asa Social Center
Pag-asa Social Center è un’espressione nel sociale del Movimento dei focolari nelle Filippine. E’ una ONG riconosciuta dal Dipartimento del Welfare e dello sviluppo. “Pag-asa” è la parola “speranza” in Tagallo. (altro…)
Pag-asa Social Center è un’espressione nel sociale del Movimento dei focolari nelle Filippine. E’ una ONG riconosciuta dal Dipartimento del Welfare e dello sviluppo. “Pag-asa” è la parola “speranza” in Tagallo. (altro…)
“Ora tocca a noi”. “Sarà una grande festa, un evento storico”. “Un passo importante nella formazione delle nuove generazioni in Africa”. Così i giovani del Movimento dei focolari dell’Africa presentano il “Congresso panafricano Gen”, che si terrà nella cittadella dei Focolari in Kenya, conosciuta come Mariapoli Piero, dal 27 al 31 dicembre 2011. Le radici. “La recente lettera apostolica di Benedetto XVI ‘Porta Fidei’ e il prossimo Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione – dicono i giovani dei Focolari – ci hanno fortemente interpellati. Sentiamo di vitale importanza rispondere alla sfida già rilevata da Giovanni Paolo II nell’Esortazione Apostolica Post-Sinodale ‘Ecclesia in Africa’, cioè la necessità dell’inculturazione e la sua priorità per un reale radicamento del Vangelo in Africa”. È la prima volta che il Movimento Gen promuove nel continente africano un evento di questo tipo, con giovani provenienti da 15 paesi dell’Africa sub-sahariana, fra i più impegnati, appunto i e le gen. Circa 200 giovani dai 19 ai 30 anni, si troveranno in un clima di festa ma anche di riflessione per approfondire l’eredità del Vangelo vissuto, la spiritualità dell’unità che Chiara Lubich ha lasciato ai giovani. “Anche qui da noi – si chiedono i gen africani –, i giovani vengono sempre più e rapidamente assorbiti nella mentalità materialista; è ancora possibile fare delle scelte forti e radicali?” Obiettivo. Il progetto, di cui il Congresso panafricano fa parte, prevede la durata di un anno, e include un processo di formazione sul posto e giornate d’incontro per l’annuncio del Vangelo vissuto, coinvolgendo il maggior numero possibile di giovani. Quindi, un seminario conclusivo nel Centro internazionale dei Focolari, che culminerà con l’udienza con il Santo Padre, la visita ai luoghi dei martiri a Roma e un’immersione del cuore della cristianità. Infine, la valutazione sul posto e congressi locali per arricchire la comunità cristiana del posto dell’esperienza vissuta e la proposta di nuovi progetti. Sfida. Radunare in Kenia 200 giovani di paesi così distanti fra loro potrebbe sembrare un traguardo irraggiungibile. Come James dice: “La maggior parte di noi sono studenti e quelli che lavorano hanno lavori mal retribuiti“. I gen stanno lavorando, quindi, dallo scorso anno, per raccogliere i fondi necessari per i lunghi viaggi, in modo che – attraverso una grande comunione dei beni – ciascuna regione geografica possa essere rappresentata.
A Nairobi, il 28 novembre hanno presentato il Congresso al Nunzio Apostolico, l’arcivescovo Alain Paul Lebeaupin che ha parlato ai gen dell’Esortazione apostolica Africae munus che il Papa ha personalmente consegnato al popolo africano nel suo ultimo viaggio in Benin, dove invita i giovani a non lasciarsi scoraggiare e non rinunciare ai loro ideali. “L’avvenire è nelle mani di chi sa trovare ragioni forti per vivere e sperare (…), è nelle vostre mani”. (Benedetto XVI, n.63 Esortazione apostolica Africae munus) Maria Voce, presidente dei Focolari, ha inviato ai gen dell’Africa un messaggio in cui tra l’altro scrive: “Se mantenete la presenza di Gesù sempre tra voi, in quei giorni, ci sarà un’esplosione di gioia e di vita nuova tra tutti i Gen che parteciperanno. Avanti allora, con coraggio ed entusiasmo! Mettete l’amore alla base di tutto, e ogni piccola cosa durante la giornata acquisirà un significato profondo e diventerà un mattone per la crescita del Movimento Gen in Africa “. [nggallery id=80] (altro…)
Chiara Lubich non solo ha dato vita, con le prime compagne e compagni, al Movimento di Focolari (Trento 1943), ma è stata fonte e testimonianza vissuta di un modo di vedere il cristianesimo che ha portato alla Chiesa e al mondo una nuova spiritualità. Tale spiritualità, impregnata di Vangelo e incarnata in idee e opere, si presenta aderente alle esigenze dell’uomo di oggi. Tende alla realizzazione dell’unità, chiesta da Gesù nel suo testamento, e alla fraternità universale sottolineando anche l’aspetto comunitario della vita spirituale. Chiara, nel percorso della sua vita, evidenzia, in un susseguirsi e completarsi armonico, diversi punti ben stagliati della dottrina cristiana che – con scritti, libri, discorsi, interviste – riesce a illuminare, facendo sì che milioni di persone li vivano con grande convinzione. Vivo e vitale è sempre stato in lei l’aspetto della “comunicazione” che crea la comunità, attuata anche con i mezzi tecnici che man mano si rendevano disponibili fino alle conferenze collettive, i satelliti, internet ecc. Proprio grazie a questa sua apertura e disponibilità, nasce il presente audiolibro su due temi cardine della sua spiritualità: la scoperta di Dio-Amore e della volontà di Dio.
Dall’incontro tra storia, spiritualità e arte nasce l’evento alla Libreria L’Arcobaleno – con sede presso il Polo Lionello Bonfanti a Incisa Valdarno, vicino alla cittadella di Loppiano – di lunedì 19 dicembre. Ospiti il regista Maffino Redi Maghenzani e la studiosa Colomba Kim, in dialogo sul volume di Igino Giordani, edito da Città Nuova, “Il Fratello”. Riproponiamo qui l’intervista di Città Nuova online, curata da M.Grazia Baroni. «Non avevo mai proposto per la rassegna Incontri tra le pagine qualcosa su Igino Giordani» ci spiega Gualtiero Palmieri, uno dei soci della libreria L’Arcobaleno, luogo prescelto per la presentazione con lettura del regista Maffino Redi Maghenzani dei brani tratti da Il Fratello del giornalista e politico italiano (lunedì 19 dicembre, località Burchio – Loppiano). Con tanto di brindisi finale: «Concludere l’anno con Il fratello poi significa invitare a vivere il momento con chiunque io incontri e prima di tutto essere io stesso “fratello”». Tra i protagonisti di questa serata Gualtiero Palmiero, il regista Redi Maghenzani e Colomba Kim, studiosa di teologia morale presso l’Istituto Internazionale Mystici Corporis di Loppiano (Fi) ed autrice sempre per Città Nuova del libro Gli sposi e la famiglia in Igino Giordani. Redi, come risulta da punto di vista artistico questo linguaggio di Giordani ne “Il fratello”? «Giordani è personalità poliedrica, è giornalista, è agiografo ecc… Ma tali connotazioni riguardano ‘il cosa‘, mentre il fatto che Giordani sia scrittore riguarda principalmente ‘il come‘; è questa la discriminante; il fraseggio giordaniano trasuda il bello e ne fa strumento per esporre il vero ed indirizzare al buono; Giordani sviluppa i suoi temi con musicalità, con colpi di scena, con neologismi, tutti strumenti del bello. e qui sta la differenza tra un puro scritto di spiritualità o d’altro argomento e Il fratello: l’ispirazione poetica che vi soggiace. Un indubbio di più». Colomba, tu hai studiato molto la personalità di Giordani. Chi era Giordani? «Veramente sono stata attirata da questa figura da giovane, quando ero ancora in Corea. Due amiche focolarine mi invitarono a pregare insieme a loro perché era giunta la notizia della sua scomparsa, avvenuta nel 1980. Lo conoscevo solo di nome ma sono rimasta fortemente colpita dal loro raccoglimento e mi domandavo “chi sarà quest’ uomo?” E poi l’ho conosciuto direttamente attraverso i suoi scritti editi e inediti, prima per lo studio e poi il lavoro per la sua causa di beatificazione. Per me Giordani è un “gigante” che si è lasciato trasformare dal Carisma dell’unità, diventando così “il bambino evangelico”». Hai conosciuto attraverso i tuoi studi Igino Giordani. Quanto di ciò che scrive nel libro Il fratello lo ritrovi poi in lui, nella sua vita? «Ho impiegato un po’ di tempo a meditare Il fratello, perché sono pagine dense di alta spiritualità e teologia, ma rispecchiano pienamente la sua vita. Giordani aveva chiara l’idea che uno scrittore cristiano prima si deve santificare e poi quanto scrive deve essere il riflesso della sua santità come ne La società cristiana. Il fratello è proprio una testimonianza viva, tangibile di questo suo profondo pensiero». Fonte: Città Nuova editrice online (altro…)
«In città un giovane si avvicina: “Posso chiederti 50 centesimi? Dovrei andare con il bus a casa dei miei genitori, ma non ho più un centesimo.” Capisco subito che è qualcuno che vuol comprarsi la droga, cosa fare? La scelta di impegnarmi a vivere il Vangelo mi spinge a vedere in lui un mio prossimo, un fratello. Forse anche lui, come me, come ognuno, ha bisogno di sentire che Dio lo ama immensamente, così com’è, che lo accoglie, che lo capisce! E Dio si può servire ora di me per fargli arrivare il suo amore. “Certo! – replico – Posso accompagnarti fino alla stazione del bus e lì ti compero un biglietto!” Lui: “Cosa, tutto il biglietto? – esclama il ragazzo, precisando immediatamente che il biglietto costa 4.50 franchi e che la fermata è ancora lontana. “Non fa niente, sono contenta di poter fare un pezzo di strada con te!” E gli chiedo come si chiama. Michele riprende: “Sai, a dire il vero, non è che avevo l’intenzione di prendere il bus, ma sarei piuttosto contento se posso comperarmi qualche cosa da mangiare, ho una fame atroce”. Gli propongo di accompagnarlo fino al prossimo bar in modo che possa scegliere quello che vuole. “Cosa? Tu faresti questo per me? Non potresti darmi piuttosto i soldi?” “No, mi dispiace, ma i soldi non te li do perché so che….” E lui: “…che li utilizzo per comprarmi la droga.” A questo punto vedo un cambiamento nei suoi occhi, diventano chiari, belli e mi dice la verità. Che è già stato diverse volte in una casa per disintossicarsi ed era anche riuscito a smettere, ma appena in libertà: è più forte di lui! … e racconta della sua vita, della sua voglia di farcela… ma… L’ascolto e alla fine gli dico: “Una cosa ti prometto, forse tu non credi, ma da oggi in poi io pregherò per te e ti porterò nel mio cuore!” Lui: “Grazie!” E nel suo sguardo c’è un filo di speranza e di serenità!
Sento che Gesù non mi chiede solo di parlare dell’Amore, ma di amare concretamente. Allora prendo il mio borsellino, dicendo: “Guarda, non ho tanti soldi. Pensavo di comprarmi un Kebab per il pranzo, ma questi soldi sono per te!” Mi abbraccia, mi guarda e dice: “Vado a comperarmi una birra!”»
(C.P. – Svizzera)
Gaudence e Françoise si sentono interpellate dai numerosi poveri che accorrono alla parrocchia di St. Michel, e decidono di intervenire con un progetto di microcredito comunitario. (altro…)
Gaudence, volontaria dei Focolari, è impegnata nella sua parrocchia di St. Michel (Bujumbura) dove c’è tanta indigenza. Insieme ad altri hanno promosso diverse iniziative ma i poveri rimangono tali e, anzi, sono sempre più numerosi. Allora si rivolge a Françoise, che fa parte di un’associazione locale del Movimento dei focolari (CASOBU) creata per rispondere alle necessità della popolazione e contribuire alla riconciliazione fra le diverse etnie. Lei si occupa, in particolare, dei progetti di microcredito comunitario e ne testimonia i risultati positivi. Il metodo di questo microcredito consiste, infatti, nel costituire “gruppi di risparmio e credito” che trovano al loro interno le risorse necessarie, imparando a gestire la propria situazione economica. Per Gaudence si apre una nuova prospettiva e, insieme, si rivolgono al parroco, all’inizio poco convinto. Il giorno in cui il progetto viene presentato ai poveri della parrocchia, Françoise resta sorpresa dal numeroso gruppo di persone in età avanzata e in stato di totale povertà. Ma anche la perplessità degli ascoltatori è evidente: «Come possiamo risparmiare se non abbiamo niente?», chiedono. Nonostante lo scetticismo generale, il parroco invita tutti a provare. Si costituiscono così 3 gruppi di 25 persone ciascuno ed iniziano gli incontri di formazione. «Continuiamo a ripetere che non daremo soldi – raccontano – e che i prestiti dovranno provenire dai loro piccoli risparmi». Non tutti capiscono. Un giorno in cui si sentono più scoraggiate del solito, si dicono decise: «Spieghiamo il metodo ancora una volta, e poi ci fidiamo di Gesù, perché lo facciamo solo per Lui». Gli incontri proseguono con alti e bassi ma, sorprendentemente, man mano che il corso procede, talenti e forze latenti vengono fuori. Anche chi non aveva altra prospettiva che elemosinare davanti ad una chiesa inizia i primi investimenti produttivi. «Per qualche mese – racconta Françoise – ho dovuto farmi sostituire nell’attività di formazione, perché impegnata nei preparativi del mio matrimonio. Molte persone di St. Michel sono venute a congratularsi con me, con gli occhi illuminati dalla gioia: non erano più indigenti! Mi hanno raccontato del successo delle loro piccole attività». Un’anziana ha detto orgogliosa: «Non ho più bisogno dell’aiuto della Caritas, così si può darlo ad un altro; perché ormai io chiedo un prestito e poi lo restituisco. Sto pensando ad ingrandire il mio piccolo banco di frutta e verdura». Sono passati soltanto 6 mesi, e già 90 persone hanno rinunciato spontaneamente all’aiuto della Caritas, che così potrà aiutare altri indigenti.
«Eravamo incredule per quanto è accaduto. Molti di quelli che ce l’hanno fatta erano tra i più poveri ed anziani. Ci siamo ricordate che avevamo chiesto a Gesù di prendersi cura di queste persone e abbiamo compreso che la riuscita del progetto era opera sua». Attualmente CASOBU promuove il microcredito comunitario a Bujumbura, nei quartieri di Kinama, Cibitoke e Kamenge, ma il cerchio si allarga. Un’altra parrocchia, nella zona nord, vuole iniziare questa esperienza. Si tratta di uno dei tanti progetti sostenuti dalla Ong “Azione per un mondo unito” (AMU), che prende spunto dalla spiritualità dei Focolari. _____________________________________________________________________________________________________________ Chi desidera partecipare, anche con contributi “una tantum”, può utilizzare il conto corrente bancario intestato a: Associazione Azione per un Mondo Unito, presso Banca Popolare Etica, filiale di Roma. Codice IBAN: IT16G0501803200000000120434 Codice SWIFT/BIC CCRTIT2184D Causale: “Progetti microcredito in Burundi”. Ulteriori informazioni si possono visualizzare nella scheda del progetto. (altro…)
Radicalità, comunione e spiritualità. E’ quanto desiderano i giovani religiosi per la loro futura vita di consacrazione. Emerge da un’inchiesta promossa alla vigilia del V Convegno sulla vita consacrata che si è tenuto a Roma il 3 dicembre scorso su iniziativa di consacrate e consacrati di Roma del Movimento dei Focolari, in collaborazione con l’Istituto di teologia Claretianum. Due punti costruivano lo zoccolo dell’inchiesta; uno positivo e l’altro negativo della Vita Consacrata: “Vorrei che la vita consacrata che vivo fosse più …Vorrei che la vita consacrata che vivo fosse meno …”. Riguardo alla dimensione negativa sono emersi il rifiuto del formalismo e la denuncia dell’attivismo. Partendo dai risultati dell’inchiesta si è scelto il tema del Convegno – “Santi Insieme” – proponendo come via di santità comune la spiritualità di comunione. Vari sono stati gli interventi in sala: hanno preso la parola l’arcivescovo João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e Società di Vita Apostolica, il Rettore della Pontificia Università Urbaniana, padre Fabio Ciardi dei Missionari Oblati di Maria Immacolata al quale è stato affidato il tema: «La spiritualità di Comunione, via di santità». Sono seguite una serie di esperienze vissute raccontate da religiosi e religiose. E infine è intervenuta Lucia Abignente del Centro Chiara Lubich che ha presentato un breve excursus storico del pensiero sulla santità di popolo in Chiara Lubich e introdotto due brevi filmati.
La seconda parte del Convegno è stata introdotta da una testimone d’eccezione, Chiara Luce Badano, proclamata beata il 25 settembre dello scorso anno. A presentarla sono state le Gen, giovani del Movimento dei focolari. Nata nel 1971 Chiara Luce è stata una contemporanea: “con la sua vita – spiega Tiziana Longhitano sfp – ci ha detto che la santità è possibile anche oggi, che è possibile anche per noi. Chiara Luce ci sembra l’espressione di un cammino condiviso. Lei non si è fatta santa da sola; i genitori l’hanno accompagnata. Il suo è stato un cammino partecipato anche ad altri amici che si sono lasciati coinvolgere nella reciprocità dell’Amore trinitario”. «Voi siete un segno vero di Dio al mondo e a tutti noi consacrati – ha detto un partecipante alla fine del convegno –. La vostra testimonianza contagia i giovani e tutti coloro che hanno l’opportunità di conoscervi». (altro…)
Essendo dai più il Natale considerato come una grande festa tra le tante, più sontuosa che sacra, è bene tornare su alcuni degli aspetti autentici di questo evento. C’è un contrasto abissale tra la nascita d’un potente della terra, quale la sognava e realizzava il mondo antico, e la nascita oscura, ignorata di Gesù; un contrasto che già caratterizza l’originalità infinita, inattendibile, d’un Cristo – re, che nasce da una povera donna, in una stalla, nel freddo e nella nudità. Non risulta davvero un Dio. L’inizio della sua rivoluzione così non prevede l’aspetto di superbia: ma di umiltà, per trarre al cielo i figli di Dio, a cominciare da quelli che mangiavano e dormivano sul terriccio: gli schiavi, i senza lavoro, i forestieri: la feccia. Nasce con quell’infante la libertà e l’amore. Questa la scoperta immensa. L’amore universale da lui insegnato mira a sperdere un sistema di convivenza fatto in gran parte di prepotere politico, abuso d’autorità, di usura oziosa, di disprezzo del lavoro, di degradazione della donna, d’invidia corrosiva, come base su cui il regime s’impiantava sopra milioni di schiavi, e cioè di esseri senza diritti, veri viventi morti. Logicamente per le persone innestate in tal sistema quell’annunzio è una follia: roba da galera e da patibolo. Egli lo sa: “Sarete odiati da tutte le nazioni per causa del mio nome”. Beati i poveri e quelli che si fanno poveri per aiutare i miseri. “Beati voi che adesso avete fame… ma guai a voi ricchi”. Figurarsi le furie, con lo scandalo, di costoro, per i quali il denaro era bene sommo e benedizione di Dio, essi che s’ammazzavano e ammazzavano per aggiungere ettari a ettari, e scatenavano disordini demagogici e pigliavano mal di fegato e infarti per enfiare il capitale. “Amate i vostri nemici, fate del bene a chi vi odia… A chi ti percuote su una guancia, porgi pure l’altra… Dà a chiunque ti chiede e a chi ti prende il tuo non domandar restituzione… Fu detto agli antichi: non ucciderai: chi uccide sarà passibile di giudizio. Io però dico: chiunque s’adira contro il suo fratello sarà passibile di giudizio…”. La massima apparve e appare lesiva dell’onore degli armigeri e delle industrie belliche; mentre non odiarsi col fratello equivale a por fine a risse, fazioni, violenze. La massima renderebbe la società – poveri noi! – una coabitazione pacifica. La vita, nella pace, consentirebbe di fare d’ogni giorno un Natale. E questa è la rivoluzione di Cristo: farci rinascere continuamente contro la maledizione della morte. Perciò il massimo comandamento – egli l’ha detto – è di amare l’uomo; che è come amare Dio. Amare l’altro sino a dare la vita per lui e non odiarlo sino a ucciderlo. Questo, in breve, il significato del Natale nuovo dell’umanità, accordato per consentirle di risalire alla divinità. Revisione del passato, fine delle guerre, delle passioni turpi, dell’avarizia; inizio dell’amore universale, che fa “di tutti uno”, e non ammette divisioni di casta, classe, politica… Con la sua vita e la sua morte, Gesù predica e insegna la vita. Ma i cattivi non vogliono la vita: vogliono la morte. E per questo hanno lavorato con una intensità concorde, oggi con le armi atomiche, l’intossicazione ecologica, l’anarchia per la distribuzione di petrolio e di viveri, allestiscono la fine dell’umanità. Molti si illudono trastullandosi con mitologie. Amano la pace, ed escogitano trattati bellici; cercano l’eguaglianza economica, e con l’odio di classe avvivano i contrasti, scatenano disordine e scioperi non necessari con cui danneggiando la gente comune, suscitano in questi anni, come nel 1920-22, il desiderio di un regime presunto “forte” credendo in questo di poter vivere tranquilli. In coerenza, il Natale si celebra anche con il panettone, se aiuta a suscitar l’amore; ma si celebra soprattutto con la riconciliazione, che mette fine alle malattie dello spirito e dà più salute. Si celebra in gratitudine al Signore e a Maria, che han patito per insegnarci e aiutarci a metter fine al nostro patire. in: «Città Nuova», 1974, n.24. (altro…)
«Martedì 25 ottobre in Liguria e Toscana si abbatte un fortissimo nubifragio. La situazione nella provincia della Spezia è da subito drammatica: i fiumi esondano, le colline franano e si iniziano a contare morti e dispersi. Tanti ragazzi da ogni parte d’Italia hanno il desiderio di correre ad aiutare, ma la protezione civile e i comuni chiedono solo volontari della protezione civile stessa. Il giorno dei Santi, però, qualcuno ci prova e una macchina con 3 ragazzi a bordo parte. Ci si rende conto che la situazione è difficile, servono tante braccia e le porte non sono chiuse come si sente in televisione o sui giornali. Qualche giorno per raccogliere fondi, per organizzarsi e il 13 novembre alcune macchine da Genova, Cuneo e Torino partono verso la città di Borghetto Vara, duramente colpita dal maltempo. La voglia di fare è fortissima e appena ci si accorge che si è in troppi nello stesso posto, si cercano altre cantine da svuotare, altre case da pulire; così, dopo un pranzo insieme, qualcuno prende la macchina per raggiungere la vicina Brugnato, anch’essa colpita duramente. Il lavoro non manca per nessuno e il pomeriggio passa in fretta, la luce del sole se ne va e ci si ritrova tutti alla Messa, per ripartire poi ognuno per le proprie case. Passa un’altra settimana, durante la quale i telefoni dei liguri continuano a squillare: è tutta l’Italia a volersi muovere per passare una domenica al servizio di queste città, di queste famiglie che purtroppo non sono più le stesse, ma hanno voglia di tornare alla normalità. E così, dal vicino levante ligure, da Genova, da Firenze, da alto e basso Piemonte, da Milano e da Reggio Emilia arrivano macchine piene di ragazzi, muniti di stivali, pale, guanti, olio di gomito, tanti sorrisi e voglia di voler bene con i muscoli…siamo circa 150!! Sono tanti per questi paesini che stanno iniziando a vedere le macchine e i furgoni della protezione civile andare via, ad un mese dall’alluvione.
A Borghetto ci sono alcuni problemi logistici: bisogna registrarsi alla Croce Verde, esibire documenti, ma il lavoro non manca per nessuno. A Brugnato invece le porte e i cuori delle famiglie si aprono senza troppa burocrazia. Ci sono delle ragazze a casa di una giovane mamma, in un piccolo appartamento che non si decide a tornare pulito come si deve; c’è chi aiuta a ripulire la stalla di un macellaio senza separarsi da pale, secchi e carriole per tutto il giorno; chi aiuta la proprietaria di un negozio di scarpe a ripulire il più possibile per poter riaprire finalmente il negozio; altri vanno a ripulire dei grossi vasi di un negozio di piante, o a impilare legna di alberi che il fiume ha portato vicino alle case e che le famiglie hanno recuperato per scaldarsi durante il vicino inverno; altri ancora, anche giovanissimi, entrano nelle famiglie per far tornare bianche le pareti interne delle case. Qualche risultato lo si riesce anche a vedere ed è una soddisfazione, ma ciò che più gratifica è la vera commozione delle persone che sentono un’aria più leggera, si sentono amate concretamente… e alcune ci ringraziano pure con una buona merenda! Il sole, anche in quella bellissima domenica, sta scendendo; rimane però accesa la luce nel cuore di ciascuno, sia tra i ragazzi che sentono di aver contribuito – insieme ai tanti volontari – alla gioia di persone che stanno passando un momento particolarmente difficile della loro vita, sia quella luce di speranza che non si spegne per chi ha visto la sua casa piena di fango ieri e piena d’amore oggi». i Giovani per un Mondo Unito della Liguria
Due donne al servizio della vita: condotta da questo leit motiv si è svolta, lo scorso 10 dicembre, in Campidoglio (Roma), la cerimonia di conferimento del Premio europeo per la vita “Madre Teresa di Calcutta” alla memoria di Chiara Lubich. A riceverlo, l’attuale presidente del Movimento dei focolari, dott.ssa Maria Voce, dalle mani del Card. Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia. La motivazione del premio è stata espressa in apertura dal presidente del Movimento per la vita Carlo Casini, che ha messo in luce la “limpida e costante difesa e promozione del diritto alla vita” messa in atto da Chiara Lubich e promossa sempre nell’ampio orizzonte dell’amore ad ogni uomo. Sono stati evidenziati l’opera e il sostegno dato da Chiara al Movimento per la vita sin dal suo sorgere. Significativi gli interventi, moderati dal direttore del giornale Avvenire Marco Tarquinio, dell’ex-presidente del Consiglio Giuliano Amato, dei professori Antonio Maria Baggio e Vincenzo Buonomo e del ministro ungherese per gli Affari sociali e la famiglia Miklos Soltesz. Presenti anche i rappresentanti dei movimenti per la vita di 15 Paesi europei.
Il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, sottolineando la scelta della data del 10 dicembre per la consegna del premio, a 63 anni dalla firma della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, ha affermato che“queste due donne hanno fatto una pratica di vita profonda”; ed ha annunciato l’avvio dell’iter per la dedicazione di una strada della capitale a Chiara Lubich. Maria Voce, nel suo intervento, ha messo in rilievo come in Chiara la spinta ad adoperarsi alla tutela dei diritti dell’uomo aveva la sua sorgente nell’amore verso Dio e l’amore verso l’uomo, ogni uomo: «Tutti gli uomini sono figli di Dio e quindi fratelli fra di loro; e Chiara lavora perché nel mondo si realizzi la fratellanza universale. Lo fa per oltre 60 anni, non tanto proclamando a voce i diritti dell’uomo, quanto suscitando in più uomini e donne possibile uno stile di vita “evangelico”, che ha come necessaria conseguenza il rispetto dell’uomo e dei suoi diritti.» Il premio europeo Madre Teresa di Calcutta è stato menzionato da Papa Benedetto XVI al termine dell’Angelus di domenica 11 dicembre, con un indirizzo di saluto agli esponenti del Movimento per la vita giunti da tutta Europa per la premiazione. [nggallery id=78]
Due settimane di conferenza ONU sui cambiamenti climatici. Quale valutazione? A Durban è stato raggiunto in extremis un compromesso modesto: la conferenza è durata un giorno più del previsto e non ha prodotto un nuovo accordo vincolante, rimandandone la stesura al 2015 e l’entrata in vigore al 2020. Questo risultato conferma la tendenza generale delle ultime negoziazioni internazionali sul clima: una situazione di stallo. Assistiamo su scala globale a una scenetta tipica di una lite fra fratelli: tutti si chiedono chi deve fare il primo passo per risolverla. Il protocollo di Kyoto per la riduzione dei gas serra, che è stato prorogato fino al 2015, è insufficiente, sia perché si propone obiettivi limitati, sia perché Paesi molto inquinanti non vi aderiscono. Alcuni grandi inquinatori “storici” vorrebbero che a ridurre le emissioni fossero i Paesi cosiddetti emergenti. Nonostante tutto rimango ottimista: credo che l’umanità troverà una soluzione. Alcuni Paesi hanno già compreso l’importanza strategica delle fonti di energia rinnovabili. In questo contesto si inserisce positivamente l’Unione Europea, col piano “20 20 20” (entro il 2020 riduzione dei gas ad effetto serra del 20%, dei consumi energetici del 20% e del 20% del nostro fabbisogno energetico mediante l’utilizzo delle energie rinnovabili). Non c’è il rischio che queste decisioni vadano a svantaggio dei Paesi emergenti? Il rischio c’è, infatti alcuni appoggiano giustamente la riduzione delle emissioni di gas serra, ma ponendosi anche dal lato dei Paesi emergenti, dove gran parte della popolazione è ancora senza luce elettrica e acqua. Si dovrebbe sostenere lo sviluppo di energie pulite e ci si chiede: perché i Paesi ricchi non cedono i brevetti relativi? Perché esportano industrie inquinanti? Fra chi sostiene questa posizione c’è anche la Chiesa Cattolica. A Durban erano presenti negoziatori da 190 Paesi che cercano i grandi accordi tra gli Stati. E a livello micro, c’è qualcosa che possiamo fare? Sì, certo. L’impegno a livello personale, le scelte di consumo e di voto, uno stile di vita più sobrio, sono tutte azioni importanti. Inoltre EcoOne cerca di elaborare una riflessione anche sul piano di un nuovo rapporto tra persona e natura… Può spiegare meglio? Quali sono le proposte di EcoOne per uno stile di vita più sostenibile? La proposta di EcoOne trova radice nel pensiero di Chiara Lubich. Cosa ci ha insegnato Chiara? Non tanto le tecniche più moderne per risparmiare energia, ma ad avere uno sguardo verso la natura che è nuovo. Ci ha fatto cogliere la presenza di Dio sotto le cose. Ci ha fatto capire la fraternità universale, che vuol dire fraternità intragenerazionale, cioè con gli altri popoli all’interno della nostra generazione, e tra le generazioni, per rispondere alle domande “Che pianeta lasceremo ai nostri figli? Che aria respireranno?”.
In questa riflessione su un rapporto uomo-natura rinnovato, troviamo il superamento di un antropocentrismo eccessivo, quella che potremmo definire scherzando la “filosofia di Paperone”, cioè quella dell’uomo dominatore assoluto che distrugge la natura pur di far soldi, ma anche il superamento di un fisiocentrismo estremo, in cui la natura è al centro, al punto tale da considerare la persona umana come un “disturbo” del cosmo. Noi crediamo che la risposta stia piuttosto nel dono di sé. Per usare una parolona, nell’«antropocentrismo oblativo»: in una persona che vive il dono di sé con i suoi simili e con la natura, di cui si sente non il padrone ma l’amministratore e il custode, perché gli è affidata da Dio. Luca Fiorani, ricercatore all’ENEA e docente di Ecologia ed Educazione Ambientale alla LUMSA, è il coordinatore internazionale di “EcoOne”, un’iniziativa culturale promossa e sostenuta da docenti, ricercatori e professionisti che operano nel settore delle scienze ambientali, accomunati dal desiderio di arricchire la propria conoscenza scientifica con una lettura umanistica e sapienziale dei problemi ambientali. Nel 2010 ha pubblicato per Città Nuova, assieme ad Antonello Pasini, “Il pianeta che scotta, capire il dibattito sui cambiamenti climatici”. Su Città Nuova leggi anche:
Autentico discepolo di Teresa d’Avila, Jesús Castellano Cervera (1941-2006), carmelitano, si è addentrato sempre più nel “castello interiore” della sua anima. Nello stesso tempo l’incontro con il Movimento dei focolari e con la sua fondatrice, Chiara Lubich, gli ha fatto scoprire il “castello esteriore” di una esperienza spirituale di comunione. Da grande conoscitore della teologia spirituale ha colto la novità e le infinite potenzialità in essa racchiuse per la vita della Chiesa di oggi. Gli scritti qui raccolti, inediti ed editi (ma non facilmente reperibili) sono una testimonianza della sua sorpresa e della gioia scaturita dall’incontro con tale spiritualità e una espressione della nuova comprensione teologica che da essa è nata. Il curatore – Fabio Ciardi (1948), dei Missionari Oblati di Maria Immacolata, è professore ordinario presso l’Istituto di Teologia della vita consacrata “Claretianum” (Roma). Ha pubblicato per Città Nuova: Fuoco è la Tua Parola, come vivere il Vangelo (2003, 20042); Luce è la Tua Parola, dialogo interreligioso e annuncio del Vangelo (2005), Parlaci di Lui, i racconti di Cafarnao (2007), La storia di Dio e la mia (2010), Carismi, Vangelo che si fa storia (2011). La collana – Carismi: la collana propone una lettura dei carismi alla luce della spiritualità di comunione. Brevi saggi che esplorano il vissuto ecclesiale di ieri e di oggi per cogliervi le ispirazioni e le proposte di nuovi percorsi.
Lonavla, località famosa per il suo clima piacevole sull’altipiano del Deccan, a circa due ore di auto da Mumbai. 60 studiosi sono lì per il IV Simposio indù-cristiano, un’iniziativa che ebbe luogo per la prima volta nel 2002 a Castelgandolfo, un anno dopo la visita di Chiara Lubich in India ed i suoi incontri nell’ambito accademico e gandhiano dell’immensa nazione asiatica. Si trattò di una prima assoluta. Il Movimento dei focolari, già allora attivo da decenni nel campo interreligioso, non aveva mai avuto modo di affrontare l’aspetto accademico e teologico fra seguaci di religioni e tradizioni diverse. Dal 2002 si sono susseguite, poi, iniziative accademiche con buddhisti, ebrei e musulmani, a Roma ed in diverse parti del mondo. La scoperta e la valorizzazione dell’ambito accademico nel settore del dialogo fra seguaci di fedi diverse, sebbene non debba diventare né prioritario né esclusivo, ha, tuttavia, acquisito sempre più un ruolo centrale per una vera conoscenza della spiritualità, della ritualità e dell’etica dell’altro. Il titolo dell’evento – Leggere, interpretare e vivere le Scritture per realizzare la pace e la fratellanza universale – offre spunti vitali, che, tuttavia, verranno approfonditi anche intellettualmente. Fra i cristiani, oltre a rappresentanti del Movimento dei focolari dell’India, saranno presenti membri della Scuola Abbà – il centro studi – e del Centro del Dialogo interreligioso dei Focolari. Da parte indù, i partecipanti saranno gandhiani, impegnati su una linea sociale e pratica, come pure professori universitari affiliati a diverse prestigiose università. (altro…)
Tutto prende vita dopo il Natale del 1980, quando Chiara Lubich attraversando il centro di una grande città, rimane sconcertata dalle vetrine illuminate, piene di gnomi, babbi natale,fatine. Ma dov’è Gesù?il vero festeggiato del Natale è totalmente assente, eclissato da mille luci colorate, slitte e regali costosissimi, che riempiono le vetrine elegantemente adornate. Così nasce lo scritto “Hanno sloggiato Gesù”: «Nel mio cuore l’incredulità e poi quasi la ribellione : questo mondo ricco si è accalappiato il Natale e tutto il suo contorno, e ha sloggiato Gesù!» I e le gen4 – i bambini nel Movimento dei focolari – rispondono all’invito di Chiara Lubich di riportare Gesù nel mondo. Ogni anno, in centinaia di città in tutto il mondo, insieme ai loro amici preparano delle statuine in gesso di Gesù bambino che offrono ovunque. Nelle piazze, nelle scuole, nei mercati, per trovargli una casa, e riscaldare il cuore di tanti, nel giorno in cui Lui viene in mezzo a noi. Tante le esperienze… A Cordoba in Argentina il papà di una Gen 4, che appartiene al Rinnovamento dello Spirito è rimasto toccato dallo scritto di Chiara su “Hanno sloggiato Gesù” dicendo: “Questa donna ha avuto una grande ispirazione e noi non dobbiamo lasciare sfuggire l’occasione di dare Gesù, di questo ha bisogno la società d’oggi”. Subito ha incominciato a lavorare nella sua Parrocchia, per coinvolgere nell’azione “Navidad Solidaria”(Natale solidale) altre persone. Così, diversi gruppi del Rinnovamento dello Spirito hanno preparato 150 bambini Gesù, il gruppo Scout 300, la Scuola Cattolica 300 e le Gen 4 e i Gen 4 aiutati da tante altre persone, ne hanno preparato 450. In totale si sono offerti 1200 bambini Gesù. A Scafati, vicino Napoli, le Gen4 hanno scritto una lettera al Sindaco per chiedere di poterli offrire davanti al Comune. Il Sindaco le ha ricevute, si è fatto raccontare, e ben volentieri ha dato il permesso, il primo bambinello lo ha comprato lui.
«Amare, dunque, amare, amare, amare. Perché la vita, ogni vita, ogni stadio della vita, chiede amore. Alla cultura della morte dobbiamo opporre una cultura della vita». Così dichiarava Chiara Lubich in quel palazzetto dello sport a Firenze, dove il 17 maggio 1986, insieme a Madre Teresa di Calcutta, era stata chiamata a dare una testimonianza alla giornata “Ogni vita chiede amore”. Ancora oggi si ricorda “il diritto alla vita”, come primo e fondamentale fra tutti i diritti umani, anche attraverso il premio europeo del Movimento per la vita, intitolato a Madre Teresa, ed assegnato quest’anno in memoria di Chiara Lubich per il contributo dato dai Focolari in tutto il mondo alla causa per la vita. Giunto alla terza edizione, il premio è stato istituito nel 60 ° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, firmata il 10 dicembre del 1948. Assegnato per la prima volta a Strasburgo alla memoria del grande genetista il prof. Jerome Lejeune – è un riconoscimento a chi ha reso una testimonianza particolarmente generosa ed efficace alla dignità umana, all’amore e alla vita, e che perciò ha contribuito in maniera esemplare a costruire una vera cultura dei diritti umani. A riceverlo, la presidente dei Focolari Maria Voce, il 10 dicembre in Campidoglio a Roma, alla presenza del Card. Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, del Sindaco di Roma, del Presidente della Commissione Affari Costituzionali del Parlamento Europeo, del Ministro Ungherese per gli Affari sociali e la famiglia, di altre personalità civili, religiose e accademiche, e dei rappresentanti dei movimenti per la vita di 13 Paesi europei. Nel corso del programma sono state presentate anche alcune testimonianze di “genio femminile”, e letti alcuni brani di Chiara Lubich. «Quando Dio è venuto in terra ha portato l’amore – rifletteva ancora Chiara nell’86 – Egli, creatore della vita e suscitatore d’una nuova Vita più importante ancora, sapeva cosa occorreva per mantenerla: occorreva l’amore. E alla fine della vita egli stesso ci giudicherà unicamente sull’amore. È dunque importante l’amore. Usciamo allora da questo stadio col proposito di far della nostra vita un solo atto continuato d’amore verso ogni prossimo e di comunicare questa ansia a più gente possibile. Porteremo così il nostro contributo a quella civiltà di cui ogni tanto si parla: la civiltà dell’amore».
La giornata è stata aperta con un tema per riflettere sulle “Urgenze comuni nell’agenda pubblica argentina”, svolto dalla deputata Margarita Stolbizer (Partido Gen), dal deputato della cittá di Buenos Aires Federico Pinedo (Partito PRO) e dalla senatrice de La Rioja Hilda Aguirre de Soria (Partito Frente para la Victoria). Horacio Pirotta (co-presidente del MppU), Nélida Romero (MppU-La Rioja) e Ezequiel Ezimbague (Giovani del MppU-Tucuman) sono stati i presentatori del percorso svolto in questi dieci anni: gruppi di dialogo politico, scuole di formazione politica per giovani in 30 cittá dell’Argentina con 600 diplomati e molteplici eventi. Con loro si è presentato anche Osvaldo Barreneche, coordinatore nazionale della RUEF (Rete Universitaria per lo Studio della Fraternitá); questa rete, che comprende diverse discipline, è molto legata, fin dalla sua nascita, agli studiosi di politica vincolati al MppU.
Il Movimento Politico per l’Unità appoggia i compiti dei cittadini organizzati nella società civile come attori privilegiati nella costruzione dell’attività politica: molti di loro erano rappresentati in questa celebrazione. Alcuni giovani, formati nelle scuole del MppU (uno dei frutti piú importanti di questi primi dieci anni di attività), hanno presentato i motivi della loro vocazione politica diretta alla fraternità. E’ stata una conferma dei risultati delle scelte fatte fin dall’inizio: “Rinnovare la politica, partendo dai giovani”. Lo sviluppo locale è stato il tema presentato dai consiglieri del Municipio di Nazareno Ruben Tolaba y Nora Sandra Dominguez (Partito Frente Grande), Sandra Castellano (Partito Socialista, consigliera comunale di Montes de OCA, Provincia de Santa Fe) y da Miguel Rivas (Partito Vecinal de Villa Gral. Belgrano, Provincia de Córdoba). Nello spazio conclusivo (Fraternità e costruzione politica) è stata presentata l’esperienza di Rosa Di Pasquale (deputata italiana, del MppU dell’Italia), di Amelia Lopéz (PJ Córdoba, ex deputata nazionale e ex ministra dell’educazione della sua provincia), e di Alejandro Olmos (Proyecto Sur), uno degli ultimi membri che si sono sommati alla rete. Nella conclusione, Cecilia di Lascio (Presidente del Mppu dell’Argentina), ha presentato una riflessione sulle linee culturali che sostengono la rete del Movimento Politico per l’Unità e le sue prospettive. Un bilancio con molti risultati positivi che apre a nuove sfide: crescere perché la fraternità sia la chiave di lettura e di lavoro si settori sempre piú ampi della politica argentina.“La notizia mi dà gioia e mi onora per la fiducia dimostrata dal Papa e dal Pontificio Consiglio. Questa nomina mi impegna a far sì che la vita mia e di tutti quelli che sono legati a me nel Movimento dei focolari sia evangelizzata e per questo evangelizzante. Sono cosciente che tanti non avranno mai l’occasione di leggere il Vangelo se non attraverso la nostra vita.” Così dichiara Maria Voce all’annuncio della sua nomina, arrivata proprio il 7 dicembre, giorno in cui i Focolari ricordano la nascita del Movimento avvenuta 68 anni fa a Trento, con la consacrazione a Dio di Chiara Lubich. Sono 15 i nuovi consultori del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione, dicastero pontificio di recente istituzione, che si aggiungono ai 10 della prima nomina avvenuta il 19 maggio scorso. Lo scorso ottobre lo abbiamo visto promotore del primo incontro internazionale “Nuovi evangelizzatori per la nuova evangelizzazione”. Scopo del consiglio è di “promuovere una rinnovata evangelizzazione nei Paesi dove è già risuonato il primo annuncio della fede e sono presenti Chiese di antica fondazione, ma che stanno vivendo una progressiva secolarizzazione della società e una sorta di «eclissi del senso di Dio», che costituiscono una sfida a trovare mezzi adeguati per riproporre la perenne verità del Vangelo di Cristo”. (altro…)
Dio è Amore. Dio mi ama immensamente. La riscoperta, folgorante, che Chiara Lubich fa nel 1943, durante la Seconda Guerra mondiale, è all’origine di una avventura straordinaria. Ne scaturisce una spiritualità che oggi, in tutto il mondo, porta migliaia di persone ad impostare la propria vita sull’Amore e la Verità. Su questo tema la Curatrice propone una antologia di scritti di Chiara Lubich, dei quali vari inediti. Lettere, discorsi spontanei o ufficiali, pagine di diari offrono al lettore l’opportunità di penetrare quest’avventura umana e spirituale. LA CURATRICE – Florence Gillet (Parigi, 1943) dopo il dottorato in teologia ha insegnato la teologia spirituale e la storia della Chiesa presso la scuola di formazione dei focolarini di Loppiano (Firenze, Italia). Dal 1998 ha lavorato nella Segreteria personale di Chiara Lubich come interprete e come traduttrice dei suoi scritti e dei suoi discorsi. Ora lavora al Centro Chiara Lubich. Per Città Nuova ha pubblicato: La scelta di Gesù abbandonato nella prospettiva teologica di Chiara Lubich (2009), Ho trovato l’amore, un itinerario di preghiera con Chiara Lubich (2010). Ha curato il volume di questa collana La Parola (2011). LA COLLANA – La collana MEDITAZIONI dell’Editrice Città Nuova risponde al mai sopito interesse per la vita spirituale mettendo a disposizione di un vasto pubblico sussidi per la riflessione interiore ispirati a un’autentica esperienza spirituale, che alla solidità della dottrina uniscono l’aggancio ai problemi di ogni giorno. Per questa collana sono stati pubblicati anche:
Fonte: Città Nuova Online
Prof. Callan, cosa è Claritas? «Claritas è una rivista online in lingua inglese che cerca di elaborare una cultura dell’unità in modo accademico e approfondito. Gli articoli sono rivisti dai pari (peer review) per assicurare la qualità, ma soprattutto, come avviene per Nuova Umanità in lingua italiana, vogliono esplorare tutta la realtà alla luce di quell’unità capace di generare un mondo nuovo. Non è soltanto al servizio di un’area culturale specifica del mondo, ma offre la possibilità, a tutti coloro che usano la lingua inglese, di esprimersi in quella lingua. Per favorire la partecipazione di tutti, e in particolare di coloro che hanno meno possibilità economiche, è gratuita, anche se, per coprire le spese, chiediamo – a chi può farlo – di abbonarsi come farebbe con ogni altra rivista di studio.» Possiamo spiegare il funzionamento e l’utilità della modalità del peer-review? «In pratica, una volta che un articolo è accettato dal direttore come possibile per essere pubblicato, è mandato, per avere un parere, ad altre persone competenti nell’argomento di cui si tratta. Queste persone, abitualmente, sono membri della redazione. Questa valutazione può anche risultare un vero servizio all’autore, in quanto un articolo può essere valutato in maniera positiva, ma avere necessità di qualche modifica per renderlo pubblicabile, gli appositi miglioramenti gli saranno quindi suggeriti. La redazione è composta principalmente da persone provenienti da istituzioni accademiche di tutto il mondo.» Claritas è una rivista transdisciplinare, come mai questo approccio? «Perché è un aspetto dell’unità che rispetta, anzi sottolinea, le diversità delle discipline, ma riconosce che ognuna può arricchire l’altra. Ogni disciplina ha la sua giusta autonomia, ma nessuna è a sé stante. Claritas si rivolge a tutti quelli che vogliono partecipare al dibattito che si svolge intorno al progetto dell’unità e il suo obiettivo è di contribuire, in modo intellettualmente valido, a promuovere e diffondere la cultura che nasce dal carisma dell’unità.» Quale è il suo legame con il Movimento dei focolari? «La cultura dell’unità che Claritas cerca di esprimere nasce dal carisma custodito dal Movimento dei focolari. Claritas dunque è un’espressione culturale del Movimento, ma non si deve necessariamente far parte di esso per scrivere sulle sue pagine o per trovarne qualcosa di utile o magari di illuminante.»
Da dove nasce l’idea di questa rivista? «La sua linea editoriale è basata su quella che si trova anche in Nuova Umanità, ma Claritas si rivolgerà all’area di lingua inglese. In concreto in precedenza c’erano due conversazioni parallele, una all’interno di Nuova Umanità, che riconosceva l’importanza di pubblicare online articoli anche in lingua inglese e l’altra negli USA, dove si sentiva la necessità di un’espressione linguistica adatta alla comunità scientifica di molti nel mondo e che, fortunatamente, aveva già trovato dei mezzi concreti per realizzarla. Certamente la sua natura rigorosa la distinguerà, anche se vuol essere il più possibile aperta a tutti.» Il 12 marzo 2012 uscirà il primo numero, possiamo avere qualche anticipazione? «Pubblicheremo un testo di Chiara Lubich del 1961 dove lei racconta la sua esperienza di “Paradiso”. È un testo forte e pieno di conseguenze o implicazioni culturali. Ci sarà almeno un articolo per contestualizzarlo e uno che esaminerà il pensiero antropologico implicito nell’esperienza di Chiara. Inoltre, ci saranno due articoli sulla politica: uno che tratterà sui limiti del potere politico e l’altro che guarderà ai rapporti internazionali. Ci saranno poi articoli che prenderanno in considerazione il dialogo interreligioso, in particolare con gli ebrei e con i buddhisti. Infine, mostrando qualcosa dell’ampiezza di ciò che interessa la rivista, ci saranno recensioni di libri di vario tipo – compresi quelli che vanno oltre l’ambito culturale di lingua inglese, come un testo che affronta la “fratellanza” dal punto vista Sud Americano.» Alla rivista Claritas i nostri migliori auguri! (altro…)
«Provengo da un piccolo paese di campagna, e mi sono trasferito da poco a Roma. L’arrivo in una città così grande mi ha fatto incontrare realtà molto diverse da quelle alle quali ero abituato. È stato difficile, per me, vedere un giovane chiedere qualche soldo o persone immerse nei cassonetti che cercavano qualche cosa da mangiare. Non che siano delle novità. Scene viste e riviste molte volte in giro per la strada, in TV. Ma quando ci si trova faccia a faccia con queste situazioni, qualcosa cambia, e si ha la possibilità di trovare la propria misura nel vivere secondo il Vangelo. Ritornando una sera di queste a casa, mi sono fermato a parlare con un ragazzo. Aveva 23 anni, più o meno la mia età. Mi ha raccontato dei suoi bambini, uno dei quali a breve avrebbe subito un’operazione e che i loro risparmi non erano sufficienti. Mi ha raccontato dell’affitto di 150 euro al mese da pagare per non dover dormire, con la moglie, sui sedili posteriori di una macchina. E ancora delle difficoltà nel trovare lavoro. Forse la solita storia, forse le solite scuse per racimolare qualche soldo, ho pensato. Ma c’era qualcosa che mi spingeva ad andare avanti. Gli ho detto, allora, che lo avrei aiutato a trovare un lavoro e che le sere seguenti lo avrei invitato a cena e che l’avrei ospitato a casa mia se il locatore lo avesse cacciato di casa. Non sapevo bene quello che dicevo, ma le parole mi uscivano dal cuore. Mi chiedevo: cosa posso fare io così piccolo, da poco entrato nella realtà romana? Tornato a casa, ho pregato chiedendo aiuto al Padre. Due giorni dopo mi è arrivata un email che parlava di un incontro per giovani stranieri in cerca di lavoro. Ecco la risposta, ecco un segnale chiaro! Ho subito mandato un messaggio al ragazzo, col quale ci eravamo scambiati i numeri di telefono, informandolo della notizia. Più volte mi è capitato di tornare tardi a casa per vicende simili, e sentirmi chiedere dai coinquilini: ‘ma perchè ti fermi a parlare con quelle persone? Ma cosa ti importa, tanto non serve a nulla…’ A loro, forse, ho dato una risposta superficiale, ma quello che ho capito è stata una vera rivoluzione. Ho cambiato il mio modo di agire perché ‘ogni cosa è per Gesù’. Se ci si lascia lavorare da Gesù, se Lo si sceglie come base della vita, soprattutto quel Gesù che sulla croce ha sofferto per tutti noi, allora è Lui stesso che ti fa essere un altro Lui negli angoli bui e nei dolori della società». (E.P. – Italia) (altro…)
Insieme giovani e adulti, insieme italiani e brasiliani, tedeschi o coreani, africani e cileni. Insieme musulmani e cristiani. La sfida da raccogliere è ancora oggi quella di abbattere gli steccati e dimostrare che nelle nostre evidenti differenze possiamo offrire un messaggio di speranza. “Siamo insieme, questa è la realtà più grande della nostra vita. L’unità è questa: fra generazioni, fra popoli. Senza mai perdere di vista l’orizzonte: il mondo unito”. È Maria Voce, la presidente dei Focolari, a ricordarlo agli oltre 400 giovani provenienti da 14 paesi di 4 continenti, convenuti all’appuntamento annuale nel quale si elaborano le piste di lavoro per la parte giovanile del Movimento. Cantiere Genfest, Parola di Vita, la proposta culturale di Sophia, le sfide delle Chiese, sono alcuni dei punti affrontati. La rappresentanza internazionale è dovuta particolarmente alle Scuole Gen della cittadella di Loppiano (Italia) e Montet (Svizzera), ma c’è anche chi ha attraversato l’oceano o coperto lunghe distanze proprio per quest’occasione: dal Cile, dal Venezuela, dall’Algeria. È presente anche Bilal, un giovane musulmano proprio da Orano, dimostrazione vivente di una fraternità costruita insieme: “Questo è un congresso molto importante per me, perché ho l’occasione di stare con tanti cristiani. È un passo verso il mondo unito”.
La mattinata del 2 Dicembre è stata molto frizzante, con un dialogo di un’ora e mezza fra questa rappresentanza internazionale di giovani e la presidente Maria Voce, che loro preferiscono chiamare direttamente “Emmaus”. E si capiscono benissimo. “È stato un momento molto speciale, dove Emmaus ci ha fatto vedere un’altra volta l’importanza della relazione tra le generazioni e come i rapporti tra esse generino davvero molti frutti”, racconta Livia Beatriz, del Brasile. “Nella cultura vietnamita, quando una persona più anziana dice qualcosa, i più giovani devono seguirla. Sono contenta che quello che ci ha detto oggi lo condivido a pieno: il fare le cose insieme, che non c’è una gerarchia, che non abbiamo bisogno di parlare tanto, ma di testimoniare l’amore di Dio”, afferma invece Mara del Vietnam. Mitti viene da Torino e studia ingegneria biomedica. In questi giorni ha capito che per realizzare un progetto per l’Italia bisogna ripartire dalle relazioni umane, molto calati nel territorio in cui si vive. Paolo è un ingegnere meccanico di Seoul, felicissimo di conoscere tante persone nuove e fare esperienze concrete. Jacopo invece ha 20 anni, di Terni, un futuro architetto: “Emmaus è stata fantastica, perché è sempre molto semplice ed essenziale, perché chiarisce sempre e dice le cose così come sono”. Ma quali corde ha toccato, e perché con questi giovani sono così in sintonia? “Dobbiamo avere con gli altri lo stesso atteggiamento che ha Dio nei nostri confronti – ha detto –. Dio potrebbe convincerci tutti, potrebbe metterci le cuffie nelle orecchie per dirci in ogni momento cosa fare, ma diventeremmo dei robot telecomandati, invece ci lascia liberi di amare, come Lui è libero. È così che cresciamo e ci realizziamo. Dio ci fa questo dono”. Un dono di libertà. [nggallery id=77] (altro…)
I primi ad essere entusiasti sono i cappellani di San Vittore, don Pietro Raimondi e don Alberto Barin, che hanno visto un gruppo di giovani farsi carico dell’iniziativa che loro – i due sacerdoti – avevano iniziato qualche anno fa. La storia parte da quando un gruppo di giovani del Movimento dei focolari ha iniziato ad animare le messe della domenica: un’esperienza toccante che ha lasciato il segno in Valeria, Chiara, Stefano, Marco e nei loro amici. A distanza di qualche mese, pensando al Natale, hanno voluto lanciare quest’altra idea: raccogliere panettoni da regalare ai carcerati di San Vittore, che festeggeranno dietro le sbarre. “Buono dentro e buono fuori” è il titolo che hanno dato a questo gesto di condivisione per «partecipare al pranzo di Natale con i detenuti in un modo un po’ speciale: facendo arrivare in ogni cella un panettone». Valeria spiega con l’aver voluto coinvolgere più persone possibili e sensibilizzarle sulla realtà del carcere la scelta di aver chiesto un contributo ai singoli, piuttosto che a qualche azienda dolciaria. «Abbiamo accolto l’invito dei cappellani con entusiasmo e, forse, con una nota di sano idealismo. Ci siamo resi conto del rischio di dover aprire l’argomento del carcere in ambienti a volte ostili, o forse coscientemente sordi. Tuttavia abbiamo capito che il bene è il bene e non deve essere fatto solo quando si ha il consenso della maggioranza, che non ha bisogno di bagni di folla ma chiede di essere costruito passo a passo. Aprire l’iniziativa a tutti quanti, anziché cercare uno sponsor, è un appello a scegliere il bene, a mettersi in gioco in prima persona, a uscire di casa e comprare un regalo per un uomo o una donna che magari ha ucciso, o si è macchiata di altri reati gravi, oppure per un innocente non ascoltato, non creduto e umiliato. Chiedere a tante persone diverse di portare il proprio panettone significa allargare il raggio d’azione del bene, perché questo non agisce secondo una logica lineare, ma la sua crescita è esponenziale: e solo facendolo circolare e creando delle reti possiamo essere parte di una vera rivoluzione». 29-11-2011 di Silvano Gianti Fonte: Citta’ Nuova
Ancora negli anni quaranta, agli albori del Movimento, un giorno il vescovo mandò a chiamare le ragazze di Trento. Chiara Lubich era in pensiero, non conoscendone il motivo. Le giovani si erano perciò presentate nel vescovado, in piazza Fiera, dopo lunghe preghiere. Avevano esposto quello che stavano realizzando nella città. Nei fatti una vera rivoluzione che cresceva nelle loro mani, quasi senza che se ne rendessero conto. Erano tuttavia pronte, per loro esplicita ammissione, anche a distruggere tutto quanto si era costruito in quei mesi favolosi, se egli l’avesse solo desiderato. «Nel vescovo – pensavano – è Dio che parla». E Dio solo importava loro, null’altro. Mons. Carlo De Ferrari, dell’Ordine degli Stimmatini, aveva in quell’occasione ascoltato Chiara e le sue prime compagne, e aveva pronunciato una frase che rimarrà negli annali: «Qui c’è il dito di Dio». La sua approvazione e la sua benedizione accompagneranno il Movimento fino alla sua morte. Come accadde, ad esempio, quando, moltiplicandosi il numero delle ragazze e dei ragazzi che volevano far parte del focolare, lasciando casa e beni, il vescovo vide bene che ciò poteva avvenire solo con l’accordo dei genitori. E ciò consentì di mettere a tacere tante dicerie. La Chiesa, per Chiara e le sue prime compagne, era una realtà sulla cui esistenza e importanza si aveva solo certezza. Nel tempo, la Spiritualità dell’unità portò a concepire la Chiesa essenzialmente e fondamentalmente come comunione. Scriverà Chiara nel 2000: «Una parola del Vangelo ci colpisce in modo particolare. È sempre di Gesù: “Chi ascolta voi (gli apostoli), ascolta me” (Lc 10,16) (…). Il carisma ci introduceva in modo tutto nuovo nel mistero stesso della Chiesa, vivendo noi stessi da piccola Chiesa. Anticipando di molti anni la definizione conciliare di Chiesa-comunione, la spiritualità dell’unità ci faceva sperimentare e capire cosa significa essere Chiesa e viverla con maggior coscienza. E capivamo che era logico che fosse così, per la stessa presenza di Cristo fra noi. A forza di stare col fuoco diventiamo fuoco, e a forza di avere Gesù in mezzo a noi diventiamo altri Cristo. San Bonaventura ha detto: “Dove due o tre sono uniti nel nome di Cristo, lì è la Chiesa”; e Tertulliano: “Dove tre [sono riuniti], anche se laici, lì è la Chiesa”. Per Cristo in mezzo a noi, che ci fa Chiesa, ecco nascere in tutti noi una vera passione per essa. E dall’amore nasceva una nuova comprensione di essa dove tutto per noi prendeva vita: comprendevamo i sacramenti come nuovi. Si illuminavano i dogmi. Questo nostro essere Chiesa, in forza della comunione d’amore che ci unisce fra noi e dell’innesto nella sua realtà istituzionale, ci faceva sentire a nostro agio e ci faceva sperimentare anche nei momenti più difficili la sua maternità». (altro…)
«Il Movimento politico per l’unità in Argentina (Mppu), opera da anni per diffondere la dimensione della fraternità in seno alla vita dei partiti politici, come negli altri paesi dove è presente. Juan José Pfeifauf (Partito “Frente para la Victoria”) e Pilar Goldmann (Partito “GEN/Generación para un Encuentro Nacional”), sono due giovani giunti in visita a Rio Grande (Tierra del Fuego, Argentina), la capitale più a sud del mondo. Militanti in due diversi partiti politici, hanno voluto ricordare che ispirarsi alla fraternità significa “mettere concretamente in atto quest’idea tra le diverse parti politiche, facendo esercizio di empatia verso l’altro, con umiltà, sapendo che nessuno possiede la verità assoluta riguardo ad alcun progetto, e iniziando col riconoscere nell’altro un interlocutore valido e necessario”. La loro visita rientra nel percorso di accompagnamento della locale Scuola di formazione politica, che tiene le sue lezioni puntualmente ogni sabato. Loro per primi hanno frequentato le Scuole del Mppu a La Plata (Buenos Aires). Ora Pilar è tutor di un’altra scuola a San Miguel del Monte, in provincia di Buenos Aires, dove è stata incoraggiata a candidarsi come consigliera comunale in occasione delle ultime elezioni politiche. Sulla partecipazione dei giovani alla vita politica attiva, l’impressione di Pilar è che “dagli anni Novanta ad oggi si è verificata in Argentina una crescita dell’impegno in politica, anche se non possiamo ancora dire che il 100 % dei giovani si interessi ad essa”. Ma i giovani non devono essere considerati solo come soggetti a cui rivolgere alcuni progetti occasionali: “i giovani devono diventare i principali attori nell’ambito pubblico. Il rinnovamento della politica passa di qua”. Il Mppu/Argentina, che s’ispira ai principi di fraternità insita nella proposta della spiritualità di Chiara Lubich, ha compiuto 10 anni nel 2011. Si è costituito in occasione della grave crisi economica che ha attanagliato la regione in quell’anno indimenticabile portando un aumento della povertà nella società. Un momento in cui si è realizzato un vero e proprio divorzio tra la gente e la classe politica, un divorzio che solo di recente sembra si stia ricomponendo. Pilar racconta che, sulle premesse di quella crisi, alcune persone animate dalla spiritualità dell’unità, presero l’impegno di far nascere le Scuole di formazione sociale e politica, “per cercare di dare una risposta, di imprimere una inversione di rotta, constatando la necessità di ricostruire le basi del rapporto tra società e istituzioni; non solo, anche per diffondere semi di dialogo e tracciare un cammino in comune”. Oggi si può ben dire che molta strada è stata fatta e centinaia di giovani argentini sono passati da queste scuole. Un “capitale” ormai maturo per contribuire allo sviluppo del paese sudamericano: l’impegno da loro sentito di portare la fraternità in politica, intesa come servizio. A cura di Daniela Ropelato (da brani dell’articolo pubblicato dal Diario El Sureño, 16 novembre 2011 – nostra traduzione) (altro…)
Orano, la seconda città dell’Algeria, si affaccia sul Mediterraneo. È uno dei maggiori centri commerciali e culturali dell’Africa del Nord. Un gruppo di persone, per lo più musulmane, impegnate a vivere secondo i valori della fraternità proposti dai Focolari, porta avanti un’esperienza con persone non vedenti. Scheherazad ne fa parte dal 1990: “Nel 1997, attraverso una mia sorella più giovane che lavora in una clinica oculistica – racconta –, conosco una suora cattolica che cercava una persona che insegnasse il francese ad un gruppo di non vedenti della città; non mi sento preparata, sono una casalinga e mi sembra che questo impegno superi le mie capacità; eppure, d’accordo con mio marito, decido di accettare, cosciente che in quella proposta si può nascondere un preciso piano di Dio”. E’ l’inizio di una meravigliosa avventura che, nel tempo, coinvolge la città. Al di là dell’insegnamento, per Sheherazad è la scoperta di un nuovo mondo che conquista il suo cuore e quello di Fouzia, un’amica che condivide l’ideale della fraternità e che in breve tempo si aggiunge come insegnante. Il mondo dei non vedenti si rivela speciale, soprattutto perché la maggioranza di essi è poverissima e socialmente emarginata. “Con il passare del tempo ci rendiamo conto che il nostro atteggiamento di apertura verso l’altro dà all’insegnamento un carattere particolare: diventa un’occasione per sostenere queste persone. C’è chi ha bisogno di trovare un’occupazione, chi di un semplice sostegno o di una parola di conforto”. Nel frattempo, per comprendere meglio le necessità degli alunni, Fouzia e Scheherazad imparano il la scrittura braille. La cosa non passa inosservata: “Un nostro amico, vedendoci dare il nostro tempo senza aspettarci niente in cambio, decide di aiutarci e di unirsi a questa impresa”. Cercano di aiutare i giovani nell’inserimento lavorativo. Una ragazza, ad esempio, cerca un lavoro come centralinista. Si trova un’azienda: “Notiamo la disponibilità del direttore ad aiutarci a trovare una soluzione: è colpito dal nostro impegno e decide di assumere la ragazza a tempo indeterminato”. Tutta la comunità di Orano è partecipe dei progetti e degli obiettivi raggiunti. Si organizzano giornate aperte per far conoscere la vita e le ricchezze di questo mondo.“Il tema di queste manifestazioni è sempre centrato su “l’altro” e alla fine non c’è più il vedente e il non vedente, il musulmano o il cristiano: siamo tutti fratelli e sorelle a condividere la stessa situazione”. La stampa nazionale si interessa a questi appuntamenti, riconoscendo il diritto dei non vedenti a vivere come tutti gli altri. E’ un’opera di sensibilizzazione che porta molte persone a unirsi agli sforzi di Sheherazad e di Fouzia. Superando le difficoltà amministrative e legali si costituisce un’associazione per l’integrazione professionale dei non vedenti che è molto attiva e lavora per la costruzione di una scuola. Anche le istituzioni della città vengono coinvolte e il progetto di formazione viene riconosciuto dal dipartimento per la formazione professionale di Orano. “Manca ancora tanto da fare – conclude Sheherazad – ma fare le cose per gli altri, nonostante tutti i nostri limiti, è bellissimo, entusiasmante! Dà a tutti quella forza per andare avanti che spalanca le porte a nuove sorprese”. A cura della Comunità di Orano – Algeria (altro…)
La situazione dell’inondazione più grande che la Thailandia abbia subito negli ultimi 50 anni, sta migliorando lentamente. Qualche cifra, secondo le stime attuali:
Tutto è cominciato – ci scrivono Elena e Chun – nel mese di luglio: la pioggia, in ritardo di un mese sul calendario, ha recuperato il tempo perduto, superando la quantità dello scorso anno per arrivare a circa il doppio del 2010. A settembre la situazione è apparsa grave e, a ottobre, gravissima. Bangkok, chiamata ‘la Venezia d’Oriente’, ha circa 2000 km di canali che ne fanno una della città al mondo meglio attrezzate per il deflusso dell’acqua piovana, ma certamente non con questi volumi. Gli esperti si sono trovati di fronte ad una situazione imprevedibile. Tanti hanno abbandonato Bangkok. Una scena da film, anche se le persone non si sono fatte prendere dal panico. Noi, insieme ad altri, abbiamo deciso di restare, di stare a fianco della gente e di fare la nostra parte. La gente ha iniziato ad aiutarsi, non conoscendosi, magari prima si erano ignorati. Chi ha salvato la nazione in un disastro di queste proporzioni? La gente che ha amato e donato oltre le proprie forze; la gente con la casa inondata che si è sacrificata (al nord del vecchio aeroporto) affinché si salvasse almeno qualche quartiere di Bangkok; la gente che ha saputo avere un cuore per gli altri…e sono stati tanti. Anche i più ricchi, giornalisti, attori, sono andati in giro con le barche, per distribuire in prima persona generi alimentari. La vita nella città è stata salvata dalla gente comune che ha dato la speranza che ‘insieme ce la possiamo fare’. Certo anche dai militari, dai molti impiegati del governo che hanno lavorato oltre 15 ore il giorno per portare aiuto; perfino da anziane che sono andate a cucinare nei centri d’accoglienza. O da quei monaci buddhisti che hanno accolto migliaia di persone anziane, malate, bambini, mamme nei loro monasteri; o dal prete che si riempie la scuola privata di gente sfollata e poi riprende la barca per incontrare la gente sui tetti delle case. Questa è la Thailandia vera che insegna a vivere, a gioire e a soffrire con chi soffre. È il miracolo della vita e dell’amore che vince sulla morte. Anche noi dei Focolari ci siamo dati da fare. Parecchie delle nostre famiglie sono state colpite, alcune sono da settimane con l’acqua in casa. Fra di noi, c’è chi è andato a chiedere aiuto per gli alluvionati alle fermate degli autobus, o si è recato nei centri d’accoglienza per aiutare. Abbiamo aperto le nostre case ed accolto chi ha chiesto aiuto; chiamato le persone al telefono, ogni giorno, perché si sentano amate, dando coraggio e consolidando l’unità tra noi. In questo periodo tragico, abbiamo visto venir fuori la parte più bella del popolo thailandese: al di là delle differenze politiche che un anno e mezzo fa avevano così diviso il Paese, ha prevalso un grande amore per il prossimo che soffre. Una reporter della CNN ha definito questa corrente di solidarietà che ha investito tutta la società thai “uno straordinario fenomeno sociale”. Abbiamo anche noi vissuto il detto che gira in questi giorni: “I thai non si abbandonano”. L’amore ci ha fatto diventare tutti thai, anche se siamo nati in un’altra parte del mondo. Nessuno sa con certezza quando si tornerà alla normalità. Ma si va avanti, superando ogni giorno le tante difficoltà. Elena Oum e Chun Boc Tay _______________________________________________ Per chi vuole aiutare, è possibile inviare la somma raccolta tramite bonifico bancario, a queste coordinate: CONTO CORRENTE DELLA SEGRETERIA CENTRALE DEI GIOVANI PER UN MONDO UNITO (GMU) Specificare la causale della transazione. CONTO INTESTATO A: PIA ASSOCIAZIONE MASCHILE OPERA DI MARIA Via Frascati 306, Rocca di Papa, 00040 Roma, Italia INDIRIZZO BANCA: INTESA SAN PAOLO FILIALE DI GROTTAFERRATA VIA DELLE SORGENTI, 128 00046 GROTTAFERRATA (ROMA) ITALIA CODICE IBAN PER TRANSAZIONI NAZIONALI E INTERNAZIONALI IBAN IT04 M030 6939 1401 0000 0640 100 BIC BCITITMM (altro…)
[:ot]Download Kelma tal-Ħajja
“Hejju t-triq tal-Mulej, iddrittaw il-mogħdijiet tiegħu” (Lq 3, 4)* Din hi “kelma” oħra li aħna mistednin ngħixuha f’dan iż-żmien tal-Avvent. San Luqa l-Evanġelista jeħodha minn Isaija, il-profeta tal-faraġ. Għall-insara tal-ewwel żminijiet, din il-kelma kienet titkellem fuq San Ġwann il-Battista, li għex qabel Ġesù. F’dan iż-żmien ta’ qabel il-Milied, il-Knisja tippreżentalna ’l dan il-qaddis prekursur ta’ Ġesù, tistedinna nifirħu, għax San Ġwann huwa bħal messaġġier li jħabbar il-wasla tar-Re. Infatti, minn hawn u ftit ieħor se jiġi fostna. Alla wasal biex iwettaq il-wegħdiet tiegħu li jaħfer id-dnubiet u jagħti s-salvazzjoni. “Hejju t-triq tal-Mulej, iddrittaw il-mogħdijiet tiegħu”. Imma, jekk dan hu kliem ta’ ferħ, huwa wkoll stedina biex indawru t-tmun ta’ ħajjitna, biex nibdlu mill-qiegħ ħajjitna. San Ġwann qed jistedinna nhejju t-triq tal-Mulej. Imma din xi triq hi? Qabel ma ħareġ għall-ħajja pubblika tiegħu biex jibda jippriedka, Ġesù, li San Ġwann kien ħabbar il-miġja tiegħu, għadda xi żmien fid-deżert. Din kienet triqtu. Fid-deżert, li fih sab intimità profonda ma’ Missieru, iltaqa’ wkoll mat-tentazzjonijiet. B’hekk sar jixbah lilna l-bnedmin. U minn dawn it-tentazzjonijiet, hu ħareġ rebbieħ. Din hija l-istess triq li wara nsibuha fil-mewt u l-qawmien tiegħu. Wara li mexa t-triq kollha tiegħu, hu nnifsu sar ‘triq’ għalina li għadna fil-mixja tagħna. Hu stess huwa t-triq li minnha rridu ngħaddu biex is-sejħa tagħna bħala bnedmin titwettaq sal-aħħar. Din is-sejħa hi li nidħlu f’komunjoni, f’rabta sħiħa m’Alla. Kull wieħed u waħda minna hu msejjaħ biex ihejji t-triq għal Ġesù, li jrid jidħol f’ħajjitna. Għalhekk jeħtieġ li niddrittaw il-mogħdijiet ta’ ħajjitna, biex Hu jkun jista’ jiġi ġewwa fina. Jeħtieġ li nhejjulu t-triq billi nneħħu dak kollu li jfixkilna: dak it-tfixkil li jiġi mill-mod limitat kif aħna nħarsu lejn il-ħajja, u mir-rieda fjakka tagħna. Jeħtieġ li jkollna l-ħila nagħżlu bejn it-triq tagħna u dik tiegħu, bejn ir-rieda tagħna u dik tiegħu, bejn programm li għamilna aħna u dak maħsub mill-imħabba tiegħu li tista’ kollox. U meta nkunu ħadna din id-deċiżjoni, irridu naħdmu biex ir-rieda miskina tagħna, li trid tagħmel ta’ rasha, tkun taqbel ma’ tiegħu. Kif? L-insara li rnexxew jgħallmuna mod tajjeb, prattiku u intelliġenti: issa, dan il-ħin. F’kull ħin irridu nneħħu ġebla wara l-oħra biex mhux ir-rieda tagħna tgħix fina, imma tiegħu. B’hekk inkunu għexna l-Kelma: “Hejju t-triq tal-Mulej, iddrittaw il-mogħdijiet tiegħu”.
Chiara Lubich
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“Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!” Ma se questa è parola di gioia, è anche un invito ad un nuovo orientamento di tutta la nostra esistenza, ad un cambiamento radicale della vita. Il Battista invita a preparare la strada del Signore. Ma qual è questa strada? Gesù, annunziato dal Battista, prima d’uscire a vita pubblica per iniziare la sua predicazione, è passato per il deserto. Questa la sua strada. E nel deserto, se ha trovato la profonda intimità col Padre suo, ha incontrato anche le tentazioni, facendosi solidale così con tutti gli uomini. E ne è uscito vincitore. E’ la stessa strada che ritroviamo poi nella sua morte e resurrezione. Avendo Gesù percorso la sua strada sino in fondo, diventa egli stesso “via” per noi che siamo in cammino. E’ lui stesso la via per la quale dobbiamo incamminarci per poter realizzare sino in fondo la nostra vocazione umana, che è entrare nella piena comunione con Dio. Ognuno di noi è chiamato a preparare la via a Gesù, che vuole entrare nella nostra vita. Occorre, allora, raddrizzare i sentieri della nostra esistenza, perché egli possa venire in noi. Bisogna preparargli la strada, togliendo gli ostacoli ad uno ad uno: quelli posti dal nostro modo limitato di vedere, dalla nostra volontà debole. Occorre avere il coraggio di scegliere fra una nostra strada e la sua per noi, fra la nostra volontà e la sua volontà, fra un programma voluto da noi e quello pensato dal suo amore onnipotente. E una volta presa questa decisione, lavorare per adeguare la nostra volontà recalcitrante alla sua. Come? I cristiani realizzati insegnano un metodo buono, pratico, intelligente: ora, adesso. Nel momento, togliere sasso dopo sasso perché non più la nostra volontà viva in noi, ma la sua. Avremo così vissuto la Parola: “Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!” Chiara Lubich
IL VOLUME L’Economia di Comunione, progetto nato in Brasile nel 1991 su iniziativa di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei focolari, è espressione di un agire economico che coniuga le regole e i valori dell’impresa con i valori della comunione. Attualmente coinvolge più di 700 imprese in tutto il mondo ed è oggetto di interesse e studio da parte di insigni economisti, sociologi, filosofi. Il presente studio ne ripercorre l’origine e gli sviluppi; gli obiettivi delle aziende che aderiscono al progetto, quali le problematiche di governance delle stesse e quali direttrici si possono individuare per misurare, rendicontare e comunicare all’esterno e all’interno le loro risultanze aziendali. Nella parte finale si analizza la problematica delle aggregazioni aziendali, definite Poli che stanno contribuendo allo sviluppo dei luoghi in cui hanno sede, diventando veri propulsori di crescita, economica, umana e culturale. LA CURATRICE Maria-Gabriella Baldarelli, professore associato di Ragioneria generale e applicata e di Contabilità e bilancio nel turismo sostenibile presso la Facoltà di Economia a Rimini dell’Università di Bologna e afferisce al Dipartimento di Scienze Aziendali. E’ titolare del corso di Management e Economia di Comunione presso l’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI) e docente presso l’Istituto di Scienze Religiose di Rimini sul corso: “Laboratorio sulla responsabilità sociale”. CONTRIBUTI DI: Caterina Ferrone, dottore di ricerca presso l’Università degli studi di Napoli Federico II; Elisa Golin, consulente aziendale; Erika Izzo, imprenditrice; Renato Medei, dottore di ricerca presso l’Università degli studi di Macerata; Giampietro Parolin, professore a contratto presso l’Università degli studi Milano-Bicocca. LA COLLANA – La collana IDEE/ECONOMIA, diretta da Luigino Bruni, raccoglie studi di approfondimento sulla realtà economica, alla ricerca dei fondamenti antropologici come orientamento nel mondo attuale caratterizzato dalla globalizzazione. Fonte: Città Nuova Editrice
Segui il dibattito: http://www.rivistanuovaumanita.it «Nuova Umanità», espressione della cultura del Movimento dei Focolari. Fondata nel 1978 da Chiara Lubich, è pubblicata da Città Nuova Editrice, esce ogni due mesi ed accoglie studi e approfondimenti di tutte le discipline umanistiche. Dalla teologia alla filosofia, dall’economia alla politologia, all’arte, alla comunicazione, «Nuova Umanità» cerca, nel rispetto del rigore professionale richiesto dalla ricerca, di far emergere il nucleo sapienziale che costituisce il significato profondo di ogni disciplina. La rivista accoglie anche i frutti delle ricerche che provengono dalle diverse Scuole promosse dal Movimento, in particolare nei campi del dialogo intraecclesiale, ecumenico, tra le religioni e le culture; esprime inoltre le nuove prospettive di pensiero aperte dal carisma dell’unità in campo sociale, economico, politico, delle professioni. Aperta al confronto critico e costruttivo con le culture contemporanee, «Nuova Umanità» ospita gli interventi di studiosi e personalità rappresentanti i molteplici orientamenti e percorsi di ricerca intrapresi dal pensiero nella nostra epoca.
Forse niente spiega meglio gli inizi dei Focolari, quanto le parole dei discepoli di Gesù dopo l’incontro con Lui risorto ad Emmaus: «Non ardeva forse il nostro cuore, mentre egli conversava con noi lungo la via?» (Lc 24,32). Questa esperienza è essenziale per tutti coloro che si riferiscono alla spiritualità dell’unità. Perché nulla ha valore nel Movimento se non si cerca e si ricerca la presenza promessa da Gesù in mezzo ai suoi – «dove due o tre sono uniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18,20) –, una presenza che vivifica, che allarga gli orizzonti, che consola, che stimola alla carità e alla verità e che fa dire con infinita nostalgia, quando la si è sperimentata: «Resta con noi, Signore, perché si fa sera» (Lc 27,29). Scriveva Chiara Lubich: «Avendo messo in atto l’amore vicendevole, avvertimmo nella nostra vita una nuova sicurezza, una volontà più decisa, una pienezza di vita. Come mai? È stato subito evidente: per questo amore si realizzavano fra noi le parole di Gesù: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome (cioè nel mio amore) io sono in mezzo a loro” (Mt 18,20). «Gesù, silenziosamente, si era introdotto come fratello invisibile, nel nostro gruppo. Ed ora la fonte dell’amore e della luce era lì presente in mezzo a noi. Non lo si volle più perdere. E meglio si comprendeva che cosa poteva essere stata la sua presenza quando, per una nostra mancanza, essa veniva meno. «Come un naufrago si aggrappa a qualsiasi cosa per potersi salvare, così anche noi cercavamo un qualsiasi metodo, suggerito dal Vangelo, per poter ricomporre l’unità spezzata. E, come due legni incrociati alimentano un fuoco consumando sé stessi, così, se si voleva vivere con Gesù costantemente presente in mezzo a noi, era necessario vivere attimo per attimo tutte quelle virtù (pazienza, prudenza, mitezza, povertà, purezza…) che ci sono richieste perché l’unità soprannaturale coi fratelli non venga mai meno. Capivamo che Gesù in mezzo a noi non è uno stato acquisito una volta per sempre, perché Gesù è vita, è dinamismo (…). «Dove due o più: queste parole divine e misteriose, spesse volte, nella loro attuazione, ci sono apparse meravigliose. Dove due o più… e Gesù non specifica chi. Egli lascia l’anonimato. Dove due o più… chiunque essi siano: due o più peccatori pentiti che si uniscono nel nome suo; due o più ragazze come eravamo noi; due, di cui uno è grande e l’altro piccolino… Dove due o più… e, nel viverle, abbiamo visto crollare barriere su tutti i fronti. Dove due o più… di patrie diverse: e crollavano i nazionalismi. (…) Dove due o più… anche fra persone che di per sé sono sempre state pensate opposte per cultura, classi, età… Tutti potevano, anzi dovevano unirsi nel nome di Cristo (…). «Gesù in mezzo a noi: fu un’esperienza formidabile. La sua presenza premiava in modo sovrabbondante ogni sacrificio fatto, giustificava ogni nostro passo condotto in questa via, (…) dava il giusto senso alle cose, alle circostanze, confortava i dolori, temperava la troppa gioia. E chiunque fra noi, senza sottigliezze e ragionamenti, credeva alle sue parole con l’incanto di un bimbo e le metteva in pratica, godeva di questo paradiso anticipato, che è il regno di Dio in mezzo agli uomini uniti nel suo nome». (altro…)
“Questo simposio ci ha fatto vedere che è possibile incontrarci e condividere le nostre esperienze di fede. È un ponte storico. Ci fa ricordare che la città di Katowice è multiculturale sin dalle sue origini. Oggi, il fatto che i rappresentanti di tre grandi religioni hanno parlato sui valori universali, come la verità, la pace, la giustizia, ci ha arricchiti reciprocamente.” Così si è espresso il vescovo della Chiesa Evangelica-Luterana, Taddeusz Szurman, alla conclusione del Simposio interreligioso, svoltosi alla vigilia di quello di Assisi, presso la Facoltà Teologica dell’Università a Katowice (Polonia) dal titolo “Pellegrini della verità, pellegrini della pace”. Promosso dall’Arcidiocesi, insieme alle autorità civili e all’Università di Katowice, il Simposio ha visto la partecipazione di 230 persone. Significativa la presenza degli ebrei, con Michael Schudrich, Rabbino principale della Polonia; dei musulmani, con l’Imam Nedal Abu Tabaq, Mufti della Lega Musulmana in Polonia; dei cristiani, rappresentati dall’Arcivescovo cattolico di Katowice Damian Zimon, dal Vescovo della Chiesa Evangelica-Luterana Taddeusz Szurman e dal responsabile per la Chiesa Ortodossa in Slesia Sergiusz Dziewiatowski; e di persone di convinzioni non religiose. C’erano anche alcune autorità civili, a cominciare dal Presidente di Katowice Piotr Uszok e rettori di varie università, oltre a rappresentanti di alcuni movimenti e comunità ecclesiali.
Il Movimento dei focolari, a Katowice, che ha lavorato in vari ambiti della preparazione, non è nuovo al dialogo interreligioso. Infatti, mantiene rapporti con gruppi di musulmani con i quali, insieme alla Arcidiocesi e il Centro dei Musulmani, organizza la “Giornata dell’Islam nella Chiesa cattolica polacca” (promossa dalla Conferenza Episcopale Polacca da oltre 10 anni). Inoltre, si svolgono incontri con gruppi di ebrei e, quasi ogni mese, con dei musulmani nella sede del Movimento. Prima del Simposio, in focolare, i responsabili delle tre religioni monoteiste hanno stretto tra loro un patto di unità. Questa atmosfera di fraternità poggiata su relazioni profonde e di stima reciproca è stata, poi, sottolineata da molti dei partecipanti. Gli interventi hanno approfondito i concetti di pace e verità – nelle tradizioni cristiana, ebrea e musulmana. Il Mufti della Lega Musulmana ha sottolineato l’importanza di non avere paura gli uni degli altri, di scoprire le differenze come doni che arricchiscono. Il Rabino ha ricordato con affetto la figura di Giovanni Paolo II, il quale gli aveva mostrato la bellezza dell’essere aperti agli altri. Ciascuno ha espresso il desiderio di cercare ciò che unisce e di cooperare per il bene di Katowice e del mondo.
“Sono molto grato a tutti gli organizzatori per aver reso questo simposio così fraterno– ha detto l’Arcivescovo di Katowice –. Ho visto una presenza notevole dei membri del Movimento dei Focolari, questo è stato molto importante, fondamentale per creare l’atmosfera di fraternità”. Come segno visibile è stato piantato un faggio nella piazza davanti alla Cattedrale di Katowice. “Ci sono tanti alberi a Katowice – ha detto il Rabino di Slesia Alta –. Questo, però, ha un significato particolare: simboleggia la fraternità vissuta da noi ebrei, cristiani e musulmani”. Il simposio si è concluso con la proclamazione di un Appello per la Pace – letto in tre lingue: polacca, ebraica ed araba. C’è scritto, fra l’altro: “Tutti vogliono contribuire affinché l’umanità diventi un’unica famiglia”. (altro…)
Orgosolo è una città nel cuore della Sardegna molto nota per i murales che illustrano sulle case i problemi, le attese, le speranze di un popolo che vive prevalentemente di agricoltura, pastorizia; un popolo che conosce anche la paura per le vicende legate al banditismo, molto diffuso in questa zona. In questa città, all’alba del 24 Dicembre 1998, viene ucciso il viceparroco don Graziano Muntoni. Un solo colpo di fucile al petto e il dolore sconvolge tutta la comunità. Pur nella rabbia e nel comprensibile smarrimento, la gente del posto intuisce subito di non potersi limitare a condannare, ma sente di dover fare qualcosa di più. Ma che cosa, in una situazione del genere? La comunità comincia a riflettere sulle parole del Vangelo che invitano a domandare uniti qualunque cosa a Dio. Nasce l’idea di darsi un appuntamento ogni sera, in posti diversi, per invocare a Dio la pace per la loro terra con la stessa preghiera: è l’Ora della pace. La cosa è più complessa del previsto, perché la pace va generata, custodita, richiede un impegno a vivere la fraternità con ciascuno e ogni giorno. Con questa consapevolezza si mettono in campo le più diverse iniziative per diffondere la proposta dell’Ora della pace tra quante più persone possibili, anche ai ragazzi nelle scuole e nei licei in occasione di convegni. Si partecipa anche a una trasmissione televisiva sulla principale rete nazionale. L’Ora della pace porta in città una nuova speranza, molte persone si riconciliano fra loro dopo anni di tensioni; come G., una signora che una volta ci dice: “Devo trovare la forza di perdonare chi ha ucciso due miei figli e mandato in carcere gli altri due”. Poi, all’incontro successivo, è la stessa G., a raccontare: “Ho perdonato, la preghiera dell’Ora della pace che viviamo ha tolto l’odio dal mio cuore. Durante la Messa mi sono avvicinata ad una persona nemica e le ho stretto la mano”. Da allora anche altri stanno trovando la forza di perdonare cose altrettanto gravi, e sono atteggiamenti per niente scontati: come Anna, alla quale nel 2008 rapiscono e uccidono un figlio, e che sta riprendendo a vivere, a lavorare, più serena e pacificata pur nella tragedia, e anche quando è venuta a sapere di un sospettato per l’omicidio del figlio, non ha chiesto per lui la punizione, ma un incontro vero con Dio La scelta della fraternità porta a far nostro questo abisso di dolore in cui vive parte della nostra gente e ci mette non di rado a prenderci le responsabilità di quanto proponiamo, anche di fronte alle istituzioni. Così un istituto magistrale ha elaborato, dalla nostra esperienza, un progetto per una cultura di pace e di perdono tra i ragazzi, un progetto i cui risultati saranno raccolti in un volume sottoposto all’attenzione delle Nazioni Unite. I nostri sforzi per costruire la pace, anche là dove sembra quasi impossibile, stanno portando a dei risultati concreti che donano un nuovo volto alle nostre città. Dalla comunità dei Focolari di Orgosolo (Nuoro)-Italia (altro…)
«Carissimi, il 1986-’87 è un anno importante per il mondo cattolico. In esso, infatti, ci si sta preparando alla celebrazione del Sinodo dei Vescovi, che si terrà in autunno, su “Vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo a vent’anni dal Concilio Vaticano II”. Anno importante per i laici cattolici, ma anche – penso – per gli altri cristiani, nelle cui Chiese spesso s’è dato tanto rilievo ai laici. E anche noi, che desideriamo essere dei cattolici impegnati, ci stiamo preparando a questo Sinodo con la preghiera, che non deve mai mancare, e con il lavoro che ci viene richiesto. Ma “chi è il laico”? È la domanda oggi ricorrente nella Chiesa. Quale il modo di identificarlo, di definirlo? Molti si sforzano di dare una risposta. Non si vorrebbe, infatti, definire il laico soltanto per ciò che egli non è: colui che non è né sacerdote, né religioso. Si vorrebbe invece stabilire chi è. Ed è per questo che noi pure vogliamo portare un contributo allo studio di questo argomento, affermando qualcosa che può sembrare l’uovo di Colombo: il laico è il cristiano. Come tale, è seguace di Cristo e del suo Vangelo. Per questo deve vivere in pieno quanto Gesù vuole da lui, e lavorare anzitutto ad estendere il Regno di Dio, a costruire la Chiesa. Dato poi che egli ha la possibilità di trovarsi in mezzo al mondo, porterà lì la luce del Vangelo, informando ogni cosa di essa. Questo è il laico per noi. Un seguace di Cristo ben stagliato, che ha il doppio compito di costruire la Chiesa e di cristianizzare il mondo. Ed è in questo tipo di laico che ci troviamo specchiati tanto bene anche tutti noi, laici del Movimento dei focolari. Il nostro Movimento, infatti, ha un aspetto più spirituale, se così si può dire, dove si opera perché cresca Cristo in noi, fra noi e fra molti, e ciò significa edificare la Chiesa; e un aspetto più umano, più concreto, dove si lavora per informare dello spirito di Cristo le varie espressioni del mondo. Ci troviamo bene in questo tipo di laico, e ci sentiamo per esso in tanta sintonia con quanto ha definito al riguardo il Concilio Vaticano II. Ci troviamo bene e vorremmo quest’anno vivere sempre meglio la nostra specifica vocazione di laici, per dare anche così il nostro contributo al Sinodo. Cerchiamo di essere veri laici della Chiesa, e cioè autentici seguaci di Cristo. Questi vivono le sue parole e quant’altre la Sacra Scrittura propone. Noi in questo mese ne abbiamo una splendida, che sottolinea quanto s’è vissuto il mese scorso sull’amore reciproco. Essa dice: “Accoglietevi gli uni gli altri come Cristo accolse voi, per la gloria di Dio” (Rm. 15, 7). Attuando questa Parola fra noi manterremo saldo il fondamento su cui è edificata la nostra Opera, che è Chiesa. Mettendo in pratica questa Parola con altri cristiani, là dove possiamo trovarci ad operare inseriti nelle strutture ecclesiali, daremo ancora il nostro specifico contributo allo sviluppo della Chiesa. Realizzando poi queste parole nel mondo della famiglia e nei vari mondi della società, metteremo la base più importante per poter conseguire il rinnovamento cristiano di leggi e strutture. La Parola di Vita è per tutti: laici, sacerdoti e religiosi. Attuiamola, ognuno nei rispettivi campi d’azione. Accogliamo ogni fratello come Cristo ci ha accolti. Egli ci ha accolti e ci accoglie tutti i giorni e ad ogni ora quando ricorriamo a Lui. Chiunque noi siamo, peccatori o santi, giovani o anziani, belli o brutti, sani o malati, egli ci accoglie sempre tutti. E siamo così certi del suo ascolto, del suo perdono e della sua accoglienza, che non ci passa nemmeno un attimo per la mente che possa essere diverso. Facciamo così anche noi coi nostri fratelli. Che essi trovino in noi il cuore sempre aperto, sempre disposto, sempre accogliente. Viviamo così. E sia per la gloria di Dio». In cammino col Risorto, Città Nuova editrice, Roma 1987, pp. 166-168 (altro…)
Il dibattito sulle prospettive di riforma dell’attuale legge elettorale in Italia ha toccato questioni che, al di là della diversità degli approcci e delle soluzioni proposte, riguardano la struttura portante di una democrazia matura. Anche noi ci siamo interrogati e ne è scaturito un documento che non vuol essere un “manifesto politico”, ma semplicemente cerca di raccogliere le nostre considerazioni, puntando a evidenziare valori di fondo che possono unire al di là delle diverse opzioni politiche, nella ricerca del bene comune del Paese. Scarica il documento per una riflessione sulle riforme istituzionali_del Movimento Umanità Nuova e del Movimento Politico per l’unità
Provenienti da tutta Italia, Slovenia, e con rappresentanze da Argentina, Germania, Olanda, Portogallo e Sudafrica, i mille partecipanti al convegno annuale degli aderenti dei Focolari, hanno riflettuto e condiviso esperienze sul tema della Parola di Dio, argomento al centro dell’approfondimento di quest’anno. Fra le testimonianze presentate, anche l’esperienza di un gruppo di evangelizzazione nel Benin, il Paese che dal 18 al 20 novembre scorso ha ospitato la visita di Benedetto XVI, per il suo secondo viaggio apostolico nel continente, e per la consegna dell’esortazione post sinodale sulla Chiesa in Africa, al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. Nel Benin da diversi anni un gruppo dei Focolari organizza incontri con i detenuti per portare la luce della Parola di Dio. Spesso i prigionieri sono respinti sia dalla società sia dalle proprie famiglie. La lettura della Parola di Dio riesce ad aprire varchi inaspettati nelle persone facendo germogliare rapporti profondi che riguardano non soltanto la fede ma anche i vissuti spesso di sofferenza che i detenuti raramente riescono a raccontare, come per esempio i motivi della loro detenzione. Questo permette ai volontari di intervenire presso il tribunale, affinché il caso di alcuni sia preso in considerazione: ci sono infatti persone in carcere da dieci, quindici anni senza essere mai state ascoltate da un giudice. Molti casi hanno trovato soluzione, e i prigionieri detenuti ingiustamente, sono stati liberati. Tra le storie spicca quella di Paula detenuta ingiustamente in carcere a causa di suo marito senza avere alcuna notizia dei suoi figli. Paula si apre in un rapporto profondo con una delle volontarie che la va a trovare in carcere per gli incontri sulla Parola. Lentamente trova dentro di sé la forza del perdono fino a quando il tribunale la chiama per comunicarle la sua liberazione. Paula però sa di tornare a casa con il cuore liberato dal peso dell’odio e della vendetta.
Ave Cerquetti, 'Mater Christi' - Roma, 1971
Espressione dell’amore di Dio, i carismi si pongono nell’oggi della storia quasi a risposta dei bisogni emergenti e non di rado capita di trovarli al centro di importanti passaggi che riguardano l’umanità. Partiamo dal Mediterraneo, così attuale per quanto sta avvenendo nella società specie tra i giovani. A breve distanza dal Sinodo dei Vescovi del Medio Oriente, la Chiesa locale si interroga e imbastisce linee per incarnare quanto ne è scaturito. In particolare tra le 44 proposizioni stilate nel documento finale del Sinodo, una riguarda la collaborazione dei Movimenti con la Chiesa locale. Nel viaggio in Terra Santa dello scorso febbraio, la presidente dei Focolari Maria Voce aveva incontrato i responsabili dei Movimenti , e il dialogo fra loro è continuato anche nei mesi successivi con i rappresentanti dei Focolari a Gerusalemme. Anche in Egitto si è dato avvio ad un dialogo più vivo tra le realtà carismatiche e la Chiesa istituzionale. Un approccio iniziale in questo senso c’è stato anche in Libano, dove l’Assemblea dei patriarchi e dei vescovi cattolici di quel paese (APECL), si è soffermata a riflettere proprio sulla collaborazione dei Movimenti con la Chiesa locale. America Latina: la Conferenza di Aparecida ha tracciato linee importanti per il continente latinoamericano, da attuare adesso con le caratteristiche dei vari Paesi. In Messico il 27 Agosto 2011 la capitale accoglie nell’auditorio del Centro Universitario più di 350 presidenti e dirigenti di 34 realtà carismatiche del Paese azteco; l’evento è stato realizzato con il contributo di sei importanti istituzioni di ispirazione cattolica. Vasta e positiva l’eco sulla stampa che vi legge la volontà di partecipazione alla vita del Paese, mossi da nuova certezza: essere insieme per costruire. “La Famiglia”, vista da tre prospettive: “Formazione”, “Azione Sociale” e “Comunicazione” è l’argomento centrale. Lo scambio di idee e proposte nate nel forum sono state raccolte, elaborate, e parte di esse siglano il manifesto finale “Juntos por México”. Anche in Europa si muove qualcosa. La comunione tra i Movimenti cattolici nel 1998 ha suscitato l’interesse anche dei Movimenti delle varie Chiese cristiane e delle Nuove Comunità, che hanno voluto incontrare, già nel 2000, Chiara Lubich e stabilire con lei un’amicizia sempre più stretta. Tra gli iniziatori di questa “amicizia carismatica”, ricordiamo Helmut Nicklas (responsabile dell’YMCA di Monaco, associazione ecumenica di giovani cristiani). Ciò che li ha uniti è la volontà di fare qualcosa affinché l’Europa possa ritrovare la forza delle sue origini attraverso il contributo dei propri carismi, e la vita permeata dal Vangelo, che, come una grande rete unita, possa darne testimonianza. Un progetto che il 12 maggio 2012 si esprimerà nella manifestazione internazionale “Insieme per l’Europa”, a Bruxelles, con eventi locali in contemporanea in tutta Europa. Parola chiave di questa amicizia è «Pentecoste 1998» a ricordo del loro primo incontro mondiale con Giovanni Paolo II. La promessa di Chiara Lubich di contribuire a realizzare il desiderio del Papa che ci sia una comunione sempre più profonda tra i Movimenti e le nuove Comunità, è il testimone passato a coloro che ne condividono la spiritualità dell’unità. (altro…)
Un “laboratorio politico”, così si auto definisce il Movimento politico per l’unità che ha le sue radici nella storia e nel carisma dell’unità di Chiara Lubich. In questo momento cruciale che attraversa l’Italia, si somma alle tante voci che vogliono esprimere l’impegno ed il sostegno al nuovo governo: «Il Movimento politico per l’unità esprime vivo apprezzamento per il clima positivo, seppur di emergenza e gravità, che ha rivelato alto senso di responsabilità da parte di tutte le Istituzioni, nel quale si è giunti alla costituzione del nuovo governo. Nello spirito della ricerca del dialogo costruttivo tra tutte le forze politiche che anima la propria azione, il Mppu auspica che la nascita della nuova compagine governativa, anche grazie alla presenza al suo interno di personalità di altissimo profilo professionale, culturale ed internazionale, contribuisca ad aprire una nuova stagione che preluda ad un rinnovato e proficuo confronto/incontro tra le forze politiche, le istituzioni e le forze sociali. In questo quadro, si augura che il nuovo Governo abbia il sostegno necessario del Parlamento e delle forze politiche, per raggiungere l’obiettivo del risanamento della situazione economica e finanziaria del Paese, fornendo le risposte attese dall’Unione, ed avviare una fase di innovazione e sviluppo che possa contribuire ad accelerare il percorso verso nuove scelte di coesione europea. Auspica, altresì, che il Parlamento, in un contesto politico e sociale rasserenato e unitario, colga l’occasione anche per porre mano, con convinzione ed in modo condiviso, alle urgenti riforme istituzionali che la società reclama, a partire da quella del sistema elettorale. Nell’esprimere i migliori auguri di proficuo lavoro al presidente del Consiglio Mario Monti e al governo, il Mppu manifesta, infine, un vivo ringraziamento al Capo dello Stato Giorgio Napolitano per la conduzione rigorosa e autorevole del particolare momento di crisi e per la positiva soluzione adottata.» Per concorrere ad approfondire il dibattito in corso, il Mppu torna inoltre ad offrire il documento “Per una riflessione sulle riforme istituzionali”, redatto all’inizio di settembre. Perché, dicono, “Il nuovo governo non dovrà occuparsi solo di risanamento finanziario e di crescita economia”, ma “dovrà porre mano ad alcune riforme istituzionali urgenti, a partire dalla legge elettorale”. Leggi ancora:
«Sto facendo lezione nella mia nuova classe, una prima elementare di 26 bimbi vivacissimi. Appena conquistata faticosamente la loro attenzione sento bussare alla porta: è la bidella che mi avverte di una telefonata. Si tratta della mamma di Paolo, separata burrascosamente dal marito e con il quale è in perenne litigio. Entrambi i genitori in questi giorni si stanno contendendo il figlio con mosse discutibili, e tempestano di telefonate anche noi insegnanti. Avrei tutti i motivi per rispondere che non posso andare al telefono, che sto facendo lezione e che immagino già di cosa si tratti. Ma in quel momento tra i legittimi ragionamenti di un’ insegnante interrotta nel suo lavoro, si fa strada luminosa, la frase della Parola di Vita: “Fammi parlare sempre come fosse l’ultima parola che dico”. È un’occasione di vigilare! Sorrido alla bidella, le affido la classe e vado al telefono con cuore nuovo. Ascolto ciò che già immaginavo … ma fino in fondo, senza giudicare, senza far pesare il “disturbo” arrecato. Alla fine riesco a dire alla mamma di Paolo che la capisco, che comprendo il suo stato d’animo, ma che credo che, per il bene di Paolo, si può mettere da parte l’orgoglio ferito e il rancore, e agire unicamente per il bene del bambino. Quando un paio d’ore più tardi passo nel corridoio, la bidella si avvicina e mi dice: “Sai, ha ritelefonato quella mamma, … mi ha detto solo di dirti Grazie”. Qualche giorno fa mentre sto uscendo da scuola di corsa, con mille programmi da svolgere e le spese da fare, mi ferma Flora, una bidella di origine brasiliana che da poco lavora nel nostro Istituto. Deve fare una domanda scritta alla Dirigente scolastica, e non sa da che parte cominciare, anche per le sue difficoltà con la lingua. Mi viene da chiedermi perché tra tanti insegnanti, lo stia chiedendo proprio a me che sono così occupata. La Parola di Vita mi invita ancora a “vigilare”: è Gesù che me lo sta chiedendo! Voglio forse rispondergli che ho fretta e chieda a qualcun altro? Mi siedo con Flora la aiuto a scrivere la domanda. Poi le propongo di batterla al computer perché si presenti meglio, ma Flora non ne conosce l’uso. Andiamo insieme nell’aula di informatica e la scrivo per lei, senza guardare l’orologio. Due mattine dopo mentre sto entrando nell’aula Docenti, Flora mi ferma e mi dona una bellissima sciarpa azzurra. “Non dovevi farlo, non è necessario” le dico. E lei mi risponde: “Ma anche io voglio poterle voler bene come lei ha fatto con me”». (B. P. – Italia) (altro…)
Franco Caradonna,
Si chiama La Guardia la cittadina dove abitano Reina e Jorge Gutierrez con la loro famiglia, a venti chilometri da Santa Cruz, la città emergente boliviana. Reina è sensibile alle sofferenze dei bambini già dall’età di sei anni, quando lei stessa, orfana di madre, fu messa insieme al fratellino in un istituto. Anni dopo, l’intuizione dell’asilo, avuta insieme ad un volontario AFN. Racconta: «Non c’era nulla, ma eravamo nelle condizioni migliori per credere alla provvidenza di Dio. Poter mostrare che l’Ideale dell’unità cambia radicalmente le persone mi sembra un contributo specificamente boliviano all’evangelizzazione.» «Non basta la buona volontà, ma serve anche la competenza. Mi sono così iscritta a psicopedagogia nel momento in cui avevamo intuito che avremmo potuto metter su un asilo». E così si è laureata in quattro anni, periodo nel quale prima progettò e poi costruì l’asilo, completato nel 2008 e poi inaugurato alla presenza di tante autorità, e dei suoi vicini. Avendo bisogno del pane per i 120 bambini dell’asilo, Reina ha inventato anche un panificio, modesto ma efficientissimo, curato da un’équipe affiatata, composta da donna Esperanca, da Carlito, un bimbo di nove anni, da suo figlio Daniel, che di anni ne ha 18, e da una giovane ragazza di 15 anni, che lavora al panificio e studia la sera. Dall’asilo giunge l’eco di bimbi e di giochi. I locali appaiano pulitissimi e ben progettati. Le maestre intrattengono i bambini delle varie età, dai due ai 10 anni, con solerzia e con un pizzico di anarchia che non guasta. Inventano giochi coi palloncini colorati, distribuiscono la merenda come fosse un’avventura d’esplorazione. Ogni bambino ha una sua storia di povertà ed emarginazione, di alcolismo e infedeltà dei genitori, di eroismo. Storie da non credere. In un locale, due donne intente a cucire. Pure una sartoria, s’è inventata Reina! C’è Rita, che ha sette figli, che fa la maestra, e che viene qui nei periodi di riposo. Ed Elisa, che invece è stata abbandonata dal marito e che qui si è sottratta alla depressione. Reina è così: vedendo singoli casi in difficoltà s’inventa soluzioni adeguate. L’ufficio di Reina è ingombro di libri. Qui la donna fa pure terapia ai bambini con difficoltà d’apprendimento. L’asilo è sostenuto dai contributi comunali e la collaborazione con ong, soprattutto del sostegno a distanza Azione per Famiglie Nuove; senza dimenticare i contributi dello Stato per l’alimentazione, la quota di 1,20 bolivar al giorno (10 centesimi di euro) chiesta ai genitori dei bambini, questione di mantenere dignità e partecipazione. Tutti coloro che lavorano all’asilo o nelle attività connesse ce la mettono tutta per «provocare la provvidenza». Campeggia una frase sotto una fotografia di Chiara Lubich: «Essere sempre famiglia». «Questa frase l’ho fatta mia – conclude Reina –. Lavoro ogni giorno perché i bambini qui possano sempre trovare uno spazio di famiglia». Quasi per lenire una ferita che viene da lontano. Nel suo cuore. Per sostenere i progetti di AFN-onlus si può versare il proprio contributo su uno dei seguenti conti:
Cod. IBAN: IT55 K 03359 01600 100000001060 Intestati a ASSOCIAZIONE AZIONE PER FAMIGLIE NUOVE – Onlus via Isonzo, 64 – 00046 GROTTAFERRATA (Roma) (Fonte: “Spazio Famiglia”, inserto allegato al n.21 di Città Nuova 2011, pag. 12 e 13) (altro…)
“Uno strumento per costruire una società più giusta e un futuro migliore a partire dal diritto” così l’ispettore generale di Giustizia dello Stato dell’Amazzonia, il giudice Maria Guedes Moura, ha definito il 2° congresso su diritto e fraternità del Nord e del Nordest del Brasile, organizzato da Comunione e Diritto (3-4 novembre 2011) presso la Divisione Affari Interni del Tribunale di Giustizia dello stesso Stato. È il presidente del Tribunale, João Simões, ad aprire i lavori del Congresso. Il giudice, accogliendo partecipanti e relatori nella sede istituzionale, si è detto onorato di ospitare un evento di questa portata. Presente tra le autorità, anche il direttore della Scuola Superiore di Magistratura, Flávio Pascarelli, a sottolineare il valore dell’iniziativa per la formazione dei giovani magistrati. Oltre 300 gli operatori del diritto presenti, dalle più svariate professioni legali: giudici, pubblici ministeri, avvocati, ufficiali giudiziari, membri della polizia, deputati, segretari di alcuni Stati del Brasile e studenti di dieci Facoltà di Diritto di Manaus. Munir Cury, magistrato e membro della Commissione di redazione dello Statuto del bambino e dell’adolescente, ha posto i fondamenti dei lavori trattando di diritto e società nella costruzione della giustizia, mentre il giudice Carlos Augusto Machado, giudice del Pubblico Ministero del Sergipe (il più piccolo Stato del Brasile), ha posto l’accento sulla fraternità come categoria giuridica e costituzionale. Nella seconda giornata, molto apprezzati sono stati i contributi offerti dal direttore del Centro di Scienze Giuridiche dell’Università Federale di Santa Catarina, Olga Boschi, sul valore della conoscenza della categoria giuridica della fraternità nel curriculum accademico e le lezioni di Adalberto Carim, giudice del Tribunale per l’Ambiente e gli Affari Agricoli del Rio delle Amazzoni, sulla Giustizia Ambientale nel XXI secolo.
Una speciale connotazione ha assunto la questione della fraternità nel diritto all’interno del contesto socio-culturale dello Stato dell’Amazzonia, dove è pressante la questione ecologica, con la conseguente responsabilità e necessità di tutela del patrimonio ambientale come espressione concreta di fraternità, anche nei confronti delle future generazioni. Parlando della società come categoria giuridica nel diritto ambientale, Carlos Aurélio Motta, docente presso l’Università di Ibirapuera ed esperto su etica e diritti umani, ha aperto nuove piste per la ricerca accademica. A parere degli organizzatori, le elaborazioni giuridiche prodotte nel convegno andranno a beneficio dell’intero Brasile: erano presenti, infatti, rappresentanze di diversi Stati e l’evento è stato trasmesso via internet attraverso il sito web della Scuola della Magistratura (ESMAM) che ha la sua pagina nel sito ufficiale del Tribunale di Giustizia dello Stato http://www.tjam.jus.br/esmam. (altro…)