Movimento dei Focolari

Chiara Lubich – DIO AMORE

Dio è Amore. Dio mi ama immensamente. La riscoperta, folgorante, che Chiara Lubich fa nel 1943, durante la Seconda Guerra mondiale, è all’origine di una avventura straordinaria. Ne scaturisce una spiritualità che oggi, in tutto il mondo, porta migliaia di persone ad impostare la propria vita sull’Amore e la Verità. Su questo tema la Curatrice propone una antologia di scritti di Chiara Lubich, dei quali vari inediti. Lettere, discorsi spontanei o ufficiali, pagine di diari offrono al lettore l’opportunità di penetrare quest’avventura umana e spirituale. LA CURATRICE – Florence Gillet (Parigi, 1943) dopo il dottorato in teologia ha insegnato la teologia spirituale e la storia della Chiesa presso la scuola di formazione dei focolarini di Loppiano (Firenze, Italia). Dal 1998 ha lavorato nella Segreteria personale di Chiara Lubich come interprete e come traduttrice dei suoi scritti e dei suoi discorsi. Ora lavora al Centro Chiara Lubich. Per Città Nuova ha pubblicato: La scelta di Gesù abbandonato nella prospettiva teologica di Chiara Lubich (2009), Ho trovato l’amore, un itinerario di preghiera con Chiara Lubich (2010). Ha curato il volume di questa collana La Parola (2011). LA COLLANA – La collana MEDITAZIONI dell’Editrice Città Nuova risponde al mai sopito interesse per la vita spirituale mettendo a disposizione di un vasto pubblico sussidi per la riflessione interiore ispirati a un’autentica esperienza spirituale, che alla solidità della dottrina uniscono l’aggancio ai problemi di ogni giorno. Per questa collana sono stati pubblicati anche:

Fonte: Città Nuova Online

Nasce la rivista Claritas

Negli angoli bui della capitale

«Provengo da un piccolo paese di campagna, e mi sono trasferito da poco a Roma. L’arrivo in una città così grande mi ha fatto incontrare realtà molto diverse da quelle alle quali ero abituato. È stato difficile, per me, vedere un giovane chiedere qualche soldo o persone immerse nei cassonetti che cercavano qualche cosa da mangiare. Non che siano delle novità. Scene viste e riviste molte volte in giro per la strada, in TV.  Ma quando ci  si trova faccia a faccia con queste situazioni, qualcosa cambia, e  si ha la possibilità di trovare la propria misura nel vivere secondo il Vangelo. Ritornando una sera di queste a casa, mi sono fermato a parlare con un ragazzo. Aveva 23 anni, più o meno la mia età. Mi ha raccontato dei suoi bambini, uno dei quali a breve avrebbe subito un’operazione e che i loro risparmi non erano sufficienti. Mi ha raccontato dell’affitto di 150 euro al mese da pagare per non dover dormire, con la moglie, sui sedili posteriori di una macchina. E ancora delle difficoltà nel trovare lavoro. Forse la solita storia, forse le solite scuse per racimolare qualche soldo, ho pensato. Ma c’era qualcosa che mi spingeva ad andare avanti. Gli ho detto, allora, che lo avrei aiutato a trovare un lavoro e che le sere seguenti lo avrei invitato a cena e che l’avrei ospitato a casa mia se il locatore lo avesse cacciato di casa. Non sapevo bene quello che dicevo, ma le parole mi uscivano dal cuore. Mi chiedevo: cosa posso fare io così piccolo, da poco entrato nella realtà romana? Tornato a casa, ho pregato chiedendo aiuto al Padre. Due giorni dopo mi è arrivata un email che parlava di un incontro per giovani stranieri in cerca di lavoro. Ecco la risposta, ecco un segnale chiaro! Ho subito mandato un messaggio al ragazzo, col quale ci eravamo scambiati i numeri di telefono, informandolo della notizia. Più volte mi è capitato di tornare tardi a casa per vicende simili, e sentirmi chiedere dai coinquilini: ‘ma perchè ti fermi a parlare con quelle persone? Ma cosa ti importa, tanto non serve a nulla…’ A loro, forse, ho dato una risposta superficiale, ma quello che ho capito è stata una vera rivoluzione. Ho cambiato il mio modo di agire perché ‘ogni cosa è per Gesù’.  Se ci si lascia lavorare da Gesù, se Lo si sceglie come base della vita, soprattutto quel Gesù che sulla croce ha sofferto per tutti noi, allora è Lui stesso che ti fa essere un altro Lui negli angoli bui e nei dolori della società». (E.P. – Italia) (altro…)

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Giovani e libertà

Insieme giovani e adulti, insieme italiani e brasiliani, tedeschi o coreani, africani e cileni. Insieme musulmani e cristiani. La sfida da raccogliere è ancora oggi quella di abbattere gli steccati e dimostrare che nelle nostre evidenti differenze possiamo offrire un messaggio di speranza. “Siamo insieme, questa è la realtà più grande della nostra vita. L’unità è questa: fra generazioni, fra popoli. Senza mai perdere di vista l’orizzonte: il mondo unito”. È Maria Voce, la presidente dei Focolari, a ricordarlo agli oltre 400 giovani provenienti da 14 paesi di 4 continenti, convenuti all’appuntamento annuale nel quale si elaborano le piste di lavoro per la parte giovanile del Movimento. Cantiere Genfest, Parola di Vita, la proposta culturale di Sophia, le sfide delle Chiese, sono alcuni dei punti affrontati. La rappresentanza internazionale è dovuta particolarmente alle Scuole Gen della cittadella di Loppiano (Italia) e Montet (Svizzera), ma c’è anche chi ha attraversato l’oceano o coperto lunghe distanze proprio per quest’occasione: dal Cile, dal Venezuela, dall’Algeria. È presente anche Bilal, un giovane musulmano proprio da Orano, dimostrazione vivente di una fraternità costruita insieme: “Questo è un congresso molto importante per me, perché ho l’occasione di stare con tanti cristiani. È un passo verso il mondo unito”. La mattinata del 2 Dicembre è stata molto frizzante, con un dialogo di un’ora e mezza fra questa rappresentanza internazionale di giovani e la presidente Maria Voce, che loro preferiscono chiamare direttamente “Emmaus”. E si capiscono benissimo. “È stato un momento molto speciale, dove Emmaus ci ha fatto vedere un’altra volta l’importanza della relazione tra le generazioni e come i rapporti tra esse generino davvero molti frutti”, racconta Livia Beatriz, del Brasile. “Nella cultura vietnamita, quando una persona più anziana dice qualcosa, i più giovani devono seguirla. Sono contenta che quello che ci ha detto oggi lo condivido a pieno: il fare le cose insieme, che non c’è una gerarchia, che non abbiamo bisogno di parlare tanto, ma di testimoniare l’amore di Dio”, afferma invece Mara del Vietnam. Mitti viene da Torino e studia ingegneria biomedica. In questi giorni ha capito che per realizzare un progetto per l’Italia bisogna ripartire dalle relazioni umane, molto calati nel territorio in cui si vive. Paolo è un ingegnere meccanico di Seoul, felicissimo di conoscere tante persone nuove e fare esperienze concrete. Jacopo invece ha 20 anni, di Terni, un futuro architetto: “Emmaus è stata fantastica, perché è sempre molto semplice ed essenziale, perché chiarisce sempre e dice le cose così come sono”. Ma quali corde ha toccato, e perché con questi giovani sono così in sintonia? “Dobbiamo avere con gli altri lo stesso atteggiamento che ha Dio nei nostri confronti – ha detto –. Dio potrebbe convincerci tutti, potrebbe metterci le cuffie nelle orecchie per dirci in ogni momento cosa fare, ma diventeremmo dei robot telecomandati, invece ci lascia liberi di amare, come Lui è libero. È così che cresciamo e ci realizziamo. Dio ci fa questo dono”. Un dono di libertà. [nggallery id=77] (altro…)

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Un panettone in ogni cella

I primi ad essere entusiasti sono i cappellani di San Vittore, don Pietro Raimondi e don Alberto Barin, che hanno visto un gruppo di giovani farsi carico dell’iniziativa che loro – i due sacerdoti – avevano iniziato qualche anno fa. La storia parte da quando un gruppo di giovani del Movimento dei focolari ha iniziato ad animare le messe della domenica: un’esperienza toccante che ha lasciato il segno in Valeria, Chiara, Stefano, Marco e nei loro amici. A distanza di qualche mese, pensando al Natale, hanno voluto lanciare quest’altra idea: raccogliere panettoni da regalare ai carcerati di San Vittore, che festeggeranno dietro le sbarre. “Buono dentro e buono fuori” è il titolo che hanno dato a questo gesto di condivisione per «partecipare al pranzo di Natale con i detenuti in un modo un po’ speciale: facendo arrivare in ogni cella un panettone». Valeria spiega con l’aver voluto coinvolgere più persone possibili e sensibilizzarle sulla realtà del carcere la scelta di aver chiesto un contributo ai singoli, piuttosto che a qualche azienda dolciaria. «Abbiamo accolto l’invito dei cappellani con entusiasmo e, forse, con una nota di sano idealismo. Ci siamo resi conto del rischio di dover aprire l’argomento del carcere in ambienti a volte ostili, o forse coscientemente sordi. Tuttavia abbiamo capito che il bene è il bene e non deve essere fatto solo quando si ha il consenso della maggioranza, che non ha bisogno di bagni di folla ma chiede di essere costruito passo a passo. Aprire l’iniziativa a tutti quanti, anziché cercare uno sponsor, è un appello a scegliere il bene, a mettersi in gioco in prima persona, a uscire di casa e comprare un regalo per un uomo o una donna che magari ha ucciso, o si è macchiata di altri reati gravi, oppure per un innocente non ascoltato, non creduto e umiliato. Chiedere a tante persone diverse di portare il proprio panettone significa allargare il raggio d’azione del bene, perché questo non agisce secondo una logica lineare, ma la sua crescita è esponenziale: e solo facendolo circolare e creando delle reti possiamo essere parte di una vera rivoluzione». 29-11-2011  di Silvano Gianti Fonte:    Citta’ Nuova

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Spiritualità dell’unità: la Chiesa

Ancora negli anni quaranta, agli albori del Movimento, un giorno il vescovo mandò a chiamare le ragazze di Trento. Chiara Lubich era in pensiero, non conoscendone il motivo. Le giovani si erano perciò presentate nel vescovado, in piazza Fiera, dopo lunghe preghiere. Avevano esposto quello che stavano realizzando nella città. Nei fatti una vera rivoluzione che cresceva nelle loro mani, quasi senza che se ne rendessero conto. Erano tuttavia pronte, per loro esplicita ammissione, anche a distruggere tutto quanto si era costruito in quei mesi favolosi, se egli l’avesse solo desiderato. «Nel vescovo – pensavano – è Dio che parla». E Dio solo importava loro, null’altro. Mons. Carlo De Ferrari, dell’Ordine degli Stimmatini, aveva in quell’occasione ascoltato Chiara e le sue prime compagne, e aveva pronunciato una frase che rimarrà negli annali: «Qui c’è il dito di Dio». La sua approvazione e la sua benedizione accompagneranno il Movimento fino alla sua morte. Come accadde, ad esempio, quando, moltiplicandosi il numero delle ragazze e dei ragazzi che volevano far parte del focolare, lasciando casa e beni, il vescovo vide bene che ciò poteva avvenire solo con l’accordo dei genitori. E ciò consentì di mettere a tacere tante dicerie. La Chiesa, per Chiara e le sue prime compagne, era una realtà sulla cui esistenza e importanza si aveva solo certezza. Nel tempo, la Spiritualità dell’unità portò a concepire la Chiesa essenzialmente e fondamentalmente come comunione. Scriverà Chiara nel 2000: «Una parola del Vangelo ci colpisce in modo particolare. È sempre di Gesù: “Chi ascolta voi (gli apostoli), ascolta me” (Lc 10,16) (…). Il carisma ci introduceva in modo tutto nuovo nel mistero stesso della Chiesa, vivendo noi stessi da piccola Chiesa. Anticipando di molti anni la definizione conciliare di Chiesa-comunione, la spiritualità dell’unità ci faceva sperimentare e capire cosa significa essere Chiesa e viverla con maggior coscienza. E capivamo che era logico che fosse così, per la stessa presenza di Cristo fra noi. A forza di stare col fuoco diventiamo fuoco, e a forza di avere Gesù in mezzo a noi diventiamo altri Cristo. San Bonaventura ha detto: “Dove due o tre sono uniti nel nome di Cristo, lì è la Chiesa”; e Tertulliano: “Dove tre [sono riuniti], anche se laici, lì è la Chiesa”. Per Cristo in mezzo a noi, che ci fa Chiesa, ecco nascere in tutti noi una vera passione per essa. E dall’amore nasceva una nuova comprensione di essa dove tutto per noi prendeva vita: comprendevamo i sacramenti come nuovi. Si illuminavano i dogmi. Questo nostro essere Chiesa, in forza della comunione d’amore che ci unisce fra noi e dell’innesto nella sua realtà istituzionale, ci faceva sentire a nostro agio e ci faceva sperimentare anche nei momenti più difficili la sua maternità». (altro…)

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Terra del Fuoco: giovani protagonisti in politica

«Il Movimento politico per l’unità in Argentina (Mppu), opera da anni per diffondere la dimensione della fraternità in seno alla vita dei partiti politici, come negli altri paesi dove è presente. Juan José Pfeifauf (Partito “Frente para la Victoria”) e Pilar Goldmann (Partito “GEN/Generación para un Encuentro Nacional”), sono due giovani giunti in visita a Rio Grande (Tierra del Fuego, Argentina), la capitale più a sud del mondo. Militanti in due diversi partiti politici, hanno voluto ricordare che ispirarsi alla fraternità significa “mettere concretamente in atto quest’idea tra le diverse parti politiche, facendo esercizio di empatia verso l’altro, con umiltà, sapendo che nessuno possiede la verità assoluta riguardo ad alcun progetto, e iniziando col riconoscere nell’altro un interlocutore valido e necessario”. La loro visita rientra nel percorso di accompagnamento della locale Scuola di formazione politica, che tiene le sue lezioni puntualmente ogni sabato. Loro per primi hanno frequentato le Scuole del Mppu a La Plata (Buenos Aires). Ora Pilar è tutor di un’altra scuola a San Miguel del Monte, in provincia di Buenos Aires, dove è stata incoraggiata a candidarsi come consigliera comunale in occasione delle ultime elezioni politiche. Sulla partecipazione dei giovani alla vita politica attiva, l’impressione di Pilar è che “dagli anni Novanta ad oggi si è verificata in Argentina una crescita dell’impegno in politica, anche se non possiamo ancora dire che il 100 % dei giovani si interessi ad essa”. Ma i giovani non devono essere considerati solo come soggetti a cui rivolgere alcuni progetti occasionali: “i giovani devono diventare i principali attori nell’ambito pubblico. Il rinnovamento della politica passa di qua”. Il Mppu/Argentina, che s’ispira ai principi di fraternità insita nella proposta della spiritualità di Chiara Lubich, ha compiuto 10 anni nel 2011. Si è costituito in occasione della grave crisi economica che ha attanagliato la regione in quell’anno indimenticabile portando un aumento della povertà nella società. Un momento in cui si è realizzato un vero e proprio divorzio tra la gente e la classe politica, un divorzio che solo di recente sembra si stia ricomponendo. Pilar racconta che, sulle premesse di quella crisi, alcune persone animate dalla spiritualità dell’unità, presero l’impegno di far nascere le Scuole di formazione sociale e politica, “per cercare di dare una risposta, di imprimere una inversione di rotta, constatando la necessità di ricostruire le basi del rapporto tra società e istituzioni; non solo, anche per diffondere semi di dialogo e tracciare un cammino in comune”. Oggi si può ben dire che molta strada è stata fatta e centinaia di giovani argentini sono passati da queste scuole. Un “capitale” ormai maturo per contribuire allo sviluppo del paese sudamericano: l’impegno da loro sentito di portare la fraternità in politica, intesa come servizio. A cura di Daniela Ropelato (da brani dell’articolo pubblicato dal Diario El Sureño, 16 novembre 2011 – nostra traduzione) (altro…)

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I Thai non si abbandonano

La situazione dell’inondazione più grande che la Thailandia abbia subito negli ultimi 50 anni, sta migliorando lentamente. Qualche cifra, secondo le stime attuali:

  • 7 milioni le persone colpite, e circa 700 le vittime, su 10 milioni di abitanti a Bangkok.
  • 80 % la superficie della città invasa dall’acqua. Dei 50 distretti di Bangkok solo 9 sono rimasti all’asciutto: tutti gli altri hanno avuto da 20 a 200 centimetri d’acqua. 17 le province colpite direttamente.
  • 37 miliardi di dollari la cifra del disastro.
  • 60 milioni le tonnellate di raccolto (principalmente riso) andato perso.
  • 8 tra i più grandi parchi industriali inondati, con la perdita di circa 1.200.000 posti di lavoro e conseguenze per l’industria della Thailandia e di altri paesi (il Giappone ha circa il 40% delle proprie fabbriche negli 8 parchi inondati).

Tutto è cominciato – ci scrivono Elena e Chun –  nel mese di luglio: la pioggia, in ritardo di un mese sul calendario, ha recuperato il tempo perduto, superando la quantità dello scorso anno per arrivare a circa il doppio del 2010. A settembre la situazione è apparsa grave e, a ottobre, gravissima. Bangkok, chiamata ‘la Venezia d’Oriente’, ha circa 2000 km di canali che ne fanno una della città al mondo meglio attrezzate per il deflusso dell’acqua piovana,  ma certamente non con questi volumi. Gli esperti si sono trovati di fronte ad una situazione imprevedibile. Tanti hanno abbandonato Bangkok. Una scena da film, anche se le persone non si sono fatte prendere dal panico. Noi, insieme ad altri, abbiamo deciso di restare, di stare a fianco della gente e di fare la nostra parte. La gente ha iniziato ad aiutarsi, non conoscendosi, magari prima si erano ignorati. Chi ha salvato la nazione in un disastro di queste proporzioni? La gente che ha amato e donato oltre le proprie forze; la gente con la casa inondata che si è sacrificata (al nord del vecchio aeroporto) affinché si salvasse almeno qualche quartiere di Bangkok; la gente che ha saputo avere un cuore per gli altri…e sono stati tanti. Anche i più ricchi, giornalisti, attori, sono andati in giro con le barche, per distribuire in prima persona generi alimentari. La vita nella città è stata salvata dalla gente comune che ha dato la speranza che ‘insieme ce la possiamo fare’.  Certo anche dai militari, dai  molti impiegati del governo che hanno lavorato oltre 15 ore il giorno per portare aiuto; perfino da anziane che sono andate a cucinare nei centri d’accoglienza. O  da quei monaci buddhisti che hanno accolto migliaia di persone anziane, malate, bambini, mamme nei loro monasteri; o dal prete che si riempie la scuola privata di gente sfollata e poi riprende la barca per incontrare la gente sui tetti delle case. Questa è la Thailandia vera che insegna a vivere, a gioire e a soffrire con chi soffre. È il miracolo della vita e dell’amore che vince sulla morte. Anche noi dei Focolari ci siamo dati da fare. Parecchie delle nostre famiglie sono state colpite, alcune sono da settimane con l’acqua in casa. Fra di noi, c’è chi è andato a chiedere aiuto per gli alluvionati alle fermate degli autobus, o si è recato nei centri d’accoglienza per aiutare. Abbiamo aperto le nostre case ed accolto chi ha chiesto aiuto; chiamato le persone al telefono, ogni giorno, perché si sentano amate, dando coraggio e consolidando l’unità tra noi. In questo periodo tragico, abbiamo visto venir fuori la parte più bella del popolo thailandese: al di là delle differenze politiche che un anno e mezzo fa avevano così diviso il Paese, ha prevalso un grande amore per il prossimo che soffre. Una reporter della CNN ha definito questa corrente di solidarietà che ha investito tutta la società thai “uno straordinario fenomeno sociale”. Abbiamo anche noi vissuto il detto che gira in questi giorni: “I thai non si abbandonano”. L’amore ci ha fatto diventare tutti thai, anche se siamo nati in un’altra parte del mondo. Nessuno sa con certezza quando si tornerà alla normalità. Ma si va avanti, superando ogni giorno le tante difficoltà. Elena Oum e Chun Boc Tay _______________________________________________ Per chi vuole aiutare, è possibile inviare la somma raccolta tramite bonifico bancario, a queste coordinate: CONTO CORRENTE DELLA SEGRETERIA CENTRALE DEI GIOVANI PER UN MONDO UNITO (GMU) Specificare la causale della transazione. CONTO INTESTATO A:    PIA ASSOCIAZIONE MASCHILE OPERA DI MARIA Via Frascati 306, Rocca di Papa, 00040 Roma, Italia INDIRIZZO BANCA: INTESA SAN PAOLO FILIALE DI GROTTAFERRATA VIA DELLE SORGENTI, 128 00046 GROTTAFERRATA (ROMA) ITALIA CODICE IBAN PER TRANSAZIONI NAZIONALI E INTERNAZIONALI IBAN  IT04  M030  6939  1401  0000  0640  100 BIC  BCITITMM (altro…)

[:ot]Kelma tal-Ħajja – Diċembru 2011[:]

[:ot]Download Kelma tal-Ħajja


“Hejju t-triq tal-Mulej, iddrittaw il-mogħdijiet tiegħu” (Lq 3, 4)* Din hi “kelma” oħra li aħna mistednin ngħixuha f’dan iż-żmien tal-Avvent. San Luqa l-Evanġelista jeħodha minn Isaija, il-profeta tal-faraġ. Għall-insara tal-ewwel żminijiet, din il-kelma kienet titkellem fuq San Ġwann il-Battista, li għex qabel Ġesù. F’dan iż-żmien ta’ qabel il-Milied, il-Knisja tippreżentalna ’l dan il-qaddis prekursur ta’ Ġesù, tistedinna nifirħu, għax San Ġwann huwa bħal messaġġier li jħabbar il-wasla tar-Re. Infatti, minn hawn u ftit ieħor se jiġi fostna. Alla wasal biex iwettaq il-wegħdiet tiegħu li jaħfer id-dnubiet u jagħti s-salvazzjoni. “Hejju t-triq tal-Mulej, iddrittaw il-mogħdijiet tiegħu”. Imma, jekk dan hu kliem ta’ ferħ, huwa wkoll stedina biex indawru t-tmun ta’ ħajjitna, biex nibdlu mill-qiegħ ħajjitna. San Ġwann qed jistedinna nhejju t-triq tal-Mulej. Imma din xi triq hi? Qabel ma ħareġ għall-ħajja pubblika tiegħu biex jibda jippriedka, Ġesù, li San Ġwann kien ħabbar il-miġja tiegħu, għadda xi żmien fid-deżert. Din kienet triqtu. Fid-deżert, li fih sab intimità profonda ma’ Missieru, iltaqa’ wkoll mat-tentazzjonijiet. B’hekk sar jixbah lilna l-bnedmin. U minn dawn it-tentazzjonijiet, hu ħareġ rebbieħ. Din hija l-istess triq li wara nsibuha fil-mewt u l-qawmien tiegħu. Wara li mexa t-triq kollha tiegħu, hu nnifsu sar ‘triq’ għalina li għadna fil-mixja tagħna. Hu stess huwa t-triq li minnha rridu ngħaddu biex is-sejħa tagħna bħala bnedmin titwettaq sal-aħħar. Din is-sejħa hi li nidħlu f’komunjoni, f’rabta sħiħa m’Alla. Kull wieħed u waħda minna hu msejjaħ biex ihejji t-triq għal Ġesù, li jrid jidħol f’ħajjitna. Għalhekk jeħtieġ li niddrittaw il-mogħdijiet ta’ ħajjitna, biex Hu jkun jista’ jiġi ġewwa fina. Jeħtieġ li nhejjulu t-triq billi nneħħu dak kollu li jfixkilna: dak it-tfixkil li jiġi mill-mod limitat kif aħna nħarsu lejn il-ħajja, u mir-rieda fjakka tagħna. Jeħtieġ li jkollna l-ħila nagħżlu bejn it-triq tagħna u dik tiegħu, bejn ir-rieda tagħna u dik tiegħu, bejn programm li għamilna aħna u dak maħsub mill-imħabba tiegħu li tista’ kollox. U meta nkunu ħadna din id-deċiżjoni, irridu naħdmu biex ir-rieda miskina tagħna, li trid tagħmel ta’ rasha, tkun taqbel ma’ tiegħu. Kif? L-insara li rnexxew jgħallmuna mod tajjeb, prattiku u intelliġenti: issa, dan il-ħin. F’kull ħin irridu nneħħu ġebla wara l-oħra biex mhux ir-rieda tagħna tgħix fina, imma tiegħu. B’hekk inkunu għexna l-Kelma: “Hejju t-triq tal-Mulej, iddrittaw il-mogħdijiet tiegħu”.

Chiara Lubich


* Kelma tal-Ħajja, 1997 ippubblikata fuq Città Nuova, 1997/22, pġ.32-33.  

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Dicembre 2011

“Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!” Ma se questa è parola di gioia, è anche un invito ad un nuovo orientamento di tutta la nostra esistenza, ad un cambiamento radicale della vita. Il Battista invita a preparare la strada del Signore. Ma qual è questa strada? Gesù, annunziato dal Battista, prima d’uscire a vita pubblica per iniziare la sua predicazione, è passato per il deserto. Questa la sua strada. E nel deserto, se ha trovato la profonda intimità col Padre suo, ha incontrato anche le tentazioni, facendosi solidale così con tutti gli uomini. E ne è uscito vincitore. E’ la stessa strada che ritroviamo poi nella sua morte e resurrezione. Avendo Gesù percorso la sua strada sino in fondo, diventa egli stesso “via” per noi che siamo in cammino. E’ lui stesso la via per la quale dobbiamo incamminarci per poter realizzare sino in fondo la nostra vocazione umana, che è entrare nella piena comunione con Dio. Ognuno di noi è chiamato a preparare la via a Gesù, che vuole entrare nella nostra vita. Occorre, allora, raddrizzare i sentieri della nostra esistenza, perché egli possa venire in noi. Bisogna preparargli la strada, togliendo gli ostacoli ad uno ad uno: quelli posti dal nostro modo limitato di vedere, dalla nostra volontà debole. Occorre avere il coraggio di scegliere fra una nostra strada e la sua per noi, fra la nostra volontà e la sua volontà, fra un programma voluto da noi e quello pensato dal suo amore onnipotente. E una volta presa questa decisione, lavorare per adeguare la nostra volontà recalcitrante alla sua. Come? I cristiani realizzati insegnano un metodo buono, pratico, intelligente: ora, adesso. Nel momento, togliere sasso dopo sasso perché non più la nostra volontà viva in noi, ma la sua. Avremo così vissuto la Parola: “Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!” Chiara Lubich


[1] Parola di vita, dicembre 1997, pubblicata in Città Nuova, 1997/22, p.32-33.

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Le aziende dell’ Economia di Comunione

IL VOLUME L’Economia di Comunione, progetto nato in Brasile nel 1991 su iniziativa di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei focolari, è espressione di un agire economico che coniuga le regole e i valori dell’impresa con i valori della comunione. Attualmente coinvolge più di 700 imprese in tutto il mondo ed è oggetto di interesse e studio da parte di insigni economisti, sociologi, filosofi. Il presente studio ne ripercorre l’origine e gli sviluppi; gli obiettivi delle aziende che aderiscono al progetto, quali le problematiche di governance delle stesse e quali direttrici si possono individuare per misurare, rendicontare e comunicare all’esterno e all’interno le loro risultanze aziendali. Nella parte finale si analizza la problematica delle aggregazioni aziendali, definite Poli che stanno contribuendo allo sviluppo dei luoghi in cui hanno sede, diventando veri propulsori di crescita, economica, umana e culturale. LA CURATRICE Maria-Gabriella Baldarelli, professore associato di Ragioneria generale e applicata e di Contabilità e bilancio nel turismo sostenibile presso la Facoltà di Economia a Rimini dell’Università di Bologna e afferisce al Dipartimento di Scienze Aziendali. E’ titolare del corso di Management e Economia di Comunione presso l’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI) e docente presso l’Istituto di Scienze Religiose di Rimini sul corso: “Laboratorio sulla responsabilità sociale”. CONTRIBUTI DI: Caterina Ferrone, dottore di ricerca presso l’Università degli studi di Napoli Federico II; Elisa Golin, consulente aziendale; Erika Izzo, imprenditrice; Renato Medei, dottore di ricerca presso l’Università degli studi di Macerata; Giampietro Parolin, professore a contratto presso l’Università degli studi Milano-Bicocca. LA COLLANA – La collana IDEE/ECONOMIA, diretta da Luigino Bruni, raccoglie studi di approfondimento sulla realtà economica, alla ricerca dei fondamenti antropologici come orientamento nel mondo attuale caratterizzato dalla globalizzazione. Fonte: Città Nuova Editrice

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Spiritualità dell’unità: Gesù in mezzo

Forse niente spiega meglio gli inizi dei Focolari, quanto le parole dei discepoli di Gesù dopo l’incontro con Lui risorto ad Emmaus: «Non ardeva forse il nostro cuore, mentre egli conversava con noi lungo la via?» (Lc 24,32). Questa esperienza è essenziale per tutti coloro che si riferiscono alla spiritualità dell’unità. Perché nulla ha valore nel Movimento se non si cerca e si ricerca la presenza promessa da Gesù in mezzo ai suoi«dove due o tre sono uniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18,20) –, una presenza che vivifica, che allarga gli orizzonti, che consola, che stimola alla carità e alla verità e che fa dire con infinita nostalgia, quando la si è sperimentata: «Resta con noi, Signore, perché si fa sera» (Lc 27,29). Scriveva Chiara Lubich: «Avendo messo in atto l’amore vicendevole, avvertimmo nella nostra vita una nuova sicurezza, una volontà più decisa, una pienezza di vita. Come mai? È stato subito evidente: per questo amore si realizzavano fra noi le parole di Gesù: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome (cioè nel mio amore) io sono in mezzo a loro” (Mt 18,20). «Gesù, silenziosamente, si era introdotto come fratello invisibile, nel nostro gruppo. Ed ora la fonte dell’amore e della luce era lì presente in mezzo a noi. Non lo si volle più perdere. E meglio si comprendeva che cosa poteva essere stata la sua presenza quando, per una nostra mancanza, essa veniva meno. «Come un naufrago si aggrappa a qualsiasi cosa per potersi salvare, così anche noi cercavamo un qualsiasi metodo, suggerito dal Vangelo, per poter ricomporre l’unità spezzata. E, come due legni incrociati alimentano un fuoco consumando sé stessi, così, se si voleva vivere con Gesù costantemente presente in mezzo a noi, era necessario vivere attimo per attimo tutte quelle virtù (pazienza, prudenza, mitezza, povertà, purezza…) che ci sono richieste perché l’unità soprannaturale coi fratelli non venga mai meno. Capivamo che Gesù in mezzo a noi non è uno stato acquisito una volta per sempre, perché Gesù è vita, è dinamismo (…). «Dove due o più: queste parole divine e misteriose, spesse volte, nella loro attuazione, ci sono apparse meravigliose. Dove due o più… e Gesù non specifica chi. Egli lascia l’anonimato. Dove due o più… chiunque essi siano: due o più peccatori pentiti che si uniscono nel nome suo; due o più ragazze come eravamo noi; due, di cui uno è grande e l’altro piccolino… Dove due o più… e, nel viverle, abbiamo visto crollare barriere su tutti i fronti. Dove due o più… di patrie diverse: e crollavano i nazionalismi. (…) Dove due o più… anche fra persone che di per sé sono sempre state pensate opposte per cultura, classi, età… Tutti potevano, anzi dovevano unirsi nel nome di Cristo (…). «Gesù in mezzo a noi: fu un’esperienza formidabile. La sua presenza premiava in modo sovrabbondante ogni sacrificio fatto, giustificava ogni nostro passo condotto in questa via, (…) dava il giusto senso alle cose, alle circostanze, confortava i dolori, temperava la troppa gioia. E chiunque fra noi, senza sottigliezze e ragionamenti, credeva alle sue parole con l’incanto di un bimbo e le metteva in pratica, godeva di questo paradiso anticipato, che è il regno di Dio in mezzo agli uomini uniti nel suo nome». (altro…)

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Simposio interreligioso a Katowice

“Questo simposio ci ha fatto vedere che è possibile incontrarci e condividere le nostre esperienze di fede. È un ponte storico. Ci fa ricordare che la città di Katowice è multiculturale sin dalle sue origini. Oggi, il fatto che i rappresentanti di tre grandi religioni hanno parlato sui valori universali, come la verità, la pace, la giustizia, ci ha arricchiti reciprocamente.” Così si è espresso il vescovo della Chiesa Evangelica-Luterana, Taddeusz Szurman, alla conclusione del Simposio interreligioso, svoltosi alla vigilia di quello di Assisi, presso la Facoltà Teologica dell’Università a Katowice (Polonia) dal titolo “Pellegrini della verità, pellegrini della pace”. Promosso dall’Arcidiocesi, insieme alle autorità civili e all’Università di Katowice, il Simposio ha visto la partecipazione di 230 persone. Significativa la presenza degli ebrei, con Michael Schudrich, Rabbino principale della Polonia; dei musulmani, con l’Imam Nedal Abu Tabaq, Mufti della Lega Musulmana in Polonia; dei cristiani, rappresentati dall’Arcivescovo cattolico di Katowice Damian Zimon, dal Vescovo della Chiesa Evangelica-Luterana Taddeusz Szurman e dal responsabile per la Chiesa Ortodossa in Slesia Sergiusz Dziewiatowski; e di persone di convinzioni non religiose. C’erano anche alcune autorità civili, a cominciare dal Presidente di Katowice Piotr Uszok e rettori di varie università, oltre a rappresentanti di alcuni movimenti e comunità ecclesiali. Il Movimento dei focolari, a Katowice, che ha lavorato in vari ambiti della preparazione, non è nuovo al dialogo interreligioso. Infatti, mantiene rapporti con gruppi di musulmani con i quali, insieme alla Arcidiocesi e il Centro dei Musulmani, organizza la “Giornata dell’Islam nella Chiesa cattolica polacca” (promossa dalla Conferenza Episcopale Polacca da oltre 10 anni). Inoltre, si svolgono incontri con gruppi di ebrei e, quasi ogni mese, con dei musulmani nella sede del Movimento. Prima del Simposio, in focolare, i responsabili delle tre religioni monoteiste hanno stretto tra loro un patto di unità. Questa atmosfera di fraternità poggiata su relazioni profonde e di stima reciproca è stata, poi, sottolineata da molti dei partecipanti. Gli interventi hanno approfondito i concetti di pace e verità – nelle tradizioni cristiana, ebrea e musulmana. Il Mufti della Lega Musulmana ha sottolineato l’importanza di non avere paura gli uni degli altri, di scoprire le differenze come doni che arricchiscono. Il Rabino ha ricordato con affetto la figura di Giovanni Paolo II, il quale gli aveva mostrato la bellezza dell’essere aperti agli altri. Ciascuno ha espresso il desiderio di cercare ciò che unisce e di cooperare per il bene di Katowice e del mondo. “Sono molto grato a tutti gli organizzatori per aver reso questo simposio così fraterno– ha detto l’Arcivescovo di Katowice –. Ho visto una presenza notevole dei membri del Movimento dei Focolari, questo è stato molto importante, fondamentale per creare l’atmosfera di fraternità”. Come segno visibile è stato piantato un faggio nella piazza davanti alla Cattedrale di Katowice. “Ci sono tanti alberi a Katowice – ha detto il Rabino di Slesia Alta –. Questo, però, ha un significato particolare: simboleggia la fraternità vissuta da noi ebrei, cristiani e musulmani”. Il simposio si è concluso con la proclamazione di un Appello per la Pace – letto in tre lingue: polacca, ebraica ed araba. C’è scritto, fra l’altro: “Tutti vogliono contribuire affinché l’umanità diventi un’unica famiglia”. (altro…)

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In Sardegna è l’ora della pace

Orgosolo è una città nel cuore della Sardegna molto nota per i  murales che illustrano sulle case i problemi, le attese, le speranze di un popolo che vive prevalentemente di agricoltura, pastorizia; un popolo che conosce anche la paura per le vicende legate al banditismo, molto diffuso in questa zona. In questa città, all’alba del 24 Dicembre 1998, viene ucciso il viceparroco don Graziano Muntoni. Un solo colpo di fucile al petto e il dolore sconvolge tutta la comunità. Pur nella rabbia e nel comprensibile smarrimento, la gente del posto intuisce subito di non potersi limitare a condannare, ma sente di dover fare qualcosa di più. Ma che cosa, in una situazione del genere? La comunità comincia a riflettere sulle parole del Vangelo che invitano a domandare uniti qualunque cosa a Dio. Nasce l’idea di darsi un appuntamento ogni sera, in posti diversi, per invocare a Dio la pace per la loro terra con la stessa preghiera: è l’Ora della pace. La cosa è più complessa del previsto, perché la pace va generata, custodita, richiede un impegno a vivere la fraternità con ciascuno e ogni giorno. Con questa consapevolezza si mettono in campo le più diverse iniziative per diffondere la proposta dell’Ora della pace tra quante più persone possibili, anche ai ragazzi nelle scuole e  nei licei  in occasione di convegni. Si partecipa anche a una trasmissione televisiva sulla principale rete nazionale. L’Ora della pace porta in città una nuova speranza, molte persone si riconciliano fra loro dopo anni di tensioni; come G., una signora che una volta ci dice: “Devo trovare la forza di perdonare chi ha ucciso due miei figli e mandato in carcere gli altri due”. Poi, all’incontro successivo, è la stessa G., a raccontare: “Ho perdonato, la preghiera dell’Ora della pace che viviamo ha tolto l’odio dal mio cuore. Durante la Messa mi sono avvicinata ad una persona nemica e le ho stretto la mano”. Da allora anche altri stanno trovando la forza di perdonare cose altrettanto gravi, e sono atteggiamenti per niente scontati: come Anna, alla quale nel 2008 rapiscono e uccidono un figlio, e che sta riprendendo a vivere, a lavorare, più serena e pacificata pur nella tragedia, e anche quando  è venuta a sapere di un sospettato per l’omicidio del figlio, non ha chiesto per lui la punizione, ma un incontro vero con Dio La scelta della fraternità porta a far nostro questo abisso di dolore in cui vive parte della nostra gente e ci mette non di rado a prenderci le responsabilità di quanto proponiamo, anche di fronte alle istituzioni. Così un istituto magistrale ha elaborato, dalla nostra esperienza, un progetto per una cultura di pace e di perdono tra i ragazzi, un progetto i cui risultati saranno raccolti in un volume sottoposto all’attenzione delle Nazioni Unite. I nostri sforzi per costruire la pace, anche là dove sembra quasi impossibile, stanno portando a dei risultati concreti che donano un nuovo volto alle nostre città. Dalla comunità dei Focolari di Orgosolo (Nuoro)-Italia (altro…)

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In carcere: la forza del perdono

Provenienti da tutta Italia, Slovenia, e con rappresentanze da Argentina, Germania, Olanda, Portogallo e Sudafrica, i mille partecipanti al convegno annuale degli aderenti dei Focolari, hanno riflettuto e condiviso esperienze sul tema della Parola di Dio, argomento al centro dell’approfondimento di quest’anno. Fra le testimonianze presentate, anche l’esperienza di un gruppo di evangelizzazione nel Benin, il Paese che dal 18 al 20 novembre scorso ha ospitato la visita di Benedetto XVI, per il suo secondo viaggio apostolico nel continente, e per la consegna dell’esortazione post sinodale sulla Chiesa in Africa, al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. Nel Benin da diversi anni un gruppo dei Focolari organizza incontri con i detenuti per portare la luce della Parola di Dio. Spesso i prigionieri sono respinti sia dalla società sia dalle proprie famiglie. La lettura della Parola di Dio riesce ad aprire varchi inaspettati nelle persone facendo germogliare rapporti profondi che riguardano non soltanto la fede ma anche i vissuti spesso di sofferenza che i detenuti raramente riescono a raccontare, come per esempio i motivi della loro detenzione. Questo permette ai volontari di intervenire presso il tribunale, affinché il caso di alcuni sia preso in considerazione: ci sono infatti persone in carcere da dieci, quindici anni senza essere mai state ascoltate da un giudice. Molti casi hanno trovato soluzione, e i prigionieri detenuti ingiustamente, sono stati liberati. Tra le storie spicca quella di Paula detenuta ingiustamente in carcere a causa di suo marito senza avere alcuna notizia dei suoi figli. Paula si apre in un rapporto profondo con una delle volontarie che la va a trovare in carcere per gli incontri sulla Parola. Lentamente trova dentro di sé la forza del perdono fino a quando il tribunale la chiama per comunicarle la sua liberazione. Paula però sa di tornare a casa con il cuore liberato dal peso dell’odio e della vendetta.


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Spiritualità dell’unità : Maria, Madre di Dio

Ave Cerquetti, 'Mater Christi' - Roma, 1971

Maria, la Madre di Dio, è stata presente nella vita del Movimento sin dagli inizi. Chiara Lubich, innumerevoli volte ricordò un episodio accadutole quando, sotto un terribile bombardamento che poteva essere per lei e per le sue prime compagne fatale, percepì personalmente qualcosa che riguardava Maria Santissima: «Coperta di polvere, che invadeva tutto il rifugio – ricordava –, alzandomi da terra quasi miracolata, in mezzo alle urla dei presenti, ho detto alle mie compagne: “Ho provato un acuto dolore nell’anima ora, mentre eravamo in pericolo: quello di non poter più recitare, qui in terra, l’Ave Maria”. Allora non avevo afferrato il senso di quelle parole e di quella sofferenza. Era esprimere inconsciamente il pensiero che, rimanendomi la vita, con la grazia di Dio, avrei potuto rendere una gloria a Maria con l’Opera che stava per nascere». Che il Movimento dei focolari abbia come nome ufficiale ‘Opera di Maria’ allora non stupisce. Né che si siano chiamati ‘Mariapoli’ i suoi principali incontri, così come ogni cittadella permanente. E che ogni centro congressi venga ora definito un  ‘Centro Mariapoli’. Scriverà Chiara nel 2000: «Maria aveva usato per il nostro Movimento la stessa maniera utilizzata con la Chiesa: tenersi nell’ombra per lasciare tutto il risalto a chi lo doveva avere, cioè il figlio suo che è Dio. Ma quando giunse il momento del suo ingresso – per così dire ufficiale – nel nostro movimento, ecco che lei si mostrò, o meglio Dio ce la svelò, grande, in proporzione di quanto aveva saputo scomparire. È stato nel 1949 che Maria disse al nostro cuore veramente qualcosa di sé. È stato quello un anno di grazie particolari, forse un ‘periodo illuminativo’ della nostra storia. Si capì che Maria, incastonata come rara e unica creatura nella Santissima Trinità, era tutta Parola di Dio, era tutta rivestita da essa. E se il Verbo, la Parola, è la bellezza del Padre, Maria, sostanziata di Parola di Dio, era di una bellezza incomparabile. «Fu così forte la nostra impressione di fronte a questa comprensione che tuttora non la possiamo dimenticare; anzi, capiamo come allora ci sembrasse che solo gli angeli potessero balbettare qualcosa di lei. Il vederla così ci attrasse a lei, e nacque un amore nuovo per lei. Amore al quale ella evangelicamente rispose, manifestandosi più chiaramente alla nostra anima per quello che era: Madre di Dio, Theotókos. Non solo quindi la giovinetta di Nazareth, la più bella creatura del mondo, il cuore che contiene e supera tutti gli amori delle mamme del mondo, ma: la Madre di Dio. «E, in quel momento – non senza una grazia di Dio – Maria ci svelò una sua nuova dimensione che fino allora a noi era rimasta completamente ignota. Sì, perché prima vedevamo Maria di fronte a Cristo e ai santi – per far un paragone – come nel cielo si vede la luna (Maria) di fronte al sole (Cristo) e alle stelle (i santi). Ora no: la Madre di Dio abbracciava, come un enorme cielo azzurro, il sole stesso (…). «Ma questa nuova, luminosa comprensione di Maria, non rimaneva pura contemplazione (…). Ci divenne chiaro, così, che Maria rappresentava per noi il modello, il “dover essere”, mentre vedevamo ciascuno di noi come un “poter essere” Maria». (altro…)

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Storie di una maestra

«Sto facendo lezione nella mia nuova classe, una prima elementare di 26 bimbi vivacissimi. Appena conquistata faticosamente la loro attenzione sento bussare alla porta: è la bidella che mi avverte di una telefonata. Si tratta della mamma di Paolo, separata burrascosamente dal marito e con il quale è in perenne litigio. Entrambi i genitori in questi giorni si stanno contendendo il figlio con mosse discutibili, e tempestano di telefonate anche noi insegnanti. Avrei tutti i motivi per rispondere che non posso andare al telefono, che sto facendo lezione e che immagino già di cosa si tratti. Ma in quel momento tra i legittimi ragionamenti di un’ insegnante interrotta nel suo lavoro, si fa strada luminosa, la frase della Parola di Vita: “Fammi parlare sempre come fosse l’ultima parola che dico”. È un’occasione di vigilare! Sorrido alla bidella, le affido la classe e vado al telefono con cuore nuovo. Ascolto ciò che già immaginavo … ma fino in fondo, senza giudicare, senza far pesare il “disturbo” arrecato. Alla fine riesco a dire alla mamma di Paolo che la capisco, che comprendo il suo stato d’animo, ma che credo che, per il bene di Paolo, si può mettere da parte l’orgoglio ferito e il rancore, e agire unicamente per il bene del bambino. Quando un paio d’ore più tardi passo nel corridoio, la bidella si avvicina e mi dice: “Sai, ha ritelefonato quella mamma, … mi ha detto solo di dirti Grazie”. Qualche giorno fa mentre sto uscendo da scuola di corsa, con mille programmi da svolgere e le spese da fare, mi ferma Flora, una bidella di origine brasiliana che da poco lavora nel nostro Istituto. Deve fare una domanda scritta alla Dirigente scolastica, e non sa da che parte cominciare, anche per le sue difficoltà con la lingua. Mi viene da chiedermi perché tra tanti insegnanti, lo stia chiedendo proprio a me che sono così occupata. La Parola di Vita mi invita ancora a “vigilare”: è Gesù che me lo sta chiedendo! Voglio forse rispondergli che ho fretta e chieda a qualcun altro? Mi siedo con Flora la aiuto a scrivere la domanda. Poi le propongo di batterla al computer perché si presenti meglio, ma Flora non ne conosce l’uso. Andiamo insieme nell’aula di informatica e la scrivo per lei, senza guardare l’orologio. Due mattine dopo mentre sto entrando nell’aula Docenti, Flora mi ferma e mi dona una bellissima sciarpa azzurra. “Non dovevi farlo, non è necessario” le dico. E lei mi risponde: “Ma anche io voglio poterle voler bene come lei ha fatto con me”». (B. P. – Italia) (altro…)

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In Bolivia: un asilo coraggioso

Si chiama La Guardia la cittadina dove abitano Reina e Jorge Gutierrez con la loro famiglia, a venti chilometri da Santa Cruz, la città emergente boliviana. Reina è sensibile alle sofferenze dei bambini già dall’età di sei anni, quando lei stessa, orfana di madre, fu messa insieme al fratellino in un istituto. Anni dopo, l’intuizione dell’asilo, avuta insieme ad un volontario AFN. Racconta:  «Non c’era nulla, ma eravamo nelle condizioni migliori per credere alla provvidenza di Dio. Poter mostrare che l’Ideale dell’unità cambia radicalmente le persone mi sembra un contributo specificamente boliviano all’evangelizzazione.» «Non basta la buona volontà, ma serve anche la competenza. Mi sono così iscritta a psicopedagogia nel momento in cui avevamo intuito che avremmo potuto metter su un asilo». E così si è laureata in quattro anni, periodo nel quale prima progettò e poi costruì l’asilo, completato nel 2008 e poi inaugurato alla presenza di tante autorità, e dei suoi vicini. Avendo bisogno del pane per i 120 bambini dell’asilo, Reina ha inventato anche un panificio, modesto ma efficientissimo, curato da un’équipe affiatata, composta da donna Esperanca, da Carlito, un bimbo di nove anni, da suo figlio Daniel, che di anni ne ha 18, e da una giovane ragazza di 15 anni, che lavora al panificio e studia la sera. Dall’asilo giunge l’eco di bimbi e di giochi. I locali appaiano pulitissimi e ben progettati. Le maestre intrattengono i bambini delle varie età, dai due ai 10 anni, con solerzia e con un pizzico di anarchia che non guasta. Inventano giochi coi palloncini colorati, distribuiscono la merenda come fosse un’avventura d’esplorazione. Ogni bambino ha una sua storia di povertà ed emarginazione, di alcolismo e infedeltà dei genitori, di eroismo. Storie da non credere. In un locale, due donne intente a cucire. Pure una sartoria, s’è inventata Reina! C’è Rita, che ha sette figli, che fa la maestra, e che viene qui nei periodi di riposo. Ed Elisa, che invece è stata abbandonata dal marito e che qui si è sottratta alla depressione. Reina è così: vedendo singoli casi in difficoltà s’inventa soluzioni adeguate. L’ufficio di Reina è ingombro di libri. Qui la donna fa pure terapia ai bambini con difficoltà d’apprendimento. L’asilo è sostenuto dai contributi comunali e la collaborazione con ong, soprattutto del sostegno a distanza Azione per Famiglie Nuove; senza dimenticare i contributi dello Stato per l’alimentazione, la quota di 1,20 bolivar al giorno (10 centesimi di euro) chiesta ai genitori dei bambini, questione di mantenere dignità e partecipazione. Tutti coloro che lavorano all’asilo o nelle attività connesse ce la mettono tutta per «provocare la provvidenza». Campeggia una frase sotto una fotografia di Chiara Lubich: «Essere sempre famiglia». «Questa frase l’ho fatta mia – conclude Reina –. Lavoro ogni giorno perché i bambini qui possano sempre trovare uno spazio di famiglia». Quasi per lenire una ferita che viene da lontano. Nel suo cuore. Per sostenere i progetti di AFN-onlus si può versare il proprio contributo su uno dei seguenti conti:

  • C/C postale n. 48075873
  • c/c bancario n° 1000/1060 presso BANCA PROSSIMA

Cod. IBAN: IT55 K 03359 01600 100000001060 Intestati a ASSOCIAZIONE AZIONE PER FAMIGLIE NUOVE – Onlus via Isonzo, 64 – 00046 GROTTAFERRATA (Roma) (Fonte: “Spazio Famiglia”, inserto allegato al n.21 di Città Nuova 2011, pag. 12 e 13) (altro…)

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Spiritualità dell’unità: lo Spirito Santo

È indubbiamente un “Dio sconosciuto” lo Spirito Santo. Molto se ne parla, ma pochi sanno chi sia, come agisca, di quale bellezze e di quali fantasie divine sappia rivestirsi. Anche senza manifestarsi direttamente, Chiara Lubich e le sue prime compagne avvertirono che Egli era all’opera fin dai primi palpiti di vita del  Movimento. Un Dio, per così dire, che si è tenuto nascosto con somma cura, insegnando loro cos’è l’amore, Lui che lo impersona. Lui il comunicatore, l’amore tra Padre e Figlio, Lui il “soffio leggero”. Scrive Chiara: «Abbiamo assistito, in tutta la nostra nuova vita, giorno dopo giorno, alla sua azione, a volte dolce, a volte forte, a volte persino violenta; e non ci siamo quasi accorti di lui. Ma dalla prima scelta di Dio amore, alla luce che illuminava le parole del Vangelo, dalla rivelazione di Gesù abbandonato, alla gioia, la pace e la luce che sentivamo sgorgare nei nostri cuori, vivendo il comandamento nuovo, non era altro che lo Spirito Santo all’opera. Viene veramente da dire che si potrebbe riscrivere la storia del Movimento, attribuendola tutta allo Spirito Santo. Solo ora vediamo infatti come egli sia stato il grande protagonista della nostra avventura, Colui che ha mosso ogni cosa «Ma ora che egli ci si è rivelato per ciò che veramente è stato per noi, possiamo rintracciarne le impronte luminose, in innumerevoli segni della sua azione costante e imprevedibile. Quella voce interiore che ci guidava nel nuovo cammino, quella atmosfera particolare che aleggiava nei nostri incontri, quella potente liberazione di energie latenti, che purifica e rinnova, quell’alchimia divina che muta il dolore in amore, quelle esperienze di morte e risurrezione: tutto questo, e tanti altri fenomeni sorprendenti che hanno accompagnato il nostro cammino di vita, hanno un solo nome, che abbiamo imparato a riconoscere, per essergli infinitamente grati e per sentirci spinti a chiedere il suo intervento in tutti i nostri affari quotidiani, dai più semplici ai più esigenti. Egli ci ha dato il coraggio di affrontare le folle, di lasciare la patria, di affrontare disagi, contrarietà, spesso con gioia. Ma l’effetto più profondo, più radicale, più caratteristico è quello di essere fra noi legame di unità. « Lo Spirito Santo è il dono che Gesù ci ha fatto perché fossimo uno come Lui e il Padre. Senz’altro lo Spirito Santo era in noi anche prima, perché cristiani; ma qui c’è stata una nuova illuminazione, una sua nuova manifestazione dentro di noi, che ci fa partecipi e attori di una nuova Pentecoste, assieme a tutti quei movimenti ecclesiali che fanno nuovo il volto della Chiesa».


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Canonizzazione Giordani: a che punto siamo

La causa di canonizzazione di Igino Giordani procede spedita. Dopo la chiusura della fase diocesana, avvenuta il 29 settembre 2009, tutti i materiali sono stati consegnati alla Congregazione delle Cause dei Santi, in Vaticano. Essa ha formulato al postulatore, don Silvestre Marques, alcune ulteriori richieste in merito alla presentazione e all’organizzazione dei documenti. Il Centro Igino Giordani ha lavorato quest’estate per precisare ogni cosa, e per dare risposte puntuali alla Congregazione. Adesso sta cominciando la fase di analisi formale della validità canonica dei materiali, al termine della quale inizierà lo studio delle cosiddette «virtù eroiche» di Foco, cioè della sua vita evangelica. Sono numerose le segnalazioni di grazie che Dio ha concesso a quanti hanno domandato l’intercessione di Foco. I casi più frequenti riguardano l’ambito familiare: il desiderio per l’arrivo di un figlio, la ricostruzione dell’unità in famiglia, la salute dei bambini… La famiglia è stata, infatti, uno dei temi importanti che Igino Giordani – Foco ha portato avanti in vita, e adesso in Paradiso immaginiamo che continua il suo amore per essa, soprattutto per quelle famiglie che versano in particolari difficoltà. A cura del Centro Igino Giordani Sito ufficiale: www.iginogiordani.info

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Solidarietà: Thailandia, Turchia, Italia

Nella situazione di grande emergenza in alcune zone del mondo, in particolare in Thailandia per le massicce alluvioni, in Turchia per il violento terremoto, e nel Nord e Centro Italia per la forte inondazione, ci siamo messi in contatto appena possibile con membri dei Focolari nelle rispettive zone. Da Bangkok: “Viviamo una situazione di sospensione. Molte parti della città sono già inondate. Tanti sono già usciti dalla città anche perché l’acqua potabile e il cibo sono scarsi e manca l’elettricità. Sappiamo che diverse delle nostre famiglie hanno la loro casa inondata. Nel nord, sotto l’acqua già da più di un mese, conosciamo delle scuole cattoliche che hanno bisogno di aiuto per riparare le strutture, una volta che l’alluvione è finita. I giovani del Movimento hanno fatto diverse iniziative per raccogliere i soldi per le prime necessità. Sono andati a distribuirle nel campo più grande per gli alluvionati.” Da Istanbul: “La zona colpita è tra le più (se non la più) povere della Turchia, ed è già uno sforzo anche il solo mandare i bambini e i ragazzi a scuola che hanno l’obbligo, oltre che dei libri e materiale vario, anche della divisa scolastica. Per non parlare delle prime necessità di cui già la gente è bisognosa nell’ordinario; figurarsi dopo un terremoto!” Da Piemonte, Liguria e Toscana: molti dei Focolari hanno prestato soccorso insieme a tutti i volontari. Il Consorzio Tassano, azienda di Economia di Comunione, è sceso in campo, imprenditori e lavoratori insieme, per unirsi all’ondata di solidarietà e agli ingenti sforzi per ridurre i danni. Parte adesso, dopo i primi aiuti già arrivati, un’azione mondiale di raccolta di fondi rivolta tutti i giovani del Movimento e a chiunque voglia partecipare, per far fronte alle necessità delle persone che vivono in queste zone. È possibile inviare la somma raccolta tramite bonifico bancario, a queste coordinate: CONTO CORRENTE DELLA SEGRETERIA CENTRALE DEI GIOVANI PER UN MONDO UNITO (GMU) Specificare la causale della transazione. CONTO INTESTATO A:    PIA ASSOCIAZIONE MASCHILE OPERA DI MARIA Via Frascati 306, Rocca di Papa, 00040 Roma, Italia INDIRIZZO BANCA:          INTESA SAN PAOLO FILIALE DI GROTTAFERRATA VIA DELLE SORGENTI, 128 00046 GROTTAFERRATA (ROMA) ITALIA CODICE IBAN PER TRANSAZIONI NAZIONALI E INTERNAZIONALI IBAN  IT04  M030  6939  1401  0000  0640  100 BIC  BCITITMM Per info: www.mondounito.net (altro…)

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Per un anno insieme

L’agenda che accompagna da decenni la vita di tante famiglie nel mondo quest’anno si propone con un tema semplice ed importante, che da sempre sta alla base della vita cristiana: vivere la Parola. Sin dagli anni ’80, quando è nata l’idea di un’agenda, le famiglie nuove  hanno desiderato offrire attraverso di essa lo stile di vita che nasce dal vangelo. Quest’ anno attraverso una nuova veste grafica studiata per valorizzare i pensieri di Chiara Lubich, flash di vita e brevi approfondimenti su tematiche famigliari è più maneggevole e versatile. Il formato quadrato offre maggiore spazio a disposizione per segnare note, ricorrenze, impegni e le spese del bilancio familiare. Oltre ad essere utile e pratica, aiuta a trovare tante energie positive per il quotidiano grazie anche a pensieri di celebri autori che accompagnano le famiglie giorno per giorno. Vivendo per un anno insieme anche attraverso un semplice strumento come l’agenda, le famiglie possono diventare più consapevoli e protagoniste nella costruzione di un futuro dove l’umanità sia più famiglia. http://www.cittanuova.it/eshop_scheda.php?idContenuto=35571

Comunità e movimenti cristiani: in cammino insieme

Il discorso di Gerhard Pross di Esslingen (Germania, rappresentante del gruppo promotore internazionale di “Insieme per l’Europa”) è stato la base e il punto di partenza di quest’incontro di approfondimento della comunione ecumenica. Nel suo intervento Pross ha ripercorso la storia di Insieme per l’Europa, che ebbe inizio il 31 ottobre 1999, quando ad Augsburg fu firmata la dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione. Allora Chiara Lubich aveva parlato dell’amore come strada verso l’unità. “Un discorso ricco di conseguenze”, ha detto Pross, perché in seguito rappresentanti evangelici e cattolici andarono incontro gli uni verso gli altri per chiedersi perdono dal profondo del cuore. “Lo Spirito Santo aveva fatto irruzione nella storia, e tutti sentirono che stava iniziando qualcosa di nuovo. La riconciliazione dava inizio al movimento Insieme” ha rilevato Pross. Gli incontri successivi hanno portato a riconoscere che l’unità non doveva riferirsi soltanto al popolo di Dio, ma che doveva aiutare al rinnovamento della società in Europa. Non a caso Pross ha scelto come titolo del suo discorso “La speranza ha bisogno di una visione”. Dalla separazione delle chiese Dio ha tratto qualcosa di positivo. Ogni chiesa e ogni movimento ha sviluppato un suo carisma particolare. Dall’ insieme tra le chiese all’Insieme per l’Europa. La tavola rotonda con rappresentati delle chiese è stata un altro momento centrale nella giornata. Moderata da Benedikt Walker (Gruppi biblici universitari, GBU), vi hanno preso parte Mons. Martin Gächter, vescovo ausiliare e delegato della Conferenza dei Vescovi, Rev. Adèle Kelham, pastoressa della Chiesa anglicana e Presidente della Comunità di Lavoro delle Chiese Cristiane in Svizzera e Kristin Rossier Buri, pastoressa della Chiesa riformata e vicepresidente della Federazione delle Chiese Evangeliche della Svizzera (SEK-FEPS). “Varie sono le strade per trovare Dio”, ha detto Kristin Dossier, “ed è evidente che questo deve riflettersi anche nella nostra federazione”. Alla domanda “Quale effetto spera per la comunità?” Adèle Kelham risponde: “Se noi cristiani riusciamo ad esprimere insieme i nostri punti di vista sui problemi ecclesiali e sociali, veniamo ascoltati. È importante che esponiamo con più coraggio i valori cristiani comuni.” Non una rinuncia alla propria identità, ma un reciproco riconoscimento dei doni particolari di ciascun movimento. Kristin Rossier: le chiese possono imparare ancora molto dai movimenti nell’impegno a vivere il Vangelo.   Costruire ponti. Nella sala conferenze del centro Eckstein a Baar è stato costruito un ponte simbolico in sagex. Dopo i dialoghi nei gruppi chi lo desiderava poteva scrivere su un foglietto l’impegno preso e fissarlo sul ponte; ciò che ancora poteva pesare o essere di ostacolo per la comunione come le imperfezioni e le separazioni persistenti é stato cestinato in un contenitore posto sotto il ponte. Nei gruppi si sono veramente costruiti ponti di comprensione vicendevole. Brani musicali e canti hanno accompagnato la preghiera comune fino a rinnovare il “patto” di continuare, con l’aiuto di Dio, il cammino insieme per essere sale e luce nella società. Alfred Gassmann (altro…)

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Argentina: a Buenos Aires la santità e i giovani

Franz Coriasco firma e dedica il suo libro ai giovani lettori

Una festa dei giovani. Così si è ricordata la Beatificazione di Chiara Luce Badano a Buenos Aires. Tutto ha testimoniato una manifestazione della santità possibile per qualsiasi tipo di persona.  La giornata si è svolta in una grande sala della Facoltà di Scienze Economiche dell’Università di Buenos Aires, che si è riempita con la presenza di 900 persone. Il momento centrale della giornata era una intervista a Franz Coriasco, che aveva viaggiato apositamente per questo incontro, per presentare il suo libro “Entre cielo y tierra” (Dai tetti in giù),  che lui –da non credente– ha scritto su Chiara Luce.  Il dialogo si è snodato tra la sapienza e la quotidianità, che vanno insieme, e la sua testimonianza della santità di Chiara Luce, della sua vita come modello per tutti della ricerca sincera e caparbia della vera felicità. I giovani erano in un profondo atteggiamento di ascolto. E’ stata una festa semplice con numeri essenziali ma che trasparivano autenticità, freschezza, radicalità, col linguaggio di oggi. Molti si sono sentiti rappresentati nelle coreografie e nei mimi che esprimevano la incessante ricerca della luce e della verità. Sembrava vedere Chiara Luce moltiplicarsi sul volto felice di tanti e tante giovani: la sua fiaccola continua ad essere accesa e ad avanzare.   A cura di Carlos Mana

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Reportage

Essere fuoco: la giornata dei giovani olandesi 7 novembre 2011Con i giovani cattolici olandesi, le comunità dei Focolari dei Paesi nordici, gli abitanti della cittadella Marienkroon: la terza giornata di Maria Voce e Giancarlo Faletti in Olanda. Gioia tra fratelli.
Buon compleanno, Olanda! 7 novembre 2011 La festa per il cinquantesimo dei Focolari nei Paesi Bassi.

Olanda: con le comunità dell’Europa del nord

6 novembre 2011 La presidente dei Focolari incontra le comunità del Movimento della Norvegia, Svezia, Finlandia, Danimarca, Islanda e Olanda. Colloquio con alcuni vescovi cattolici. Incontro a tu per tu con i giovani.

Olanda: con le comunità dell’Europa del nord 6 novembre 2011 La presidente dei Focolari incontra le comunità del Movimento della Norvegia, Svezia, Finlandia, Danimarca, Islanda e Olanda. Colloquio con alcuni vescovi cattolici. Incontro a tu per tu con i giovani.
Una cittadella per l’Olanda 4 novembre 2011 I responsabili del Movimento dei focolari in visita alle comunità dell’Olanda. S’inizia da Marienkroon, già centro di spiritualità cistercense e ora cittadella dei Focolari.

   

     

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Essere fuoco: la giornata dei giovani olandesi

Bagno di ragazzi per Maria Voce al Convegno annuale dei giovani cattolici olandesi, organizzato il 6 novembre dalla Conferenza episcopale insieme a vari movimenti. Migliaia i partecipanti. Lo stile è quello dei concerti rock, ritmo veloce, canzoni a tutto volume, simpatia, ma anche riflessione. L’identità cattolica, minoritaria in Olanda, è fortemente sottolineata. Tra una canzone di argomento religioso e l’altra, l’intervista ad un sacerdote, poi tocca a Maria Voce. Un gruppetto di gen sale con lei sul palco. Le pongono alcune domande. Le risposte sottolineano l’unità più che la diversità: «Prima di essere di questa chiesa o di quell’altra, credenti o no, siamo tutti figli di Dio, quindi fratelli». Maria Voce ricorda quando conobbe il Movimento, come fu colpita dall’affermazione: «Questa non è un’organizzazione, è una vita; se tu vivi il vangelo fai parte di questo gruppo». Seguono altre canzoni, l’intervista al vescovo che da 12 anni segue i giovani e che ora lascia questo incarico ad un suo vescovo ausiliare (anche lui intervistato), un video sulla GMG, un quarto d’ora di Radio Maria che ha aperto le trasmissioni in Olanda. E poi la santa messa, i workshop, gli stand. Tante emozioni, soprattutto emozioni. Ma anche in tanti un serio impegno a vivere e testimoniare quel “fuoco” a cui la giornata era intitolata e che oggi è stato acceso o riacceso. La presentatrice ripete: «Facciamoci accendere!». Nel pomeriggio, nella cittadella Marienkroon, Maria Voce incontra i membri dei Focolari arrivati da Danimarca, Norvegia, Svezia, Islanda e Finlandia. «Abbiamo sempre sognato che Chiara Lubich potesse venire a visitare i nostri paesi, ma non è riuscita. Ora questo è un momento storico per noi». Così accolgono la presidente, con familiarità, confidenza, tanto calore (e dicono che i popoli del nord sono freddi!), raccontando vittorie e difficoltà, soprattutto nel campo dell’ecumenismo. Maria Voce li ringrazia per la loro fedeltà e li incoraggia: «Dobbiamo arrivare alla famiglia universale. Ricordiamoci però che noi non facciamo il dialogo tra le religioni, ma tra le persone. Ad esempio nel recente grande incontro fra le Religioni ad Assisi ho avuto una grande gioia perché quasi tutti i convenuti, di diverse religioni, conoscevano il Movimento e mi testimoniavano la loro riconoscenza. Certo, a volte possiamo scoprire differenze che non riusciremo mai a superare, ma possiamo però accettarci fino in fondo, amandoci così come siamo. E devo testimoniare che nel 2011 ho avuto la sorpresa di trovare persone di altre religioni non più solo in dialogo con noi come dall’esterno, ma tutti insieme davanti al mondo per testimoniare l’ideale dell’unità.» Alla fine le canzoni, le foto, i saluti, un po’ di commozione e la promessa di rivedersi presto, magari in uno di questi paesi nordici! Ultimo momento della giornata, l’incontro con gli abitanti della cittadella, specialmente i pionieri, sulle cui vite e disponibilità a lasciare tutto, è nata e cresce Marienkroon. Persone che magari non hanno mai avuto il microfono in mano in occasioni pubbliche, ma che ora, davanti alla presidente, si fanno coraggio e donano con semplicità il racconto dei momenti più intimi della loro vita. «Lavoro nella cittadella perché le persone possano dire: “Com’è bello qui”. E trovare Dio, perché Dio è bello». Marienkroon: una cittadella unica, una cittadella fatta di cuori. Dall’inviato Giulio Meazzini (altro…)

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Giovani, Italia: l’impresa dei mille

«Se l’Italia sapesse che mille giovani, in questo momento, sono riuniti per capire insieme come dare il loro contributo al Paese, sarebbe un segnale fortissimo». Forse potrebbe sembrare eccessiva la frase pronunciata da uno dei partecipanti al congresso dei giovani del movimento dei Focolari, tenutosi tra Sassone e Castelgandolfo (Roma) dal 3 al 6 novembre; ma è comunque indicativa di come, nell’attuale contesto di scoraggiamento e disaffezione dalla buona vecchia “cittadinanza attiva”, anche un numero relativamente piccolo di persone che discute di un tema che dovrebbe essere comunemente all’ordine del giorno sia un evento degno di nota. Per la prima volta i Gen2 – come vengono chiamati, appunto, i giovani dei Focolari – hanno tenuto il loro incontro annuale non a livello mondiale, come da sempre era loro abitudine, ma italiano. Hanno condiviso tra ragazzi e ragazze due pomeriggi di lavoro in gruppi ristretti, in cui il loro impegno per l’Italia è stato analizzato sotto quattro punti di vista: come persona, come cittadino, come cristiano, e come aderente al movimento. Quattro dimensioni che si compenetrano e non possono essere scisse, per una partecipazione completa alla vita del Paese. E forse, in un’epoca in cui si lamenta la mancanza di proposte concrete – unanime, infatti, la denuncia del disinteresse per la cosa pubblica e per il bene comune di tanti loro coetanei –, la vera notizia è che di idee ne sono uscite parecchie. Questi giovani “attivamente indignati” possono infatti contare su un bagaglio di iniziative già avviate – dai Focolari stessi o da altri movimenti, associazioni, enti e istituzioni – sulle quali continuare a costruire, o da usare come fondamenta per costruire da zero. Così è stato suggerito di fare in ogni città una lista delle attività alle quali – singolarmente o come movimento – si può da subito contribuire; oppure di lanciare degli spot in tv per farsi conoscere e fare opinione, sfruttando un mezzo di comunicazione sentito come “da riformare”; o ancora, di usare Città Nuova online come piattaforma comunicativa, anche tramite video e web radio. Ma soprattutto è emersa l’esigenza di mettersi in rete a livello nazionale per coordinare la propria azione. Interessante in questo senso la proposta di una “banca dati dei talenti”, che consenta di sapere in tempo reale su che competenze possono contare i Gen in ciascuna città: «A Torino – ha fatto notare Luca – ero l’unico a studiare fisica, mentre a Bologna c’era un gruppo abbastanza vasto di fisici all’università». Un modo per incidere insieme nel quotidiano in ciascun campo professionale, nella realtà sociale, e non da ultimo nella politica: diversi gli appelli a chi si sente chiamato a dare il proprio contributo a cogliere la sfida. Così come ha fatto Maria Chiara Campodoni, ventiseienne assessore allo sport del Comune di Faenza, che ha raccontato come sta vivendo questo suo servizio alla comunità impegnandosi anche nei contesti al di fuori del proprio bacino elettorale: «Perché noi siamo lì per tutti, non solo per chi ci ha votati». È stata lei infatti una delle partecipanti alla tavola rotonda con esperti che ha chiuso i lavori. A confrontarsi con i giovani sono stati, oltre a lei, Daniela Ropelato e Marco Fatuzzo del Movimento politico per l’unità, Paolo Loriga e Maddalena Maltese di Città Nuova, don Tonino Gandolfo e Chiara Baita, studentessa del quinto anno di scienze religiose ad Udine. Le quattro dimensioni sotto cui era stato considerato l’impegno per il Paese sono state così prese in considerazione da chi – pur avendo magari la stessa età dei partecipanti – vanta una più lunga esperienza. Anche perché è emersa unanime l’esigenza di essere meglio informati e meglio formati, per poter affrontare le sfide che oggi si pongono. Fortunatamente «il movimento vi offre già diversi strumenti – ha fatto notare Paolo Loriga –, come la cittadella di Loppiano col suo Istituto Universitario Sophia, le scuole di partecipazione politica o quelle di Economia di Comunione». Insomma, come ha affermato una giovane partecipante, «sento che da oggi non abbiamo più scuse». Sarà un punto di svolta per i giovani presenti, e anche al di là? Difficile dirlo; certo, in una fase storia in cui, come hanno fatto notare diversi tra gli esperti, le grandi forze dell’economia e della politica stanno disaggregando il Paese, mille giovani che in tutta Italia si mettono in rete e partono già con proposte concrete sono una risorsa che può riservare sorprese. di Chiara Andreola Fonte: Città Nuova online

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Buon compleanno, Olanda!

La sala prefabbricata allestita in un prato della cittadella Marienkroon è piena. Il colpo d’occhio notevole: 800 uomini e donne, grandi e piccoli, danesi e olandesi, finlandesi e islandesi, svedesi e norvegesi, arrivati qui anche da molto lontano per festeggiare, insieme a Maria Voce e Giancarlo Faletti, l’anniversario dell’arrivo del Movimento in Olanda. La domanda sorge spontanea: perché funziona sempre? Cosa c’è sotto questa gioia palpabile che rende fratelli persone di età, razze e convinzioni così diverse? Le canzoni delle ragazze sul palco sono in olandese, ma coinvolgono anche chi non parla questa lingua perché più che le parole contano i sorrisi. Forse il segreto è che si parte dalla vita, dall’amore concreto e solo dopo essere diventati amici si arriva al confronto culturale. O forse dipende dal fatto che Chiara Lubich ha insegnato a non fermarsi a problemi e incomprensioni, ma andare avanti, ricominciare sempre vedendosi nuovi ogni mattina. Tre trombe, un violino, due flauti, una batteria ed un piano formano l’orchestra. Si ripercorrono le tappe salienti di un’avventura che continua: l’arrivo dei focolarini in Olanda nel 1961, il Genfest con 4 mila giovani nel 1976, la visita di Chiara nel 1982, l’apertura dei focolari a Copenhagen, Stoccolma e Oslo negli anni Ottanta, le prime visite in Islanda nel 1989 e la famiglia focolare arrivata nel 2010 dalla Polonia, l’inaugurazione del nuovo Centro Mariapoli nella cittadella. Ogni paese si presenta con creatività e fantasia. La Svezia, dove l’ecumenismo di popolo è vissuto quasi senza accorgersene perché in ogni incontro vi sono persone di chiese diverse, la Norvegia, con il commosso momento di silenzio ricordando la tragedia del 22 luglio, la Finlandia, grandi spazi e una carrellata di canzoni, l’Islanda multietnica e infine l’Olanda, paese ospitante, con la sua comunità viva. Momenti di grande unità, come la celebrazione ecumenica con il Padre nostro recitato in sette lingue contemporaneamente. Mons. Jan van Burgsteden, responsabile della Conferenza episcopale per l’ecumenismo, testimonia che «da 50 anni il Movimento in Olanda aiuta le persone a vivere le parole del Vangelo. E da qui è nato, anche in un’era di secolarizzazione, un nuovo impegno nella Chiesa, che l’ha aiutata a superare la polarizzazione. Ho visto anche come il Movimento è riuscito a creare un “ecumenismo del cuore”. Sono convinto che un giorno vedremo brillare la Chiesa come una stella mattutina, perché in tutte le sue realtà la Parola è diventata vita».   Maria  Voce risponde a varie domande. Una per tutte: cosa ricordi in particolare del 2011? «In Terrasanta, mentre ero al Santo Sepolcro mi sentivo schiacciata dal male del mondo, che aveva schiacciato anche Gesù. Più tardi, però, davanti alla tomba vuota, la certezza improvvisa che Gesù è risorto, che possiamo portarlo vivo tra noi nel mondo e siamo fortunati di poterlo fare. Un altro viaggio, in America: tra questi spazi sconfinati e tanta gente dappertutto, penso che ci sono solo pochi focolarini. Cosa possono fare da soli? Quelle venute alla festa saranno state 2 mila persone, una goccia nel mare. Eppure, dentro, la certezza: non mettiamoci in testa di preoccuparci dei numeri, non sono importanti, conta solo far crescere Gesù tra noi, il resto verrà». «Una giornata ricca di momenti ufficiali – conclude Giancarlo Faletti –, ma soprattutto una giornata di famiglia, che dà tanta speranza. Mi porto in cuore questa vostra presenza multietnica e multiculturale, questa fioritura di vita. E ogni fiore ha bisogno di amore, tenacia e industriosità, che sono poi le vostre caratteristiche. Il fiore in fondo è il simbolo dell’Olanda». A cura dell’inviato Giulio Meazzini (altro…)

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Olanda: con le comunità dell’Europa del nord

4 Novembre: la prima giornata di Maria Voce e Giancarlo Faletti nella cittadella Marienkroon comincia con l’incontro con alcuni vescovi cattolici dell’Olanda e dell’Islanda. È un franco scambio di idee e prospettive su come testimoniare la fede nella società secolarizzata di oggi. In Olanda, negli anni dopo il Concilio prese campo la cosiddetta “polarizzazione”, con la crescente incomprensione tra cattolici “conservatori” e “progressisti”. Solo alla fine degli anni ’90 la situazione è migliorata, anche per merito della collaborazione tra giovani di movimenti diversi e animatori giovanili delle diocesi. Per quanto riguarda l’ecumenismo, poi, la situazione è ormai cambiata decisamente in meglio rispetto agli anni ’60 quando cattolici e protestanti non avevano quasi contatti. Oggi è in corso un processo di riavvicinamento che si spera possa presto portare ad una giornata nazionale di riconciliazione. Insieme per l’Europa è partner in questo processo. Nonostante questo, anche a causa degli scandali sugli abusi sessuali, l’apatia e l’indifferenza per il fenomeno religioso sembrano crescere. «È una sfida a collaborare di più tra noi, perché nessun movimento è sufficiente da solo a cambiare le cose – afferma Maria Voce –. Ognuno risponde del dono particolare che ha ricevuto; per noi è l’unità, da portare anche tra i movimenti». Secondo il vescovo De Jong la cittadella potrebbe ospitare una scuola, gestita dai Focolari, fondata sull’amore del prossimo e aperta a tutti, per formare i ragazzi che oggi in Olanda respirano solo cultura secolarizzata. La presidente risponde che più che una singola scuola servirebbero in tutte le scuole tanti maestri che incarnano il Vangelo nella loro vita, ma che comunque la fattibilità della proposta verrà valutata dai responsabili del Movimento in Olanda. Nel pomeriggio l’incontro con i rappresentanti delle  diverse espressioni del Movimento e delle comunità che si sono andate formando in Norvegia, Svezia, Finlandia, Danimarca, Islanda e Olanda, permette a Maria Voce e Giancarlo Faletti di avere un quadro aggiornato della situazione in queste nazioni. Culture e popoli diversi tra loro, eppure «ognuno sente come proprio e gioisce per quello che fanno gli altri. Ogni volta che arrivo in visita ad una nazione e l’aereo inizia la discesa – continua la presidente –, mi prende un groppo alla gola pensando ai fratelli che mi aspettano festosi. Siamo gente fortunata a poter sperimentare il dono di Dio che è la famiglia del Movimento in tutti i paesi del mondo». Infine, dopo cena, un dialogo a tu per tu con 25 gen in vista della ormai imminente “Giornata dei giovani cattolici”, promossa dalla Conferenza episcopale con la collaborazione dei giovani dei Focolari e di altri movimenti. Il futuro del Movimento dei focolari è qui, tra questi ragazzi che vengono chiamati da tutte le parti dell’Olanda per raccontare la storia di Chiara Luce, la prima giovane del Movimento salita agli onori degli altari. Dall’inviato Giulio Meazzini (altro…)

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Espiritualidade da unidade: Jesus Abandonado

Ave Cerquetti, ‘Crocifissione’ – Lienz (Austria) 1975

No ano 2000, num discurso, Chiara Lubich recorda a primeira “descoberta” de Jesus Abandonado: «Por um fato acontecido nos primeiros meses de 1944, tivemos uma nova compreensão sobre Ele. Por uma circunstância viemos a saber que o maior sofrimento de Jesus, e portanto o seu maior ato de amor, foi quando, na cruz, experimentou o abandono do Pai: “Meu Deus, meu Deus, por que me abandonaste?” (Mt 27,46). Ficamos profundamente tocadas com isso. E a jovem idade, o entusiasmo, mas principalmente a graça de Deus, nos impulsionaram a escolher justamente Ele, no seu abandono, como via para realizar o nosso ideal de amor. Desde aquele momento pareceu-nos encontrar o seu semblante em toda parte». Outro momento determinante para a compreensão desse “mistério de dor-amor”. Estamos no verão de 1949. Igino Giordani foi encontrar Chiara, que tinha ido para o Vale di Primiero, na região montanhosa do Trentino (Itália), para um período de repouso. Com o primeiro grupo vivia-se intensamente a passagem do Evangelho sobre o abandono de Jesus. Foram dias de luz intensa, tanto que no final do verão, devendo descer daquele “pequeno Tabor” para voltar à cidade, Chiara escreveu, num só ímpeto, um texto que inicia com verso que tornou-se célebre: «Tenho um só esposo sobre a terra, Jesus abandonado… Irei pelo mundo buscando-o, em cada instante da minha vida». Muitos anos depois ela explicou: «Desde o início entendemos que em tudo existe uma outra face, que a árvore tem as suas raízes. O Evangelho lhe cobre de amor, mas exige tudo. “Se o grão de trigo caído na terra não morre – lê-se em João – permanece só; se morre produz muito fruto” (Jo 12,24). A personificação disso é Jesus abandonado, cujo fruto foi a redenção da humanidade. Jesus crucificado! Ele havia experimentado em si a separação dos homens de Deus e entre si, e tinha sentido o Pai distante. Nós o vimos não apenas nas nossas dores pessoais, que não faltaram, e nos sofrimentos dos próximos, muitas vezes sós, abandonados, esquecidos, mas em todas as divisões, os traumas, as separações, as indiferenças recíprocas, grandes ou pequenas: nas famílias, entre as gerações, entre pobres e ricos, às vezes na própria Igreja, e mais tarde entre as várias Igrejas, e depois ainda entre as religiões e entre quem crê e quem possui uma convicção diferente. Mas todas estas dilacerações – continua Chiara – não nos assustaram, pelo contrário, pelo amor a Ele abandonado, elas nos atraíram.  E foi Ele que nos ensinou como enfrentá-las, como vivê-las e ajudar a superá-las, quando, depois do abandono, recolocou o seu espírito nas mãos do Pai: “Pai, em tuas mãos entrego o meu espírito” (Lc 23,46), dando assim a possibilidade para que a humanidade se recompusesse, em si mesma e com Deus, e indicando-lhe o modo de fazê-lo. Ele manifestou-se como chave da unidade, remédio para qualquer divisão. Era Ele que recompunha a unidade entre nós, cada vez que era rompida. Era Ele que reconhecíamos e amávamos nas grandes, trágicas divisões da humanidade e da Igreja. Ele se tornou o nosso único Esposo. E a nossa convivência com um tal Esposo foi tão rica e fecunda, que me levou a escrever um livro, como uma carta de amor, como um canto, um hino de alegria e gratidão a Ele». (altro…)