Movimento dei Focolari
2° congresso internazionale per giovani giuristi

Renata Borlone : “A volte i santi ci passano accanto…”

Di gioia e commozione ha parlato nel suo saluto iniziale S.E. Mons. Mario Meini, attuale vescovo di Fiesole per questo avvenimento che è soprattutto: “Accoglienza di una testimonianza, una serva di Dio, una testimone delle parole del Signore…La sua è stata una vita di stimolo e incoraggiamento per il movimento e per tutta la Chiesa. Vogliamo da lei raccogliere il testimone non come tesoro geloso ma come capacità di servizio. A volte i santi ci passano accanto e non ce ne accorgiamo.” E’ l’invito ai  presenti a riscoprire il volto quotidiano della santità che si fa servizio al prossimo, anche nella comunità civile ed ecclesiale. “Il soprannaturale naturale, alla portata di tutti”. Così il Card. Paul Poupard, Presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Cultura, nella Santa Messa solenne celebrata nel santuario di Maria Theotokos e animata dal Gen Rosso, ha ricordato il suo incontro con Renata Borlone, la cui caratteristica era quella di rendere la santità non una meta per pochi, ma è una vocazione possibile per ogni cristiano, tremendamente necessaria al giorno d’oggi. Era presente, in rappresentanza della presidente del Movimento, Maria Voce, in questi giorni in Terra Santa, Eli Folonari che ha ricordato con emozione e riconoscenza come le sue prime esperienze di vita di focolare le abbia vissute proprio con Renata nel 1950 a Roma e che fu Chiara Lubich,  personalmente, a chiamare Renata nella Cittadella di Loppiano come responsabile. Una giornata straordinaria con la partecipazione di più di 2000 persone provenienti da tutta Italia, nonostante la neve e il maltempo, oltre a tutti quelli che hanno seguito via internet questo evento specialmente nel momento solenne, alle 15.00, quando è avvenuta la chiusura vera e propria del processo, con il sigillo delle tre scatole che raccolgono tutta la documentazione raccolta in questi sette anni di lavoro dal tribunale diocesano, e che ora saranno consegnate a Roma, presso la Congregazione per le cause dei Santi. La cerimonia è stata densa di significato. Una grande occasione per richiamare all’attenzione di tutti l’importanza di lasciarsi rinnovare dalle parole del Vangelo che sono vita, e che Renata Borlone ha testimoniato fino all’ultimo, fino a farle esclamare che “La morte è vita!” In mattinata, sempre nel santuario, un evento di festa. Officiato dal vescovo emerito di Fiesole S.E. Mons. Luciano Giovannetti, aveva ricevuto il battesimo un’altra Renata che di cognome fa Nembrini, l’ultima nata nella cittadella dei Focolari: quasi un ideale passaggio di consegne. Fare del “proprio cuore” il vero santuario che custodisce il messaggio della Serva di Dio, questo l’augurio fatto ai presenti. La giornata si è conclusa con un dono speciale: il musical “Maria, fiore dell’umanità” del gruppo internazionale Gen Verde che ha portato tutti a contemplare Maria come figura di donna il cui fascino attraversa i secoli in continua dissolvenza tra la sua e la nostra storia, restituendoci l’immagine della Madre di Gesù come donna del quotidiano e compagna di viaggio. Flickr Foto Gallery (altro…)

Marzo 2011

“Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. Certamente la sua volontà non ci è sempre chiara. Come Maria anche noi dovremo domandare luce per capire quello che Dio vuole. Occorre ascoltare bene la sua voce dentro di noi, in piena sincerità, consigliandoci se occorre con chi può aiutarci. Ma una volta compresa la sua volontà subito vogliamo dirgli di sì. Se, infatti, abbiamo capito che la sua volontà è quanto di più grande e di più bello possa esserci nella nostra vita, non ci rassegneremo a “dover” fare la volontà di Dio, ma saremo contenti di “poter” fare la volontà di Dio, di poter seguire il suo progetto, così che avvenga quello che Lui ha pensato per noi. E’ il meglio che possiamo fare, la cosa più intelligente. Le parole di Maria – “Eccomi, sono la serva del Signore” – sono dunque la nostra risposta d’amore all’amore di Dio. Esse ci mantengono sempre rivolti a Lui, in ascolto, in obbedienza, con l’unico desiderio di compiere il suo volere per essere come Lui ci vuole. A volte tuttavia quello che Lui ci chiede può apparirci assurdo. Ci sembrerebbe meglio fare diversamente, vorremmo essere noi a prendere in mano la nostra vita. Ci verrebbe addirittura voglia di consigliare Dio, di dirgli noi come fare e come non fare. Ma se credo che Dio è amore e mi fido di Lui, so che quanto predispone nella mia vita e nella vita di quanti mi sono accanto è per il mio bene, per il loro bene. Allora mi consegno a Lui, mi abbandono con piena fiducia alla sua volontà e la voglio con tutto me stesso, fino ad essere uno con essa, sapendo che accogliere la sua volontà è accogliere Lui, abbracciare Lui, nutrirsi di Lui. Nulla, lo dobbiamo credere, succede a caso. Nessun avvenimento gioioso, indifferente o doloroso, nessun incontro, nessuna situazione di famiglia, di lavoro, di scuola, nessuna condizione di salute fisica o morale è senza senso. Ma ogni cosa – avvenimenti, situazioni, persone – è portatrice di un messaggio da parte di Dio, ogni cosa contribuisce al compimento del disegno di Dio, che scopriremo a poco a poco, giorno per giorno, facendo come Maria, la volontà di Dio. “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. Come vivere allora questa Parola? Il nostro sì alla Parola di Dio significa concretamente fare bene, per intero, ogni momento, quell’azione che la volontà di Dio ci chiede. Essere tutti lì in quell’opera, eliminando ogni altra cosa, perdendo pensieri, desideri, ricordi, azioni che riguardano altro. Di fronte ad ogni volontà di Dio dolorosa, gioiosa, indifferente, possiamo ripetere: “avvenga di me quello che hai detto”, oppure, come ci ha insegnato Gesù nel “Padre nostro”: “sia fatta la tua volontà”. Diciamolo prima di ogni nostra azione: “avvenga”, “sia fatta”. E compiremo attimo dopo attimo, tassello per tassello, il meraviglioso, unico e irrepetibile mosaico della nostra vita che il Signore da sempre ha pensato per ciascuno di noi. Chiara Lubich


Parola di vita, dicembre 2002, pubblicata in Città Nuova, 2002/22, p.7.

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Dal Tabor a Gerusalemme: conclusa la visita in Terra Santa

Una settimana intensa, con la coscienza di aver vissuto insieme una forte esperienza spirituale in piena comunione con la locale comunità dei Focolari, che ha rinnovato l’impegno con la sua presenza in questa terra, a costruire ponti di dialogo fra tutti nello spirito della fratellanza universale, all’edificazione della quale tutto il Movimento è impegnato.   25 febbraio – Dopo la visita al Monte delle Beatitudini e al Tabor, tappa a Nazareth. Ad attendere il Consiglio Generale c’era una folta rappresentanza della comunità dei Focolari di Haifa, Gerusalemme e Betlemme. Nella Basilica, davanti alla Grotta dell’annunciazione, il Card. Miloslaw Vlk, vescovo emerito di Praga, Mons. Giacinto Marcuzzo, vescovo ausiliare del patriarca latino per la Galilea, insieme ai 17 sacerdoti del Consiglio Generale e due sacerdoti del patriarcato, hanno concelebrato la messa in un clima solenne e semplice allo stesso tempo. Mons. Marcuzzo, nel corso dell’omelia, ha ricordato che, in occasione della visita di Benedetto XVI nel 2009, lo striscione di benvenuto al papa portava un titolo significativo: Benvenuto a Nazareth dove tutto è ricominciato. Il Sì di Maria – ha sottolineato – è stato il primo passo di questo nuovo inizio della storia dell’umanità. Alla conclusione Maria Voce, ringraziando tutti, vescovi e comunità dei Focolari, ha rinnovato l’impegno di tutto il Movimento, come Chiara Lubich aveva voluto fissare negli statuti, di vivere come Maria per esserne “una sua presenza” nel mondo! 26 e 27 febbraio – Due giorni a Gerusalemme. Sabato mattina, appuntamento al Kottel, il muro occidentale, noto come il Muro del Pianto, molto frequentato per via dello Shabbat, che ha offerto l’occasione per una spiegazione su vari aspetti dell’Ebraismo e sul significato dello Shabbat. A piedi, poi, il gruppo si è diretto verso il terreno attiguo alla scala romana che unisce la valle del Cedron alla zona in cui si trovava l’entrata del Tempio. Si tratta del luogo dove, secondo la tradizione, Gesù avrebbe pregato il Padre per l’unità fra tutti gli uomini. Chiara Lubich, ancora nel 1956, in occasione della sua unica visita alla Terra Santa, aveva espresso il desiderio che un giorno potesse esserci un focolare nei pressi di quella scala. I dirigenti locali del Movimento dei focolari hanno spiegato gli sviluppi che hanno portato all’acquisto del terreno proprio accanto alla scala ed i passi che si stanno facendo per ottenere i vari permessi per poterlo trasformare, intanto, in un giardino-parco adatto a momenti di riflessione ed incontro. Dopo aver letto il passo del Vangelo di Giovanni con la preghiera sacerdotale e quanto la Lubich scrisse nel 1956, una foto di gruppo sulla scaletta ha suggellato un momento di forte intensità spirituale. Domenica 27, giornata conclusiva con la messa celebrata nella piccola Grotta degli Apostoli dal Card. Vlk e da Mons. Antonio Franco, Delegato Apostolico per la terra Santa, che ha rivolto ai presenti una meditazione sul significato di questa visita di Maria Voce e del Consiglio Generale in Terra Santa alla luce della spiritualità di comunione di Chiara Lubich. Al termine della visita ai luoghi della passione e morte di Cristo, un ricevimento presso il Centro di Notre Dame ha raccolto attorno alla presidente, al copresidente e a tutto il consiglio, 150 fra membri di movimenti ecclesiali, personalità di varie Chiese presenti a Gerusalemme, ed ebrei e musulmani vicini al Movimento. Maria Voce ha presentato i membri del Consiglio, ringraziando per quanto era stato fatto per questa visita e per le attività che l’hanno accompagnata. Ha assicurato di portare nel cuore momenti vissuti e persone e di essere certa di restare nel cuore di quanti incontrati in Terra Santa. (altro…)

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Il “successo” di una proposta a scuola

Per la mostra scientifica che avrà luogo nella sua scuola, Teresa, una gen 4 di Porto Alegre (i gen 4 sono i bambini dai 4 agli 8 anni del Movimento dei Focolari) viene invitata a presentare un lavoro scegliendo fra vari argomenti: inquinamento, alcolismo, ecologia ecc. Non convinta di questi temi, Teresa, d’accordo con la compagna Valentina – anche lei gen 4 – propone alla maestra di fare un lavoro che metta in luce il positivo: l’arte di amare come risposta ai succitati problemi. L’arte di amare è una proposta di vita attinta direttamente dal Vangelo e lanciata da Chiara Lubich. Consiste nell’ “amare tutti”,  “amare come sé”, “amare per primi”. “Quella parola – diceva Chiara – la sola, che può fare dell’umanità una famiglia”. La maestra accetta, e le due gen 4 preparano tutto. Il giorno stabilito, sono più di 300 i bambini che presentano i loro lavori. Lo stand di Teresa e Valentina è fra i più visitati! A quanti le chiedono cosa c’entri l’arte di amare con la scienza, Teresa risponde con convinzione che se la gente la vivesse non ci sarebbe più alcolismo, né inquinamento, ecc… Aiutata da una presentazione in power point, illustra con alcune esperienze cosa provoca l’arte di amare se vissuta. Una giornalista passata di lì, molto colpita, pubblica un articolo sul giornale della città soffermandosi particolarmente sulla proposta “alternativa” di Teresa. “Non credo in Dio, ma davanti a queste bambine non posso far a meno di credere all’amore” ha commentato un papà ateo, ed un’altra mamma, con le lacrime agli occhi: “Sento rinascere nel cuore la speranza in un mondo migliore!”. Finita la mostra, la maestra chiede a Teresa di presentare il lavoro alla fiera del libro che si terrà il mese successivo: così Teresa e Valentina, per un giorno intero, in un salone allestito apposta per loro in cui  passano a turno tutti i bambini della scuola (dai 4 agli 8 anni), presentano il power point e tirano un dado – “il dado dell’amore” – ai cui lati viene declinata l’arte di amare. Il tutto con  l’aiuto del libro “Alla scoperta del dado dell’amore” (che raccoglie esperienze di gen 4 di tutto il mondo). (altro…)

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Il Consiglio generale dei Focolari in Terra Santa

Domenica scorsa sono arrivati in Israele i membri del Consiglio generale dei Focolari per iniziare la prevista settimana di pellegrinaggio con la Presidente Maria Voce ed il Copresidente Giancarlo Faletti, che nel frattempo, avevano concluso la loro visita ufficiale alle comunità del Movimento dei Focolari in Terra Santa. I membri del Consiglio sono stati accolti all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv da una rappresentanza della locale comunità dei Focolari, con il caratteristico calore di questa cultura. Sono, poi, partiti alla volta della Domus Galilaeae sul Lago di Tiberiade, che ha ospitato i primi giorni della loro permanenza in Terra Santa. La struttura, costruita dal Cammino Neo-Catecumenale, a cavallo del nuovo millennio, è stata benedetta da Giovanni Paolo II, durante la sua storica visita dell’anno 2000, quando proprio nella vallata sottostante il Monte delle Beatitudini aveva celebrato la messa per migliaia di pellegrini. Benedicendo la nascente struttura il Papa aveva detto: «Il Signore vi ha aspettato qui su questa montagna!». Parole significative che oggi campeggiano di fronte all’entrata ed accolgono tutti i visitatori che entrano alla Domus Galilaeae. L’incontro di Maria Voce e del Consiglio generale dei Focolari con la comunità neo-catecumenale è stato molto caloroso e caratterizzato anche da momenti di conoscenza reciproca. Il 22 febbraio, Festa della Cattedra di Pietro, le due comunità si sono incontrate per la celebrazione eucaristica. Intanto il Consiglio del Movimento ha trascorso tre giorni e mezzo scanditi da momenti di meditazione e comunione di esperienze e di lavoro intorno alle sfide e alle prospettive che le diverse realtà dei Focolari si trovano ad affrontare oggi nelle varie parti del mondo e nei contesti ecclesiali e sociali dove il Movimento è presente ed opera. E’ venuto sempre più in rilievo il mandato di unità e comunione che Chiara Lubich stessa aveva consegnato al futuro del Movimento. (altro…)

Il nostro viaggio in Terra Santa

«Quando dalla costa azzurrissima del Golfo di Beirut contemplavo la città a ridosso di colline e si riprendeva il volo verso il mare, colline, non credevo che Gerusalemme e i luoghi santi avrebbero inciso così sul mio animo». La strada che conduce a Gerusalemme è fiancheggiata da greggi pascolanti. «Ad un tratto ci fu detto di scendere perché le macchine non potevano proseguire, di là bisognava salire a piedi, era una vecchia strada di Gerusalemme, in salita, variata ogni tanto da qualche scaletta di pietra. Quella strada era la via Crucis, quella che Gesù fece allora». Il cortile interno delle torre Antonia, il Litostrotos, è il luogo dove Gesù flagellato, ora il selciato fa da pavimento alla chiesetta detta della Flagellazione, tanti resti dell’epoca incorniciano l’ambiente. «Ecco la scalinata, ancor ben mantenuta, all’aperto sotto il cielo, tra il verde dei prati che la costeggiano e di piante. Qui il Maestro, ormai vicino a morire, con il cuore pieno di tenerezza per i suoi discepoli uscenti dal cielo si, ma ancora fragili e incapaci di comprendere, alzò al Padre la Sua preghiera a nome Suo e di tutti quelli per i quali era venuto, ed era pronto a morire». «Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi. Quand’ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi; nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si adempisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico queste cose mentre sono ancora nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato a loro la tua parola e il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me». «Il Getsemani e l’orto, splendido giardino mi fecero rimanere raccolta e addolorata nella linda chiesa decorata con gusto, illuminata di viola, che chiude nel cuore una pietra, arrossata ora da una luce, un tempo dal sangue di Gesù. Mi sembrava di vederlo Gesù lì, ma non azzardavo immaginarlo. «Vicino alle mura tombe, tombe e tombe, ancora nella valle di Josafat danno l’impressione di una Risurrezione che non ci fu, perché migliaia di lapidi sono lì per terra in qualche modo, rovesciate, diritte o spezzate e questo è frutto di trascorse guerre. I luoghi mi sono impressi profondamente: Betfage, il Gallicantus, il posto dell’Assunzione della Vergine, il luogo dell’Ascensione. Gerusalemme anche sotto il sole orientale è piena quindi di luce. Ti offre tutt’ora la spianata enorme, spaventosamente vuota, dove una volta si ergeva il magnifico Tempio. Vuota, vuota. Solo una moschea, anche robusta sta lì, incapace di cancellare le parole di Cristo «Di te non rimarrà pietra su pietra». Betania la vidi in pieno sole e salendo le straducole che portano alla tomba di Lazzaro, mi sembrava di udire le parole di Gesù a Marta “Una sola cosa è necessaria”». Signore se tu fossi stato qui il mio fratello non sarebbe morto. Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Marta rispose: «So che risusciterà nella risurrezione l’ultimo giorno» Gesù soggiunse: «Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me quando anche fosse morto, vivrà e chi vive e crede in me non morirà in eterno». Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e si imbatté in ladroni i quali spogliatolo e feritolo se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Ora a caso scendeva per la stessa strada un sacerdote, vide quell’uomo e passò oltre. Così pure un Levita, giunto nelle vicinanze, guardò e tirò avanti. Ma un samaritano che era in viaggio, giunto vicino a lui lo vide e si impietosì, gli si accostò, ne fasciò le piaghe versando sopra olio e vino e collocatolo sulla propria cavalcatura lo condusse all’albergo e si prese cura di lui. Il giorno dopo, trasse fuori due denari e disse all’oste «Prenditi cura di lui e quanto spenderai di più, te lo pagherò al mio ritorno». Chi di questi tre, ti pare, sia stato prossimo per quello che si imbatté nei ladroni? Quegli rispose: quello che gli usò misericordia. E Gesù soggiunse: «Va’ e fa’ tu pure lo stesso». «Volti oscuri sotto turbante bianco o sciolto, uomini rasseganti, o poco rassegnati a quella vita di miseria, volti invisibili coperti di un velo nero, di donne». Gesù viene condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo. “Se sei tu il figlio di Dio, comanda a queste pietre di trasformarsi in pane. Se tu sei il figlio di Dio, gettati giù di qui. Tutte queste cose ti darò, se tu prostandoti dinanzi a me, mi adorerai”. Ma Gesù gli rispose «Va via Satana perche’ sta scritto, adora il tuo Signore Dio tuo e serve a lui solo». In quei giorni Gesù fu battezzato da Giovanni nel Giordano e mentre usciva dall’acqua vide spalancarsi i cieli e lo Spirito scendere sopra di lui, quasi come colomba e dal cielo una voce si fecce udire: «Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto». Gesù, entrando in Gerico, attraversava la città. Allora Zaccheo corse avanti e salì su un sicomoro per vederlo. “Zaccheo scendi presto, perché oggi mi devo fermare a casa tua”. “Ecco Signore la metà dei miei beni la do ai poveri e se ho frodato qualcuno gli rendo il quarto”. Gesù gli replicò: “Per questa casa oggi, è venuta la salvezza. Il figliolo dell’uomo è venuto infatti a cercare e salvare ciò che era perduto”. E tu Betlemme, terra di Giuda, non sei la più piccola tra le principali città di Giuda perché da te uscirà il condottiero che deve reggere il mio popolo Israele. «Ed ogni pietra diceva una parola, molto piu’ di una parola, cosi che alla fine l’anima era tutta inondata, tutta piena della presenza di Gesù. Ricordo con evidenza d’essermi al settimo giorno scordata letteralmente della mia patria, dei miei conoscenti, dei miei amici, di tutto. Io mi vedevo là, immobile ed estatica, spiritualmente pietrificata tra quelle pietre, senza altro compito che rimanere e adorare. Adorare fissa con l’anima nell’uomo Dio che quelle pietre mi avevano spiegato, svelato, cantato, esaltato». Nota: stralci del diario di Chiara Lubich, alternati a passi del Vangelo ambientati in quei luoghi. Voci fuori campo: Graziella De Luca, Enzo Fondi (altro…)

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1956: Video inedito del viaggio in Terra Santa

Terra Santa, 1956: La pietra divisa A Gerusalemme le religioni sono varie e le denominazioni cristiane senza numero. Avevo negli occhi e nell’anima la Città Santa, quando entrai a visitare il santo sepolcro. Fummo introdotti nella chiesa che già conteneva il Calvario e, girando a sinistra, ci fu mostrato il luogo, tuttora venerato, dove Gesù venne unto dalle pie donne. Più in là ci fecero entrare in una stanzetta antistante il sepolcro. Finalmente fummo al luogo sacro: ivi ci fu mostrata una pietra lunga un metro e novanta, quella su cui Gesù morto era stato deposto. Dall’alto pendevano varie lampade con luce più o meno pallida: lampade antiche, diverse l’una dall’altra. Ci inginocchiammo e pregammo. Un padre francescano, accanto a noi, disse: “Questo primo pezzo di pietra è dei cattolici, quest’altro pezzo lo tengono tuttora i greco-ortodossi”. Anche il sepolcro di Gesù era diviso. Povero Gesù! In quel momento mi passarono nell’anima tutti i traumi e le separazioni che hanno colpito nei secoli la Chiesa, il mistico Corpo di Cristo e un dolore profondo minacciava sommergermi, quando una luce, attraversandomi l’anima, mi ridiede la speranza (…): un giorno, ci riaccosteremo come fratelli  con una unità fra noi, non solo nella fede ma in una carità più profonda vissuta fino all’estremo Allora faremo una grande festa senza confronto… Uscii dal sepolcro con qualcosa di molto diverso da prima, nella fiducia, piena di speranza, che quel cielo di Gerusalemme possa riudir un giorno le parole dell’Angelo a Maria Maddalena: “E’ risorto, non è qui”. Le pietre che parlano Emmaus ci accolse in un pomeriggio di sole. Ricordo le pietre della strada dove Gesù era passato in mezzo ai discepoli e l’accoglienza più che fraterna fattaci dai padri francescani di lì. Essi desiderano essere, verso i pellegrini, ospitali come lo furono un giorno i due con Gesù. Ci offrirono di tutto, dopo la visita ai luoghi santi con un sorriso pieno e un cuore largo. Quando salimmo sul taxi, per tornare a Gerusalemme, un sole rosso-dorato ammantava tutto il luogo e la scritta che incornicia il cartello d’entrata “Resta con noi Signore, perché si fa sera”, raccolse tutti i presenti in un sentimento misto di commozione e divina nostalgia. Betania la vidi in pieno sole e, salendo le straducole che portano alla tomba di Lazzaro, mi sembrava riudire le parole di Gesù a Marta: “Una sola è la cosa di cui c’è bisogno…”. Vidi Betfage,con la pietra, venerata tuttora, dove Gesù avrebbe posto il piede per montare sull’asina e avviarsi a Gerusalemme tra gli ulivi e gli osanna della folla. Il Getsemani e l’orto, splendido giardino, mi fecero rimanere raccolta e addolorata nella linda chiesa decorata con gusto, illuminata di viola, che chiude nel cuore una pietra arrossata ora da una luce, un tempo dal sangue di Gesù. Mi sembrava di vedere Gesù ma non azzardavo immaginarlo. Poi il Gallicantus, dove il gallo cantò, e la scaletta ancora ben mantenuta, all’aperto sotto il cielo, tra il verde dei prati che la costeggiano, e di piante. Porta dal Sion al torrente Cedron. Qui il Maestro, ormai vicino a morire, col cuore pieno di tenerezza verso i suoi discepoli, scelti dal Cielo sì, ma ancor fragili e incapaci di comprendere, a nome suo e di tutti quelli per i quali era venuto ed era pronto a morire, alzò al Padre la sua preghiera: “Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola come noi”. Lì Gesù aveva invocato il Padre di affiliarci, anche se lontani per colpa nostra, e di affratellarci tra noi, nella più salda, perché divina, unità. Vidi tanti altri posti, seguii tante strade che Gesù aveva fatte, osservai luoghi che Gesù aveva osservato, mi passarono sotto gli occhi pietre, pietre e pietre ancora… E ogni pietra diceva una parola, molto di più di una parola, cosicché, alla fine, l’anima era tutta inondata, tutta piena della presenza di Gesù. Ricordo con evidenza di essermi letteralmente scordata della mia patria, dei miei conoscenti, dei miei amici, di tutto. Io mi vedevo là, immobile ed estatica, spiritualmente pietrificata tra quelle pietre, senz’altro compito che rimanere e adorare. Adorare fissa con l’anima nell’Uomo Dio che quelle pietre mi avevano spiegato, svelato, cantato, esaltato! Un solo pensiero mi smosse e mi fece tornare. C’era anche in Italia un posto che valeva di più di quei luoghi, dove avrei trovato Gesù vivo: era il tabernacolo, ogni tabernacolo con Gesù eucarestia. Stralci tratti da Scritti Spirituali 1 “L’attrattiva del tempo moderno” – 2° ed. 1978 e 3° ed. 1991. (altro…)

Mosca

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Con i sindaci e i politici dei Territori Palestinesi

È nel difficile e purtroppo ben conosciuto contesto dei Territori Palestinesi, che Maria Voce, presidente dei Focolari, si incontra con alcuni politici e amministratori locali, cristiani e musulmani. Fra loro il sindaco di Betlemme, Victor Batarseh, il ministro per il turismo, la signora Khouloud Daibes, il consigliere del presidente per i rapporti con i cristiani del governo palestinese Ziad Al-Bandak. L’iniziativa è della Fondazione Giovanni Paolo II, che dal 2007, da un’idea di padre Ibrahim Faltas, già superiore del convento annesso alla Basilica della Natività in particolare nel periodo dell’ assedio, ha investito notevoli energie – con il contributo di tante istituzioni pubbliche e private soprattutto italiane, quali Cei, Provincia di Trento, Regione Toscana, Acli… – per riuscire, attraverso i suoi programmi, a fornire conoscenze, risorse e infrastrutture per lo sviluppo sia a livello individuale e comunitario della Palestina. Padre Ibrahim sottolinea la straordinaria sintonia che esisteva tra Giovanni Paolo II e Chiara Lubich, «al punto che quest’incontro oggi è più che necessario». Maria Voce ha da parte sua sottolineato la sua gioia di «condividere con chi ha in mano le sorti di questo mondo, i nostri ideali di fraternità». Una fraternità che in politica vuol dire fare in modo che la gente si senta apprezzata e appoggiata da chi gestisce la cosa pubblica. Perché, come diceva Chiara Lubich, «la politica è l’amore degli amori». Il sindaco di Betlemme ha immediatamente voluto notare «come gli ideali dei Focolari siano anche i nostri». Sono spinte che possono portare ad abbattere quei muri che dividono queste terre. Non tanto e non solo i muri materiali, quelli visibili, ma soprattutto quelli invisibili. Padre Ibrahim ne è convinto: «Qui dal dolore immenso del popolo sta nascendo una generazione di giovani responsabili, che vogliono la pace e che sembrano essere capaci anche di gestire il potere. Bisogna però che la comunità internazionale, sia quella civile che quella politica, sia loro vicina, apra spiragli di vera pace e li sostenga, anche grazie ad iniziative come quelle finanziate dalla fondazione, che opera nel campo dell’istruzione, della promozione sportiva e culturale, del giornalismo, dell’artigianato. Certamente le iniziative di una pace che definirei “profonda”, come quelle dei Focolari, sono essenziali per continuare a sperare». di Michele Zanzucchi Fonte Città Nuova online (altro…)

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Palestina: una terra dove vale la pena vivere

«Vale la pena vivere in questa terra». Così cantano i versi di una composizione poetica palestinese, che viene recitata sullo sfondo di un power-point che ripropone gli avvenimenti unici nella storia dell’umanità avvenuti in questa parte di mondo: la nascita di Gesù, il suo battesimo, i suoi miracoli, fino al suo presentarsi ai discepoli di Emmaus. È il pezzo che ha concluso la festa al termine dell’incontro della comunità della Terra Santa con Maria Voce e Giancarlo Faletti. Erano arrivati in tanti da Gerusalemme, Haifa, Nazareth, Ramallah, Gaza (il gruppo è accolto con un calorosissimo applauso) e Betlemme, dove si è tenuto l’incontro nel pomeriggio di sabato 19 febbraio. Proprio quella frase che esprime l’anima palestinese sembra la risposta immediata a quanto poco prima aveva detto la presidente dei Focolari, nel rispondere alla domanda di Ghada di Gaza che chiedeva una parola per chi vive in una situazione così difficile. «Vorrei darvi una parola di speranza. – ha detto Maria Voce – Abbiamo visto la vostra situazione, siete i prediletti. Siete particolarmente nel nostro cuore. L’Opera di Maria è con voi, tutta l’Opera di Maria». Dopo una presentazione di varie esperienze di famiglie, giovani ed adulti provenienti da diverse parti della Terra Santa, alcune immagini hanno accompagnato tutti i presenti nei vari momenti della storia dell’Opera in questa parte di mondo, a partire dalle immagini della visita di Chiara Lubich nel 1956.  Si sono visti i primi passi, compiuti a Nazareth, alla fine degli anni ’60, grazie a padre Armando Bortolaso, diventato poi vescovo di Aleppo. Le prime Mariapoli negli anni ’70 con Aletta Salizzoni e Guido Brini ed altri provenienti dal Libano. Poi, l’arrivo dei due focolari nel 1977 e nel 1980 e lo sviluppo dei Focolari tra le tante sofferenze di questi decenni, ma anche con sviluppi e frutti inattesi nel dialogo a diversi livelli. Le domande alla presidente e al copresidente hanno toccato molti punti: dai tipici problemi dei giovani al dolore, dalla scelta della propria strada al desiderio di santità risvegliato dalla beatificazione di Chiara Luce.  Soprattutto, però, si sono concentrate sullo specifico di questo mondo: le divisioni fra cristiani, i rapporti con musulmani ed ebrei, la vita di una minoranza, quella cristiana, che si assottiglia sempre più senza un’apparente speranza per il futuro. Una nota di speranza è venuta anche dal Nunzio Apostolico Mons. Antonio Franco, che, dopo essere stato presente per buona parte del programma, ha rivolto alla sala parole calorose: «Vi saluto con affetto. Sapete che vi voglio bene. La presenza della presidente e del copresidente qui significa che avete tutto il Movimento con voi. Ho sperimentato lo stesso quando il Papa è stato con noi. Sentivo la stessa forza. E’ come un passaggio del Signore che vi vuole donare qualcosa. Andiamo avanti rafforzati!» Infine la festa finale, danze e canzoni coinvolgenti, ma anche un messaggio forte che sottolineava il titolo della giornata, che campeggiava nel poster sul palco: Tasselli di un magnifico mosaico. di Roberto Catalano (altro…)