Nov 12, 2006 | Cultura
SOMMARIO
Editoriale
ESSERE CHIESA OGGI – di Piero Coda – L’obiettivo di questo editoriale è limitato: esso si propone di offrire qualche spunto per una riflessione più corale e approfondita sulla situazione della Chiesa cattolica oggi, guardando ad alcune sfide che la interpellano. Per sintonizzarsi sulla lunghezza d’onda di quanto vive e patisce la Chiesa, ci si colloca in quel cammino impegnativo, e per molti versi inesplorato, da essa intrapreso col Concilio Vaticano II. Certo è che, con questo grande evento dello Spirito Santo, la Chiesa cattolica, senza nulla perdere della sua identità, si è anche impegnata a mostrare alla storia un volto nuovo. Un volto che solo poco per volta andiamo scoprendo e i cui tratti vengono in rilievo dall’esperienza di tutto il Popolo di Dio, dagli impulsi dello Spirito (i carismi) donati alla Chiesa prima e dopo il Concilio, dal rapporto della Chiesa con l’avventura di vita vissuta dagli uomini e dalle donne del nostro tempo. Un volto che, come intuisce il Concilio e come viene esplicitato da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI, riflette in sé il volto di Maria, immagine e centro vivo della Chiesa di Gesù. Per semplificare il discorso, si sviluppa in questa luce l’indicazione che, per suggerimento di Paolo VI, ha fatto da criterio architettonico dei lavori e dei documenti del Concilio: il “chi è?” della Chiesa (e cioè la sua identità) e la Chiesa nel mondo di oggi (e cioè la sua missione).
Nella luce dell’ideale dell’unità
EQUILIBRIO DIVINO – di Chiara Lubich – In questo testo, datato anni Cinquanta, di commento al brano di Luca 21,19, viene ripresa la versione della Volgata che, tradotta letteralmente, significa: «Con la vostra pazienza possederete le vostre anime» invece dell’attuale traduzione della CEI che suona: «Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime». LA COMPIUTA VERITA’ – di Pasquale Foresi – La conoscenza ha un significato esistenziale. Non ci può essere una vera conoscenza che non attinga pienamente l’io profondo di chi pensa. Così è stato infatti per ogni contributo veramente decisivo nella storia del pensiero umano e questa è anche una delle grandezze del cristianesimo, ma con una novità assoluta. Se infatti prima del suo avvento, una concezione filosofica implicava una scelta dell’esistenza, con il cristianesimo le filosofie vengono superate. Cristo presenta l’esistere ed il pensare in una sintesi completamente nuova, che è la sintesi rivelata. Inoltre il cristianesimo non propone una dottrina astratta, ma una Persona. La sintesi assoluta, la verità del cristianesimo, si trova nel Cristo, il Verbo di Dio che s’incarna nell’umanità, la Verità in una persona. Per questo lui è il Maestro, cioè non solo il portatore di una religiosità, ma anche la nuova “scuola” alla quale bisogna andare. Saggi e ricerche MUSICA, VERITÀ, DIO. RIFLESSIONI SU ALCUNE SIGNIFICATIVE TESTIMONIANZE – di Mauro Mantovani – Questo contributo intende proporre alcune brevi riflessioni a partire dalle significative testimonianze di itinerari esistenziali che, anche per mezzo dell’esperienza musicale (se non proprio attraverso di essa), sono approdati ad aprirsi al mistero e alla trascendenza. Se davvero la musica ha aiutato – e lo ha fatto meglio di altre esperienze – uomini e donne, pur nella sovrabbondante diversità delle loro storie e vicende individuali, ad indirizzarsi verso l’Assoluto e la verità che in esso abita, non è fuori luogo chiedersi quale sia, se c’è, il suo “segreto”. Facendo riferimento a figure assai variegate come Nietzsche, Claudel, Marcel, García Morente e Cioran, si può trovare una conferma su come l’esperienza musicale sia davvero in grado di suscitare momenti preziosi di verità, a partire dalla verità con se stessi, e di rapporto con la Verità. È colpo del dardo, urto del cuore e marcatura a fuoco nell’intimo. LAS MENINAS DI DIEGO VELÁZQUEZ – di Peter Seifert – Il saggio propone una nuova lettura del celebre quadro Las Meninas di Diego Velázquez e mette in evidenza come le variazioni pittoriche all’interno di questa grande tela siano un modo di giocare con le nostre percezioni. Viene anche sottolineato come certe tendenze atte a sconcertare lo spettatore siano profondamente radicate nell’opera dell’artista. Se non è sorprendente che un quadro dell’epoca barocca inviti ad un sorta di “memento mori”, in quest’opera è la struttura stessa della composizione ed il modo di dipingere che guidano alla scoperta della transitorietà della nostra esistenza e non solo qualche simbolismo esteriore. Infine l’Autore allarga lo sguardo su una recente opera cinematografica in cui le opere d’arte vengono considerate come qualcosa di vivo e presente, piuttosto che soltanto come qualcosa di sepolto dalla storia. ESSERE FAMIGLIA. ESSERE GENITORI. TRA INDIVIDUALISMO E BISOGNO DI RELAZIONALITA’ – di Michele De Beni – Di fronte all’attuale crisi che attraversa la famiglia, non si può negare la necessità di una nuova centralità e presa di coscienza della suo tipico contesto costitutivo: la dimensione relazionale, consapevoli che questo nuovo scenario richiede di creare anche nuovi contesti formativi e di promozione della cultura della famiglia. Tra le più naturali risorse a disposizione va certamente individuato l’aiuto informale che le famiglie stesse e i vari gruppi che compongono le singole comunità possono offrire alla vita di coppia e familiare. Così, porsi in ascolto e in aiuto della famiglia non ha sempre e necessariamente come obiettivo la cura delle sue patologie. Molto spesso si tratta di valorizzarne piuttosto gli elementi positivi, la loro integrazione con nuove e più approfondite competenze, lo sviluppo di risorse che possono esser riattivate e potenziate. Si tratta di uno straordinario lavoro di rete, di mutuo aiuto tra famiglie, tra gruppi e tra gruppi e istituzioni, orientato a stimolare nuove strategie centrate su una cultura della reciprocità. E’ POSSIBILE LA FRATERNITA’ NELLO SPORT? – di Paolo Crepaz e Alois Hechenberger – I concetti di dialogo, amicizia, pace, sono da sempre presenti nella cultura dello sport, auspicati quale frutto della pratica sportiva stessa. A livello sportivo istituzionale la pace è spesso addirittura rivendicata come conquista possibile solo attraverso lo sport, lì dove, si afferma, avrebbero fallito finora religione e politica. Allo sport viene attribuita la capacità di sviluppare le relazioni sociali, di essere fattore di comprensione internazionale e strumento di pace, di essere «componente essenziale della nostra società», capace di trasmettere «tutte le regole fondamentali della vita sociale» e portatore di valori educativi fondamentali quali «tolleranza, spirito di squadra, lealtà». Lo sport, con forza, reclama abbinata a sé anche l’immagine di strumento di incontro e di fratellanza. Ma con quale effettiva convinzione, con quale reale spessore? Fair play e fratellanza sono davvero sinonimi? E’ possibile la fraternità universale nello sport? A queste domande ha cercato di dare risposte il seminario su Sport e fraternità, promosso da Sportmeet a Roma il 3 settembre 2006.
Spazio letterario
«Nuova Umanità» continua nelle sue pagine l’apertura di spazio dedicato alla produzione letteraria. ECO – di Claudio Guerrieri
In dialogo
Riportiamo il testo degli interventi svolti in parallelo durante il 1° Simposio «Ebrei e Cristiani in dialogo» organizzato dal Movimento dei Focolari e tenutosi a Castel Gandolfo (RM) dal 23 al 26 maggio 2005, nella sessione dedicata al tema della relazione tra Dio e l’uomo nella tradizione cristiana ed ebraica. DIO E L’UOMO NELLA TRADIZIONE CRISTIANA – di Jesus Castellano Cervera – L’Autore – scomparso prematuramente nel giugno scorso e che vogliamo qui ricordare con affetto per tutti gli anni di collaborazione con la rivista –, presenta alcuni pensieri che sono propri della tradizione cristiana rappresentata soprattutto da alcuni mistici i quali manifestano un profondo senso di Dio e della sua trascendenza ed immanenza, e fedeli alla tradizione della Scrittura del primo Testamento e all’insegnamento di Gesù, sotto l’azione dello Spirito Santo di Dio, continuamente ci riportano a questo profondo senso religioso, proprio delle Scritture Sacre della tradizione ebraica e cristiana. Le loro parole sono parole di esperienza, di intuizione spirituale, di forte senso del divino, come le parole dei profeti d’Israele, autentici testimoni del Dio vivente, che vivono alla sua presenza e percepiscono la sua rivelazione nel mormorio soave della contemplazione. LA RELAZIONE TRA DIO E L’UMANITÀ NELLA TRADIZIONE EBRAICA – di Irene Kajon – Maimonide e Hermann Cohen, due tra i filosofi più importanti dell’ebraismo, pongono nello spirito di giustizia e di carità, che si esprime nelle opere, ciò che unisce l’uomo a Dio: di qui lo stretto legame tra l’amore dell’uomo verso Dio, che si identifica con il conoscere e assumere come norme i Suoi attributi, e l’amore dell’uomo per l’altro uomo, il vicino e il lontano.
Libri
Todeschini affronta il ruolo che ha avuto il carisma francescano nella nascita dell’economia di mercato. Ne risulta un quadro sorprendente e affascinante, che mostra come la povertà scelta volontariamente dai francescani creò le premesse culturali e poi anche teoriche per la comprensione della nascente economia di mercato. Todeschini mostra che l’etica economica moderna è stata il prodotto di un processo interno alla cristianità, nel quale il carisma di Francesco ha svolto un ruolo decisivo. INDICI «NUOVA UMANITA’» 2006 – a cura di Antonio Coccoluto NUOVA UMANITÀ XXVIII – Novembre-Dicembre – 2006/6, n.168
Nov 12, 2006 | Cultura
Città nuova, rivista del Movimento dei focolari, ha celebrato i suoi 50 anni con un Convegno nazionale a Roma, presso la Sala Umberto, lunedì 13 novembre 2006. L’evento dal titolo: “Città nuova, un progetto chiamato fraternità“ ha concluso così una serie di appuntamenti nelle principali città italiane. “Gratitudine e sostegno” ha espresso alla rivista il sindaco di Roma Walter Veltroni, definendo Città nuova “un ponte, una voce che ha cercato di dire parole importanti, promotrice dell’idea del dialogo, dell’amore, della fratellanza”. Una rivista che ha portato avanti “l’idea della città come luogo di convivenza e coesistenza tra esseri umani diversi”, ha continuato il primo cittadino, che non ha mancato di ricordare la fondatrice dei Focolari, Chiara Lubich, ricoverata al Gemelli: “Chiara è sempre vicina alla città ed anche a me personalmente. Le siamo molto vicini con amicizia e immensa ammirazione. Città nuova è una delle sue grandi invenzioni”. Caloroso anche il saluto di mons. Claudio Giuliodori, direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali della Cei: al riconoscimento a Chiara Lubich che ne ha dato l’avvio, e della “fecondità di un’esperienza umana e cristiana, quella dei Focolari”, ha fatto seguito l’augurio che “la semina abbondante fatta con passione e intelligenza in questi 50 anni possa continuare a produrre frutti per una città sempre più a misura d’uomo”. La manifestazione si è aperta con la sintesi storica di Giuseppe Garagnani, direttore del periodico, e, per l’editrice Città Nuova, di Giannino Dadda, amministratore delegato del complesso editoriale. Un video di Chiara Lubich sulla figura di Maria, trasparenza di Dio, estratto da un suo discorso del 2003, ha indicato un possibile modello a cui ispirarsi per i comunicatori. Il programma si è articolato attorno a tre tavole rotonde moderate da Pietro Cocco, giornalista della Radio Vaticana, e dai caporedattori di Città nuova Paolo Lòriga e Michele Zanzucchi. La prima, incentrata sul tema della fraternità, ha visto la presenza di membri del Centro studi dei Focolari (Vera Araujo, Luigino Bruni, Alberto Lo Presti e mons. Piero Coda, della Lateranense). Su “Dialogo: tattica o arte” si sono confrontati Mario Marazziti, portavoce di Sant’Egidio, Shahrzad Houshmand, teologa musulmana, Lisa Palmieri Billig, membro dell’American Jewish Committee, ed Eugenio Cappuccio, regista. L’ultima tavola rotonda, sul ruolo di Città nuova nei media ha visto gli interventi dei giornalisti Luigi Accattoli (Corriere della Sera) ed Ignazio Ingrao (Panorama), del Prof. Gianpiero Gamaleri (Università Roma Tre) e Vincenzo Santarcangelo (San Paolo Editrice). Tra gli altri, il prof. Gamaleri ha paragonato Città nuova a un albero che dà ombra e frutti a molti, un segno di speranza che ha davanti a sé un grande futuro.
Nov 7, 2006 | Chiara Lubich
Papa Benedetto XVI, informato personalmente dal Cardinale Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, dello stato di salute di Chiara Lubich, ieri ha voluto farle pervenire la sua benedizione e l’assicurazione della sua preghiera e vicinanza “umana e spirituale”. Le condizioni cliniche di Chiara si stanno progressivamente stabilizzando. Era stata ricoverata giovedì 2 novembre nel reparto di rianimazione del Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” per un’insufficienza respiratoria causata da un episodio infettivo polmonare. Prosegue il trattamento medico. Alla preghiera dei membri del Movimento nel mondo, si uniscono anche fondatori e responsabili di vari movimenti e comunità cattolici e di varie Chiese.
Nov 2, 2006 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Sono banchiere di professione, avvocato come specializzazione professionale, e contadino per hobby. Da studente sono stato un leader dei giovani del Partito Comunista delle Filippine. Crescendo ho sperimentato la forte tensione tra i proprietari terrieri che godevano di una ricchezza esagerata e i contadini che soffrivano una estrema povertà. I proprietari terrieri avevano più di quanto potevano spendere, mentre i contadini guadagnavano meno di $ 1 al giorno. Anche con moglie e figli lavorando la terra, erano eternamente nei debiti. Mio padre lavorava in una raffineria di zucchero e per la sua integrità è diventato un leader tra i lavoratori. Un giorno un lavoratore mi disse: “Io rispetto tuo padre perché non permette mai di essere comprato”. Ispirato dal suo esempio ho giurato a me stesso di vivere per la giustizia sociale a tutti i costi, anche con la rivoluzione violenta se fosse stato necessario. Far parte del settore della gioventù del Partito Comunista mi ha permesso di parlare dei diritti dei contadini in diverse manifestazioni. Durante una marcia mi sono trovato faccia a faccia con la morte, quando la polizia ha puntato la pistola verso di me. Durante il periodo della legge marziale nelle Filippine, molti dei miei amici sono stati presi dai militari e messi in prigione. Altri si sono rifugiati sulle montagne per continuare la rivoluzione con la guerriglia. Io ho evitato la sorte dei miei amici perché uno zio ricco mi ha fatto andare a Manila per studiare legge all’Università sostenendo le spese. Un amico di università un giorno mi ha invitato ad un concerto organizzato dal Movimento dei Focolari. In quell’occasione ho conosciuto Tess che è poi diventata mia moglie. Dall’inizio Tess mi ha detto apertamente che non si sarebbe mai innamorata di un ateo. Comunque, abbiamo scoperto che condividevamo gli stessi interessi: la giustizia sociale. Ambedue volevamo la rivoluzione. Ma mentre io volevo cambiare gli altri, lei voleva cambiare se stessa. Pian piano ho cominciato a capire la sapienza della sua visione e sono arrivato al punto di condividerla in pieno. Il padre di Tess era un industriale che aveva dato inizio ad alcune compagnie, tra cui una fattoria e una banca rurale che erano sull’orlo del fallimento. Il padre ha chiesto a Tess se eravamo interessati a dare una mano e noi vi abbiamo visto un’occasione per vivere i nostri ideali. Abbiamo iniziato a trattare giustamente i lavoratori, a dar loro salari giusti, a condividere il profitto con loro. Abbiamo organizzato una cooperativa per le mogli per minimizzare i costi e aumentare i risparmi. La banca rurale era in grave difficoltà per anni di abbandono. Abbiamo incoraggiato gli impiegati ad aver confidenza nel nostro servizio e a riacquistare la fiducia del pubblico nella banca. Abbiamo condiviso con loro i nostri valori cristiani e vedere nei clienti non solo una fonte di guadagno ma un prossimo da servire. Lentamente il business ha cominciato a crescere. Nel 1991 Chiara Lubich ha lanciato l’Economia di Comunione. Abbiamo subito risposto alla sfida aprendo 8 nuove succursali nella provincia. Nel 1997 una forte crisi finanziaria ha scosso tutta l’Asia. Tante ditte hanno chiuso. La banca accanto a noi ha chiuso perché i clienti, presi dal panico, hanno prelevato tutti i soldi. Anche la nostra banca ha tremato per il prelievo di parecchi soldi, ma la Provvidenza di Dio ci ha sempre assistito. In un’ occasione un cliente è venuto dopo l’orario di chiusura a depositare una somma superiore a quanto era stato prelevato. È stato durante questo periodo che siamo venuti a conoscenza del progetto micro-finanza o prestito ai poveri senza garanzia. Sembrava assurdo in quel momento che la banca potesse rischiare tanto. Ci sono stati momenti di perplessità se potevamo avventurarci in un simile progetto di implicazioni radicali. Ma, non volendo escludere i poveri dall’aver accesso al credito, abbiamo deciso di fare il passo nel buio, ed è così che è nata l’Agenzia di Credito Bangko Kabayan. È passato tanto tempo da quando, come studente, avevo giurato di vivere per portare la giustizia sociale a tutti i costi. Attraverso l’esperienza di questi anni ho sperimentato che il Vangelo vissuto è la più potente rivoluzione sociale mai esistita. (F. G. – Filippine) (altro…)
Nov 2, 2006 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Un momento molto importante nella mia vita è stato il 2 Marzo 1997, giorno nel quale mio nipote, Bruno Alberto, di 8 anni, è scomparso improvvisamente, mentre si trovava in vacanza con la sua famiglia. Il dolore dei genitori, come pure il mio, era enorme, tremendo. Subito, la Comunità dei Focolari, della quale faccio parte si è impegnata in un’intensa ricerca del bambino. Gli Organi di Giustizia e le istituzioni pubbliche di sicurezza invece erano abbastanza assenti. In Argentina infatti non c’è una legislazione che garantisca l’immediata ricerca di un minorenne quando questo viene rapito. Questo vuoto legale, che allontanava sempre più la possibilità di ritrovare il bambino, accresceva il senso d’impotenza, aggiungendosi al dolore della scomparsa. Intanto i casi di rapimento di bambini si facevano sempre più frequenti. Cercando di andar al di là di questo dolore, che ci ha richiamato sempre Gesù crocefisso che grida l’abbandono, e col desiderio di fare qualcosa affinché altri non sperimentassero la stessa impotenza, è nata la campagna “Alerta Niño” (attenzione bambino), con l’obiettivo di richiamare l’attenzione del potere pubblico su questa grave situazione. Alla campagna, promossa dalla Comunità dei Focolari in tutta l’Argentina, hanno subito aderito moltissime altre persone di buona volontà. Si è costituita una Commissione con avvocati ed esperti, che hanno appoggiato dei progetti di legge alla Camera della Nazione Argentina, progetti che puntavano alla nascita di un “Istituto di prevenzione e ricerca del minorenne sparito”. L’iniziativa ha avuto l’appoggio di numerosi vescovi ed istituzioni della Chiesa cattolica, di moltissimi enti pubblici e privati e di deputati e senatori di tutto il Paese. Purtroppo, nonostante l’impegno, il percorso legislativo del progetto si è fermato, ottenendo solo l’approvazione di un “Registro Nazionale di Bambini e Adolescenti Scomparsi”, senza prendere in considerazione la necessità di una ricerca immediata dei minorenni. Aderendo alla proposta, sono state presentate alle Camere, più di 85.000 firme da tutta l’Argentina, ed in più numerose lettere da diversi rappresentanti della popolazione. I mezzi di comunicazione locali e nazionali hanno diffuso l’iniziativa e coscientizzato la società su questa problematica e sulla necessità di trovare strumenti di prevenzione e di ricerca per la scomparsa di un minorenne. Tutto questo lavoro è stato finanziato dalla comunione dei beni delle persone del Movimento dei Focolari e con lo sforzo disinteressato di chi ha lavorato nella campagna durante questi 9 anni. Nell’attesa di ottenere l’esito positivo sul piano legislativo nazionale, si sono presentate delle proposte a livello municipale e regionale. La prima attuazione è avvenuta nel Municipio di Rosario, dove il Consiglio Deliberante, il 12 settembre 2002, ha approvato all’unanimità il nostro progetto ed ha sancito una legge comunale, che ha istituito un “Registro Municipale di Bambini Scomparsi”. E’ nata una linea verde per le denunce e per raccogliere informazioni che, oltre ad orientare e sostenere la famiglia, coordina azioni con le Forze dell’Ordine, e prevede la diffusione della foto del bimbo nelle pagine web del Municipio e sui mezzi di comunicazione. Nel 2004 si è collaborato nella ricerca di quindici bambini scomparsi, con un esito positivo in tutti i casi, secondo i dati della Difesa Civile. L’esperienza della città di Rosario si è poi diffusa ad altri Comuni ed oggi sono già più di venti quelli che hanno approvato una legge al riguardo, o sono sul punto di attuarla, non soltanto in Argentina ma anche in paesi vicini come Uruguay e Paraguay. Un giorno una mamma disperata ci ha telefonato alle 11 di notte dalla città di ‘Las Rosas’ (a 120 Km da Rosario), dicendoci che Mariela, la figlia di 14 anni, era improvvisamente scomparsa. Era uscita al mattino per andare a scuola, ma non vi era mai arrivata. Alcuni l’avevano vista alla stazione degli autobus e si pensava che fosse andata a casa di sua sorella che abitava a Rosario. Per questo le autorità non avevano incominciato la ricerca. Le abbiamo suggerito di telefonare alla Difesa Civile. Gli operatori della Difesa Civile si sono messi immediatamente in azione: hanno chiesto delle foto, hanno cercato negli ospedali, nelle questure, in tutta la tutta la città. Proprio per la tempestività con cui si è intervenuti, la ragazza è stata ritrovata durante la mattinata, nel centro della città, in salute anche se un po’ confusa. Di recente è stato approvato da parte della legislatura Regionale un “Registro di Bambini e Adolescenti Scomparsi”, organismo col quale abbiamo collaborato fin dall’inizio. In seguito a questo traguardo raggiunto, con il quale sono stati creati strumenti legali e si è ottenuta la coscientizzazione della popolazione, anche le forze di sicurezza ora si muovono più celermente. Sentiamo che la realtà è cambiata. Ora sono diversi gli enti pubblici pronti ad intervenire in caso di rapimento di un bambino e ci sono più possibilità di poterlo trovare subito. Anche se mio nipote Bruno ancora non è stato trovato, sentiamo una grande e profonda gioia per questi altri bambini ritrovati. (M. G. – Argentina)
Nov 2, 2006 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
In un convegno estivo del Movimento dei Focolari abbiamo voluto approfondire alcune tematiche di attualità. Tra queste l‘importanza di una moralizzazione nell’ambito scolastico. In questo contesto è emerso il problema del non corretto svolgimento degli esami scolastici. Spesso capita che si è promossi se si hanno raccomandazioni, a prescindere dal merito e dalla preparazione. Ciò influisce negativamente sulla formazione dei giovani che si convincono che nella società si va avanti, non in base alle capacità umane e professionali, ma se si hanno appoggi. A seguito di ciò abbiamo preso contatto con i responsabili dell’attività educativa della Chiesa locale e con loro abbiamo promosso un Forum per affrontare il problema. Hanno partecipato 127 insegnanti e si è presa coscienza della necessità della trasparenza e dell’onestà nello svolgimento del compito di insegnante. Al termine del Forum sono stati formulati alcuni principi soprattutto per aiutare gli studenti a studiare con profitto, seguendoli in modo continuativo, e per combattere ogni forma scorretta di svolgimento degli esami scolastici. Tutti hanno aderito con soddisfazione a questi impegni. Successivamente si è svolto un grande incontro per tutti gli insegnanti della provincia. Hanno partecipato 2000 insegnanti, il Commissario del governo per l’Educazione, un rappresentante del Parlamento, diversi funzionari del Ministero e sacerdoti e religiosi impegnati nel campo della scuola. Le proposte avanzate per il migliore svolgimento dell’attività scolastica e per la moralizzazione degli esami sono state accolte. Certo, gli ostacoli sono stati e sono tuttora innumerevoli. A volte sembra di dover lottare contro una montagna , ma siamo pronti a tutto , anche a pagare di persona. Infatti alcuni di noi hanno avuto serie minacce, ma il futuro dei nostri ragazzi ci sta troppo a cuore! Come conseguenza di questa azione, nell’esame statale per l’ammissione all’Università di 600 studenti, gli insegnanti esaminatori si sono impegnati a svolgere gli esami correttamente. Al termine degli esami, gli stessi esaminatori hanno detto che tutto era stato condotto in modo legale. Anche gli studenti sono stati molto soddisfatti. Sperimentiamo la forza di un’azione intrapresa insieme con la grande famiglia del focolare, con la quale cerchiamo di formare una nuova mentalità, un nuovo costume, per cui ognuno ha la possibilità di realizzarsi senza ricorrere all’illegalità. Non siamo ingenui, è solo un inizio, ma ora non molliamo più! (N. O. – Nigeria)
Nov 2, 2006 | Cultura
A causa delle tante minacce che incombono sulla nostra vita quotidiana, la società contemporanea si è guadagnata il titolo di “società globale del rischio”. Quando si pensa alle molte e diverse tensioni che affliggono sia le singole persone che l’intera comunità umana, ci vengono subito in mente la fame e la povertà, le tensioni geopolitiche, le guerre ed il terrorismo, la crisi ambientale e tanti altri mali che sussistono ancora oggi, dopo secoli o che sono apparsi proprio nella nostra epoca. Ma c’è anche un altro tipo di tensione, più sottile ma altrettanto nociva alla sicurezza personale e collettiva: la pratica dell’illegalità e la corruzione.. Possiamo citare qualche esempio: ricercare l’utile personale contro la giustizia verso gli altri; usare il potere pubblico per fini privati; fare disparità di trattamento; corrompere i pubblici funzionari per ottenere vantaggi ingiusti. Queste cose ed altre costituiscono l’illegalità. Sappiamo che a volte queste pratiche sono così diffuse che vengono date per scontate e diventano per alcuni, perfino accettabili. Così diventa difficile alle persone discernere fra il bene e il male e questo comportamento equivoco, compromette indubbiamente la giusta convivenza sociale e civile ed il corretto svolgimento dei rapporti sociali. La pratica dell’illegalità in se stessa poi mina lo scopo della giustizia: custodire il bene comune salvaguardando la dignità del singolo. Oltre alla necessità di rispettare la legalità, la giustizia richiede la promulgazione di leggi che assicurino l’uguaglianza e la libertà di tutti, dando a ciascuno le stesse opportunità. L’uomo, come attore della giustizia, deve rispettare la legalità perché questo significa l’adempimento dei propri obblighi verso gli altri. Solo questo tipo di comportamento può liberare l’uomo dai condizionamenti dei propri interessi, favorendo la stabilità e la vitalità dei rapporti sociali. Una società giusta è basata su due principi fondamentali: il rispetto per la dignità della persona e la tutela delle condizioni necessarie per la convivenza sociale. Come dice Papa Benedetto XVI nella sua prima enciclica Deus Caritas Est, la giustizia, “deve reggere l’attività dei poteri pubblici ed é a fondamento dell’ordine sociale”. L’illegalità e la corruzione attaccano ed annientano proprio questo scopo, minando il sistema giudiziario. Dunque l’illegalità e la corruzione influiscono negativamente e direttamente su quest’ordine sociale, minacciando la pratica della giustizia. In altre parole, l’illegalità e la giustizia non possono coesistere perché l’una è la negazione dell’altra. Si sente tanto parlare del bisogno di un’azione di contrasto alla corruzione e all’illegalità diffusa. Qui viene in mente subito l’attività repressiva. Certamente la repressione è uno strumento essenziale per custodire sia i diritti dell’individuo che il bene comune, ma da sola questa reazione non può essere la soluzione per eliminare le ingiustizie. Noi, operatori giuridici, che abbiamo scelto di vivere questa spiritualità collettiva nata dal carisma di Chiara Lubich, sentiamo che bisogna evidenziare il significato profondo della giustizia, secondo cui il bene individuale coincide e si sviluppa insieme al bene comune. Questo, perché la visione cristiana considera tutti gli uomini legati da un legame d’amore, perché figli del medesimo Padre e quindi tra di loro fratelli. Questa visione mette in rilievo non solo il danno che provoca la pratica dell’illegalità, ma anche la necessità di esigere un sistema legislativo che abbia come obiettivo il bene comune. Ma in termini concreti cosa significa questo? Significa che il senso della fraternità sollecita a farsi carico delle situazioni di sofferenza sociale del prossimo e adoperarsi per eliminarne le cause, al fine di un maggior beneficio di tutti. L’esperienza concreta della vita dimostra che queste finalità possono essere conseguite con comportamenti e rapporti animati dall’amore per l’uomo, sia come singolo che come collettività. Quest’amore inoltre spinge non solo a non praticare l’illegalità ma anche a non tacere davanti alle ingiustizie. Ci richiede di essere protagonisti, se necessario, per sollecitare i poteri pubblici per la tutela dei diritti fondamentali, in primo luogo degli esseri umani più deboli e indifesi. L’amore, soprattutto non permette che, in nome della presunta libertà dell’individuo, si metta in pericolo la giustizia dei rapporti nei comportamenti individuali e sociali, nelle leggi e nelle decisioni dell’autorità. La fraternità non lascia spazio ad alcuna forma di ingiustizia. (Simone Borg – Docente di diritto internazionale, Università di Malta e Università di Leuven, Belgio)
Nov 2, 2006 | Dialogo Interreligioso, Nuove Generazioni
Tramandare alle giovani generazioni lo “Spirito di Assisi”, proposto al mondo da Giovanni Paolo II nella memorabile giornata, che vide riuniti nella città di Francesco i leader di tutte le religioni del mondo, è l’obiettivo del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, nel 20.mo anniversario della “Giornata di Preghiera per la Pace” del 27 ottobre 1986. L’incontro riunisce giovani di diverse tradizioni religiose con l’intento di far loro riscoprire e mantenere vivo questo spirito, quale motivo di speranza per il futuro. Hanno aderito all’invito un centinaio di giovani di 27 Paesi, tra cristiani – cattolici e di altre Chiese e comunità –, ebrei e seguaci di varie tradizioni religiose: induismo, taoismo, buddismo, giainismo, Islam ed altre. Il programma comprende sessioni plenarie, dibattiti di gruppo o in tavole rotonde, pellegrinaggi a luoghi significativi della spiritualità francescana. Nel Sacro Convento sono stati predisposti luoghi separati per la preghiera e la meditazione dei diversi gruppi religiosi; i giovani cattolici parteciperanno all’Eucaristia domenicale e a vari momenti di preghiera. Il programma – L’incontro entrerà nel vivo il 5 novembre con la sessione inaugurale aperta dal Vescovo di Assisi, Domenico Sorrentino. Poi la riflessione di fondo su “L’impatto di Assisi 1986” e la Liturgia Eucaristica presso il Sacro Convento. Nel pomeriggio sono previste le testimonianze dei gruppi che in questi venti anni hanno particolarmente coltivato e promosso lo “spirito di Assisi”: Comunità di Sant’Egidio, Buddisti Tendai del Giappone, Comunione e Liberazione, Movimento dei Focolari. Nella giornata del 6 novembre, Kathryn Lohre, del Consiglio Ecumenico delle Chiese, si rivolgerà ai giovani sul tema “Sostenere i valori comuni e rispettare le differenze”, mentre martedì 7 il card. Paul Poupard, farà il punto sull’attuale situazione del dialogo interreligioso, accentuando il ruolo dei giovani in un mondo multireligioso e multiculturale. Ai giovani è affidata la stesura di un “Messaggio” di speranza e di incoraggiamento al mondo intero, nel segno della condivisione dello “Spirito di Assisi”. L’incontro si concluderà a Roma, nella mattinata dell’8 novembre, con la partecipazione all’Udienza Generale del Santo Padre. (altro…)
Ott 31, 2006 | Parola di Vita
Nel linguaggio comune la parola “giustizia” richiama il rispetto dei diritti umani, l'esigenza di uguaglianza, l'equa distribuzione delle risorse umane, gli organismi chiamati a fare rispettare le leggi.
E' questa la giustizia di cui parla Gesù nel “discorso della montagna”, da cui è tratta la beatitudine? Anche, ma essa viene come conseguenza di una giustizia più ampia che implica l'armonia dei rapporti, la concordia, la pace.
La fame e la sete richiamano i bisogni elementari di ogni individuo, simbolo di un anelito profondo del cuore umano mai pienamente appagato. Secondo il Vangelo di Luca, Gesù avrebbe detto semplicemente: “Beati gli affamati” . Matteo spiega che la fame dell'uomo è fame di Dio, il solo che può saziarlo pienamente, come ha ben capito sant'Agostino che, all'inizio delle Confessioni, scrive la famosa frase: “Ci hai fatti per te, e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te” .
Gesù stesso ha detto: “Chi ha sete venga a me e beva” . Lui, a sua volta, si è cibato della volontà di Dio .
Giustizia, nel senso biblico, significa dunque vivere in conformità al progetto di Dio sull'umanità: l'ha pensata e voluta come una famiglia unita nell'amore.
«Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati»
Il desiderio e la ricerca della giustizia sono da sempre inscritti nella coscienza dell'uomo, glieli ha messi in cuore Dio stesso. Ma nonostante le conquiste e i progressi compiuti lungo la storia, quanto è ancora lontana la piena realizzazione del progetto di Dio. Le guerre che anche oggi si combattono, così come il terrorismo e i conflitti etnici, sono il segno delle disuguaglianze sociali ed economiche, delle ingiustizie, degli odi.
Gli ostacoli all'armonia umana non sono soltanto di ordine giuridico, ossia per la mancanza di leggi che regolano la convivenza; essi dipendono da atteggiamenti più profondi, morali, spirituali, dal valore che diamo alla persona umana, da come consideriamo l'altro.
Lo stesso nell'ordine economico: il crescente sottosviluppo e divario tra ricchi e poveri, con l'iniqua distribuzione dei beni, non sono frutto soltanto di certi sistemi produttivi, ma anche e soprattutto di scelte culturali e politiche: sono un fatto umano.
Quando Gesù invita a dare anche il mantello a chi chiede la tunica, o a fare due miglia a chi chiede di farne una con lui , indica un “di più”, una “giustizia più grande”, che supera quella della pratica legale, una giustizia che è espressione dell'amore.
Senza amore, rispetto per la persona, attenzione alle sue esigenze, i rapporti personali possono essere corretti, ma possono anche diventare burocratici, incapaci di dare risposte risolutive alle esigenze umane. Senza l'amore non ci sarà mai giustizia vera, condivisione di beni tra ricchi e poveri, attenzione alla singolarità di ogni uomo e donna e alla concreta situazione in cui essi si trovano. I beni non camminano da soli; sono i cuori che devono muoversi e far muovere i beni.
«Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati»
Come vivere questa Parola di vita?
Guardando il prossimo per quello che realmente è: non soltanto un essere umano con i suoi diritti e la sua fondamentale uguaglianza davanti a tutti, ma come la viva immagine di Gesù.
Amarlo, anche se nemico, con lo stesso amore con cui lo ama il Padre, e per lui essere disposti al sacrificio, anche supremo: “Dare la vita per i propri fratelli” .
Vivendo con lui nella reciprocità del dono, nella condivisione di beni spirituali e materiali, così da diventare tutti una sola famiglia.
Allora il nostro anelito ad un mondo fraterno e giusto, così come Dio lo ha pensato, diventerà realtà. Lui stesso verrà a vivere in mezzo a noi e ci sazierà della sua presenza.
«Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati»
Ecco come un lavoratore raccontò la sue dimissioni: “La ditta dove lavoro si è da poco unita con un'altra ditta della stesso settore. Dopo questa fusione, mi hanno chiesto di rivedere l'elenco degli impiegati, perché nella nuova sistemazione del lavoro tre di loro dovevano essere licenziati.
Tale disposizione, però, non mi è sembrata fondata, ma al contrario piuttosto affrettata, sbrigativa, presa senza alcuna considerazione delle conseguenze di ordine umano che essa avrebbe comportato per gli interessati e le loro famiglie. Cosa fare? Mi sono ricordato della Parola di vita. L'unico modo era fare come Gesù: amare per primo. Ho presentato le mie dimissioni e ho detto che non avrei firmato i tre licenziamenti.
Le dimissioni non le hanno accettate, e anzi mi hanno chiesto in che modo pensavo di inserire gli impiegati nella nuova organizzazione. Io avevo già pronto il nuovo piano del personale, che rendeva agile e molto utile l'inserimento di tutti nei vari settori. Hanno accettato, e siamo rimasti tutti a lavorare.”
Chiara Lubich
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Ott 30, 2006 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Il card. Antonelli: “L’economia di comunione, niente affatto utopistica” L’arcivescovo di Firenze, cardinale Ennio Antonelli, è intervenuto all’inaugurazione del primo Polo europeo delle aziende di Economia di comunione, che sorge nei pressi della cittadella internazionale dei Focolari, a Loppiano, sui colli toscani, vicino Firenze. Aveva esordito citando il Papa: “Benedetto XVI ha detto più volte che la storia è guidata da minoranze creative. Stasera partecipiamo ad un evento importante di una minoranza creativa”. Ne ha evidenziato le radici: l’amore evangelico, un amore che “non riguarda solo persone singole, elemosina e volontariato, ma riguarda la cultura, le strutture e i dinamismi della società. E’ il criterio di trasformazione del mondo” come afferma il Concilio. “Mi pare – ha aggiunto – che stasera comprendiamo meglio che cosa tutto questo significa”. Ed ha definito l’idea dell’Economia di comunione “niente affatto utopistica”, ma che “certo richiede grandi energie spirituali, grandi motivazioni, ma è così affascinante che può contagiare tante altre imprese”. Il Presidente Prodi: “Quanto si sta inaugurando ha un ruolo esemplare nella società” “In ogni società, per andare avanti abbiamo bisogno di esempi”. Così il Presidente del Consiglio italiano intervenuto a sorpresa alla cerimonia inaugurale. Il Presidente Prodi si è detto grato per questa realizzazione, per l’impegno di “trasparenza nei bilanci, rispetto delle leggi, e libera condivisione degli utili per attivare una rete di solidarietà”. Ed ha ribadito: “Ogni società ha bisogno di esempi, perché altrimenti si inaridisce, e tutto diventa standard ripetitivo. Qui c’è un esempio. Qui c’è un di più a cui non tutti sono chiamati, ma è il segno di un progresso nella convivenza umana”. Il Polo rende visibile una via economica tesa a sanare il divario tra ricchi e poveri Arrivando al Polo si è subito colpiti dalla originale costruzione che si estende su 9600 metri quadri, ma non appare come un capannone industriale. 5621 gli azionisti. Anche pensionati, casalinghe, studenti sono coinvolti: attraverso l’azionariato diffuso che costituisce la E.di C. spa, si sentono protagonisti di un progetto che ha respiro mondiale. Un’impresa non facile, quella di trasferire la propria azienda o di creare nuove filiali, come è emerso dai flash delle esperienze di questi imprenditori. Ma affascina – è stato detto – venire al Polo per essere una comunità di aziende che si apre al territorio, che si rende visibile per dare il proprio contributo di etica al mondo dell’economia, al sogno di colmare il divario tra ricchi e poveri. Il prof. Zamagni: “Per far rifiorire l’impresa, bisogna ricentrare tutto sulla persona” “La finalità di queste aziende – ha detto Cecilia Manzo, presidente della E.di C. spa, che gestisce e promuove il Polo – suscita la compartecipazione dei dipendenti nella gestione dell’azienda”. E’ proprio quest’ultimo aspetto che è stato sottolineato dal prof. Zamagni, docente di Economia Politica all’università di Bologna. “Oggi, in quest’epoca post-industriale – ha detto – il fattore strategico non è più la macchina, né il capitale, ma la persona umana. Se vogliamo che l’impresa torni a fiorire, bisogna ricentrare tutto sulla persona. Più degli incentivi è importante agire sulle motivazioni di chi lavora”. E’ quanto avviene nelle imprese di Economia di comunione: gli stessi dipendenti condividono il fine per cui l’impresa è nata. “Un’idea geniale, che ha giocato di anticipo”. Chiara Lubich – La consegna di un motto: “Dio opera sempre” La fondatrice dei Focolari, a cui si deve, quindici anni fa, il lancio dell’Economia di Comunione, in un messaggio ha auspicato che il Polo sia “una risposta concreta ai problemi economici di oggi”. Ed ha dato al Polo un motto: “Dio opera sempre”, iscritto su una targa in cotto realizzata dallo scultore Benedetto Pietrogrande, scoperta oggi. “E questo per ricordarci del valore che Dio dà al lavoro, all’ingegno creativo proprio dell’uomo”. Ha poi precisato un altro aspetto di questo progetto: l’essere “parte costitutiva” delle cittadelle del Movimento, chiamate ad essere “un bozzetto di una società nuova basata sul Vangelo”. (altro…)
Ott 27, 2006 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
COMUNICATO STAMPA N. 3
Incisa in Val d’Arno, 28 ottobre 2006 Per una società senza più poveri – E’ questo il sogno che anima il progetto dell’Economia di comunione lanciato da Chiara Lubich quindici anni fa nel corso di un viaggio in Brasile di fronte allo scandalo del divario crescente tra ricchi e poveri. Un progetto che coinvolge a tutt’oggi oltre 700 imprese che stanno sul mercato, in vari Paesi. Un’esperienza che si rende visibile nei poli imprenditoriali che stanno nascendo in alcune cittadelle dei Focolari. Si inaugura il primo polo europeo, con 15 aziende, la costruzione che sviluppa 9600 metri quadri, sorto presso la cittadella internazionale di Loppiano nei pressi di Firenze. Un convegno, svoltosi ieri, venerdì 27 ottobre, nella cittadella e che ha visto una folta partecipazione internazionale, ha approfondito questa esperienza innovativa. Titolo: “Semi di fraternità in economia”. E’ possibile la fraternità in ambito economico? E’ l’interrogativo da cui trae spunto la sociologa brasiliana Vera Araujo. Evidente è l’urgenza di rifondare i punti nodali dell’economia sul principio di fraternità, in un mondo dove il mercato è diventato “una sorta di potere che impone i suoi criteri di giudizio, cultura, valori, metodi a popolazioni, stati, istituzioni”. Risultato: continua crescita delle disuguaglianze. L’attuazione in questi 15 anni del progetto dell’economia di comunione dimostra che è possibile basare l’economia sulla fraternità. Non solo: si può imprimere una svolta, anche se ancora a livello germinale. Ne ha parlato l’economista Luigino Bruni. La prima idea lanciata da Chiara Lubich è la tripartizione degli utili delle imprese: una parte per i più poveri, una per il suo sviluppo e la creazione di nuovi posti di lavoro; una terza parte per la formazione alla nuova cultura del dare in antidoto alla cultura consumista dell’avere. Elementi innovativi che contribuiscono ad un mondo senza più indigenti. “Certo le aziende dell’economia di comunione saranno sempre poche rispetto al numero delle imprese sui mercati, ma – ha osservato il prof. Bruni – i grandi cambiamenti epocali sono spesso il risultato di minoranze carismatiche che hanno dato vita a modelli e a comunità visibili capaci di generare uno spirito emulativo”. L’urgenza di una svolta è invocata anche dalla Banca europea. Uno studio sottolinea “che le crisi si fronteggiano oggi ricostruendo società e valori, nella necessità di un nuovo obiettivo che, nelle imprese non sia solo profitto, e nella persona faccia emergere la capacità di ‘solidarietà sociale’”. Lo ha evidenziato la docente di diritto, Adriana Cosseddu. Significativa l’esperienza di un imprenditore nell’ambito farmaceutico, Armando Tortelli, brasiliano. Dirige la Prodiet: 180 dipendenti, 35 milioni di dollari di fatturato. Fa parte del primo polo imprenditoriale, sorto in Brasile nei pressi di San Paolo. Un’impresa che proprio per aver condiviso gli utili, in questi anni ha registrato una crescita anche nei rapporti con i dipendenti, i concorrenti, senza cedimenti alla corruzione ed evasione fiscale. Nel pomeriggio la testimonianza dei poveri. Toccante il racconto di Letty Mumar di Manila. Povertà, morte del primo marito e abbandono poi del secondo marito. Due figli di cui uno down. Poi l’impatto con il centro sociale dei Focolari. L’esperienza dell’amore dei fratelli la porta alla riscoperta di Dio. Gli aiuti dell’economia di comunione. Non è puro assistenzialismo, ma un aiuto che nasce dalla prossimità e immette voglia di crescere in tutte le dimensioni. Il primo figlio arriva all’università, il secondo, down, può frequentare una scuola pur costosa. Si impegna nello sport. Alle para-olimpiadi delle Filippine riceve 8 medaglie, arriva primo alla corsa veloce. Seguono poi brani di lettere giunte da tutto il mondo: rivelano altri squarci di vita che riacquista dignità, spirito di iniziativa, e che mette a sua volta in moto la solidarietà verso altri ancora più poveri. Altri “segni di fraternità in economia” sono emersi dal dialogo che si è aperto in una tavola rotonda con vari protagonisti dell’economia sociale con cui in questi anni i Focolari hanno intavolato un confronto fertile e arricchente: Acli, Unicoop di Firenze, Compagnia delle Opere, Banca etica, CGM Consorzio. Sono emerse radici diverse, ma valori comuni, coniugati nei modi e con le opere più varie. Acli – Nascono nel 1945. 900.000 soci. Sono luoghi dove si concretizza la vocazione sociale della persona, specie del lavoratore e si trasforma in cittadinanza, in impegno civile e politico, pre-condizioni della democrazia. “In questi anni – ha detto il Presidente Andrea Olivero – abbiamo cercato di reinterpretare il nostro impegno cercando le vie per umanizzare l’economia. L’impegno attuale: la riscoperta di quanto sancito sin dalla fine degli anni 50: mettere al centro la fraternità. Non sono parole, ma atti, regole concrete, non solo nella comprensione del singolo ma anche nell’’ordinamento politico, economico, civile. Banca Popolare Etica – Nasce nel 1994 dall’associazione di 22 organizzazioni del no profit. “Ma – afferma il dirigente Mario Cavagna, ha radici molto profonde. Risalgono ad uno dei primi testi sulla finanza etica, sull’onda lunga del ’68. Si incrocia con il nascere del commercio equo e solidale”. E’ una banca di credito cooperativo e promuove il messaggio culturale legato alla finanza etica. Sostiene il mondo no profit e l’economia solidale. Finanzia la cooperazione sociale, la cooperazione internazionale, la tutela dell’ambiente, la società civile. In questi anni diventa socio anche della Edic spa a sostegno della nascita del Polo, per il comune obiettivo di salvaguardare nell’economia la centralità dell’uomo. Unicoop di Firenze – Ha origini nel 1891, quando nasce la prima cooperativa di consumo. Oggi opera nelle 7 province toscane. Un milione di soci, 7500 dipendenti. 2 miliardi di fatturato annuo. Solidarietà, cultura, consumo consapevole. “L’ultimo versante – ha detto il presidente Turiddu Campaini – è quello dell’attività solidaristica a favore dei Paesi del terzo mondo che si sviluppa in modo più accentuato. In questi anni difficili per l’economia abbiamo cercato di ridurre le voci di costo. Una voce non ha subito flessioni: la voce “solidarietà”. Si riesce a mobilitare 2 milioni di euro, per la realizzazione di progetti con la collaborazione di varie realtà di volontariato, rilevante quella dei Focolari”. Compagnia delle Opere – Nasce nel 1986 per una intuizione di mons. Luigi Giussani. E’ una associazione di rilevanza nazionale, 41 sedi in Italia. 11 sedi all’estero. Un arcipelago di realizzazioni. Quale il segreto? “Condividendo i bisogni degli altri – ha detto il dott. Antonio Mandelli, presidente della Federazione imprese sociali, tra le opere della Compagnia – ci apriamo a un dinamismo che ci stimola a fare tutto il possibile e al meglio per rispondere con sistematicità e con creatività a questi bisogni”. CGM Consorzio – Nasce nel 1987. E’ formata da 3 società di scopo e 83 consorzi locali, ci sono associate circa 1300 cooperative di servizi sociali, sanitari, educativi e di inserimento lavorativo per categorie svantaggiate. Entro la rete CGM operano 35.000 lavoratori di cui circa 9000 persone svantaggiate e volontari. Il traguardo: “Migliorare i luoghi dove viviamo, ha detto Claudia Fiaschi, tra i dirigenti del Consorzio. Ci accomuna l’amore per l’uomo e le comunità operando sul territorio”. In un giro di battute finali, Antonio Mandelli ha espresso una speranza ed un impegno comune: “Come al tempo delle invasioni barbariche, che avevano devastato l’intero territorio italiano, i benedettini hanno contribuito alla ricostruzione della società, così oggi, da questi piccoli luoghi, quali sono queste opere, può partire la rigenerazione della società. Luoghi che hanno un aspetto impegnativo: richiedono tutta la nostra vita”. Claudia Fiaschi ha evocato il concetto della rete “per rendere visibili e dare voce a queste opere che scomodano la cultura prevalente. Farsi cioè carico di comunicare in modo efficace questa esperienza perché si trasformi in prassi, in cultura”. L’impressione comune è che questo confronto abbia segnato l’inizio di un nuovo cammino. Ufficio di Segreteria e Relazioni Esterne via Castagneto, 21 50064 Incisa in Val d’Arno (FI) tel. 055/8334427 info@edicspa.com www.edicspa.com Per informazioni: Stefania Tanesini Addetta stampa cell. 338-5658244
Ott 26, 2006 | Cultura
Comunicato stampa n. 2
sabato 28 ottobre 2006 Burchio – Incisa Valdarno (Firenze) Diretta TV su Telepace dalle ore 15.30 La cerimonia di inaugurazione avverrà alla presenza delle autorità civili e religiose, del mondo imprenditoriale e di azionisti. Saranno presenti i soci fondatori della E. di C. spa, e dirigenti del Movimento dei Focolari, delegati da Chiara Lubich. Sul tema “Il Polo Lionello nell’oggi dell’economia”, interverrà il prof. Stefano Zamagni, ordinario di Economia presso l’Università di Bologna. Venerdì 27 ottobre 2006 – Convegno “Segni di fraternità in Economia” Prospettive attuali dell’economia di Comunione – ore 10-17,30 Salone S. Benedetto – Cittadella di Loppiano (Incisa Valdarno – Firenze) Oltre agli interventi degli esperti, tra cui la sociologa brasiliana Vera Araujo e il docente di economia Luigino Bruni:
dalle Filippine l’esperienza del Banco Kabayan e la testimonianza di chi è stato sostenuto dall’economia di comunione
dal Brasile imprenditori del primo polo dell’EdC, il Polo Spartaco.
Tavola rotonda con i protagonisti dell’economia sociale: esponenti di Banca Etica, Acli, Unicoop Toscana, CGM Consorzio, Compagnia delle Opere. Attese oltre 700 persone dalle varie regioni italiane e imprenditori dalla Germania e Francia. “In tempi come questi l’apertura di un polo di imprese che creerà nuovi posti di lavoro è già di per sé una cosa positiva e tutt’altro che banale. Ma soprattutto le caratteristiche e l’idealità che animano il polo Lionello Bonfanti sono per noi la prova concreta che è possibile coniugare insieme dinamismo e competitività con i valori etici e la solidarietà”. Così il Presidente della Regione, Claudio Martini, intervenendo alla tavola rotonda su “Toscana etica e sviluppo: il progetto di Economia di Comunione” che lunedì 23 ha aperto la settimana di eventi in preparazione alla inaugurazione del Polo Lionello Bonfanti. Vi hanno partecipato in 200 tra imprenditori e rappresentanti del mondo politico bancario ed di associazioni di categoria. Conferenza stampa – Alcuni dati – Il Polo Lionello Bonfanti si estende su un’area di 9600 metri quadri, conta su 5.621 azionisti, ospita già 15 aziende che a pieno regime saliranno a 30. Questi i dati forniti dai dirigenti della E. di C. spa che gestisce il Polo, alla conferenza stampa, seguita alla tavola rotonda, convocata dallo stesso presidente della regione Toscana, ClaudioMartini, presso la sede del polo Lionello Bonfanti. “Imprese ‘for profit’ che destinano una parte non trascurabile degli utili al ‘non profit’, cioè ai più indigenti – ha spiegato Giuseppe Manzo, vicepresidente dell’E.di C. spa – destinando il 30 per cento degli utili ad uno specifico fondo di solidarietà. Un progetto – ha ricordato – lanciato da Chiara Lubich 15 anni fa dal Brasile, per lottare contro la povertà e l’ingiustizia del divario tra ricchi e poveri. Appello a cui hanno risposto oltre 700 aziende di tutto il mondo, più di 200 in Italia”. Dal sito www.edicspa.com sono scaricabili comunicati stampa, programma, schede di approfondimento, modulo di accredito. Foto: si possono richiedere all’addetta stampa. Per l’evento del 27 ottobre è gradito l’accredito. Per motivi organizzativi, il 28 ottobre, l’accredito è obbligatorio. Per informazioni: Stefania Tanesini Addetta stampa cell. 338-5658244 Ufficio di Segreteria e Relazioni Esterne via Castagneto, 21 50064 Incisa in Val d’Arno (FI) tel. 055/8334427 info@edicspa.com www.edicspa.com
Ott 23, 2006 | Cultura
Che cos’è l’Economia di comunione
Come nasce l’idea – È davanti allo “scandalo di un mondo fatto di lussuosi grattacieli e di baracche disumane”, durante un viaggio di Chiara Lubich a San Paolo in Brasile nel ’91, che “si accende la scintilla ispiratrice di quella che subito viene chiamata Economia di Comunione”.
L’obiettivo: un futuro senza più indigenti
Il progetto – La fondatrice dei Focolari si rivolge in modo specifico al mondo imprenditoriale, all’impresa. Propone un agire economico che coniughi economia e comunione, ispirato ad una nuova cultura, “la cultura del dare” antidoto alla “cultura consumista dell’avere”. La novità: suscitare aziende che “producano per condividere” destinando una parte degli utili ai più poveri, una parte alla promozione della cultura di condivisione ed un’altra parte per sostenerne lo sviluppo dell’azienda stessa. Questa idea rimbalza in tutto il mondo ed oggi sono oltre 700 le aziende produttive e di servizi che hanno raccolto questa sfida, alcune costituendosi appositamente, altre orientando all’economia di comunione il proprio operare. Infatti l’intero stile di agire economico, di gestione aziendale e di aiuti agli indigenti è ispirato alla comunione, alla reciprocità. L’economia di comunione, novità dottrinale. Fin dall’inizio la riflessione culturale – tesi di laurea, articoli, monografie, convegni accademici – ha accompagnato l’esperienza concreta, e la dimensione vitale ha ispirato gli studi, dando luogo ad una reciprocità tra teoria e prassi che costituisce uno degli aspetti più tipici dell’EdC.
Il Polo delle imprese di Economia di Comunione italiane e l’ E. di C. s.p.a.
I Poli imprenditoriali. Sono espressione tipica dell’economia di comunione. Sede di alcune aziende, sono il punto di riferimento per tutte le altre aderenti od orientate al progetto. Ad essi si rapportano, in maniera costante, studiosi ed economisti che vi trovano originali “laboratori” di una economia rinnovata. Far nascere anche in Italia un Polo imprenditoriale, “faro di credibilità” per l’economia di comunione, a cui potranno collegarsi le aziende italiane gestite secondo questo progetto: è la sfida che Chiara Lubich lancia il 5 aprile 2001 a Castelgandolfo (Roma), alla scuola internazionale per operatori dell’Economia di Comunione. Il 13 ottobre 2001 si costituisce la E. di C. s.p.a., con sede in Loppiano, Incisa in Val d’Arno (Firenze). E’ una società ad “azionariato diffuso” che con i 5621 soci attuali, testimonia l’impegno di quanti, pur non imprenditori, desiderano essere protagonisti dell’Economia di Comunione. Ha come fine la realizzazione e la gestione del Polo imprenditoriale italiano, come pure la progettazione di iniziative connesse al suo sviluppo. Fortemente qualificante l’articolo 36 dello statuto: il 30% degli utili è devoluto ad un fondo speciale di solidarietà per far fronte alle necessità degli indigenti.
Struttura architettonica del Polo
La struttura del Polo esprime un forte valore simbolico, oltre che funzionale. La quinta muraria in mattoni vuole significare il radicamento nel territorio e la sua forma, concava, ricorda due braccia che accolgono. Attraversando la hall, punto di snodo delle diverse zone, si arriva nella galleria sulla quale si affacciano i laboratori e il corpo uffici: è la “piazza” di questa piccola comunità, luogo di incontro degli “abitanti” del Polo e spazio destinato ad eventi pubblici. L’interno è concepito in maniera modulare e flessibile: l’edificio sviluppa un totale di 9600 mq destinati ad usi produttivi, artigianali, spazi commerciali e uffici.
Il Polo e la cittadella internazionale di Loppiano
Una peculiarità dei Poli di Economia di Comunione è quella di sorgere nei pressi delle cittadelle del Movimento dei Focolari. Il Polo Lionello Bonfanti sorge in località Burchio, (Incisa Valdarno), a pochi chilometri dalla cittadella internazionale di Loppiano. Ne costituisce un importante completamento. Sin dal 1962 Chiara Lubich, ad Einsiedeln in Svizzera, guardando dall’alto di una collina il complesso di una delle abbazie che nei secoli erano state centri propulsori di civiltà, aveva intuito la possibilità che, dal Movimento potessero sorgere piccole città moderne composte di scuole, case, industrie -città/pilota -per un mondo nuovo, la cui legge fosse quella del Vangelo, l’amore reciproco. Loppiano, nata due anni dopo, nel 1964, è la prima delle oltre 30 cittadelle sorte nel mondo, e la più sviluppata. L’internazionalità è la sua caratteristica: oltre 800 i suoi abitanti provenienti da 70 Paesi dei 5 continenti. Negli anni, via via assume l’aspetto di una città, anche se in miniatura. E’ formata da case, scuole, centri d’arte, attività artigianali e agricole. Ogni anno sono più di 40.000 i visitatori. Per lo stile di convivenza che testimonia, Loppiano è di luce anche per le grandi città multiculturali e multietniche di oggi.
Ott 23, 2006 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Dopo le “Porte aperte al Polo Lionello Bonfanti” – un momento di festa che domenica 22 ottobre ha visto la partecipazione di oltre 2000 abitanti di Incisa e del Valdarno – il Polo si è confrontato con le istituzioni regionali. Riportiamo ampi stralci di quanto pubblicato da ‘Prima Pagina’ sulla tavola rotonda svoltasi lunedì 23 ottobre, presso la sede del Polo a Burchio, Incisa Valdarno, dal titolo: “Toscana, etica e sviluppo: il progetto di economia di comunione”. Era questo il secondo dei quattro appuntamenti che precedono l’inaugurazione del Polo, sabato 28 ottobre.
Conta su 5.621 azionisti, ospita già 15 aziende che saliranno presto a 30. E’ il Polo italiano delle aziende di Economia di comunione ‘Lionello Bonfanti’ che ha sede in Toscana, vicino alla città internazionale di Loppiano, sede storica del Movimento dei Focolari. Al convegno ‘Toscana, etica e sviluppo: il progetto di economia di comunione’ tenuto nella sala del nuovo polo produttivo, hanno partecipato, tra gli altri, l’assessore regionale alla cooperazione internazionale, perdono e riconciliazione fra i popoli, Massimo Toschi, e il Presidente della Regione Toscana Claudio Martini, che ha preso parte, insieme al sindaco di Incisa, Fabrizio Giovannoni, alla conferenza stampa organizzata a conclusione della mattinata, per illustrare le finalità dell’iniziativa da parte dei responsabili di E.di.c. spa, la società che fa riferimento al Movimento dei Focolari, che ha realizzato e gestisce il polo. “Il polo Bonfanti – ha detto Martini – rappresenta per la Regione Toscana una buona notizia, soprattutto per le caratteristiche e l’idealità che lo animano. Sono per noi la prova concreta che è possibile coniugare insieme dinamismo e competitività con i valori etici e la solidarietà”. Martini ha concluso esprimendo la sua ammirazione per l’iniziativa e assicurando la collaborazione della Regione Toscana. Fra le ipotesi allo studio il Presidente Martini ha annunciato quella di una riduzione dell’imposizione fiscale per questa tipologia di imprese, sul modello di quanto già avviene per le zone di montagna, per le imprese giovanili e per le onlus.
Sono di diversi tipi le imprese che costituiscono il nuovo polo imprenditoriale intitolato alla memoria di ‘Lionello Bonfanti’, magistrato, che fu uno dei fondatori, negli anni ’60 della città internazionale del Movimento dei Focolari, a Loppiano. Si va dalle imprese manifatturiere a quelle di servizi, comprese le società di consulenza e di assicurazione e presto anche un attrezzato poliambulatorio medico. C’è anche chi ha pensato di mettere insieme la pausa caffè con l’acquisto di un libro, ma anche con l’acquisto di un capo di maglieria. E’ questa l’idea innovativa che lega PhiloCafè dell’imprenditore bresciano Bertagna, con la libreria Arcobaleno e la pasticceria Dulcis in Fundo: un modello importato dagli Usa per l’aspetto imprenditoriale, declinato in modo originale grazie alla destinazione sociale di una quota degli utili pari al 30%. Sono questi tre esempi delle 15 “imprese ‘for profit’ che destinano una parte non trascurabile degli utili al ‘non profit’” che oggi fanno parte del polo ‘Bonfanti’, come ha detto Giuseppe Manzo, vicepresidente di E.di C. nell’illustrare la filosofia che li ha portati a costituire una società di capitali, con uno statuto che all’articolo 36 prescrive a ciascun aderente che il 30% degli utili sia destinato ad uno specifico fondo di solidarietà. Il Polo Bonfanti è il primo di questa tipologia in Italia e in Europa, il settimo nel mondo. In totale, le aziende di Economia di Comunione sono oggi, nel mondo, quasi 800. Oltre 200 operano in Italia e di queste una trentina in Toscana. (da ‘Prima Pagina’ Quotidiano Telematico della Regione Toscana- 23/10/06)
Ott 19, 2006 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Il Polo Lionello Bonfanti, che verrà inaugurato sabato 28 ottobre prossimo, alle ore 15,30, alla presenza di numerosi imprenditori, di autorità civili e religiose, è tra le espressioni tipiche dell’Economia di Comunione, progetto che conta 15 anni di vita. Lanciato in Brasile nel 1991 da Chiara Lubich, la fondatrice dei Focolari, ha come obiettivo contribuire a sanare il crescente divario tra ricchi e poveri. L’inaugurazione sarà preceduta da una settimana di eventi: • 22.10 – Porte aperte al Polo Lionello • 23.10 – Incontro regionale con le istituzioni e il mondo economico • 25-26.10 – Seminari multidisciplinari di formazione per imprese pubbliche e private • 27.10 – Convegno: “Segni di fraternità in economia”
Il Polo italiano delle Aziende di Economia di Comunione sorge in località Burchio, Incisa in Val d’Arno (FI), nei pressi di Loppiano, la cittadella internazionale dei Focolari. Inizialmente ospiterà 15 aziende italiane di svariati settori: tessile, artigianale, impiantistico e alimentare, oltre che studi professionali di consulenza fiscale e amministrativa, servizi assicurativi, informatici, di consulenza e formazione aziendale. Sarà punto di convergenza, luogo di scambio di idee e progetti, offerta di servizi per le oltre 200 aziende italiane aderenti al progetto dell’Economia di Comunione. Sinora sono 7 i poli imprenditoriali nel mondo, in varie fasi di realizzazione: il primo e più sviluppato sorge in Brasile, nei pressi della cittadella dei Focolari di Vargem Paulista (San Paolo). Una peculiarità di questi poli è quella di sorgere nei pressi delle cittadelle del Movimento dei Focolari, a completamento di quello che mira ad essere un bozzetto di una società rinnovata, improntata alla fraternità. Anche per questo il Polo italiano porta il nome di “Lionello Bonfanti”, magistrato, che fu tra i primi artefici della cittadella di Loppiano.
Ott 18, 2006 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Io nella proposta dell’Economia di comunione ho intuito una potenzialità nuova, perché riguarda l’uomo nella sua integralità. Tutta l’attività economica e produttiva deve essere orientata al “dare”, un dare che coinvolge i rapporti con le persone. Volli subito partecipare a questo progetto e aderii di slancio all’idea di far nascere una clinica nella città di Vargem Grande con altri professionisti dell’ambito sanitario. Sentivo che il progetto mi riguardava e così ne parlai con mio marito. Anche lui desiderava dare la vita per fare di questo progetto una realtà. Sei mesi dopo ci siamo trasferiti con i nostri cinque figli a Vargem Grande, a circa 140 km dalla città dove abitavamo, per iniziare l’attività dell’impresa: la Policlinica Ágape. Abbiamo lasciato alle spalle tutto: il nostro lavoro, la casa, gli amici. Non è stato facile e le difficoltà sono state tante, ad esempio l’adattamento dei ragazzi nella nuova scuola. All’inizio l’azienda è partita con un laboratorio d’analisi cliniche, perché questa era la necessità più urgente della comunità locale. Poi, per rispondere al crescere dei bisogni della città, è stata creata una clinica, con tutte le specialità mediche. Oggi la “Policlinica Agape” offre 17 specialità mediche, oltre al laboratorio di analisi cliniche, con diagnostica d’immagine, e ambulatori di psicologia, fonologia, fisioterapia. Vi sono occupate 54 persone. La principale caratteristica della nostra azienda è riassunta nel suo nome: agape, amore fraterno. Vorremmo che tutti i pazienti vi trovassero non soltanto la soluzione di un problema sanitario ma qualcosa in più. Per offrire questa accoglienza ai nostri pazienti, c’è bisogno di formarsi continuamente all’idea di salute integrale, che ha come suo fondamento il rapporto interpersonale, ed è questo il nostro primo impegno. Tra di noi, non tutti hanno una fede religiosa, però tutti credono nell’uomo e nei suoi valori e cerchiamo sempre di vivere la “Regola d’oro” – “fai agli altri quel che vorresti fosse fatto a te” – a cominciare dai rapporti di équipe e poi con tutti i pazienti. Questa azienda non ha ancora un modello ben definito, ma lo stiamo costruendo, nuovo, giorno per giorno secondo i principi dell’Economia di Comunione, che non significa, però, soltanto dare gli utili. Sarebbe un’incoerenza fare la comunione degli utili e non trattare bene i dipendenti o i clienti, considerandoli solo un mezzo per il profitto. Fedeli a questo stile, dedichiamo tempo sia ai collaboratori sia ai pazienti, perché questo serve a costruire rapporti veri e autentici. Un medico che aveva lavorato con noi e poi si era dimesso per fare la specializzazione, quando ha finito il corso è ritornato a chiederci di assumerlo, perché, diceva: “Ho lavorato in tanti posti diversi e ho sentito la mancanza del rispetto, dell’onestà e della gioia che c’è qui”. C’è stato il caso di un collega medico che si mostrava molto chiuso e scostante con le persone e allora mi sono chiesta se l’avevamo amato veramente fino in fondo. Ho proposto agli altri dell’équipe una citazione che sentivo adatta al caso nostro: “Ogni essere umano ha almeno dieci qualità e quando non si riesce a riconoscerle, il problema non è lui, siamo noi”. Ci siamo allora sfidati a trovargli queste qualità. Mesi dopo, questo medico è venuto a dirmi: “Ero una bestia e voi state facendo di me un uomo”. Da allora ha cominciato ad aprirsi con noi e con i pazienti. La nostra cafeteria si è trasformata in un luogo d’incontro che abbiamo chiamato: “Spazio culturale Agape”. E’ un luogo aperto alla città e, recentemente, ad un gruppo di artisti che ne fanno lo spazio espositivo per le loro opere, con beneficio per i nostri pazienti. La clinica ha ospitato persino il primo concerto di musica lirica di Vargem Grande, alla presenza delle personalità pubbliche più importanti. Un’esperienza importante che stiamo portando avanti in collegamento con un progetto del Governo dello Stato di São Paulo, riguarda l’inserimento lavorativo di alcuni giovani. Si é cercato sempre di tenere un rapporto corretto e coerente con il potere costituito (Comune, Camera comunale e Segreteria della sanità) e quindi anche con i politici di tutti gli schieramenti. Abbiamo partecipato attivamente all’elaborazione del Piano Direttivo per la città, nel quale si prevede la sua attuazione nei prossimi dieci anni. Con ciò percepiamo che la Policlinica Agape sta diventando un’azienda di riferimento nella città. (D. B. – Brasile)
Ott 18, 2006 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale
Finita l’Università, volevo iniziare un Dottorato di Ricerca in Scienze Sociali. Sin da piccola, infatti, cercavo una risposta alla sofferenza e all’ingiustizia sociale. Mi sono ricordata che Chiara, proprio nel 1991, aveva consegnato ai giovani il compito di studiare l’Economia di Comunione. Ho deciso di prendere sul serio la proposta di Chiara. Si trattava veramente di una sfida, perché il mondo accademico è sempre molto diffidente verso ciò che non conosce e sentivo che mi sarei trovata di fronte questo ostacolo. Non mi sbagliavo: il mio professore non credeva per niente al mio progetto di studio. Lavoravo con lui da 7 anni, lo stimavo molto come docente e come studioso. Ha reagito fortemente e mi ha detto: “Cosa ti hanno fatto questi, ti hanno svuotato la testa? Ti sei dimenticata di tutto quello che hai imparato e studiato finora?”. È stato un duro colpo: davo molto peso alla sua valutazione e mi accorgevo che non sarebbe stata un’impresa facile portare avanti questa idea: stavo rischiando molto, perché si sarebbero potute chiudere tante porte nell’ambiente accademico. Ancora oggi, come avevo temuto, la mia carriera risente di questa scelta. Eppure, allora come oggi, continuo a notare che l’adesione a questo progetto alimenta con luce sempre nuova la mia professione e mi sostiene. Ho concluso il dottorato e assisto, come tanti, ai progressi del progetto di Economia di Comunione. Ora vedo concretamente la possibilità di contribuire alla formazione culturale delle persone, a vari livelli, per portare una visione del mondo che ha come punto di partenza e d’arrivo l’unità. La mia esperienza non è isolata: sono numerose le tesi di laurea e di dottorato dedicate all’Economia di Comunione. Addirittura in alcune università del mondo si insegna questa materia accanto ai nuovi modelli di economia sociale e civile per le numerose novità culturali che introduce. Tra queste: la reciprocità come metodo di sviluppo fraterno; la comunione, non la filantropia; il profitto come mezzo per un mondo più giusto e più umano, non come scopo dell’attività d’impresa, e la fraternità come proposta di gestione aziendale. L’economia torna a essere amica dell’uomo e della società, il mercato si umanizza, la ricchezza condivisa diventa una strada di felicità e di fioritura umana. (K. L. – Brasile)
Ott 18, 2006 | Nuove Generazioni
Settimana Mondo Unito 2006 – Numerose le attività in cantiere. Solo qualche esempio: in primo piano l’impegno per la ricostruzione nel sud del Libano; ad Augsburg, in Germania, un’originale iniziativa per favorire
l’integrazione e l’accoglienza degli stranieri: verrà allestita, al centro della città, una lunga tavolata, con lo slogan “tutti a un solo tavolo”. Tra le iniziative sportive, a Perugia, il tradizionale “Pallavolando”; un torneo a Rieti, dal titolo “SportiAMO”, con raccolta di materiale scolastico per una scuola della Croazia; un “Happy Day” a Viterbo, giornata di sport, musica, teatro rivolta ai ragazzi, per un progetto di aiuto in favore dell’Argentina. E ancora iniziative sociali, marce per la pace, dialogo tra universitari, veglie di preghiera…. A conclusione, collegamento telefonico two-ways fra 100 città dei 5 continenti, sabato 21 ottobre, ore 12 e domenica 22 ottobre, ore 18. Focus sul dialogo interreligioso: carrellata di esperienze di giovani cristiani, musulmani, indù e buddisti, da Spagna, Nigeria, India, Tailandia, sud del Libano, Mindanao (Filippine), Belgio, Tangeri, Chicago, Sarajevo. La risonanza da parte delle istituzioni pubbliche è cresciuta di anno in anno. Ne sono prova piazze e strade dedicate al “Mondo Unito”, collegamenti telefonici trasmessi nei municipi delle città, Patrocini di Comuni e di Stati. Infatti nella SMU si trovano due elementi essenziali per attirare l’attenzione: una grande idea, il mondo unito, la fraternità universale; un luogo dove concretizzarla, la città. Come nasce l’idea: è a conclusione del Genfest 1995 a Roma che viene lanciata “Una proposta, a tutti noi, ai giovani del mondo intero, alle istituzioni nazionali e internazionali, pubbliche e private, a tutti. Anzi un appuntamento: alla Settimana Mondo Unito. Lo scopo? Evidenziare e valorizzare le iniziative che promuovono l’unità… ad ogni livello”. Per saperne di più: www.mondounito.net
Ott 16, 2006 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Dalla presentazione del Segretario Generale della Cei, S.E. Giuseppe Betori
Una celebre frase di sant’Agostino, ripresa dalla Lumen gentium (n. 8), dice: «La Chiesa prosegue il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio». Tra le consolazioni, cui faceva riferimento sant’Agostino, vi sono – nell’antichità come ai nostri giorni – i testimoni. Su questo vuole riflettere il quarto convegno ecclesiale nazionale di Verona (16-20 ottobre) che ha per titolo Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo. http://www.convegnoverona.it All’inizio del nuovo millennio, la Chiesa vuole guardare soprattutto al futuro, ma essa lo può fare solo sulla scia del proprio Maestro e delle numerose donne e uomini che gli hanno reso testimonianza in tempi lontani e vicini. Il volume che qui viene presentato, propone un itinerario attraverso le regioni italiane. Emerge così il mosaico di una Chiesa ricca, variegata, bella, ma anche radicalmente presente in ogni angolo della nazione. 97 i modelli di testimonianza evangelica raccolti nel volume, tra cui 6 testimoni del Movimento dei Focolari: Igino Giordani, padre di 4 figli, uomo di cultura di rilievo del Novecento italiano, deputato, scrittore, giornalista, pioniere dell’ecumenismo. Ha contribuito, tra l’altro, all’incarnazione nel sociale della spiritualità dell’unità e agli sviluppi ecumenici del Movimento. Maria Elena Holzhauser e Enzo Maria Fondi, tra i primi compagni di Chiara Lubich. I giovani: Chiara Luce Badano; , servi di Dio. (altro…)
Ott 15, 2006 | Non categorizzato
Il Movimento politico per l’unità è stato fondato da Chiara Lubich 10 anni fa. Era il due maggio ‘96, a Napoli; ricordo ancora come fosse oggi, l’emozione di quella fondazione! Eravamo politici di vari partiti, cittadini semplici, funzionari e, insieme, avevamo posto a Chiara Lubich le nostre perplessità: è possibile realizzare nella nostra vita politica frutti ispirati ai grandi valori della pace, della giustizia, del rispetto della vita di ogni persona, in qualsiasi condizione; è possibile costruire davvero una politica al servizio dell’unità della famiglia umana? Domande che, mi sembra, anche oggi potremmo riproporre alla stessa maniera, guardando la situazione politica dei nostri paesi e forse, ancor più guardando la situazione dell’umanità su tutto il globo. Lei ci sfidò: è possibile, ma a due condizioni: – porre i grandi valori dell’umanità – la pace, la giustizia, l’amore per la persona, per la comunità – prima delle personali legittime diversità partitiche; – prendere come categoria ispiratrice della politica quel legame che unisce tutti gli uomini e le donne tra loro: la fraternità universale, l’unica categoria che può reggere l’impatto della realtà politica attuale che chiede contemporaneamente risposte locali e mondiali, nella città e insieme nel mondo intero. Concluse dicendo: ”Cominciate a vivere così tra voi, amandovi a vicenda, rispettando le vostre diversità, apprezzandole come ricchezze, cercando l’unità di intenti tra voi e poi con tutti, a favore di tutti!” L’adesione fu piena! E nacque il Movimento politico per l’unità. In questi dieci anni l’espansione del Movimento è stata a dire il vero un po’ straordinaria. E’ stato definito “un laboratorio internazionale di lavoro politico comune, tra cittadini, funzionari, studiosi, politici impegnati a vari livelli, di ispirazioni e partiti diversi, che mettono la fraternità a base della loro vita”1. Attualmente è presente in 15 Paesi. Quali le caratteristiche principali che contraddistinguono questa politica di comunione? 1. La prima caratteristica è quella di puntare a colmare la distanza tra cittadini e istituzioni, per realizzare un rapporto vero tra chi sta nel palazzo e chi ne rimane fuori. Tutti diventano i soggetti: cittadini, funzionari, studiosi e studenti di politica, politici e militanti dei partiti, ognuno cosciente del proprio ruolo diverso, ma legati da un rapporto di reciprocità. La dimensione collettiva è uno dei punti di forza della nostra sperimentazione, che ha come metodo il dialogo. In questo orizzonte l’espressione “vocazione politica” non riguarda più pochi eletti, ma acquista il significato di una chiamata universale all’amore al fratello. 2. L’altra caratteristica che ci distingue è l’internazionalità: oggi l’orizzonte della politica è grande quanto il mondo. I problemi di ambiente, comunicazione, mercato, giustizia sociale, non si possono più portare a soluzione chiudendo i confini sulla nostra piccola dimensione. La rete della politica di comunione è transnazionale, la mondialità diventa per noi un habitus, nelle relazioni tra i membri, ma anche nelle nostre strutture di governo. Cosa vuol dire in concreto? Vuol dire abbandonare la stretta visuale del proprio angolo di mondo, della propria parte politica, ecc., per riconoscere e assumere come soggetto politico la famiglia umana. Se ogni uomo è mio fratello, il suo destino mi interessa come il mio. Si tratta di lavorare per uomini e donne profondamente radicati nei propri popoli, che amano la propria cultura e diversità, ma percepiscono la diversità e la cultura dell’altro popolo come una ricchezza. Ma andiamo al cuore della novità: la fraternità universale, scelta,alla luce del carisma dell’unità, come vera e propria categoria politica. Come agire nell’attuale crisi politica? Andando fino in fondo, scopriamo che ciò che manca è una cultura adeguata, categorie che reggano l’impatto dei problemi, senza sfuggirli. Scegliere la fraternità universale vuol dire avere il coraggio di andare alla radice. Chi ha riferimenti religiosi la vede come espressione dell’esperienza dello scoprirsi tutti figli di Dio e quindi fratelli fra noi. Altri invece la trovano nelle radici profonde di ogni essere umano. Oggi le scienze biologiche e mediche del resto ci dicono che non ci sono tante razze, ma un’unica razza, quella umana, legata da caratteristiche appartenenti a tutti. Qualcuno potrebbe chiedersi se non sarebbe più semplice continuare a parlare di solidarietà senza ricorrere al concetto di fraternità, termine molto meno conosciuto ed utilizzato in politica; la solidarietà ha già una sua storia e una sua coniugazione politica specifica. Bruno Mattéi, filosofo francese, sostiene: “Al contrario della solidarietà (gestionale e umanitaria), la fraternità è attenzione incondizionata all’altro e presuppone che la mia libertà non si possa realizzare senza la libertà dell’altro e che, a questo titolo, io ne sono responsabile.” Per lui la fraternità è un principio originario più “solido” in relazione alla costruzione di una politica adeguata, che affronti la totalità dei problemi. E Gúrutz Jáuregui, docente di Diritto Costituzionale all’Università del Paese Basco, porta il discorso ancora più avanti, sostenendo che solo dalla fraternità possono nascere risposte adeguate alle sfide di oggi. Nella prospettiva della fraternità acquistano nuovo significato anche i capisaldi del progetto politico della modernità: la libertà e l’uguaglianza. La libertà perchè sia, per tutti, il fondamentale diritto a potersi scoprire unico e irripetibile e l’uguaglianza perchè sia davvero riconoscimento e garanzia ad ognuno di pari accesso alle risorse e alle opportunità. Scegliere la fraternità vuol dire sentire la posizione dell’altro come necessaria alla costruzione della comunità, ascoltare l’altro come portatore di un contributo valido, mettere gli interessi della propria parte dopo l’interesse della comunità. Quale il risultato? Una reale capacità di capire le domande dei cittadini e di saper dare risposte più vere. Il luogo principe dove applicare questa nuova cultura è dentro le nostre città, che sia un quartiere di una megalopoli, un piccolo villaggio di montagna, dovunque sia il nostro angolo di mondo, lì è la nostra sfida. Sempre più viene in forte rilievo l’esigenza di mettere al centro del nostro impegno proprio il locale, questo primo luogo dove si vivono e si possono cambiare le relazioni primarie, tra le persone e tra cittadini ed istituzioni. E’ lì che i drammi e i problemi della nostra convivenza hanno il loro impatto quotidiano più vivo ed è lì che chiedono la prima risposta. E’ a partire dalle città che si possono sperimentare nuove risposte di partecipazione, di responsabilità, di solidarietà alle domande che i cittadini pongono alla politica2. Il Movimento politico per l’unità si candida a dare il suo contributo specifico dentro la storia e il suo contributo, anche attraverso l’impegno formativo. Ed ecco il progetto scuole, progetto di una rete internazionale, anche qui globale e locale, capace di andare avanti di pari passo con una sincera inculturazione, che è scoperta della propria ricchezza. Avvertiamo infatti che un punto di forza della nostra azione deve essere la capacità di crescere insieme alle nuove generazioni, trasmettendo ai giovani la formazione spirituale e culturale necessaria per agire concretamente al servizio della propria comunità. Lucia Fronza Crepaz presidente del Movimento Politico dell’unità, Roma, Italia
(1) Chiara Lubich, Discorso pronunciato in occasione della II Giornata dell’Interdipendenza, Roma 12 settembre 2004
(2) Per dare un forte contributo in questa direzione, nel novembre 2001, abbiamo promosso una conferenza internazionale a Innsbruck, in Austria: “Mille città per l’Europa”, a cui hanno collaborato varie istituzioni e personalità politiche europee, tra cui l’allora Presidente della Commissione europea Romano Prodi. 1.300 i partecipanti qualificati, tra cui erano rappresentati 700 comuni dell’Europa dell’Est e dell’Ovest
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Ott 15, 2006 | Cultura
La storia dell’umanità è costellata di esperienze civili ed economiche originate da correnti spirituali, nate cioè da carismi. L’Europa, per un esempio, non sarebbe come oggi la conosciamo, anche sotto il profilo sociale ed economico, senza il movimento benedettino o quello francescano, da cui hanno avuto origine innovazioni fondamentali anche per quella che sarebbe poi diventata l’economia di mercato. Le “ reduciones ” dei gesuiti in Sud America restano ancora oggi un esempio luminoso di civiltà. I carismi sociali di tanti fondatori di ordini religiosi tra il XVIII e il XIX secolo, che hanno dato vita ad ospedali, scuole, opere caritative, hanno segnato la nascita e lo sviluppo del moderno stato sociale (welfare state). Tutte esperienze a movente ideale e spirituale, certamente, ma che hanno arricchito e in certi casi determinato lo sviluppo economico e sociale delle nostre civiltà. L’Economia di Comunione è un episodio di questa storia secolare di esperienze spirituali che danno vita anche a significative esperienze economiche. Il Movimento dei Focolari, lo abbiamo visto, ha fin dall’inizio espresso anche tutta una dimensione sociale e civile: la comunione di vita è dal 1943 diventata naturalmente ma decisamente anche comunione dei beni, con lo scopo di arrivare a “nessun bisognoso”. Dopo quasi mezzo secolo di questa pratica quotidiana di comunione dei beni, in un viaggio di Chiara in Brasile è nata nel maggio del 1991 l’esperienza economica dell’Economia di Comunione. Che cosa è l’Economia di Comunione? Per comprenderla occorre inquadrarla dentro questa storia millenaria dell’umanità e della Chiesa. La scintilla ispiratrice si accese durante quel viaggio di Chiara a San Paolo in Brasile, davanti allo scandalo di un mondo fatto di lussuosi grattacieli e di disumane baracche (favelas). Invitò così l’intera comunità brasiliana del Movimento, che da tempo attendeva e pregava per una economia più giusta e umana, a dar finalmente vita anche ad una nuova economia. Ed ecco nascere quella che fu subito chiamata Economia di Comunione: imprese moderne, efficienti, che operano all’interno dell’economia di mercato, ma che vivono l’intera vita economica come amore, come amore fraterno, comunione. Quale lo scopo di questa nuova visione dell’economia? Arrivare a comunità, a società, e in futuro ad un mondo senza più indigenti. Certo, l’economia contemporanea è una realtà articolata e complessa. L’EdC è un progetto particolare, necessariamente limitato, ma che tocca un aspetto cruciale del sistema economico globalizzato: il rapporto tra ricchezza e povertà. Ma come, in concreto? Questo grande obiettivo deve essere raggiunto destinando i profitti prodotti per tre finalità: 1. la crescita dell’impresa e quindi la creazione di posti di lavoro; 2. contribuendo alla crescita delle Cittadelle del Movimento dei Focolari che formano “persone nuove”; 3. per sovvenire chi si trova in situazione di bisogno immediato. Gli utili, dunque, suddivisi in tre parti; ognuna di queste parti contribuisce ad un mondo senza indigenza, e quindi più giusto e fraterno: creando lavoro, creando una cultura nuova, e con interventi per le situazioni di emergenza. Oggi le imprese che in tutto il mondo si ispirano all’Economia di Comunione sono diverse centinaia, e si sono sviluppati sette “poli industriali”. Altri due aspetti. Non basta produrre utili e donarli affinché ci sia una economia di comunione. Occorre che la comunione sia lo stile di agire economico e di gestione aziendale nella ordinaria attività economica. Ecco quindi l’esigenza, avvertita fin dall’inizio ma che in questi ultimi anni è sempre più sentita dagli attori del progetto, di dar vita a “strutture organizzative di comunione”, che rendano visibile anche nelle dinamiche gestionali e di governance, la cultura della comunione e della fraternità. Il “vino nuovo” dell’Economia di Comunione, richiede “otri nuovi” capaci di contenerlo e farlo maturare. Inoltre, non basta produrre ricchezza e metterla in comunione, per sconfiggere la miseria. Ecco quindi l’importanza che accanto agli aiuti immediati a chi è nel bisogno, si creino posti di lavoro, e ci si formi tutti ad una cultura del dare, ad una cultura della gratuità e della condivisione. Quando una persona indigente, a contatto con una spiritualità, inizia a cambiare mentalità ed a vivere la cultura del dare, è in quel momento che inizia ad uscire dalle trappole della miseria, e la vita può fiorire, perché l’incontro con un carisma risveglia la dignità della persona e la sua vocazione all’amore. La nostra proposta per un mondo senza bisognosi non è l’assistenzialismo ma la reciprocità, dove tutti danno e tutti ricevono. Non è forse anche la poca attenzione alla reciprocità, alla risposta da parte di chi riceve aiuti, che in questi decenni ha spesso portato al fallimento di tante politiche di sviluppo, pubbliche e private? La comunione-reciprocità è un metodo di lotta alla miseria, perché mette in atto la fraternità, e solo uno sviluppo fraterno è pienamente umano e duraturo. Certo, occorre arrivare a fare in modo che anche le strutture politiche, economiche e sociali vivano rapporti di fraternità. L’Economia di Comunione, però, mette in moto la libertà e la creatività di ciascuno, e anche in un mondo ancora spesso ingiusto e non fraterno, essa mette in moto una rivoluzione dal basso, che, come Maria, “innalza gli umili, e rimanda i ricchi a mani vuote”. Il tema della comunione è dunque centrale in tutta l’EdC, che non è un progetto dove ricchi imprenditori danno le briciole della loro tavola ai “poveri”, ma fratelli che aiutano fratelli, mettendo in pratica tutti gli aspetti della reciprocità. Ecco, quindi, il grande programma che Chiara mise e mette oggi di fronte a tutti noi: mostrare un brano di umanità dove si vive, anche in economia, la fraternità. La vita di questi primi quindici anni ci dice che un tale programma non è una utopia, ma è già possibile. Ogni carisma porta una novità: novità di vita ma anche di pensiero, novità dottrinale. L’EdC è questa novità, di vita e di pensiero, nell’economia. (altro…)
Ott 14, 2006 | Chiesa
Il cammino di comunione, il ruolo dei credenti laici, la presenza dei giovani, le prospettive per i movimenti, al centro del Convegno ecclesiale nazionale che si svolgerà a Verona. Da un articolo di Paolo Loriga (Città Nuova – 10 ottobre 2006) www.cittanuova.it
Ci siamo. L’appuntamento decennale della Chiesa italiana è alle porte. A Verona, dal 16 al 20 ottobre prossimi, i 2.700 rappresentanti della comunità cattolica nazionale si incontreranno per pregare e riflettere sui grandi temi che investono la società civile e la vita ecclesiale in questo turbolento inizio di millennio. Il culmine del convegno ecclesiale sarà giovedì 19 ottobre: Benedetto XVI pronunzierà il suo discorso all’assemblea dei partecipanti. Nel pomeriggio, presiederà la celebrazione eucaristica. Il card. Ruini, il giorno successivo, terrà la relazione conclusiva. Il grande appuntamento ecclesiale sarà invece aperto, lunedì 16, dalla prolusione del card. Tettamanzi, presidente del comitato preparatorio. Il giorno dopo si entrerà nel vivo della riflessione con la relazione del teologo Franco Brambilla e gli approfondimenti spirituali (Paola Bignardi), culturali (Lorenzo Ornaghi) e sociali (Savino Pezzotta). I 2.700 delegati (di cui 1.800 dalle diocesi, 250 dalle aggregazioni nazionali) si ripartiranno in gruppi di studio nei cinque ambiti tematici: vita affettiva, lavoro e festa, fragilità umana, tradizione e trasmissione, cittadinanza. Il termine speranza, presente nel titolo del convegno scaligero – Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo – sembra dirla lunga sulla necessità di ridare slancio e senso ad un Paese pervaso dalla precarietà del presente e dall’incertezza sul domani. Grandi attese, dunque, su Verona. Come accadde anche per i convegni precedenti della Chiesa italiana, ad incominciare dal primo, tenutosi a Roma nel 1976, a cui seguirono, con cadenza decennale, le tappe di Loreto e Palermo, dalle quali sono emerse linee pastorali e strategie culturali. Con i rapidi mutamenti del nostro tempo, per di più in crescente accelerazione, dieci anni sono diventati un arco temporale enorme. Dall’assise ecclesiale di Palermo del 1995, il Paese e il contesto internazionale sono mutati. Anche la Chiesa italiana. Legittimo chiedersi se siano emerse novità nel cammino preparatorio, quali speranze animino i cattolici. Da qui, il dialogo con mons. Giuseppe Betori, segretario della Conferenza episcopale italiana dal 2001: Testimoniare il Risorto è vocazione della Chiesa nel suo insieme. Ma nelle sfide complesse di oggi emerge il ruolo dei laici cristiani e la loro peculiare esperienza. Cosa si augura emerga dal convegno? «Mi auguro che emerga la figura di un laico cristiano, mi permetta la provocazione, che abbia la spina dorsale di mettere in pratica il titolo stesso del convegno, capace cioè di essere testimone credibile del Risorto mediante una vita rinnovata e capace di rinnovare il mondo. La speranza è un dono ricevuto che deve essere coltivato, fatto crescere e portato coraggiosamente in ogni settore del vivere civile, sociale e culturale, cioè nello spazio di azione proprio in cui vive e opera il laico cristiano. (continua…) Il Movimento dei Focolari sarà rappresentato a Verona da una delegazione. Vari sono stati i contributi nella fase di preparazione, come indicato nel documento inviato alla Conferenza episcopale italiana. (altro…)
Ott 13, 2006 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Il Paraguay ha una ricca storia, con grandi potenzialità. Un paese segnato da forti differenze tra campagna e città, tra sviluppo e povertà. La mia storia personale – racconta Cesar Romero – ha attraversato vari momenti. All’inizio la “passione” per l’umanità: il primo lavoro a 14 anni, poi i corridoi dell’Università e l’incontro con i giovani del Movimento dei Focolari. Poi le marce contro la lunga dittatura e i primi passi nella politica di partito. In seguito, la seconda tappa, quella della “delusione”: i tradimenti, le incoerenze, la mia stessa incapacità nell’attività politica. La sensazione di non poter fare niente per cambiare davvero le cose. La terza tappa, fondamentale, è stata quella della “scelta”: la scelta di amare sempre, che mi spingeva verso una politica attiva, intesa come mezzo di trasformazione della società. Nel 2000, dopo un lungo travaglio, insieme ad un gruppo di amici già impegnati nell’ambito dello sviluppo sostenibile, abbiamo costituito un’organizzazione. E’ nata così la “Fundación Yvy Porã” (Terra Bella) che, in sei anni di vita, ha promosso lo sviluppo di decine di progetti in tutto il Paraguay, sostenendo comunità di piccoli impresari, contadini, artigiani e indigeni, in centri urbani e rurali. Io però non ero ancora soddisfatto. Desideravo poter fare qualcosa di più. Così, insieme ad altri politici, mi sono impegnato nella preparazione dell’Incontro latino-americano dei sindaci che si è tenuto a Rosario in Argentina, il 2 e 3 giugno 2005, promosso dal Movimento Politico per l’unità. Ci sembrava l’occasione giusta per presentare alla società paraguaiana la fraternità come dottrina politica. Abbiamo scorso l’elenco dei sindaci per invitarli a questa manifestazione. Dalle risposte, dalle adesioni e dagli echi ottenuti, ci siamo detti: “E’ un Paraguay nuovo, un Paese risuscitato, che lavora in silenzio e noi vogliamo portarlo alla luce!”. Come un fatto che confermava questa scoperta, in quei giorni è apparso e si mantiene fino ad oggi, una pagina nuova in un giornale di grande diffusione che si intitola: “L’altro Paraguay”. All’incontro hanno partecipato, provenienti anche da altri Paesi dell’America del Sud, oltre 1000 politici, di cui 119 sindaci, 168 assessori e membri di consigli comunali, parlamentari, funzionari locali e nazionali. Contagiati dallo spirito di questo incontro, i 16 sindaci del Paraguay che avevano partecipato hanno proposto ad altri sindaci un progetto di collaborazione tra i vari Comuni. In occasione della “Giornata dell’amicizia in Paraguay”, il 30 luglio 2005, hanno stabilito un Protocollo d’intesa e di gemellaggio fraterno per sostenere e promuovere uno scambio di politiche di sviluppo locale. Questo accordo, senza precedenti in Paraguay, è stato firmato da 22 Comuni. In seguito, abbiamo dato vita ad appuntamenti periodici di approfondimento della dottrina della fraternità tra politici e stiamo costruendo la scuola paraguaiana di formazione civica e politica per giovani. (C. R. – Paraguay) (altro…)
Ott 12, 2006 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
In che misura l’ambito dell’Economia si inserisce nella preparazione al Convegno di Verona ed in che modo può contribuire ad indicare nuove linee per il mondo laico, in un panorama socio-politico tanto variegato? «Al Convegno di Verona sono previsti dei momenti di approfondimento tematico: sono dei momenti che prenderanno in esame aspetti di carattere economico come il lavoro, l’impresa, i consumi e le scelte economiche quotidiane. In tali ambiti avremo modo di riflettere assieme su queste tematiche, perché l’economia è uno dei primi luoghi in cui si concretizza la vita cristiana. Il cristiano non è per natura un “consumista” o colui che distrugge la natura, che consuma cose che non sono necessarie per la vita sua e dei propri familiari; è una persona che non mette i propri soldi in banche che finanziano il mercato delle armi, è una persona che quando consuma pensa a se stessa inserita nel mondo intero, dove ci sono tanti fratelli che non hanno da mangiare… Quindi le tematiche economiche sono trasversali alla vita di ogni cristiano, non è possibile prescinderne. Come lei diceva, io mi occupo di Economia di Comunione, un progetto particolare nato all’interno del Movimento dei Focolari, però guardato da tanti e in dialogo con tanti altri e, più in generale, dialogo, scrivo, lavoro con tante persone dell’economia sociale, cristiani ma anche persone di buona volontà di altre visioni o altri umanesimi. Il cristianesimo dei primi tempi della comunità di Gerusalemme – che gli Atti ci raccontano in modo meraviglioso – in cui nessuno era bisognoso, è un’immagine, un’icona, un dover essere, una profezia per tutti coloro che vivono per un’economia finalmente umana, finalmente giusta, siano essi cristiani o non. Però il cristianesimo, in ciò, ha una sorta di primato perché da 2000 anni ci parla di comunione di beni, ci parla di “Beati i poveri”, ci parla dei “ricchi” che non entrano nel Regno, quindi in quanto cristiani abbiamo una lunga storia e un grande patrimonio da donare a tutti coloro che cercano un’economia di giustizia. Anche la Chiesa italiana ha una suo patrimonio, in quanto nessun Paese come l’Italia ha visto nascere dalla Chiesa esperienze economiche come i monti di pietà del 1400, che hanno fatto nascere le prime banche moderne; o le abbazie benedettine che, non solo in Italia, hanno lanciato le prime forme di innovazione economica. Ma poi su su fino alle banche rurali, alle casse di risparmio, la cooperazione negli ospedali, nelle opere di assistenza o a scuola. C’è tutta una produzione in Italia di un’economia civile che nasce dalla Chiesa. Quindi non è possibile – dal momento che oggi che vi è una grande domanda da parte della gente – rimanere assenti nel dibattito attuale sul tema economico: pensiamo al movimento No-Global, alle OO.NN.GG., o a tutto ciò che vive oggi nel mondo e che chiede un’economia più giusta. E’ troppo grande il peso storico e culturale che abbiamo, per non dire la nostra. Quindi è giusto che la Chiesa italiana nell’ottobre 2006 a Verona dia uno spazio adeguato e significativo al tema economico». L’intervista integrale, a cura di Raffaele Aversano, è stata pubblicata su “Nuovo Dialogo” ottobre 2006 – Settimanale della Diocesi di Taranto (altro…)
Ott 12, 2006 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Come tappe di avvicinamento all’appuntamento veronese, il Servizio nazionale per il progetto culturale della Cei ha programmato cinque iniziative articolate sul territorio nazionale, in approfondimento dei diversi ambiti di riflessione che verranno proposti al convegno di ottobre. Fra queste, un convegno dedicato a “Il lavoro e la festa”, promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana svoltosi a Rimini dal 22 al 25 giugno scorsi. Un vero e proprio “villaggio” aperto tutto il giorno, in grado di accogliere tutti: residenti, turisti e lavoratori, con stands, aree di gioco, di sport, luoghi di incontro. Lavoro e festa: due termini che sembrano antitetici. Ma non è così. Di fronte alle profonde trasformazioni in atto nella società post-industriale, al convegno emerge l’idea che la festa rigenera l’uomo e dà senso al lavoro. Del lavoro vengono approfondite problematiche di grande attualità: “La famiglia tra tempi di lavoro e di festa”; “I giovani tra lavoro precario, desiderio di consumo e progettualità; i “Nuovi lavori e nuova imprenditorialità”, con la presentazione di numerose esperienze. Molte le associazioni e i movimenti che hanno offerto il loro contributo: da Rinnovamento nello Spirito a Comunione e Liberazione, dall’Associazione Papa Giovanni XXIII, all’Azione Cattolica, agli scout. Il Movimento dei Focolari, nella sessione di sabato 24, dedicata a “Nuovi lavori e nuova imprenditorialità”, ha presentato l’esperienza dell’Economia di Comunione, con il prof. Luigino Bruni e Alberto Frassineti, del polo imprenditoriale “Lionello Bonfanti” – nei pressi della cittadella internazionale di Loppiano (Firenze). A Rimini, tanti anche i momenti culturali e di festa: sul tema del lavoro si sono alternate recitazioni (con Nando Gazzolo e Claudia Koll), musica (Orchestra Mediterranea e Tosca), comicità (Gigi Cotichella), il musical del Gen Verde “Prime Pagine” e il 1° gala del cortometraggio promosso dalle Acli. (altro…)
Ott 11, 2006 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Domenica 22 ottobre 2006 -ore 15,30
“Porte aperte al Polo Lionello”
Dedicato a tutti coloro che vorranno visitarci e, in modo particolare, agli abitanti di Incisa, del Burchio e del territorio circostante Lunedì 23 ottobre 2006
Incontro con le istituzioni regionali ed il mondo economico del territorio per promuovere conoscenze e sinergie
(ad invito) Mercoledì e giovedì 25/26 ottobre 2006
Seminari multidisciplinari di formazione per amministrazione pubblica e imprese private
(gratuiti, su prenotazione) Per dettaglio corsi: www.pololionello-formazione.it Venerdì 27 ottobre 2006 – ore 10 Salone San Benedetto – Cittadella Internazionale di Loppiano – Incisa in Val d’Arno
Convegno: “Segni di fraternità in economia”
Il convegno intende approfondire l’Economia di Comunione e il suo progetto nei vari ambiti. Relatori: Dott.ssa Vera Araujo sociologa Centro Studi Movimento dei Focolari Prof.ssa Adriana Cosseddu docente di diritto penale commerciale, Università di Sassari Prof. Luigino Bruni docente di Economia Politica, Università Milano Bicocca ore 15 Tavola rotonda di approfondimento e conoscenza con esponenti di diverse realtà del mondo economico, cooperativo, sociale italiano ore 21 Intrattenimento musicale Sabato 28 ottobre 2006 – ore 15.30
Momento inaugurale al Polo Lionello, località Burchio
(su invito) e al Salone San Benedetto di Loppiano in collegamento audio/video (accesso libero) Saluto dei rappresentanti della Cittadella di Loppiano e del Consiglio di Amministrazione dell’E. di C. spa Videopresentazione delle aziende insediate al Polo Intervento del Prof. Stefano Zamagni ordinario di Economia Politica, Università di Bologna Saluto delle istituzioni nazionali e regionali Messaggio della fondatrice del Movimento dei Focolari, Chiara Lubich Scopertura della targa inaugurale (altro…)
Ott 9, 2006 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Testimoniare il Risorto è vocazione della Chiesa nel suo insieme. Ma nelle sfide complesse di oggi emerge il ruolo dei laici cristiani e la loro peculiare esperienza. Cosa si augura emerga dal convegno? «Mi auguro che emerga la figura di un laico cristiano, mi permetta la provocazione, che abbia la spina dorsale di mettere in pratica il titolo stesso del convegno, capace cioè di essere testimone credibile del Risorto mediante una vita rinnovata e capace di rinnovare il mondo. La speranza è un dono ricevuto che deve essere coltivato, fatto crescere e portato coraggiosamente in ogni settore del vivere civile, sociale e culturale, cioè nello spazio di azione proprio in cui vive e opera il laico cristiano Il convegno sarà intessuto di relazioni, lavoro nei gruppi di studio,visita e parola del papa. Ma da quello che lei ha intuito, quali note potranno caratterizzarlo? «Al centro di tutto c’è un protagonismo ecclesiale senza precedenti, grazie anche all’ulteriore slancio missionario che la Chiesa in Italia ha avuto negli ultimi dieci anni a partire dal convegno di Palermo nel ’95, attraverso la capillarità del Progetto culturale e le indicazioni degli Orientamenti pastorali dei vescovi Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. La Chiesa italiana di oggi è una Chiesa che vuole spendersi dentro la storia. Essa deve mostrarsi come luogo di illuminazione dell’esistenza e di apertura verso orizzonti nuovi di speranza; nonché come realtà istituzionale nella quale tale speranza diventa progetto ed esperienza. La verità cristiana, che si invera storicamente nell’esperienza di comunione dei credenti, è infatti capace di dare orientamento nuovo e autorevole – al di là delle “opinioni” diffuse – alla vita e all’ethos individuale e collettivo. Su queste convinzioni si inserisce con luminosità e forza il magistero del Santo Padre Benedetto XVI, che ci chiama a vivere la fede nella gioia e a testimoniarla a tutti nella sua ragionevolezza. Siamo certi che la sua parola a Verona darà ulteriore alimento a questa consapevolezza». Il convegno è un’occasione privilegiata di partecipazione e corresponsabilità. In quale senso potrà essere vissuto come il camminare dell’intero popolo di Dio all’insegna della comunione? «Il convegno di Verona non si può ridurre alle sole relazioni o ai confronti comunitari. Il cammino della comunità ecclesiale in Italia verso Verona si colloca all’interno di questa dinamica e, in particolare, all’interno di una coscienza di Chiesa che esige di impegnarsi sul fronte di una più chiara identità della fede e su quello di un più coraggioso slancio missionario. Al convegno ecclesiale di Palermo, si chiese un salto di qualità congiungendo una più intensa spiritualità e una più coraggiosa presenza di Chiesa nelle vicende della storia: contemplazione e missione, appunto. «Si tratta di fare passi avanti in questa direzione, con maggiore attenzione da una parte alla fonte della identità e della testimonianza, che è la persona di Cristo, e dall’altra alla condizione culturale di cambiamento in cui ci troviamo a rendere testimonianza. Questa prospettiva missionaria e testimoniale costituisce il terreno più solido per edificare la comunione tra le varie componenti ecclesiali». Testimoniare il Risorto è vocazione della Chiesa nel suo insieme. Ma nelle sfide complesse di oggi emerge il ruolo dei laici cristiani e la loro peculiare esperienza. Cosa si augura emerga dal convegno? «Mi auguro che emerga la figura di un laico cristiano, mi permetta la provocazione, che abbia la spina dorsale di mettere in pratica il titolo stesso del convegno, capace cioè di essere testimone credibile del Risorto mediante una vita rinnovata e capace di rinnovare il mondo. La speranza è un dono ricevuto che deve essere coltivato, fatto crescere e portato coraggiosamente in ogni settore del vivere civile, sociale e culturale, cioè nello spazio di azione proprio in cui vive e opera il laico cristiano.Modelli di laici cristiani capaci di vivere l’anelito alla santità non ne mancano: basta scorrere i testimoni del Novecento indicati dalle regioni ecclesiastiche. Laici del calibro di Giovanni Palatucci, Rosario Livatino, Annalena Tonelli, Vittorio Trancanelli e altri. Testimoni di santità laicale che con la loro vita, il loro stile e le loro azioni hanno riscritto pagine moderne e affascinanti di Vangelo». Il termine speranza, presente nel titolo, rimanda soprattutto ai giovani. Che ruolo giocheranno le nuove generazioni a Verona? «I giovani per la Chiesa italiana, e mi creda che non è una frase fatta, sono e saranno sempre il prezioso germe del futuro della comunità cristiana che è in Italia.Non mi riferisco solamente al popolo delle Giornate mondiali della gioventù. Quella è solo la punta di un iceberg. Penso ai ragazzi impegnati in parrocchia, nell’associazionismo, nei movimenti ecclesiali, e in tutti i contesti del vivere civile e sociale. Essi stessi nella Chiesa italiana sono “generatori” di speranza perché dimostrano una spiccata sensibilità e disponibilità ad intraprendere, alla sequela di Cristo, cammini di fede esigenti e impegnativi. Questa energia positiva però non è infinita e ogni tanto bisogna ricaricare le batterie per ripartire con slancio. «Per i giovani italiani il convegno di Verona servirà a questo, anche perché si colloca, provvidenzialmente, all’inizio di un percorso triennale pensato dai vescovi per loro.Un percorso formativo articolato, segnato anche da appuntamenti a livello nazionale e internazionale: nel 2007 il grande incontro nazionale a Loreto, nel 2008 la Gmg di Sydney e nel 2009 un evento significativo realizzato però nelle realtà locali». Dal convegno di Palermo ad oggi sono cresciuti la presenza e l’apportodei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità. Quali prospettive possono aprirsi per loro con l’assise veronese? «Negli ultimi anni abbiamo vissuto una nuova stagione di convergenza tra le diverse aggregazioni che compongono il mondo laicale cristiano. Le tensioni, che in passato avevano a volte pesato sul cammino ecclesiale, hanno lasciato il passo, più che a uno stile di pacifica convivenza, a un nuovo rapporto di stima e di collaborazione tra le associazioni e i movimenti stessi e tra aggregazioni ecclesiali e realtà parrocchiali e diocesane nel pieno rispetto dei carismi di tutti. «Da Verona si possono aprire prospettive nuove di fraternità, di unità e di forte convergenza, come avvenuto di recente in occasione del referendum sulla legge 40, per rendere il contributo dei cattolici al bene comune sempre più forte e incisivo. Questo convergere convinto e fecondo delle aggregazioni sul piano della presenza dei cattolici nel Paese è una verifica importante di come la comunione ecclesiale si vada radicando nel comune servizio al Vangelo, pur nel rispetto dei carismi e anzi valorizzandoli per la comune edificazione». a cura di Paolo Loriga – Città Nuova N. 19/2006 (altro…)
Ott 8, 2006 | Dialogo Interreligioso
“Facciamo di ogni ostacolo una pedana di lancio per una fraternità più profonda”. E’ l’invito che Chiara Lubich rivolge alle sorelle e ai fratelli musulmani, amici del Movimento, attraverso una lettera della Segreteria del dialogo interreligioso dei Focolari. Mentre si esprimono gli auguri per l’inizio del mese di Ramadan, periodo di digiuno e di preghiera per tutto il mondo islamico, in questa lettera viene lanciata una proposta: “Unirsi, cristiani e musulmani, che in vario modo condividono la spiritualità dei Focolari, in una giornata di preghiera e di digiuno per la pace. Questa giornata potrebbe essere l’ultimo venerdì di Ramadan, che quest’anno cade il 20 ottobre, come lo propongono già altre organizzazioni, al fine di promuovere una giornata di dialogo islamo-cristiano”. La preghiera e il digiuno saranno fatti da ciascuno secondo la propria religione, mentre tutti si ritroveranno uniti nell’intenzione di questa giornata e, quando è possibile, nella gioia di incontrarsi per momenti di scambio e di amicizia. Questa proposta si ispira all’iniziativa promossa per la prima volta da Papa Giovanni Paolo II, dopo i tragici attentati dell’11 settembre 2001. L’augurio è che, anche con questa iniziativa, “quest’anno, più che mai, il mese di Ramadan sia occasione di incontro nello spirito di fraternità, anche con cristiani, persone di altre religioni, o di altre convinzioni”. (altro…)
Ott 3, 2006 | Focolari nel Mondo
Arriva una richiesta di aiuto non prevista dai grandi progetti di una banca internazionale di sviluppo del Sud America: in risposta nasce il “ Piano Speranza”, progetto sociale che assumerà vaste dimensioni. Dieci anni fa ho cominciato a lavorare in una Banca internazionale di sviluppo, che ha un raggio di azione in tutto il Sud America, compreso il Brasile. All’inizio la Banca era specializzata in credito per infrastrutture: costruzione di strade, di centrali idroelettriche e altri grandi progetti. Con i fondi provenienti dagli utili si concedevano crediti non rimborsabili per studi macroeconomici e per la valutazione di impatto ambientale. Dopo un anno di lavoro, ho ricevuto la visita di alcune persone molto umili, sfinite, dopo un lungo viaggio. Ho letto il loro progetto con la richiesta di finanziamento, ma subito mi sono resa conto che non corrispondeva al tipo di progetti previsti dalla banca. Semplicemente avevano bisogno di un aiuto per sopravvivere. Vivevano in una zona vicina alla frontiera con il Perù. A causa della guerra nessuno prestava loro attenzione. Guardandomi con gli occhi pieni di speranza, mi hanno detto: “Sappiamo che lei può aiutarci”. Mi è nata dentro una preghiera: “Dio mio, aiutami ad aiutarti in questi fratelli”. Non sapevo da che parte incominciare. L’unica persona che avrebbe potuto fare qualcosa era il Presidente Esecutivo. Veniva spesso in Ecuador. Alla sua prima visita gli ho mostrato, come sempre, i grandi progetti realizzati e alla fine gli ho detto: “Ho qualcosa di specialissimo da proporti”. Gli ho mostrato le due pagine e gli ho parlato del progetto. Alle sue obiezioni gli ho lanciato una proposta: “Facciamo un’eccezione. Fammi lavorare su questo progetto. E’ un progetto sociale, ma piccolo, piccolo”. “Ma questo vuol dire che devo assumere persone che lo seguano e questo non posso farlo” ha replicato. “Me ne occupo io” – ero decisa – “Dammi solo il permesso per l’eccezione e al resto ci penso io”. “Va bene” – ha concluso – “che sia un’eccezione”. Molto contenta, sono partita verso la frontiera e abbiamo cominciato a lavorare sul progetto. Poi sono andata a parlare con il Presidente della Conferenza Episcopale e con tutti i Vescovi. Hanno accettato immediatamente. Ho proposto loro: “A questo punto dobbiamo parlare con il Presidente della Repubblica”. Ci siamo messi d’accordo, abbiamo chiesto un appuntamento e siamo andati a presentargli la proposta del progetto sociale. E’ rimasto un po’ sorpreso, ma ha approvato. Grazie ai fondi ricevuti, abbiamo potuto realizzare ospedali psichiatrici, un altro ospedale per persone con malattie incurabili, abbiamo lavorato molto con gli indigeni per procurar loro l’acqua, siamo intervenuti nelle scuole su tutto il territorio nazionale. E’ nato così il “Piano Speranza”. A breve è seguito il “Piano Speranza 2”. Ultimamente, l’esperienza vissuta è andata oltre, e un governo europeo ha affidato alla nostra istituzione il fondo per la conversione del debito estero per sviluppare progetti nell’area educativa e sociale. Nel 2000 le Nazioni Unite hanno proposto come obiettivi da realizzare per l’infanzia nei prossimi dieci anni l’alfabetizzazione e l’educazione dei bambini tra gli 0 e i 15 anni in tutti i Paesi sottosviluppati. Stiamo continuando a lavorare perché questa meta si raggiunga davvero. (C. C. – Ecuador) (altro…)
Ott 3, 2006 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Nel cammino di preparazione al 4° Convegno Ecclesiale nazionale di Verona c’è stato il pieno coinvolgimento delle Chiese locali e dei diversi organismi e soggetti ecclesiali. Il loro contribuito si è concretizzato con l’invio di relazioni di sintesi che mettono in luce il volto di una Chiesa che si interroga sulla dimensione culturale della fede e alle sfide che riguardano da vicino l’uomo che vive e lavora in una società sempre più complessa. Di seguito il documento elaborato dal Movimento dei Focolari.
Introduzione
“Testimoni di Gesù Risorto speranza del mondo” è l’attraente identità che la Chiesa cattolica in Italia pone innanzi ai suoi membri in occasione del suo IV Convegno Ecclesiale Nazionale. La scelta di un tale traguardo trae motivo senz’altro dall’intima convinzione che il Risorto è “la” speranza che Dio offre al mondo, ma anche dalla consapevolezza che i cristiani devono trovare vie nuove per farlo conoscere ed amare dalla nostra società sempre più secolarizzata e pur assetata di divino. Riteniamo che la presenza di “Gesù in mezzo ai suoi”, come viene intesa e vissuta nella spiritualità dell’unità caratteristica del nostro Movimento, può contribuire al cammino della Chiesa in Italia nell’attuale momento storico. Dove Cristo si rende presente nella reciprocità dell’amore non soltanto si dinamicizza la vita ecclesiale, ma si fa pure strada una realtà antropologica qualitativamente nuova che intercetta le aspirazioni più profonde di ogni persona umana ed è, allo stesso tempo, intimamente legata a Cristo. Vengono superate – come avvenne nelle prime comunità cristiane (cf. At 4,32; Gal. 3,28) – barriere sociali, culturali, razziali. Si fa l’esperienza di essere uno nella distinzione e distinti nell’unità, liberi ma non soli, in comunione con gli altri ma pienamente se stessi, ad immagine delle Persone della S.S. Trinità la cui vita da sempre è iscritta come anelito in ogni cuore umano, ma che senza il dono della Grazia, fuori del raggio d’azione del Risorto, non riusciamo a realizzare.
Il nostro contributo si articola in tre parti: 1. Partecipazione del Movimento dei Focolari al cammino di preparazione al Convegno 2. Riflessione teologica 3. Indicazioni sugli ambiti di testimonianza
1. Partecipazione del Movimento dei Focolari al cammino di preparazione al Convegno
Nell’anno 2005-2006 i membri del Movimento dei Focolari hanno particolarmente approfondito un punto centrale della spiritualità dell’unità: “Gesù crocifisso e abbandonato”. Nella prospettiva del Convegno di Verona esso è apparso di particolare attinenza e importanza per l’imprescindibile legame fra la morte e l’abbandono di Cristo in croce e la presenza del Risorto nella Chiesa. Siamo chiamati a dare testimonianza del Crocifisso/Risorto. Alcune specifiche iniziative a livello nazionale e locale sono state: 1. In ottobre 2005 riunione con i delegati zonali italiani del Movimento dei Focolari (ogni zona comprende una o più regioni italiane) per informarli del cammino di preparazione in corso, delle sue tappe, sottolineando fra l’altro l’importanza del coinvolgimento a livello diocesano, seguendo le indicazioni degli Ordinari diocesani. Vari membri del Movimento sono in effetti delegati delle Regioni Ecclesiastiche e Diocesi. 2. Presentazione del Convegno Ecclesiale nelle Mariapoli e altri incontri del Movimento per una opportuna sensibilizzazione dei membri. 3. Preparazione e pubblicazione del libro “Egli è vivo! La presenza del Risorto nella comunità cristiana”, a cura dell’Editrice Città Nuova, quale contributo a carattere teologico-spirituale per il Convegno. 4. Collaborazione nella organizzazione dell’evento preparatorio di Rimini su “Lavoro e festa”. Un nostro delegato il dott. Giuseppe Sbardella ha fatto parte del comitato organizzativo nazionale presso l’Ufficio per i problemi sociali e il lavoro. Il prof. Bruni e il dott. Frassineti sono intervenuti come relatori in una della tavole rotonde dell’evento. E’ stato allestito uno stand sull’economia di comunione. Il complesso musicale Gen Verde ha partecipato a una delle serate artistiche. 5. Due convegni promossi dal Movimento dei Religiosi dell’Opera di Maria (Mov.dei Focolari) d’intesa con il Consiglio CISM Triveneto, sui temi: “Dall’individuo alla reciprocità” Verona 26 marzo 2006; “Testimoni del Risorto” Cadine (TN), 21-26 agosto 2006. top
2. Riflessione teologica
«Egli è Vivo!» (cf. Mc 16, 11; Lc 24, 5.23; At 1, 3). È l’annuncio inaudito che al mattino di Pasqua le donne, piene di stupore, corrono a portare agli apostoli ancora increduli. «Gesù è Risorto!». È il grido gioioso che irrompe con forza travolgente dal cuore delle comunità cristiane nascenti e che presto riecheggia ovunque. «Gesù è Risorto! Egli è Vivo!». Come rimanere indifferenti a un tale annuncio, spesso sigillato dai primi cristiani a prezzo del loro sangue? «Noi abbiamo riconosciuto l’amore che Dio ha per noi e vi abbiamo creduto» (1 Gv 4, 16). «Così il cristiano può esprimere la scelta fondamentale della sua vita» (Benedetto XVI, Deus caritas est, 1). Egli crede perché lui pure ha “visto”, ha avvertito la straordinaria presenza del Risorto sempre vivo nella sua Chiesa e vi ha riconosciuto l’amore infinito di Dio per lui e per tutti noi. «E noi abbiamo creduto all’amore». In piena seconda guerra mondiale, a Trento, Chiara Lubich e le sue prime compagne avevano scelto questo versetto della prima lettera di Giovanni come scritta per l’unica tomba in cui venire sepolte nel caso fossero morte sotto i bombardamenti. Folgorate dalle parole rivolte a Chiara da un giovane sacerdote: «Dio ti ama immensamente», esse avevano trovato in questo centro della fede cristiana la ragione della loro vita e più ancora la loro vera e nuova personalità. Ma come ricambiare nel migliore dei modi – dato che presto avrebbero potuto morire per via della guerra – l’immenso amore di Dio da cui, per una grazia singolare, si sentivano avvolte? Il Vangelo rispose a questo loro ardente desiderio indicando il comandamento nuovo di Gesù: «Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi» (Gv 13, 34; 15, 12). L’attuarono senza mezzi termini ed ecco una nuova meraviglia: quel Dio che avevano scelto e che pensavano al di là delle stelle, lo percepivano ora, con i sensi dell’anima, presente nel loro piccolo gruppo. Era lui, Gesù, il Risorto che si faceva sentire adempiendo la sua promessa: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18, 20). E la gioia fioriva spontanea e con essa la luce e la pace e la forza. Come un tempo ai discepoli di Emmaus, il Risorto spiegava ora ad esse le Scritture, accendeva nei cuori una fiamma e le spingeva a nutrirsi di lui, anche quotidianamente, nel pane eucaristico. Nasceva in questo modo la spiritualità dell’unità così vicina alla spiritualità di comunione che, a conclusione dell’anno giubilare, il Santo Padre Giovanni Paolo II ha voluto dare a tutta la Chiesa quale impegno programmatico per il nuovo millennio (NMI 42-45). Essa può contribuire all’attuazione di quella “ecclesiologia di comunione” che è “l’idea centrale e fondamentale nei documenti del Concilio” . La comunione “incarna e manifesta l’essenza stessa del mistero della Chiesa. Essa è il frutto e la manifestazione di quell’amore che, sgorgando dal cuore dell’eterno Padre, si riversa in noi attraverso lo Spirito che Gesù ci dona (cf Rm 5,5), per fare di tutti noi « un cuore solo e un’anima sola » (At 4,32)” (NMI 42). Sin dalle prime righe della Lumen Gentium la Chiesa viene definita per la presenza di Cristo in essa come “il sacramento” ossia “il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (n.1). Cristo l’ha fondata ed è oggettivamente presente in essa tramite la Parola e i Sacramenti, nonostante le nostre infedeltà. Se tuttavia noi cristiani sapremo vivere uniti nell’amore come Lui vuole, allora la luce che emana dalla sua presenza brillerà con maggiore splendore sui nostri volti ed essa potrà essere vista da tanti, da tutti. Gesù lo attesta nel Vangelo di Giovanni: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35) e “Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17, 21). La nostra comunione fraterna in Dio è la condizione sine qua non perché Cristo possa essere riconosciuto e creduto. Di qui il monito di Giovanni Paolo II: “Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia, se vogliamo essere fedeli al disegno di Dio e rispondere anche alle attese profonde del mondo” (NMI 43). Esso riecheggia quello del Concilio sulle “presenti condizioni del mondo che rendono più urgente questo dovere della Chiesa, affinché tutti gli uomini, oggi più strettamente congiunti da vari vincoli sociali, tecnici e culturali, possano anche conseguire la piena unità in Cristo” (LG 1). Moltiplicare l’esperienza della presenza del Risorto, là dove due o più sono riuniti nell’amore vicendevole, è una via particolarmente efficace per rispondere a tali attese. Il carisma che Dio ha dato a Chiara Lubich è incentrato su questa presenza e getta luce sullo stile di vita ad essa confacente. Esso ha già risposto alle esigenze più profonde di decine di migliaia di cristiani, per lo più laici, alcuni dei quali sono ora passati all’altra vita in concetto di santità. Si tratta di vivere concretamente il primato della carità, secondo l’invito di san Pietro: “Soprattutto conservate tra voi una grande carità” (1 Pt 4, 8), soprattutto e cioè prima di tutto (“ante omnia mutuam et continuam caritatem habentes” – Vulg). Se alla base delle opere caritative, dell’apostolato, della catechesi, della liturgia ponessimo sempre il vicendevole amore, in cui si riceve la Parola di Dio e che è il frutto primo dell’Eucarestia, non saremmo più noi ad agire, testimoniare, insegnare, pregare, celebrare, ma sempre Gesù in noi. Ove è la carità ivi è Cristo nel cristiano e ove la mutua carità ivi è Cristo tra i cristiani. E la sua presenza, specie se tra due o più, è luce. Essa darebbe una singolare efficacia a tutte le nostre attività. Si tratta di non conoscere altro se non Cristo e questi crocifisso (cf 1 Cor 2,2) , di avere in sé i suoi medesimi sentimenti (cf Fil 2,5) e di conseguenza di stabilire dei rapporti di amore scambievole che siano in terra un riflesso della vita del Cielo, una partecipazione alla vita trinitaria: “che siano uno come io e te” (cf Gv 17,21). Nella sua lettera apostolica Novo Millennio Ineunte Giovanni Paolo II ci ha invitati tutti a “ripartire da Cristo” (NMI 29), a contemplare il suo volto, dolente e insieme risorto, per poi lasciarci ispirare nel nostro cammino ecclesiale e nelle programmazioni pastorali dal suo comandamento nuovo (cf NMI 42). Fedeli alla spiritualità dell’unità cerchiamo di offrire alla Chiesa in Italia il nostro contributo per rispondere tutti insieme a un tale invito. Questo proposito è stato ulteriormente incoraggiato dalla prima enciclica di Benedetto XVI nella quale egli ha desiderato parlare dell’amore, di Dio amore e dell’amore nostro come risposta al suo. “In un mondo in cui al nome di Dio viene a volte collegata la vendetta o perfino il dovere dell’odio e della violenza, questo è un messaggio di grande attualità e di significato molto concreto” (Deus caritas est 1). Ne siamo profondamente convinti. All’indomani del Concilio, Karl Rahner sosteneva che la riscoperta della centralità dell’amore del prossimo nella vita cristiana o, meglio ancora, la sintesi dell’insieme del mistero cristiano dal punto di vista della carità poteva essere la via privilegiata all’esperienza di Dio nel nostro tempo . Riprendendo e ampliando questa intuizione, Walter Kasper auspicava l’avvento di una nuova spiritualità che avrebbe congiunto nell’unità dell’amore di Dio e del prossimo la più grande fermezza possibile della fede alla più grande apertura sul mondo. Egli vedeva in una tale spiritualità del futuro la vera risposta al travaglio della Chiesa postconciliare “tesa tra una apertura che la disintegra in un umanesimo vago e generico ed una fermezza sclerotizzata che sopravvive senza possibilità di comunicazione accanto ai problemi dell’umanità attuale” . Dal 1989 è operante presso il Centro del Movimento dei Focolari la “Scuola Abbà”, laboratorio interdisciplinare di pensiero consacrato allo studio della ricchezza dottrinale del carisma dell’unità e delle sue molteplici implicazioni per la comprensione e l’esercizio delle diverse discipline scientifiche. Negli ultimi anni si stanno inoltre delineando, in seno al Movimento e in dialogo con esponenti qualificati del mondo della cultura, luoghi di elaborazione e linee di approfondimento in distinti campi disciplinari (teologia, filosofia, economia, politologia, psicologia, diritto, pedagogia, ecc.). Tali linee contribuiscono a rafforzare il nostro impegno di cristiani laici, con cui cerchiamo di informare dello spirito di comunione i vari ambiti della società. Molti vi hanno trovato una via per rispondere alla chiamata alla santità, “trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio” (LG 31). Non si tratta solo di un impegno individuale, perché si cerca di creare delle cosiddette “cellule d’ambiente” per stabilire la presenza di Gesù in mezzo e portare Cristo in mezzo alla società. Ci sembra una via importante anche per il dialogo con la o le culture contemporanee. Infatti molti non credenti o indifferenti, che rimarrebbero del tutto ermetici ad un discorso prettamente religioso, rimangono invece affascinati dalla novità – anche culturale – che uno stile di vita, fraterno e trinitario, può portare nei vari ambiti della società e in diverse discipline. top
3. Indicazioni sugli ambiti di testimonianza
Per ognuno degli ambiti individuati dalla Traccia di riflessione proponiamo alcuni spunti di riflessione e indicazioni. Vita affettiva Lavoro e festa Fragilità umana Tradizione Cittadinanza
Vita affettiva
Ci soffermiamo in particolare sulla famiglia. La grazia del sacramento del matrimonio aiuta l’attuazione del comandamento dell’amore reciproco che, se vissuto con radicalità evangelica, attira la presenza di Gesù anche tra gli sposi. Questo fa della famiglia una cellula viva della società e una piccola chiesa, capace di fecondità non solo biologica, ma spirituale e sociale; testimone autorevole e credibile della presenza del Risorto oggi, nel quotidiano di ogni persona, in tutte le culture, in tutti gli ambiti di attività che le competono: l’educazione, il lavoro, la cura dei piccoli e dei deboli, la solidarietà, l’esercizio dei diritti civili. E’ questa l’ esperienza di “Famiglie Nuove”, diramazione del Movimento dei Focolari. Organizzate in gruppi locali seguiti da una coppia matura e preparata, le “Famiglie Nuove” svolgono una formazione spirituale che si ispira alla “spiritualità di comunione”. L’impegno principale è di vivere la Parola di Dio nel proprio contesto e lo scambio delle conseguenti esperienze di crescita a tutti i livelli. La partecipazione in coppia è sempre sostenuta dall’impegno personale richiesto a ciascun coniuge, per essere pronti ad amare per primi negli inevitabili momenti di difficoltà. Organizzano attività di solidarietà e praticano tra loro una libera comunione di beni. Partecipano periodicamente a momenti di incontro a livello nazionale o internazionale, in cui approfondire la spiritualità del Movimento e sperimentare l’ampiezza del respiro della Chiesa. Vengono svolti corsi per fidanzati, scuole per famiglie, week-end per adolescenti, approfondimenti sulla comunicazione di coppia, sull’educazione dei figli, sulla sessualità, sul sacramento del matrimonio. Questi incontri offrono il contributo scientifico di esperti e uno spazio riservato alla condivisione del vissuto delle famiglie, in un equilibrio tra prospettive culturali e dimensione esperienziale sempre molto apprezzato dai partecipanti. Tali iniziative risultano occasioni di contatto anche con persone in ricerca o anche non credenti, interessate agli argomenti trattati, che spesso restano in contatto per un maggiore approfondimento. I frutti sia sul piano ecclesiale sia sul piano civile sono copiosi: ne è stata prova il Familyfest 2005, multi-congresso che si è svolto in contemporanea in 24 città italiane (vi hanno partecipato complessivamente 38.000 persone). In esso sono state proposte riflessioni su temi centrali per la vita cristiana, comunicati percorsi per una crescita nella fede, presentati progetti di iniziative di promozione comunitaria e sociale. top
Lavoro e festa
Il lavoro e la festa hanno in comune un elemento fondamentale: per essere attività pienamente umane hanno bisogno di gratuità. Il lavoro diventa fioritura umana e non alienazione quando l’attività lavorativa è vissuta come espressione profonda di sé, come dono agli altri, per e con gli altri. La festa da svago alienante diventa momento fondativo e costruttivo della comunità quando da sfogo egoistico e narcisistico (come spesso oggi la società dei consumi la concepisce), diventa momento rinsaldante del legame sociale e comunitario. La festa, come il lavoro, hanno poi un altro elemento in comune: sono attività umane che hanno in loro stesse la loro ricompensa. Anche in questo senso hanno bisogno di gratuità. Un lavoro che fosse solo un mezzo per guadagnarsi da vivere e non anche un momento in sé costruttore di identità individuale e sociale, sarebbe solo una maledizione per l’uomo. Invece, nella visione cristiana, il lavoro è un momento alto dell’umano perché mentre si lavora si partecipa all’attività creatrice di Dio. La festa è proprio l’archetipo delle motivazioni intrinseche. La festa non ha un valore strumentale, non è mezzo per altro, ma il fare festa insieme esprime l’esser parte di un destino comune, l’essere famiglia, l’essere comunità. Non c’è quindi festa senza gratuità: senza ci può essere solo svago o divertimento, ma la festa è qualcosa di più e di diverso. Per questa ragione, i due concetti – lavoro e festa – hanno bisogno l’uno dell’altro, si richiamano e danno senso a vicenda. Non c’è autentica festa senza aver prima o dopo lavorato. E’ il tempo del lavoro che dà senso, ritmo e bellezza alla festa – ecco perché non è mai festa piena quando in una famiglia non c’è lavoro ma disoccupazione. E, d’altra parte, senza la festa il lavoro diventa schiavitù dell’efficienza e del dio profitto. Infine, sia il lavoro che la festa sono attività sociali e relazionali: non si festeggia da soli, né si lavora mai da soli. Sia il lavoro che la festa oggi sono sottoposte a sfide radicali e profonde. In realtà la storia dell’umanità ha vissuto il rapporto festa-lavoro in modo complesso e spesso doloroso. Dove non c’è rispetto per l’uomo e la donna che lavora non c’è festa; dove non c’è spazio che per il lavoro – fosse anche un lavoro iper qualificato e stra-pagato – non c’è festa. La domenica, allora, non è solo il momento del non-lavoro, ma diventa il momento della gratuità, della socialità, della coltivazione e della creazione dei beni relazionali. E anche per questa ragione va protetta dal lavoro per servire il lavoro. Nella prassi sociale del Movimento dei Focolari il lavoro è stato sempre vissuto come dono, come espressione di gratuità. In particolare l’esperienza dell’Economia di comunione, nata quindici anni fa, è a questo riguardo una testimonianza concreta su come conciliare armoniosamente lavoro e festa. Se l’economia si apre alla comunione, all’interno e all’esterno della comunità aziendale, allora i beni relazionali non si oppongono ai beni economici, ma gli uni integrano e rafforzano gli altri. top
Fragilità umana
Parlare di fragilità è parlare della verità più profonda dell’uomo: riconoscere, nell’esperienza della propria limitatezza, di non bastare a sé stessi; questo è il punto di partenza per aprirsi al dialogo, al rapporto con l’Altro, che accoglie e riempie il nostro limite, e con l’altro uomo che condivide pienamente questa condizione di limite. Tale riconoscimento della comune umanità è la chance per una esperienza di fraternità. Con questa consapevolezza, parlare della malattia, della disabilità fisica e psichica, della cronicità, della anzianità è riflettere su realtà prima di tutto eminentemente umane; realtà che anche comportando inevitabilmente dolore e sofferenza non gettano la persona nel non senso, ma la aprono alla possibilità di un’esperienza di solidarietà. La società edonista e utilitarista, nella quale ci troviamo a vivere, rifiuta come tabù le situazioni in cui l’uomo sperimenta la fragilità, la sofferenza, la morte; essa cerca di isolare chi è colpito e in taluni casi rifiuta accoglienza a chi, non ancora nato, mostra già i segni della malattia o a chi inesorabilmente si avvia, forse con grandi sofferenze, verso una morte che a volte tarda ad arrivare. Il non senso appare oscurando questa esperienza di dolore: l’uomo rimane solo. Instaurare un dialogo profondo con la cultura contemporanea è difficile perché questa mentalità dell’utile che misura e quantifica la qualità di vita sostituendola alla percezione della sua sacralità, è pervasiva e sembra essere la risposta più efficace, la soluzione meno onerosa per il singolo, per le famiglie, ma soprattutto per la società monadizzata, ammutolita di fronte al dolore e incapace di dare risposte di solidarietà e di giustizia. Accogliere la fragilità come espressione della propria e della altrui umanità si può, se ad essa si restituisce il senso; un senso che scaturisce in modo misterioso e prorompente dall’esperienza di Gesù Crocifisso e Abbandonato, che proprio nell’attimo del suo Grido è pienamente uomo, perché pienamente Dio: unico capace di spiegare l’incomprensibile. Testimoniare il Risorto in questo particolare ambito dell’esistenza umana è la sfida che vede protagonista chi riconosce Gesù presente nella propria esistenza e nella società; chi accoglie profondamente, prima di tutto la propria fragilità, senza distogliere lo sguardo da chi soffre, ma accompagnandolo nel dolore quotidiano sapendo che “qualunque cosa avete fatto al più piccolo dei miei fratelli l’avete fatto a me”; inserire colui che soffre in dinamiche vitali per farlo sentire parte della famiglia umana, protagonista all’interno di una dinamica di amore che allevia il dolore. L’esperienza del Movimento dei Focolari nell’accoglienza della malattia e della morte è costellata dalla testimonianza di tanti che, a qualunque età, hanno vissuto e vivono questi momenti fondamentali della propria vita nella confidenza totale nella provvidenza di Dio, tanto da cogliere il disegno d’Amore di Dio per la loro esistenza. Anche la professione medica e di tutti gli operatori sanitari diventa un momento di testimonianza di fraternità: tra colleghi, vincendo la tentazione dell’antagonismo arrivista, collaborando al progetto di umanizzazione della medicina in ottica olistica e personalista; e con i pazienti accolti, prima di tutto, come fratelli da amare e quindi come persone da soccorrere e curare mettendo in campo il massimo della propria professionalità e competenza. In questa ottica la società può e deve farsi carico della fragilità umana attraverso gli strumenti che le sono propri: una politica sanitaria fortemente attenta ai bisogni dei più fragili; il sostegno a realtà che nascono dalla società civile (associazioni di malati, associazioni di famiglie) che vivendo in prima persona le situazioni di disagio sanno portare le istanze di chi vive il bisogno, indirizzando le scelte politiche in modo più efficace; sostenendo una ricerca che dia serie garanzie di essere al servizio del vero bene dell’uomo; promovendo campagne di formazione e informazione che aiutino e mettano in atto vere politiche di prevenzione. La persona è in tal modo vera unità di misura dell’agire dei professionisti, dei politici, di tutti gli operatori e può cogliere, anche di fronte alla estrema dimostrazione del proprio limite e della propria fragilità, la possibilità di fare una esperienza veramente umana, da non maledire, ma da vivere fino in fondo, non nella solitudine, ma all’interno di spazi accoglienti di fraternità. top
Tradizione Per questo ambito offriamo alcune indicazioni riguardanti i mezzi di comunicazione sociale. Dalle tante e diverse esperienze nei vari mezzi di comunicazione che il Movimento dei Focolari vive da anni, sta nascendo una proposta per il rinnovamento della cultura mediale. Si tratta di una necessità ineludibile, in una società dove la globalizzazione crea una cultura che condiziona i processi educativi, i costumi sociali, lo sviluppo. Questa proposta si è incarnata in NetOne, una libera associazione di comunicatori di tutti i settori dei media, e si può riassumere in alcune “coppie di valori”. Empatia e positività – E’ essenziale vivere l’interazione comunicativa partendo dall’ascolto profondo dell’altro, dal condividere la realtà di ogni essere umano. Questi valori dimostrano che esiste un tipo di coinvolgimento disinteressato che non obbedisce a compromessi; una capacità di ascolto che permette di entrare nella notizia nella sua massima ampiezza senza piegarla a interessi di parte. Completezza e trasparenza – Perché l’offerta comunicativa sia davvero un servizio offerto a tutti, deve partire da un patto tacito di sincerità e lealtà con la società stessa; patto che esige completezza di tematiche senza restrizioni ideologiche; trasparenza di prospettive senza ricerche sensazionaliste e, in definitiva, completezza e trasparenza degli elementi necessari per il rispetto scrupoloso della realtà. Solidarietà e pluralismo – Valori che costituiscono la base per lo sviluppo corretto della società dell’Informazione. Lo sviluppo delle nuove tecnologie, invece di rappresentare un impulso alla diffusione generale dell’educazione e formazione professionale, sta divenendo in realtà un fattore di continua separazione tra i popoli. La giusta distribuzione delle risorse e il rispetto della diversità culturale, possono frenare sia il “colonialismo culturale” che la “frontiera digitale”, arrestando il processo di globalizzazione mediatica. La “mission” di NetOne si può in sintesi identificare nella risposta di un orizzonte di “cultura dell’unità” alla domanda di prospettive dell’attuale mondo dei media. Questo sta avvenendo da parte di molti comunicatori connessi al progetto. Essi cercano di iniettare senso, contenuti, etica professionale nel lavoro e nei rapporti, avviando un programma di formazione ed educazione di comunicatori e recettori. Un esempio può essere l’esperienza cinquantennale dell’Editrice Città Nuova, nata in Italia ma diffusa in tutto il mondo, un esempio significativo di identità editoriale non chiusa in se stessa, ma parte essenziale di una vocazione di servizio al dialogo sociale, culturale, politico e religioso. top
Cittadinanza E’ necessario imparare a guardare ognuna delle nostre città e comunità locali, a conoscerle, non come una semplice somma di tanti individui, non come l’intrecciarsi caotico di percorsi casuali, ma come composizione e ricomposizione di una comunità. E’ possibile allora intravedere un disegno, una vocazione che ha una storia, con radici profonde nel passato, che deve prendere vigore nel presente, ma che chiede soprattutto di poter esprimere le sue potenzialità. Ogni comunità evidenzia così la sua diversità e, più se ne approfondiscono gli elementi specifici, con questo sguardo d’amore, più si rivelerà per quello che è: un tassello necessario ed insostituibile alla composizione dell’unità della famiglia umana. Di fronte alla astrattezza e alla frammentazione di tanti progetti politici, la nostra azione politica, fondata su questo sguardo, si legittima pienamente sviluppando questo essenziale compito: operare affinché la nostra città, la nostra regione, la comunità nazionale o internazionale per cui lavoriamo, riscopra le proprie caratteristiche bellezze, gli obiettivi che insieme si possono realizzare per il bene comune, le risorse che si possono mettere a disposizione di altre comunità e popoli. Diventare cittadini a pieno titolo, capaci di guardare in faccia la realtà e allo stesso tempo di modificare il corso degli eventi, significa cominciare a progettare a partire da una scelta decisa per l’incontro con l’altro. Tutto questo valorizza e fa crescere la città in ciascuno degli attori sociali che la compongono: può nascere così un soggetto politico comunitario, protagonista, un “popolo” abituato a pensare in termini di “noi”, chiave che a volte può diventare il punto da cui sollevare situazioni senza uscita. Questa relazionalità non sarà escludente, ma aperta, se partirà dalla consapevolezza che ogni uomo è mio fratello e i rapporti in qualsiasi nostra comunità sono espressione della fraternità universale, che rende ogni relazione aperta e contagiosa, e più rafforza i legami e più si apre. Chi è cristiano, la fonda sulla esperienza della paternità di Dio e quindi della fraternità tra tutti gli uomini; chi non ha riferimenti religiosi, la trova inscritta nella dignità propria di ogni uomo. Alla luce della fraternità universale, si delineano processi politici che hanno caratteristiche specifiche. La fraternità universale produce una forte scelta contro ogni tipo di elité escludente, che riconosce che ogni cittadino è titolare del medesimo status democratico. La fraternità chiede di spostare l’enfasi dal rappresentante al processo relazionale tra il cittadino e il suo rappresentante, processo che fonda l’autorità di colui che riceve il mandato politico. Legata alla caratteristica di cui sopra, c’è un’altra dimensione costitutiva, quella della politica intesa come vocazione per tutti. Cittadini, studenti e studiosi, politici di ogni livello, funzionari e diplomatici sono ugualmente soggetti politici , ognuno con la sua specificità e responsabilità, ma necessari tutti, e che in relazione l’uno con l’altro, costruiscono scelte politiche realmente democratiche. Pur ai primi passi, la categoria della fraternità ha già aperto varie sperimentazioni. In questi anni, ad esempio, si è sviluppato il “Patto politico-partecipativo”, un’esperienza – flessibile nella metodologia – che rilegge alla luce della fraternità il rapporto politico fondamentale, quello tra i cittadini detentori della sovranità, e i loro rappresentanti. Questo rapporto è diventato un vero e proprio patto, vissuto per tutta la durata del mandato tra l’eletto e i cittadini del suo territorio, che collaborano a definire le priorità dell’agenda politica uscendo dai confini ristretti del proprio bisogno individuale. Con varie conseguenze. Nel costante dialogo tra eletti ed elettori che il Patto rende possibile, si arricchiscono i contenuti del dibattito politico e le proposte di regolazione che ne derivano, contenuti e proposte che in genere risultano “schermati”, allontanati cioè dal contributo dei soggetti più deboli da un punto di vista economico o culturale. Al Patto partecipano infatti cittadini di diversa competenza professionale, culturale e di differente stato sociale. Viceversa, ciò che accade abitualmente, il fatto di privilegiare il confronto tra specialisti o professionisti della politica che condividono un determinato status economico e sociale, non fa che rendere sempre più difficile la partecipazione a quanti ne sono esclusi, ostacolando o rallentando le politiche a loro più vicine. In questo modo, dato che chi ha titolo per partecipare al dialogo è il cittadino in quanto tale, a prescindere dal voto espresso e da altri specifici legami di appartenenza, il Patto apre nuovi spazi alla rappresentatività dei mondi sociali all’interno delle istituzioni, favorendo il contributo del maggior numero di soggetti sociali che hanno diritto di esprimersi sia riguardo a problematiche di tipo settoriale che generale. Ridare soggettività politica a tutti i membri della comunità ci sembra un elemento strutturale indispensabile per rimettere in moto le dinamiche bloccate delle nostre stanche democrazie. (altro…)
Ott 1, 2006 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Viviamo a Gela, sulla costa meridionale della Sicilia, originariamente una delle più importanti e belle città della Magna Grecia, ma intorno agli anni ’70, vittima di una crescita urbanistica disordinata e a dismisura come conseguenza dell’insediamento di un grosso impianto industriale per la raffinazione del petrolio e della produzione chimica. Qualche anno fa cercavamo una casa più grande per la nostra famiglia, cresciuta con l’arrivo dei tre figli, e abbiamo scelto di risiedere in uno dei quartieri di nuova formazione. Era chiamato “Fondo lozza” e mancava di tutto: la strada non era asfaltata e con la pioggia spesso si riempiva di fango; non c’era illuminazione pubblica; non esistevano la rete idrica, quella fognaria e alcun sistema di depurazione, con notevoli problemi igienici e sanitari; di servizi sociali e di trasporto pubblico neanche a parlarne. Pian piano abbiamo dato vita a un comitato spontaneo che ha coinvolto i circa tre mila abitanti del quartiere. Si è instaurato un rapporto nuovo con le istituzioni locali: tra le prime iniziative abbiamo inviato più di quattromila cartoline al sindaco con la richiesta di realizzare le primarie opere di urbanizzazione. Da lì è nato un colloquio che si è sostituito alla contrapposizione, fatta spesso di blocchi ferroviari violenti e di insulti, ma fondata sui diritti riconosciuti dalla costituzione e dalle leggi. Abbiamo instaurato innumerevoli rapporti con le famiglie, le assemblee e le riunioni di quartiere. La cosa non è passata inosservata: l’amministrazione regionale ha stanziato 5 miliardi di vecchie lire per il risanamento del quartiere. Successivamente l’amministrazione comunale ha approvato il piano di recupero urbanistico del quartiere e si sono potuti realizzare l’illuminazione pubblica, la rete idrica, l’impianto di depurazione e la pavimentazione delle strade. Il nostro comitato verificava quasi ogni giorno l’attività delle istituzioni locali: dalle deliberazioni iniziali, all’affidamento degli appalti delle opere, alla loro esecuzione. Infatti la costruzione della rete idrica e fognaria è stata ultimata grazie alla tenacia e alla tempestività con cui cittadini e amministratori hanno affrontato il problema della sostituzione dell’impresa costruttrice che nel frattempo aveva abbandonato i lavori per motivi di natura aziendale. Il sindaco di Gela, parlando agli abitanti del quartiere e riferendosi all’esperienza vissuta con loro, così si esprimeva: “Convivono due realtà che lavorano insieme per far crescere la funzione sociale nel quartiere; in questo modo si è potuto giungere a un risultato comune, che da un lato vi ha portato benefici, dall’altro ha dato la consapevolezza a chi amministra di avere fatto un po’ del proprio dovere per rendere più a misura d’uomo questa città.” E’ avvenuta una svolta nel quartiere: a livello culturale, sociale e metodologico. La società deve poter andare alla ricerca di ciò che unisce pensando che il problema “tuo” è in realtà di tutti. E adesso la nostra zona si chiama “Quartiere nuovo” anche per il rapporto realizzato tra due realtà spesso contrapposte tra di loro: i cittadini e l’amministrazione pubblica. (R. e C. G. – Sicilia) (altro…)
Ott 1, 2006 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Un ingegnere ungherese che ha ricevuto dal Ministero dell’Ambiente un riconoscimento per aver contribuito, con il suo lavoro, alla realizzazione della fraternità nella famiglia europea Lavoro al Ministero dell’ambiente ungherese ed una parte della mia attività ha riguardato la partecipazione alle trattative relative all’adesione del nostro Paese all’Unione Europea, in particolare per quanto si riferiva al problema dell’inquinamento acustico. Nella prima fase del processo di adesione dei nuovi 10 Paesi, si dovevano confrontare i propri standard di rilevamento acustico con quelli dell’Unione Europea, esponendo la situazione del proprio Paese. Fino al 2002 infatti non esisteva una legislazione comune, in ambito europeo, sull’inquinamento acustico. I vari Stati dell’Unione Europea, quindi, stabilivano con procedimenti diversi il grado di inquinamento e i modi per proteggersene. Alle volte però era possibile che venissero forniti dati non sempre corrispondenti alla realtà. Nel corso dei lavori ho notato che era ormai abitudine basare i rapporti sulla reciproca diffidenza. Continuavo a ripetermi: ”Se si vuole costruire l’Europa unita, non ci si deve fondare sulla sfiducia, ma sulla sincera accoglienza e sul reciproco scambio, perché l’Unione Europea – lo dice il nome stesso – vuole essere una comunità e non un consorzio di interessi.” Era l’idea originaria dei Padri fondatori, com’è indicato nello Statuto. Poi questi valori si sono persi nell’attuazione pratica o magari spesso non venivano affatto messi in atto. Mi sono chiesto: ”Ma io, adesso, cosa posso fare?” Prima di tutto ho manifestato queste perplessità ai colleghi ungheresi: “Io non aspiro certo a una famiglia europea che lavora in modo scorretto e mette in difficoltà i nuovi membri. E neanche intendo, come nuovo Paese dell’Unione Europea, imbrogliare gli altri Paesi sulla nostra situazione, magari nel modo più elegante possibile….” Nella fase successiva, durante le trattative tecniche con gli esperti dell’Unione Europea, ho cercato di evidenziare con sincerità anche i problemi che ancora persistevano. Come capo della delegazione ungherese, ho scelto di confrontarmi continuamente con i miei colleghi nel corso della riunione, per poter rispondere insieme alle domande. Questo nuovo stile è stato apprezzato da tutti e i colleghi dell’Unione Europea, già durante la pausa che seguiva alla nostra relazione, ci hanno proposto di tenere le riunioni successive in Ungheria. Ci siamo preparati ad accoglierli e a farli sentire parte di un’unica famiglia europea: il programma infatti, oltre alle informazioni tecniche, prevedeva visite di Budapest nei luoghi che meglio esprimono la nostra cultura. Anche grazie a questa ospitalità, le trattative si sono svolte nella comprensione reciproca durante le fasi successive. In particolare, abbiamo collaborato a una nuova regolamentazione dell’Unione Europea per l’inquinamento acustico ed è nata una soluzione che rispecchiava veramente il pensiero e le aspirazioni di tutti. Ho cercato di partecipare attivamente al processo legislativo, sfruttando tutte le occasioni e avendo sempre presente l’idea della fraternità. Il risultato finale ha messo in evidenza che gli Stati membri pongono al primo posto la reciproca responsabilità gli uni verso gli altri. La nuova regolamentazione infatti – tenendo conto delle caratteristiche di ogni Paese e lasciando piena libertà a ciascuno Stato – prescrive una forma unitaria per la misurazione, la raccolta dei dati e la presentazione dei risultati. In questo modo in Europa è possibile portare a termine verifiche e valutazioni a tutto campo sullo stato dell’inquinamento acustico. Sulla base della valutazione dei dati raccolti a livello europeo ci sono le premesse perché l’intera comunità cerchi insieme le soluzioni per territori sempre più inquinati. E’ un nuovo importante passo per costruire una vera comunità solidale. (M. B. – Ungheria) (altro…)
Set 30, 2006 | Parola di Vita
Lungo tutto il Vangelo Gesù invita a dare: dare ai poveri, a chi domanda, a chi desidera un prestito ; dare da mangiare a chi ha fame , il mantello a chi chiede la tunica ; dare gratuitamente …
Lui stesso ha dato per primo: la salute agli ammalati, il perdono ai peccatori, la vita a tutti noi.
All’istinto egoista di accaparrare oppone la generosità; all’accentramento sui propri bisogni, l’attenzione all’altro; alla cultura del possesso quella del dare.
Non conta se possiamo dare molto o poco. L’importante è il “come” doniamo, quanto amore mettiamo anche in un piccolo gesto di attenzione verso l’altro. A volte basta offrirgli un bicchiere d’acqua, un bicchiere d’acqua “fresca” , come precisa il Vangelo di Matteo, un’offerta particolarmente gradita e necessaria in un paese caldo e riarso come la Palestina.
«Chiunque vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome (…), vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa»
Un bicchiere d’acqua, appunto, gesto semplice e grande agli occhi di Dio se compiuto nel Suo nome, ossia per amore.
E l’amore ha tutte le sfumature e sa trovare i modi più adatti per esprimersi.
È attento l’amore, perché dimentico di sé.
È premuroso l’amore, perché, scorta nell’altro una necessità, si fa in quattro per venirgli incontro.
È essenziale l’amore, perché sa accostare il prossimo anche solo con un atteggiamento di ascolto, di servizio, di disponibilità.
Quante volte, quando ci troviamo vicino a una persona, specie se sofferente, crediamo di renderle un gran servizio magari con i nostri consigli non sempre opportuni o con qualche chiacchiera di troppo…, che la può annoiare e appesantire.
Quanto importante invece è cercare di “essere” l’amore accanto a ciascuno! Troveremo la via diritta per entrare nel suo cuore e sollevarlo.
«Chiunque vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome (…), vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa»
La Parola di vita di questo mese potrà aiutarci a riscoprire il valore di ogni nostra azione: dai lavori di casa o dei campi e dell’officina, al disbrigo delle pratiche d’ufficio, ai compiti di scuola, come alle responsabilità in campo civile, politico e religioso. Tutto può trasformarsi in servizio attento e premuroso.
L’amore ci darà occhi nuovi per intuire ciò di cui gli altri hanno bisogno e per venire loro incontro con creatività e generosità.
Il frutto? I doni circoleranno, perché l’amore chiama amore. La gioia si moltiplicherà perché “c’è più gioia nel dare che nel ricevere”.
«Chiunque vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome (…), vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa»
Ricordo che, durante la seconda guerra mondiale, nella nostra città di Trento, in alcune località vivevano famiglie molto povere. Siamo andate a dividere con loro quanto avevamo di nostro; volevamo alzare il loro livello di vita in modo tale da arrivare tutti ad una certa uguaglianza.
Un ragionamento semplice che però ha dato frutti impensati: viveri, vestiario, medicinali hanno incominciato a circolare con insolita abbondanza… Nacque in noi la convinzione che nel Vangelo vissuto vi è la risposta ad ogni problema individuale e sociale.
Non era una utopia. Oggi centinaia di aziende sono coinvolte nel progetto di “economia di comunione”: improntare tutta la vita aziendale alla cultura del dare, e mettere in comune gli utili per scopi sociali, tra cui aiutare le persone in difficoltà, creando nuovi posti di lavoro e sovvenendo ai bisogni di prima necessità.
Ma le persone bisognose sono tante e i profitti di queste aziende non possono rispondere ad ogni necessità. Ecco allora che tanti di noi, dal 1994, versiamo una piccola somma ogni mese per i poveri.
Ne aiutiamo attualmente 7.000 in 55 Paesi.
Innumerevoli le testimonianze dei “bicchieri d’acqua” ricevuti e donati in una gara di generosità. Una tra tante, dalle Filippine: “Il nostro negozietto di carne a causa di una epidemia tra gli animali è fallito. Abbiamo dovuto fare debiti e non sapevamo più come andare avanti. Attraverso il vostro aiuto regolare siamo riusciti ad avere da mangiare ogni giorno. Presto ho capito che anch’io dovevo aiutare chi aveva più bisogno di me. Una vicina di casa aveva una malattia, soffriva tanto e aveva bisogno di aiuto anche materiale. L’ho aiutata fino a che lei è partita per il cielo, ed ho preso a sostenere economicamente il suo quinto figlio, perché il padre non poteva, essendo molto più povero di noi”.
Chiara Lubich
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Set 28, 2006 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale
Ero uno dei quattro direttori di vertice del porto di Genova, nel nord Italia, uno tra i più importanti del Mediterraneo. Ho dovuto lasciare il mio lavoro per ridimensionamento dell’incarico. Dopo lo smarrimento iniziale, con alcune persone, con le quali condivido la spiritualità dell’unità, abbiamo pensato di metterci al servizio dei cittadini della nostra città per costruire una società per l’uomo. Nella mia città era in funzione un’industria che produceva gas di scarico molto inquinanti, gli effetti di questo grave inquinamento nel quartiere erano evidenti. Negli ultimi dieci anni erano morte 700 persone per tumore al polmone, dovevamo dunque lavorare al progetto che portasse alla chiusura degli impianti senza far perdere lavoro a quelle 600 persone occupate nell’industria. In Olanda mi era rimasto impresso come venivano assemblate le bambole di porcellana cinese. Il corpo di porcellana proveniente dalla Cina era rivestito dell’abito che veniva dall’India e poi venivano montati gli occhi prodotti in Italia. Alla fine, il prodotto veniva confezionato in scatole e spedito al negozio. Anche l’area del porto di Genova, mi sembrava si prestasse alla realizzazione di una piattaforma portuale nella quale trasformare le merci più varie in prodotti finiti e confezionati. L’idea ha subito interessato le istituzioni della città. Si è così passati alla sua realizzazione. Il progetto avrebbe garantito 4.000 nuovi posti di lavoro, ben oltre i 600 dell’industria da chiudere e 12.000 posti di lavoro indiretti. Immediati i consensi. Lo stesso proprietario dell’industria riconosceva la validità del progetto per le prospettive di sviluppo. Tuttavia le difficoltà non sono mancate, ma i miei colleghi non cristiani mi dicevano: “Il progetto può anche morire, ma risorgerà ancora più bello”. Ed è stato così. A dicembre 2005 il proprietario dell’industria ha firmato un accordo per la chiusura degli impianti e la riconversione dell’area secondo il nostro progetto, nel quale sono ora occupati i 600 lavoratori in esubero. L’Unione Europea ha recentemente inserito il corridoio Genova – Rotterdam fra quelli di interesse europeo. La Banca Europea degli Investimenti ha dichiarato l’immediata finanziabilità. Il governo italiano ci ha proposto di prendere parte in futuro ai progetti di cooperazione tra sistemi portuali trasnazionali a beneficio dell’intera Unione Europea nell’ottica dell’alleanza tra i porti. E non è finita qui! Il porto di Rotterdam era per Genova un concorrente da combattere, mentre oggi è stato sviluppato un progetto di alleanza tra i due porti per una nuova rotta mondiale di collegamento fra l’Estremo Oriente e gli Stati Uniti. Questa idea è stata presentata alla Conferenza Mondiale dei Porti di Seoul ed è stata definita un’opportunità concreta per il miglioramento delle economie marittime mondiali. (R. Z. – Italia) (altro…)
Set 28, 2006 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale
Sono nata a Santa Maria, in una regione ai piedi delle Ande, ricca di cultura aborigena ma molto povera. Sono una discendente degli aborigeni “calchaquies”, sposata e madre di 7 figli. Per 12 anni mi sono formata alla Scuola Aurora. Lì, oltre a leggere, a scrivere e alla tessitura, ho imparato a vivere la spiritualità dell’unità. Nel 2003, di fronte alla disoccupazione dilagante, ho avviato una filanda per rifornire il laboratorio di tessitura della scuola. Non è stato facile convincere le donne della mia terra, da sempre discriminate, a riprendere il lavoro di filatura, dato che per arrivare alla filanda occorreva attraversare fiumi e fare ogni giorno molti chilometri. Non avevamo mezzi. A poco a poco ognuna ha messo a disposizione ciò che aveva: un fuso, dei chili di lana o la propria abilità in questa arte tradizionale. Rimaneva il problema dei costosi macchinari. Un giorno sono costretta a chiedere un passaggio e confido al conducente la mia preoccupazione. Egli mi dice che lui sapeva fare macchine per filare. “Ce le puoi fare?” gli domando. E lui: “Sì, mi pagherai quando potrai”. Non mancano altri ostacoli: perdiamo il locale in cui lavoriamo e la più esperta si licenzia. “Con tutto quel che ci succede non sarà che ci dobbiamo arrendere?” si domanda una ragazza, che esprime il dubbio di noi tutte. Durante il trasloco troviamo una immagine della Madonna. Mi sembra molto significativo e propongo alle altre di fare un patto: lavorare ogni giorno nell’amore le une verso le altre. Poco dopo riceviamo una donazione con la quale possiamo acquistare un immobile e delle attrezzature. Così è nato l’atelier “Tinku Kamayu” che significa “ Riunite per lavorare”. All’inizio eravamo 8 e oggi, dopo due anni, l’organico dell’azienda è salito a 18 artigiane con una produzione crescente. Oggi sento di essere parte di un grande progetto che mi coinvolge con tante altre persone calchaquies. Abbiamo ritrovato la nostra identità e, con quella, la speranza, la crescita culturale, la possibilità di lavoro per noi e per altri, e tutta la ricchezza delle origini del nostro popolo. Ora ci sentiamo persone utili non più umiliate, ma valorizzate e capaci di esprimere il proprio pensiero. (altro…)
Set 28, 2006 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Mary: «Gerry e io ci siamo sposati nel 1992 e siamo andati a vivere nell’Irlanda del Nord, un paese profondamente diviso per motivazioni religiose e politiche. Per anni i conflitti sono stati violenti, con molti morti e tante ferite ancora aperte. Sono un medico e prima del matrimonio avevo vissuto due anni a Fontem, la cittadella internazionale del Movimento in Camerun. Lì la spiritualità dell’unità con persone di diverse fedi, tribù e razze è diventata una realtà e questa esperienza mi è stata di grande aiuto in Irlanda del Nord. Nel quartiere dove abitavamo, infatti, era netto il confine tra la comunità cattolica e quella protestante: una strada divideva il piccolo paese di 160 case in due parti». Gerry: «Da anni non c’era alcun contatto tra cattolici e protestanti: pub separati (uno cattolico e uno protestante), scuole distinte e poi le chiese, le sale per il Vangelo e i centri sportivi erano rigorosamente divisi tra le due parti. Il problema politico irlandese era così radicato nella mente e nei cuori delle persone, che le rendeva incapaci di andare avanti, rassegnati al fatto che niente potesse cambiare. Molte iniziative politiche erano state tentate, ma erano fallite. Due anni dopo il nostro arrivo, siamo stati invitati a un incontro della comunità locale del Movimento dei Focolari, aperto sia ai cattolici sia ai protestanti, per proporre attività per i giovani del paese. L’incontro avveniva mentre le opposte fazioni politiche nord-irlandesi si apprestavano a cessare il fuoco. C’era grande speranza e, in certo modo, anche il nostro incontro poteva dirsi storico. I partecipanti erano tutte persone del posto, che però non si conoscevano. C’erano due sole persone che venivano da fuori: un inglese, protestante, che lavorava nella zona e Mary, cattolica, della Repubblica irlandese. Quella sera nacque un’associazione: l’inglese fu eletto presidente e Mary segretaria. Ancora oggi, dopo 12 anni, Mary ricopre questo incarico. Negli anni abbiamo realizzato tante iniziative per i bambini, per la comunità e per gli anziani. Con uno sforzo immenso si è costruita una comunità unita, ma a volte ciò è stato difficilissimo». Mary: «La forza che ci veniva dal vivere il Vangelo ci ha aiutato a superare le difficoltà e a costruire giorno per giorno la pace. Siamo stati anche sostenuti da enti governativi che hanno finanziato molti progetti. Un giorno due politici di partiti opposti mi hanno proposto l’idea di costruire un centro comune che potesse essere usato sia dai protestanti, sia dai cattolici. C’era un edificio abbandonato, in una meravigliosa posizione, che poteva essere ristrutturato. Abbiamo lavorato quattro anni per realizzare questo progetto. Poco prima del completamento, però, c’è stato un attentato alla scuola elementare cattolica, dove andavano i nostri quattro figli. Il clima è tornato a irrigidirsi e la situazione era così delicata che il nostro ufficio di comunità fu incendiato. Due importanti edifici della nostra piccola comunità sono andati distrutti. Abbiamo avuto paura, non lo nego, ma il Vangelo ci ha dato la libertà di ricominciare a lottare, rinnovando l’impegno di dare la vita, per arrivare alla pace e alla fratellanza. Il lavoro del nuovo centro è ripreso, ma proprio quando eravamo pronti a fissare una data per la sua apertura, è sopraggiunto un altro problema. I lampioni per l’illuminazione stradale erano stati addobbati con bandiere di un gruppo politico. Nessuno voleva togliere le bandiere, temendo reazioni. Gerry ha incontrato uno dei capi di quel gruppo, con cui avevamo già costruito un rapporto. Quella persona era sconvolta perché, proprio pochi giorni prima, aveva ricevuto una minaccia di morte. Ho sentito che dovevo accantonare le mie richieste per ascoltarlo e lasciargli esprimere la sua preoccupazione per questa situazione inaspettata. Poi mi ha chiesto perché ero andato lì. Alla mia richiesta, lui mi ha assicurato che avrebbe fatto il possibile per risolvere il problema. Dopo alcuni giorni, infatti, il nuovo centro è stato aperto e la minaccia non è stata attuata. In questa occasione abbiamo sentito di non essere soli: Qualcuno lassù, Dio Padre, ci seguiva col Suo amore». (M. e G. B. – Irlanda) (altro…)
Set 28, 2006 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Dieci anni fa alcuni membri del Movimento dei Focolari di Città del Messico sono venuti a trovare la nostra comunità indigena del monte Huasteca di Santa Cruz, formata da circa 3000 persone. Sono 32 le comunità indigene di quella zona, immersa tra colline verdi e boschi, ma senza vie di accesso per le auto. Le uniche strade che portano alle comunità si raggiungono a piedi. A causa di questo isolamento, spesso ci siamo trovati di fronte a numerose difficoltà, soprattutto di carattere sanitario, ecco perché sono nate le “brigate sanitarie”, formate da medici, infermieri e membri del Movimento dei Focolari che partono da Città del Messico e arrivano, fin dove la strada lo permette, in pullman o in camion. Da lì proseguono a piedi o a cavallo per portare medicine, cibo e vestiti. In questi anni a Santa Cruz è sorta una bella comunità dei Focolari, con profondi rapporti di fraternità tra noi indigeni, bianchi e meticci. Anche Marcelino fa parte della comunità indigena ed è, come me, un volontario. La spiritualità dell’unità ha cambiato la nostra vita radicalmente, rinnovandoci come uomini. L’amore di Dio, arrivato come un vento fresco, ci ha spinti a concepire la vita come dono per gli altri. Marcelino, per un anno è stato eletto responsabile della comunità di Santa Cruz. Era sorpreso e indeciso: sua moglie non voleva che accettasse, perché il responsabile della comunità non riceve alcuno stipendio per tale servizio, il che significava una grande perdita economica per la loro famiglia. Sentiva, però, che Dio gli chiedeva una nuova scelta di Lui, più radicale, e come volontario non poteva tirarsi indietro. Ne ha parlato con sua moglie e insieme hanno deciso che avrebbe accettato l’incarico e che avrebbero lavorato il doppio per mantenere la loro famiglia. Per questo incarico si sarebbe occupato dello sviluppo economico, religioso, culturale, di questioni legali e dei rapporti della nostra comunità con una cittadina vicina. Ha cercato la collaborazione tra tutti e ha scelto me come consigliere di fiducia, per portare avanti queste attività con Gesù in mezzo a noi. La nostra avventura insieme è iniziata proponendo al sindaco della cittadina di visitare la comunità. E’ rimasto talmente colpito dall’accoglienza cordiale, che ci ha assicurato la pavimentazione in cemento di alcune strade e di 152 piccole case. Immaginate la nostra gioia, dal momento che le strade sono di terra e diventano inaccessibili quando piove. Dopo alcuni mesi, però, le opere non erano ancora avviate. Ci sentivamo delusi, traditi, ma siamo andati avanti. Abbiamo deciso di incontrare il sindaco per avere chiarimenti, ma sembrava che avesse sempre impegni e non ci riceveva. Eravamo decisi a non mollare, perché sostenuti da Qualcuno lassù, certi che ci avrebbe accompagnato in ogni passo. Ci siamo messi davanti alla sede del municipio, senza fare confusione, ma non ci siamo mossi dal portone finché non gli abbiamo parlato. Finalmente, per la nostra insistenza, il sindaco ha dato il via ai lavori. Sì, molti. Il primo frutto è stato constatare quanto fosse maturata la nostra comunità. Questo è stato riconosciuto in occasione di un fatto che ha scosso tanto l’opinione pubblica: l’assassinio di un politico della nostra Regione in seguito a forti tensioni tra opposizione e maggioranza. Successivamente, in una riunione con i rappresentati politici locali e delle altre comunità indigene, la nostra comunità è stata portata come esempio di convivenza civile e democratica, per come aveva operato in quei difficili momenti. (A. L. – Messico) (altro…)
Set 28, 2006 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale
Sono stata Procuratore generale, specializzata in antinarcotici, in Colombia, per circa 11 anni. Ho dovuto seguire numerosi casi contro il crimine organizzato, per il 98% con risultati positivi. Sempre sono stata consapevole che ogni reato riguardava la vita di un uomo e di una famiglia, che esigono rispetto, amore, considerazione, malgrado la gravità, penalmente rilevante, degli atti commessi. Mi sentivo felice in un compito che mi dava la possibilità di fare una esperienza continua di Dio. Nello stesso tempo ero realizzata personalmente e professionalmente, oltre ad avere una sicurezza economica. Contavo poi su un’eccellente squadra di lavoro, esperti investigatori con grandi valori umani e professionali. La corruzione, però, cercava d’infiltrarsi più che mai in tutte le istituzioni pubbliche, soprattutto tra gli operatori della giustizia. Il mio agire radicale e retto coinvolgeva tutto il gruppo di lavoro, per questo le investigazioni avvenivano nel pieno rispetto della legge. Un giorno abbiamo “toccato” qualcuno che si considerava intoccabile. L’offerta non si è fatta attendere: vari milioni, che potevano assicurare tanta serenità a livello economico. Non potevo, né volevo cedere né potevo far finta di niente. Da quel momento le cose sono cambiate per me, sul lavoro, in famiglia e nella vita quotidiana. Di fronte al rifiuto sono arrivate minacce, pressioni da parte dei superiori e infine il licenziamento, insieme a uno dei miei migliori investigatori che, come me, non aveva ceduto alla corruzione. Nel cuore ho provato tanta amarezza, sfiducia e delusione. Vivevo da sola con i miei figli perché, mio marito anni prima mi aveva abbandonato. Guardando i miei due figli, indifesi, ho pensato che tutto è permesso da Dio per la nostra santificazione. Sentivo che stavo pagando il prezzo per rimanere nella retta strada. D’accordo con i figli ci siamo proposti di ridurre tutte le spese. Eravamo sereni perché sicuri dell’immenso amore di Dio. Ho chiesto a Dio la forza necessaria per perdonare quelli che mi costringevano a cambiare il tenore di vita che avevo condotto fino a quel momento. Sforzandomi di vivere “un’amnistia completa nel cuore”, ho trovato la vera libertà e la forza di ricominciare. Con il denaro che mi restava dalla liquidazione e qualche risparmio ho acquistato un pulmino scolastico. La mia giornata, come autista, iniziava alle 4.45 per trasportare i bambini delle scuole. Mi costava attraversare i luoghi dove sapevo di poter incontrare i miei precedenti colleghi o i superiori. Rapidamente era circolata la notizia che “il Procuratore, chiamato ‘la dama di ferro’, faceva l’autista”. Alcune risate e commenti spiacevoli sono arrivati anche alle mie orecchie. Dopo circa un anno un professionista, che conoscevo, mi ha chiesto di collaborare per la preparazione di un lavoro per l’Ufficio dell’ONU contro la droga. Ciò mi ha permesso di rientrare nuovamente nel campo della mia specializzazione seppure con un compenso minimo, collaborando con operatori di tutta l’America Latina e dei Caraibi. L’Organismo internazionale ha apprezzato la mia professionalità e serietà e mi ha assunto con uno stipendio mensile dignitoso. Sto ora dando lavoro anche ai miei colleghi della Procura. All’inizio avevo timore di affrontarli, conoscendo il loro modo scorretto di agire e gli apprezzamenti su di me. Ho supplicato la Madonna di colmarmi dell’umiltà necessaria per dimenticare il passato e non giudicare. Non è stato facile ma sento molto forte l’amore di Dio per me e per la mia famiglia. (D. L. – Colombia) (altro…)
Set 28, 2006 | Focolari nel Mondo
Quando anni fa ho iniziato a lavorare in un centro di riabilitazione, ero da sola e cercavo di vivere il Vangelo cercando di vedere Gesù nel fratello, sia nel paziente sia nel collega. Nel giro di qualche mese ho approfondito la conoscenza di una collega, che stava vivendo un momento difficile, perché aveva deciso di separarsi dal marito. Ho cercato di volerle bene, così, a poco a poco, ha voluto sapere perché mi fermavo fuori dell’orario di lavoro per stare ad ascoltarla. Con mio marito abbiamo cercato di coinvolgere anche suo marito. Condivide ora con me l’impegno di volontaria. Eravamo finalmente in due: ogni mattina offrivamo a Gesù tutte le difficoltà, cercavamo di vedere le cose insieme. A noi poi, si sono aggiunte altre persone. Questo spirito stava trasformando anche il nostro operato nell’ambiente di lavoro: sentivamo che dovevamo porre al centro della nostra attività di riabilitazione il paziente. Un giorno il primario, che aveva notato il nuovo stile di lavoro, mi ha chiesto se ero disposta a trasferirmi con lui per costituire un nuovo Polo riabilitativo in un paese dell’Italia del Nord, esprimendo il desiderio che venissero anche altri della nostro gruppo. Ci siamo confrontati insieme e abbiamo capito che poteva essere un’occasione per realizzare quel sogno che avevamo nel cassetto: la persona disabile, insieme alla sua famiglia e alla comunità circostante, protagonista del processo riabilitativo. Così abbiamo aderito alla proposta, anche se per noi significava andare a lavorare più lontano. Dopo un periodo in cui le difficoltà per allestire il nuovo centro non sono mancate, le cose vanno bene. Gli echi sono più che positivi, anche sui mass media. Sono responsabile dell’area riabilitativa, coordino più di un centinaio di operatori tra fisioterapisti, logopedisti, terapisti occupazionali e terapisti dell’età evolutiva e, con il contributo degli altri membri della cellula, che nel frattempo è arrivata a trenta persone, cerco di trasmettere alcune linee fondanti, come il fatto che il progetto riabilitativo deve tener conto, per ogni paziente, dei suoi bisogni e delle sue preferenze, perché è importante privilegiare il rapporto con lui. (M. D. – Italia) (altro…)
Set 28, 2006 | Focolari nel Mondo
Sono medico, specialista in malattie infettive, e sono in contatto con i pazienti sieropositivi e malati di AIDS da 23 anni. Sono il referente per questa patologia nell’ospedale dove lavoro a Kinshasa, la capitale del Congo. Ho imparato molto presto nella vita a partecipare alla trasformazione della società nella quale vivo. Creare una società nuova e giusta, nella quale l’uomo è al centro delle preoccupazioni di tutti i membri della comunità, è stato così uno degli obiettivi della mia vita. Ho dunque deciso di fare il medico per mettermi al servizio dei miei fratelli. Terminati gli studi di medicina, mi sono trovato ad affrontare una grande sfida: le condizioni di lavoro erano sempre più degradanti, gli stipendi insignificanti. Le condizioni materiali del medico non portavano a una coscienza professionale e all’onestà. Per sopravvivere bene bisognava lavorare in organismi internazionali o in cliniche private . Molti miei colleghi medici sono emigrati in Europa o negli Stati Uniti. Ad un certo punto sono stato tentato anch’io di emigrare. Dopo aver riflettuto con mia moglie, abbiamo deciso di restare nel Paese, accettando la situazione: malati poveri, condizioni difficili di lavoro, mancanza di materiale e a volte tentativi di corruzione. Ciò che mi dava coraggio era lavorare insieme a medici del Movimento e ad altri che, come me, sentivano di mettere il malato al primo posto. All’inizio eravamo spaventati dalla possibilità di essere contagiati dal virus: le scarse condizioni igieniche e le strutture sanitarie carenti non ci davano alcuna garanzia. In quel periodo il nostro Paese era in piena crisi socio-economica e politica. Non ricevevamo più aiuti dalla cooperazione internazionale. Poi è scoppiata la guerra con il carico di drammi che ogni conflitto porta con sé. Avevamo grandi difficoltà a curare i malati di AIDS, ma abbiamo continuato ed è stata davvero l’occasione di vivere concretamente l’amore. La nostra azione si è concretizzata in alcune attività dirette alla cura dell’AIDS e alla prevenzione. Per la cura dei malati, con l’aiuto dell’Associazione Mondo Unito è stato possibile costruire una struttura sanitaria completa di laboratorio di analisi. Inoltre è stato avviato un programma di cura a base di farmaci specifici, finalmente disponibili anche in Africa e garantiti a tutti, anche ai più poveri. Tutto ciò è stato il frutto di recenti scelte da parte dell’ONU nelle strategie di lotta contro l’AIDS. Per la prevenzione è stata avviata in maniera sistematica la formazione di educatori e divulgatori con il compito di intervenire sul piano psicologico, sociologico e morale presso i giovani e le famiglie, al fine di operare nella popolazione un cambiamento di comportamenti. Il contenuto principale dei corsi consiste nel dare informazioni complete e corrette sulla trasmissione e prevenzione della malattia. Alcuni pensano infatti che il virus provenga da manipolazioni di laboratorio, altri ne vedono l’origine in Dio a causa del peccato, quasi una sorta di punizione. Queste concezioni, spesso legate alla cultura africana, sono molto difficili da sradicare. Per questo si cerca di approfondire l’origine della malattia, gli effetti del virus sul sistema immunitario e i mezzi di prevenzione dell’AIDS. Oltre allo sviluppo di attività produttive per migliorare l’alimentazione di base, si è cercato anche di garantire un sostegno psico-sociale ai malati e alle loro famiglie. (M. M. – Congo) (altro…)
Set 21, 2006 | Ecumenismo
Di fronte a un mondo lacerato da molteplici conflitti politici, etnici e religiosi oggi in corso, 45 Vescovi di varie Chiese, amici del Movimento dei Focolari, provenienti da 20 Paesi, dall’Etiopia alla Finlandia, dall’Australia all’India, dal Sud e dal Nord-America, stanno testimoniando in questi giorni col loro incontro che la comunione, nel rispetto della diversità delle varie tradizioni, è possibile, anzi, è per i cristiani, oggi più che mai, un dovere. Questo 25° Convegno ecumenico di Vescovi, tra i quali un vescovo del Libano appena uscito dalla guerra, si svolge dal 20 al 27 settembre al Centro Mariapoli di Castelgandolfo nell’intento di approfondire – come proposto dal tema – l’amore per Cristo crocifisso e abbandonato quale via indispensabile per avanzare verso la piena comunione visibile fra i cristiani, e per promuovere nel mondo la fratellanza universale. I vescovi quest’anno hanno voluto ritrovarsi vicino a Roma, per poter avere un contatto diretto con S.S. il Papa Benedetto XVI. Negli anni scorsi si erano radunati in luoghi altamente significativi, come a Istanbul dove i Vescovi avevano potuto incontrare il Patriarca ecumenico Bartolomeo I, ed a Bucarest nel Patriarcato Rumeno ortodosso dove erano stati accolti dal Patriarca Teoctist. L’attuale gruppo di Vescovi, appartiene a 22 Chiese e Comunità ecclesiali dell’Oriente e dell’Occidente. Il Papa li aspetta domenica a mezzogiorno per la preghiera dell’Angelus e per un saluto personale. Il Card. Walter Kasper, Presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei Cristiani, appena reduce dalla prima sessione plenaria della Commissione internazionale con cui in questi giorni è stato riavviato a Belgrado il dialogo internazionale tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, martedì prossimo parlerà ai Vescovi su: “Cambiamenti nella scena ecumenica con particolare riferimento all’ortodossia”. Un contributo molto atteso verrà da una riflessione di Chiara Lubich, fondatrice e presidente del Movimento dei Focolari, che affronta il passaggio dalla “notte collettiva e culturale”, che si è abbattuta oggi su vaste aree della società, ad una rinnovata presenza di Cristo in mezzo a uomini e donne, capace di suscitare fra singoli e popoli un’onda d’amore, di condivisione e di partecipazione. La visita alle Catacombe, simbolo delle comuni radici della Cristianità indivisa, e l’incontro con le varie Comunità presenti a Roma – cattolica, ortodossa, anglicana, evangelico luterana – saranno ulteriori stimoli per proseguire nel cammino verso una più profonda comunione ed una testimonianza coerente e convincente di fronte al mondo. L’intero Convegno sarà permeato dalla “spiritualità dell’unità”, tipica del Movimento dei Focolari, accolta dai fedeli delle diverse Chiese come spiritualità ecumenica, che contribuisce a istaurare un “Dialogo della vita” fra singoli, comunità, gruppi e Movimenti. Questi Convegni, sostenuti sin dall’inizio dalla benedizione dei rispettivi capi di Chiese – sulla base dell’impegno a mettere in pratica il Vangelo e, primo fra tutti, il Comandamento nuovo di Gesù (cf Gv 13, 34) – promuovono fra Responsabili di varie Chiese uno spirito di comunione che, specialmente negli ultimi anni, si ripercuote sempre più nella Cristianità. (altro…)
Set 17, 2006 | Sociale
Con una consegna impegnativa, proiettata al futuro, al 2009, si è conclusa la grande manifestazione di Budapest: “Adesso la sfida passa ad ognuno di noi: i nostri paesi, le nostre città ci aspettano!”. Valeria Ronchetti e Giuseppe Di Giacomo, tra i più stretti collaboratori della fondatrice dei Focolari annunciano: “Chiara Lubich ha avuto un’idea: perché non collegare tra tre anni, in un preciso giorno del 2009, tutte le nostre città in una rete che mostri i tanti frammenti di fraternità realizzata?”. Già la manifestazione ha un titolo: “Tante città unite verso il mondo unito”. Una proposta accolta con grande entusiasmo. Si apre dunque un nuovo scenario, dopo aver mostrato, nel corso della manifestazione di Budapest, quale possa essere l’impatto innovativo della fraternità nel mondo economico (presentato nella mattinata) e i tentativi di risposta alle sfide poste dalla comunicazione, alla piaga diffusa della illegalità e corruzione, alla crisi della politica (nella seconda parte della giornata). La fraternità, come antidoto alla diffusa pratica dell’illegalità e della corruzione è stata al centro della tavola rotonda dedicata al diritto. Simone Borg, docente di diritto internazionale all’Università di Lovanio in Belgio aveva parlato della giustizia non come sola repressione. Il senso della fraternità – aveva detto – sollecita a farsi carico delle situazioni di sofferenza sociale, adoperarsi per eliminarne le cause, non tacere davanti alle ingiustizie. Vie non facili, ma percorribili. Come ha dimostrato Marisa Gentiletti, argentina, laureata, madre di due figli, che ha visto scomparire il nipotino di 8 anni. In un Paese dove è in atto un vuoto legale che non garantisce l’immediato intervento della polizia, Marisa ha messo in moto una vasta campagna di coscientizzazione ed iniziative concrete in difesa dei minori che ha investito opinione pubblica, istituzioni e polizia. Comunicazione. Fraternità, in questo campo cruciale, significa un modello di comunicazione che ha come obiettivo il mondo unito. Il presupposto è il valore della dignità umana; il metodo è il dialogo, la regola è l’amore che può trasformare radicalmente la comunicazione. Questi alcuni tratti delineati da Manuel Bru, docente presso l’Università San Pablo – CEU di Madrid, Spagna. Tra le applicazioni sul campo: Geert Vanoverschelde, belga, tra i responsabili di un’importante azienda di produzione televisiva, ha mostrato come è possibile coniugare qualità, programmi positivi e successo di audience.
La fraternità apre un nuovo orizzonte anche al mondo della politica. E’ questa l’esperienza del Movimento politico per l’unità (Mppu), oggi presente in 15 Paesi, definito “un laboratorio internazionale di lavoro politico comune, tra cittadini, funzionari, studiosi, politici impegnati a vari livelli, di ispirazioni e partiti diversi, che mettono la fraternità a base della loro vita”. E’ Lucia Fronza Crepaz, già deputato al parlamento italiano e presidente del Mppu, che ne illustra scopi e concretizzazioni. Tra le varie testimonianze, di particolare rilievo quella di Cesar Romero, consulente dei programmi di sviluppo per i contadini del Paraguay, impegnato a sanare le forti disparità sociali. Attraverso il Movimento politico per l’unità è giunto a far mettere in atto un protocollo d’intesa e di gemellaggio per sostenere e promuovere uno scambio di politiche di sviluppo locale, a cui hanno aderito 22 città. Significativa la coreografia finale, dal titolo “L’alba sulla città”. Da questa città di Budapest, che nel ’56 aveva vissuto ore drammatiche segnate dalla violenza, a distanza di 50 anni, parte un nuovo impulso di rinnovamento, di fraternità, di speranza che si irradierà nelle moltissime città dei 92 Paesi dei 5 continenti qui rappresentate. (altro…)
Set 15, 2006 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale
“Nel mondo segnato oggi da drammatiche tensioni, il Movimento dei Focolari intende proporre, anche con questa iniziativa, la fraternità come possibile via da percorrere per giungere alla pace”. E’ con un messaggio di Papa Benedetto XVI letto dal Card. Petér Erdõ, arcivescovo di Budapest e Primate d’Ungheria che, nello SportArena di Budapest gremito da oltre 11.000 persone provenienti da 92 Paesi, si apre la grande manifestazione che con idee, esperienze ed iniziative concrete, propone la fraternità in risposta alle molte sfide di oggi. Il Papa incoraggia “a proseguire l’opera fin qui svolta con tanto frutto, incarnando nella realtà di ogni giorno il Vangelo dell’amore”. Nel modernissimo palazzetto ungherese sono presenti, tra i seguaci di altre religioni, un folto gruppo di musulmani provenienti dall’Algeria, cristiani di diverse denominazioni, e membri di 13 altri movimenti e nuove comunità cattoliche, personalità civili e religiose, come il vicepresidente del Parlamento ungherese, Péter Harrach. Questo evento fa seguito alla “due giorni” che aveva visto riuniti nella capitale magiara oltre 9000 “volontari di Dio”, diramazione dei Focolari impegnati al rinnovamento della società, in occasione del 50° della loro nascita, in risposta ai tragici “fatti di Budapest”. A distanza di 50 anni da quegli eventi, la fondatrice dei Focolari dà una lettura dell’attuale situazione mondiale: vi coglie i segni di un’umanità avvolta da una “notte oscura culturale collettiva”. Nel messaggio letto da una delle sue prime compagne, Valeria Ronchetti, Chiara Lubich parla di “una notte calata sempre più sull’umanità, specie sull’Occidente”, dove predomina il relativismo e l’etica non è più in grado di governare il ritmo vertiginoso delle scoperte scientifiche e tecnologiche. Un Occidente alla ricerca di “idee forti, di un ideale che apra una via per dare una risposta alle numerose domande angosciose, che mostri una luce da seguire”. Facendo eco a Giovanni Paolo II, Chiara indica la via nel “dramma di un Dio che grida: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. “E’ la sua passione interiore, è la sua notte più nera, è il culmine dei suoi dolori”. Un dramma che apre prospettive di luce: “Se riusciamo ad incontrare Lui in ogni dolore, se Lo amiamo, rivolgendoci al Padre come Gesù sulla croce: ‘Nelle tue mani, Signore, consegno il mio spirito’ (Lc 23,46), allora con Lui la notte sarà un passato, la luce ci illuminerà”. “Il Movimento – ha aggiunto – porta con sé una ricchissima esperienza”, che in questi ultimi anni ha avuto nuovi sviluppi.
Chiara parla di “‘inondazioni’ di luce” – per usare un termine di Giovanni Crisostomo, grande Padre della Chiesa – che illuminano la cultura di oggi nei suoi vari aspetti”, frutto del “dialogo che il Movimento dei Focolari sta, da qualche tempo, intavolando fra la sapienza, che offre il carisma dell’unità, e i diversi ambiti del sapere e del vivere umano”: dalla politica all’ecologia, dalla comunicazione alla salute, diritto ed economia. Sviluppo suscitato dall’azione dello Spirito che “proprio in questo tempo, è stato generoso, irrompendo nella famiglia umana con vari carismi da cui sono nati movimenti, correnti spirituali, nuove comunità, nuove opere.” Non è una novità che “esperienze civili ed economiche siano originate da correnti spirituali nate da carismi. La storia dell’umanità ne è costellata”. Così Luigino Bruni, docente di economia politica all’Università degli Studi di Milano Bicocca (Italia), introduce la prima delle quattro tavole rotonde, che affronteranno le sfide poste da economia, giustizia, comunicazione e politica. E’ davanti allo “scandalo di un mondo fatto di lussuosi grattacieli e baracche disumane”, durante un viaggio di Chiara Lubich a San Paolo in Brasile nel ’91, che “si accende la scintilla ispiratrice di quella che subito viene chiamata Economia di Comunione”. Ne diventano protagoniste centinaia di “imprese moderne efficienti, che operano all’interno dell’economia di mercato”, dando vita anche a poli imprenditoriali. La novità: destinano gli utili per la crescita dell’impresa e quindi la creazione di posti di lavoro, per formare uomini nuovi atti a questa nuova cultura; per sovvenire chi è in situazioni di bisogno immediato. Non solo. L’intero “stile di agire economico e di gestione aziendale è ispirato alla comunione”. Scopo: arrivare a che nessuno sia nel bisogno. “Una novità di vita, ma anche di pensiero, novità dottrinale”. Ne parla Kelen Leite del Brasile, giovane ricercatrice, una dei circa 200 giovani che hanno pubblicato tesi di dottorato sull’Economia di Comunione. “Ed ora – afferma – alcune università insegnano questa materia accanto ai nuovi modelli di economia sociale e civile”. Alla prova dei fatti: anche durante la grave crisi economica che nel ’97 ha scosso tutta l’Asia, una banca rurale filippina, nata a sostegno dei contadini, gestita secondo i criteri dell’Edc, non solo è sopravvissuta, ma ha avuto l’ardire di attuare un progetto di micro-finanza o prestito ai poveri senza garanzia. Ne è nata una nuova Agenzia di Credito tuttora fiorente. E’ quanto testimoniano Tess e Francis Ganzon, del Consiglio di Amministrazione del Bangko Kabayan. Il progetto “Fraternità con l’Africa” – Una possibilità aperta a tutti per contribuire ad una nuova economia. Il progetto, presentato a fine mattinata, ha lo scopo di far crescere risorse umane e professionali in Africa, affinché siano gli africani stessi a contribuire allo sviluppo sociale e culturale del proprio Paese. Saranno assegnate a giovani e adulti africani, privi di mezzi, borse di studio a livello universitario o per corsi di specializzazione professionale: coloro che usufruiranno di tali contributi si impegneranno, a studi terminati, a lavorare, almeno per un periodo, nel proprio Paese. Nel pomeriggio verranno affrontate le altre tre sfide poste dai mondi della giustizia, comunicazione, politica. (altro…)
Set 14, 2006 | Sociale
A Budapest, sabato 16 settembre, si mostrerà la novità di vita e di pensiero che sta emergendo nel mondo dell’economia, del diritto, della comunicazione e della politica.
Una novità che ha radice nel primato di Dio, nella radicalità del Vangelo, vissuto nel quotidiano da migliaia di persone nei diversi contesti culturali, suscitata dal carisma dell’unità dei Focolari. In prima fila “i volontari di Dio”, (diramazione dei Focolari) impegnati nel rinnovamento della società. In un clima di festa è iniziata la due giorni (14-15 settembre), titolata “50 anni al servizio dell’umanità”, che li ha riuniti, in 9000 da tutto il mondo nel modernissimo palazzetto “SportArena” della capitale magiara, per un ritorno alle radici della loro storia e un rilancio del loro impegno di rinnovamento della società. Budapest 1956 – Le loro radici affondano in un momento storico drammatico rivissuto con emozione in apertura dell’incontro: l’invasione delle truppe russe che nel novembre 1956 soffocano l’anelito di libertà del popolo ungherese. Allo Sportarena è risuonata la voce di Pio XII che in un radiomessaggio aveva lanciato l’appello di riportare ‘nei Parlamenti, nelle case e nelle officine, Dio, fonte di ogni diritto, giustizia e libertà’. Sono state ricordate le parole di Chiara Lubich, nel dare inizio all’avventura dei volontari e delle volontarie: “C’è stata una società capace di togliere il nome di Dio (…) dal cuore degli uomini. Ci deve essere una società capace di rimetterlo al suo posto. Occorrono discepoli di Gesù autentici, un esercito di volontari, perché l’amore è libero”. Budapest 2006 – Chiara Lubich, in un messaggio, ricordando queste radici, ha tracciato l’identikit del volontario oggi, mostrando una singolare sintonia con Papa Benedetto XVI, con il suo richiamo di questi giorni, a Monaco, a rispondere alle sfide dell’attuale momento storico che più che mai ha bisogno di Dio, e a fare di lui “la forza determinante per la nostra vita e il nostro agire”, “perché la giustizia e l’amore diventino forze decisive nell’ordine del mondo”. Chiara ha ricordato la meta da lei proposta 50 anni or sono: “fare un blocco di uomini di tutte le età, razze, condizioni, legati dal vincolo più forte che esiste: l’amore reciproco, amore che fonde i Cristiani in un’unità divina”. Meta che definisce attuale “in società sconvolte come sono le nostre, eppure piene di aneliti e di potenzialità”. Dei volontari, che – in quanto laici – vivono “nelle ordinarie condizioni della vita familiare, lavorativa e sociale”, Chiara sottolinea la vocazione “così totalitaria, così libera, così essenziale” che li chiama, oggi, “nel XXI secolo, ad emulare i primi cristiani”, ad “edificare, come il fermento nella pasta, ‘cieli nuovi e terre nuove’ “, rinnovate dalla luce del Vangelo. Sono state poi ripercorse le tappe salienti della storia dei volontari, del cammino che ha precisato la loro specifica vocazione. Ne sono stati ricordati i prodromi che risalgono agli anni ’40, agli inizi dei Focolari, quando Chiara Lubich aveva iniziato la sua avventura spirituale insieme alle sue prime compagne proprio tra i più poveri, con la mira di risolvere il problema sociale di Trento, e con la certezza che “la rivoluzione evangelica è la più potente rivoluzione sociale”. Sono poi state presentate le figure dei pionieri dei “volontari di Dio”, testimoni di un grande amore per l’umanità e della capacità di costruire, nell’ambiente dove ciascuno ha vissuto, brani autentici di “fraternità nel sociale”. Seguiranno in questi giorni le testimonianze che apriranno spaccati di vita dai quali emergerà l’impatto nel sociale del Vangelo vissuto nel quotidiano, nei più diversi contesti culturali. Dati relativi alla manifestazione: – 11.700 i partecipanti da 92 Paesi di 5 continenti. Oltre 3800 dall’Italia, circa 600 dall’Asia, 170 dal Medio Oriente, più di 1300 dalle Americhe, 130 dall’Africa, 40 dall’Australia. Rappresentanza di: – 13 movimenti ecclesiali e nuove comunità, – cristiani di diverse Chiese – seguaci dell’Islam e di altre religioni Tra le personalità civili e religiose attese per il 16: Il Primate d’Ungheria, Arcivescovo di Esztergom-Budapest, Presidente della Conferenza Episcopale, Card. Péter Erdõ Il Vicepresidente del Parlamento, Péter Harrach L’Ambasciatore d’Italia in Ungheria, Paolo Guido Spinelli Il Segretario generale della Chiesa Riformata di Ungheria, Zoltán Tarr Il Presidente della Chiesa evangelica di Ungheria, vescovo János Ittzés (altro…)
Set 7, 2006 | Sociale
A Budapest saranno presentate molte testimonianze di laici, “i volontari” dei Focolari, che mostreranno l’incidenza nel sociale del Vangelo vissuto con radicalità nel quotidiano, lì dove ciascuno vive: nella propria città, famiglia, nel proprio ambiente di lavoro. Molte volte l’attenzione verso i bisogni della singola persona può far nascere opere sociali a beneficio di molti. E’ quanto è avvenuto a Milano, sul fronte degli immigrati. Venti anni fa nasce il “mondialito”, torneo di calcio che in soli 6 anni riunirà circa 500 persone tra studenti e lavoratori, di 24 nazioni europee ed extraeuropee. Attorno a loro sono migliaia i parenti e amici che imparano a frequentarsi e a fare amicizia. La storia dell’Associazione Arcobaleno inizia così, per iniziativa di alcuni giovani milanesi del Movimento dei Focolari. Negli anni ’90 i forti flussi migratori pongono una serie di nuovi problemi che richiedono risposte adeguate. Giovani volontari si sentono interpellati dalle parole del Vangelo: “Ero forestiero e mi avete ospitato”. Così, aprendo il loro cuore, mettono tutte le forze per allargare l’iniziativa. Dallo sport, all’aiuto concreto: numerose famiglie dei Focolari aprono le proprie case e offrono ospitalità a persone straniere. Nel 1991 nove ragazzi fuggiti dalle carceri albanesi e rifugiatisi in Italia, sono stati seguiti per un lungo periodo, perché si inserissero nel mondo del lavoro e riacquistassero la loro dignità. La vigilia di Natale 1992 suonano alla porta di alcuni amici dei Focolari due signore albanesi: una violinista e l’altra casalinga in cerca di fortuna. La violinista verrà assunta nell’orchestra de “la Scala” e la casalinga troverà un lavoro e chiederà il ricongiungimento con le figlie e il marito. Nel 1993 arriva la famiglia M.: padre, madre e tre figli, il più grande di 8 anni, fuggiti dalla guerra in Bosnia. Per sei mesi condividono la vita dell’Associazione. Si cerca di farli sentire in famiglia sino a quando, con tutte le pratiche in regola, possono raggiungere i parenti in America. … H., marocchino, trovato a dormire davanti ad una chiesa viene aiutato ad integrarsi. L’Arcobaleno cresce piano piano: arrivano i collaboratori, gli obiettori di coscienza e i primi inviti, da parte delle istituzioni pubbliche di Milano, a promuovere la cultura dell’accoglienza, soprattutto nelle scuole, dalla materna alle superiori. Si entra nelle aule scolastiche con gli amici di varie etnie, che parlano della loro vita, delle loro esperienze, presentano le loro danze, i loro strumenti musicali e poi si mettono a disposizione per il dialogo con gli studenti. Si sviluppano numerosi servizi e iniziative che facilitano l’inserimento degli extracomunitari nella realtà sociale, culturale e lavorativa della città: si apre un Centro di ascolto, un servizio di guardaroba e di distribuzione di viveri e generi di prima necessità. Alcuni giovani volontari si specializzano nell’insegnamento della lingua italiana. Oggi sono circa 800 gli iscritti ai corsi. Gli insegnanti provengono da percorsi diversi, ma sono felici di fare questo cammino insieme. Con alcuni di loro è stato possibile redigere una grammatica italiana, ad uso interno, che ha ottenuto anche riconoscimenti da parte di insegnanti che operano in altre scuole. L’Associazione è stata anche per alcuni anni il collegamento con l’Ambasciata dello Sri Lanka a Roma, non essendo presente a Milano il consolato cingalese. L’Ambasciatore aveva autorizzato l’Arcobaleno a fare da tramite per permettere ai suoi concittadini di sbrigare le pratiche burocratiche anche a Milano. “L’ Arcobaleno è la mia casa”… “La vostra amicizia e questa casa mi aiutano a non perdere la mia identità”. Sono le espressioni di questi amici, libanesi, egiziani, mauriziani, cingalesi, eritrei, filippini, latino americani, slavi, pakistani, che esprimono gratitudine e speranza. Sempre più vero appare quello che Chiara Lubich ha detto nel 1992: “aprirsi alle ricchezze dei popoli diversi dal proprio non è forse creare uno spazio d’amore perché esse si manifestino liberamente e sempre più pienamente?.” Per le volontarie e i volontari, è riscoprire ogni volta l’amore di Dio che è Padre di tutti e spesso ci si accorge di avere molto da “imparare” dalle altre culture. E’ una gioia immensa scoprire che crescono la fraternità e la reciproca accoglienza al servizio dell’uomo. (altro…)
Set 7, 2006 | Focolari nel Mondo, Sociale
COMUNICATO STAMPA N. 1 – 21 luglio 2006 50 anni di servizio all’umanità Budapest – Palasport Arena – 14-15 settembre 2006 In 9000 dai 5 continenti per il 50° anniversario dei “Volontari di Dio” nati in risposta ai tragici “fatti di Ungheria” del 1956 Tante sfide, una proposta: la fraternità Budapest – Palasport Arena – 16 settembre Giornata aperta a tutti Attese altre 2000 persone provenienti soprattutto dall’Europa Centro-Orientale L’innovazione della fraternità nel diritto, economia, ecologia, comunicazione Un unico evento per: – un bilancio sull’incidenza di 50 anni impegnati nel rinnovamento della società – una proposta di speranza: la fraternità possibile nei vari ambiti – lancio di un progetto per l’Africa – concorso artistico sulla fraternità e premiazione I fatti di Ungheria A seguito del processo di destalinizzazione avviato da Nikita Kruscev in Russia, in Ungheria nel 1956 sorsero forti speranze di libertà. A Budapest in autunno ci furono manifestazioni popolari antigovernative, trasformate in insurrezione poi soffocata nel sangue dall’intervento delle truppe sovietiche. L’intervento del Papa Pio XII fece un intervento accorato alla radio per rispondere alla tragedia di quel popolo: “Dio! Risuoni questo ineffabile nome, fonte di ogni diritto, di ogni giustizia, di ogni libertà, nei parlamenti, sulle piazze, nelle abitazioni, nelle officine…” Chiara Lubich raccoglie l’appello “C’è stata una società capace di togliere il nome di Dio, ci deve essere una società capace di rimetterlo al suo posto. Occorrono discepoli di Gesù autentici nel mondo, un esercito di ‘volontari’, perché l’amore è libero”. Le sue parole suscitarono un’eco profonda nel cuore di molti. La nascita dei “Volontari di Dio” La risposta a questo appello è immediata: nascono i “Volontari di Dio” che formeranno una diramazione del Movimento dei Focolari impegnata nella trasformazione della società. Oggi sono circa 20.000, presenti in oltre 80 Paesi del mondo. Sono laici che avvertono la propria responsabilità di credenti per vivere nel quotidiano la spiritualità dell’unità, propria del Movimento dei Focolari, nei luoghi di lavoro, in famiglia, nei vari ambiti della società. 14-15 settembre a Budapest: 50 anni di servizio all’umanità – Volontarifest Significativa dunque la scelta di Budapest per il grande meeting che celebrerà il cinquantesimo della nascita dei “volontari”: in più di 9000 si riuniranno nel modernissimo Palasport “Arena” della capitale ungherese per tracciare un bilancio sull’incidenza della loro vita nel nord e sud del mondo, in risposta alla domanda di pace, di unità, di valori e di idealità così fortemente avvertite oggi in un mondo spesso lacerato da conflitti e paura del futuro. Sono giunte prenotazioni da 65 Paesi del mondo. Vi saranno traduzioni in 26 lingue. 16 settembre: Giornata della fraternità universale Una proposta in risposta alle tante sfide Sempre all’Arena altre 2.000 persone, provenienti soprattutto dai Paesi dell’Europa dell’Est, si uniranno a questo evento per una giornata aperta a coloro che desiderano conoscere quali risposte l’ideale dell’unità può dare alle sfide del mondo di oggi proponendo la fraternità universale. Si approfondiranno tematiche specifiche riguardanti il diritto, l’economia, l’ecologia, la comunicazione, corredate da testimonianze, alternate da performance artistiche. Un Concorso internazionale di arti visive dal titolo: Fraternità L’iniziativa, lanciata nel 2005, avrà a Budapest il suo momento di premiazione. Sarà occasione per gli artisti di presentare le loro opere nell’intento di esprimere fraternità e bellezza quali “segni di Dio”. Il progetto “Fraternità con l’Africa” Tale progetto ha lo scopo di far crescere risorse umane e professionali in Africa, affinché siano gli africani stessi a contribuire allo sviluppo sociale e culturale del proprio Paese. Saranno assegnate a giovani e adulti africani, privi di mezzi, borse di studio a livello universitario o per corsi di specializzazione professionale: coloro che usufruiranno di tali contributi si impegneranno, a studi terminati, a lavorare nel proprio Paese. Per maggiori informazioni: Ufficio Stampa: Alma Pizzi: 335-8092813 Anna Lisa Innocenti: 338-3944209 e-mail: press_budapest2006@yahoo.it (altro…)
Set 7, 2006 | Sociale
Diffusione via-satellite e internet. Gli squilibri prodotti dall’economia di mercato globalizzata, il diffuso deficit di legalità, la domanda di una politica a servizio del bene comune, di una comunicazione non asservita ai poteri economici e politici, sono tra le tante sfide che si presentano all’umanità in questo inizio del nuovo secolo. Da Budapest, quale risposta a queste sfide, verrà lanciata una proposta: la fraternità. Sarà presentata con fatti concreti, vissuti nei più diversi contesti culturali, dall’Europa dell’Est e Ovest, dall’America Latina, Asia e Africa e in vari ambiti della società: economia: verrà presentato il progetto “Economia di comunione” applicato alle imprese di produzione e servizio, e la visione culturale che la ispira; diritto: emergerà l’impatto della fraternità sulla questione cruciale della legalità; comunicazione: si evidenzieranno le potenzialità dei media nel comporre in unità, nella diversità, la famiglia umana; politica: si mostrerà l’impatto della fraternità sull’agire politico, quale fondamento e principio di libertà e uguaglianza. Azione Fraternità con l’Africa – Verrà lanciato a Budapest un progetto a favore dello sviluppo sociale e culturale del continente africano, attraverso borse di studio. Radici spirituali – Atteso il messaggio di Chiara Lubich, presidente e fondatrice dei Focolari, dal titolo: “La nostra risposta alla notte culturale e collettiva di oggi”. Lo spessore di vita e pensiero, che verrà presentato a Budapest, nasce dal contributo di migliaia di persone. In prima fila “i volontari di Dio”, laici impegnati con radicalità a vivere la rivoluzione del Vangelo sotto le diverse latitudini e nei più diversi ambienti. Nati su iniziativa di Chiara Lubich, 50 anni fa, in risposta al grido che saliva dal popolo ungherese al momento dell’invasione del loro Paese da parte delle truppe sovietiche, nel novembre 1956. Si riuniranno in 9000, nei due giorni precedenti la “giornata della fraternità”, per un ritorno alle radici della loro storia e un rilancio del loro impegno a favore della società. Per seguire in diretta l’avvenimento, che sarà diffuso in italiano, inglese, spagnolo e portoghese: http://budapest2006.focolare.org (altro…)
Set 4, 2006 | Focolari nel Mondo
Sono portatrice di handicap uditivi e visivi, risultato di una malattia che mia madre ha contratto durante la gravidanza. Man mano che crescevo, mi rendevo conto che ero diversa dagli altri. Mi sentivo emarginata e soffrivo molto. Volevo partecipare, aiutare, ma le persone attorno a me spesso mi mettevano da parte, dicevano che non ero capace e che non sarei mai riuscita. Ho incominciato a impegnarmi molto negli studi, pensando di essere accettata. Mancava ancora qualcosa e molte volte, piangendo, mi sono chiesta: “Perché è avvenuto tutto questo? Perché Dio ha voluto questo per me?” A 25 anni sono stata invitata a partecipare ad un incontro tenuto da un sacerdote per persone con difficoltà uditiva come me. Lui aveva in mano una pagina del Vangelo che cercava di spiegare con molta difficoltà perché non conosceva il linguaggio dei segni. Mi sono offerta di aiutarlo e ho illustrato le parole di Gesù: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”. Quando l’incontro si è concluso, ho riflettuto su quelle parole: dovevo incominciare ad amare come Gesù, a perdonare come Gesù. Ho conosciuto alcune persone del Movimento dei Focolari e ho iniziato a partecipare agli incontri, insieme ai giovani, cercando di mettere in pratica il Vangelo. La domanda che mi ero posta tante volte – “Perché, mio Dio?” – ha trovato finalmente la risposta: “Per meglio amare Dio, sarò un Suo strumento d’amore nel mondo”. Ho capito quanto fosse importante vedere e ascoltare con il cuore. A scuola Ora sono insegnante e, da quando ho cominciato questo lavoro, ho sentito l’esigenza di impostare la mia attività in maniera nuova. Lavoravo in una scuola per persone con deficit uditivi, collaboravo per introdurre un metodo centrato sulla cultura della persona sorda, utilizzando il linguaggio dei segni con l’appoggio della lingua portoghese. Parallelamente, cercavo di adottare un altro metodo, basato sull’ “arte d’amare”, che mi diceva di amare tutti, amare per prima, “farmi uno” con ciascuno, cosicché ogni allievo si sentisse una persona speciale. Una volta la direttrice ha convocato tutti i professori, chiedendomi di illustrare il mio metodo. Ho parlato di come cercavo di immedesimarmi nella vita degli studenti, fino a diventare una cosa sola con ciascuno. I colleghi erano così colpiti che molti di loro subito dopo hanno voluto cambiare metodo. Al catechismo Anni fa ho partecipato a una messa dove diversi ragazzi non udenti ricevevano il sacramento dell’Eucarestia. Mi sono accorta che non capivano bene ciò che stavano facendo perché non erano stati preparati adeguatamente. Dopo un tirocinio in Italia, in un Istituto per persone sorde, ho deciso di occuparmi della catechesi dei non udenti nella mia parrocchia. I risultati sono stati immediati: ho utilizzato il linguaggio brasiliano dei segni, focalizzando le lezioni sul testo della Messa domenicale. Subito dopo sono stata invitata a coordinare tutte le attività di questo tipo nella provincia del Paraná (Brasile), che coinvolge 16 diocesi e ho incominciato a incontrare periodicamente i catechisti. Mi sento realizzata, felice, perché mi rendo conto che la spiritualità dell’unità mi ha aperto la strada per contribuire alla costruzione di un’umanità rinnovata dall’amore. R. A. (Brasile) (altro…)
Set 4, 2006 | Chiara Lubich, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
«Siamo stati a Vienna. Abbiamo avvicinato gruppi di profughi. Il mondo ha veramente sentito la tragedia di quel popolo ed è corso in suo aiuto. I profughi infatti hanno potuto avere tante cose: cibi, dolci, vestiario, rifugio, cortesia, soprattutto respiro di libertà. Uno di noi ha avvicinato un ragazzo di sedici anni. Teneva ancora la sua pistola. Era stato ferito in un combattimento e si mostrava orgoglioso d’averne uccisi sedici. Ma quando ci si interessò di lui più profondamente, cominciò a piangere e manifestò il desiderio di tornare a vedere la mamma. Gli fu chiesto se conoscesse Dio. Rispose decisamente di no. Poi proseguì dicendo d’averlo sentito bestemmiare da madre e padre e, perché educato cosi, d’essere rimasto sorpreso che la madre lo avesse invocato all’inizio dei disordini in Ungheria. Comunque per lui Dio era niente. Così per lui. Così per molti, molti altri che abbiamo avvicinato. Fu di fronte a questo annientamento del nome di Dio in quelle anime, che abbiamo compreso in modo nuovo e più profondo perché il Santo Padre avesse gridato: “Dio, Dio, Dio!”. “Dio vi aiuterà, Dio sarà la vostra forza. Dio! Dio! Dio! Risuoni questo ineffabile nome, fonte di ogni diritto, giustizia e libertà, nei Parlamenti, nelle piazze, nelle case e nelle officine…” (Radiomessaggio di Sua Santità Pio XII del 10.11.1956). C’è stata dunque una società capace di togliere il nome di Dio, la realtà di Dio, la provvidenza di Dio, l’amore di Dio dal cuore degli uomini. Ci deve essere una società capace di rimetterlo al Suo posto. Dio c’è, c’è, c’è. Non solo perché lo crediamo, ma perché, vorrei dire, Lo vediamo: ma chi ha fatto questa bellissima terra, ma chi ha fissato le stelle in cielo, ma chi ci ha dato un’anima che sente e distingue il bene dal male, ma chi ci ha creati? Dio vuole che si salvi Lui nell’umanità e l’umanità per Lui! Occorre gente che segua Gesù come vuole essere seguito: rinunciando a se stessi e prendendo la sua croce. Che crede quest’arma: la croce, più potente delle più potenti bombe atomiche perché la croce è un varco nelle anime, mediante la quale Dio entra nei cuori dei Suoi figli e li fa Suoi atleti. Occorre fare un blocco di uomini di tutte le età, razze, condizioni, legati dal vincolo più forte che esiste: l’amore reciproco lasciatoci dal Dio umanato morente, come testamento, ideale supremo e insuperabile forza. Amore reciproco che fonde i Cristiani in un’unità divina, inscalfibile agli attacchi dell’umano e del male, che sola può opporsi all’unità provocata dall’interesse, da motivi di questa terra, dall’odio. Amore reciproco che significa: fatti concreti, proiezione di tutto il nostro amore verso i fratelli per amore di Dio. Insomma occorrono discepoli di Gesù, autentici, nel mondo, non solo nei conventi. Discepoli che volontariamente Lo seguano, spinti solo da un illuminato amore verso di Lui. Gente che sia pronta a tutto. Un esercito di volontari, perché l’amore è libero. Occorre edificare una società nuova, rinnovata dalla Buona Novella sempre antica e sempre nuova, dove splendano, con l’amore, la giustizia e la verità. Una società che superi in bellezza e in concretezza ogni altra società, fatta sognare dagli uomini agli uomini, che sia donata da Dio ai Suoi figli che Lo riconoscono e Lo adorano: Padre! Una società che testimoni un nome solo: Dio. Perché, come per quel profugo ungherese non bastava la libertà, non bastava il pane, ma occorreva la mamma (e questo è il ritorno a ciò che di più puro dà la natura, primo scalino verso il Creatore), così per quanti sono disseminati nel mondo e credono al trionfo di idee apparentemente belle, ma minate alla base dall’ateismo, è necessario il dono di Dio. Dio solo può riempire il vuoto scavato in tanti anni».
Chiara Lubich
Dall’articolo pubblicato su Città Nuova del 15/1/1957 (altro…)
Ago 31, 2006 | Chiara Lubich, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Hiroshima, 21-25 agosto 2006 Carissimi e carissime partecipanti all’Assemblea dei giovani delle Religioni per la Pace, vi so convenuti a Hiroshima da tutti i continenti del mondo a manifestare e a lavorare a favore della pace. A tutti il mio più caloroso saluto e l’augurio che questa assemblea sia ricca di propositi e di frutti concreti. Non occorre dilungarsi sull’importanza di quanto state facendo in questi giorni. La tragica situazione di un mondo che agogna la pace, ma che non la sa trovare, è davanti agli occhi di tutti. Ogni gesto, quindi, in questa direzione è significativo; ogni sforzo, ogni impegno un contributo. Ma voi che siete giovani credenti, giovani di religione, avete – direi – un compito e un ruolo del tutto particolare in quest’immenso cantiere che è il nostro pianeta. Sì, perché voi, da qualsiasi religione provenite, siete convinti che il prossimo, ogni prossimo, va amato e rispettato. Infatti la “Regola d’oro” – così come viene chiamato questo precetto – è presente nei Libri Sacri di tutte le grandi religioni. Essa dice in pratica: fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te; desidera per gli altri ciò che derideresti per te; non fare o desiderare per gli altri ciò che sarebbe causa di dolore se fosse fatto a te. L’amore verso il prossimo, inteso così, è il contributo più atteso ed efficace; è la chiave principale per la soluzione di ogni problema, la risposta fondamentale ad ogni male. Bisogna specificare però che il tipo di amore che siamo chiamati a portare al mondo – noi che abbiamo ricevuto il dono di una fede religiosa – è un amore speciale, forte come la morte. Non è sufficiente la tolleranza o la non-violenza, non basta l’amicizia o la benevolenza verso gli altri. E’ un amore che va verso tutti indistintamente: piccoli e grandi, poveri e ricchi, della propria patria o di un’altra, amici e nemici. Esige misericordia e perdono. Dobbiamo amare poi per primi, prendendo l’iniziativa, senza aspettare d’essere amati. E amare non solo a parole, ma concretamente, a fatti, dimenticando noi stessi per metterci a servizio degli altri. E ciò comporta sacrificio e fatica. La pace vera e l’unità giungono quando questo modo di vivere è praticato non solo da singole persone, ma insieme, nella reciprocità. In questi giorni potete sperimentare quanto ciò è vero, amandovi fra voi. Nella liturgia cristiana si canta che: “dove è la carità e l’amore lì è Dio”. Dio fra voi, reso presente dal vostro reciproco amore, vi illuminerà sul da farsi, vi guiderà, sarà la vostra forza, il vostro ardore, la vostra gioia. Vi unirà come in una rete invisibile, ma potente anche quando sarete lontani gli uni dagli altri. Amore, dunque, fra voi ed amore seminato in molti angoli della terra fra i singoli, fra i gruppi, fra nazioni, con tutti i mezzi, perché il mondo sia invaso d’amore, anche per il vostro contributo. Coraggio, carissimi giovani! Andate avanti senza esitazione. La giovinezza, che possedete, non fa calcoli, è generosa. Se così faremo tutti, l’umanità diverrà sempre più una famiglia, e potrà risplendere sul mondo l’arcobaleno della pace! Sono con voi. Chiara Lubich (altro…)