Giu 27, 2001 | Chiesa, Cultura
1. Nella Novo millennio ineunte Giovanni Paolo II dà parola, con gioia e gratitudine, alla sorpresa venuta dal Giubileo (cf. n. 12): la bellezza di un “volto pluriforme della Chiesa”, “un inizio, un’icona appena abbozzata del futuro che lo Spirito di Dio ci prepara” (n. 40). Aspetto rilevante e peculiare di quest’icona è stata senz’altro l’epifania della comunione tra i “doni gerarchici” e i “doni carismatici”, con cui lo Spirito ringiovanisce la Chiesa e la guida nella missione. Mio compito è dire qualcosa su questa comunione, sul suo significato teologico, sulla sua attualità storica, sulla sua portata pratica: questi, i tre momenti in cui articolo la presente conversazione, soffermandomi soprattutto sul primo. Il significato teologico 2. Che nella vita della Chiesa, sin dall’origine, i carismi abbiano giocato un ruolo singolare e insostituibile, è un dato di fatto più che una deduzione teologica. Il nuovo è che col Concilio Vaticano II la Chiesa, “sotto la guida dello Spirito, ha riscoperto come costitutiva di sé la dimensione carismatica”. Giungendo a dire, con Giovanni Paolo II, che la dimensione sacramentale-gerarchica e quella carismatica “sono co-essenziali alla costituzione divina della Chiesa fondata da Gesù”. Si tratta di un evento di autocoscienza ecclesiale, di un contributo fondamentale alla formulazione concreta della risposta che il Concilio ha inteso dare alla domanda: Chiesa, che cosa dici di te stessa ? Ma come va inteso, teologicamente, il significato della co-essenzialità e complementarietà di doni gerarchici e doni carismatici ? Si noti, per iniziare, che la dizione scelta – doni gerarchici e doni carismatici – riprende il testo di Lumen gentium 4, che attribuisce all’azione dell’unico Spirito di Cristo tanto gli uni quanto gli altri. Con ciò si vuole escludere in partenza ogni riduttiva e fuorviante contrapposizione tra istituzione e carisma. Non solo i carismi ma anche il ministero ordinato, infatti, sono doni dello Spirito, con natura e finalità diverse, è vero, ma sgorganti da un unico principio e indirizzati a un unico fine: rendere attuale la presenza di Cristo nella storia, facendo crescere l’umanità sino alla sua piena maturità, nell’attesa fervente della sua parusia alla fine dei tempi. Come, dunque, in questa prospettiva, doni gerarchici e doni carismatici sono entrambi costitutivi della Chiesa? E quale il loro rapporto? L’ecclesiologia trinitaria del Vaticano II, da un lato, e la fioritura dei nuovi movimenti e comunità ecclesiali (o di esperienze ad essi assimilabili), dall’altro, hanno offerto alla teologia, negli ultimi anni, un quadro nuovo per impostare con pertinenza, in fedeltà alla Parola della rivelazione e nel solco della tradizione, la questione. Mi limito a richiamare tre contributi di peso, che aprono la strada a ulteriori, promettenti approfondimenti. Il primo è quello offerto dal Card. J. Ratzinger al Congresso mondiale dei movimenti ecclesiali del ’98. In esso, attraverso un’analisi storico-teologica attenta, soprattutto, alla missione della Chiesa nel suo effettivo realizzarsi, Ratzinger individua nell’apostolicità la collocazione teologica dei doni carismatici e dei movimenti di rinnovamento ecclesiale cui essi danno origine lungo il corso della storia. La tesi centrale è che la traditio dell’evento Cristo, realizzata nella sua forma originaria dagli apostoli, si rinnova e si continua non solo attraverso la struttura gerarchica e sacramentale della Chiesa – che assicura: 1) il legame con la sua origine e norma cristologica, 2) la guida autorevole della comunità locale, 3) l’interpretazione autentica della rivelazione -, ma anche attraverso l’imprevedibile irruzione dello Spirito che suscita sempre nuove forme di adesione, esperienza ed espansione del vangelo, caratterizzate dalla radicalità e dall’universalità. Questa interpretazione – sottolinea Ratzinger – implica un ampliamento e un approfondimento del concetto di apostolicità, e una comprensione specifica del ministero petrino non solo come centro e principio visibile della comunione tra le Chiese locali, ma anche come garante del raggio universale di azione dei grandi carismi. Un secondo e complementare contributo di carattere sistematico, attento alla forma trinitaria della Chiesa e alla sua vocazione alla santità, è quello offerto da H. Urs von Balthasar, e, sulla sua scia, sviluppato da altri Autori. Semplificando al massimo, secondo von Balthasar si può dire che attraverso i doni gerarchici lo Spirito Santo garantisce oggettivamente la presenza di Gesù che si dona, attraverso la Parola e i Sacramenti, alla Chiesa generandola e nutrendola come sua sposa (cf. Ef 5,25ss). Si pensi, per un esempio che rappresenta al contempo il culmine di tale donarsi di Gesù alla Chiesa in tutta la sua realtà oggettiva, all’Eucaristia. Attraverso i doni carismatici, d’altro canto, lo stesso Spirito dischiude e plasma la soggettività dei credenti – e cioè le loro menti e i loro cuori, la loro intera esistenza – perché si facciano capaci di accogliere, penetrare e portare a piena efficacia di vita e di santità il dono oggettivo di Cristo che ricevono dalla Parola e dai Sacramenti. Essi vengono donati, normalmente, a una singola persona, ma in modo tale da “essere condivisi da altri e così vengono conservati nel tempo come una preziosa e viva eredità, che genera una particolare affinità spirituale tra le persone”, a vantaggio della Chiesa intera (ChL 24). Proprio per questo il carisma oggettivo e quello soggettivo – così li definisce von Balthasar – sono co-essenziali nell’identità e nella missione della Chiesa: in quanto esprimono e realizzano il rapporto sponsale che sussiste tra Cristo e la sua Chiesa. Cristo continua a donarsi nello Spirito alla Chiesa sua Sposa attraverso la Parola e i Sacramenti custoditi e amministrati dai pastori; e la Chiesa Sposa, plasmata dai doni carismatici che riceve dallo stesso Spirito, accoglie, genera e fa crescere in sé il Cristo che le è donato dalla Parola e dai Sacramenti, vivendo il comandamento nuovo dell’amore, vincolo della perfezione (cf. Col 3,14; Rm 13,10). Nel primo caso, il dono è garantito oggettivamente dalla fedeltà di Cristo alla Chiesa (per cui, ad esempio, Gesù Eucaristia si fa presente indipendentemente dalla santità soggettiva del ministro); nel secondo, lo Spirito Santo è ricevuto e accolto solo quando chi è chiamato liberamente e gratuitamente a ricevere il carisma soggettivo, a viverlo e a trasmetterlo, si dispone a lasciarsi configurare esistenzialmente a Cristo crocifisso, unico mediatore dell’effusione dello Spirito Santo alla Chiesa. Il carisma oggettivo e quello soggettivo, perciò, sono costitutivamente indirizzati l’uno verso l’altro. I membri della gerarchia, configurati sacramentalmente a Cristo, sono chiamati a essere nel ministero segni e strumenti di Lui – agiscono in persona Christi Capitis Ecclesiae (cf PO 2; LG 10) -, perché Egli possa donare Sé alla Chiesa sua sposa. In quanto pastori, hanno anche la grazia e il dovere di accogliere con gratitudine e di discernere la genuinità dei doni carismatici, nonché di regolarne l’ordinato uso a seconda del loro specifico ambito di competenza: quello della Chiesa universale per il Papa, e quello della Chiesa particolare per i Vescovi uniti in comunione collegiale con Lui (cf. LG 12). Inoltre, in quanto membri della Chiesa sposa, i ministri ordinati sono chiamati a vivere con quella soggettività aperta e accogliente che riceve in sé il dono di Cristo, e possono quindi essere aiutati dai doni carismatici a vivere il loro essere cristiani, e anche ad esercitare il loro ministero, secondo il cuore e la mente di Cristo. Come ha detto Giovanni Paolo II, “i carismi dello Spirito sempre creano delle affinità, destinate a essere per ciascuno il sostegno per il suo compito oggettivo nella Chiesa”. Da parte loro, “i veri carismi – sono sempre parole del Papa – non possono che tendere all’incontro con Cristo nei Sacramenti”, e a vivere una “fiduciosa obbedienza ai Vescovi, successori degli Apostoli, in comunione con il Successore di Pietro”, secondo la parola di Gesù: “chi ascolta voi ascolta me” (Lc 10,16). Non bisogna infine dimenticare quella tipicità dei doni carismatici che K. Rahner ha brillantemente identificato come l’elemento “dinamico” della Chiesa: “Il fattore carismatico – egli scrive, illustrando la dialettica positiva di crescita e di apertura alla novità dello Spirito che così s’instaura nella vita ecclesiale – è essenzialmente nuovo e sempre sorprendente. Naturalmente si trova anche in una misteriosa continuità interiore con quanto nella Chiesa precede, si inserisce nel suo Spirito e nel quadro dell’elemento istituzionale. È tuttavia nuovo e inderivabile, e al primo sguardo non si vede subito che tutto rimane nell’insieme della Chiesa. Spesso, infatti, è attraverso il nuovo che ci si accorge come il quadro della Chiesa fin dall’inizio sia più ampio di quanto non si fosse supposto fino a quel determinato momento”. Von Balthasar, dal canto suo, sottolinea che un autentico carisma è come un lampo dal cielo, destinato a illuminare un punto unico e originale della volontà di Dio per la Chiesa in un dato tempo, manifestando un nuovo tipo di conformità a Cristo ispirato dallo Spirito Santo, e pertanto una nuova illustrazione della Rivelazione. Dinamicità e novità sono dunque caratteristiche peculiari dei doni carismatici “sia come espressione dell’assoluta libertà dello Spirito che li elargisce, sia come risposta alle esigenze molteplici della storia della Chiesa” (così la Christifideles laici, 24), contribuendo in modo determinante – come insegna la Dei Verbum – al tendere incessante della Chiesa verso la pienezza della verità divina, “finché in essa vengano a compimento le parole di Dio” (n. 8). L’attualità storica della riscoperta dei doni carismatici 3. Quest’ultima annotazione circa la dinamicità, la novità e la tensione escatologica che i doni carismatici imprimono alla vita della Chiesa introduce nel secondo momento della nostra riflessione: l’attualità della riscoperta dei doni carismatici nell’ecclesiologia e nella vita della Chiesa, in quest’alba del terzo millennio. Alla luce dei precedenti pensieri e soprattutto della stagione ecclesiale che stiamo vivendo, viene spontaneo domandarsi: perché proprio oggi questa riscoperta? Perché oggi proprio questi carismi? In altre parole: che cosa lo Spirito vuol dire alla Chiesa (cf. Ap 2,7), non solo attraverso i singoli carismi, ma anche grazie a questa nuova e imprevedibile stagione carismatica con le peculiari caratteristiche che, pur nella pluriformità dei doni, sembrano contraddistinguerla ? Evidentemente, non è facile rispondere a queste domande, e potrebbe addirittura sembrare pretenzioso, o per lo meno ozioso, il volersele porre. Penso invece che non solo sia possibile, ma anche importante tentare almeno un inizio di risposta. Mi sembra si possa dire che c’è qualcosa di provvidenziale nel fatto che proprio oggi la Chiesa riscopra la sua costitutiva dimensione carismatica e che proprio questi carismi lo Spirito Santo oggi le abbia dispensato. Forse, tutto questo accade perché la Chiesa possa diventare più pienamente, in questo decisivo trapasso epocale della storia umana, ciò che è per grazia e per vocazione: “sacramento in Cristo, e cioè segno e strumento, dell’intima unione con Dio e dell’unità del genere umano” (LG 1). In una parola: segno testimoniale credibile e strumento efficace e concreto dell’amore di Dio e della comunione universale. Se ciò che lo Spirito ha voluto dire alla Chiesa, attraverso il Concilio Vaticano II, è l’idea-forza della comunione, allora si comprende perché – come ha scritto Giovanni Paolo II nella Novo millennio ineunte – sia indispensabile una spiritualità della comunione che faccia sì che la Chiesa diventi esistenzialmente ciò che già è sacramentalmente. In forme diverse eppure convergenti, mi pare si possa dire che le nuove realtà ecclesiali sono sorte per attuare in forma vitale l’ecclesiologia di comunione proposta dal magistero del Vaticano II. Ognuna di queste realtà guardi dentro di sé, alla sua scaturigine e alle forme storico-pratiche in cui si è realizzata, e riconoscerà questa ispirazione. I nuovi movimenti ecclesiali e le esperienze affini costituiscono una preparazione e una recezione carismatica e dinamica, in qualche caso anche eccedente e profetica, del progetto di ecclesiologia proposto nelle sue grandi linee dal Concilio, ma in realtà ancora in via di definizione teologica e pastorale. Una simile interpretazione – è opportuno sottolinearlo – rompe decisamente con il pregiudizio, purtroppo ancora diffuso, secondo cui le nuove realtà ecclesiali sono espressioni di un “conservatorismo” o “neo-classicismo” cattolico in controtendenza rispetto alla spinta innovatrice e riformatrice del Vaticano II. Non nego che qualche intemperanza, ingenuità e immaturità abbiano potuto offrire il destro a questo pregiudizio. Ma complessivamente, esaminando da vicino e senza preconcetti le ispirazioni, i frutti e le intenzionalità dei singoli carismi si può arguire che ci troviamo di fronte a provvidenziali e robuste premesse spirituali per un balzo in avanti, nell’attuazione della figura e della missione della Chiesa, conforme alla linea di marcia disegnata dal Vaticano II. Anche se si tratta soltanto di abbozzo e promessa, affidati alla nostra fedele e creativa responsabilità. Mi limito a richiamare tre tratti (certamente altri se ne potrebbero menzionare) di quest’icona appena abbozzata del futuro della Chiesa che lo Spirito sembra preparare. Il primo concerne la forma della comunione come realizzativa e manifestativa dell’essere Chiesa. Il Card. Ratzinger ha sottolineato che la tripartizione, nel popolo di Dio, tra sacerdoti, religiosi e laici è fondamentale: e come tale il Concilio la ripropone. Ma – e questo è decisivo! – in un quadro ecclesiologico nuovo: quello, appunto, della fondamentale eguale dignità cristiana e della comunione e reciproca comunicazione. Ora, mi domando: abbiamo sperimentato e riflettuto a sufficienza su che cosa può significare spostare il punto di vista dall’identità dei singoli stati di vita e vocazioni al punto di vista della relazione tra essi? Quando Sant’Agostino scoprì, nel De Trinitate, che la grammatica della relazione è almeno altrettanto essenziale quanto la grammatica della sostanza per dire il Dio di Gesù Cristo, la teologia e la filosofia hanno conosciuto una decisiva svolta. Non sarà che qualcosa di analogo, a livello ecclesiologico, può e deve venire dall’esperienza della comunione ? Non è un caso che le nuove realtà ecclesiali abbiano risposto ante litteram a quella che Giovanni Paolo II ha definito “la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia, se vogliamo essere fedeli al disegno di Dio e rispondere anche alle attese profonde del mondo”: “fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione” (n. 43). In questa prospettiva, il Card. Ratzinger ha sottolineato che il vescovo (e io aggiungerei anche, per la sua parte, il presbitero) “pur rimanendo rappresentante del sacramento e quindi responsabile della presenza della fede, sarà meno monarca, più fratello in una scuola dove vi è un solo Maestro e un solo Padre. Penso che l’espressione ‘episcopato monarchico’ per molto tempo sia stata intesa in un modo scorretto”. Un secondo, decisivo tratto della Chiesa del futuro concerne il suo volto laicale. Il che non significa mettere in ombra la sua struttura sacramentale e gerarchica, anzi: significa piuttosto metterne in rilievo l’autentico significato e servizio. Quello di offrire i mezzi di grazia necessari perché Cristo, principio e forma dell’umanità nuova, faccia dei cristiani il sale e il lievito del mondo. E’ in questa essenziale finalità che si gioca il rapporto tra doni gerarchici e doni carismatici a favore del popolo di Dio, per il bene e la salvezza di tutti gli uomini. L’immagine di Chiesa conosciuta dal secondo millennio – in una forma che nella sua sostanza è certo stata provvidenziale per quei tempi – è stata caratterizzata, soprattutto in Occidente, come hanno mostrato gli studi di Y. Congar e H. De Lubac, dalla dimensione gerarchica, istituzionale, normativa e razionale. L’ecclesiologia del Vaticano II e la recezione carismatica dei movimenti ecclesiali, senza negare la precedente, richiama alla dimensione comunionale, misterica, pneumatica e agapica. Questo fatto è decisivo non solo per la vita ad intra della comunità ecclesiale – chiamata a convertirsi all’esperienza trinitaria dei rapporti tra i suoi membri -, ma anche per il suo proporsi ad extra nella società e nella cultura. Si tratta di realizzare una specie di rivoluzione copernicana, in cui un laicato impegnato seriamente nel cammino della vocazione universale alla santità, grazie alla matura comunione con i pastori della Chiesa nell’esperienza adulta e gioiosa della Parola e dei divini Misteri, possa testimoniare Cristo, salvezza e pienezza dell’umano, nella molteplicità complessa degli aeropaghi del nostro tempo. E ciò esige – ecco un terzo tratto – che emerga nella Chiesa il principio della sua identità mariana. Non può non colpire e far riflettere il fatto che il profilarsi della Chiesa comunione e del compito della nuova evangelizzazione, e insieme l’originale stagione carismatica che ha incorniciato il Vaticano II, sia stata preparata e seguita dal costante rendersi presente di Maria: attraverso la proclamazione dei dogmi dell’Immacolata e dell’Assunta, le molteplici sue apparizioni, i grandi carismi a forte impronta mariana. Tutto ciò, penso, racchiude una precisa indicazione ecclesiologica, che l’esperienza dei movimenti ecclesiali può aiutare a decifrare e a incarnare. Guardare a Maria, anzi far rivivere Maria in noi – direbbe il Montfort – affinché in noi e fra noi viva il Cristo Risorto, non significa forse primato dell’essere sul fare, dell’affidamento al disegno divino sul progetto umano, della vita sull’idea, del servizio sulle tante forme palesi o occulte di potere, della Parola di Dio e della contemplazione sull’azione che solo da esse può promanare, della misericordia sul giudizio, dell’attesa paziente sulla fretta dell’imposizione, dello sguardo universale sulla cura asfittica del particolare, dell’amore reciproco come premessa di ogni altra premessa per essere ed essere riconosciuti discepoli di Cristo su ogni altra cosa ? Non è forse la Chiesa del fiat e del magnificat, dello stabat ai piedi del Crocifisso e del fuoco di Pentecoste quella che il mondo, e noi stessi, attendiamo ? Conseguenze pratiche nella vita e nella missione della Chiesa 4. Mi avvio alla conclusione, accennando soltanto al terzo momento preannunciato: quali conseguenze pratiche dalla riscoperta della co-essenzialità di doni gerarchici e carismatici nella vita e nella missione della Chiesa ? La risposta la dobbiamo lasciare allo Spirito Santo, ma al tempo stesso la dobbiamo accogliere attraverso un rigoroso e profetico discernimento comunitario, che veda attori tutti i membri della Chiesa in ascolto dei segni dei tempi. La Pentecoste ’98, l’evento giubilare, le indicazioni sapienti, lungimiranti e incisive di Giovanni Paolo II nella Novo millennio ineunte indicano la strada. Mi contento di esplicitare quelle che mi sembrano tre direzioni in cui va esercitata oggi, da parte della Chiesa, una disarmata apertura nei confronti dell’azione dello Spirito Santo: perché la grazia grande che ci è stata posta tra le mani – con ciò intendo non solo i carismi dei singoli movimenti, ma anche l’icona di Chiesa proposta dal Vaticano II e stagliata, pur coi suoi limiti, dal Giubileo -, possa attuarsi secondo i modi, i tempi e i fini pensati dall’amore di Dio. La prima apertura è quella cui sono chiamati i pastori nei confronti dei nuovi carismi. Apertura reale e sincera a ciò che lo Spirito vuol dire alla Chiesa, al suo modo profondo e insieme concreto di essere e di agire oggi: per evitare di strumentalizzare le nuove energie, secondo schemi di comprensione ecclesiale e di azione pastorale preconfezionati, e perciò irrimediabilmente non all’altezza dell’oggi di Dio. La seconda apertura è quella cui sono chiamate le nuove realtà ecclesiali le une verso le altre e, prima di tutto, verso la Chiesa di cui sono figlie. Se il novum dello Spirito è oggi la comunione come principio e fine della nuova evangelizzazione, sarebbe peccato imperdonabile se esse per prime non la vivessero in quella forma cui ciascuna è originalmente chiamata. Ritrovare sé fuori di sé: questa è la legge della comunione e della missione. La terza apertura è quella all’azione dello Spirito che spinge – se ve ne fosse bisogno, e ce n’è bisogno – a distogliere tutti lo sguardo da noi stessi, dalle nostre belle esperienze e dai nostri acuti problemi, così come dai nostri ideali e dalle nostre frustrazioni di Chiesa, per “prendere il largo” (Lc 5,4), per “uscire anche noi dall’accampamento e andare verso di Lui”, che “per santificare il popolo con il proprio sangue, patì fuori della porta della città” (cf. Eb 13,12-13). Solo se attraverseremo, come Chiesa e come singoli, la porta della città in cui abitiamo comodi e protetti, scopriremo con stupore la realtà della promessa: “Ecco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa. (…) Il popolo che Io stesso ho plasmato per me celebrerà le mie lodi” (Is 43,19.21). PIERO CODA (altro…)
Giu 27, 2001 | Chiesa
Con Maria e con i baraccati ROMA. Padre Michaell Marmann, successore del fondatore, presenta l’Opera di Schoenstatt nata in Germania nel 1914. Emerge un’opera di impronta mariana, missionaria sin dalle origini. Come in Maria, “il movimento non può esistere e portare frutti, se non abbandonati a Dio e alla sua guida amorosa”. Un’ascesi che si concretizza nei punti attorno ai quali gravita il movimento: “i “santuari”, cioè i centri tipici di Schoenstatt, luoghi, dove “ci sentiamo bene” come gli apostoli sul Tabor, e da dove sempre di nuovo veniamo inviati come gli apostoli del cenacolo”. “Uno dei doni del santuario – continua – è la grazia della trasformazione interiore in cristiani autentici e maturi. Altro dono: la grazia della fecondità apostolica, un dono che, nel quadro difficile della testimonianza della fede in Europa, si rivela particolarmente promettente. “Dio agisce. Ma ci vuole la risposta dell’uomo: “niente senza di Te (Dio), niente senza di noi””. Schoenstatt è oggi attivo in 40 Paesi, specie in Germania e in America Latina. Abbraccia famiglie, giovani, sacerdoti, religiosi e religiose. Un’altra storia “Ero un cristiano in crisi ai tempi della contestazione del ’68 con una frustrazione profonda alla ricerca dello sbocco di una vita cristiana più autentica. Così Stefano Gennarini, laico, di professione fisico, catechista itinerante da trent’anni, inizia la sua testimonianza. Poi l’impatto con la catechesi del Cammino neo-catecumenale, in una parrocchia di Roma: “Mi ha svelato la mia incapacità di darmi a Dio completamente, bloccato dalla paura di perdere la mia vita”. Poi il “sì” senza riserve. “Dio ha cominciato ad agire nella mia vita”. Stefano traccia le origini del Cammino iniziato da Kiko Arguello e da Carmen Hernandez tra baraccati, ladri e sbandati. “Non si potevano fare discorsi. Si poteva solo condividere la loro condizione e annunciare perdono e amore: “Dio ti ama così come sei””. Di qui la scoperta del Vangelo che va dritto al cuore della gente e cambia la vita. Un’esperienza presto trapiantata nelle parrocchie per desiderio dell’allora arcivescovo di Madrid, Casimiro Morcello. Nascono nuove comunità capaci di attirare anche i lontani. “Il segreto? Il segno dell’unità: che tutti siano uno perché il mondo creda”. Un dato che fa riflettere: oggi il Cammino è diffuso in 90 Paesi. (altro…)
Giu 27, 2001 | Chiesa
26 giugno Introduzione e presentazioni Chiara Lubich: “L’evangelizzazione del Movimento dei Focolari” Concelebrazione eucaristica presieduta dal Card. Darío Castrillón Hoyos, prefetto della Congregazione per il Clero “Nello Spirito di Comunione”: uno sguardo alla storia dei carismi nella Chiesa (video) Prof. Andrea Riccardi: “Sviluppo della comunione tra i Movimenti ecclesiali, fra loro e con i Pastori della Chiesa, dal 1998 ad oggi” Natalia Dallapiccola, focolarina: “Gesù crocifisso e abbandonato, il Dio di oggi: chiave della comunione ecclesiale” Incontri per realtà territoriali 27 Giugno Mons. Piero Coda, professore alla Pontificia Università Lateranense: “Doni gerarchici e doni carismatici in comunione per l’edificazione e la missione della Chiesa” Card. James Francis Stafford, Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici: “L’apporto dei Movimenti ecclesiali all’evangelizzazione in un mondo secolarizzato”· Concelebrazione eucaristica presieduta dal Card. Stafford P. Michael Marmann: “L’evangelizzazione dell’Opera di Schönstatt” – Dialogo Dott. Stefano Gennarini: “L’evangelizzazione del cammino neocatecumenale” – Dialogo Dott. Salvatore Martinez: “L’evangelizzazione del Rinnovamento nello Spirito” – Dialogo Incontri per realtà territoriali 28 Giugno S. E. Mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni: “L’evangelizzazione della Comunità di Sant’Egidio” – Dialogo Dott. Jesús Carrascosa e don Gerolamo Castiglioni: ”L’evangelizzazione di Comunione e Liberazione” – Dialogo Graziella De Luca, focolarina: presentazione del video documentario: “Il miracolo nella foresta” Concelebrazione eucaristica presieduta dal Card. F. X. Nguyên Van Thuân Conclusione (altro…)
Giu 27, 2001 | Chiesa
Si è svolto dal 26 al 28 giugno 2001 il 10° Convegno teologico-pastorale su “I Movimenti per la Nuova Evangelizzazione” promosso dal Movimento sacerdotale dei Focolari. Presenti 1300 sacerdoti, diaconi e seminaristi di 44 Paesi. Il Papa: “La partecipazione dei sacerdoti ai movimenti ecclesiali può arricchire la vita sacerdotale del singolo e animare il presbiterio di preziosi doni spirituali. Partecipando ad essi i presbiteri possono meglio imparare a vivere la Chiesa nella coessenzialità dei doni sacramentali, gerarchici e carismatici che le sono propri”. Chiara Lubich: “Siamo al servizio della nuova evangelizzazione” Andrea Riccardi: “Così la diversità è ricchezza” Piero Coda: “Con i movimenti la Chiesa del futuro”
Il programma
Introduzione e presentazioni Chiara Lubich: “L’evangelizzazione del Movimento dei Focolari” Concelebrazione eucaristica presieduta dal Card. Darío Castrillón Hoyos, prefetto della Congregazione per il Clero “Nello Spirito di Comunione”: uno sguardo alla storia dei carismi nella Chiesa (video) Prof. Andrea Riccardi: “Sviluppo della comunione tra i Movimenti ecclesiali, fra loro e con i Pastori della Chiesa, dal 1998 ad oggi” Natalia Dallapiccola, focolarina: “Gesù crocifisso e abbandonato, il Dio di oggi: chiave della comunione ecclesiale” Incontri per realtà territoriali 27 Giugno Mons. Piero Coda, professore alla Pontificia Università Lateranense: “Doni gerarchici e doni carismatici in comunione per l’edificazione e la missione della Chiesa” Card. James Francis Stafford, Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici: “L’apporto dei Movimenti ecclesiali all’evangelizzazione in un mondo secolarizzato”· Concelebrazione eucaristica presieduta dal Card. Stafford P. Michael Marmann: “L’evangelizzazione dell’Opera di Schönstatt” – Dialogo Dott. Stefano Gennarini: “L’evangelizzazione del cammino neocatecumenale” – Dialogo Dott. Salvatore Martinez: “L’evangelizzazione del Rinnovamento nello Spirito” – Dialogo Incontri per realtà territoriali 28 Giugno S. E. Mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni: “L’evangelizzazione della Comunità di Sant’Egidio” – Dialogo Dott. Jesús Carrascosa e don Gerolamo Castiglioni: ”L’evangelizzazione di Comunione e Liberazione” – Dialogo Graziella De Luca, focolarina: presentazione del video documentario: “Il miracolo nella foresta” Concelebrazione eucaristica presieduta dal Card. F. X. Nguyên Van Thuân Conclusione (06-06-2001) (altro…)
Giu 9, 2001 | Cultura
Dalla sorgente del carisma sgorgato in questa città, fiotti di vita nuova nel mondo. Testimonianze e momenti artistici da Asia, America Latina, Stati Uniti, Africa, da Europa dell’Est e dell'Ovest. Per due ore da Trento una proiezione mondiale anche grazie al collegamento satellitare e via Internet con i 5 continenti.
Dalla Corea del Sud: “La diretta ci ha fatto sperimentare un mondo più unito e fraterno”. Dalla Colombia: “Qui siamo in guerra. Ma vogliamo ripetere la stessa avventura dell’unità”.
Una consegna alla città: “Incominciate a incendiare Trento”.
E’ un patto che Chiara Lubich fa con la sua città, a conclusione di questo incontro, l’ultimo del denso programma di appuntamenti civili e religiosi: “Incominciate a incendiare Trento ed io tornerò”. Era stato l’arcivescovo Luigi Bressan che in apertura dell’incontro l’aveva invitata a tornare spesso nella sua città. E il sindaco Alberto Pacher, dopo l’incontro al Consiglio comunale e ad altri appuntamenti civili al Palasport dice: “Servirà molto tempo per riflettere sui molti piani che Chiara Lubich ha toccato in questi giorni. Messaggi importanti, per dare 'acqua ai semi del dialogo' e affrontare in modo positivo 'gli intrecci di popoli diversi che avvengono sul palcoscenico delle nostre città' “.
Sin dal primo incontro con i suoi concittadini nel duomo di Trento, Chiara aveva confidato il suo sogno: far di Trento una città ardente, la città dell’unità, proprio qui dove è stata sancita, con un Concilio, la divisione dei cristiani. E più volte aveva parlato di un nuovo impegno che si assumeva in prima persona per estenderlo a più persone possibile: immettere nella sua città “un supplemento d’anima”, perché sia “tutta accesa d’amore vero, di quello che lega fratello a fratello”.
Prendendo la parola al Palasport, parla proprio delle origini della scoperta di questo amore, in modo inedito. Chiara prende spunto dal titolo dell'incontro. Di che acqua si tratta? Dove è posta la sorgente?
“Si tratta di quell'acqua, che sta a significare luce, amore e forza dello Spirito, presenti in uno di quei doni definiti “carismi” che lo Spirito Santo manda alla sua Chiesa per venir incontro ad attese dell'umanità. Ebbene, 58 anni fa, uno di questi doni è stato elargito proprio qui, in questa terra benedetta, per cui l'acqua, di cui metaforicamente si parla, ha la sua sorgente nella nostra città, Trento”.
Chiara racconta, rivivendoli, molti episodi, e richiama i luoghi dove, in quei primi tempi, sullo sfondo della guerra, dal cuore del Vangelo – il comandamento dell'amore scambievole – è sgorgata l'acqua viva di una vita nuova: “Avendo messo in atto l’amore vicendevole, la nostra vita spirituale ha però un balzo di qualità: avvertiamo una nuova sicurezza, una gioia e una pace mai sperimentate, una pienezza di vita, un'abbondanza maggiore di luce. Come mai? E’ stato subito evidente: per questo amore si realizzavano fra noi le parole di Gesù: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome (cioè nel mio amore, come eravamo noi), io sono in mezzo a loro” (Mt 18,20). Gesù silenziosamente si era introdotto spiritualmente come Fratello invisibile, nel nostro gruppo. Ed ora Lui, che è la fonte dell’amore e della luce, era lì presente in mezzo a noi. Non lo si vuole più perdere”. “Una storia pur ripetuta migliaia, migliaia e migliaia di volte in tutte le parti del mondo, ma che in questa città ha la concretezza ed il fascino delle storie vere”.
Poi Roma, l’Italia, l’Europa, i continenti extraeuropei. “E, poiché chi beve l'acqua non può non pensare alla sorgente – ha continuato -, la nostra città Trento, per la piccola storia or ora narrata, è nota ormai in tutte le parti del mondo”. Una diffusione che ha avuto sviluppi non solo all’interno della Chiesa cattolica, ma che ha assunto una dimensione ecumenica. Pure il dialogo con fedeli di altre religioni è via via cresciuto, e così quello con persone di convinzioni non religiose. Un'Acqua di vita nuova che ha iniziato a inondare anche i campi dell’impegno umano, dalla politica, all’economia, all’arte, alla comunicazione… Chiara conclude confidando un ricordo che ora si fa programma di vita:
Trento, nella città del Concilio, il 30 aprile 1995: in Piazza Fiera, quella volta, bene informato del nostro decennale lavoro ecumenico per riannodare, con vincoli d'unità, la nostra Chiesa con quelle della Riforma, il Papa espresse un augurio: che un giorno si scrivesse un trattato che, partendo dal Concilio di Trento, che sancì la divisione fra le Chiese, arrivasse a quell'irruzione del carisma dell'unità che, attraverso il Movimento dei Focolari, nato in questa città, arriva alla Chiesa.
Una coreografia multicolore dei giovani della cittadella internazionale di Loppiano con le bandiere dei loro Paesi, sottolinea il progetto di unità mondiale in costruzione. In finale si inchinano al vessillo di Trento per esprimere gratitudine alla città da cui è sgorgata tanta novità di vita. Iniziano le testimonianze dall’America Latina, Asia, Africa, Europa dell’Est e dell' Ovest. Sui vari fronti: dialogo tra le religioni, risposta alle disparità tra ricchi e poveri, ecumenismo.
Vera Araujo, sociologa brasiliana, parla dell’impatto del carisma dell’unità portato alla fine degli anni ’50 da tre trentini e una romana in una terra di grandi disparità sociali. “Ci hanno insegnato ad amare ogni prossimo: familiare, sconosciuto, amico e nemico. Fu una rivoluzione”. E poi negli anni ’90 quello scatto da una comunione dei beni personale a quella che coinvolge il sistema produttivo con l’economia di comunione nata proprio in Brasile.
Gli Stati Uniti sono rappresentati da Joe Sopala, cantante del Gen Rosso. Toccante la sua esperienza: dal clima di odio e razzismo del quartiere di Chicago in cui è cresciuto, alla scelta radicale di Dio. Poi l'Asia: una danza coreana si compone in un bellissimo fiore che ben esprime questo continente, culla delle religioni: Christina Lee, coreana, spalanca l'orizzonte del dialogo interreligioso intessuto da Chiara e dal Movimento in questa terra, con buddisti giapponesi e tailandesi, con indù e musulmani.
Martin Nkafu, notabile del popolo Bangwa del Camerun, parla delle ferite lasciate da un cristianesimo macchiato dalla tratta degli schiavi e dal colonialismo. Pregiudizi saltati all’aria per la testimonianza di chi è giunto nella loro terra a lavorare con il loro popolo alla crescita spirituale e sociale.
Europa dell'Ovest: l'attrice di teatro, Sarah Finch, anglicana, intreccia la sua esperienza personale con quella degli sviluppi del dialogo ecumenico che si apre sin dagli anni '60. La carrellata di testimonianze si chiude con l'Europa dell'Est: Anna Fratta apre squarci inediti di vita al di là del muro, durante il tempo dei regimi comunisti.
Come osserva l’articolista del quotidiano Alto Adige, quanto Chiara e gli altri hanno raccontato da quel palco “non è per compiacersi”, ma “per dare motivi di speranza, per aiutare la gente a credere che un amore gratuito e reciproco si può vivere in tutte le epoche e in tutti i contesti”.
Giu 5, 2001 | Chiesa, Spiritualità
All’inizio di questo nuovo millennio il Papa chiama tutta la Chiesa a “prendere il largo” imprimendo nuovo slancio all’evangelizzazione. Al Convegno verrà presentata la testimonianza della “nuova evangelizzazione” suscitata dai nuovi carismi, attraverso l’esperienza di fondatori e responsabili di alcune delle principali espressioni carismatiche. Interverranno: P. Michael Marmann, per l’Opera di Schönstatt, il dott. Stefano Gennarini per il Cammino neocatecumenale, il dott. Salvatore Martinez per il Rinnovamento nello Spirito, il vescovo Vincenzo Paglia per la Comunità di Sant’Egidio, il dott. Jesus Carrascosa e don Gerolamo Castiglioni per Comunione e Liberazione e Chiara Lubich per il Movimento dei Focolari. Si intende così offrire una conoscenza diretta, “dalla fonte”, dei Movimenti ecclesiali e nuove Comunità, in cui il Papa individua un “segno della libertà di forme in cui si realizza l’unica Chiesa” e una “sicura novità che ancora attende di essere adeguatamente compresa in tutta la sua positiva efficacia per il Regno di Dio all’opera nell’oggi della storia”. Il Convegno è uno dei frutti di quella testimonianza comune auspicata da Giovanni Paolo II, perché “in comunione con i pastori, Movimenti e nuove Comunità portino nel cuore della Chiesa la loro ricchezza spirituale, educativa e missionaria, quale preziosa esperienza e proposta di vita cristiana”. Sullo “Sviluppo della comunione fra i Movimenti ecclesiali fra loro e con i pastori della Chiesa del ’98 ad oggi” parlerà il prof. Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio. Altri approfondimenti spirituali e teologici saranno svolti: da Natalia Dallapiccola che parlerà su “Gesù Crocefisso e abbandonato, il Dio di oggi: chiave della comunione ecclesiale” e dal prof. Piero Coda che tratterà di “Doni gerarchici e doni carismatici in comunione per l’edificazione e la missione della Chiesa”. Vivo interesse ha suscitato la scelta del tema di questo Convegno, non solo da parte dei numerosi sacerdoti che hanno aderito all’invito, ma anche da parte dei diversi responsabili dei dicasteri competenti della Curia Romana. Il Card. Dario Castrillon Hoyos, Prefetto della Congregazione per il Clero, presiederà la concelebrazione eucaristica del primo giorno, mentre il Card. James Francis Stafford, Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici parlerà su “L’apporto dei Movimenti ecclesiali all’evangelizzazione in un mondo secolarizzato”. Il Convegno si concluderà con la concelebrazione eucaristica presieduta dal Card. F.X. Nguyen Van Thuan, Presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. Atteso il messaggio del Papa. Dal 1979 il Movimento sacerdotale, diramazione del Movimento dei Focolari, promuove Convegni teologico-pastorali aperti a sacerdoti, diaconi e seminaristi, sui temi di maggiore attualità ecclesiale. Tra le tematiche affrontate: “I quattro dialoghi nella Chiesa” (’98) -“Formazione del clero” (’92) – “Sacerdoti domani” sulla formazione dei seminaristi (’89); “Insieme per l’umanità – Presbiteri e laici in comunione (88)”. (altro…)
Giu 5, 2001 | Cultura
Quest'anno dichiarato dall'ONU “anno internazionale del dialogo fra le civiltà”, è di particolare attualità, in una società sempre più multiculturale e multireligiosa, il messaggio che verrà lanciato da Trento.
Chiara Lubich presenterà l' “ideale” che l'ha portata a lasciare Trento per irradiare nel mondo, con il Movimento dei Focolari che ha visto gli albori in questa città, un nuovo stile di vita basato sui valori della spiritualità, della reciprocità e della solidarietà, per contribuire all'unità della famiglia umana.
L'incontro vuole essere anche un “grazie” a Trento, con momenti artistici e testimonianze dai 5 continenti sulle nuove vie aperte dal dialogo tra cristiani delle diverse Chiese e fedeli di varie religioni e sulle risposte che il carisma dell'unità dà alle problematiche dei diversi popoli.
La diffusione del Movimento ha fatto conoscere a tutto il mondo questa città – già nota per il Concilio tridentino – sottolineando quella vocazione all'universalità che le è data dalla sua cultura-ponte tra Mediterraneo e Mitteleuropa.
Giu 5, 2001 | Chiesa
Programma del Convegno 26 giugno Introduzione e presentazioni Chiara Lubich: “L’evangelizzazione del Movimento dei Focolari” Concelebrazione eucaristica presieduta dal Card. Darío Castrillón Hoyos, prefetto della Congregazione per il Clero “Nello Spirito di Comunione”: uno sguardo alla storia dei carismi nella Chiesa (video) Prof. Andrea Riccardi: “Sviluppo della comunione tra i Movimenti ecclesiali, fra loro e con i Pastori della Chiesa, dal 1998 ad oggi” Natalia Dallapiccola, focolarina: “Gesù crocifisso e abbandonato, il Dio di oggi: chiave della comunione ecclesiale” Incontri per realtà territoriali 27 Giugno Mons. Piero Coda, professore alla Pontificia Università Lateranense: “Doni gerarchici e doni carismatici in comunione per l’edificazione e la missione della Chiesa” Card. James Francis Stafford, Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici: “L’apporto dei Movimenti ecclesiali all’evangelizzazione in un mondo secolarizzato”· Concelebrazione eucaristica presieduta dal Card. Stafford P. Michael Marmann: “L’evangelizzazione dell’Opera di Schönstatt” – Dialogo Dott. Stefano Gennarini: “L’evangelizzazione del cammino neocatecumenale” – Dialogo Dott. Salvatore Martinez: “L’evangelizzazione del Rinnovamento nello Spirito” – Dialogo Incontri per realtà territoriali 28 Giugno S. E. Mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni: “L’evangelizzazione della Comunità di Sant’Egidio” – Dialogo Dott. Jesús Carrascosa e don Gerolamo Castiglioni: ”L’evangelizzazione di Comunione e Liberazione” – Dialogo Graziella De Luca, focolarina: presentazione del video documentario: “Il miracolo nella foresta” Concelebrazione eucaristica presieduta dal Card. F. X. Nguyên Van Thuân Conclusione (06-06-2001) (altro…)
Giu 1, 2001 | Cultura
«Con i suoi 81 anni portati con sprint, Chiara Lubich torna a casa. Invitata dal Consiglio comunale, dal 2 al 10 giugno s'immerge nei suoi ricordi. E nei suoi ambienti, come quel primo focolare in piazza Cappuccini da dove partì la scintilla del Movimento. Troverà “una città infiammata dall'amore di Dio ?»
(da “Vita Trentina”, 3 giugno 2001)
Il programma della visita
2 giugno, ore 16 in Duomo. Invitata dall'Arcivescovo a incontrare la Chiesa trentina, parlerà su “Il laico nella Chiesa comunione”, alla vigilia di Pentecoste (diretta Telepace, per il Trentino-Alto-Adige)
Dalla stampa:
– ALTO ADIGE: “La missione dei Movimenti” di Franco de Battaglia
– OSSERVATORE ROMANO: “Essere laici oggi” di Armando Costa
6 giugno, ore 17 al Teatro Sociale, Premio Rotary.
Balletto della compagnia Cosi-Stefanescu.
Dalla Stampa:
– L'ADIGE: “L'accoglienza di festa al Sociale” di Luca Franceschi
“Intervista”
8 giugno, ore 17 a Palazzo Geremia, incontro con il Consiglio Comunale. “La fraternità nell'orizzonte della città” (diretta TV RTTR, locale)
Ore 21 al Palasport Ghiaie, Spettacolo del complesso internazionale Gen Rosso: “Streetlight” (Ingresso libero)
Dalla Stampa:
– L'ADIGE: Lubich:”Più fraternità in politica” di F.G.
9 giugno, ore 10 a Palazzo Trentini, premio U.C.T. “Trentino dell'anno”
10 giugno, ore 16-19 al Palasport Ghiaie, incontro con la città, aperto a tutti (diretta TV via satellite)
Intervento di Chiara e testimonianze di persone di vari continenti con momenti artistici
Mag 31, 2001 | Parola di Vita
Non credere che, perché giri per le strade del mondo, tu possa guardare tranquillamente tutti i manifesti e possa comprarti dal giornalaio o in libreria qualsiasi pubblicazione indiscriminatamente. Non credere che, perché sei nel mondo, ogni maniera di vivere del mondo possa essere tua: le facili esperienze, l'immoralità, l'aborto, il divorzio, l'odio, la violenza, il furto. No, no. Tu sei nel mondo. E chi non lo vede? Ma tu sei un cristiano, quindi non sei “del mondo”. E questo comporta una grande differenza. Questo ti classifica fra coloro che si nutrono non delle cose che sono del mondo, ma di quelle che ti sono espresse dalla voce di Dio dentro di te. Essa è nel cuore di ogni uomo e ti fa entrare – se l'ascolti – in un regno che non è di questo mondo, dove si vivono l'amore vero, la giustizia, la purezza, la mansuetudine, la povertà, dove vige il dominio di sé. Perché molti giovani diventano seguaci di religioni orientali per trovare un po' di silenzio e cogliere il segreto di certi grandi spirituali che, per la lunga mortificazione del loro io inferiore, lasciano trasparire un amore che impressiona tutti quelli che li avvicinano? E' la reazione naturale al baccano del mondo, al chiasso che vive fuori e dentro di noi, che non lascia più spazio al silenzio per udire Dio. Ma occorre proprio andare in Oriente, quando da duemila anni Cristo ti ha detto: “Rinnega te stesso… rinnega te stesso”? Il mondo t'investe come un fiume in piena e tu devi camminare contro corrente. Il mondo per il cristiano è una fitta boscaglia nella quale bisogna vedere dove mettere i piedi. E dove vanno messi? In quelle orme che Cristo stesso ti ha segnato passando su questa terra: sono le sue parole. Oggi egli ti ridice:
«Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso…»
Ciò t'esporrà forse al disprezzo, alla incomprensione, agli scherni, alla calunnia; ciò t'isolerà, t'inviterà ad accettare di perdere la faccia, a lasciare un cristianesimo alla moda. Ma c'è di più:
« … prenda la sua croce ogni giorno e mi segua».
Che tu lo voglia o no, il dolore amareggia ogni esistenza. Anche la tua. E piccoli e grandi dolori arrivano tutti i giorni. Vuoi scansarli? Ti ribelli? Ti suscitano l'imprecazione? Non sei cristiano, non sei cristiana. Il cristiano ama la croce, ama il dolore, pur in mezzo alle lacrime, perché sa che hanno valore. Non per nulla fra gli innumerevoli mezzi che Dio aveva a sua disposizione per salvare l'umanità, ha scelto il dolore. Ma Lui – ricordatelo – dopo aver portato la croce ed esservi stato inchiodato, è risorto. La risurrezione è anche il tuo destino, se anziché disprezzare il dolore che ti procura la tua coerenza cristiana e quanto altro la vita ti manda, saprai accettarlo con amore. Sperimenterai allora che la croce è via, sin da questa terra, ad una gioia mai provata; la vita della tua anima comincerà a crescere: il regno di Dio in te acquisterà consistenza e fuori il mondo man mano scomparirà ai tuoi occhi e ti parrà di cartone. E non invidierai più nessuno. Allora ti potrai chiamare veramente seguace di Cristo.
«Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua».
E, come Cristo che hai seguito, sarai luce e amore per le piaghe senza numero che lacerano l'umanità di oggi.
Chiara Lubich
Mag 20, 2001 | Chiara Lubich, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Il 9 maggio Chiara è invitata ad intervenire all’Assemblea Generale della Conferenza Episcopale, formata da 16 vescovi. Quella Slovacca è espressione di una Chiesa che all’Est, più di altre, è riuscita a rimanere viva, perché il popolo è rimasto radicalmente cristiano. Su 5.500.000 abitanti, oggi i sacerdoti cattolici sono 1780 e i seminaristi addirittura 700. Dopo la presentazione dell presidente della Conferenza, mons. František Tondra, che ha mostrato gratitudine per l’azione evangelizzatrice del Movimento dei Focolari in questo Paese, Chiara esprime ammirazione per questo popolo disseminato di martiri, vittime degli ultimi decenni, il cui “sangue” – ha detto – è stato seme di tante nuove vocazioni. Ha auspicato che, per la sua posizione geografica e la sua storia, sempre più possa essere “ponte di unità tra l’Europa occidentale e quella orientale”. Chiara comunica la sua esperienza degli inizi, sin da quando a 18 anni aveva in cuore “un unico struggente desiderio: conoscere Dio”. Tratteggia poi nascita e sviluppi di un carisma che dovrà “concorrere a costruire la Chiesa-comunione e attuare “una nuova evangelizzazione”. Alcune domande dei vescovi avviano un dialogo intenso e vivace. Una di queste verte sul bisogno di unità in una terra che soffre divisioni e contrasti. “Bisogna ravvivare la fraternità universale – dice Chiara -, avvicinando tutti, anche i fedeli di altre religioni.” Mons. Jan Sokol, arcivescovo-metropolita della diocesi di Bratislava-Trnava: “La mia impressione è molto forte. E’ qualcosa che dà sollievo e incoraggia, soprattutto sulla questione di costruire l’unità, così importante specialmente da noi ai tempi d’oggi, in cui c’è una grande frammentazione, a tutti i livelli: politico, economico e purtroppo a volte anche ecclesiale.” Il Presidente della Conferenza Episcopale, Mons.Tondra, commenta: “Il Papa sottolinea tanto i Movimenti, perché nel mondo di oggi, che va verso l’individualismo, dobbiamo offrire la possibilità di vivere in comunione”. (altro…)
Mag 20, 2001 | Chiara Lubich, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
“Crediamo in una nuova umanità”. Grande incontro a Bratislava. È un’accoglienza fuori dal comune che viene riservata a Chiara Lubich all’aeroporto di Bratislava. Il vicepresidente del Parlamento, Pavol Hrusovsky, e sua moglie, le danno il benvenuto: “L’amore e la verità che lei sta annunciando nel mondo sono affascinanti. Che la sua visita porti valori immortali che restino nella vita della Repubblica slovacca”. Comincia così la settimana di Chiara a Bratislava, città restaurata di fresco dopo la caduta del regime comunista, capitale della Slovacchia, giovane Repubblica nata nel 1992, quando si è separata dalla Cechia. In un’intervista al settimanale “Katolicke noviny”, al termine della visita, augurava alla Slovacchia di essere non solo “ponte fra Oriente e Occidente”, ma anche modello di nazione radicata nel cristianesimo. (altro…)
Mag 6, 2001 | Focolari nel Mondo
I difficili inizi Era il febbraio del 2001. Venni trasferito in una parrocchia eretta giuridicamente da poco, con la chiesa e la casa ancora in costruzione. Tante le circostanze avverse: la chiesa non ancora in funzione, il mio trasferimento che poteva sembrare una “retrocessione”, il non avere per sette mesi un posto per celebrare Messa, neppure di domenica, avrebbero potuto farmi rinchiudere in me stesso. Ma quante volte avevo sperimentato che Dio è Amore, anche quando ti mette in circostanze apparentemente negative. Da tempo avevo incontrato il Movimento dei Focolari, e avevo scoperto il culmine del Suo amore proprio quando Gesù sulla croce grida l’abbandono del Padre. Avevo scelto di riconoscerlo e amarlo in ogni dolore. Mi fu di luce la frase di un amico sacerdote: “Non analizzare, perché Gesù va amato per se stesso e subito, uscendo da se stessi per servire gli altri”. Il vescovo mi aveva presentato la parrocchia come molto difficile, con tutti i problemi tipici delle periferie: quel quartiere era tristemente famoso sulle pagine dei giornali locali. Mi aveva fatto una consegna significativa: “Ti dono la croce che il Papa ha dato a me”. L’inaugurazione della chiesa Nell’ottobre del 2001 si inaugura la chiesa, anche se ancora incompleta. Mi sono chiesto come impostare l’attività pastorale. Mi sentivo sotto esame. Tra gli abitanti del quartiere si respirava una certa diffidenza. Come costruire una comunità? Ho cominciato, accogliendo tutti quelli che mi avvicinavano, mettendoli a loro agio e ascoltando con attenzione i loro consigli e le loro richieste. Ho poi visitato le famiglie. Iniziavo ogni giornata mettendomi d’accordo con Gesù: volevo vedere Lui in ogni persona e amarla senza riserve. Anche quando facevano apprezzamenti… sgradevoli nei riguardi dei preti e della Chiesa. Quella croce che mi era stata consegnata mi ricordava la misura dell’amore: dare la vita. Non ho mai sentito in vita mia tante confidenze, né mai conosciuto situazioni familiari e personali così varie e dolorose. Ad un certo punto la gente si passava la voce. La mia visita era desiderata, visto che da venti anni nessun prete aveva visitato e benedetto le loro case e le loro famiglie. Qualcuno poi prese coraggio: “Io non vengo alla Messa solo per ascoltarla, che tanto è uguale dappertutto, io vengo per sentire quello tu dici”. Ascoltavano le prediche soprattutto quando partecipavano ai funerali: unica occasione in cui ancora tutti qui vanno a Messa. Ho incontrato il loro favore perché cercavo che le prediche fossero più un colloquio aperto che un discorso di cattedra, ed evitavo ammonizioni e rimproveri. Nasce la comunità Iniziano alcune ragazze, che formano un piccolo coro: si incontrano per preparare i canti e cominciano a conoscersi. Cresce la stima reciproca e ben presto ci troviamo a riflettere sulla Parola di Dio. Qualcuna chiede un colloquio personale, col desiderio di conoscere di più Gesù e di impegnarsi di più in parrocchia. Ho cercato di far sì che la Messa fosse sempre più un incontro di famiglia, di fratelli uniti intorno al Padre. Avvicinandosi il Natale, al termine della Messa, un giorno dissi: “Oggi vi chiedo un favore: salutate tutti quelli che non conoscete e non salutate nessuno di quelli che già conoscete”. La reazione: gioia e soddisfazione di poter rivolgere la parola a chi era seduto vicino gomito a gomito, ma con cui non si aveva il coraggio di rompere il ghiaccio per un saluto, un augurio che non fosse quello liturgico molto formale. In parrocchia c’è ormai un gruppo di persone impegnate nel vivere la Parola di Dio. Si riunisce periodicamente per approfondirla e per scambiarsi le esperienze. Ho invitato questi nostri amici a scoprire la sorgente di quella vita che li aveva attratti: il carisma del Focolare. Crescevano in loro l’interesse e la partecipazione. Segni di cambiamento Una signora che lavora nella Polizia scopre la possibilità di vivere il Vangelo. Facciamo un lungo colloquio e, dopo aver parlato della difficoltà di vivere secondo lo spirito evangelico nel suo lavoro, le suggerisco di leggere la rivista Città Nuova, che in quei giorni riportava un articolo interessante su come un poliziotto riusciva a permeare il suo ambiente di lavoro ispirandosi proprio al Vangelo. Torna qualche giorno dopo, ancora incredula che possa essere vero il contenuto dell’articolo. Le suggerisco che il segreto è agire a corpo e le parlo di nuovi modelli di santità nella Chiesa: anche oggi si può vivere il Vangelo pienamente, ma solo se lo si fa insieme. Lei ci prova e coinvolge il marito, le figlie, qualche amico, fa esperienza anche nelle difficoltà, si scoraggia, si riprende. Ora lei, il marito e le figlie vivono lo spirito del Movimento dei Focolari. Ricevo un biglietto di auguri natalizi da parte di un uomo maturo negli anni, che ha partecipato fin dall’inizio agli incontri della Parola di vita: “Ebbene, da quando ho cominciato a comprendere ciò che vuoi trasmetterci, il mio modo di vivere è completamente cambiato sia in famiglia che con gli altri. Ora finalmente so qual è il fine della vita: portare dentro di me, ovunque e a chiunque, questo fuoco che tu mi hai acceso. Grazie!”. Un bambino capita per caso nel corso di catechismo di terza elementare; i genitori sono separati; prima non partecipava mai a Messa, poi sentendosi bene accolto, comincia a frequentarla, facendosi accompagnare ogni volta dalla madre; poi una sorpresa: si presenta un giorno con il padre che mi dice: “Mio figlio non fa che dirmi: – vieni a messa con me…”. E non basta, la domenica successiva lo trovo in sagrestia pronto con gli altri bambini per servire la messa. Mi chiama e mi dice: «Oggi ho portato Marco che non è mai venuto a Messa, perché va sempre alla partita di calcio; oggi ce l’ho portato io». Ma c’è un segreto Dal dicembre 2002 nella casa parrocchiale sono arrivati due sacerdoti: don F., da poco nominato parroco di un’altra parrocchia in città e, come ospite, don N., sacerdote di 86 anni che, lasciato il servizio pastorale, non sapeva dove andare. Non finiremo mai di ringraziare Dio per la possibilità di vivere insieme nell’amore reciproco, con quella ‘presenza’ che Gesù ha promesso a quelli che sono uniti nel Suo nome. La libertà, la sapienza, la luce, la gioia non hanno prezzo. Senza di Lui tutto è vuoto. Con Lui tra noi sperimentiamo la pienezza. La presenza di don N., poi, ha fatto capire a tutti che il nostro parlare di Vangelo e di amore è una cosa concreta. La nostra casa è aperta ad altri sacerdoti, di altre nazionalità, ospiti di passaggio, a seminaristi, per vacanze o per qualche giorno di riposo. Questa ospitalità è stata contagiosa, ha aperto il cuore e le tasche dei fedeli. Le offerte spontanee sono la voce più alta del nostro bilancio. Siamo tuttora testimoni anche di una sorprendente esperienza della provvidenza. La nostra vita comune va avanti ormai da più di tre anni e matematicamente tutti i giorni – e in alcuni giorni con sovrabbondanza – non manca un dono in cibo, vestiario, denaro, aiuto… Una sera, alle nove di sera, un bambino ha posto sul tavolo della sagrestia una porzione di crostata con questo biglietto: «Don N., è per te; io ho finito di cenare, ho pensato a te e te ne ho portato un pezzo!». (altro…)
Mag 4, 2001 | Focolari nel Mondo
Per la prima volta nella Repubblica Ceca Il 27 aprile Chiara Lubich ha incontrato la stampa. Hanno partecipato giornalisti delle testate nazionali di TV, radio e giornali indipendenti e di ispirazione cristiana. E’ intervenuta al II Incontro Nazionale Movimenti ecclesiali e nuove comunità a Praga su “La nuova evangelizzazione”, il 28 aprile. Il 30 aprile, ha parlato a circa 2000 membri del Movimento giunti da Ucraina, Slovacchia e Cechia a Praga per un incontro di 3 giorni. Lucia Fronza e Antonio Baggio, del Centro internazionale del Movimento dell’unità, hanno incontrato un gruppo di aderenti dei Focolari (60 persone) impegnati in politica. Presentati nascita, sviluppi ed esperienze in atto. Per il 3 maggio, Chiara Lubich è stata invitata dalla Conferenza episcopale Ceca a parlare su: “Dimensione carismatica della Chiesa e nuova evangelizzazione”. Giuseppe Zanghì, direttore della Rivista di cultura dei Focolari “Nuova Umanità”, approfondirà “Gesù crocefisso e abbandonato, chiave della spiritualità di comunione” rapportandolo alla Lettera apostolica di Giovanni Paolo II “Novo Millennio Ineunte”, e D. Silvano Cola, incaricato per il Dialogo tra Movimenti e Nuove Comunità, parlerà su “Dialogo e comunione fra i nuovi carismi”. Chiara Lubich concluderà la sua permanenza in Cechia con la visita alla nascente cittadella del Movimento, che sorge a Vinor, nei pressi di Praga. Dal 6 maggio in Slovacchia 7-8 maggio – Incontro di focolarini e focolarine di Cechia e Slovacchia. Il 9 maggio Chiara Lubich è invitata dalla Conferenza episcopale a dare la sua testimonianza personale e del Movimento dei Focolari. Il 10 maggio sarà accolta dal Presidente del Parlamento, Josef Migas e dal vicepresidente, Pavol Hrusovsky. Seguirà – sempre in Parlamento – l’incontro con una rappresentanza di vari circoli politici. Parlerà su “La fraternità in politica”. Il 12 maggio al Palazzo dello Sport di Bratislava sono attese oltre 5000 persone, con interventi dei testimoni degli inizi, esperienze locali, momenti artistici. Verrà presentata la spiritualità dei Focolari, con la sua incidenza sul mondo dei giovani, della famiglia, sull’economia e sulla politica, nella Chiesa. Nel pomeriggio Chiara Lubich approfondirà uno dei punti cardini della spiritualità: “L’unità e Gesù crocefisso e abbandonato”, con l’apertura e lo sviluppo dei dialoghi, tra cui quello ecumenico e interreligioso. (altro…)
Apr 30, 2001 | Parola di Vita
Gesù sta rivolgendo agli apostoli i suoi grandi ed intensi discorsi di addio, e li assicura, fra il resto, che essi lo avrebbero visto di nuovo, perché egli si sarebbe manifestato a coloro che lo amano.
Giuda, non l'Iscariota, gli domanda allora come mai egli si sarebbe manifestato a loro e non in pubblico. Il discepolo desiderava una grande manifestazione esterna di Gesù che avrebbe potuto cambiare la storia e sarebbe stata più utile, secondo lui, alla salvezza del mondo. Gli apostoli, infatti, pensavano che Gesù fosse il profeta tanto atteso degli ultimi tempi, il quale avrebbe fatto la sua comparsa rivelandosi al cospetto di tutti come il Re d'Israele e, mettendosi alla testa del popolo di Dio, avrebbe instaurato definitivamente il Regno del Signore.
Gesù risponde invece che la sua manifestazione non sarebbe avvenuta in modo spettacolare ed esterno. Essa sarebbe stata una semplice, straordinaria “venuta” della Trinità nel cuore del fedele, che si attua là dove vi è fede ed amore.
Con questa risposta Gesù precisa in quale modo egli rimarrà presente in mezzo ai suoi dopo la sua morte e spiega come sarà possibile avere contatto con lui.
«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui»
La sua presenza dunque si può realizzare fin d'ora nei cristiani ed in mezzo alla comunità; non occorre aspettare il futuro. Il tempio che la accoglie non è tanto quello fatto di muri, ma il cuore stesso del cristiano, che diventa così il nuovo tabernacolo, la viva dimora della Trinità.
«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui»
Ma come può il cristiano arrivare a tanto? Come portare in sé Dio stesso? Quale la via per entrare in questa profonda comunione con lui?
E' l'amore verso Gesù.
Un amore che non è mero sentimentalismo, ma si traduce in vita concreta e, precisamente, nell'osservare la sua Parola.
E' a quest'amore del cristiano, verificato dai fatti, che Dio risponde col suo amore: la Trinità viene ad abitare in lui.
«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui»
«… osserverà la mia parola»
E quali sono le parole che il cristiano è chiamato ad osservare?
Nel Vangelo di Giovanni, “le mie parole” sono spesso sinonimo di “i miei comandamenti”. Il cristiano è dunque chiamato ad osservare i comandamenti di Gesù. Essi però non vanno tanto intesi come un catalogo di leggi. Occorre piuttosto vederli tutti sintetizzati in quello che Gesù ha illustrato con la lavanda dei piedi: il comandamento dell'amore reciproco. Dio comanda ad ogni cristiano di amare l'altro fino al dono completo di sé, come Gesù ha insegnato ed ha fatto.
«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui»
E come allora vivere bene questa Parola? Come arrivare al punto in cui il Padre stesso ci amerà e la Trinità prenderà dimora in noi?
Attuando con tutto il nostro cuore, con radicalità e perseveranza appunto l'amore reciproco fra noi.
In questo, principalmente, il cristiano trova anche la via di quella profonda ascetica cristiana che il Crocifisso esige da lui. E' lì, infatti, nell'amore reciproco, che fioriscono nel suo cuore le varie virtù ed è lì che può corrispondere alla chiamata della propria santificazione.
Chiara Lubich
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Apr 27, 2001 | Chiesa, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
In oltre 4000 di 20 Movimenti ecclesiali e nuove comunità hanno partecipato al II Incontro nazionale della Repubblica Ceca “Nuova Evangelizzazione per il nuovo millennio”. Tra i Movimenti: il Cammino Neocatecumenale, di radice spagnola, la Comunità di Sant’Egidio, i Focolari, e Mondo Migliore dall’Italia, Chemin Neuf e Emmanuel di origine francese, Regnum Christi, nato nel Messico, Mother’s prayer, nato in Inghilterra, Schoenstatt, di origine tedesca. “Ci siamo ricordati i tempi del comunismo in cui non potevamo nemmeno immaginare un mondo unito. Qui abbiamo visto l’umanità nuova” “Non eravamo più membri di diversi movimenti e comunità ecclesiali, ma una sola famiglia”. “Un’esperienza di Chiesa meravigliosa, che mi ha commossa”. “Incontro dopo incontro tra i movimenti mi accorgo che in noi tutti cresce il fervore per annunciare Cristo nella nostra società secolarizzata”. “La testimonianza di oggi è per me un segno di speranza per il futuro”. “Oggi ho scoperto quale grande dono sono gli altri carismi: fanno capire di più Dio, rivelano un’altra bellezza, un’altra luce”. “La società civile è ora innanzi a noi e con la nostra unità dobbiamo trasformarla”. Queste alcune impressioni a caldo, raccolte tra giovani, famiglie, persone di ogni età e categoria radunate dalle varie città della Repubblica Ceca nel Palazzetto dello Sport Paegas Arena che ben esprimono il clima che si è respirato durante questo incontro: gioiosa speranza e nuova forza per essere in prima linea a portare nel mondo l’annuncio del Vangelo. Un traguardo notevole, in questa terra, dove diffuso è il disorientamento per l’ondata del nuovo materialismo della cultura consumista occidentale e più di metà della popolazione si dichiara atea. I testimoni dei vari movimenti ecclesiali e nuove comunità – ospite attesa tra loro, per la sua prima visita in Cechia, Chiara Lubich, che ha approfondito con grande intensità spirituale il tema principale – hanno mostrato la forza dell’amore, che nell’incontro con Dio provoca profondi cambiamenti di vita, risposta all’urgenza espressa ripetutamente dal Papa, di riportare nel mondo scristianizzato l’annuncio vitale del Vangelo. Una giornata densa di testimonianze, momenti artistici, preghiera. Questo incontro non è un episodio isolato: è diventata stile di vita quella “testimonianza comune” auspicata dal Papa “per portare nel cuore della Chiesa la ricchezza dei loro carismi”. Oltre 150 nel mondo gli incontri tra movimenti ecclesiali e nuove comunità. Un cammino – tratteggiato a Praga dal vescovo Radkosvki, delegato della commissione Laici della Conferenza episcopale ceca – iniziato da quella “geniale intuizione del Papa di mostrare il volto carismatico della Chiesa”, “questa primavera che sta per risvegliarsi” col primo incontro storico dei Movimenti e nuove comunità che in centinaia di migliaia gremivano piazza San Pietro, alla vigilia di Pentecoste ‘98. “L’effusione dello Spirito Santo sperimentata quel giorno non si è più interrotta”. (altro…)
Apr 27, 2001 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
“Il Fenomeno dei nuovi Movimenti ecclesiali e la collaborazione tra i carismi nella Chiesa come espressione della Nuova Evangelizzazione”
“Dove è la Chiesa, lì è lo Spirito di Dio, e dove è lo Spirito di Dio, lì è la Chiesa ed ogni grazia”, afferma san Ireneo di Lione già nel secondo secolo. Lo Spirito Santo spesso si manifesta attraverso i suoi doni che si chiamano carismi. Questi “possono prendere varie forme perché sono l’espressione della libertà assoluta dello Spirito che li mantiene, e sono la risposta alle varie necessità lungo la storia della Chiesa” (cf. Christifideles Laici 24). La storia della Chiesa, contemplata dal punto di vista dei vari carismi, che fanno nascere diversi “movimenti”, ci offre nel suo insieme la visione complessiva della dottrina di Cristo. La sua comprensione si sviluppa verso una larghezza e una pienezza sempre più complete. Come dice la Costituzione del Vaticano II Dei Verbum, n. 8, “la Chiesa nel corso dei secoli tende incessantemente alla pienezza della verità divina, finché in essa vengono a compimento le parole di Dio.” Il frutto concreto di questa crescita sono nuove forme della sequela di Cristo nei nuovi “movimenti” carismatici. Specialmente gli ultimi decenni sono caratterizzati dalla loro nascita e da uno sviluppo straordinario. Giovanni Paolo II, durante il suo pontificato, spesso viene in contatto in tutto il mondo con il fenomeno dei nuovi movimenti ecclesiali. Una delle sue intuizioni geniali è stata quella di mostrare a tutti questa nuova faccia carismatica della Chiesa, questa “primavera della Chiesa” che sta per risvegliarsi e che è stata prevista già dal Vaticano II. Questo è avvenuto in Piazza di San Pietro, alla vigilia di Pentecoste, il 30 maggio 1998. Alla fine del ventesimo secolo, tutti i presenti diedero la loro testimonianza dell’unità nella diversità e della ricchezza dei diversi carismi, diffusi dallo Spirito Santo nella Chiesa all’alba del terzo millennio. Si comprese la portata di quell’evento alla luce delle parole pronunciate dal Papa a conclusione dell’incontro. “Quel che accadde a Gerusalemme duemila anni orsono è come se questa sera si rinnovasse in questa piazza!”. Fu in quella occasione che il Santo Padre diede grande risalto alla dimensione carismatica della Chiesa, definendola “coessenziale” alla dimensione istituzionale-petrina. Dopo quell’incontro, i Movimenti iniziarono un nuovo cammino di dialogo, di collaborazione e di comunione fra loro. Fra i promotori, protagonista di primo piano fu Chiara Lubich, la nostra illustre ospite di oggi. In quella circostanza, di fronte a vari Fondatori e a mezzo milione di membri dei Movimenti, fece una promessa al Santo Padre: “…poiché il nostro Movimento – gli disse- ha il carisma dell’unità, mi premurerò, assieme ad altri già da qualche tempo orientati a ciò, di intraprendere un’azione per la comunione più piena fra i Movimenti”. (…). E cominciò effettivamente una nuova stagione nella Chiesa. In ogni parte del mondo i responsabili nazionali o locali dei vari Movimenti hanno iniziato a incontrarsi per proporre ai Vescovi un programma da svolgere nelle cosiddette “Giornate Pentecoste ‘98”: si voleva rivivere in loco l’esperienza fatta in Piazza San Pietro. Noi ci siamo incontrati in questo spirito a Velehrad nell’estate 1999, come molti di voi sicuramente si ricordano. E si può dire effettivamente che l’effusione dello Spirito Santo iniziata nel Cenacolo di Piazza san Pietro –come ebbe a dire il Santo Padre – non si è più interrotta. La gioia di incontrarsi, la scoperta che ognuno faceva della bellezza e della varietà dei carismi, la collaborazione che si è instaurata, la sorpresa, la contentezza e lo stupore dei Vescovi di fronte a questo nuovo volto della Chiesa che univa al profilo petrino di essa anche il coessenziale profilo mariano, sono stati le note comuni di ogni Giornata. Come ho già menzionato in altre occasioni, il profilo mariano ci suggerisce la vera comprensione del ruolo della donna nella Chiesa. La donna è il cuore della Chiesa come vergine, sposa e madre, e da qui deriva la sua indiscussa “autorità mariana” che consiste nel custodire il valore più prezioso nella Chiesa che è l’amore. E’ un’autorità con il suo carattere, diverso dall’autorità del sacerdozio ministeriale, con il quale tuttavia può molto bene coesistere. L’uso giusto di ambedue queste autorità nella prassi della vita dei Movimenti opera come una medicina perfetta contro le deformazioni maschiliste oppure femministe nella comunità ecclesiale. Attraverso il rinnovamento delle comunità di base si arriva al rinnovamento della Chiesa intera dove i Movimenti – dato la vasta scala dei loro doni – possono avere un ruolo decisivo ed insostituibile. Un’altra caratteristica importante dei Movimenti è quella che nella struttura della Chiesa di oggi mantengono viva la sua dimensione spirituale e sono un correttivo salutare alla corrente mentalità secolarizzata. Hanno la forza di creare e presentare una cultura ecclesiale propria; e già col loro essere richiamano costantemente alla dimensione universale della Chiesa, equilibrando una certa tendenza che accentua troppo la Chiesa locale. Vorrei menzionare alcuni esempi di come è sentita la collaborazione tra i Movimenti. Una delle ultime Giornate celebrate è stata quella di Lisbona (Portogallo), che ha raccolto 14.000 membri di 50 Movimenti nel Padiglione Atlantico della capitale. “Oltre ogni aspettativa”, hanno scritto, tanto da suscitare echi di ammirazione sulla stampa locale con titoli come questi: “I cattolici hanno invaso la capitale”; “Il più grande incontro di Movimenti laici, tutti portoghesi…” ; “L’altro volto della Chiesa”; “Una marea di laici con una grande presenza di giovani celebrano la Fede”… E il Patriarca di Lisbona, mons. José Policarpo, dopo un caloroso ringraziamento, ha esortato i Movimenti “a conservare la loro forza, forza non tanto di strategie quanto dei rispettivi carismi che portano alla santità”. Nel bellissimo incontro tra i laeders dei nove principali movimenti presenti nell’Archidiocesi di Los Angeles, USA, il Vescovo Gerald Wilkerson ha affermato: “Oggi è stato un segno di speranza per la Chiesa e il mondo intero. Questa unità già sperimentata tra di noi sarà la forza risanatrice contro la disunità. Siate fedeli ai vostri carismi: voi siete i custodi di questo sogno… con la vostra testimonianza continuate a iniettare fuoco e passione nella vita della Chiesa e dell’umanità. Voi siete un visibile segno di speranza!” A Sofia, in Bulgaria, dopo l’incontro dei Movimenti, mons. Christo Proykov, Esarca apostolico e Presidente della Conferenza Bulgara, ha detto: “Voi tutti avete ringraziato gli organizzatori, ma io ringrazio voi Movimenti che, con la vostra presenza, avete reso possibile vivere questo momento. Oggi avete fatto vedere che nonostante la Chiesa cattolica bulgara sia piccola, vive la stessa realtà della Chiesa Universale. Vi incoraggio a proseguire sulla strada che oggi avete incominciato. Si dice che la bellezza consiste nella diversità, ma vi dico che la bellezza è l’unità nella diversità”. A Spalato, in Croazia, a conclusione della Giornata, mons. Barisic ha detto: “…Stanno arrivando tempi nuovi per la chiesa, tempi che hanno futuro. I Movimenti. formano anche sacerdoti, e i parroci li devono appoggiare e incoraggiare”. E, sempre a Spalato, mons. Juric : “I Movimenti sono fondamentali per la nuova evangelizzazione. A contatto con loro ho apprezzato la loro umiltà, la sottomissione alla autorità ecclesiastica, l’unità col Vescovo e questa è la conferma che sono sulla strada giusta”. Il vescovo di Zara, mons. Prendjia, ha detto fra l’altro: “La Chiesa non deve temere i Movimenti, perché la arricchiscono e sanno portare le persone direttamente a Dio”. Comunione tra carismi nuovi e antichi Possiamo dire che questa comunione è già iniziata. L’occasione è stato l’invito della vasta famiglia francescana per iniziare con loro la via del dialogo e della collaborazione. Nel mese di ottobre scorso, Chiara Lubich, accolta dal caloroso ‘abbraccio’ di tutta la Famiglia francescana desiderosa di ascoltare la sua testimonianza, ha sviluppato il suo tema riguardante la comunione fra i carismi presentandola come una “comunione sempre possibile, sia perché i vari carismi, essendo diversi l’uno dall’altro, si attraggono, sia perché, essendo tutti doni dello stesso Spirito Santo, hanno, non di rado, qualcosa di simile fra loro”. E ha continuato: “Ho sempre in cuore quelle parole di Giovanni Paolo II, quando ha definito i Movimenti come ‘significative espressioni dell’aspetto carismatico della Chiesa, anche se non le sole’. Anche se non le sole, ha detto, perché esistono nella Sposa di Cristo gioielli senza numero, fucine di santi, di eroi, dottrine stupende (…) frutti di carismi elargiti dallo Spirito attraverso i secoli. (…) Che il Signore voglia questa comunione anche con loro, gloria e vanto della Chiesa, affinché il suo aspetto carismatico acquisti nuovo vigore, nuovo splendore e, nella unità piena e cordiale con l’aspetto istituzionale, dia frutti mai visti (…), una Chiesa più una, più attraente, più calda, più familiare, più dinamica, più mariana, più carismatica”. Questo dialogo tra carismi antichi e nuovi ha tutta l’aria di essere un momento storico, di fondazione. Un francescano commenta: “Abbiamo assistito a una nuova effusione dello Spirito Santo che parla alla Chiesa del terzo millennio. Non si può più tornare indietro!” Un ecumenismo dei cuori – La comunione dilaga anche con le altre chiese Il fatto che non possiamo tornare indietro vale pure per la collaborazione iniziata tra i Movimenti cattolici e quelli della Chiesa evangelica. Chiara è stata invitata in Germania, a Rothenburg, per parlare della sua esperienza e del dialogo nato tra i movimenti cattolici ad un centinaio di responsabili di circa 50 movimenti, la maggior parte della Chiesa evangelica-luterana, alcuni delle Chiese libere ed altri delle nuove Comunità spirituali. Suor Anna-Maria, priora della Fraternità di Cristo di Selbitz. che faceva parte del gruppo che prepara questi “incontri di responsabili”, comunicando la sua impressione personale disse: “I giorni a Rothenburg per me sono risultati un grande segno di speranza. (…) Ho avuto l’impressione, come poche volte prima, che Dio stesso agisse. Lui ci riunisce e ci indica una via per superare gli ostacoli che a causa del passato si frappongono tra noi cristiani delle diverse Chiese. Questo incontro ha aperto un sentiero verso l’unità. (…). Ci vuole effettivamente un’altra cosa, come ho sperimentato all’incontro di Rothenburg: lì ho costatato in effetti che i cuori s’incontrano. Parlerei così di un ‘ecumenismo dei cuori’. Penso che questi due modi di fare ecumenismo si completino a vicenda”. Decisero intanto di andare a Roma per incontrare, oltre al Centro del Movimento dei Focolari, anche la comunità di Sant’Egidio e il Rinnovamento nello Spirito italiano. Ma il denso programma conteneva la visita alla comunità evangelica di Roma, al card. Cassidy del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, e l’udienza dal Santo Padre. Qualcuno di loro ha poi riassunto : “Siamo andati all’origine della nostra fede comune e abbiamo visto tante pietre antiche. Ma soprattutto abbiamo visto pietre vive della Chiesa di Cristo oggi. Con la loro ospitalità ed il loro amore concreto ci hanno fatto sperimentare la Chiesa viva di Gesù Cristo”. Conclusione Abbiamo l’impressione che in quest’inizio di millennio lo Spirito Santo voglia rivelare al mondo un nuovo e più maturo volto della Chiesa. Si tratta del suo profilo carismatico-mariano. Ma questa ventata di Spirito Santo è stata fortemente favorita dal Consiglio dei Laici che in Vaticano aiuta il Santo Padre per tutto il laicato cattolico. Per dare un esempio, vi accenno alle risposte date in una intervista dal Presidente dello stesso Consiglio, il Card. Stafford, il quale ha dichiarato che uno dei momenti più significativi dell’importanza data dal Santo Padre al laicato, è stato: “Tra gli eventi recenti, (…) il raduno a Roma nel 1998 di 500 mila membri dei movimenti e delle associazioni laici, insieme a molti dei loro fondatori e leader”. “Sono essi – ha continuato – il principio della primavera. Le iniziative più promettenti nella Chiesa oggi vengono dal laicato. (…). Sarebbe utile indagare perché questi nuovi movimenti e associazioni sono emersi nella Chiesa oggi. Provo a suggerire una spiegazione. La formazione e lo sviluppo di questi nuovi gruppi laicali indica che i bisogni spirituali di molti cattolici non sono adeguatamente intercettati dalle istituzioni tradizionali della Chiesa. I desideri spirituali disattesi del laicato hanno portato benefici inattesi alla Chiesa e alla società. (…). Le aggregazioni laicali sono l’avanguardia della ‘nuova evangelizzazione’. Sono la manifestazione dei nuovi significati dell’evangelizzazione, ‘nuovi in ardore, metodi e espressioni’, per usare le parole di Giovanni Paolo.” Questo ha detto il Card. Stafford. Non desideriamo altro che la giornata di oggi sia un’espressione della maturità crescente dei nuovi Movimenti ecclesiali che si manifesta nella fedeltà ai loro rispettivi carismi messi pienamente a disposizione della Chiesa e della sua unità. Infatti, questa è la premessa di ogni sforzo della Nuova evangelizzazione, espressa nelle parole di Gesù “che tutti siano uno perché il modo creda” (cf. Gv 17, 21). (altro…)
Apr 27, 2001 | Chiesa
Nell’estate 1990 partecipai ad un grande festival musicale a Plzeò, intitolato “Porta”. In quel periodo non ero ancora stato battezzato e, dopo il crollo del regime comunista, nel novembre 1989, ero alla ricerca di qualcosa cui orientare la mia vita. Le idee che fino ad allora mi avevano affascinato erano la resistenza passiva contro il socialismo, il darwinismo, il movimento dei “Tramp”, le “protest songs”. Questo festival era espressione di una delle correnti spirituali seguite dai giovani in quel periodo. Davanti alla porta d’ingresso al festival c’era un gruppo di giovani assai particolare che annunciavano Cristo in un modo radicale. Rivolgevano la parola a quelli che passavano e discutevano apertamente con loro. Il loro entusiasmo, ma nello stesso tempo anche la loro spontaneità, mi affascinava. Non temevano di affrontare chiunque, ed entravano nell’intimo dell’uomo in modo immediato, anche suscitando talvolta reazioni negative. Il culmine per me è stato quando, davanti alla cattedrale di San Bartolomeo, ho incontrato il gruppo, ed uno di loro, vestito con una tonaca bianca che lo faceva apparire come una persona del medioevo, si è avvicinato e mi ha detto: “Gesù ti ama!”. La mia prima reazione è stata di insultarlo, mollandogli un pugno sul mento, ma non riuscii a farlo, per motivi che io stesso non capivo. A dir la verità, ero stato educato alla scuola comunista, dove mi si insegnava che “bisogna che la Chiesa – come nemico del progresso, della scienza, della cultura e dell’ umanità – sia sempre e dappertutto combattuta nel modo più radicale” (p.e. quando avevo 16 anni rubavo nelle chiese i libri, per poter almeno in qualche modo danneggiare la Chiesa). In quel momento però mi ero trovato come ‘paralizzato’ e così gli ho lanciato solo qualche insulto. Questo è stato il mio primo incontro con il coordinatore nazionale del Movimento “Luce – Vita”. Quelle sue parole però mi avevano folgorato così fortemente, che sono andato dall’altra parte della città, dove c’era una piccola chiesa e lì ho tentato maldestramente di pregare. C’era in me una lotta: da una parte, questo modo di Evangelizzare suscitava in me una reazione contraria, dall’altra volevo conoscere il programma e la vita di quel gruppo, perché riuscivano in un modo chiaro a esprimere gli elementi fondamentali della fede cristiana. La mia preghiera é stata esaudita perfettamente, perché un anno dopo ho cominciato a prepararmi per il Battesimo presso la chiesa di S.Egidio a Praga, dove una volta “per caso” ho letto su un cartello: “Se volete essere battezzati, venite il 10.9. (1991) alle 16.00 nel catecumenato” . Arrivando lì all’ora giusta, ho visto davanti alla porta della chiesa un gruppo di giovani. Quando si é aperta la porta, é venuto verso di me quell’uomo che avevo incontrato al festival, e che dice: “Ciao! Sono Padre Jan. Voi siete venuti per via del Battesimo? Venite avanti…”. Così sono stato battezzato. Più tardi, nel maggio 1992, é arrivata un’altra sfida: “Adesso andremo ad annunciare Cristo sulle strade!”. Una parte dei neofiti lì radunati subito ha rifiutato questa proposta; gli altri sono rimasti senza fiato, e con un certo tremore si sono detti d’accordo. É difficile descrivere le mie prime impressioni sulla nostra Evangelizzazione: un misto di angoscia, di balordaggine, di gaff, di timidezza nell’avvicinarci alla gente, di incidenti…. Era tutt’ altro che l’annuncio gioioso di Cristo, ma ci eravamo ormai gettati “nell’acqua” e dovevamo “nuotare”. La necessità di lasciarsi trasformare dalla Parola di Dio mi ha spinto a conoscere sempre di più il programma del Movimento “Luce – Vita” che ha una sua dimensione formativa ed evangelizzatrice, come possibilità di crescere nella fede per me personalmente e per gli altri credenti. E così dal 1992 sto partecipando agli incontri estivi dell’ Oasi, e dal 1997 anche come animatore. M. D. (altro…)
Apr 21, 2001 | Ecumenismo
L’irreversibile cammino del “dialogo della vita” verso la piena unità
Centro Mariapoli di Castelgandolfo (Roma), 20-21 aprile 2001
“Abbiamo vissuto la realtà dell’unico popolo cristiano” “Oggi per me è una gioia grandissima. Mi sono resa conto che l’unità è possibile” “Si fondeva la molteplicità, variopinta, ricchissima, in una comunione profondissima” Impressioni a caldo del vice-decano luterano d’Italia, Denecke, di una giovane greco-ortodossa di Atene, e di un gruppo di luterani di Lipsia, che ben esprimono quanto il dialogo ha operato all’incontro internazionale ecumenico del Movimento dei Focolari. Come diceva il titolo del Congresso, è stato un “dialogo della vita” per “crescere insieme” nell’unità, dialogo possibile per la “spiritualità di comunione”. E sull’ecumenismo del terzo millennio è apparso “un arcobaleno di speranza” – come ha detto il pastore riformato della Svizzera Peter Detwiller. Tutto esprimeva la ricchezza dei contributi delle varie Chiese: dal coro, composto da 30 elementi di 8 paesi, di 5 Chiese, che ha fatto risuonare canti nuovi e inni tipici, ai 4 presentatori: Liz Taite, anglicana, Anke Husberg, evangelica, Fredy Bitar, ortodosso e Severin Schmid, cattolico. Il congresso si è snodato poi attorno a 4 sessioni che offrivano il dono della specificità delle diverse tradizioni cristiane alla luce di alcuni punti della spiritualità dell’unità vissuti insieme ai cattolici: la Parola degli evangelici-luterani, Gesù tra i suoi dei riformati, l’Amore e la vita degli ortodossi, dei copti e dei siro-ortodossi, l’unità degli anglicani. Membri delle Chiese orientali e occidentali – appartenenti in vario modo al Movimento dei Focolari – hanno fatto dono delle loro esperienze più profonde, dando una testimonianza straordinaria della maturità cresciuta in 40 anni. Come Oleg, ortodosso di Mosca, trombettista d’eccezione:”Già da tanto tempo le parole – per noi che siamo stati perseguitati per la fede – hanno smesso di funzionare! Sì, perché tutti, comunisti e fascisti ci hanno detto le stesse cose. Per 70 anni ci hanno ficcato in testa: ‘Prima pensa alla patria e poi a te stesso’. Per questo noi russi non crediamo più alle parole. Soltanto la vita può dirci qualcosa. E quando ho visto nei focolarini la vita concreta del Vangelo, quando – proprio nel momento di maggior crisi politica ed economica – sono venuti a vivere con noi, non come turisti, ma condividendo con noi tutto, per anni, allora ho capito la spiritualità del Movimento e sono fiero di condividerla”. Un momento “alto, “nuovo”: il tempo dedicato alla teologia: “Gesù abbandonato come unico Mediatore e Riconciliatore”, approfondito da tre focolarini teologi della Scuola Abba: Stefan Tobler, riformato, Joan Patricia Back e Hubertus Blaumeiser, cattolici. “Dalla spiritualità ecumenica ho visto emergere ora la dottrina ecumenica: è di una portata incalcolabile” ha commentato un partecipante. E un pastore evangelico: “un carisma che si esprime in dottrina e in teologia, un carisma incarnato”. Su questo sfondo l’ora tanto attesa con Chiara. 12 risposte di luce. Hanno illuminato tutti con la potente realtà del carisma. “Sembrava – come ha detto un ortodosso russo di Mosca – che tutti fossimo diventati un cuore solo, nel quale batteva la certezza che l’unità è possibile”. Forte infatti è stato sperimentare il “già” dell’unità in Cristo, pur nel “non ancora” della piena comunione fra le nostre Chiese. Battesimo comune e santità, tra i molti punti approfonditi. Momenti culmine sono state le risposte su Gesù abbandonato, chiave dell’unità, e su Maria. Le sue parole rivelavano la profondità del mistero di Gesù che in croce grida l’abbandono del Padre: “Succede che invece di vedere i traumi, noi vediamo Lui, il suo volto, è Lui che grida… Invece di vedere le divisioni, invece di vedere persone che si sentono abbandonate, tradite, noi sentiamo che è Lui, è la sua voce, è il suo volto […]. E allora noi lo incontriamo e incontrandolo lo amiamo e vogliamo con Lui superare [le divisioni], come ha fatto Lui ‘In manus tuas, Domine’ […]. La stella del cammino dell’ecumenismo è Gesù abbandonato”. Con un’unica voce è risuonato l’Alleluja pasquale “Jubilate Deo”: esprimeva gratitudine, speranza e decisione di “diffondere ampiamente questo carisma nelle nostre Chiese e Comunità ecclesiali” (così i partecipanti coreani). Solenne e molto sentito il servizio ecumenico in varie lingue. Si lodava Dio e si chiedeva a Lui il dono dell’unità, con il vigore di un cuore solo. Coincidenza programmata: proprio in quei giorni 100 capi di Chiese firmavano a Strasburgo (Francia) la Charta ecumenica come linea-guida per l’ecumenismo in Europa. C’è stato uno scambio di messaggi: erano all’unisono. Comune l’impegno di portare avanti il dialogo del popolo. Durante il post-congresso, con ottanta persone provenienti soprattutto dai Continenti, per tre giorni si è andati in profondità nella conoscenza vicendevole, in uno scambio di doni meraviglioso, che non avrebbe voluto finire mai. Il patto dell’amore reciproco alla conclusione ne è stato l’impegnativo suggello. Risultava evidente più che mai quanto Gabri Fallacara e Angelo Rodante, del “Centro Uno”, di cui ricorreva il quarantesimo, avevano detto aprendo il Convegno: la spiritualità dell’unità è quella spiritualità di comunione che l’oggi, anche quello ecumenico, sta cercando. (22-04-01) (altro…)
Apr 13, 2001 | Focolari nel Mondo
P. – Siamo una famiglia di 4 persone costituita da noi due genitori, M. e P., con due figlie, rispettivamente di 26 e 19 anni. Abbiamo conosciuto il Movimento dei Focolari circa 20 anni fa, appena trasferiti, ma non ne abbiamo compreso immediatamente il messaggio. Dopo alcuni anni, in occasione di un incontro, siamo stati improvvisamente colpiti dall’atmosfera di accoglienza, d’Amore e Unità come una straordinaria attenzione ed ascolto di ciascuno per l’altro. Questa scoperta ci ha spinto a cercare di metterla in pratica attraverso l’Amore concreto per coloro che la vita ci mette quotidianamente vicino. M. – Pur cercando di vivere questo Amore concreto e scambievole all’interno della nostra famiglia, con P. sempre più spesso sentivamo il bisogno di aprirci verso altre famiglie. Con questo stato d’animo, quando si è resa necessaria l’assunzione temporanea di una persona nella nostra piccola azienda a conduzione familiare, scegliemmo una mamma albanese, A., con due bambini di nove e sette anni, B. e S., ed un marito con un lavoro molto faticoso ed estremamente precario. Avvertivamo quanto si sentissero smarriti e sradicati dalle loro abitudini di vita e religione. Sin dai primi giorni di lavoro tra A. e la nostra famiglia si era stabilito un rapporto di calda familiarità, nonostante le difficoltà legate alla lingua ed alle diverse tradizioni. Diventava tangibile giorno dopo giorno sentirci tutti appartenenti all’unica grande famiglia umana: dal piccolo sforzo di pronunciare il nome di tutti i componenti della famiglia in modo corretto, alla assistenza per risolvere i numerosi problemi burocratici legati alla assunzione ed al permesso di soggiorno. M. – Quando A. mi ha confidato di essere in attesa del suo terzo figlio, era molto spaventata e preoccupata per il futuro economico della sua famiglia legato in quel momento solo alla stabilità del suo lavoro. Sentii allora che questo era il momento di rendere concreto quell’amore per il fratello supportato dalla fiducia in quella Provvidenza, che avrebbe trovato soluzioni umanamente impossibili. Cercammo così insieme di prevenire disagi, e superare le difficoltà di ordine burocratico e di salute che si presentavano. Così a Luglio dell’anno scorso è arrivato D., un bimbo bello ed allegro. P. – Avendo un giorno mia moglie impegni improvvisi, sono andato io con A. ed il piccolo in Comune per risolvere i problemi burocratici e poter usufruire del pulmino per portare a scuola gli altri due figli. Non mi sarei mai aspettato di uscire da quella pesante mattinata in comune così contento per la parziale soluzione dei problemi dell’altra parte della nostra famiglia: e pensare che prima di andare ero angosciato per aver lasciato il mio lavoro in sospeso M. – Una volta la mattina alle sette, ricevo una telefonata dal marito di A. che mi avvisava che la moglie non sarebbe potuta venire al lavoro perché era stata ricoverata all’ospedale durante la notte. Mentre lo stato di salute della mamma non era grave, ma l’avrebbe costretta a stare in ospedale alcuni giorni, la situazione per il piccolo era preoccupante perché non avrebbe potuto ricevere il suo latte materno, unico alimento del momento. Ci siamo mobilitati tutti: chi è andato a comprare latte in polvere e biscottini, chi bolliva tettarelle e biberon, chi insegnava ai fratellini come preparare le dosi. Quanta è stata grande la mia gioia quando finalmente D. ha cominciato a succhiare con gusto ed in pochi minuti ha finito tutto il latte: mi è sembrato di tornare indietro di tanti anni ed in quei momenti ho provato la stessa gioia che provavo per le mie bambine. C. – Io sono la maggiore di noi due sorelle. La prima cosa che ricordo di questa esperienza, è stata l’ indifferenza della gente. Man mano che venivo a conoscenza delle difficoltà che A. e la sua famiglia dovevano affrontare, mi stupivo sempre più di come molte persone intorno a loro, guardavano, passando senza soffermarsi. Per noi invece è stato bellissimo adottare questa famiglia: purtroppo non abbiamo molti parenti e a me è sempre mancata la “famiglia grande”! Ora, da quattro che eravamo, siamo diventati nove. Anche mia sorella ha partecipato moltissimo. Si è improvvisata sorella maggiore! Quando D. era più piccolo e accompagnava la mamma al lavoro perché lei non poteva lasciarlo solo a casa la mattina, mia sorella faceva la baby-sitter, mentre studiava lo teneva vicino a lei, lo coccolava, lo rassicurava quando si metteva a piangere. Quando, invece è iniziata l’estate, e i bambini più grandi avevano i compiti per le vacanze, mia sorella andava spesso a casa loro per aiutarli nei compiti, o semplicemente far loro compagnia mentre studiavano, rendendo così il lavoro meno pesante. Mi ha colpito vederla così partecipe e responsabile, così attenta e piena di attenzioni. P. e M. – Questa occasione di accogliere i problemi di un’altra famiglia ci ha permesso di comprendere quanto sia vero che il dare anche solo il proprio tempo viene ripagato dal Signore col centuplo: abbiamo trovato fratelli/parenti molto più vicini a noi di quelli di sangue purtroppo lontani. (altro…)
Apr 8, 2001 | Cultura
Ci troviamo qui per approfondire quell’ancor piccola, ma importante, realtà economica nata nel 1991 nel Movimento dei Focolari e che si è sviluppata finora quasi unicamente in esso, sotto il nome di “Economia di Comunione”. In questo convegno essa verrà studiata, approfondita, sviscerata secondo le varie competenze che loro, Signori imprenditori, professori di economia, studiosi, penseranno meglio. Per parte mia vorrei offrire qualche pensiero su quel tipico aspetto spirituale che le sta alla base, sin dal suo esordio a San Paolo in Brasile, e che l’ha animata, la anima, la sostiene e la dovrà sempre sostenere a garanzia della sua autenticità. Mi spinge a ciò un motivo non certo trascurabile: l’Economia di Comunione non è un’attività unicamente umana, frutto semplicemente di idee e di progetti di uomini seppur dotati. Essa è un’espressione del Movimento dei Focolari che è Opera di Dio. Opera di Dio, anche se Egli, Altissimo, ama usare quali suoi strumenti, per i suoi fini, uomini e donne di questo mondo. Ne consegue che, se l’Economia di Comunione è parte di un’Opera di Dio, è Opera di Dio essa stessa, almeno nel suo spirito e negli aspetti essenziali. E, se le cose stanno così, sarà ovvio e saggio conoscere e approfondire come è stata prevista dal Cielo e ispirata, e come qui in terra è stata da noi concepita e plasmata. In pratica, come è stata condotta da quel carisma d’unità, dono di Dio, che ha suscitato, sviluppato e continua a far progredire il nostro Movimento nella sua globalità. Ma quali e quanti i suggerimenti, le intuizioni, le ispirazioni anche, che hanno guidato fin qui l’Economia di Comunione? Mi sembra che ve ne siano di assai pregevoli e che non siano pochi. Permettano, Signori, che ora ne prenda in considerazione quattro, venuti in evidenza durante i dieci anni di vita dell’Economia di Comunione. Si tratta qui di riconsiderarli bene, insieme, per interpretarli esattamente ed attuarli con grande fedeltà. Essi riguardano: la finalità dell’Economia di Comunione e cioè lo scopo per cui è sorta; la “cultura del dare”, che le è tipica; gli “uomini nuovi”, che non possono mancare nel gestirla; le “scuole di formazione” per tali uomini e donne, assolutamente necessarie, che dobbiamo prevedere. Lo scopo per cui è sorta La finalità dell’Economia di Comunione è nascosta nel suo stesso nome: un’economia che ha a che fare con la comunione fra gli uomini e con le cose. Essendo, infatti, l’Economia di Comunione un frutto del nostro Ideale, questa sua finalità non può essere che una parziale espressione della finalità stessa del nostro Movimento e cioè: lavorare per l’unità e la fraternità di tutti gli uomini richiesta dalle parole-preghiera di Gesù al Padre: “Che tutti siano uno”, diventando così un cuor solo ed un’anima sola per la carità scambievole. Unità che si può realizzare con la nostra tipica “spiritualità dell’unità”. Ora per quanto riguarda le indicazioni, che possiamo aver avuto dall’Alto, vediamo che la finalità dell’Economia di Comunione è presente sin dal 1991, anno della sua nascita, in uno scritto dove si legge: “A gloria di Dio è nata perché torni a rivivere lo spirito e la prassi dei primi cristiani: ‘Erano un cuore solo e un’anima sola e fra loro non v’era indigente’.” (Cf At 4,32-34) E nel ’94 si ricalca: “Se noi attuiamo l’Economia di Comunione, col tempo, potremo vedere realizzata nella nostra Opera una meravigliosa pagina della Chiesa nascente: ‘La moltitudine (…) aveva un cuore solo ed un’anima sola (…), ogni cosa era fra loro in comune. (…) Nessuno fra loro era bisognoso’.” (At 4,32-34) Anzi è un anno questo, il 1994, in cui, affinché si abbia sempre di fronte l’importanza dell’Economia di Comunione e la sua finalità, si rievocano i primi suoi passi perché non perda di smalto. Riportiamo quelle parole perché ci siano di aiuto pure oggi: “Si misero a disposizione terreni e case; ci si spogliò di ciò che si aveva di più caro: i gioielli di famiglia, ad esempio; si pensò ai molti sistemi per orientare aziende ai fini dell’Economia di Comunione. Fu uno spettacolo d’amore non solo in Italia, ma nel mondo”. E un anno dopo, sempre per meglio attuare la finalità dell’Economia di Comunione e incoraggiare ad attuarla, si vuole far conoscere questi nostri fratelli e sorelle che ne beneficiarono: “Ma chi sono questi nostri fratelli? Li conosco e li ho visti alcuni in foto: sorridenti, dignitosi, fieri di esser figli di Dio e di quest’Opera. Non mancano di tutto, ma di qualcosa. Hanno bisogno, ad esempio, di togliersi dall’animo l’assillo che li opprime notte e giorno. Hanno necessità d’essere certi che loro e i loro figli avranno da mangiare; che la loro casetta, a volte una baracca, un giorno cambierà volto; che i bambini potranno continuare a studiare; che quella malattia, la cui cura costosa si rimanda sempre, potrà finalmente essere guarita; che si potrà trovare un posto di lavoro per il padre. Sì, sono questi i nostri fratelli nel bisogno, che non di rado aiutano anche loro, in qualche modo, gli altri. Sono un tipo di Gesù ben preciso, che merita il nostro amore e che ci ripeterà un giorno: ‘Avevo fame, ero ignudo, ero senza casa o con la casa rovinata… e voi…’. Sappiamo cosa ci dirà”. Conosciamo quindi la finalità dell’Economia di Comunione. Ma come raggiungerla? La cultura del dare che le è tipica Nei nostri ambienti, nei nostri Convegni ne parliamo spesso e ci appaiono assai belle queste parole. Non sono forse l’antidoto a quella cultura dell’avere che oggi domina e proprio nell’economia? Certamente sì. Ma, a volte, si può aver posto troppa fiducia nell’espressione: “cultura del dare”, dandole un’interpretazione un po’ semplicistica e riduttiva. Non sempre, infatti, con essa si vuol dire spogliarci di qualcosa per donarla. Queste parole in realtà significano quella tipica cultura che il nostro Movimento porta in sé ed irradia nel mondo: la cultura dell’amore. “Cultura dell’amore”, di quell’amore evangelico assai profondo e impegnativo, che è parola sintesi di tutta la Legge e i Profeti, quindi di tutta la Scrittura, per cui chi vuol possederlo non può esimersi dal vivere il Vangelo intero. Ma come lo potrebbe fare? Lo dirò fra poco. Intanto notiamo che anche della “cultura del dare” si è scritto già nel 1991: “A differenza dell’economia consumista, basata su una cultura dell’avere, l’Economia di Comunione è l’economia del dare. Ciò può sembrare difficile, arduo, eroico. Ma non è così perché l’uomo fatto ad immagine di Dio che è Amore, trova la propria realizzazione proprio nell’amare, nel dare. Questa esigenza è nel più profondo del suo essere, credente o non credente che egli sia”. E si conclude: “E proprio in questa costatazione, suffragata dalla nostra esperienza, sta la speranza di una diffusione universale, domani, dell’Economia di Comunione”. Si prevede, dunque, che l’Economia di Comunione possa un giorno superare i confini del nostro Movimento. Riguardo poi sempre al dare, ma anche alle sue meravigliose conseguenze, troviamo scritto l’anno dopo, nel 1992: “Dare, dare, attuare il ‘dare’. Far sorgere, incrementare la cultura del dare. Dare quello che abbiamo in soprappiù o anche il necessario, se così ci suggerisce il cuore. Dare a chi non ha, sapendo che questo modo di impiegare le nostre cose rende un interesse smisurato, perché il nostro dare apre le mani di Dio ed Egli, nella sua Provvidenza, ci riempie sovrabbondantissimamente per poter dare ancora e molto e ricevere ancora e così poter venire incontro alle smisurate necessità di molti”. La causa dell’Economia di Comunione però non domanda solo l’amore ai bisognosi, ma verso chiunque perché così la spiritualità dell’unità esige. E perciò vuole che si amino tutti i soggetti dell’azienda. Si scrive, ad esempio: “Diamo sempre; diamo un sorriso, una comprensione, un perdono, un ascolto; diamo la nostra intelligenza, la nostra volontà, la nostra disponibilità; diamo le nostre esperienze, le capacità. Dare: sia questa la parola che non può darci tregua”. Nel ’95 si precisa il più profondo significato del dare:”Ma cos’è questa cultura del dare? E’ la cultura del Vangelo, è il Vangelo, perché noi il ‘dare’ l’abbiamo capito dal Vangelo. ‘Date – c’è scritto nel Vangelo – e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo’ (Lc 6,38). Ed è quello che sperimentiamo quotidianamente. Se tutti vivessero il Vangelo, i grandi problemi nel mondo non esisterebbero, perché il Padre del Cielo interverrebbe a realizzare la promessa di Gesù: ‘… vi sarà dato’.” Durante questi anni, poi, non ci sono mancati forti impulsi sul significato più semplice del dare, sul dare concretamente, specie da certi santi. “All’affamato – dice san Basilio – appartiene il pane che metti in serbo; all’uomo nudo il mantello che conservi nei tuoi bauli; agli indigenti il denaro che tieni nascosto. Commetti tante ingiustizie quante sono le persone a cui potresti dare tutto ciò”. E san Tommaso d’Aquino: “Quando i ricchi consumano per i loro fini personali il sovrappiù necessario alla sussistenza dei poveri, essi li derubano.” Ma, trovandoci oggi tra persone con responsabilità d’azienda, ricorderei un altro scritto: “Non basta un po’ di carità, qualche opera di misericordia, qualche piccolo superfluo di singole persone (per raggiungere il nostro scopo): occorre che aziende intere e imprese mettano in comune liberamente il loro utile”. Nello scandire gli anni del decennio 1991-2001 è infine presente l’esigenza per l’Economia di Comunione di avere e formare “uomini nuovi”. Ma chi sono questi “uomini nuovi”? Sono, anzitutto, laici. Quei laici che oggi stanno vivendo un momento privilegiato. Conosciamo, penso, quelle sapienti parole dell’Antico Testamento che dicono: “Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo. C’è un tempo per nascere e un tempo per morire (…). Un tempo per tacere e un tempo per parlare. (…) Egli (Dio) ha fatto bella ogni cosa a suo tempo.” (Qo 3,1-11) Ebbene: che tempo è quello che noi viviamo? Che tempo è per la Chiesa? Ce lo dice Giovanni Paolo II: “Nella Chiesa è scoccata oggi l’ora del laicato”. E, se così è, questo è il tempo nostro, vostro, dei laici. Ora, poiché il Signore conduce la grande storia del mondo e del cosmo e contemporaneamente la piccola storia nostra, di noi, sue creature, dobbiamo chiederci: come Egli vuole noi, laici, in questo momento? La risposta l’ha già data lo Spirito Santo in due modi: attraverso il Concilio Vaticano II e il sorgere dei nuovi Movimenti nella Chiesa. Il messaggio del Concilio è questo: i laici devono santificarsi là dove sono, nel mondo. Quindi come operai, impiegati, maestri, politici, economisti, tranvieri, casalinghe e così via. E lì dove sono, devono cristianizzare (rinnovare col Vangelo) i vari ambiti del vivere umano: con la testimonianza e con la parola, perché lo Spirito Santo ha donato ai laici doni speciali proprio per questo. Lo possono fare proprio loro e specialmente loro. Col Vangelo, vivendo integralmente il Vangelo. Infatti, i Movimenti hanno questo di caratteristico: i loro membri sono chiamati alla radicalità della vita evangelica, a vivere il Vangelo con autenticità: una grande vocazione che eleva la loro dignità. Nel ’98, in qualche nostro scritto, si precisa che sono laici sì, ma laici speciali, chiamati a questo, forse, per la prima volta sul nostro pianeta. I concetti sono questi: “Quando consideriamo l’Economia di Comunione dobbiamo pensare ad uno dei fattori che la rendono così bella, viva, di esempio nel mondo: essa è suscitata e portata avanti da laici. Mi ricordo che un tempo si diceva che il laico è colui che deve soltanto imparare. Igino Giordani, perché laico, si sentiva, con ciò, un proletario nella Chiesa. Ora, dopo il Concilio Vaticano II, e ad opera dei nuovi Movimenti, come il nostro che ha avuto origine da laici, vediamo come il laico sia protagonista. Perché? Perché si sta scoprendo, con grande gratitudine a Dio, con meraviglia e non senza sorpresa, che specie certi laici di oggi hanno qualcosa di particolare. Essi non si accontentano di realizzarsi con un lavoro, con una carriera, o con la semplice vita di famiglia. Non basta più; non sono sazi, non si sentono se stessi, se non si dedicano anche esplicitamente all’umanità. Per cui quel decidere di impegnarsi nell’Economia di Comunione, anziché esser loro di peso, è di gioia, per aver trovato il modo di realizzarsi pienamente. Ed è un fatto che commuove: potrebbero mettersi in tasca quegli utili guadagnati, comprare la pelliccia alla signora, nuovi doni ai bambini, la macchina al figlio… Ma non lo fanno, vivono per un grande Ideale e sono coerenti. E si santificano non nonostante la politica, l’economia ecc., ma proprio nella vita politica, in quella economica ecc. Dio li benedica e dia loro il centuplo già in questa vita e poi la vita piena”. E come sono ancora questi “uomini nuovi”? Sono anzitutto persone di grande fede perché di profonda vita interiore. Lo si dice sempre nel ’98. “Se noi nel fare l’Economia di Comunione viviamo il Vangelo, cerchiamo il suo regno, perché ci mettiamo in contatto con i nostri operai, ma da Gesù a Gesù; con i clienti, ma da Gesù a Gesù; con i concorrenti, ma da Gesù a Gesù; se noi facciamo così l’Eterno Padre pensa a noi. E vediamo verificarsi nel mondo dell’Economia di Comunione piccoli o meno piccoli miracoli di grazia. Imprese di tre operai, ora con più di duecento … Industrie che stanno per chiudere ma, perché sperano ancora, dicono: ‘Tiriamo avanti fino a domani.’ E intanto arrivano tutti i mezzi necessari per superare la crisi. C’è un Altro, insomma, c’è un’altra cassa che non è quella che abbiamo nel nostro ufficio: è una cassa Celeste che si apre al momento opportuno”. Nel 1998 si aprono pure orizzonti nuovi. L’Economia di Comunione richiede nuovi impegni, e si vede come essa nobiliti coloro che vi lavorano e dia loro dignità. “Occorre che l’Economia di Comunione non si limiti ad esemplificazioni nel realizzare imprese nuove ispirate ad essa, con qualche commento di chi è più o meno esperto, ma occorre che diventi una scienza con la partecipazione di economisti preparati che sappiano delinearne teoria e pratica, confrontandola con altre correnti economiche, suscitando non solo tesi di laurea, ma scuole da cui molti possano attingere. Una scienza vera che dia dignità a chi deve dimostrarla con i fatti e significhi una vera ‘vocazione’ per chi vi si impegna in qualsiasi modo.” Scuole di formazione per imprenditori, economisti, e i vari componenti dell’azienda Per attuare un’Economia di Comunione occorrono, dunque, una finalità chiara, la “cultura del dare” e “uomini nuovi”. Ma gli uomini nuovi sono coloro che vivono in modo attualissimo il Vangelo, attuano l’amore reciproco, fanno propria, in pratica, la spiritualità dell’unità che porta Gesù in mezzo a noi. E qui non possiamo non esultare perché proprio la spiritualità dell’unità o di comunione è diventata nelle ultime settimane – come è stato autorevolmente detto: “La base su cui opera la Chiesa in questo momento”. Il Santo Padre ha scritto nella Novo millennio ineunte, al paragrafo 43: “Prima di programmare iniziative concrete occorre promuovere una spiritualità della comunione (…). Spiritualità della comunione significa (…) capacità di sentire il fratello (…) come ‘uno che mi appartiene’, per saper condividere le sue gioie e le sue sofferenze, per intuire (…) e prendersi cura dei suoi bisogni (…). Spiritualità della comunione è pure capacità di vedere innanzitutto ciò che di positivo c’è nell’altro, per accoglierlo (…) come dono di Dio: un “dono per me” (…). Spiritualità della comunione è infine saper ‘fare spazio’ al fratello, portando ‘i pesi gli uni degli altri’ (Gal 6,2)”. L’Economia di Comunione è stata possibile perché è nata in un contesto di cultura particolare, la cultura dell’amore che domanda comunione, unità e aiuta a pensare ad un mondo nuovo, a creare un popolo nuovo, con una cultura nuova, che ha in sé quei valori cui noi teniamo di più. E’ per questo che occorre una formazione adeguata a questa cultura, e urge far nascere delle scuole per imprenditori, economisti, professori e studenti d’economia, per ogni componente dell’azienda. La scuola per i politici che vogliono aderire al “Movimento dell’unità”, stimata e già funzionante una volta al mese vicino al Parlamento, può suggerirne lo schema. Si tratta di seguire un iter spirituale, un cammino, facendo proprie le sue varie tappe; iter proposto da un membro esperto del Movimento dei Focolari, da vivere poi nel quotidiano. Si tratta, inoltre, di vederne le implicazioni nel mondo economico e di offrire a conferma valide esperienze. Il tutto, che dovrebbe durare circa due ore, si conclude con commenti e proposte dei presenti. Una cosa “semplice e fattibile”, così diceva un parlamentare presente, così – lo speriamo – diranno gli imprenditori. Quest’anno va dedicato, in modo tutto particolare, proprio alle prime realizzazioni di scuole per l’Economia di Comunione. Il nostro carisma lo vuole. La realtà dell’Economia di Comunione nel mondo lo esige. (altro…)
Apr 8, 2001 | Cultura
D – Quali le novità che sono emerse a conclusione di questa prima scuola degli imprenditori che aderiscono al progetto dell’Economia di Comunione a dieci anni di vita di questo progetto? Dopo 10 anni di vita del progetto di Economia di Comunione si sentiva un po’ dappertutto il bisogno di raccogliersi, di fare il punto della situazione e di vedere quali nuovi traguardi si aprivano davanti a noi. E questo ci è stato indicato da Chiara Lubich nel suo tema programmatico, dove lei ha voluto risottolineare e rilanciare quelle che erano proprio le ispirazioni originali del progetto. Il tema si è svolto in quattro punti fondamentali: Le finalità del progetto, cioè l’aiuto ai bisognosi attraverso la condivisione degli utili delle imprese; La cultura del dare come un humus culturale che sta alla base delle attività delle imprese; Gli “uomini nuovi”, ossia laici impegnati a consacrare le realtà umane; La creazione, a partire da questo… di scuole di formazione per gli imprenditori. Lanciando questi quattro punti, Chiara Lubich ha indicato delle strade da percorrere, raccolte dagli imprenditori presenti con grande serietà ed impegno. Nel programma che abbiamo svolto in tre giorni, anzitutto nel primo ci siamo concentrati sulla vita e sulla realtà delle imprese, nel secondo giorno ci siamo più raccolti intorno alle idee, alle teorie economiche che potrebbero stare a base e che potrebbe illuminare la vita, l’azione delle imprese. In tutto questo lavoro c’è stato un grande contributo anche di esperti che si sono raccolti intorno agli imprenditori per lanciare questa idea. C’è stato anche un gran lavoro di confronto e di raccordo tra gli imprenditori di imprese dello stesso settore, e nell’ambito dei gruppi linguistici, per cui c’è stato un grande dialogo fra tutti, in modo che la conoscenza si approfondisse e che tutte le idee che potevano sorgere fossero raccolte. Un altro punto importante è stato il lancio dell’idea di Chiara di creare intorno alle cittadelle del Movimento dei poli industriali. D – Da questa scuola è emersa anche qualche nuova iniziativa? Ecco, l’iniziativa nuova è stata appunto la richiesta di Chiara di creare un Polo industriale nelle cittadelle del Movimento. Già 10 anni fa, era nato il polo industriale accanto alla cittadella Araceli, vicino a S. Paolo in Brasile, un polo che in questi 10 anni si è sviluppato e che conta oggi 6 aziende ed è un faro di credibilità per l’Economia di Comunione. Chiara quest’anno ha lanciato l’idea che questa realizzazione avvenga anche in Italia, nella cittadella del Movimento qui a Loppiano, vicino Firenze. Come per il Brasile, Chiara diceva: “Siamo poveri, ma tanti”, e quindi si tratta di fare una raccolta di fondi da parte di tutti, cioè che vengano non solo dagli imprenditori, ma da tutti quelli che amano l’Economia di Comunione, del Movimento e fuori del Movimento. D – Una forma di azionariato popolare? Sì, una forma di azionariato popolare che si è incominciato a fare ancora durante l’incontro e che ha già raccolto una somma considerevole per iniziare questa attività. D – E quale è il significato di queste cittadelle con un Polo industriale? Una cittadella del Movimento ha come identità gridare con la sua vita il Vangelo. E’ una testimonianza di vita evangelica in un contesto normale, ma con rapporti di carità, di unità, di solidarietà fra popoli, etnie diverse. Ora il polo industriale conferisce alla cittadella un’altra dimensione: dare testimonianza che la vita evangelica è capace di penetrare tutti gli aspetti della vita umana, sia quelli spirituali, sia quelli più temporali. D – Dal dibattito emerso in questi giorni, qual’ è l’ apporto dell’Economia di Comunione all’attuale crisi dell’Economia mondiale che crea un sempre maggiore divario tra ricchi e poveri? In questo senso il professor Stefano Zamagni ha dato un suo contributo specifico nella tavola rotonda fatta da 4 esperti di varie nazionalità. Lui ha detto che uno dei contributi essenziale dell’Economia di Comunione era proprio quello di immettere in questo clima di competizione, che ormai non è solo tipico della vita economica ma che sta invadendo tutte le dimensioni della vita – da quello familiare a quello politico ecc., con delle ripercussioni gravi per la vita umana – un nuovo paradigma, non della competizione, ma un paradigma dell’amore, dell’unità. Lui considerava questo come uno dei più grandi contributi che l’Economia di Comunione può dare. Un ‘altro esperto, la prof. Emanuela Silva del Portogallo, ha affermato che l’EdC porta come contributo teorico il senso della solidarietà e della condivisione in un mondo come quello economico in cui impera l’individualismo, in cui la razionalità scientifica e l’affermazione del proprio io sono paradigmi fondamentali. Con l’Economia di Comunione si immettono in questo tessuto il senso della solidarietà e il senso della condivisione. D – Nell’attuale ricerca anche a livello teorico nel campo dell’economia i valori testimoniati dalle aziende dell’EdC si può dire che costituiscono una risposta ad una ricerca in atto, oppure si pongono in netto contrasto con quanto sta maturando a livello di elaborazione teorica nel mondo economico? Va in contrasto con quelle che sono le idee dominanti della globalizzazione. Esiste nel mondo dell’Economia oggi tutto un settore che possiamo chiamare economia alternativa o il terzo settore o economia solidale, o economia civile . C’è tutta una serie di proposte che sono in contrasto con questo tipo di economia razionalista ed individualista, neo liberale, l’economia di mercato. L’EdC si inserisce accanto a queste forme di economia alternativa dando però un suo specifico contributo. D – Quale? Appunto questo di immettere nell’Economia profit i grandi valori della solidarietà e della condivisione che normalmente vengono richiesti solo dall’economia non profit, cioè quella che non ricerca il lucro. Invece l’Economia di Comunione si attua dentro l’Economia di mercato, cioè quella profit, che ricerca gli utili, però proponendo appunto di condividere gli utili con i meno abbienti della società. (altro…)
Apr 8, 2001 | Cultura
“L’economia di comunione è nata perché torni a rivivere lo spirito e la prassi dei primi cristiani: ‘Erano un cuore solo e un’anima sola e fra loro non v’era indigente’. Non basta oggi un po’ di carità. Occorre che aziende intere mettano in comune liberamente il loro utile. Impiegare così i nostri capitali rende un interesse smisurato perché il nostro dare apre le mani di Dio”. (Chiara Lubich) Il rilancio all’Economia di Comunione a 10 anni dalla nascita è stato impresso da Chiara Lubich che in apertura della Scuola ha approfondito le radici spirituali che stanno alla base dell’Economia di Comunione, sin dal suo esordio a San Paolo in Brasile, e che ” sempre la dovranno sostenere a garanzia della sua autenticità”. Un progetto certo ardito quello dell’Economia di Comunione. Gestire le aziende destinando gli utili per chi è nel bisogno, e non per arricchirsi. E ancora per la formazione di uomini nuovi, pur investendo una parte per l’incremento dell’azienda. Ma come è possibile sopravvivere alla leggi ferree del mercato? Senza mezzi termini sin dalle prima battute, Chiara Lubich afferma che non si tratta di un’attività frutto solo di idee e progetti di uomini, seppur dotati. Nasce infatti in uno dei Movimenti suscitati oggi dallo Spirito, e quindi opera di Dio. Tutto avviene 10 anni fa durante un viaggio di Chiara in Brasile di fronte al dramma della miseria delle favelas che circondano le grandi metropoli. Chiara ha richiamato con forza proprio la finalità per cui è sorto questo progetto: veder realizzata quella pagina della Chiesa nascente: “erano un cuore solo ed una anima solo, ogni cosa era fra loro in comune. Nessuno era nel bisogno”. E forte è risuonato il richiamo ad avere costantemente davanti agli occhi i “fratelli gravati dall’assillo della sopravvivenza che li opprime notte e giorno”. “Non basta oggi un po’ di carità, – ha ancora detto – occorre che aziende intere e imprese mettano in comune liberamente il loro utile. Con altrettanta forza ha parlato di quella “cultura del dare” che ha radice proprio in quella promessa: “date e vi sarà dato con una misura scossa e traboccante”. Promessa che si verifica anche nella gestione delle aziende. “Impiegare così i nostri capitali – ha detto – rende un interesse smisurato, perché il nostro dare apre le mani di Dio”. Certo occorre formare “uomini nuovi”, i laici di questo nuovo millennio che si fanno santi non “nonostante” l’economia o la politica, ma proprio nell’agire economico e politico. Da qui il lancio, da questa prima scuola di formazione, al moltiplicarsi di queste scuole nel mondo. L’ Economia di Comunione ispira attualmente oltre 750 aziende nei 5 continenti. Sta suscitando un sempre crescente interesse da parte di economisti e sociologi, atenei e istituzioni internazionali. Innumerevoli i convegni svolti a vari livelli, oltre 100 le tesi di laurea. Storia e sviluppi di questi 10 anni sono stati tracciati dalla sociologa brasiliana Vera Araujo e dall’imprenditore Alberto Ferrucci. Vari gli aspetti toccati: dalla destinazione degli utili a oltre 10.000 famiglie nel bisogno, alle linee di conduzione dell’impresa emerse dall’esperienza delle aziende. Hanno poi preso la parola molti imprenditori. Tra le imprese presentate: la “Solidar Capital” (Germania) e le aziende collegate in Libano e Israele, la Unilab-informatica (Italia). Il Polo industriale Spartaco che sorge nella cittadella brasiliana Araceli nei pressi di s. Paolo, e che costituisce la realizzazione-pilota, è stato presentato anche con una videoregistrazione. E ancora aziende di Goa (India), Sestri Levante e Latina, Camerun, il Progetto “Asia Management Training Center” (Filippine) e collaborazione con imprenditori italiani per la importazione del progetto in Europa . La scuola è intervallata da incontri per settori di attività: informatica, produzione industriale, commercio, studi professionali, servizi di consulenza, promozione turistica, servizi alla persona. Sono stati importanti momenti di dialogo e confronto tra le imprese di tutto il mondo, avvenuti per la prima volta dalla nascita dell’Economia di Comunione. “Sfide e prospettive dell’Economia di Comunione oggi” è stata al centro del vivace dialogo dei partecipanti con la sociologa brasiliana Vera Araujo, il prof. Luigino Bruni, docente di Storia dell’economia all’Università Statale di Milano, l’imprenditore Alberto Ferrucci. Le prime linee di una nuovo pensiero economico sono state tracciate dal prof. Bruni intervenuto su: “Economia di comunione. Fatti e idee per un nuovo umanesimo” La sociologa Vera Araujo ha approfondito “La cultura del dono e del dare”. Il prof. Benedetto Gui, docente di economia all’Università di Padova ha trattato: “Per un agire economico di comunione”. Una tavola rotonda ha affrontato “La sfida dell’Economia di comunione all’economia odierna” interverranno i docenti di Economia Manuela Silva (Portogallo), Cristina Calvo (Argentina), Rocio Marques (Malaga, Spagna), Stefano Zamagni (Bologna), che ha concluso la giornata con un intervento accolto con grande entusiasmo da parte dei partecipanti. Il prof. Zamagni ha indicato nell’Economia di Comunione e la sua cultura dell’amore, un antidoto alla cultura della “competizione” che sta invadendo tutte le sfere delle relazioni umane (politica, famiglia, ecc.); una Economia di Comunione che, secondo l’economista di Bologna, può sempre più diventare l’esperienza di punta in questa delicata fase di ricerche di nuove strade per una economia davvero giusta e capace di futuro. (altro…)
Apr 4, 2001 | Cultura
Aperte le iscrizioni per L’AZIONARIATO POPOLARE
Il Progetto è stato lanciato da Chiara Lubich a conclusione della 1^ Scuola internazionale per imprenditori a 10 anni dall’avvio dell’Economia di comunione. Grande entusiasmo ha suscitato tra gli imprenditori il progetto di far nascere un polo industriale nei pressi della cittadella internazionale di Loppiano. Si sono subito aperte le iscrizioni per l’azionariato popolare che darà vita ad una società per azioni per la realizzazione di questo progetto.
Questa iniziativa si attuerà sul modello del “Polo Spartaco” nato nel 1991 in Brasile, nei pressi della cittadella Araceli a 47 km. da san Paolo, città-pilota dell’Economia di comunione: Conta ora 6 le aziende in vari settori: dall’abbigliamento ai detersivi, da grandi manufatti in plastica al commercio di farmaci, in pieno sviluppo. E’ un “faro” di credibilità per l’economia di comunione, oggetto di attenzione anche da parte della Commissione per debellare la povertà del Governo Brasiliano che vi ha intravvisto una prassi capace anche di trasformare l’agire politico in ‘politica di comunione’. Una commissione del SEBRAE, la più importante istituzione di supporto alle micro e piccole aziende, con una quarantina di persone – politici, assessori e imprenditori – ha visitato il Polo industriale per verificare “in loco” l’attuazione del progetto. Vi ha individuato un modello da proporre e moltiplicare.
“Una cittadella così in Brasile, dove il divario fra ricchi e poveri costituisce la piaga sociale per eccellenza potrebbe costituire un faro e una speranza. Avrà un influsso non solo locale. L’esempio trascina. I primi cristiani hanno informato ben presto l’Impero romano dei principi del Vangelo”. E’ quanto aveva detto Chiara Lubich, nel 1991, agli abitanti della cittadella Araceli al momento del lancio del progetto dell’Economia di comunione suscitato dalla drammatica miseria delle favelas che attorniano la metropoli di San Paolo. Immediata era stata la rispondenza. Era stata costituita subito una società per azioni, dove molti, anche con un minimo di capitale, potessero partecipare, facendo leva sulle parole di Chiara: “siamo poveri, ma tanti”. Ora sono più di 3000 gli azionisti della società anonima per azione “Espri” che gestisce il Polo.
L’idea originaria risale ancora nel 1962, quando Chiara Lubich, in Svizzera, dall’alto di una collina, ammirando la cittadella benedettina di Einsiedeln, nei secoli centro propulsore di civiltà, aveva “sognato” la nascita di cittadelle consone con i tempi: con case, scuole, industrie, piccole città-bozzetto di una società nuova, la cui legge fosse l’amore reciproco, legge del Vangelo, con la conseguente piena comunione di ogni ricchezza culturale, spirituale e materiale, città-pilota per un mondo nuovo. Cogli anni ne sono sorte 20 nei 5 continenti, ciascuna con caratteristiche proprie. Non si era però ancora sviluppato l’aspetto industriale. E’ quanto hanno già iniziato ad attuare la cittadella brasiliana e quella argentina di O’Higgins. Progetto che Chiara ha rilanciato ora, incominciando dalla prima cittadella nata nel Movimento: Loppiano che conta più di 800 abitanti da 70 Paesi dei 5 continenti. Era questa l’esigenza più viva degli imprenditori che a 10 anni dalla nascita del progetto dell’economia di comunione si incontravano per la prima volta a livello internazionale per una scuola di formazione: verifica del progetto e apertura a nuovi orizzonti. Altra iniziativa: prenderanno il via le scuole di formazione per imprenditori nei vari paesi del mondo a iniziare da Roma.
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Mar 31, 2001 | Parola di Vita
Queste parole, rivolte da san Paolo alla comunità di Colossi, ci dicono che esiste un mondo, nel quale regna l’amore vero, la comunione piena, la giustizia, la pace, la santità, la gioia; un mondo dove il peccato e la corruzione non possono più entrare; un mondo dove la volontà del Padre è perfettamente compiuta. E’ il mondo al quale appartiene Gesù. E’ il mondo che egli ha spalancato a noi con la sua risurrezione, passando attraverso la dura prova della passione. A questo mondo di Cristo noi non soltanto siamo chiamati, ma già apparteniamo per via del battesimo. Ma Paolo sa che nonostante la condizione di battezzati e quindi di risorti con Gesù, la nostra attuale presenza nel mondo ci espone a mille pericoli, tentazioni e soprattutto a quegli “attaccamenti” nei quali necessariamente si cade se non si ha il cuore in Dio e nei suoi insegnamenti. Essi possono riguardare le cose, le creature, se stessi: le proprie idee, la salute, il proprio tempo, il riposo, lo studio, il lavoro, i parenti, le proprie consolazioni o soddisfazioni… Tutte cose che non sono Dio e non possono quindi prendere il primo posto nei cuori. Ecco perché Paolo ci esorta:
«Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio»
E che cosa sono “le cose di lassù”? Quei valori che Gesù ha portato sulla terra e per i quali si distinguono i suoi seguaci. Sono l’amore, la concordia, la pace, il perdono, la correttezza, la purezza, l’onestà, la giustizia, ecc. Sono tutte quelle virtù e ricchezze che offre il Vangelo. Con esse e per esse i cristiani si mantengono nella loro realtà di risorti con Cristo. Per esse possono essere immunizzati dall’influenza del mondo, dalla concupiscenza della carne, dal demonio. Ma in che cosa consiste il “cercare le cose di lassù” nella vita di tutti i giorni? E come si fa a tenere il cuore ancorato al cielo, vivendo in mezzo al mondo? Lasciandoci guidare dai pensieri e dai sentimenti di Gesù il cui sguardo interiore era sempre rivolto al Padre e la cui vita rifletteva in ogni istante la legge del Cielo che è legge d’amore.
«Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio»
In questo mese in cui celebriamo la santa Pasqua, un modo pratico per vivere questa parola sarà quello di motivare tutte le varie azioni della giornata con quell’arte di amare che le rende preziose e feconde. Per esempio nel trattare con coloro che ci stanno accanto, cerchiamo di fare a loro ciò che vorremmo fosse fatto a noi e di “farci uno” con loro, facendoci carico dei dolori e delle gioie di tutti. Non aspettare che siano gli altri a fare il primo passo verso di noi, quando è in gioco la concordia della famiglia e l’armonia nell’ambiente in cui viviamo. Ma iniziare noi. E poiché tutto questo non è umanamente facile, anzi a volte sembra impossibile, sarà necessario puntare lo sguardo in alto e chiedere al Risorto quell’aiuto che non può farci mancare. Così, guardando alle “cose di lassù” per viverle sulla terra, potremo portare il regno dei cieli in quell’ambito piccolo o grande che il Signore ci ha affidato. Chiara Lubich (altro…)
Mar 19, 2001 | Chiara Lubich, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
“Quando sono arrivata a Recife, il 5 novembre 1959,è stato per me uno shock vedere il dislivello sociale, questa frattura tra ricchi e poveri, questa discriminazione, questa fame che si leggeva sui volti di tutti, questa miseria, questa insensibilità da parte dei ricchi verso i poveri. E dicevo: Qui non si può rimanere passivi! Qualcosa deve cambiare. Che cosa deve cambiare? L’uomo. Ho pensato: ci vogliono uomini nuovi per dare origine a strutture nuove e di conseguenza a città nuove, a un popolo nuovo.” (Da un’intervista alla Rai) Quel 10 marzo, l’ultimo saluto a Ginetta è “una festa”, veramente tale, “festa di cielo in terra”, come testimonia Lia Brunet, che con lei ha vissuto l’avventura dei primi tempi del Movimento insieme a Chiara. “Fin dal mattino sfila un fiume di gente, ‘un popolo’ di tutte le vocazioni: dai vescovi ai bambini; tutte le categorie sociali: dai contadini, ai deputati, agli imprenditori, ai giornalisti”. E tutto avviene proprio in una città nuova, la cittadella Araceli, il cuore del vasto Movimento che si è sviluppato in tutto il Brasile: una cittadella con case, scuole, un polo industriale, dove il divario fra ricchi e poveri è annullato.”E’ sorta su un terreno – come racconterà Ginetta stessa – dove esisteva solo una casupola di fango, senza acqua e senza luce, isolata dall’abitato. Ma la certezza – come aveva suggerito Chiara – che lì doveva sorgere questa città, ci aveva dato il coraggio di andare avanti giorno dopo giorno, con l’aiuto fortissimo della Provvidenza che arrivava sempre al momento giusto, facendoci sperimentare la paternità di Dio”. Chi la visita – come quel giornalista della Rai che aveva intervistato Ginetta – ha l’impressione che quella cittadella sia un segno profetico di una città futura. E lei lo conferma senza esitazione: Credo di sì, non c’è dubbio. Vedo che quanti vengono qui – e sono molti che vengono a visitarci – rimangono impressionati e dicono: “Così dovrebbe essere il mondo. Se questa vita potesse straripare, ecco che crollerebbero tutte le barriere, le divisioni, i conflitti. “Qui c’è la felicità. Credevamo che non esistesse la felicità. L’abbiamo trovata nel momento in cui avevamo perso la speranza. Qui c’è speranza per tutti”. Sin dal primo momento, appena giunte in Brasile,sentivamo chiaramente che solo Dio avrebbe potuto risolvere i problemi sociali. Quando la sua Parola avesse trasformato il cuore degli uomini: dei ricchi, dei capi, di tutti. Perché, prendere dove c’è e mettere dove non c’è, solo Lui poteva farlo. Solo Dio! Ma non un Dio astratto, relegato nei cieli, ma quello che avevamo imparato a ‘generare’ tra noi, vivendo le parole di Gesù: “Dove due o più sono uniti nel mio nome, Io sono in mezzo a loro” (Mt. 18,20). Allora, il nostro impegno è testimoniare Dio, presente in una comunità di persone pronte a dare la vita l’una per l’altra. Lui ci avrebbe insegnato la strada. Al momento della sua dipartita, è lo stesso vice presidente della Repubblica, Marco Marciel, tra il coro di telegrammi che giungono da personalità civili e religiose di tutto il Paese, che di Ginetta Calliari ricorda quel 1959, quando ha dato inizio ad un Movimento che oggi raccoglie circa 300 mila persone in tutto il territorio nazionale: “Non potrei non dare in questo momento la mia testimonianza riguardo a questo lavoro ammirevole di fraternità e di amore al prossimo, i cui risultati, in campo sociale, hanno portato tanti benefici alla popolazione più bisognosa del nostro Paese”. (altro…)
Mar 14, 2001 | Focolari nel Mondo
M.: ho sposato C. 28 anni fa; era una persona allegra, generosa, gran lavoratore e in possesso di un senso degli affari non comune, che gli ha consentito di raggiungere una certa agiatezza. Purtroppo è caduto nella trappola dell’alcool e la vita accanto a lui si è fatta sempre più difficile. Un giorno, durante una delle solite discussioni, mi dice che sono molto prepotente ed autoritaria: capisco che devo cambiare ancora e chiedo a Gesù di aiutarmi ad essere umile. L’alcool intanto continua la sua azione demolitrice: ora C. è abulico e non si interessa più degli affari e della famiglia. Ben presto la situazione precipita fino al punto che ci vengono confiscati casa e terreni su richiesta dei creditori. E’ un momento di grande dolore che mi ricorda la frase dei Vangelo: “Non temete, io sono con voi … ” e avverto che Lui è veramente accanto a noi in questa prova. Non altrettanto accade a C., che non trova di meglio che stordirsi sempre di più con l’alcool fino a perdere i sensi. Tra noi non è più possibile il dialogo né alcuna manifestazione d’affetto, ma io ed i figli lo accettiamo così, con la fede sicura che tutto vince l’amore. Un giorno lui se ne va di casa. S., la figlia:”… Vedere mio padre venire distrutto giorno dopo giorno dalla schiavitù dell’alcool mi aveva reso triste e sola; non riuscivo a dare un senso alla mia esistenza. Un anno fa ho accettato di partecipare a una Mariapoli, solo perché non avevo altri programmi in quei giorni; al termine mi sono chiesta: “E adesso come faccio a ritornare ad affrontare la realtà di casa mia che non è altrettanto gradevole?”. I primi giorni ho tentato di incamminarmi sulla via dell’amore attraverso tanti piccoli gesti, ma ben presto mi sono dimenticata di come avevo vissuto in Mariapoli. Dopo qualche mese partecipo ad un incontro del Movimento in un’altra città e lì avviene la mia conversione: scopro la forza dell’amore, credo che tutto, anche la situazione peggiore, vince l’amore. Pochi giorni dopo questa mia fede rinnovata è messa alla prova: papà se ne va di casa. Iniziano così tre terribili mesi, nei quali provo dentro di me rabbia, tristezza, solitudine e angoscia, anche perché lui non si fa vivo nemmeno al telefono. Siamo avvolti dall’amore della grande famiglia del Movimento: trovo la forza di andare oltre questo dolore e di non giudicare papà proprio per l’amore delle ragazze gen, mie amiche. Un giorno trovo la forza di scrivergli una lettera: “Ciao, caro papà, in questi giorni il mio pensiero è costantemente rivolto a te: penso a Dio, a noi due, a quanto ti voglio bene’, a quanto prego per te, a quanto vorrei esserti accanto, così come so di avere Dio accanto a me”… M.:”Passano tre mesi. Questo nostro dolore ci fa penetrare nel dolore di Gesù: anche Lui sulla Croce aveva gridato l’abbandono del Padre. Troviamo pace in tanto strazio grazie anche all’amore della famiglia soprannaturale che ci circonda, finché arriva una telefonata di C. che ci avverte che sta tornando. Proviamo gioia e rabbia allo stesso tempo: abbiamo il timore che tutto ritorni come prima con le ubriacature e le inevitabili discussioni; vorremmo rimproverarlo e rinfacciargli tutto, ma basta una telefonata con una persona dei Movimento a noi tanto vicina per vedere tutto alla luce di Dio e trovare la forza di lasciare da parte ogni risentimento. Ci ricordiamo della Parola di Vita: “Bisognava far festa e rallegrarsi, perché tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. Cerchiamo di viverla accogliendolo festosamente, col cuore pieno di gratitudine per Dio che ha voluto che ritornasse. Sono passati altri tre mesi da quel giorno, e C., sostenuto dal nostro amore, non ha più bevuto. E’ una gioia grande constatare il suo cambiamento: si è completamente trasformato, proprio come il figliol prodigo del Vangelo. Accostatosi spontaneamente alla confessione, partecipa ogni giorno alla santa Messa, e preghiamo insieme in famiglia. Anche noi siamo state rinnovate da questa esperienza. Ora sappiamo che possiamo ricominciare sempre, come stiamo facendo insieme. Abbiamo veramente iniziato una nuova vita. Ringraziamo Dio, per il suo Amore senza misura. M. e S. – Colombia (altro…)
Feb 28, 2001 | Parola di Vita
Questa frase si trova alla fine della parabola chiamata del figlio prodigo, che certamente conoscerai, e vuole manifestarci la grandezza della misericordia di Dio. Essa chiude un intero capitolo del Vangelo di Luca, nel quale Gesù narra altre due parabole per illustrare lo stesso argomento.
Ricordi l'episodio della pecora smarrita per cercare la quale il padrone lascia le altre novantanove nel deserto?
E ricordi il racconto della dramma perduta e la gioia della donna che, avendola ritrovata, chiama le amiche e le vicine perché gioiscano con lei?
«Bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato»
Queste parole sono un invito che Dio rivolge a te, e a tutti i cristiani, a godere insieme con lui, a far festa e a partecipare alla sua gioia per il ritorno dell'uomo peccatore prima perduto e poi ritrovato. E queste parole, nella parabola, sono rivolte dal padre al figlio maggiore che aveva condiviso tutta la sua vita, ma che dopo un giorno di duro lavoro, rifiuta di entrare a casa dove si festeggia il ritorno di suo fratello.
Il padre va incontro al figlio fedele, come è andato incontro al figlio perduto, e cerca di convincerlo. Ma è palese il contrasto fra i sentimenti del padre e quelli del figlio maggiore: il padre, con il suo amore senza misura e con la sua grande gioia, che vorrebbe tutti condividessero; il figlio pieno di disprezzo e di gelosia verso suo fratello che non riconosce più come tale. Parlando di lui dice infatti: “Questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi”.
L'amore e la gioia del padre per il figlio tornato, mettono ancor più in rilievo il rancore dell'altro, rancore che palesa un rapporto freddo e, si potrebbe dire, falso con lo stesso padre. A questo figlio preme il lavoro, il compimento del suo dovere, ma non ama il padre da figlio. Si direbbe piuttosto che obbedisce a lui come ad un padrone.
«Bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato»
Con queste parole Gesù denuncia un pericolo in cui anche tu puoi incorrere: quello di una vita vissuta per essere una persona perbene, basata sulla ricerca della tua perfezione, giudicando i fratelli meno bravi di te. Infatti, se tu sei “attaccato” alla perfezione, costruisci te stesso, ti riempi di te stesso, sei pieno di ammirazione verso te stesso. Fai come il figlio rimasto a casa, che enumera al padre i suoi buoni meriti: “Io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando”.
«Bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato»
Con queste parole Gesù va contro quell'atteggiamento per cui il rapporto con Dio sarebbe basato solo sull'osservanza dei comandamenti. Ma una tale osservanza non basta. Di questo anche la tradizione ebraica è ben conscia.
In questa parabola Gesù mette in luce l'Amore divino facendo vedere come Dio, che è Amore, fa il primo passo verso l'uomo senza tener conto se egli lo meriti o no, ma vuole che l'uomo si apra a lui per poter stabilire un'autentica comunione di vita. Naturalmente, come puoi capire, l'ostacolo maggiore a Dio-Amore è proprio la vita di coloro che accumulano azioni, opere, mentre Dio vorrebbe il loro cuore.
«Bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato»
Con queste parole Gesù invita te ad avere, nei confronti del peccatore, lo stesso amore senza misura che il Padre ha per lui. Gesù ti chiama a non giudicare secondo la tua misura l'amore che il Padre ha per qualsiasi persona. Invitando il figlio maggiore a condividere la sua gioia per il figlio ritrovato, il Padre chiede anche a te un cambiamento di mentalità: devi in pratica accogliere come fratelli e sorelle anche quegli uomini e donne verso i quali nutriresti soltanto sentimenti di disprezzo e di superiorità. Ciò provocherà in te una vera conversione, perché ti purifica dalla convinzione di essere più bravo, ti fa evitare l'intolleranza religiosa e ti fa accogliere la salvezza, che Gesù ti ha procurato, come puro dono dell'amore di Dio.
Chiara Lubich
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Feb 16, 2001 | Chiesa
Il messaggio di Giovanni Paolo II alla luce della Novo Millennio Ineunte incoraggia i Vescovi ad adoperarsi con tutte le forze ad attuare la prospettiva espressa nel tema del Convegno: “Il Cristo Crocefisso e abbandonato radice della Chiesa comunione”. “L’amore al Crocifisso, contemplato nel momento culminante della sofferenza e dell’abbandono, costituisce la via maestra non soltanto per rendere sempre più effettiva la comunione a tutti i livelli della compagine ecclesiale, ma anche per aprire un fecondo dialogo con le altre culture e religioni”. Così si legge nel messaggio che Giovanni Paolo II ha fatto consegnare in occasione dell’Udienza generale di mercoledì 14 febbraio ai 91 vescovi dai 5 continenti, partecipanti al 25^ Convegno spirituale dei Vescovi amici del Movimento dei Focolari. “Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione”, l’appello del Papa lanciato nella Lettera apostolica Novo Millennio Ineunte, era stato richiamato in apertura del Convegno dal Cardinale Miloslav Vlk, e aveva dato il “la” ai lavori. Per sei giornate, il tema del Convegno – “Il Cristo crocifisso ed abbandonato: radice della Chiesa-comunione” – è stato, poi, il punto di gravitazione attorno al quale si sono snodati temi spirituali, riflessioni teologiche e testimonianze sull’impegno di edificare la Chiesa oggi, unita al suo interno e protesa verso un dialogo universale. Nei loro interventi, i Vescovi, provenienti dai più diversi contesti, hanno illustrato come, assieme alle loro Chiese particolari ma anche a livello delle Conferenze episcopali, cercano di realizzare questa immagine della Chiesa disegnata dalla Nuovo Millennio Ineunte nella scia del Concilio Vaticano II. Così un Vescovo del Belgio ha raccontato come, nella sua diocesi, ad ogni iniziativa pastorale si cerca di far precedere un intenso impegno di vivere la Parola di Dio e di mettere in comune le comprensioni ed esperienze che ne scaturiscono. Due Vescovi del Burundi hanno testimoniato come l’amore a Gesu’ crocefisso ed abbandonato agisce nella loro nazione come un lievito di riconciliazione e di pace. Altri presuli hanno riferito dei frutti della comunione vissuta, in contesti fortemente secolarizzati o in nazioni in cui i cristiani sono in minoranza. Altri ancora hanno portato l’esperienza delle loro diocesi nascenti, in situazioni socialmente difficili. Riguardo al rapporto con le altre culture e religioni, ha suscitato vivo interesse nei vescovi la relazione di Chiara Lubich sulla sua recente esperienza in India, a contatto con il mondo hindù, con il quale la fondatrice dei Focolari ha instaurato un promettente dialogo. Individuare e valorizzare i “semi del Verbo”, mettendo a base di ogni rapporto l’ascolto e l’amore vissuto, è stato, in questo immenso subcontinente, la via per un annuncio del cuore del messaggio cristiano: Dio-Amore. “Lei ha aperto una porta – ha commentato un Vescovo dell’India – e nessuno può fermare i piani di Dio”. Ed ha soggiunto: “Il futuro mostrerà quello che Dio, in avvenimenti come questo, aveva in mente per tutti noi”. “Rinnovare la politica”, “Gesù abbandonato e la famiglia” : sono questi altri argomenti di grande attualità, su cui erano incentrate le ultime giornate del Convegno. Con vivo interesse i partecipanti hanno colto l’azione dei Focolari in questi campi-frontiera della missione della Chiesa. Oltre a rispondere a domande dei Vescovi, Chiara Lubich ha svolto pure la relazione-base con cui si era entrati nel cuore della tematica del Convegno. Attingendo all’oltre cinquantennale esperienza dei Focolari, ha parlato dell’amore come “grimaldello che apre tutte le porte”: dal problema posto dalle divisioni fra i cristiani, al mondo variegato delle religioni, al fenomeno della non-credenza. Ed ha evidenziato come un amore così nasce proprio da Gesù in croce: “Egli abbandonato, che si riabbandona al Padre – ha affermato -, è la rivelazione di Colui che può dirsi espressione di ogni disunità, ma pure modello di come si può ricomporre ogni disunità”. Nel Cristo in croce, infatti, trovano risposta tutti “i mali nominabili, ma anche i mali innominabili” del nostro tempo. Prospettive che sono risuonate con forza ancora quando i Vescovi hanno riflettuto sul Messaggio del Papa che il Card. Vlk ha definito “un importante approfondimento della Lettera apostolica Novo Millennio Ineunte”. Riannodandosi ad uno dei temi forti della Lettera apostolica, Giovanni Paolo II aveva espresso nel Messaggio la certezza che “la spiritualità dell’unità e della comunione, che caratterizza il Movimento dei Focolari, non mancherà di portare frutti fecondi di rinnovamento per tutti i credenti”. Nell’esprimere profonda gratitudine e gioia, i Vescovi hanno risposto al Papa: “Fissando con Lei lo sguardo sul volto del Crocifisso abbandonato vogliamo spendere tutte le forze per fare delle nostre diocesi delle scuole in cui, abbracciando il Cristo in croce, si vive e si apprende a far crescere la Chiesa come ‘Comunità d’amore’ “. Ed hanno proseguito: “Ci faremo – come Lei ci ha esortato a fare – animatori generosi e responsabili di quella ‘reciproca comprensione e stretta collaborazione che sta maturando nella Chiesa grazie all’impegno posto in essere dai vari Movimenti’ “. A conclusione del Convegno, il bilancio è stato decisamente positivo. “Quello che approfondiamo qui crea punti sicuri di riferimento per la mia vita spirituale”, constata un Vescovo dell’Africa occidentale. Ed indica una priorità per l’azione pastorale: “Dobbiamo trasmettere ai sacerdoti questo spirito di comunione”. Comunione che, nello stesso Convegno, è stata un’esperienza gioiosa ed intensa, se un Vescovo del Nord-Est del Brasile ha tirato questa conclusione: “Il linguaggio che in questi giorni mi ha parlato di più sono state le persone. Poi naturalmente anche i contenuti. Ma qui il ‘vedete come si amano’ dei primi tempi della Chiesa, è vissuto”. Dalla prospettiva sua, il Segretario di una Conferenza episcopale europea ha riassunto così le sue impressioni: “Rimane la percezione di trovarsi alle prese con un grande avvenimento di Dio che cresce nella storia. Spesso, nella programmazione pastorale, pensiamo d’essere noi a fare. Qui si capisce: dobbiamo lasciarci condurre da Gesù vivo”. (altro…)
Feb 14, 2001 | Focolari nel Mondo
Lavoro da circa dieci anni in una grande stazione di distribuzione di carburante sul raccordo anulare. Non sarebbe il mio lavoro, ma non dico ai miei clienti che sono laureato. Qualcuno mi chiede: “Ma tu sei benzinaro benzinaro?”. Ed io: “Sì, sì sono benzinaro”. E loro: “Ma non sembra che sei un benzinaro!”. Sono venuto dallo Zaire in Italia quando avevo 20 anni per studiare. Allora avevo delle ambizioni: “Appena termino gli studi torno al mio paese, avrò un buon posto di lavoro e delle responsabilità”. Ma, una volta laureato, non mi è stato possibile realizzare questo sogno. All’inizio lo vivevo come un’umiliazione, non riuscivo ad accettarlo … poi ho capito che Dio vuole che io lo ami attraverso questo lavoro, e allora cerco di farlo bene e di rimanere sempre nell’amore. Questo distributore è sempre aperto e faccio dei turni anche durante la notte. Passa tantissima gente, e se ne vedono di tutti i colori. Vi racconto due episodi. Una notte arriva una macchina con a bordo 6 persone, chiaramente con facce poco rassicuranti, mi chiedono di mettere 50.000 Lire di benzina. Mentre metto la benzina, l’autista mi chiede: “Tu paghi le tangenti?”. Io un po’ spaventato gli dico: “Non so cosa sono”. Quando si tratta di pagare, mi dice: “Noi non abbiamo soldi”. Alloro gli dico “Me li porterete quando capiterete di nuovo da queste parti”. E loro mi chiedono: “Tu sai chi siamo noi? Conosci il carcere?” e io “per sentito dire”. Erano dei carcerati in libertà provvisoria. “Non passeremo più di qui, non abbiamo soldi e non possiamo pagarti”. Dopo una breve discussione, dico: “Visto che non avete neanche 50.000 Lire da pagarmi, fate finta che vi ho offerto 50.000 Lire di benzina”. Allora ripartono, ma dopo pochi metri fanno retromarcia, mi richiamano e uno mi dice: “Ehi! Per chi ci hai preso, per dei poveracci?” Mi pagano le 50.000 Lire e vogliono darmi 10.000 Lire di mancia per prendere il caffè dicendomi che ero molto simpatico. Ed io: “No, non posso prendere le 10.000 Lire! Se volete, il caffè lo possiamo prendere insieme quando ripassate!”. Dopo molti mesi, un pomeriggio, uno di loro si presenta e mi dice: “Amico, non ti ricordi di me? Allora, vogliamo prenderlo questo caffè?”. Un’altra notte, verso le ore 23, dall’interno mi rendo conto che due persone fanno il self-service, ma invece di mettere benzina, hanno messo gasolio. Il collega mi dice: “Lascia stare, non uscire, non devi rischiare per quelli!”, ma io non riesco a stare in pace e gli dico: “Ma se fosse successo a te cosa faresti? Io non me la sento. Penso che quando tu fai del bene, siccome Dio è generoso, non si lascia scappare l’occasione per aiutarti”. E lui: “Tu e i tuoi discorsi da prete…” Esco per aiutarli, cerchiamo di riparare al danno, ma non c’è stato modo, non avevano neanche i soldi per pagare il soccorso stradale. Allora mi offro di accompagnarli a casa e così hanno potuto prendere un’altra macchina per trainare la prima. Intanto insistevano per pagarmi la benzina, ma io non ho accettato e ho detto che l’avevo fatto perché li consideravo fratelli. Alla radice di questi episodi c’è Dio da cui mi sento amato immensamente, e, quando ‘dò’, è Lui stesso che mi ‘ridona’ la gioia di aver potuto ancora amare. P. M. – Italia (altro…)
Feb 14, 2001 | Chiesa
Signori Cardinali, Venerati Fratelli nell’Episcopato! 1. Sono lieto di rivolgervi il mio cordiale saluto in occasione del vostro Convegno spirituale tra amici del Movimento dei Focolari, in corso in questi giorni presso il “Centro Mariapoli” di Castel Gandolfo. Grazie per l’odierna visita, espressione della comunione ecclesiale che vi unisce al Successore di Pietro. Vi siete dati appuntamento per una comune riflessione, in base a relazioni, esperienze e testimonianze, sullo stimolante tema: “Il Cristo crocifisso e abbandonato radice della Chiesa-comunione”. Nel manifestare vivo apprezzamento per questa iniziativa, giunta alla sua venticinquesima edizione, vi incoraggio a lasciarvi guidare dalle indicazioni che ho stilato nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte. In essa, infatti, invito l’intero popolo cristiano a fissare lo sguardo sul volto di Cristo crocifisso e risorto e ad approfondire il mistero di dolore e di amore da cui nasce e si rinnova costantemente la Chiesa-comunione come icona vivente della Santissima Trinità. 2. Nella croce di Cristo troviamo la fonte genuina della salvezza, la rivelazione suprema dell’amore di Dio e la radice profonda della comunione con Dio e fra di noi. Nell’agonia di Gesù sulla croce, che appare come il momento della vittoria delle tenebre e del male, in realtà è il trionfo di Cristo che si realizza attraverso il suo amore obbediente al Padre e solidale con gli uomini, prigionieri del peccato. Nella citata Lettera apostolica ho scritto in proposito: “Il grido di Gesù sulla Croce … non tradisce l’angoscia di un disperato, ma la preghiera del Figlio che offre la sua vita al Padre dell’amore, per la salvezza di tutti. Mentre si identifica col nostro peccato, “abbandonato” dal Padre, egli si “abbandona” nelle mani del Padre” (Novo millennio ineunte, 26). Dunque in Cristo crocifisso ed abbandonato il male ed il peccato sono definitivamente sconfitti, e viene resa possibile la piena unità dell’umanità col Padre e degli uomini fra di loro. Secondo le parole dell’evangelista Giovanni, ispirate ad un precedente oracolo del profeta Zaccaria, gli uomini “volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto” (Gv 19, 37). Questo movimento convergente verso la croce è da Cristo orientato verso il Padre, per costituire intorno a Lui una nuova Comunità d’amore. Davvero non finiremo mai di indagare questo grande mistero (cfr Novo millennio ineunte, 25)! 3. L’amore al Crocifisso, contemplato nel momento culminante della sofferenza e dell’abbandono, costituisce la via maestra non soltanto per rendere sempre più effettiva la comunione a tutti i livelli della compagine ecclesiale, ma anche per aprire un fecondo dialogo con le altre culture e religioni. A tale scopo, vi saranno di grande aiuto i temi spirituali, le riflessioni teologiche e le testimonianze con cui vi confrontate in questi giorni. Dalla contemplazione del volto del Crocifisso abbandonato non possono non scaturire importanti conseguenze che portano a vivere in profondità il grande mistero della comunione in esso contenuto e rivelato: “Se abbiamo veramente contemplato il volto di Cristo – ho scritto nella citata Lettera apostolica Novo millennio ineunte – … la nostra programmazione pastorale non potrà non ispirarsi al “comandamento nuovo” che egli ci ha dato: “Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13, 34)” (n. 42). Nel passaggio storico che stiamo vivendo è di fronte a noi un’impegnativa missione: fare della Chiesa il luogo dove si vive e la scuola dove si insegna il mistero dell’amore divino. Come sarà possibile questo senza riscoprire un’autentica spiritualità della comunione? Occorre innanzitutto percepire con gli occhi del cuore il mistero trinitario presente in noi, per saper poi coglierlo sul volto degli altri. Il fratello di fede va considerato come uno che ci appartiene nell’unità misteriosa del Corpo mistico. Solo facendo spazio al fratello, per cogliere ciò che di positivo c’è in lui, è possibile comprendere quanto egli sia un dono per me (cfr Novo millennio ineunte, 43). Così vissuta, la spiritualità dell’unità e della comunione, che caratterizza il vostro Movimento, non mancherà di portare frutti fecondi di rinnovamento per tutti i credenti. 4. Venerati e cari Fratelli! Agli approfondimenti ed alle riflessioni di questi giorni voi recate l’apporto della vostra esperienza e del vostro ministero pastorale. Voi stessi, grazie a Dio, siete testimoni dei frutti di reciproca comprensione e stretta collaborazione che stanno maturando nella Chiesa grazie all’impegno posto in essere dai vari Movimenti. Siatene voi stessi gli animatori generosi e responsabili. Sappiate fare del Convegno di questi giorni un’occasione propizia per crescere in questa dimensione, nello spirito della collegialità effettiva ed affettiva che deve contraddistinguere la vostra missione. Dall’amore reciproco trarrete motivo di incoraggiamento, di rinnovato vigore e di salda speranza. Con questi sentimenti e voti, invoco su ciascuno di voi, sulle vostre Comunità ecclesiali e su quanti vi sono cari la costante protezione della Vergine Maria, Madre dell’unità, mentre vi imparto con affetto una speciale Benedizione Apostolica. Dal Vaticano, 14 Febbraio 2001. IOANNES PAULUS II. (altro…)
Feb 13, 2001 | Chiesa
“Il Cristo Crocefisso e abbandonato radice della Chiesa comunione” alla luce della Novo Millennio Ineunte.
“L'amore al Crocefisso, contemplato nel momento culminante della sofferenza e dell'abbandono, costituisce la via maestra non soltanto per rendere sempre più effettiva la comunione a tutti i livelli della compagine ecclesiale, ma anche per aprire un fecondo dialogo con le altre culture e religioni”
“Voi stessi siete testimoni dei frutti di reciproca comprensione e stretta collaborazione che stanno maturando nella Chiesa grazie all'impegno posto in essere dai vari Movimenti. Siatene voi stessi gli animatori generosi e responsabili”
Gen 31, 2001 | Parola di Vita
Ti è mai capitato di ricevere un dono da un amico e di sentire la necessità di contraccambiare? E di farlo non tanto per sdebitarti, quanto per vero amore riconoscente? Certamente sì.
Se succede a te così, puoi immaginare a Dio, a Dio che è Amore. Egli ricambia sempre ogni dono che noi facciamo ai nostri prossimi in nome suo. E' un'esperienza che i cristiani autentici fanno molto spesso. Ed ogni volta è una sorpresa. Non ci si abitua mai all'inventiva di Dio. Potrei farti mille, diecimila esempi, potrei scriverne un libro. Vedresti quanto è vera quell'immagine “una buona misura, pigiata, scossa e traboccante ti sarà versata nel grembo”: che significa l'abbondanza con cui Dio contraccambia, la sua magnanimità.
«Date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo»
“Era già scesa la notte su Roma. E in quell'appartamento seminterrato l'esiguo gruppo di ragazze, che volevano vivere il Vangelo – erano i primi tempi del Movimento -, si davano la buona notte. Ma ecco il campanello. Chi era a quell'ora? Un uomo che si presentava alla porta nel panico, disperato: il giorno dopo l'avrebbero sfrattato di casa con la famiglia, perché non pagava l'affitto. Le ragazze si guardarono e, in un mutuo accordo, aprirono il cassettino dove avevano raccolto il residuo dei loro stipendi. Diedero tutto a quell'uomo, senza ragionare. Quella notte dormirono felici. Qualcun altro avrebbe pensato a loro.
Ma ecco che non è ancora l'alba e il telefono squilla. 'Vengo subito con un taxi', dice la voce di quell'uomo.
Meravigliate per la scelta di quel mezzo, le ragazze attendono. La faccia dell'ospite dice che qualcosa è cambiato: 'Ieri sera, appena tornato a casa, ho trovato un'eredità che non avrei mai immaginato di ricevere. Il cuore m'ha detto di farne a metà con voi'. La somma era esattamente il doppio di quanto avevano generosamente dato”.
«Date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo»
Ne hai fatto anche tu l'esperienza? Se non è così, ricordati che il dono va fatto disinteressatamente, senza speranza di ritorno, a chiunque chiede.
Prova. Ma fallo non per vedere il risultato, ma perché ami Dio.
Mi dirai: “Ma io non ho nulla.”
Non è vero. Se vogliamo abbiamo dei veri tesori: il nostro tempo libero, il nostro cuore, il nostro sorriso, il nostro consiglio, la nostra cultura, la nostra pace, la nostra parola per convincere chi ha a dare a chi non ha…
Mi dirai ancora: “Ma non so a chi dare.”
Guardati attorno: ti ricordi di quell'ammalato in ospedale, di quella signora vedova sempre sola, di quel compagno così avvilito perché non è riuscito a scuola, di quel giovane disoccupato sempre triste, del fratellino bisognoso d'aiuto, di quell'amico in carcere, di quell'apprendista esitante? E' in loro che Cristo ti aspetta.
Assumi il comportamento nuovo del cristiano – di cui è tutto impregnato il Vangelo – che è quello dell'anti-chiusura. Rinuncia a mettere la tua sicurezza nei beni della terra e poggiati su Dio. Qui si vedrà la tua fede in lui, che sarà presto confermata dal dono che ti tornerà.
Ed è logico che Dio non si comporta così per arricchirti o per arricchirci. Lo fa perché altri, molti altri, vedendo i piccoli miracoli che raccoglie il nostro dare, facciano altrettanto.
Lo fa perché più abbiamo, più possiamo dare, perché – da veri amministratori dei beni di Dio – facciamo circolare ogni cosa nella comunità che ci circonda, finché si possa dire come della prima comunità di Gerusalemme: “Non v'era fra loro nessun povero” . Non senti che con questo concorri a dare un'anima sicura alla rivoluzione sociale che il mondo s'attende?
«Date e vi sarà dato»
Certamente Gesù pensava in primo luogo alla ricompensa che avremo in Paradiso, ma quanto avviene su questa terra ne è già il preludio e la garanzia.
Chiara Lubich
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Gen 7, 2001 | Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
“E’ un incontro di cuori. Stiamo unendo le mani per costruire un mondo di pace”. Con queste parole, Vinu Aram, a nome della Shanti Ashram, ha salutato a Coimbatore, nello stato meridionale indiano del Tamil Nadu, Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari. Nel corso di una cerimonia ufficiale svoltasi il 5 gennaio, davanti a un pubblico qualificato di oltre 500 persone, tra cui alcuni anziani compagni di Gandhi, le era stato appena conferito il premio Defender of peace, difensore della pace. Il Premio è stato istituito da due prestigiose istituzioni induiste gandhiane: lo Shanti Ashram, organizzazione impegnata in campo sociale ed educativo a favore dei più bisognosi, con cui da tempo collabora il Movimento Famiglie Nuove, diramazione dei Focolari, con le adozioni a distanza, ed il movimento Sarvodaya, che si ispira ad una delle idee forza di Gandhi, cioè l’impegno a favore di una vita dignitosa per tutti. Si tratta di un riconoscimento riservato a personalità di elevata statura morale, che è stato assegnato finora solo otto volte, ed ha visto premiati, tra gli altri, il rev. Kajitan, discepolo di Gandhi, Homer Jach, primo segretario della Conferenza Mondiale delle Religioni per la Pace, e Madre Teresa di Calcutta. A Chiara Lubich, come si legge nella motivazione del premio, è stato riconosciuto “il suo ruolo instancabile nel gettare semi di pace e d’amore fra tutti gli uomini. Segno che il messaggio di Gesù Cristo è sempre rilevante, fresco e benefico nei risolvere le questioni contemporanee”. Caloroso, e in profonda sintonia spirituale, è stato il discorso pronunciato dal presidente della sede di Coimbatore del Bharatiya Vidya Bhavan, istituto culturale e religioso considerato come uno dei punti di riferimento dell’ortodossia indù. Il presidente, Shri Krishnaraj Vanavarayar ha salutato Chiara Lubich come una persona “capace di mostrarci la strada per superare le divisioni e l’odio”. “L’India – ha detto – pur avendo una grande eredità culturale e religiosa, pluralista e tollerante, deve affrontare oggi sfide nuove, problemi sociali accompagnati da tensioni e divisioni, e deve misurarsi con uno sviluppo economico e tecnologico segnato spesso da una mentalità materialista e priva di valori morali”. “Il problema centrale” – ha osservato ancora Vanavarayar – “è come vincere l’odio con l’amore, come trasmettere l’amore ad altri. Chiara ha una forza in lei che ha reso possibile questo sogno, perché ha fatto l’esperienza di Dio”. A Chiara Lubich è stato chiesto di presentare nel suo discorso di accettazione la propria esperienza spirituale; prima di farlo, ha però voluto sottolineare come il suo desiderio principale, qui in India, fosse quello di ascoltare, di imparare, per aprire un “cordiale dialogo” con persone che vengono da un’antichissima cultura e tradizione religiosa, sensibili al valori spirituali. Delineando con trasparenza i passaggi fondamentali della propria esperienza del Vangelo, ha fatto spesso riferimento alla tradizione induista, come quando, parlando degli inizi della spiritualità dell’unità che ha la sua fonte nell’amore di Dio, ha citato “un antico inno della religione indù: ‘Dio è il primo ad amarci’, perché fu lui a dare a noi l’amore e in noi lo accresce quando lo cerchiamo”. Ricordando poi le esperienze di solidarietà e di condivisione con chi era nel bisogno, vissute durante la Seconda guerra mondiale, Chiara Lubich ha osservato come il Signore l’abbia guidata, insieme alle sue prime compagne, “verso il cuore del Vangelo, che è la legge dell’amore”. Ha citato come fondamentale quella “Regola d’oro” che è comune a tutte le religioni. “Fa’ agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te”, e ha ricordato un detto di Gandhi: “Io e te siamo una sola cosa. Non posso ferirti senza fare del male a me stesso”. “Un amore – ha continuato – indirizzato all’amico ma anche al nemico”. Da queste esperienze è nata la presenza dei Movimento dei Focolari in tante situazioni di divisione e di lotta, per ricomporre l’unità e far rinascere la speranza e la pace. Così pure l’impegno nel dialogo di amore fraterno, di vita e di preghiera con i fedeli di altre religioni. “Eravamo convinti – ha concluso – che dove c’era una sinagoga, una moschea, un tempio, lì era il nostro posto. Eravamo e siamo convinti di essere chiamati a concorrere a costruire la fraternità universale con tutti loro”. I giornali in lingua inglese “The Hindu”, il “New Indian Express” e vari quotidiani in lingua tamil hanno dato ampio rilievo all’avvenimento, citando parti del discorso di Chiara e della motivazione del premio. Il giorno seguente, Chiara Lubich ha voluto consegnare un messaggio anche ai bambini seguiti dallo Shanti Ashram nel loro progetto educativo. In un colorito ed affettuoso incontro con alcune centinaia di loro, svoltosi alla periferia di Coimbatore, dove sorge la sede dello Shanti Ashram, ha chiesto che lascino spazio “alla fiamma di amore che portano nel cuore”, e che siano di esempio anche per i grandi, amando tutti, i buoni come i cattivi. Nel Tamil Nadu, una regione del sud di antichissima tradizione religiosa, si è aperta dunque una nuova strada di dialogo. Il Dott. Aram, Senatore a vita e fondatore dello Shanti Ashram di Coimbatore, nella sua veste di Presidente della Conferenza Mondiale delle Religioni per la Pace (WCRP), aveva conosciuto personalmente Chiara in occasione della sessione inaugurale della VI Assemblea Mondiale tenutasi nell’Aula del Sinodo in Vaticano, nel 1994. Inoltre il Dott. Aram, che aveva avuto modo di conoscere ed apprezzare la collaborazione del Movimento dei Focolari con la WCRP, aveva atteso e desiderato una visita di Chiara nella sua terra. Tre anni or sono, alla sua improvvisa dipartita, la Signora Minoti Aram e la sua figliola Dott.ssa Vinu Aram hanno proseguito la sua opera e si sono adoperate con ogni mezzo per rendere possibile un viaggio di Chiara nel Tamil Nadu. (altro…)
Gen 6, 2001 | Spiritualità
Gentili Signori e Signore, grazie di cuore per il dono che hanno voluto farmi, per il titolo che hanno voluto darmi: “Difensore della pace”. Grazie soprattutto a chi o a coloro che ne hanno avuto la prima idea. Nella terra di Gandhi, nella Patria della “non violenza” e della pace, non potevo aspettarmi nulla di più gradito. Quale il mio atteggiamento d’ora in poi? Onorerò questo loro riconoscimento impegnandomi ancora di più, finché Dio mi darà tempo, a ravvivare fra quante persone e gruppi incontrerò, in quante città e nazioni visiterò, l’unità, specifico carisma del mio Movimento, che è garanzia di pace. Dico la verità: sono venuta in India soprattutto col desiderio di ascoltare, di imparare da voi, per aprire un cordiale dialogo con voi, che considero miei fratelli e sorelle. So, infatti, quanto la vostra antichissima cultura e tradizione religiosa siano ricche e nello stesso tempo so quanto siete sensibili ai valori spirituali, ovunque essi si trovino nel mondo. Ma ora non mi è tanto possibile ascoltare. Lo farò in queste prossime settimane di soggiorno nel vostro grande e bel Paese, ricco di mistero. Sono stata invitata a narrarvi io stessa la mia esperienza spirituale. Essa coincide, in certo senso, con quella del Movimento dei Focolari che rappresento e di cui Dio mi ha fatto strumento assieme a molti altri. Accettatela come un dono cordiale e sincero. Ripercorrendo le tappe della storia di questo Movimento, che ha ormai 58 anni di vita, vorrei disegnare qualche tratto della sua spiritualità. Essa è definita spiritualità dell’unità, perché ha puntato sempre sull’unità con Dio, sull’unità fra le singole persone, sull’unità fra i gruppi, fra le città, fra i popoli, eliminando più discriminazioni possibile, e sognando una futura realtà che potrebbe essere espressa dalle parole: mondo più unito, mondo unito. E questo sogno e il Movimento che tende a realizzarlo (con quanti altri aspirano a questo ideale) non è opera semplicemente umana. Con le nostre autorità religiose, che hanno studiato a fondo il Movimento, noi per primi dobbiamo dire: questa è Opera di Dio. Ed è ciò che abbiamo costatato fin dai suoi albori. Tutto ha inizio nel 1943, a Trento, una tranquilla cittadina dell’Italia, in Europa. Sono insegnante e do anche lezioni private per aiutare la famiglia che attraversa un periodo di povertà. Ho 23 anni. Un giorno, mentre compio un’opera d’amore, un’inaspettata chiamata: “Donati a Dio”. Pochi giorni dopo, offro la mia vita al Signore per sempre. La mia felicità è incontenibile. Non mi balena in testa alcun progetto per la vita. Sono di Dio per sempre: questo mi basta. Esternamente anche quello è un giorno come gli altri. Ma la mia anima è invasa da una grazia particolare, una fiamma è accesa. E se la fiamma è accesa, non può non ardere, non può non comunicarsi. Pochi giorni dopo alcune giovani mi seguono. Intanto la seconda guerra mondiale imperversa e colpisce duramente. Anche a Trento rovine, macerie, morti. Con i bombardamenti scompaiono quelle cose o persone che formavano un po’ l’ideale dei nostri giovani cuori. Una amava la casa: è stata sinistrata. Una seconda si preparava al matrimonio: il fidanzato non torna più dal fronte. Il mio ideale è lo studio: la guerra mi impedisce di frequentare l’università. Ogni avvenimento ci tocca profondamente. La lezione che Dio ci offre con le circostanze è chiara: tutto è vanità delle vanità. Tutto passa. Contemporaneamente Dio mette nel mio cuore una domanda: ma ci sarà un ideale che non muore? Un ideale che nessuna bomba può far crollare, a cui poter dare tutte noi stesse? Sì, c’è. E’ Dio. Decidiamo di far di Dio l’ideale della nostra vita. Dio, che in mezzo alla guerra, frutto dell’odio, ci si manifesta, come fosse la prima volta, per quello che è: Amore. Così lo presenta un nostro Libro sacro, il Nuovo Testamento, che dice: “Dio è amore” (1 Gv 4,8). Dio, dunque, è tutto per noi: Dio-Amore. Ed è stata questa una luce nuova nelle nostre anime. Sì, una grande novità per la nostra vita spirituale, così grande da operare in noi un profondo cambiamento. Mentre prima, infatti, pur cercando di essere brave cristiane vivevamo come orfane, come persone che avevano padre e madre, ma… solamente terreni. Poi, conosciuto in modo nuovo Dio Amore, ci siamo sentite, con più coscienza, figlie del Padre che è nei cieli. E’ stato come se si sviluppasse in noi una fede nuova. Non era soltanto la fede in Dio, ma proprio la fede nel suo amore. Per cui ci sembrava che niente potesse esprimere meglio la vita, che stavamo iniziando, che la frase della Scrittura: “Noi abbiamo riconosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi” (1 Gv 4,16). E di questa fede nell’amore di Dio per noi, per ciascuno, per tutti, per l’umanità intera, è stata illuminata, da allora, tutta la nostra esistenza. E qui mi pare di avvertire una certa consonanza con la vostra fede. Un antico inno della vostra religione dice infatti: “Dio è il primo ad amarci, poiché fu lui a dare a noi l’amore e in noi lo accresce quando lo cerchiamo”. Perché si dice ancora: “Il Signore è per natura amore, (…) egli risiede nell’amore, la sua suprema realtà…”. Dio dunque ci amava! Egli era il creatore nostro. Egli, colui che ci sosteneva attimo per attimo; che conosceva tutto di noi. Il suo amore si nascondeva dietro tutte le circostanze della nostra e dell’altrui vita, quelle gioiose o indifferenti, e anche quelle dolorose. Avevamo, dunque, trovato l’ideale per cui vivere: Dio, Dio Amore. Ma come metterlo in pratica? Gesù dice: “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio” (Mt 7,21). Niente, dunque, pietismo o sentimentalismo. Fare la volontà di Dio: questo importa, per noi, ma anche per voi, mi sembra. Non dice forse un vostro maestro: “Fare la volontà del Signore è un atto più grande che non cantare le sue lodi”? Ma chi ci avrebbe detto la volontà di Dio? Correvamo in fretta nei rifugi, ogniqualvolta suonava l’allarme, e non portavamo con noi se non un piccolo libro sacro: il Vangelo. In esso avremmo potuto trovare le richieste di Gesù, la volontà di Dio. L’aprivamo. Ed ecco la meraviglia: quelle parole, che avevamo sentito tante volte, s’illuminavano come se una luce s’accendesse sotto. Le capivamo ed una forza, pensiamo dello Spirito, ci spingeva a metterle in pratica. Leggevamo: “Ama il prossimo tuo come te stesso” (Mt 19,19). Il prossimo. Chi è il prossimo? Era lì accanto a noi. Era quella vecchietta che a mala pena, trascinandosi, raggiungeva ogni volta il rifugio. Occorreva amarla come sé: aiutarla, dunque, ogni volta, sorreggendola. Il prossimo era lì in quei cinque bambini spaventati accanto alla loro mamma. Occorreva prenderseli in braccio e riaccompagnarli a casa. Il prossimo era quell’infermo bloccato a casa, senza possibilità di ripararsi, bisognoso di cure. Occorreva avvicinarlo, procurargli delle medicine. Si leggeva nel Vangelo: “Qualunque cosa hai fatto al minimo dei miei fratelli, l’hai fatto a me” (cf Mt 25,40). Le persone attorno a noi, per le terribili circostanze, avevano fame, sete, erano ferite, senza vesti, senza casa. Cucinavamo allora pentoloni di minestra che si portavano a loro. A volte i poveri battevano alla porta della nostra casa e li invitavamo a sedersi accanto a noi: un povero e una di noi, un povero e una di noi. Il Vangelo assicurava: “Chiedete e vi sarà dato” (Mt 7,7). Si chiedeva a Dio per i poveri e si era ogni volta riempiti d’ogni bene: pane, latte in polvere, marmellata, legna, vestiario…, che si portava a chi ne aveva bisogno. Un episodio emblematico, che racconto sempre, è questo: un giorno un povero mi chiede un paio di scarpe n. 42. In chiesa ho chiesto: “Dammi, Signore, un paio di scarpe n. 42 per Te nel povero”. Uscita di chiesa una signorina mi porge un pacco. Lo apro: vi era un paio di scarpe da uomo n. 42. E questo è uno degli innumerevoli episodi che sono poi successi. “Date e vi sarà dato” (Lc 6,38), leggiamo un altro giorno nel Vangelo. Davamo. V’era un solo uovo in casa per tutte? Lo porgevamo al povero. Ed ecco in mattinata arrivare una dozzina di uova. E così con tante altre cose. E quando comunicavamo ad altri ciò che accadeva ogni giorno, molti, colpiti da questi fatti, volevano fare la stessa esperienza. Il Signore ci guidava così verso il cuore del suo Vangelo che è la legge dell’amore; a vivere cioè quella “Regola d’oro” che è comune a tutte le religioni: “Fa’ agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te” (cf Lc 6,31), o, come dice il Mahabharáta: “Non fare agli altri ciò che a te farebbe male”. O come ha detto mirabilmente il Mahatma Gandhi: “Io e te siamo una sola cosa. Non posso ferirti senza fare del male a me stesso”. E l’amore cristiano che si viveva verso il prossimo era esigente. E’ un’arte e occorre conoscere quest’arte. Quest’amore va indirizzato a tutti. Non ammette accettazione di persone. Non considera questo amore se uno è simpatico o antipatico, bello o brutto, grande o piccolo, della mia patria o straniero. Tutti vanno amati. Anche Dio, il Padre celeste, ama tutti mandando pioggia e sole sui buoni e sui cattivi. Quest’amore ama per primo. Non vuole che si aspetti d’esser amati. L’amore ha sempre l’iniziativa. Quest’amore ama l’altro come se stesso. E ciò va preso alla lettera: occorre proprio vedere nell’altro un altro sé e fare all’altro quello che si farebbe a se stessi. E’ quell’amore che sa ‘farsi uno’ con la persona amata: che sa soffrire con chi soffre, godere con chi gode, portare i pesi altrui. E’ un amore, quindi, non di sole parole, ma di fatti concreti. Un amore indirizzato all’amico ma anche al nemico. E fa del bene a lui, prega per lui. Mi sembra che ci sia una bellissima immagine della tradizione indù per descrivere l’amore al nemico: “La scure taglia il legno di sandalo, mentre questo le fa dono della sua virtù, rendendola profumata”. Ma ora arriviamo al cuore della nostra esperienza spirituale fatta mentre la guerra continuava ed eravamo in grande pericolo. Si poteva veramente morire da un momento all’altro. Occorreva vivere bene, fare fino in fondo la volontà di Dio. Un giorno ho pensato: vi sarà una sua volontà a cui Dio tiene particolarmente? Vorremmo attuare proprio quella prima di morire. Nel Vangelo abbiamo trovato questa frase di Gesù: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15, 12-13). Era un comando che Egli diceva “nuovo” e “mio”. Quello che ci voleva per noi. Abbiamo capito allora che, se fino a quel momento il Vangelo ci aveva spinte ad amare gli altri, specie i poveri, ora dovevamo rivolgere l’attenzione anche l’una verso l’altra e amarci a vicenda, fino ad esser pronte a morire l’una per l’altra. Naturalmente, non sempre ci era chiesto di dare la vita per le compagne. Ma sotto ogni atto d’amore doveva esserci senz’altro questa disposizione. Lo abbiamo fatto. Anzi, lo abbiamo espresso in un patto. Ci siamo dette reciprocamente: “Io sono pronta a morire per te”. E l’altra: “Io per te”. “Io per te”. “Io per te”. Tutte per ciascuna. E la nostra vita da quel momento è cambiata. Ha fatto un balzo di qualità: una nuova pace, una nuova gioia, un desiderio ardente di far il bene, una luce ci invasero. Cos’era successo? Lo abbiamo capito quando abbiamo letto che Gesù aveva detto: “Dove due o più sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18,20). E noi eravamo proprio così: un piccolo gruppo unito nel suo amore. Dunque, Gesù era spiritualmente fra noi. Ciò che di nuovo avvertivamo nell’anima era effetto della sua presenza. Ci si impegnò a vivere tanto bene l’amore reciproco da aver sempre Gesù con noi. Ma ancora un episodio sintomatico: ci siamo radunate un giorno in una cantina, per ripararci dai pericoli della guerra, e abbiamo aperto il Vangelo a caso; e ci siamo trovate di fronte alla solenne preghiera di Gesù in cui chiede l’unità degli uomini con Dio e fra loro. Abbiamo cominciato a leggere e abbiamo avvertito la certezza che per quella pagina eravamo nate; abbiamo visto in essa la magna charta del nuovo Movimento nascente. Ma come realizzare l’unità? Come comprendere ed attuare questo Ideale? La chiave l’abbiamo trovata in quel momento della vita di Gesù che, per noi cristiani, è segno del più grande amore e cioè quando soffre sulla croce per tutti i peccati del mondo, fino a sentirsi abbandonato da Dio. Ma per questo, come per tutti i dolori della croce, assicura agli uomini la salvezza. E siamo stati spinti a vivere come Gesù, a imitarlo, raccogliendo su di noi – se così si può dire – le sofferenze dell’umanità. Da allora, abbiamo visto il nostro posto dovunque appariva il dolore: dove si incontravano divisioni e traumi, nelle famiglie separate, nello spacco fra le generazioni, nelle Chiese divise, nelle lotte religiose, nelle tensioni fra chi crede e chi non crede. E, amando Gesù abbandonato nel dolore, vedevamo ricomporsi l’unità e rinascere la speranza, la gioia, la pace. Per questo, nel 1960, quando sulla nostra via noi, cristiani cattolici, abbiamo incontrato cristiani di altre Chiese, non siamo rimasti chiusi in noi stessi. Ci siamo potuti aprire a loro, costruendo tutta quella unità che era possibile. Sono crollate le barriere che erano state innalzate fra noi e loro nei secoli; sono sfumate molte incomprensioni; abbiamo deciso soprattutto di vivere insieme questi punti della nostra spiritualità come fratelli che si comprendono e si amano, e con essi tutto ciò che avevamo in comune nella nostra fede cristiana. Così fedeli luterani, anglicani, ortodossi, riformati, metodisti, battisti e altri, anno dopo anno, hanno ingrossato le fila di questa pacifica rivoluzione d’amore. Sono ora di 360 Chiese i cristiani presenti nel nostro Movimento. Ma il piano di Dio non si è fermato qui. Noi non lo conoscevamo, lo sapeva Dio che attraverso le più varie circostanze ce lo ha rivelato tempo dopo tempo. Così è stato per il dialogo con le altre religioni. Molte sono state, fin dagli inizi del Movimento, le occasioni di incontro con fratelli e sorelle di altre fedi religiose. Ma la prima forte esperienza è stata per me quella che ho vissuto più di 30 anni fa in una sperduta valle dell’Africa camerunense. Eravamo a contatto con i bangwa, una tribù fortemente radicata nella religione tradizionale, quasi sterminata dalla mortalità infantile, che avevamo iniziato a debellare. Un giorno, il loro capo, il Fon, con i notabili e le migliaia di membri del suo popolo si sono radunati per una festa, in una grande radura in mezzo alla foresta, per donarci i loro canti e le loro danze. Ebbene, è stato lì che ho avuto la forte impressione che Dio, come un immenso sole, abbracciasse tutti noi, noi e loro con il suo amore. Per la prima volta nella mia vita ho intuito che avremmo avuto a che fare anche con persone di tradizione non cristiana. L’altra grande esperienza è stata quando, nel 1977, in occasione del Premio Templeton per il progresso della religione, dovetti portarmi a Londra. In quella circostanza ho parlato nella Guildhall, ad un nutrito pubblico, nel quale si notavano persone delle più varie religioni: ebrei, musulmani, buddisti, indù, sikhs… Anche lì, mentre parlavo, ho avuto l’impressione che Dio, come un sole, avvolgesse tutta quella gente, ed ho avuto la certezza di una sua particolare presenza. Ho capito che dovevamo prendere contatto con tutti, come se Dio lo volesse. E così sono cominciati i nostri dialoghi d’amore fraterno, di vita e di preghiera con i fedeli di altre religioni. E poiché il Movimento si andava diffondendo in tutto il mondo, si è preso tale atteggiamento in ogni punto della terra. Eravamo coscienti che, dove c’era una sinagoga, una moschea, un tempio, lì era il nostro posto. Eravamo, infatti, e siamo convinti d’essere chiamati a concorrere a costruire la fraternità universale con tutti loro, poggiandoci soprattutto su quei principi, quei valori che abbiamo in comune. In questi ultimi anni si sono moltiplicati gli incontri, gli scambi di esperienze, con arricchimento reciproco. Sono ora circa 30.000 i fedeli di altre religioni in rapporto con il Movimento. Oltre gli indù, buddisti giapponesi e tailandesi; ebrei, d’Israele, Argentina, Europa; musulmani dell’Asia, dell’Africa e degli USA, e molti altri. Pure moltissime persone di altre culture, anche senza un riferimento religioso, s’impegnano nel Movimento per la salvaguardia dei valori comuni: la solidarietà, la pace, i diritti umani, la libertà. E gli effetti di questa spiritualità vissuta da milioni di persone sono molti. Se volessimo condensarli ora in poche parole, potremmo dire che i suoi frutti sono: anzitutto, cambiamenti radicali di vita, ritorni a Dio e sulla via del bene. Il formarsi così di cittadini che vivono in profondità e con rinnovata coscienza tutti i loro doveri. Per iniziare dalle persone più giovani, ma speranza del domani, gli adolescenti non sono più persone immature. Si comportano da protagonisti, nella vita religiosa e civile, sanno affrontare il dolore; amano essere “diversi” perché, pur nel mondo, non assorbono ciò che di negativo il mondo può offrire. I giovani puntano in alto; si preparano seriamente alla vita futura; mettono in atto microrealizzazioni d’ogni genere per la salvaguardia dei veri valori. Famiglie disgregate dalle separazioni e dai divorzi si ricompongono, adottano bambini… L’intero mondo sociale è investito da questa spiritualità comunitaria: da quello dell’economia e del lavoro a quello della politica, della sanità, dell’educazione, dell’arte e così via. E, per concludere, una osservazione: poiché è l’unità la nota che riassume tutto il nostro Ideale, osservando il Movimento, nei suoi effetti, si può dire che è come un film che cammina a ritroso. Quali drammatiche divisioni, quali impoverimenti, in quali crisi è arrivato il mondo immerso nel materialismo, nel consumismo, nell’indifferentismo! Qui il mondo va avanti tornando in certo modo indietro e cioè a quell’unità della famiglia umana, così come Dio l’aveva pensata quando l’ha creata. Che Dio, Padre di tutti, voglia sempre fecondare le nostre fatiche, con quelle di quanti sono impegnati a fini eccelsi quanto i nostri. “E che si possa – come ha detto Giovanni Paolo II all’ONU, il 5 ottobre 1995, nel cinquantesimo della sua fondazione – costruire (…) per il prossimo millennio una civiltà degna della persona umana… “Possiamo e dobbiamo farlo! – ha continuato – E, facendolo, potremo renderci conto che le lacrime del secolo passato hanno preparato il terreno ad una nuova primavera dello spirito umano”. Ed è quello che tutti vogliamo sperare. Anzi perché ciò si realizzi, alzo a Dio una preghiera della vostra tradizione che faccio mia, e imploro il gran dono dell’unità, che solo da Dio possiamo ottenere: “O Dio, tu sei per noi padre, madre, fratello, amico, maestro, ricchezza. Tu sei tutto, tu il solo rifugio, aiutaci a vivere in te, in te solo. O Amore infinito, dona ai nostri cuori aridi un po’ del tuo amore. O Signore, rendi pura l’anima dei tuoi servi, che essi non vedano le ombre di alcun essere. O Padre pieno d’amore, trasporta i tuoi servi fuori dei brevi limiti personali. Il nostro io prenda il volo nell’infinito cielo, come goccia nell’immenso oceano. O Signore, dimora in noi, le tue parole, i tuoi pensieri, le tue azioni siano le nostre. Tu sei la pace immutabile, tu sei l’Eterno, l’Incomprensibile, l’infinita Gioia.” (07-01-2001) (altro…)
Gen 6, 2001 | Dialogo Interreligioso
“Più entriamo in contatto con l’India, più essa ci si rivela come un mondo grande, intenso, con un suo volto, per noi occidentali non facilmente decifrabile, unitario nella sua ricchissima diversità. Si sente che siamo di fronte ad uno scrigno di tesori spirituali, di tensione mistica di tutta la natura umana – tensione alla quale non è certamente estranea l’opera della Grazia. E questo scrigno si apre solo a chi gli si accosta con rispetto pieno d’amore e, soprattutto, con la convinzione che Dio ha tanto da dirci attraverso questa cultura millenaria. Essa, nel difficile e tormentato mondo contemporaneo, ha infatti una sua parola essenziale e vitale per tutti: una parola che mette in forte evidenza il primato della vita interiore. Mi chiedo: che cosa potrà scaturire dall’incontro dell’India con questo carisma dell’unità?”. Chiara Lubich – 3 gennaio 2001 Dichiarazioni raccolte al termine della cerimonia di Coimbatore: Shri. K. V.: “In un mondo che è diviso per tanti aspetti, abbiamo bisogno dell’unità. E Chiara e il suo movimento è quello di cui abbiamo bisogno. Perché lei promuove la buona volontà e l’amicizia tra la gente, oltre che la pace”. L. R. J., giainista: “E’ la necessità dell’ora presente. Se non cerchiamo di unirci, non c’è redenzione possibile per l’umanità. In Africa, in America, in Australia, voi ci siete, e anche in India. Questo fa la differenza: vivere come essere umani tenendo presente tutto il resto dell’umanità. la fratellanza, la consistenza, l’amore, l’affetto, tutto questo è un dovere. Stiamo passando attraverso una grande crisi nel mondo. Solo la pace e l’amore possono salvarci. Nient’altro”. Prof. U., docente di cultura indù: “Sono veramente felice, pieno di gioia. Ho fortificato la mia fede. Finché persone come Chiara e i suoi amici lavorano per la pace, la terra sarà un posto pieno di pace. Non dobbiamo perdere la fede. Siamo tutti preoccupati per quello che succederà dopo le esplosioni nucleari. Ma finché ci saranno persone così, Dio è con noi. E un giorno la terra diventerà il cielo. Tutte le fedi debbono avanzare insieme, perché tutte le fedi cercano la verità. E la verità non è altro che amore e pace, quello che ci dice Chiara”. Prof. K. A. – Bombay: “Sono stata molto toccata, perché se dimostriamo l’amore gli uni per gli altri in realtà possiamo creare la vera pace. Per questo essere presenti è stato molto importante per noi. Condivido tutto quello che Chiara ha detto. Come è stato spiegato, il focolare è il calore, il fuoco. E il fuoco è anche fuoco di conoscenza. Per questo mi impegnerò anch’io. Lo terrò dentro di me e darò il mio contributo”. (07-01-2001) (altro…)
Gen 6, 2001 | Dialogo Interreligioso
“Chiara Lubich, usando la più potente forza umana dell’amore e una fede forte nell’unità di tutto il genere umano, secondo gli insegnamenti di Gesù Cristo, è stata scelta da Dio per svolgere un’opera instancabile nel gettare semi di pace e amore fra tutti i popoli. Iniziando durante i giorni bui della Seconda Guerra Mondiale, in Italia e poi in tutto il mondo, negli ultimi sei decenni ha lavorato incessantemente per aiutare le persone a scoprire l’amore e la comprensione reciproca. Questo le ha permesso di rafforzare continuamente la fragile struttura della pace su cui si sviluppano in gran parte la prosperità, il benessere, la cultura e la spiritualità del mondo. In particolare, Lei ha costruito il Movimento laico cristiano del Focolare, al servizio di tutte le persone del mondo attraverso la preghiera e l’azione, promuovendo un dialogo più profondo, la tolleranza e la fruttuosa cooperazione tra persone di religioni diverse. E’ importante dire che l’empatia che Lei e il Movimento dei Focolari godono con la gioventù, e la profonda comprensione dei cambiamenti nel mondo, che Lei ha mostrato, hanno fatto vedere che il messaggio di Gesù Cristo è sempre rilevante, fresco e benefico nel risolvere le questioni contemporanee. In onore delle Sue realizzazioni, le persone dell’antico paese dell’India, amanti della pace, e in particolare il Movimento Sarvodaya e lo Shanti Ashram, le conferiscono l’ottavo Premio Difensore della Pace, in questo giorno, il 5 gennaio 2001”. Shanti Ashram Sarvodaya Movement Minoti Aram, Presidente Dott. N. Markandan, Presidente (altro…)
Dic 31, 2000 | Parola di Vita
Sono le parole della Scrittura proposte alla riflessione dei cristiani nella Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, che si celebra in questo mese di gennaio in molti Paesi.
Non c'è forse nei Vangeli una forma più alta e più completa della definizione che Gesù dà di se stesso. E' una sintesi della sua missione e della sua identità. Ed è detta per noi, perché possiamo trovare in lui l'unica e la più sicura via al Padre. Termina infatti il versetto con le parole: “Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”.
Gesù ci rivela con le sue parole ciò che egli è in se stesso, e per ogni uomo e donna di questa terra.
«Io sono la via, la verità e la vita»
In che modo Gesù ci rivela che egli è la verità? Dandone testimonianza con la sua vita e il suo insegnamento.
“Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità” (Gv 18,37). Verità che, attribuita da Gesù a se stesso, significa la sua persona, la sua Parola, la sua opera.
Noi viviamo secondo la verità, noi siamo verità tanto in quanto siamo la Parola di Gesù. Ma se Gesù è la via nel senso che egli è la verità, egli è la via anche essendo per noi vita. “Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza” (Gv 10,10). Nutrendoci di lui, che si è fatto pane nell'Eucaristia, oltre che con la sua Parola, cresce in noi Cristo.
A nostra volta, questa vita che è in noi dobbiamo comunicarla, per non farla spegnere, con l'unico modo che Gesù ci ha insegnato: facendone dono ai nostri prossimi.
«Io sono la via, la verità e la vita»
“Preparate la via del Signore” (Lc 3,4), gridava il Battista nel deserto di Giuda, riecheggiando il profeta Isaia. Ed ecco colui che si presenta come il Signore-Via, come Dio fattosi uomo perché noi accedessimo al Padre attraverso la sua umanità.
Ma che via ha intrapreso Gesù?
Figlio di Dio, che è Amore, è venuto su questa terra per amore, è vissuto per amore, irradiando amore, donando amore, portando la legge dell'amore, ed è morto per amore. Poi è risuscitato e salito al Cielo, compiendo il suo disegno d'amore. Si può dire che la via percorsa da Gesù ha un solo nome: amore. E che noi, per seguirlo, dobbiamo camminare per questa via: la via dell'amore.
Ma l'amore che Gesù ha vissuto e portato è un amore speciale, unico. Non è filantropia, né semplicemente solidarietà o benevolenza; neanche pura amicizia o affetto; e non è nemmeno solo non-violenza. E' qualcosa di eccezionale, di divino: è l'amore stesso che arde in Dio. A noi Gesù ha donato una fiamma di quell'infinito incendio, un raggio di quell'immenso sole: amore divino, acceso nel nostro cuore col battesimo e con la fede, alimentato dagli altri sacramenti, dono di Dio, che domanda però tutta la nostra parte, la nostra corrispondenza.
Dobbiamo far fruttare questo amore. In che modo? Amando. Non siamo pienamente cristiani senza questo nostro sicuro contributo. Amando seguiremo Gesù-Via, e saremo, come lui, via al Padre per tanti dei nostri fratelli e sorelle.
Saremo cristiani più convincenti se questo comandamento dell'amore che Gesù ci ha dato lo vivremo insieme.
Nonostante non ci sia ancora la piena unità fra noi, seguaci di Gesù, possiamo dimostrare con la vita l'amore reciproco. Con ciò abbiamo la possibilità di vedere verificarsi una promessa di Gesù: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome – che alcuni Padri della Chiesa interpretano 'nel mio amore' – io sono in mezzo a loro” (Mt 18,20).
Questo dono della presenza di Gesù lo possiamo già godere noi cristiani, ad esempio fra un cattolico e un anglicano, fra una ortodossa e una metodista, fra un valdese e un armeno. Gesù in mezzo ai suoi! E così sarà egli a dire al mondo che non lo conosce ancora: “Io sono la via, la verità e la vita”.
In questo mese siamo anche più coscienti che prima di tutto l'unità dei cristiani è una grazia e che quindi bisogna chiedere questo dono. Facciamo calcolo della preghiera fatta insieme, perché Gesù ha detto: “Se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà” (Mt 18,19).
Chiara Lubich
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Dic 20, 2000 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
La voglia di vivere forti ideali di un giovane della Svizzera, a contatto con la testimonianza concreta e incisiva di due sacerdoti, trova la sua piena realizzazione nella riscoperta di Dio come Amore. Un tempo lontano dalla Chiesa, inizia a vivere l’avventura cristiana che lo porta a scoprire la chiamata al sacerdozio. Dieci anni fa, quando ancora non ero né praticante né credente, fui invitato da un amico ad una riunione nella mia parrocchia. Ricordo che quel giorno mi trovai in mezzo ad un gruppo di trenta giovani assieme a due sacerdoti che vedevo per la prima volta, poiché da anni non avevo più messo piede in chiesa. Tutto mi era estraneo. Gli argomenti di cui si parlava mi sembravano sorpassati e i due sacerdoti mi apparvero vestiti troppo bene per essere dei veri rivoluzionari perché, almeno io, così immaginavo dovessero essere dei buoni sacerdoti. Nonostante queste riserve, qualcosa in quella riunione mi attirava tanto che decisi di tornarvi un’altra volta. In quell’occasione un fatto apparentemente banale mi colpì profondamente: alla fine dell’incontro, quando si trattò di fissare l’appuntamento successivo, uno dei due sacerdoti si accorse di aver dimenticato la sua agenda nella stanza vicina. Disse appena una parola e il suo collega prontamente si alzò e gliela prese. Un fatto simile non l’avevo mai visto! Sentivo che tra quelle due persone ci doveva essere un rapporto particolare se si servivano a vicenda con tale naturalezza. Da quel momento capitavo spesso nella casa parrocchiale ed ogni volta si ripeteva per me la stessa esperienza: la loro vita di vera e profonda fratellanza mi toccava anche se non riuscivo a condividere le loro idee sulla religione e sulla Chiesa. Intanto continuavo a non andare a messa né sapevo ancora pregare: non avevo ancora trovato Dio. Invitato dai due sacerdoti qualche tempo dopo sono andato ad un convegno, e là finalmente ho scoperto il segreto di quella gioia che percepivo in loro: Dio, stesso! Di colpo mi sono reso conto che Dio era presente non solo tra coloro che, come quei sacerdoti, si amano sinceramente, ma anche nella Chiesa, nella vita ogni uomo, nell’eucaristia, dovunque. Sentivo con forza che lui solo ci poteva far felici. Ho deciso allora fare di dio l’ideale della mia vita. Così, cominciava per me una vita fino a poco tempo prima totalmente sconosciuta. Non sceglievo più i miei amici tra quelli più simpatici, ma cercavo quelli che erano soli, poco stimati. Non era più noioso andare a scuola, perché mi dava la possibilità di amare e di dare una mano a chi faceva fatica. Diventava naturale aiutare in casa per i diversi lavori o visitare una parente che in genere tutti evitavano. Altrettanto facevo con un signore che prima certamente mi avrebbe annoiato con i suoi racconti interminabili. Una volta sono stato seduto accanto a lui per 12 ore o più, solo per ascoltarlo e farlo contento. Vivendo così sperimentavo dentro di me una gioia mai conosciuta. Era Dio che incontravo dappertutto e che era diventato la risposta a tutte le mie domande. In Lui ho trovato la libertà. Se gli altri – in famiglia o a scuola – mi capivano o meno, non era più così importante, perché la mia casa, la mia famiglia ormai era un’altra: era Lui, prima di tutto. Per cui veniva spontaneo non andare magari ad una festa pur di poter partecipare alla messa e stare così con Dio. E pensare che ero diventato cristiano non per un discorso convincente e neppure per la semplice testimonianza! A capovolgere la mia vita era stato un Altro: Colui che, per l’amore, viveva fra quei sacerdoti. Tante sono state le tappe del cammino che ne è seguito. Dopo due anni circa, ho deciso di entrare in seminario, non perché il sacerdozio fosse diventato lo scopo della mia vita, ma perché avevo capito che quel Dio che avevo scelto mi voleva lì. Così in seminario l’avventura cristiana è continuata. Ero infatti convinto che non si trattava di vivere una lunga attesa per poi arrivare finalmente alla méta, ma di seguire Gesù momento per momento, facendo la sua volontà e vivendo per ogni fratello. (R. B. – Svizzera) (altro…)
Dic 14, 2000 | Non categorizzato
Comunicato dell’ANSA (ANSA) – ROMA, 15 DIC – Per circa mezz’ora in religioso silenzio davanti ad una timida signora dai capelli bianchi che parlava con disarmante chiarezza del principio della fraternità come base di un “patto” tra maggioranza e opposizione per una Italia migliore. L’invito ad “amare il partito altrui come il proprio perchè il bene del paese ha bisogno dell’opera di tutti” pronunciato da Chiara Lubich, fondatrice dei Focolarini, ad una sala del Refettorio, a San Macuto, strapiena e attenta, ha lasciato i politici presenti entusiasti e un po’ rapiti, certamente storditi e spiazzati. Davanti a Nicola Mancino e Luciano Violante, Chiara Lubich ha parlato a favore di una politica di comunione centrando il suo intervento sul tema della fraternità come base di confronto anche politico. “Dei tre ideali del grande progetto politico della modernità espressi dalla rivoluzione francese – ha detto Lubich – uno è ancora al punto di partenza. Quelli della libertà e ell’uguaglianza sono stati considerati, e più o meno perseguiti; la fraternità è rimasta del tutto disattesa: fraternità, sinonimo di unità, che è, fra il resto, proprio la finalità del carisma che ci anima”. In sala tanti i politici che ascoltavano la “lezione politica” della fondatrice del movimento presente oggi in 183 nazioni. Chiara Lubich è già stata capace di parlare a uomini di diverse razze ed ideologie, e oggi ha superato a pieni voti anche la prova del confronto con i politici italiani della maggioranza e dell’opposizione, alla fine concordi pienamente, senza riserve, nel lodare intervento. Oltre Violante e Mancino, in sala tanti deputati e leader di partito: Castagnetti, Parisi, Mastella, Pisanu, La Loggia, Buttiglione, Selva, Jervolino, Piscitello, il ministro Bordon e il verde Boato, il presidente delle Acli Bobba, Luigi Berlinguer. Tra i tanti, attento e sorridente, anche un senatore della Lega, Sandro Brignone, che mostrava orgoglioso la sua mozione sulla economia di comunione, una degli esperimenti sociali propri della esperienza focolarina. A presentare la Lubich (12 lauree honoris causa e 12 cittadinanze d’onore, e candidata al Nobel per la pace) è stata Lucia Fronza Crepaz , ex deputata ed esponente focolarina, come il deputato dei Democratici Giuseppe Gambale, anch’egli presente all’incontro. “Si vorrebbe proporre a tutti quanti agiscono in politica – ha detto Lubich – di impegnarsi in questo modo di vivere formulando quasi un patto di fraternità per l’Italia, che metta il suo bene al di sopra di ogni interesse parziale: sia esso individuale, di gruppo, di classe o di partito. Perchè la fraternità offre possibilità sorprendenti. Essa consente, ad esempio, di comprendere e far proprio anche il punto di vista dell’altro, così che nessun interesse, nessuna esigenza rimangano estranei”. Linguaggio e temi al di fuori della dura realtà quotidiana della politica? No, perchè – spiega – “la fraternità consente di tenere insieme e valorizzare esperienze umane che rischiano, altrimenti, di svilupparsi in conflitti insanabili, come le ferite ancora aperte della questione Meridionale e le nuove esigenze del Nord”. Un programma solo per i credenti? Neppure. “Poichè Gesù, per attuare il piano di suo Padre, è morto per ogni uomo, ha originato un legame fra tutti nella possibilità di considerare un Padre comune che fa tutti fratelli. Anche i politici”. Alla fine, un appuntamento per il 24 gennaio aperto a tutti i politici in via dell’Arciconfraternita dei Bergamaschi a due passi dalla Camera. Un modo per “stimarsi ed amarsi di più”, gettando ponti per la fraternità, per confrontarsi “nel nostro spirito” anche su temi politici. “Queste cose – osserva Clemente Mastella, insolitamente laconico – si praticano, e non si commentano”. “Mi ha colpito la profondità e la semplicità delle parole della Lubich – ha detto Pierluigi Castagnetti – che ha fatto un intervento politico e non spirituale, perchè ha richiamato lo scopo ultimo della politica, e ha usato un linguaggio costituente, per il riferimento ai valori condivisi”. “Dopo queste parole – ha commentato Beppe Pisanu – sento già la fatica per una campagna elettorale fatta di botta e risposta. Credo che dovremmo competere nel senso di correre l’un contro l’altro a chi risolve meglio i problemi del paese. Noi ci impegneremo a una campagna impostata sull’individuazione dei problemi e delle soluzioni, senza replicare agli attacchi verbali”. Analogo il proposito di Enrico La Loggia, che si dice “profondamente colpito dall’appello altissimo” di Lubich. “E’ possibile conciliare contrapposizione politica e fraternità: occorre abbassare i toni e puntare tutto sui contenuti, esponendoli con serenità. Questo permetterà anche ai cittadini di scegliere serenamente”. (altro…)
Dic 9, 2000 | Ecumenismo
25 Vescovi di 3 continenti, ortodossi, siro-ortodossi, anglicani, evangelici-luterani, oltre che cattolici, si sono riuniti a Castel Gandolfo (Roma) per il 19° Convegno Ecumenico di Vescovi amici del Movimento dei Focolari. “La via ecumenica è la via della Chiesa”, ha detto il Papa nel suo discorso ai Vescovi, riconfermando l’ “irrevocabile impegno” della Chiesa cattolica a lavorare per il raggiungimento della piena unità dei cristiani. “L’intenso desiderio di obbedire al comando del Signore che ‘tutti siano una cosa sola’ (Gv 17, 11) – ha ancora detto Giovanni Paolo II – è stato al centro dello spirito giubilare”. “Sono state parole forti – ha commentato in un’intervista il metropolita rumeno ortodosso Serafim – che hanno suscitato una grande gioia”, proprio perché cadevano su dubbi e ombre che recentemente si erano addensati sui rapporti ecumenici. Toccante per questi Vescovi – che con tenacia hanno sposato la causa dell’ecumenismo – l’invito del Papa a “rileggere la complessa e a volte travagliata storia delle nostre Comunità nella prospettiva dell’unica Chiesa di Cristo, dove le legittime differenze contribuiscono a rendere più splendente il volto della Sposa del gran Re”. La ricchezza delle diversità è emersa al Convegno pure attraverso meditazioni bibliche, tenute ogni giorno da un Vescovo di diversa denominazione, temi di spiritualità e riflessioni teologiche, ma anche testimonianze di laici impegnati nelle diverse Comunità. “Il grido del Cristo abbandonato: luce sul cammino verso la piena comunione tra le Chiese” – questo il Leitmotiv dell’intero Convegno. Nella sua relazione-base, Chiara Lubich ha evidenziato che “per un proficuo ecumenismo occorrono cuori toccati da Lui, che sanno vedere il suo volto divino in ogni disunità e trovano in lui la forza per non fermarsi nel trauma della divisione, ma andare sempre al di là e trovarvi rimedio”. Sabato 2 dicembre il gruppo si è recato alle Catacombe di S. Callisto, quasi a voler riannodare il contatto con il tempo delle origini, quando la Comunità cristiana era ancor indivisa. Sulle tombe dei martiri i Vescovi si sono promessi di amarsi a vicenda secondo il comando di Cristo, prima di essere poi ricevuti, assieme a Chiara Lubich, in Vaticano, per l’udienza speciale con Giovanni Paolo II. Particolare attenzione si è dedicata a recenti esperienze ecumeniche nell‘ambito dei Focolari, fra cui il promettente contatto con comunità e movimenti evangelici in varie parti della Germania. Una dimensione fondamentale è stata lo scambio di esperienze ed il dialogo tra i Vescovi, in un’atmosfera di profonda comunione. “Qui non ci sentiamo rappresentanti di Chiese diverse, ma piuttosto come una famiglia”, ha constatato un Vescovo siro-ortodosso del Medio Oriente. E un suo confratello anglicano: “Qui si vedono quasi i primi frutti di quello che speriamo si manifesterà nell’unità futura della Chiesa”. Intervenendo al Convegno, il Card. Edward I. Cassidy, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, ha offerto ai Vescovi una panoramica sull‘attuale situazione dell‘ecumenismo, ed ha risposto ad alcune domande sulla Dominus Jesus. Interrogato su come contribuire a sanare le ferite del passato più o meno vicino, ha risposto sottolineando l’importanza di simili convegni spirituali ed ha aggiunto: “Il dialogo teologico da solo non può ottenere questo. Occorre una maggiore pratica del comandamento nuovo di Gesù, dell’amore reciproco e fraterno. Se non abbiamo l‘unità dei cuori, non raggiungeremo l‘unità di mente”. Attraverso messaggi di saluto, si sono resi presenti anche il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, e il Primate della Chiesa d’Inghilterra, Arcivescovo George Carey. “Ammiriamo il meraviglioso lavoro del Movimento dei Focolari per incarnare gli ideali cristiani e mettere nei cuori e nelle menti di migliaia di fedeli speranza, amore e fede”, ha scritto il Patriarca Bartolomeo. E l’Arcivescovo Carey: “Il Movimento dei Focolari è una viva testimonianza dell’importanza della preghiera e della spiritualità in tutte le nostre Chiese in questo tempo”. Questi Convegni ecumenici di Vescovi amici del Movimento dei Focolari sono nati da un suggerimento di Giovanni Paolo II. Dal 1982, si sono svolti ogni anno in un luogo diverso: Roma, Istanbul, Londra, Trento, Augsburg, Gerusalemme. Attualmente sono coordinati dal Card. Miloslav Vlk, arcivescovo di Praga. (altro…)
Nov 30, 2000 | Parola di Vita
Questo invito di Gesù lo troviamo nell'annuncio che fa Luca della sua seconda venuta, che avverrà, quando meno la si aspetta, per l'universo creato, ma anche con la nostra morte fisica che sarà per ciascuno di noi l'incontro faccia a faccia con il Signore. “Vegliate e pregate” ripeterà Gesù nell'Orto degli Ulivi, per preparare i suoi allo scandalo della passione. Dunque in queste due parole è racchiuso il segreto per affrontare le vicende più drammatiche della nostra vita, ma anche le inevitabili prove della quotidianità. Vigilanza e preghiera sono l'una indispensabile all'altra: non si vigila senza pregare, né si prega senza essere spiritualmente desti. Fin dai tempi dei primi asceti del deserto, si cercava con ogni mezzo di coniugare le due virtù, perché nessuna tentazione potesse cogliere di sorpresa. E tanti furono i mezzi escogitati per rimanere in un atteggiamento sempre vigile ed orante. Ma per noi, oggi, nel ritmo frenetico e coinvolgente della vita moderna, quale speranza ci può essere di non lasciarci addormentare dal canto di tante sirene? Eppure quelle parole del Vangelo sono fatte anche per noi…
«Vegliate e pregate in ogni momento».
Gesù, neanche oggi può chiederci qualcosa che non siamo in grado di fare. Ed insieme con l'esortazione non può non darci anche il modo di poter vivere secondo la sua parola. Come si può dunque rimanere svegli e in guardia, come si può rimanere in un atteggiamento di preghiera costante? Forse abbiamo cercato di fare ogni sforzo possibile per chiuderci in difesa contro tutto e contro tutti. Ma non è questa la strada e non si tarda ad accorgersi che prima o poi bisogna mollare. La strada è un'altra e la troviamo sia nel Vangelo che nella stessa esperienza umana. Quando si ama una persona, il cuore vigila sempre attendendola e ogni minuto che passa senza di lei è in funzione di lei. Vigila bene chi ama. E' dell'amore vigilare.
Questo ci insegna anche la parabola delle vergini stolte e prudenti. Chi attende qualcuno che ama è vigile; non fa uno sforzo per restare sveglio, perché più forte è il sentimento che lo tiene in piedi e pronto per il momento dell'incontro. Così si fa in famiglia quando, lontani, si vive in attesa di rivedersi. E nel saluto esultante c'è tutto il gioioso lavoro della giornata. Così fa una mamma o il papà, quando prende un piccolo riposo durante l'assistenza del suo ragazzo ammalato. Dorme, ma il cuore veglia. Così agisce chi ama Gesù. Fa tutto in funzione di lui, che incontra nelle semplici manifestazioni della sua volontà in ogni momento e incontrerà solennemente nel giorno in cui verrà. La liturgia poi ci prepara questo mese ad una preghiera viva, ricca di attese, di doni, del Dono: la nascita di Gesù su questa terra, nella sua celebrazione all'inizio del terzo millennio.
«Vegliate e pregate in ogni momento».
Anche la preghiera continua è tutta questione di amore, perché, a parte i momenti dedicati alle orazioni, tutta l'esistenza quotidiana può diventare preghiera, offerta, colloquio silenzioso con Dio. Quel sorriso da donare, quel lavoro da svolgere, quella macchina da guidare, quel pasto da preparare, quell'attività da organizzare, quella lacrima da versare per il fratello o la sorella che soffre, quello strumento da suonare, quell'articolo o lettera da scrivere, quell'avvenimento lieto da condividere festosamente, quel vestito da ripulire… Se lo facciamo per amore, tutto, tutto può diventare preghiera. Per essere vigilanti, per pregare sempre, occorre dunque essere nell'amore: amare cioè la sua volontà e ogni prossimo che ci metterà accanto. Oggi amerò. Così vigilerò e pregherò ogni momento.
Chiara Lubich
Nov 29, 2000 | Non categorizzato
Un Convegno internazionale sul pensiero sociale di Igino Giordani, si è tenuto alla Pontificia Università Lateranense, a Roma, per iniziativa dell’università stessa e del Centro Igino Giordani. Dai molti interventi è emersa la ricchezza umana e spirituale di una delle figure più significative nella storia italiana di questo secolo: sposato e padre di quattro figli, fu scrittore, giornalista, intellettuale, uomo politico, cristiano convinto e focolarino. Giordani è stato definito anche ‘un cristiano ingenuo’ per la sua capacità di guardare al mondo con lo sguardo di Dio, con uno sguardo – cioè – d’amore, in grado di andare oltre le apparenze per scorgere quello che di positivo c’è in tutti. Pur di non scendere a compromessi, Giordani pagò con l’esilio in epoca fascista la sua passione per la libertà e la democrazia. Fu uomo di pace: per primo si batté per l’obiezione di coscienza al servizio militare. Che cos’ha da dire Giordani al politico di oggi? Oggi Giordani ripete l’invito ai grandi ideali, a considerare la politica come un grande atto di amore all’umanità intera. Ai politici diceva allora: “Tutti abbiamo bisogno di santità. I politici ne hanno bisogno in razione doppia, perché sono più esposti ai pericoli della corruzione, dell’ambizione, della lotta, dell’odio, della vendetta …”. Quanto al rapporto tra la religione e la vita dell’uomo, il concetto di fondo per lui era questo: l’uomo è immagine di Dio. Qualche volta usava questo termine, “Dio in effigie”: l’uomo è Dio in effigie. Questa è una cosa che trasforma tutti i rapporti umani. Chiunque, anche un ricco, anche un potente, anche un altro politico, è Gesù. Diceva che la storia è un “quinto Vangelo”, che Dio ci parla attraverso gli avvenimenti, anche negativi. La presenza di Dio è vera nella storia umana. Giordani si occupò anche di economia e di lavoro. La sua attenzione andava soprattutto all’uomo. In una sua opera, Giordani afferma che “la produzione è per l’uomo e non l’uomo per la produzione”. Sottolineava inoltre che la persona si realizza proprio nell’attività lavorativa, che dev’essere vissuta e animata dalla carità. Fondamentale, per Giordani, fu l’ incontro con Chiara Lubich e il Movimento dei Focolari, in cui vide una via di santità aperta a tutti. Fu come immergere la sua immensa cultura “nelle onde vivificanti della carità e dell’unità”. A partire da quel momento, il suo pensiero prese un afflato nuovo, e lui lo dice in modo concreto: “Prima ero un uomo che faceva delle battaglie”, ma da quel momento, divenne un uomo che ama, che serve. (altro…)
Nov 27, 2000 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Incastonato in uno dei più straordinari paesaggi spagnoli, si erge il celeberrimo monastero benedettino fondato nel 1025 e ricostruito a più riprese. Nella basilica di Santa Maria è custodita la bella statua romanica della Mare de Dèu, patrona della Catalogna. I monaci di Montserrat vengono considerati i primi depositari della cultura e delle tradizioni di questa regione spagnola.
Chiara Lubich è stata invitata dall’abate, padre Soler, a parlare a circa 400 monaci e suore, abati e badesse di una trentina di congregazioni. Presente anche il vescovo Vives, segretario della Conferenza Episcopale della regione catalana. L’abate introduce Chiara esprimendo parole di accoglienza e fraternità. Chiara approfondisce il motivo dell’incontro a cui era stato dato il titolo: “Comunione nella Chiesa: unità tra nuovi e antichi carismi”. Dopo aver parlato dei fondamenti della spiritualità dell’unità, mette in evidenza le somiglianze tra la famiglia benedettina e quella focolarina, come il rilievo dato da entrambe al “Vangelo che si vuole vivere” , e “l’idea di fare della vita un ‘santo viaggio’ “. E’ seguito un profondo dialogo tra i religiose e le religiose presenti e Chiara Lubich. Il vescovo mons. Vives, a conclusione dell’incontro, da lui definito “un momento intenso”, ha espresso una sua aspettativa: “Mi aspetto tantissimo da questo carisma di unità e di comunione: è una chiamata profonda alle nostre Chiese ad aprirsi e ad essere capaci di accogliere la dimensione profonda che l’altro porta”. L’incontro è avvenuto durante la visita di Chiara Lubich in Spagna, dal 26 novembre al 9 dicembre 2002, scandita anche dalla visita ai luoghi dei grandi santi spagnoli: Teresa d’Avila, Giovanni della Croce, Ignazio di Loyola, che, con i loro scritti, hanno ‘segnato’ nel tempo la storia del Movimento. (altro…)
Nov 15, 2000 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
“Perché Francesco d’Assisi affascina ancora e non lascia dormire in pace? Perché invita ciascuno: Tocca a te dare carne al Vangelo oggi, con audacia e senza esitazioni”. Così il Ministro generale dei minori francescani, padre Giacomo Bini, intervenuto ieri nella Basilica di San Francesco ad Assisi. Un ritorno alle radici della spiritualità di Francesco e Chiara d’Assisi, per mantener vivo lo spirito di Assisi. Non solo. Quello di ieri è stato un incontro tra la famiglia francescana e il Movimento dei Focolari dal titolo: “Carismi in dialogo e in comunione nella Chiesa”. Padre Bini ha comunicato con efficacia l’attualità e il fascino della radicalità del Vangelo di Francesco e Chiara che ha ispirato lungo i secoli numerose famiglie religiose di vita contemplativa e attiva, affascinato laici, giovani. Le molte testimonianze che si sono susseguite ne hanno mostrato la grande vitalità a tutt’oggi.
Chiara Lubich ha narrato poi la sua esperienza personale, da cui è sgorgata una nuova spiritualità nella Chiesa, la spiritualità dell’unità. Ha aperto squarci luminosi nel parallelo tra le due spiritualità, passando poi a parlare dei frutti della comunione avviata dalla Pentecoste ’98 tra i nuovi carismi. Ha quindi prospettato un più profondo cammino di comunione anche tra carismi antichi e nuovi, perché “l’aspetto carismatico della Chiesa acquisti nuovo vigore nell’unità piena e cordiale con l’aspetto istituzionale”. “Ne scaturiranno – ha detto – frutti mai visti”.
INTERVISTA della Radio Vaticana al MINISTRO GENERALE P.Giacomo Bini, OFM:
Padre Bini – E’ stato un incontro straordinario di dialogo tra la famiglia francescana e il Movimento dei Focolari, dove, con mia sorpresa, mi sono trovato la basilica pienissima, con la presenza di giovani e meno giovani, e con un’attenzione assolutamente unica. Quindi si è notato veramente che la gente vuole, aspetta da noi qualche cosa di profondo, qualche cosa di vero, di autentico, di vita cristiana vissuta. D. – Quale significato può avere l’approfondimento di questa comunione per la Chiesa del Terzo Millennio? R. – Credo che sia molto importante iniziare questo Terzo Millennio sotto il segno del dialogo dei carismi nella Chiesa, sia quelli che hanno un po’ di storia, sia quelli che nascono oggi, perché noi, famiglia francescana, con la sua storia, possiamo diventare un po’ pesanti, mentre i nuovi carismi di oggi ci richiamano un po’ i segni dei tempi, la capacità di riattualizzarci e di rivivere oggi il nostro carisma con entusiasmo e con generosità. D. – Dal suo intervento e dal discorso di Chiara Lubich, sembrava di cogliere in modo nuovissimo lo zampillare vivo dello Spirito nella Chiesa… R. – Ci siamo trovati subito in sintonia – così mi ha detto anche Chiara – perché sia il carisma dei Focolari, sia il carisma francescano non sono altro che questa trasparenza che ci mette in rapporto diretto con il Vangelo, senza troppi indugi o paure. Oggi abbiamo tanta paura, invece Francesco ci dice anche oggi che è possibile, che il Vangelo non è un libro ma è vita. (altro…)
Nov 14, 2000 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Come un fulmine a ciel sereno un fatto gravissimo è venuto a turbare la serenità della mia famiglia: mio cognato, sposato con mia sorella da appena sei mesi, e suo fratello vengono improvvisamente arrestati e chiusi in cella d’isolamento. L’accusa è gravissima: omicidio. La stampa locale si scatena subito a ricamare illazioni infamanti. Era una situazione assurda: tutti conoscevano la mitezza e l’onestà di mio cognato, il suo amore per la giustizia. La mia famiglia era smarrita, sbigottita. Mia sorella, incinta di un mese, si è chiusa in un dolore silenzioso, impenetrabile. Non poteva esistere una spiegazione per un incubo così assurdo. Qualche giorno dopo si viene a sapere chi è stato ad accusare mio cognato e suo fratello: due anziani coniugi, che covavano antichi rancori contro tutta la loro parentela, spinti dal dolore per aver perso alcuni mesi prima un figlio in un agguato mafioso, avevano deciso di farsi giustizia dando sfogo, con un’arbitraria denuncia, a quella vecchia inimicizia. Per i miei e per me è stato un nuovo enorme dolore: quelle persone, infatti, abitano da sempre quasi di fronte a casa nostra, e con la nostra famiglia erano amici quasi intimi. Ora capivamo il loro comportamento da qualche tempo inspiegabilmente differente dal solito. La reazione da parte dei miei è stata di tagliare immediatamente qualsiasi tipo di rapporto con loro: mai più un saluto, mai più uno sguardo. Solo odio e disprezzo. Il male che ci avevano fatto era troppo grave. Mi sembrava che l’amore fosse scomparso dalla mia casa. Capivo che in quell’assurda situazione, in quel crudo dolore, c’era un’occasione incredibile di vivere e sperimentare un amore più grande, che andasse oltre la logica umana. Ma dovevo cominciare io: ” “Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia” (Mt 5,7). Sapevo di andare contro la mentalità di tutti, ma ero certo che Gesù mi avrebbe dato la forza e che l’unità con i miei amici mi avrebbe guidato e sostenuto in ogni momento. Quando passavo davanti alla casa dei nostri vicini non affrettavo l’andatura e sollevavo lo sguardo verso le loro finestre: “Buona giornata, signora! Come sta?”. Nonostante tutto, al di là di tutto, in loro potevo vedere e amare Gesù. I miei parenti e tutto il vicinato mi consideravano un traditore. La tensione in casa cresceva. Cercavo di ascoltare, di capire, di essere a disposizione di tutti e di servirli, ma andavo avanti nella decisione di amare anche i nemici. Il parroco mi ha chiesto, un giorno, di accompagnare un sacerdote nel suo giro presso alcune famiglie, per le confessioni degli ammalati. Proprio in casa delle persone che avevano tramato contro mio cognato c’era un anziano da visitare. Davanti al loro portone, prima di entrare, ho rinnovato anche con il prete il patto di amare Gesù in ogni fratello fino alle estreme conseguenze. Tornato a casa, tutti erano al corrente della mia visita ai vicini. Nuove scenate e umiliazioni, nuova incomprensione. Ma, nell’anima, nuova forza per andare controcorrente. Il giorno dopo, inaspettatamente, mia sorella, che più di tutti soffriva per quanto era accaduto al marito, ha preso la parola e ha comunicato a tutta la famiglia che anche lei aveva scelto la via dell’amore. Ci diceva di aver capito che solo amare tutti è la via giusta, l’unica che le avrebbe permesso di portare luce e conforto vero al marito innocente, durante le visite in carcere. E che anche la creatura che portava in grembo doveva crescere nell’amore e nella pace, non nel rancore e nell’agitazione. Qualche giorno dopo, ho accompagnato mia sorella al carcere e ho rivisto mio cognato. È stato un momento di gioia profonda e di penetrante angoscia. Parlando insieme, fra le lacrime, sentivamo nascere e rafforzarsi in noi la convinzione che solo Gesù, l’innocente calunniato e condannato, poteva far trionfare la verità e la giustizia, se ognuno di noi fosse rimasto nel suo amore. Eravamo in quattro: mia cugina, mia sorella, io e mio cognato in carcere, a portare avanti la nostra battaglia pacifica. Sei mesi dopo l’arresto, mio cognato e suo fratello sono stati liberati e totalmente scagionati. In quest’esperienza così cruda e dolorosa, la luce dell’amore di Dio ci ha toccato tutti ed è entrata con forza nella vita di mio cognato e di mia sorella. Li ha marchiati per sempre e ha fatto loro capire che, in qualsiasi situazione, nessuno mai può toglierci la libertà più grande, quella di amare. Ora tutto è passato: la vita è ricominciata, allietata dalla gioia per la nascita di una bellissima bambina. Quella luce è rimasta. S. S. – Italia (altro…)
Nov 14, 2000 | Cultura
Un avvenimento di particolare attualità ha avuto luogo a Washington, venerdì 10 novembre, alla Basilica Nazionale dell’Immacolata Concezione, gremita da oltre 3.000 persone tra cui anche ebrei, buddisti, indù e numerosi musulmani afro americani, per il conferimento a Chiara Lubich della Laurea h.c. in Pedagogia da parte dell’Università Cattolica d’America. Il Card. Hickey, di Washington, ha parlato dei segni della “primavera della Chiesa”. Nella Laudatio è stata sottolineata la preghiera di Gesù “Che tutti siano uno”, al cuore della spiritualità dei Focolari, che continua a ispirare numerosissimi uomini e donne di ogni tradizione religiosa a fare di quella preghiera il programma della loro vita. E, nella sua lezione, Chiara Lubich ha delineato i tratti della nuova pedagogia che trae linfa dal Vangelo, la spiritualità dell’unità. “Una pedagogia che porta a fare del nostro mondo – aveva detto – non una Babele senz’anima, ma un’esperienza del Dio con noi, capace di abbracciare l’umanità”. Il teologo David Schindler, di Washington, in un’intervista parlava di “risposta di particolare attualità” per la situazione in America, per la frantumazione e mancanza di speranza, e il cinismo così diffusi oggi: “Basti l’esempio delle attuali elezioni”. Ultima tappa dell’ intenso viaggio a Washington: il colloquio della neo-laureata con studenti e docenti dell’Università Cattolica d’America, il pomeriggio di martedì 14 novembre. Prima di rispondere alle domande, Chiara Lubich ha voluto dare trasparente testimonianza dell’azione dello Spirito che ha suscitato l’opera da lei fondata. Ed ha motivato l’accettazione di questi riconoscimenti – è la 12ma laurea honoris causa – a gloria di Dio “perché vedano le buone opere del Padre” non solo in senso spirituale, ma “a dimostrazione che Dio, e il suo Spirito, ha operato un rinnovamento anche nel campo umano”. E dal fitto dialogo è emerso proprio questo rinnovamento nel campo degli studi, dell’economia, della pedagogia, della teologia in rapporto con le altre religioni. Il prof. David Schindler ne ha sottolineato la radice: “Nessun agire economico, sociale o politico può fare a meno” di quello che ha definito “realismo dell’innocenza da cui traspare l’amore”. (altro…)
Nov 13, 2000 | Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
“Musulmani e cristiani, andiamo in fondo al cuore, dove è presente Dio e diciamo a Lui il nostro impegno: vogliamo essere dei soggetti che portano avanti questa rivoluzione pacifica, la fraternità universale”. Chiara Lubich “Chiediamo a Dio di essere non solo buoni in cuore ma anche nelle nostre azioni. Ringraziamo Dio di averci dato Chiara. La vedo come una leader per tutti noi. Lo dico sul serio. E’ una leader per tutti noi”. W.D. Mohammed “Il dialogo infrange le barriere e i pregiudizi. Ci scopriamo membri dell’unica famiglia umana con le ricchezze della propria cultura e storia”. Così il messaggio del Papa a firma del card. Sodano. Mostrare un esempio di fraternità tra cristiani e musulmani. Questo l’obiettivo della grande Convention che si è tenuta a Washington, alla quale hanno partecipato oltre 5 mila tra musulmani, cristiani e membri di altre religioni. Sono intervenuti la fondatrice dei focolari, Chiara Lubich, l’arcivescovo di Baltimora, card. William Keeler, e l’Imam W.D. Mohammed, leader dei moderati musulmani afroamericani. “E’ l’inizio della guarigione delle tante divisioni dell’America”: questa l’impressione a caldo dell’Imam Daud del Maryland. “E’ qualcosa attesa da tempo – dice una donna musulmana – Questo incontro oggi è qualcosa che avrà un futuro. Ci dà la forza e il coraggio per costruire un mondo di unità e di pace”. L’aveva augurato il Papa stesso, in un messaggio molto applaudito letto dal cardinal Keeler, arcivescovo di Baltimora. “Che in questo momento di forti tensioni, le grandi tradizioni religiose portino la pace attraverso un dialogo autentico”: dalle parole del leader degli afro-americani Mohammed trasparivano le sofferenze del razzismo, che ha tentato persino di cancellare l’idendità, la natura stessa del suo popolo. Ma erano rapidi accenni. Emergeva la liberazione, il recupero dell’identità che “fa sentire parte dell’unica famiglia universale, così come è stata creata dal Padre comune”. E del Corano ha messo in luce l’unità e la dimensione trascendente, “senza cui – ha detto – non possiamo essere uomini”. Proprio su queste due dimensioni ha posto l’accento Chiara Lubich, invitata a comunicare la spiritualità dell’unità, sgorgata dal Vangelo. “Dio, che guida la storia, manda di tempo in tempo – ha detto – doni speciali, i Carismi. L’umanità è chiamata da Dio a formare un’unica famiglia. Questo carisma ci è donato proprio per contribuire ad attuare questo disegno divino”. Con molti paralleli tra i versetti del Corano e il Vangelo, ha evidenziato l’esigenza del comandamento dell’amore. “Mettendo in pratica questi insegnamenti – diceva – è in atto qualcosa di più del dialogo: l’esperienza di uno comunione in Dio”. Ed è proprio questa l’esperienza vissuta a Washington. (altro…)
Nov 11, 2000 | Dialogo Interreligioso
Washington, domenica 12 novembre 2000 “Non è più tempo per vivere isolati. Cristiani e musulmani si devono incontrare e conoscere. Questo è quanto possiamo mostrare: persone di religioni diverse che si riconoscono parte di un’unica umanità; persone che hanno trovato una vita nuova perché il peso dei pregiudizi è stato levato dal loro cuore”. Così l’Imam W.D. Mohammed, leader degli afro-americani musulmani, riconosciuto in campo internazionale, motiva l’iniziativa della grande Convention a cui ha invitato Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari. Già nel 1997, Chiara Lubich, prima donna, bianca e laica, era stata invitata dall’Imam a parlare della sua esperienza spirituale nella Moschea Malcolm X di Harlem (New York), davanti a migliaia di musulmani afro americani. Da allora si sono moltiplicati i rapporti tra i membri dei Focolari e le comunità musulmane di molte città americane. Sono nate numerose iniziative di collaborazione. L’Imam W.D. Mohammed, 67 anni, figlio di Elijah Mohammed, fondatore della Nazione dell’Islam, movimento per il riscatto morale e sociale degli afro-americani, è il leader dell’ala pacifista da lui fondata: la Società Musulmana americana con 2 milioni di aderenti. Tra i presidenti della Conferenza mondiale delle religioni per la pace (WCRP), è da anni impegnato nel dialogo interreligioso. Recentemente ha offerto amicizia e riconciliazione a Louis Farrakham, suo antico rivale, fatto che ha avuto grande eco sulla stampa americana. Nell’ottobre scorso era tra i leaders religiosi intervenuti in P.zza San Pietro con il Papa, per il grande incontro interreligioso. Chiara Lubich è fondatrice e presidente di un Movimento diffuso in oltre 180 Paesi, con oltre 7 milioni di aderenti e simpatizzanti, impegnato ad aprire nuove vie all’unità della famiglia umana, col dialogo tra le religioni, tra cristiani di varie Chiese, persone di convinzioni non religiose. Sin dagli anni ’60 i primi contatti con il mondo dell’Islam in Algeria hanno avviato un dialogo assai promettente, nella reciproca stima e conoscenza. Ora fra gli amici musulmani del Movimento ci sono imam e fedeli praticanti di molti paesi. Chiara Lubich è tra i presidenti onorari della WCRP, Premio Templeton ’77 per il Progresso della Religione, Premio Unesco ‘96 per l’Educazione alla Pace. Aprirà il grande incontro il card. William Keeler, arcivescovo di Baltimora, anch’egli tra i presidenti della WCRP. Prenderanno poi la parola W.D. Mohammed e Chiara Lubich, che presenterà “una spiritualità dell’Unità per una convivenza armoniosa della Famiglia Umana”, e importanti leaders cristiani, ebrei, buddisti. La sera precedente, 11 novembre, spettacolo con la partecipazione del Gen Rosso e artisti della Muslim American Society. Il 10 novembre, Chiara Lubich riceverà una laurea h.c. in Pedagogia dalla Catholic University of America. Saranno presenti anche numerosi musulmani. (altro…)
Nov 9, 2000 | Cultura
Un avvenimento di particolare attualità ha avuto luogo a Washington, venerdì 10 novembre, alla Basilica Nazionale dell’Immacolata Concezione, gremita da oltre 3.000 persone tra cui anche ebrei, buddisti, indù e numerosi musulmani afro americani, per il conferimento a Chiara Lubich della Laurea h.c. in Pedagogia da parte dell’Università Cattolica d’America. Il Card. Hickey, di Washington, ha parlato dei segni della “primavera della Chiesa”. Nella Laudatio è stata sottolineata la preghiera di Gesù “Che tutti siano uno”, al cuore della spiritualità dei Focolari, che continua a ispirare numerosissimi uomini e donne di ogni tradizione religiosa a fare di quella preghiera il programma della loro vita. E, nella sua lezione, Chiara Lubich ha delineato i tratti della nuova pedagogia che trae linfa dal Vangelo, la spiritualità dell’unità. “Una pedagogia che porta a fare del nostro mondo – aveva detto – non una Babele senz’anima, ma un’esperienza del Dio con noi, capace di abbracciare l’umanità”. Il teologo David Schindler, di Washington, in un’intervista parlava di “risposta di particolare attualità” per la situazione in America, per la frantumazione e mancanza di speranza, e il cinismo così diffusi oggi: “Basti l’esempio delle attuali elezioni”. Ultima tappa dell’ intenso viaggio a Washington: il colloquio della neo-laureata con studenti e docenti dell’Università Cattolica d’America, il pomeriggio di martedì 14 novembre. Prima di rispondere alle domande, Chiara Lubich ha voluto dare trasparente testimonianza dell’azione dello Spirito che ha suscitato l’opera da lei fondata. Ed ha motivato l’accettazione di questi riconoscimenti – è la 12ma laurea honoris causa – a gloria di Dio “perché vedano le buone opere del Padre” non solo in senso spirituale, ma “a dimostrazione che Dio, e il suo Spirito, ha operato un rinnovamento anche nel campo umano”. E dal fitto dialogo è emerso proprio questo rinnovamento nel campo degli studi, dell’economia, della pedagogia, della teologia in rapporto con le altre religioni. Il prof. David Schindler ne ha sottolineato la radice: “Nessun agire economico, sociale o politico può fare a meno” di quello che ha definito “realismo dell’innocenza da cui traspare l’amore”. (altro…)