


Asia: 50 anni di unità
Cinquanta anni fa, il 22 febbraio 1966, approdavano a Manila 5 focolarini inviati da Chiara Lubich in risposta alla richiesta dell’allora Arcivescovo di Manila, il cardinale Rufino Santos. Guido Mirti, Giovanna Vernuccio, Silvio Daneo, Ednara Tabosa e Magdalena Brandao, sono i primi protagonisti dell’avventura dei Focolari in Asia. Da Manila si susseguono i viaggi verso il Giappone, la Corea, Hong Kong, Taiwan, India, Pakistan, Tailandia, Cambogia, Vietnam … fino all’Australia. Il Movimento dei Focolari si è così diffuso nel continente asiatico, portando a quanti incontrava lo spirito dell’unità che lo caratterizza, nonostante l’enorme diversità di culture, religioni e lingue. «Nel 2016, in ringraziamento a Dio per questi cinquanta anni di abbondanti grazie, frutto dell’incontro tra il carisma dell’unità e i nostri popoli, è in programma una serie di eventi», scrivono Ding Dalisay e Carlo Maria Gentile, dalle Filippine. «Alla Mariapoli Pace di Tagaytay (Filippine) – nei giorni 20 e 21 febbraio, si riunirà l’intera famiglia di Chiara presente in questa parte di mondo. Il primo giorno sarà caratterizzato da “un ritorno a casa”, in famiglia; mentre nel secondo si svolgerà una festa di ringraziamento con contributi artistici e culturali, rivisitando la storia di questi 50 anni, per spronarci a continuare, con nuovo slancio, ad offrire il nostro contributo all’unità della famiglia umana. Con l’occasione si presenteranno i centri sorti nella cittadella “Mariapoli Pace” a servizio del Movimento in tutta l’Asia: la Scuola delle grandi religioni (SOR), il Centro Mariapoli, le Scuole per i giovani, il Centro per i Sacerdoti, la Casa dei Seminaristi, i Centri dei Religiosi e delle Religiose, e i Centri Sociali Bukas Palad e Pag-asa. Si prevedono delegazioni dalla Corea, Giappone, Cina, Indonesia, Tailandia, Vietnam, Myanmar, India, Pakistan e Australia. Anche dagli USA parteciperanno alcuni tra i primi membri del Movimento nelle Filippine che si sono ormai stabiliti lì arricchendo la comunità in quel Paese. Ospiti d’onore saranno i protagonisti dei primi tempi dei Focolari in Asia, ora residenti in Italia, Guatemala e Malta». «Il 14 marzo, anniversario della dipartita di Chiara Lubich (22 gennaio 1920 – 14 marzo 2008), – continuano Ding e Carlo Maria – , si terrà un Simposio sul tema: “Carisma dell’unità, eredità senza tempo”. Appuntamento rivolto a personalità ecclesiastiche e civili per riflettere insieme sul contributo del carisma di Chiara Lubich nella vita dei singoli, nelle comunità, nella Chiesa e nella società». «Nelle Mariapoli che si svolgeranno nel corso dell’anno nelle Filippine (a Davao, Cebu e Manila) – spiegano –, una giornata sarà dedicata a far conoscere al più grande numero di persone la vitalità che la spiritualità dell’unità ha portato nei suoi 50 anni di presenza nel continente». «L’Asia è anche la casa di grandi religioni: Buddhismo, Induismo, Islam… Così nel 2017, in Thailandia – concludono – il 50° dei Focolari vedrà un evento di carattere interreligioso: un invito a quanti desiderano unirsi in questo cammino verso l’unità della famiglia umana». (altro…)

In India: all’università di Mumbai e sulle orme di Gandhi
Scritture tradizionali dell’induismo e il carisma di Chiara Lubich sono state messe a confronto in tre tavole rotonde al dipartimento di Sanskrito della Mumbai Vidya Peeth lo scorso 7 febbraio. Quale formazione accademica è necessaria nel contesto attuale per dare rilevanza al dialogo? Una formazione orientata alla valorizzazione dell’alterità. Gli interventi hanno sottolineato l’esperienza di dialogo vissuta in questi anni da membri dei Focolari e professori di tradizione indù. Si sono susseguite considerazioni alla luce dell’insegnamento di alcuni recenti riformatori dell’induismo, come Swami Vivekananda, Juddi Krishnamurty ed il Mahatma Gandhi. Presenti al convegno, oltre a diversi rappresentanti del locale Movimento dei Focolari, vari studenti ed assistenti dei dipartimenti di Filosofia e di Sanskrito dell’Università di Mumbai. Positivi i commenti che, nelle parole delle prof.sse Shubada Joshi, Madhavi Narsalay e Meenal Katarnikar, fanno ben sperare per futuri sviluppi sulla via iniziata quindici anni fa da Chiara Lubich nella sua prima visita a Mumbai. Il prof. Sureshchandra Upadhyaya – accademico di Mumbai -, a proposito del suo rapporto con i Focolari, in una video intervista dichiara: «Sono entrato più profondamente nella filosofia di Chiara, quella dell’Amore, e mi sono reso conto che [essa] è rivolta ad ogni essere umano. Chiara appartiene a tutta l’umanità. E quando tu parli con lei, quando leggi i suoi libri, ti accorgi che stai leggendo di te stesso».«Upadhyaya è un uomo di un calibro spirituale e intellettuale straordinario», sottolinea Jesús Morán, copresidente dei Focolari, nel corso della diretta del Collegamento CH lo scorso 13 febbraio, «è un profeta, nel senso più bello della parola. Una delle professoresse che abbiamo incontrato, ha detto: “Il fulcro dell’induismo è la divinizzazione dell’uomo e l’umanizzazione di Dio”. Su questo si può lavorare tanto insieme». Sulle orme di Gandhi – A Coimbatore esistono da anni diversi tipi di collaborazione, sia a livello sociale che culturale come pure progetti di formazione informale alla pace e alla prevenzione dei conflitti. In tale ambito, si sono svolte diverse manifestazioni. Si è, infatti, iniziato con la celebrazione del 25° anniversario della fondazione dei Bala Shanti, asili nido presenti in villaggi della zona di Coimbatore, nati dalla collaborazione fra AFN e Shanti Ashram, che continuano ad assicurare accesso alla scolarità anche a bambini di classi sociali discriminate. La XXI Tavola Rotonda Sarvo-Foco (tra membri del movimento gandhiano Sarvodaya e i Focolari) ha messo in evidenza il cammino compiuto in questi anni ed il coinvolgimento spirituale, vitale e sociale di coloro che sono impegnati nel pellegrinaggio del dialogo, insieme alle rispettive istituzioni e comunità (Gandigram University, Madurai Kamaraj University, Shanti Ashram, Gandhi Museum, Bharatya Vidya Bhavan di Coimbatore per menzionarne solo alcune). Sia a Mumbai che a Coimbatore si sono esaminate possibili vie di collaborazione con l’Istituto Universitario Sophia di Loppiano. Scambi di docenti e studenti, e studio dei testi di Chiara Lubich a cui il dialogo si ispira e che vengono considerati di natura mistica, nel primo caso; accordi di collaborazione con tre istituzioni Gandhiane del Tamil Nadu, nel secondo, con l’obiettivo di inserire gli studi Gandhiani all’interno del corso di dialogo interreligioso di Sophia. Prima di lasciare Coimbatore Maria Voce, Jesús Morán e tutta la delegazione hanno partecipato alla cerimonia in ricordo dell’assassinio del Mahatma Gandhi, svoltasi presso la Scuola di Bharatya Vidya Bhavan alla periferia della città. È li che Maria Voce ha proposto una riflessione sulla dimensione spirituale della ricchissima personalità di Gandhi, sottolineando come «in questi anni, noi cristiani abbiamo ricevuto in dono molti valori ed intuizioni del Mahatma e vi abbiamo trovato una sorprendente vicinanza e comunanza con lo spirito che Dio ha donato a Chiara Lubich». «Nel Gandhi Memorial, il mausoleo costruito nel luogo dove è stato ucciso Gandhi – racconta poi la presidente al rientro –, un luogo che dice martirio e violenza, tutto parlava di pace, c’era un’armonia che lasciava nel cuore una serenità soprannaturale, divina. Era la testimonianza di un uomo che ha vinto la violenza con la non violenza. E questo lo si vedeva anche in tutti i presenti».Leggi anche: In India: un dialogo di cuori e menti Servizio video Collegamento CH: https://vimeo.com/155395452 (altro…)

In India: un dialogo di cuori e menti
«Sono partita aspettandomi di incontrare un mistero. Sono tornata con l’impressione di aver incontrato un mistero più grande di quanto pensassi». «I sentimenti di queste prime ore: da una parte una grande voglia di assoluto, un desiderio di interiorità; poi, un forte amore per il pluralismo, non avere paura della diversità; infine, la bellezza della gente, specie dei giovani come futuro». Sono le prime impressioni a caldo, durante il Collegamento CH del 13 febbraio, di Maria Voce e Jesús Morán, presidente e copresidente del Movimento dei Focolari, al loro rientro da un lungo viaggio in India per trovare le comunità sparse in questo immenso Paese asiatico. Un viaggio complesso, durato un mese, 16.000 Km percorsi in 13 voli, con tappe a New Delhi, Bangalore, Coimbatore, Trichy e Mumbai. Un sub-continente caratterizzato dal dialogo interreligioso che anche il Movimento dei Focolari porta avanti da quando è presente, e cioè dagli anni ’80. Le vie che si erano aperte nel 2001 e nel 2003 nei due viaggi di Chiara Lubich a Mumbai e Coimbatore, nel corso degli anni, hanno portato ad un rapporto crescente sia con accademici che con gandhiani. Anche se accomunati da alcuni momenti ed esperienze condivise, come i simposi tenutisi nel 2002 e nel 2004 a Roma e nel 2011 in India, i due filoni si sono sviluppati con caratteristiche proprie dando vita a tipologie di dialogo diversificate anche se caratterizzate dallo stesso spirito. Resta vera per tutti, infatti, la definizione data nel 2001 da alcuni amici indù che avevano descritto il dialogo fra i Focolari ed il mondo indù come un ‘dialogo di cuori e di menti’. Nel 2001 a Mumbai, Chiara diceva ad un gruppo di indù: «Sono venuta in India soprattutto col desiderio di ascoltare, di imparare da voi, per aprire possibilmente un cordiale dialogo con voi, nei quali vedo tanti miei fratelli e sorelle». E a chi le domandava sull’atteggiamento d’avere per dialogare, Chiara rispondeva: «Noi puntiamo su quella cosiddetta “regola d’oro” che è presente in tutte le religioni, anche nell’induismo:“non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”». E ancora in un’intervista negli stessi giorni per Radio Vaticana: «Dialogare significa prima di tutto mettersi sullo stesso piano, non avere idee di priorità, di essere meglio degli altri e aprirsi ad ascoltare quello che l’altro ha dentro, spostare tutto per entrare nell’altro. Dopo chiedere naturalmente all’altro di ascoltare noi. E dall’insieme di questo si colgono quegli elementi comuni che si hanno e ci si mette d’accordo di vivere insieme. Questo è il dialogo concreto». A Delhi, nella prima fase del viaggio, presso l’India International Centre, si è tenuto un interessante ed intenso convegno che ha visto la partecipazione di una sessantina di persone di diverse fedi e culture. Moderato dal Sig. Merchant, rappresentante di rilievo della comunità Baha’i della capitale indiana, e dalla dott.ssa Vinu Aram, direttrice di Shanti Ashram a Coimbatore, il programma ha inteso offrire delle risposte plurali alle sfide che il dialogo è chiamato ad affrontare oggi. ‘La rilevanza del dialogo nella società odierna’: questo il titolo del pomeriggio, durante il quale si è presentata l’esperienza del Movimento dei Focolari nel campo del dialogo, prima dei due interventi chiave dell’incontro. In essi Maria Voce e Jesús Morán hanno affrontato, alla luce della società odierna, la questione della tensione fra progresso verso l’unità – che appare essere uno degli elementi caratterizzanti la nostra epoca – e la tendenza a difendere e a caratterizzare le rispettive identità. Proprio in questa tensione tipica dei processi di globalizzazione e, allo stesso tempo, che vede il mondo cambiare rapidamente per i flussi migratori ed i conflitti a livello regionale, si situa l’esperienza carismatica del dialogo proposta da Chiara Lubich che ha aperto vie di dialogo originali ed articolate. Maria Voce ha sottolineato come la Regola d’oro presente in ogni cultura e religione assicuri un punto di incontro che garantisce la possibilità di attuare quella che Chiara amava definire l’arte di amare, vera metodologia dialogica. Jesús Morán ha, invece, presentato l’aspetto antropologico del dialogo definendone alcune caratteristiche che rivelano una consonanza sorprendente proprio con l’esperienza fatta in questi anni fra indù e cristiani. Nel corso del pomeriggio, poi, si sono alternati altri interventi, tutti di grande attualità oltre che di profondità spirituale. Fra questi il Prof. Satyavrat Shastri, famoso esperto di lingua sanscrita, le Prof.sse Uma Vaidya e Shashi Prabhakumar, che hanno evidenziato l’analogia fra quanto affermano e suggeriscono le scritture tradizionali dell’induismo – soprattutto Veda ed Upanishad – ed il carisma dialogico di Chiara Lubich. Loppiano (Firenze), 7 febbraio 2001: https://vimeo.com/155014982 (altro…)
In cammino: Educarsi per educare
Accompagnare gli adolescenti nel loro progetto di vita, la figura dell’educatore, educazione al difficile, una comunità che educa: sono tra i temi affrontati da 400 formatori, non per mestiere ma per vocazione, che accompagnano bambini e ragazzi nell’ambito del Movimento dei Focolari, ad ogni latitudine. Vinca e Make vengono da Melbourne. «Sono originaria di Futuna: un passo più in là e cadi fuori dal mondo! – scherza Make – . Quando sono andata a trovare la piccola comunità nell’isola di Kiribati, i bambini erano dapprima incuriositi dalla presenza di una “straniera”, poi sorpresi dal fatto che giocassi con loro. Ho corso per due ore, anche se non ho più l’età per farlo, e anche se non avevamo nessuna lingua in comune, tra di noi si era creato un rapporto speciale».
Ma qual è il modello educativo di riferimento? Si tratta della persona-relazione, capace di amare e di essere riamata, modello che affonda le sue radici nel pensiero di Chiara Lubich. Il suo riflesso in campo educativo è stato sviluppato da un gruppo di ricercatori nell’ambito pedagogico e dal lavoro della Scuola Abbà e dell’Istituto Universitario Sophia, che per l’occasione ha inviato alcuni dei suoi docenti a svolgere interventi, forum e workshop. Davvero ampia la scelta, e per tutte le fasce di età: percorsi di educazione alla mondialità, tipologia dell’animatore e dinamiche di gruppo, gestione dei conflitti, ricerca su fede e ragione, fino a temi più specifici, come stili di vita e impatto ambientale, gender, dipendenze, mass media. Non sono mancate attività pratiche, da emozioni e danza, a teatro, marionette, palloncini, arte e manualità, video-making, uso della fotografia e dell’immagine.
Una possibilità concreta di “mettere in moto cuore, testa, mani”, sperimentarlo per poi viverlo insieme ai bambini e ai ragazzi. È una delle modalità che sta particolarmente a cuore a papa Francesco, (vedi il recente convegno mondiale sull’Educazione, Roma novembre 2015), e che mons. Vincenzo Zani, Segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica, ha rivolto come invito a tutti i formatori presenti a Castel Gandolfo dal 5 al 10 febbraio scorsi, presentando la visione di Francesco sull’educazione.
Maestro di rischio, audace esploratore, attento regista, tessitore umile di relazioni: si chiede questo all’educatore oggi, non da solo, ma nella rete della comunità dentro la quale opera. Sperimenta il fallimento, ma non si arrende, per aiutare a sua volta a non arrendersi. Soprattutto cerca di essere una persona autentica, un testimone credibile. Spesso si trova a che fare con bambini nei guai, come recita il titolo di un volume che è stato presentato in questi giorni. Sono i bambini che soffrono per le fragilità della propria famiglia, che subiscono violenza… ma qualcuno ha immesso nelle loro storie germi di speranza. È sempre possibile ricominciare, aiutandoli ad attivare quella che in gergo tecnico si definisce resilienza: tirar fuori le proprie risorse migliori per far fronte a situazioni difficili, adattarsi e superarle.
«C’è necessità di acquisire competenze – spiega Arturo Clariá, psicologo clinico argentino – anche nell’ordine sociologico, psicologico, offrendo strategie per lavorare insieme, essere più responsabili nell’accompagnamento, sempre con uno sguardo puntato in alto, al trascendente. A confronto con educatori di tutto il mondo sono emerse problematiche attuali e comuni alle varie culture, nel mondo globalizzato, fino alla mancanza di autostima, al vuoto esistenziale e alla difficoltà nel costruire il proprio progetto di vita. E alle volte non si sa cosa fare. Come far fronte a questa società liquida? L’educatore, non è quello che detiene il sapere, ma il direttore di un’orchestra nella quale ciascuno può suonare il suo strumento, e lui deve trovare l’armonia di ciascuno». Un’educazione, quindi, che esca dai luoghi chiusi, e si trasferisca sul piano emozionale, sociale, dei valori: «Questo – conclude – è lavorare per costruire una cultura di pace, di fraternità». Maria Chiara De Lorenzo Facebook: In Cammino Educarsi per Educare Foto galleria su Google: https://goo.gl/photos/BjmCh1FPnXaxyBQh8 (altro…)

Paraguay: la lunga primavera degli studenti
Migliaia di studenti universitari hanno denunciato l’imperante sistema di corruzione nella maggiore università statale del Paese, l’Università Nazionale di Asunción (UNA). Una lunga primavera australe che si è conclusa con le dimissioni a catena delle autorità accademiche e negoziando la riforma di uno statuto concepito nel tempo della dittatura. I giovani universitari hanno sorpreso tutti con la loro serietà ed organizzazione. Durante il mese circa in cui il campus è stato occupato, hanno creato un vero e proprio “Stato alternativo”. Turni di guardia alle porte, controlli a borse e bagagliai affinché non fossero introdotti alcolici, efficienti commissioni per l’alimentazione e servizi essenziali, l’organizzazione di un calendario di lezioni suppletive, con l’aiuto di professori e studenti degli ultimi anni; e ora, con un calendario di esami per non far perdere il semestre a nessuno. Hanno dimostrato, inoltre, l’intelligenza di non farsi strumentalizzare da nessuno. Indicato da molti come figura ispiratrice, Papa Francesco, che aveva incontrato migliaia di giovani nella sua visita al Paraguay. Il suo appello a “fare confusione e poi a organizzarla”, è stato accolto in pieno. Tra gli animatori della rivolta pacifica #UNAnotecalles (“UNA non tacere”), i giovani dei Focolari. La parola ad Alejandra e Cecilia, studentesse di Medicina e Ingegneria, rispettivamente: «Tutto è cominciato con un sit-in di fronte al Rettorato, per dimostrare la nostra indignazione riguardo alle più recenti denunce di corruzione. Ogni giorno si svolgeva una manifestazione pacifica con microfono aperto a studenti, professori e funzionari. Poi si è aggiunta una veglia permanente attorno all’edificio, con sciopero studentesco e l’esigenza delle dimissioni del rettore e dei suoi collaboratori. Il sostegno della cittadinanza, anche attraverso l’invio di alimenti ed altro, ci ha dato la forza per non cedere nella lotta, facendoci capire che era una battaglia di tutti. Dopo 40 giorni abbiamo ottenuto le dimissioni del rettore, di altri 5 funzionari e l’imputazione di altri 38 e poi, le dimissioni di tutti i decani delle facoltà. Per noi è stato fondamentale vivere questa tappa insieme ai gen che studiano alla UNA, e anche con gli altri, che ci facevano sentire il sostegno in vari modi. Certi della promessa di Gesù che se ci uniamo nel Suo nome Lui è con noi, abbiamo cercato che così fosse. Egli ci è stato di luce per difendere i valori evangelici di amore, verità e giustizia, e per superare i momenti difficili che non sono mancati. A volte non era facile contenere la folla che pareva lasciarsi portare dalle emozioni. In quei momenti, quando non era chiaro ciò che fosse più giusto fare, ci cercavamo per capire insieme come comportarci e che scelta promuovere.

Leticia (a sinistra)

Francesco e Kirill: l’unità si fa camminando
12 febbraio 2016. L’aeroporto di L’Avana (Cuba) è il luogo che ospita il primo incontro nella storia tra il Vescovo di Roma e il Patriarca di Mosca. Un incontro fraterno, “tra vescovi”, che ha dato «l’opportunità di ascoltare e capire le posizioni l’uno dell’altro», come ha detto il patriarca Kirill al termine dell’incontro. Tra le comuni preoccupazioni, l’anelito per la pace e la difesa dei cristiani perseguitati nel mondo. «Ho sentito la consolazione dello Spirito Santo in questo dialogo», afferma papa Francesco, con la prospettiva di «una serie di iniziative» da realizzare insieme. «Non siamo concorrenti ma fratelli, e da questo concetto devono essere guidate tutte le nostre azioni reciproche verso il mondo esterno», si legge al centro della Dichiarazione congiunta firmata dal papa e dal patriarca. In essa si invoca la necessità di un lavoro comune tra cattolici e ortodossi, e si auspica il superamento delle divergenze storiche ereditate, rispondendo insieme alle sfide del mondo contemporaneo. Si tratta dei cristiani vittime di persecuzione, della violenza in Siria, in Iraq e altri Paesi del Medio Oriente, della lotta contro il terrorismo, del dialogo interreligioso, del processo di integrazione europea nel rispetto delle identità religiose. Ma si toccano anche i temi sociali ed etici, con preoccupazione “pastorale”, come ha sottolineato papa Francesco ai giornalisti nel volo tra Cuba e il Messico: povertà, crisi della famiglia, diritto alla vita (aborto, eutanasia e procreazione assistita), i giovani, la pace in Ucraina. «Dalla nostra capacità di dare insieme testimonianza dello Spirito di verità in questi tempi difficili – si legge ancora nella dichiarazione – dipende in gran parte il futuro dell’umanità».
«Anche qui a Mosca si sente che è stato un incontro storico – scrive Anna Gloria, italiana nel focolare di Mosca – I mezzi di comunicazione ne parlano tanto. La sera prima dell’incontro, nella cattedrale cattolica dell’Immacolata Concezione il vescovo Paolo Pezzi ci ha invitati tutti a pregare per l’unità. È stato molto bello. Eravamo cattolici e ortodossi di vari movimenti e comunità. Si avverte che è stato fatto un passo importante nell’unità». La Chiesa ortodossa russa – nonostante le recenti tensioni tra Mosca e Roma – ha una lunga storia di ricerca della riconciliazione tra le chiese cristiane divise. Lo ha detto padre Hyacinthe Destivelle – incaricato delle relazioni con le Chiese ortodosse slave presso il Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, e presente a Cuba per l’incontro – in un’intervista a Radio Vaticana. Padre Destivelle spiega inoltre che «la Chiesa Ortodossa Russa è la quinta nell’ordine tradizionale di autorità tra le 14 Chiese Ortodosse autocefale. Al primo posto, con un primato d’onore, c’è il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, che ha un rapporto speciale con la Santa Sede». «Il significato dell’incontro tra papa Francesco e il patriarca Kirill può anche essere visto alla luce della storia delle relazioni con la Chiesa Ortodossa russa», dove essa «può fare da ponte tra Est e Ovest». Padre Destivelle ha inoltre citato altri esempi di come la Chiesa Ortodossa Russa sia stata attivamente pioniera nelle relazioni ecumeniche, ad esempio è stata la prima Chiesa a inviare osservatori durante il Concilio Vaticano Secondo. Tra gli argomenti trattati privatamente nelle due ore di colloquio tra Francesco e Kirill c’è anche il Sinodo Panortodosso: previsto per giugno 2016 (per la prima volta dopo il 787), a Creta, riunirà tutte le chiese ortodosse. «Per l’Ortodossia il Sinodo – aveva spiegato di recente il prof. Dimitrios Keramidas nel contesto di una scuola ecumenica dei Focolari – non è un evento che si inserisce dall’esterno nella vita ecclesiale, ma piuttosto la manifestazione ufficiale dell’essere comunionale della Chiesa, del continuo e ininterrotto cammino del popolo di Dio». Un cammino verso l’unità. Maria Chiara De Lorenzo Leggi anche: A Cuba Francesco incontra Kirill Verso il Sinodo Panortodosso A Creta il Sinodo Panortodosso (altro…)

Malattia: il limite trasformato in ricchezza
«Uscendo da casa il 3 maggio di 21 anni fa per raggiungere la banca dove lavoravo, non pensavo certo che la sera non vi sarei tornato. Un forte mal di testa aveva costretto i miei colleghi a portarmi d’urgenza in ospedale. Avevo 49 anni, una vita professionale ben avviata, una promozione imminente, una bella famiglia con tre figlie dai 18 ai 14 anni. Improvvisamente mi sono ritrovato su una carrozzina che neppure riuscivo a governare perché, oltre all’uso della gamba, avevo perso anche quello del braccio. Ero diventato un nulla: dovevo essere aiutato a mangiare, lavarmi, vestirmi… dipendevo in tutto dagli altri. Sentivo dentro disperazione e angoscia, sentimenti che cercavo di scacciare perché sapevo che non erano la soluzione. Da quando avevo abbracciato la spiritualità dei Focolari, avevo imparato a rendermi disponibile alla volontà di Dio, e anche se non capivo il perché di questo sfacelo, con mia moglie Pina abbiamo voluto credere che pure questo era amore di Dio per me, per noi. Anche le nostre figlie si sono lasciate coinvolgere in questa scelta e fin dai primi giorni mi sono ritrovato una forza e una pazienza che non avrei mai pensato di avere. In pochi mesi ho recuperato l’uso della gamba e seppur con grande fatica e col supporto di un collega che mi accompagnava, sono riuscito a tornare al lavoro per altri 7 anni. Poi non ce l’ho più fatta.
Già allora la mia inabilità non mi consentiva di camminare se non per brevi tratti, non potevo più guidare l’auto, farmi la doccia da solo, abbottonare i vestiti, tagliare il cibo nel piatto, avvitare una caffettiera, abbracciare mia moglie e le figlie. Non potevo fare, insomma, tutti quei gesti per i quali occorre l’uso delle due mani. A volte, più amara ancora era la paura. Paura di non farcela ad andare avanti come coppia, paura della solitudine, della mia fragilità di fronte alle diverse situazioni, del dubbio di saper ancora svolgere il ruolo di padre, e così via. Poi sono subentrate altre sospensioni di salute: ricoveri in ospedale, un tumore fermato in tempo, cadute con fratture, ecc. Oggi con tenacia continuo a fare le fisioterapie, anche se so che prospettive di guarigione non ce ne sono. Ma almeno aiutano a rallentare il processo invalidante. Più forte di tutto questo però, avverto dentro di me la grazia della vicinanza di Dio in ogni attimo. In questi 21 anni la raffinata fedeltà di Dio mi ha sempre accompagnato, con la delicatezza e la tenerezza che solo Lui sa dare. Con Pina abbiamo imparato a lasciarci portare da Lui, a farci sorprendere dal suo amore. E quando tutto sembrava crollare, o diventava precario o confuso, in fondo al cuore percepivamo che questo partecipare – in qualche misura – al mistero di Gesù sulla croce, era per noi un privilegio. Come Lui anch’io, anche noi cerchiamo di superare il dolore amando tutti quelli che sono intorno a noi, sperimentando, in quella che possiamo chiamare ‘alchimia divina’, che il dolore è come un talento da far diventare amore.
Dio mi/ci ha presi per mano e, svelandoci poco a poco il suo progetto su di noi, ci ha fatto il dono di entrare in profonda intimità con Lui e fra noi, facendoci comprendere – nella luce – anche il misterioso significato del dolore. E quello che poteva sembrare un limite si è trasformato in ricchezza, quello che poteva fermarci si è tramutato in corsa, anche per la forte condivisione con tanti altri. Dio ci ha resi più sensibili e misericordiosi con tutti quelli che con tanta fantasia ci mette accanto. Facendoci sperimentare che anche una malattia invalidante non toglie la possibilità di essere strumenti nelle mani di Dio per il prossimo». Giulio Ciarrocchi (altro…)

Ti amerò per sempre
“In che modo festeggeremo S. Valentino? Ancora non lo sappiamo. Ogni occasione è buona per sorprendere l’altro con qualcosa di bello, nascondendoci i regali fino all’ultimo minuto”. A parlare è Iris, brasiliana di 26 anni, in Italia per un progetto di cooperazione internazionale. È fidanzata con Antonello, laurea in economia, che in attesa di un lavoro più consono alla sua preparazione, fa i turni in un call center. Quando si sono conosciuti, Iris, per una precedente delusione, era un po’ restia ad iniziare un nuovo rapporto. Ma Antonello era riuscito a farsi dare il suo cellulare e con i suoi fantastici SMS ce l’ha fatta a convincerla di riprovarci. “Frequentandoci ho scoperto di esserne innamorata – ammette Iris – e subito abbiamo cominciato a fare progetti”. “Tipo?”, chiediamo timidamente. “Come prima cosa – interviene Antonello – ho voluto presentarla ai miei. Poi abbiamo fatto un viaggio in Brasile per conoscere i suoi. Nel frattempo ci stiamo scoprendo l’un l’altro nella diversità delle nostre culture e anche nel diverso credo religioso. Iris infatti è profondamente cristiana. Io invece provengo da una visione più umana delle cose. Ma seppur da strade diverse, ambedue siamo convinti della bellezza del matrimonio come atto profondamente umano e sacro allo stesso tempo”. “In questo scambio – racconta Iris –, che per me, abituata a certezze fin troppo scontate non è stato facile, ci siamo resi conto della forza del nostro amore. Un amore che ci ha fatti crescere in umanità: io sono diventata più donna, e Antonello più uomo. E che ci ha portati alla decisione che non appena avremo una certa autonomia economica, ci sposeremo”. Una certezza, la loro, che disarma. Perché anche loro sono circondati da coppie che naufragano, da grandi amori che svaniscono nel nulla. Ma ugualmente vogliono affrontare il grande passo del matrimonio perché – dicono – “Siamo sicuri del nostro amore. Che non è una cena romantica o un cuore di cioccolato regalato a San Valentino. L’amore – precisa Iris – è innamorarsi dell’anima dell’altro, è saper spostare il proprio pensiero per far spazio a quello dell’altro, è dimostrargli che per te lui vale per quello che è, non per quello che vorresti che fosse”.
Nell’incantevole parentesi rosa che è l’innamoramento, dove tutto è incandescente, sembra tutto abbastanza facile. Ma come tutte le stagioni della vita, anch’essa prima o poi tramonta. Gli esperti dicono che dura un annetto o poco più, poi inesorabilmente si torna raso terra. E allora? “Lo sappiamo che non sarà sempre così appassionante – incalza Antonello – che verranno momenti bui. Infatti ci siamo iscritti ad un corso per fidanzati, proprio per condividere la nostra avventura con altre coppie. So che lì si parlerà anche delle difficoltà, della crisi di coppia. E già ci è stato detto che spiegheranno come fare per superarle: imparare a vedersi ogni giorno nuovi e ricominciare sempre”. Quella del ‘ricominciare’ è una delle tante chance di cui l’amore di coppia ha davvero bisogno, come ad esempio una buona comunicazione che tenga vivo il dialogo, il pensare che la felicità è un dono da fare e non un diritto per sé, il giusto distacco dalle famiglie di origine, la condivisione con altre coppie, la capacità di perdono, la gratuità, la tenerezza… Questi e altri sono gli argomenti, compresi la sessualità e la procreazione, di cui in genere si parla nei corsi per fidanzati. Anche in quello organizzato da Famiglie Nuove dei Focolari che avrà luogo dall’8 al 10 Aprile 2016 nella cittadella di Loppiano (vicino Firenze). Fra l’altro, per chi intende sposarsi nella chiesa cattolica la partecipazione ad uno di questi corsi è un requisito obbligatorio. Quindi è proprio il caso di approfittarne. Per saperne di più. (altro…)

Giordani: Il vangelo non è una collana di parole
Il Vangelo non è solo collana di parole. È anche una serie di fatti. È vita. Gesù, oltre a predicare, medicò malati, confortò afflitti, risuscitò morti, diede cibo ai famelici: compì le opere di misericordia perché amava. «Ho pietà della massa», esclamò un giorno vedendo le turbe affamate; e moltiplicò i pani per sfamarle. E nella Redenzione il pane assume un valore sacro. Gesù nel pane inserì il più grande mistero; e del banchetto eucaristico fece centro di vita nella comunità della Chiesa, sempre collegando le due cose: corpo e spirito: così come in sé aveva unito divino e umano. Dunque, si ama Dio, il Padre, anche dando da mangiare al fratello che ha fame. Chi, potendo nutrire i denutriti, i mal nutriti, gli affamati, non li aiuta, è, secondo un pensiero dei Padri della Chiesa, un omicida, anzi un deicida. Fa morire Cristo. Chi, durante gli anni di guerra, ha condannato dei prigionieri a morir di fame, ha rinnovato, dal punto di vista del Vangelo, la crocifissione. È stato assassino – per così dire – di Dio. Le torme di deportati, nella neve e nel solleone, dentro vagoni blindati o in bastimenti isolati, la cui monotonia era interrotta solo dal collasso degli affamati, segnano la linea dell’ateismo pratico, anche se perpetrato in nome di Dio. S. Vincenzo de Paoli per questo salì nelle galee dei cristianissimi re, dove i galeotti cadevano estenuati. L’opera di misericordia, ricostituendo la giustizia, si presenta non come mera somministrazione di cibo o di denaro per comprarlo. «Le opere di misericordia non giovano a niente senza l’amore», dice sant’Agostino. «E se anche sbocconcellassi a favore dei poveri tutto quello che ho, e dessi il mio corpo alle fiamme, e non avessi amore, non mi servirebbe niente» (1 Cor 13, 3), dice san Paolo a quei cristiani che si comunicano il pane degli angeli e non quello degli uomini. La donna che, frigida e contegnosa, dà la befana ai poveri e non apre ad essi l’anima sua, compie un gesto puramente burocratico: Cristo non se ne contenta. Le imprese di assistenza sociale poco o punto giovano agli effetti della vita religiosa, se chi le compie non vi porta quell’alimento divino, quell’ardore di Spirito Santo, che è la carità.
Nessuno si commuove o è riconoscente al rubinetto che ci dà l’acqua o al lampione che ci dà la luce, – notava già Ozanam. «Non di solo pane vive l’uomo», il quale è anima, oltre che stomaco. L’opera di misericordia è un dovere morale e materiale: nutrendo chi spasima, nutro me; ché la sua fame è la mia e di tutto il corpo sociale, di cui son parte organica. Non si può gettare a mare il grano quando c’è, in altra parte del mondo, chi ha fame. «Molti, siamo un solo organismo»: e non si può ledere un organo per avvantaggiarne un altro. E se no, si paga: con le rivoluzioni e i disordini e le epidemie di qua, e poi con l’inferno di là. È stato detto: la terra muore, le scorte del pianeta diminuiscono e le guerre crescono appunto per la fame. Con esse e col controllo delle nascite, alcuni vorrebbero risolvere il problema, uccidendo la vita. E invece non le scorte mancano: manca l’amore – e l’intelligenza – che le faccia circolare. La circolazione è vita; il ristagno nell’accumulo è fonte di odi e rivoluzioni e guerre: è morte. «Se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere; perché, così facendo, adunerai carboni di fuoco sopra la sua testa» (Rm 12, 20). Le opere di misericordia compiono il miracolo di mettere a circolare l’amore facendo circolare il pane: il miracolo che fa del dono di un pane una sorta di sacramento sociale, con cui si comunica, con l’amore, Dio, e si nutre, col corpo, l’anima. Igino Giordani (tratto da Il fratello, Città Nuova, Roma, 2011, pp.63-67) (altro…)

«Border Men», prima proiezione nelle Filippine
La prima proiezione del documentario «Border Men» sarà nelle Filippine, il 20 febbraio prossimo, in occasione del 50° anniversario dell’arrivo del Movimento dei Focolari in Asia. Uno dei protagonisti del film, infatti, è Guido Mirti (Cengia), che nel 1966 ha anche raggiunto le Filippine, aprendo le piste per la diffusione della spiritualità dell’unità nel continente. «Border Men» è la storia di due persone che varcano i confini stabiliti, saldamente custoditi dalla Guerra Fredda per portare un messaggio di fraternità. Ma anche la storia del grido di dolore di tanti cristiani perseguitati in varie nazioni dell’Est Europa. Ed infine, la storia di una spiritualità, quella del Movimento dei Focolari, suscitata da Dio anche per entrare nel mondo ateo. Uno dei protagonisti del documentario Guido Mirti, focolarino italiano più conosciuto con il nome di “Cengia”, che dal 1955 al 1963 – anno della sua incarcerazione a Praga e conseguente espulsione dal Paese-, intraprende ufficialmente come commerciante una serie di viaggi in Cecoslovacchia, Ungheria, e DDR, tessendo rapporti con esponenti cattolici perseguitati dal regime comunista. Il documentario sarà ultimato in lingua italiana, tedesca, slovacca e ungherese entro marzo. Viene sostenuto dal finanziamento del progetto europeo Youth in Action, dalla ONG New Humanity, dalle fondazioni Renovabis e Kirche in Not. «L’idea di realizzare questo documentario» racconta la regista Cinzia Panero «è nata dal desiderio di rendere pubblica una parte affascinante ed originale della storia del Movimento dei Focolari e del suo contributo nei processi storici dell’oltrecortina. Rientra nel progetto “Bridges in Europe: past and future”, che arriva così al terzo documentario, dopo “Medici della DDR” e “YOLO”, sulla storia del Card. emerito di Praga Mons. Miloslav Vlk. L’obiettivo è anche quello di offrire alle nuove generazioni una chiave di lettura particolare: quella dell’amore evangelico, universalmente applicabile ad ogni contesto sociale e storico con effetti sorprendenti». «Nello scrivere e poi girare le scene del documentario – continua la regista – ho anche io in prima persona potuto sperimentare la forza di questo Amore, che ha spalancato alla gratuità il cuore di molte persone ed istituzioni. Sarebbe un lungo elenco di ringraziamenti, cosa che avverrà nei titoli di coda del documentario. Qui vorrei solo accennare ai 50 attori, professionisti e non, che nella torrida estate hanno spesso avuto coraggio di indossare per ore cappotti, scarpe, vestiti invernali. Oppure alla piena disponibilità dell’Hotel Swingcity che ha curato nei minimi particolari l’allestimento di una camera. Per non dimenticare le costumiste, che hanno ideato e cucito i vestiti di 5 prigionieri. Ma ognuna delle 70 persone che hanno contribuito alla realizzazione delle riprese con finanziamenti, attrezzature, consulenza si è sentita coinvolta in un progetto in cui venivano evidenziati valori come la condivisione, la donazione, la fedeltà, il coraggio delle scelte. «Border Men» è un messaggio per tutti noi: essere sempre, ovunque siamo, persone in dialogo». Maria Chiara De Lorenzo Per informazioni sul documentario: border.men.info@gmail.com Guarda il trailer in italiano: http://www.youtube.com/watch?v=zMk6KAdlXwc (altro…)OnCity: reti di luci per abitare il pianeta
Dal 1° al 3 Aprile 2016 si terrà presso il Centro Congressi di Castel Gandolfo (Rm),“OnCity: reti di luci per abitare il pianeta”, un convegno internazionale per il bene comune. Attese circa 800 persone dai cinque continenti. Il convegno è organizzato dal Movimento Umanità Nuova, dal Movimento Giovani per un Mondo Unito, e dall’Ong AMU (Azione per un Mondo Unito): tre agenzie del Movimento dei Focolari impegnate nella costruzione di un mondo unito e più fraterno a livello sociale, tra i giovani e le generazioni, tra singoli, comunità e popoli. L’attualità del momento ci interpella: attentati, terrorismo, nuove emarginazioni e povertà, “guerre a pezzi”: le nostre città vivono problemi e contraddizioni che sono sotto gli occhi di tutti, ma non mancano esperienze in positivo ormai consolidate, che confermano la possibilità di lavorare, credere e sperare in città più solidali e fraterne, più vivibili per tutti. Da questa consapevolezza prende le mosse un evento in tre giornate, occasione per approfondire i temi della solidarietà, della fraternità, per leggere i cambiamenti delle città in cui viviamo, per imparare il dialogo come stile di vita, di approccio al mondo e alle cose: in un mondo globale, ma anche così frammentato, questo stile va coltivato e diffuso. Il laboratorio internazionale OnCity è riconosciuto, tramite l’AMU, come corso di formazione per gli insegnanti italiani. A tale scopo l’AMU rilascerà la ricevuta di pagamento effettuato e l’attestato di partecipazione. Concorso fotografico Per info e prenotazioni: oncity2016.net info@oncity2016.net 06/94792170 Scarica qui il volantino: pdf ONCITY2016- reti di luci per abitare il pianeta (14.05 MB) (altro…)

Psicologia contemporânea e Viktor Frankl
O presente livro deseja ser a contribuição de um aluno de Viktor Frankl à reflexão sobre o papel deste grande terapeuta austríaco e de sua abordagem – a logoterapia e a análise existencial – no contexto da psicologia contemporânea. Ao reconhecer as três dimensões fundamentais do ser humano – a orgânica, a psicológica e a espiritual ou noogênica –, essa linha revela-se capaz de dar uma alma à psicologia e à psicoterapia, evidenciando a capacidade humana da autotranscendência, que permite à pessoa ir além das situações nas quais a razão não vislumbra um sentido. Os vários capítulos desta obra evidenciam a atualidade do pensamento e das aplicações clínicas da logoterapia, estabelecendo um elo com os estilos de personalidade descritos no dsm-5, aprofundando a contribuição específica que ela dá às outras correntes psicoterápicas, mostrando semelhanças e diferenças com Freud, tratando de sua integração com a hipnose, demonstrando a versatilidade da sua aplicação em várias situações de neuroses que implicam o sentido da vida e da morte, do sofrimento e da culpa. Entre em contato conosco: (11) 4158-8898 vendas@cidadenova.org.br www.cidadenova.org.br
![[:de]Der Schrei der Erde[:]](https://www.focolare.org/wp-content/uploads/2016/02/Papa-Francesco-116x200.jpg)
[:de]Der Schrei der Erde[:]
[:de]Wie eine Mutter, wie eine Schwester ist die Erde, “unser gemeinsames Haus”. “Diese Schwester schreit auf”, so der Papst in seinem eindringlichen Schreiben “Laudato si'”: Sie schreit auf wegen der Art und Weise, wie wir mit ihr umgehen. Papst Franziskus nennt die Dinge beim Namen. Die vorliegende Auswahl bietet die wichtigsten Aussagen im Überblick: aufrüttelnd und ermutigend zugleich, eine Einladung zum Gespräch, zum Nachdenken, zum Handeln.
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In un carcere romano: ridare dignità
«Ero ancora piccolo – racconta Alfonso, classe 1945 – quando mio padre è stato imprigionato ingiustamente. Con mamma andavamo a trovarlo in carcere e seppur in tenera età ho potuto rendermi conto della profonda desolazione dei detenuti: gente senza speranza, senza futuro. E senza dignità. Da allora ho promesso a me stesso che un giorno avrei fatto qualcosa per loro». Alfonso deve attendere un po’ per realizzare il suo sogno. S’iscrive ad un corso di volontariato e ottiene così il permesso di fare delle visite nel carcere di Rebibbia (Roma) che oggi accoglie circa 1.700 detenuti. Scontano condanne le più varie: spaccio di stupefacenti, abusi a sfondo sessuale, crimini di mafia, concussione, omicidio… Alfonso sa che deve misurarsi con la diffidenza di chi ormai è convinto di aver bruciato ogni chance di riscatto. Tanti infatti rifiutano il suo approccio, ma lui non demorde, convinto che in ciascuno di loro c’è l’immagine di quel Dio che egli aveva scelto come il tutto della sua vita quando da giovane era diventato focolarino. Finalmente uno di loro, Giorgio, detenuto per il coinvolgimento in una rapina finita in tragedia, gli chiede di andare dalla madre per portarle il suo abbraccio e la sua richiesta di perdono. Alfonso va da lei e scopre che è in fin di vita. Questo gesto, così inaspettato ma così tanto atteso, la riconcilia col figlio e col passato. Pochi giorni dopo muore, in pace. Alfonso continua a stare vicino al figlio fino alla sua uscita dal carcere e lo aiuta a reinserirsi nella società. Ora Giorgio ha un lavoro, seppur saltuario, che gli consente di contribuire a mantenere la famiglia con dignità.

Assieme ad altri 30 volontari, Alfonso segue le famiglie di 160 detenuti.

L’altro Novecento
La biografia di colei che ha fatto da apripista alla branca dei volontari e volontarie di Dio e protagonista con Chiara Lubich del famoso episodio del “paio di scarpe numero 42”,una delle prime esperienze in cui Chiara ha sperimentato la verità delle Parole del Vangelo. IL VOLUME edito da Città Nuova Ed. Duccia è una donna coraggiosa, bella e raffinata, erede di una ricca famiglia in equilibrio fra due mondi. Chiede tutto alla vita ed è disposta a dare tutto. Attraversa il Novecento e ne conosce le pagine più crude: guerra, totalitarismi, marginalità e migrazioni. Ne conosce pure i tratti di speranza e di luce: li coglie al volo, se ne fa paladina in un crescendo di generosità. È conquistata dall’ideale di fraternità che Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, le confida e la segue in una forma libera e radicale insieme. È anche accanto a Igino Giordani, scrittore e padre costituente, nelle battaglie per la pace e nella costruzione del dialogo ecumenico. Al crescere degli anni oppone una sorprendente giovinezza spirituale e la fedeltà a ciò che più vale. La sua testimonianza svela nel secolo breve il germogliare di una speranza più forte della notte, che attende la stagione della piena fioritura. L’AUTRICE Ilaria Pedrini (1958), trentina di origine ma cittadina del mondo per scelta. Sociologa, specializzata in pedagogia del territorio, appassionata di cittadinanza attiva e volontariato. Abilitata alla docenza in discipline giuridiche ed economiche, ha iniziato ad insegnare in Sicilia, quindi nel Lazio e ora in Trentino; fa parte del corpo docente della rete delle scuole di partecipazione del Movimento politico per l’unità. Fondatrice e attuale presidente di More, Associazione culturale che si occupa di apprendimento in ogni età della vita. Collabora con riviste di carattere culturale e sociale. Per Città Nuova Editrice ha pubblicato Marilen, semplicemente vivere (2000). LA COLLANA di Città Nuova ed. La collana VERSO L’UNITÀ raccoglie testi e scritti di Chiara Lubich e del Movimento dei Focolari, la cui spiritualità è incentrata sulla preghiera di Gesù: “Che tutti siano uno”.

Chiara Lubich’s Communitarian Way to Holiness
Explores the concept expressed by Chiara Lubich that the Lord doesn’t ask us for an individual holiness, but for a communitarian holiness in which each person must help their neighbour to become a saint. This collective way of sanctity is explored on the thematic elements of John 17:11b-19. Available from New City Press (NY)

Francesco in Messico
«Città del Messico oggi sembra diversa. C’è un vento di speranza, di vita nuova, di gioia. Sulla strada, nelle cabine telefoniche, sul metrò, nei cartelloni dei grandi viali delle città si annuncia l’arrivo del Pellegrino che viene da Roma, e che vuole, “come un figlio qualunque, avvicinarsi alla Madre”. L’amatissima “Vírgen de Guadalupe”, madre di tutti i messicani e Patrona del continente americano, e, per non pochi storici, vero artefice dell’unità della nazione azteca. “Vado in Messico come un pellegrino di misericordia e di pace, vado a cercare nel popolo messicano, che mi diano qualcosa… vado in cerca della ricchezza di fede che voi avete, vado a cercare di contagiarmi di quella ricchezza di fede…”, sono alcune espressioni di Papa Francesco nel video- messaggio inviato al popolo messicano. E il Messico si prepara non solo all’accoglienza materiale, ma soprattutto con il desiderio di ricevere con il cuore il messaggio del “vescovo di Roma”. Un messaggio di speranza, di misericordia, di riconciliazione, di pace, di fraternità. Si percepisce un nuovo atteggiamento riguardo a questa visita pastorale. Sì, la gioia, la commozione, la festa, ma anche il desiderio di fare silenzio, di ascoltare, di viverla in profondità. Il Papa ci visita in un momento particolarmente difficile per la nostra nazione, colpita dalla violenza, dalla povertà, dalla corruzione ma Francesco, nei messaggi che ha già rivolto al popolo messicano, ha lasciato intravvedere che viene come “uno qualunque” e che interpellerà ogni messicano perché riesca a ricavare il meglio di sè. Leggendo fra le righe, quasi potremmo dire che la sua presenza tra noi, se la viviamo bene e la sappiamo interpretare, potrà diventare un catalizzatore delle molteplici capacità che possiede il nostro popolo, e così fare una radicale sterzata verso un Messico più fraterno. Le tappe del viaggio non lasceranno indifferente nessuno: Città del Messico, Ecatepec, Chiapas, Morelia, Ciudad Juárez. Il papa percorrerà migliaia di chilometri da nord a sud del Paese, un percorso che toccherà i punti nevralgici di conflitti, di dolore, alle volte perfino di tragedie che il Messico sta soffrendo. Dalla grande città col suo anonimato e ingiustizie sociali, al mondo indigeno emarginato, al narcotraffico con tutta la sua violenza, al problema migratorio nella frontiera del nord del Paese. Il percorso scelto e le attività che svolgerà lanciano un chiaro messaggio: il Papa viene come missionario di misericordia e di pace, in particolare per i più bisognosi e vuole avvicinarsi alle piaghe presenti nella Nazione. Con tutte le persone del Movimento dei Focolari del Paese, ci siamo preparati approfondendo il magistero di Francesco in particolare sui temi che affronterà nella sua visita: giovani, famiglia, immigrazione, lavoro, civiltà aborigene. Desideriamo accogliere il suo messaggio, incontrarlo ed ascoltarlo dovunque andrà, anche per la strada, nei molteplici percorsi che farà nella macchina scoperta. Inoltre, siamo stati convocati dalla Conferenza Episcopale messicana per collaborare, insieme ad altri movimenti ecclesiali, alla parte logistica della visita, specialmente a Città del Messico. Benvenuto papa Francesco in Messico, insieme a te vogliamo essere missionari di misericordia e di pace!». Dai nostri corrispondenti Anabel Abascal e Raffaele Massolin Video-messaggio al popolo messicano: http://youtu.be/o8Y9VMFmOX0 Leggi anche: http://www.news.va/es/news/el-papa-a-los-mexicanos-voy-a-buscar-a-la-riquez-2 Sito ufficiale: http://papafranciscoenmexico.org/ (altro…)

Malta: visita a “The Voice”
«Raggiungiamo la scuola, situata a pochi minuti dal mare, in autobus: negli spaziosi e moderni edifici della scuola nazionale di Sport, a Pembroke, ci accoglie sorridente Andy. Come ognuno degli insegnanti, conosce ogni studente per nome e lo segue in tutto quello che riguarda il suo soggiorno a Malta, insieme alla famiglia di accoglienza. Con lei lavorano Vivienne, che ha accompagnato la scuola sin dalla sua nascita, Maria, che per anni ha lavorato come dirigente al Ministero dell’Educazione ed ora offre la sua esperienza come “Head of School”, responsabile della Scuola, e Marilyn, che ha raggiunto l’equipe due anni fa come direttrice degli studi. The Voice nasce nel ‘92 da alcuni giovani che decidono di rispondere alla sfida lanciata da Chiara Lubich di far nascere una economia di comunione: a oltre 20 anni di distanza i giovani che la fecero nascere continuano a collaborare come famiglie di accoglienza per gli studenti. Vivienne, presente fin dagli inizi e per anni responsabile della scuola, ci racconta: «Avevo già creato un’azienda, ma di fronte alle difficoltà avevo abbandonato l’iniziativa e mi ero promessa di non ricominciare. Con The Voice, però, è stato diverso: ho fatto di tutto perché l’azienda non morisse perché era un progetto per cui valeva la pena di lottare». Chi gestisce le altre scuole di inglese di Malta (oggi ce ne sono 47 sull’isola, di cui alcune accolgono più di mille studenti nuovi ogni settimana) non riesce a capire come The Voice riesca ad essere ancora “viva”: economicamente, sembra impossibile. «Le altre scuole hanno gruppi grandi, mentre noi ci teniamo a mantenere gruppi di 5-8 studenti per classe, anche se questo significa moltiplicare i gruppi e gli insegnanti. Offriamo anche delle ore one to one per un insegnamento più personalizzato», spiega Marilyn.
Il rapporto personale diventa qui metodo pedagogico, chiave per il progresso linguistico, tanto legato alla fiducia, soprattutto quando si tratta di sviluppare capacità di comunicazione orale. Con la stessa disponibilità e delicatezza, le famiglie di accoglienza continuano la sera il dialogo con gli studenti, sfruttando ogni momento per aiutarli a progredire. Questa priorità al rapporto viene definita da Vivienne come il distintivo della scuola, la sua identità: «Qui gli studenti non sono numeri, sono amici con i quali abbiamo tanto da condividere ed anche loro scoprono di aver qualcosa da condividere con noi». Lo si tocca con mano nella piccola cerimonia della consegna dei titoli alla fine della settimana, per quelli che lasciano “la comunità”, come amano definirla gli studenti. La direttrice ha una parola di incoraggiamento per ciascuno. L’orgoglio e la gioia dei progressi fatti si legge sui volti. Si sente un clima di famiglia e questo emerge da tutti gli studenti, quando li si intervista. «Qui ho trovato amici e dei professori molto simpatici che ti vogliono bene», afferma Karina. Aggiunge Raffaella: «Il fatto di avere una insegnante più giovane di me mi ha dato tanto coraggio per cercare lavoro quando tornerò a casa, per poter dare anch’io il meglio di me, come lei».
È una scelta della scuola, conforme ai suoi valori ed al suo impegno nell’Economia di Comunione, quella di inserire regolarmente nuovi insegnanti giovani, perché ci siano sempre “forze fresche” ed un posto privilegiato per i giovani nella scuola. Così è stato anche per Claire, che è ora animatrice e guida turistica per le attività del pomeriggio, perché in questa scuola, non conta solo l’inglese ma tutta l’esperienza che si vive insieme. Le gite, come le ore di studio, sono altrettante occasioni per crescere insieme. E Malta è un gioiello a livello culturale e storico: tra una visita ai templi preistorici e alle splendide grotte azzurre, si fa un tuffo nell’acqua cristallina. Il giorno dopo, l’isoletta di Comino e il suo Blue Lagoon, e poi ancora l’isola di Gozo con la sua Cittadella, o la visita della capitale Valletta, approfittando dei show multimediali 5D per scoprire la storia e la cultura di questa affascinante isola. Ed, inaspettatamente, sulla spiaggia, si apre un dialogo profondo tra alcuni, che permette di spiegare qualcosa del progetto di Economia di Comunione che sta alle origini della scuola. Ultimamente The Voice ha coinvolto nel suo gruppo dirigenziale nuovi membri, che condividono l’adesione al progetto di EdC. Tra essi John, un consulente nelle risorse umane e management con particolare esperienza e interesse nel campo turistico. Auspicio di nuovi sviluppi!». di Anouk Grevin Fonte: www.edc-online.org Scarica brochure (altro…)

Madrid: Educazione e Comunione
22 aprile 2016: simposio all’Università Complutense di Madrid, in collaborazione con il gruppo spagnolo di ricerca GIAFE (Grupo de Investigación en Antropología y Filosofía de la Educación) dal titolo “Educazione, Inclusione e Solidarietà: ambiti, pratiche e prospettive”, aperta a chi vorrà partecipare attivamente donando il suo contributo per provare a percorrere “sentieri possibili” verso un’educazione inclusiva e solidale. I temi saranno: Ambiti dell’inclusione, spazi per la fraternità Pratiche inclusive, politiche per le differenze L’inclusione educativa per una società fraterna: uguali nella diversità” 23-24 aprile 2016 Seminario internazionale di pedagogia, presso la Cittadella Castello Esteriore. Il Seminario vuole approfondire, nella logica della ricerca partecipativa e del sapere esperienziale, da prospettive culturali e pedagogiche diverse, il tema dell’inclusione educativa e sociale, con i suoi problemi, i bisogni emergenti e le strategie proposte. È rivolto a professori, educatori ed insegnanti con la propensione alla riflessività, laureandi e laureati, dottorandi, che desiderano riflettere sull’educazione dalla prospettiva della “cultura dell’unità e della comunione”, che ha le sue radici nella spiritualità di Chiara Lubich. Con la possibilità del collegamento web-ex. Ci sarà sul sito www.eduforunity un Call for Papers. Questo seminario fa parte del percorso di ricerca che avrà un’altra tappa nel Convegno, dal 3 al 4 giugno, all’Università di Lublino, a 20 anni dal primo conferimento a Chiara Lubich della laurea honoris causa in scienze sociali. Il CENTRO MARIAPOLI della Cittadella Castello Esteriore è situato a circa 28 Km da Madrid e si trova a questo indirizzo: Calle Poniente, 33 – 28290 – Las Matas – Las Rozas (Madrid). La località è raggiungibile tramite i servizi di trasporto pubblici, che sono sicuri e regolari. Invito
Brasile, parrocchie ancora più unite
«Sono stata accusata ingiustamente davanti a tutto il consiglio parrocchiale. La mia risposta: silenzio, lacrime. Dopo 3 giorni una telefonata da quella persona con la voce rotta dalla commozione: “Mi puoi perdonare?”. “Già ti ho perdonato!!! Poi un pensiero: non basta perdonare, posso fare di più. Così la invito a cena e nasce un’amicizia che non si incrinerà più». È il racconto di Berenice, madre di tre figli, da oltre vent’anni catechista e poi ministro della Parola nelle 5 comunità che formano la parrocchia Immaculata Conceção, in uno dei quartieri di periferia della grande San Paolo. Questo è n flash delle molte esperienze che si sono alternate durante le due “Scuole di Comunione” del Movimento Parrocchiale – diramazione del Movimento dei Focolari nella Chiesa locale – svoltesi dal 22 al 24 gennaio nella Mariapoli Ginetta, a Vargem Grande Paulista (SP) e dal 30 al 31 gennaio nella Mariapoli Santa Maria (Igarassu-Recife). Al centro di questi incontri: l’Unità, carisma specifico dei Focolari, con particolare approfondimento della Misericordia in questo Anno Santo. Vi hanno partecipato più di 300 persone, tra giovani e adulti laici, religiosi, seminaristi, diaconi e sacerdoti, di 116 parrocchie, in 27 diocesi, di 16 stati brasiliani. Insieme hanno testimoniato la forza del perdono, della misericordia, dell’amore evangelico che, vissuto con movimenti, associazioni e pastorali, fa della parrocchia “comunità di comunità”.
Molti i frutti della Parola di Dio vissuta: in quartieri di periferia dove i laici si assumono l’onere dei locali per accogliere il numero crescente di fedeli e i ragazzi si impegnano nelle varie attività pastorali; nelle carceri o in opere sociali parrocchiali dove si scopre la priorità dell’ascolto e dell’attenzione alla persona sull’organizzazione e gli aiuti materiali. O ancora dove nasce l’iniziativa di dar vita a piccoli incontri nelle case, portando la Parola di vita in famiglie, molte volte lontane dalla Chiesa, come nel caso di Maria Hélia di una comunità di Marechal Deodoro. Bernadete abita a João Pessoa; è catechista nella parrocchia del Bambino Gesù e membro dell’equipe arcidiocesana di catechesi. Cerca di comunicare ciò che vive, con una grande apertura al dialogo, cominciando dalla sua famiglia, con parenti evangelici e pentecostali. Il giorno di Natale è riuscita a coinvolgere tutti – compreso suo marito che non frequenta la Chiesa – in una rappresentazione della nascita di Gesù. “Si è creato un clima di dialogo, di unità tra tutti. Abbiamo vissuto un vero Natale!”. Nella comunione conclusiva, l’impegno assunto dai presenti esprimeva il desiderio di diventare costruttori di unità all’interno delle comunità, costruendo ovunque rapporti dove, per l’amore reciproco, viva il Risorto che attrae e trasforma, irradiando pace e gioia. L’obiettivo: puntare a realizzare “il sogno di Gesù” che ha chiesto al Padre ‘che tutti siano uno’ con l’anima aperta a tutti. (altro…)

Chiara Lubich: «Come fossi sua madre»
(…) “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra” (Gv 8,7). L’ha detta Gesù a coloro che volevano lapidare l’adultera. Il punto centrale dei comandi di Gesù è proprio sempre l’amore. Per questo Egli non vuole che noi cristiani condanniamo: “Non giudicate”, ha ammonito infatti, e ha proclamato: “Beati i misericordiosi”. Gesù vuole misericordia. Tuttavia dalla sua Parola sembrerebbe di poter dedurre che qualcuno può scagliare la pietra: chi è senza peccato. Non si tratta certamente di noi, di ciascuno di noi, che siamo peccatori. Ma c’è una creatura senza peccato. Lo sappiamo: è la Madre di Dio. Potrebbe, dunque, Maria scagliare la pietra verso qualcuno che ha errato? E l’ha forse fatto nella sua vita? Noi conosciamo la Mamma nostra. Sappiamo ciò che afferma la Scrittura, ciò che tramanda la Tradizione, quello che è il pensiero del Popolo di Dio nei suoi confronti: Maria è amore verso tutti gli uomini, è misericordia, è avvocata dei più miserabili. È a Lei che cristiani senza numero ricorrono, e son sempre ricorsi, quando hanno avuto l’impressione che la giustizia di Dio li sovrastasse. Maria non scaglia pietre. Anzi: nessuno come Lei, dopo Gesù, diffonde amore. Diffonde amore. Perché? Perché è Madre. Una madre non sa che amare E l’amore della madre è tipico: ama i propri figli come sé, perché c’è qualcosa di sé, veramente, nei suoi figli. (…) (…) Anche noi possiamo trovare qualcosa di noi stessi negli altri. Dobbiamo, infatti, vedere Gesù sia in noi che nei nostri fratelli. E allora, come ci comporteremo? Ecco: di fronte ad ogni prossimo: in casa, al lavoro, per strada, con quello del quale stiamo parlando, con le persone con cui ci intratteniamo al telefono, con quelli a vantaggio dei quali esplichiamo il nostro lavoro, di fronte ad ognuno, in questi quindici giorni, dobbiamo pensare semplicemente: devo comportarmi come fossi sua madre. E agire di conseguenza. Una madre serve, serve sempre. Una madre scusa, scusa sempre. Una madre spera, spera sempre. “Come fossi sua madre”: questo il pensiero che deve dominare nei prossimi giorni. Questo il nostro impegno per esser certi di non scagliare pietre e per poter essere per tutti la presenza di Maria sulla terra. Chiara Lubich, Rocca di Papa, 3 marzo 1983 Ascolta l’audio Fonte: Centro Chiara Lubich (altro…)

Giorgio Martelli, sindacalista di Dio
«Promotore di fattiva comunione tra i diversi gruppi e realtà associative», con la sua «sensibilità sociale, intelligenza e amore» si è fatto «interprete degli auspici del card. Benelli e di Chiara Lubich» per la realizzazione, alla fine degli anni ‘70 a Firenze, del Centro Internazionale Studenti Giorgio La Pira. A descrivere così un tratto importante della sua storia è l’Arcivescovo di Firenze, card. Giuseppe Betori. Giorgio Martelli, nativo di Pistoia, in Toscana, ha infatti dato un contributo decisivo per la nascita di questa opera, in collaborazione tra l’arcidiocesi Fiorentina e il Movimento dei Focolari, e che a tutt’oggi prosegue il suo impegno verso «giovani provenienti da tutte le nazioni del mondo, specie quelle in via di sviluppo, favorendone l’accoglienza fraterna e promuovendo il dialogo tra persone di ogni cultura e credo». Ma quella del Centro La Pira è una tra le varie storie importanti che si intrecciano con la vita di Turnea (questo il nome indicato da Chiara Lubich per sintetizzare la sua figura: Turris Eburnea, Torre d’Avorio, riprendendo una delle litanie mariane). Nato da una famiglia operaia, Turnea è educato ad una fede semplice, rettitudine, e sete di giustizia. Da giovane è impegnato nell’Azione Cattolica dove riceve una più solida formazione cristiana. Durante la guerra, insieme al padre, subisce due rastrellamenti che lo portano ai lavori forzati, dai quali riuscirà a fuggire. Dopo la guerra inizia a lavorare nel sindacato come addetto all’ufficio contratti e vertenze di lavoro e nello stesso tempo riprende a studiare e si diploma come perito industriale. Negli anni dell’Azione Cattolica conosce altri giovani impegnati cristianamente, fra questi Bruno Venturini e Vitaliano Bulletti, anch’essi futuri focolarini. Di quel periodo lui stesso scrive: «C’erano due aspetti della vita cristiana che mi si presentavano alternativamente: uno più personale, di ricerca del rapporto con Dio, l’altro più sociale di bisogno di fraternità fra gli uomini, di giustizia e delle lotte per raggiungerle. Ma separati l’uno dall’altro!». È del gennaio 1950 il suo primo incontro con Graziella De Luca, che si era recata nella sua città per parlare ad alcune persone dell’esperienza del nascente Movimento dei Focolari. Nei mesi successivi si reca più volte a Roma dove conosce oltre a Chiara, i primi e le prime focolarine. Dopo alcuni mesi di lotta interiore, decide di essere uno di loro e dopo aver lasciato la ragazza e i genitori – tra forti incomprensioni – si trasferisce a Roma, nel primo focolare maschile romano. Gli anni successivi lo vedono in vari focolari in Italia e in Olanda.

My Life Across the Oceans
My Life Across the Oceans will be launched on 20 February 2016 at Mariapolis Peace in Tagaytay, Philippines, during the 50th anniversary celebrations of the arrival of the Focolare Movement in Asia. NOW AVAILABLE through New City Press (Philippines) Tel: (+63) 2 714 2947 CP#: (+63) 9277927049 Email: newcitymanila@gmail.com

Filippine – 1° Congresso panasiatico di Economia di Comunione
Il congresso intende riunire imprenditori, studiosi, giovani e membri della società civile che avvertano la spinta a cambiare il mondo del business. Nonostante la crescita economica senza precedenti degli ultimi anni, frutto di una adesione costante ai modelli economici del capitalismo, le nazioni asiatiche hanno oggi di fronte importanti sfide che vanno comprese in profondità per capire cosa l’economia di comunione è in grado di offrire per apportare cambiamenti significativi e inclusivi. Il congresso potrà avvalersi del contributo di economisti membri della Commissione Internazionale Edc – Luigino Bruni(Italia), Anouk Grevin (Francia), Lorna Gold (Irlanda), Teresa Ganzon (Filippine) e Luca Crivelli (Svizzera). Invitata come docente ospite anche la Dr. Annette Pelksman-Balaoing dell’Università di Rotterdam, Paesi Bassi, il cui contributo tratterà dell’influenza della globalizzazione sulle nazioni asiatiche negli ultimi dieci anni. Sono attesi partecipanti da varie nazioni asiatiche così come dall’ Australia. Nell’ambito del congresso si terrà anche la celebrazione del 25° anniversario dalla nascita di Economia di Comunione, il 29 maggio. Vai al sito EoC Asia Iscrizioni Per maggiori informazioni : eocasia2016@gmail.com Live streaming playlist 25-29 May (altro…)
Chiamati alla disponibilità “come famiglia”

Filippine: la storia di Marinova
Il 51° Congresso Eucaristico Internazionale si è svolto a Cebu, nelle Filippine, dal 24 al 31 gennaio scorsi. La squadra dei social media è andata a scoprire le storie più significative per raccontarle attraverso la pagina Facebook (IEC2016SocialMedia). Tra queste, l’esperienza di Marinova, focolarina a Cebu. «Avevo solo undici anni quando nella nostra casa è entrato un grande dolore. Mio padre è stato ucciso da un gruppo di persone molto influenti e non si è fatta giustizia perché eravamo poveri. I nostri nonni ci hanno ricordato che la vera giustizia si trova solo in Dio! Grazie al loro aiuto sono riuscita a terminare l’università e subito ho trovato un lavoro. Mantenevo la famiglia lavorando sodo per aiutare mia madre. Ho fatto molti debiti con usurai per portare avanti la famiglia. Per tutte queste difficoltà è nato nel mio cuore un profondo odio verso le persone che hanno ucciso mio padre. Erano la causa di tutte le sofferenze nella nostra vita. Poi ho studiato giurisprudenza desiderosa di ottenere giustizia per la morte di mio padre. Dio però aveva un altro piano per me. Una delle mie colleghe, una giovane dei Focolari, mi ha invitato ad un incontro organizzato da questo movimento ecclesiale che ha lo scopo di portare a compimento la preghiera che Gesù ha rivolto al Padre: “Che tutti siano uno” e di contribuire all’unità della famiglia umana traducendo in vita il Vangelo. Una nuova avventura stava per cominciare nella mia vita. Anch’io ho iniziato a mettere in pratica le parole di Gesù. Lui ha detto: “A chi mi ama, mi manifesterò”; “Qualunque cosa hai fatto al più piccolo, l’hai fatto a me”. Sono diventata dipendente da questa nuova droga: l’AMORE… Ho trovato l’essenza e il vero significato della mia vita e per la prima volta ho sentito che Gesù nell’Eucaristia era la fonte di tutto questo. Un giorno ho chiesto a Gesù di insegnarmi a vivere concretamente la Sua parola: “Amate i vostri nemici” perché sentivo che l’odio per le persone che avevano ucciso mio padre mi avvolgeva ancora. Ed ecco che il giorno dopo, al lavoro, ho incontrato, per puro caso, il capo del gruppo. Spontaneamente l’ho salutato con un sorriso e gli ho chiesto come stavano tutti nella sua famiglia. Ho visto che questo saluto l’ha lasciato sconcertato. Ed io lo ero ancora di più per quello che avevo fatto. Poco a poco ho sentito che l’odio dentro di me si stava sciogliendo trasformandosi in amore. Quello però era soltanto il primo passo: l’amore è creativo! Sentivo che ogni membro del gruppo doveva sentire il nostro perdono. Con uno dei miei fratelli siamo andati a trovarli cercando di ristabilire il nostro rapporto e di far loro capire che Dio li ama! Fino al punto che uno di loro ha chiesto perdono per quello che ha fatto e chiedeva preghiere per la sua famiglia e la sua salute. Sapevo con certezza che questa esperienza di perdono e di guarigione si fondava nel potere trasformante di Gesù nell’Eucaristia». (altro…)

Vangelo vissuto: come una madre consola il figlio
Il segno del cielo In visita dal medico, per caso ho sentito una signora, incinta del quarto figlio, dire alla segretaria che non poteva tenerlo, date le sue condizioni economiche. «Dio vorrà tenerne conto», concludeva. Non potendo rimanere indifferente a questa notizia, subito l’ho comunicata ai più intimi e insieme abbiamo deciso di fare una colletta fra noi. Poi sono andata alla segretaria del medico per chiederle di consegnare quel denaro alla signora, senza dire chi l’aveva portata. Intanto affidavamo tutto a Dio. Il tempo passava senza sapere l’esito; qualcuno però aveva notato (viviamo in un piccolo centro dove tutti si conoscono) che il pancione della signora cresceva. Finalmente è nato un bel bambino. A distanza di un anno ho ricevuto i ringraziamenti di quella signora, che aveva capito l’origine del denaro ricevuto: «Il giorno prima di andare ad abortire avevo chiesto a Dio di farmi capire se stavo facendo la cosa giusta. A tarda sera, è venuta a trovarmi la segretaria del medico con la vostra busta. Per me è stato un segno del cielo». (R. – Italia) Il ferro da stiro A Corina serviva un ferro da stiro. Il mio primo pensiero è stato di affidare questa sua necessità alla provvidenza di Dio. Più tardi una signora m’ha invitata ad una colazione organizzata in parrocchia. Le cose da fare in giornata erano tante, avrei voluto risponderle di no. Ma poi per farle piacere ho accettato. Mi son ritrovata a bere il caffè tra signore quasi tutte anziane, felici di avere fra loro una giovane. Lì ho rivisto una conoscente: aveva comperato un ferro da stiro troppo pesante per lei e mi chiedeva se conoscevo qualcuno che ne avesse bisogno. Felice, ho subito pensato alla preghiera fatta. (I.- Svizzera) Mentre aspettavo il treno… Tradito dalle persone che amavo, avevo lasciato la mia famiglia andando a stare da solo. In forte depressione, ho provato varie volte a togliermi la vita. L’ultima, in una piccola stazione. Mentre aspettavo il primo treno per buttarmi sotto, una suora mi ha raggiunto sui binari e mi ha convinto a desistere. Poi si è presa cura di me facendomi conoscere una comunità di recupero che mi ha accolto a braccia aperte; i primi tempi però rifiutavo l’amore che mi davano a causa dell’odio che portavo dentro di me. Anche se non volevo più saperne di Dio, uno di loro mi ha convinto a leggere la Bibbia. Man mano la durezza del mio cuore si è sciolta e ho cominciato a credere. Sono passati alcuni anni e ho imparato a perdonare, ad amare il prossimo, ad essere paziente… Ora ho riallacciato i rapporti anche con i miei familiari, ho un lavoro, una casa, mi sento sereno. Nulla succede a caso… Grazie a Dio che mi ha fatto conoscere il suo immenso amore! (C. – Italia) (altro…)

India: progetti Santacruz e Udisha a Mumbai
«Si può girare l’angolo quando incontri i problemi di un altro, o puoi affrontarli di petto facendoli tuoi. Per un movimento che ha scelto di abbracciare il volto sofferente di Gesù sulla croce, si comprende che i Focolari di Mumbai abbiano scelto di cogliere e sanare le sfide delle sue comunità con amore e dedizione», scrive Annabel, giornalista, una giovane dei Focolari a Mumbai. Il progetto Santacruz e quello di Udisha sono nati per concretizzare il forte impegno del Movimento per la giustizia sociale, la fraternità universale e, soprattutto, a testimoniare l’amore per Gesù nel prossimo anche in questa città. Il Progetto Santacruz è iniziato nel 1992 come risposta alle esigenze delle famiglie locali alle prese con la povertà, con tossicodipendenza e mancanza di lavoro. Esso provvede razioni alimentari alle famiglie e sostegno regolare in modo che i bambini possano continuare i loro studi. «Abbiamo faticato inizialmente per finanziare questo progetto, ma abbiamo messo insieme le nostre risorse e i contributi di tutta la famiglia dei Focolari qui in India. Sono contenta che siamo stati in grado di sostenere questo progetto per oltre 25 anni», afferma Joan Viegas, una delle prime volontarie di Mumbai coinvolte nel progetto. «Col tempo ci siamo resi conto che, per affrontare le varie sfide sociali di queste famiglie, era altrettanto necessario il nutrimento spirituale. Abbiamo cominciato ad organizzare incontri della Parola di Vita per le madri delle ragazze che avevano urgente bisogno di uno spazio per esprimersi, condividere i loro problemi e trovare forza spirituale. Una di noi, Josephine Passanha che ora non c’è più, ha iniziato a svolgere gli incontri in lingua Konkani per queste donne che non parlavano inglese, ed anche ad organizzare seminari utili per la gestione della famiglia, come la pianificazione delle nascite e la gestione dei risparmi e delle spese».
Durante la sua prima visita in India nel 2001, Chiara Lubich ha incoraggiato i membri dei Focolari a Mumbai ad ad allargare la cerchia di aiuto anche verso altre persone ai margini della società. Questo ha dato una forte spinta al Progetto Udisha, iniziativa già avviata che si concentra sullo sviluppo integrale dei bambini provenienti da ambienti molto svantaggiati. Udisha – “raggio di luce” in sanscrito – oggi sta “illuminando” la vita di oltre 120 bambini con le sue varie attività: dopo scuola per studenti, consulenze familiari e mediche, terapia di riabilitazione e camps per giovani. Un ciclo di consulenze periodiche è diventato una delle specializzazioni principali di Udisha, aiutando molti bambini e i loro genitori a risolvere varie sfide, a volte anche salvando vite umane da tendenze suicide. Gruppi di auto-sostegno che aiutano le madri a gestire il reddito familiare e integrarlo avviando piccole imprese, come cucire borse con l’uncinetto, servizi di ristorazione e di cure estetiche.
«Udisha è diventata una organizzazione vera e propria con l’aiuto della comunità dei Focolari in tutta Mumbai, e anche con il Sostegno a Distanza che riceviamo dal Movimento Famiglie Nuove», dice Brian D’Silva, che è stato pioniere del progetto. «Cerchiamo di raggiungere più famiglie ogni giorno, sempre tenendo presente che è Gesù che serviamo in ogni individuo. È per me una grande soddisfazione vedere i nostri primi bambini di Udisha che oggi sono ben istruiti, hanno trovato un lavoro e danno un contributo positivo alla società attorno». (altro…)

Vita consacrata: fratelli e sorelle per vocazione
P. Salvo, può aiutarci a farne un bilancio? «È stato il passaggio di una grazia molto forte che ha toccato anche ampi strati della Chiesa oltre, naturalmente, ad incidere su tutti i consacrati. Papa Francesco, anche attraverso la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica (CIVCSVA), ha animato questo anno a noi dedicato con contenuti ed eventi particolarmente ispirati. Certo è ancora presto per fare un bilancio, perché sono convinto che si è andati in profondità e i frutti si potranno vedere nel tempo». Quale ruolo hanno avuto i Religiosi legati ai Focolari? «La particolare sensibilità all’unità, tipica del carisma di Chiara Lubich, offre alle persone del Movimento una sorta di know how che spinge a privilegiare i rapporti e a farli diventare comunione. Le e i religiosi appartenenti ai Focolari si sono impegnati nelle iniziative delle loro comunità e diocesi, o anche in attività nazionali e della Chiesa universale, portandovi il timbro della comunione. Uno spirito auspicato dalla Chiesa tutta nel suo divenire sempre più “casa e scuola di comunione”. In una nazione europea sono stati proprio i religiosi e le consacrate del Movimento a proporre alla Conferenza dei Superiori Maggiori il progetto di un incontro per giovani consacrati. I responsabili ne hanno così tanto apprezzato i contenuti e le modalità, da farne una loro iniziativa. Vi hanno partecipato più di 250 giovani religiosi, con impressioni e frutti davvero significativi». E riguardo alle iniziative messe in campo dal Santo Padre e dalla Congregazione dei Consacrati? Molto importanti sono stati gli inviti di papa Francesco a mostrare la gioia del vivere la consacrazione e ad agire profeticamente nelle “periferie esistenziali”, così come scritto nella sua Lettera Apostolica a tutti i consacrati : “Mi attendo che «svegliate il mondo», perché la nota che caratterizza la vita consacrata è la profezia”. Egli sottolinea così un proprium della Vita Religiosa caratterizzato dall’essere portatori di carismi, cioè di doni per il bene di tutta la Chiesa. La CIVCSVA ha poi sviluppato il pensiero di papa Francesco con tre lettere: una dedicata alla Gioia che deve contraddistinguere i consacrati (Rallegratevi); un’altra alla loro capacità di essere profezia per il mondo (Scrutate) e la terza alla dimensione contemplativa della loro vita (Contemplate). Questi tre documenti costituiscono un punto di riferimento per il futuro della Vita Consacrata nella Chiesa. Come eventi va senz’altro ricordato l’incontro a Roma dei giovani religiosi del settembre scorso. Un convegno di grande impatto, con 5.000 partecipanti di tutto il mondo, insieme per 4 giorni. Non è una cosa che si veda spesso. Mi ha anche molto colpito, per il significato che riveste, il Colloquio ecumenico di religiosi e religiose, svolto dal 22 al 25 gennaio 2015. Si è trattato di una prima assoluta in Vaticano, voluta espressamente da papa Francesco. Un segno del progresso nel cammino tra i cristiani di diverse confessioni. La vita consacrata, ha detto durante l’incontro p. José M. Hernández, claretiano, è chiamata ad “essere ponte e non fossato” tra i cristiani. Mi pare un bell’auspicio che ben esprime il cammino che ci resta da compiere». (altro…)

Oceania: “Dalle piccole cose nascono quelle grandi”
Quattro giorni insieme, 540 partecipanti di più di 50 diverse nazionalità di cui più della metà giovani e famiglie. Tra questi: due rifugiati arrivati dal Burundi e un gruppo dalla Siria, 169 persone provenienti dalle isole del Pacifico (Nuova Caledonia, le isole di Wallis e Futuna, Fiji e Kiribati), un programma bilingue. Ecco alcuni numeri della recente Mariapoli tenutasi dal 13 al 17 gennaio scorsi, in una bella località di villeggiatura a Phillip Island, a 150 km da Melbourne (Australia).
“Costruire insieme l’unità”, il titolo scelto per l’edizione 2016. «Il punto centrale della spiritualità dell’unità – scrivono gli organizzatori – è stato approfondito con un tema apposito. Seguito da tutti in un grande silenzio, è stato subito messo in pratica attraverso l’ascolto e l’accoglienza tra i partecipanti, alcuni di culture molto diverse, nei vari aspetti della quotidianità della Mariapoli: dalla comunione dei beni alla preparazione della mensa, della liturgia e dei canti, nei momenti di svago e di gioco, durante lo scambio di esperienze. In particolare i workshop tenutesi in tre momenti diversi e molto partecipati, hanno offerto la possibilità di scambiare idee, e raccontare le proprie testimonianze di vita».
A dire di tutti, le persone provenienti dalle isole del Pacifico hanno dato un grande contributo già a partire dalla testimonianza dei grandi sforzi – soprattutto economici – fatti per essere presenti. «Come il rappresentante di Kiribati, che ha preso congedo dal suo lavoro come marinaio per riuscire a partecipare alla Mariapoli. E poi le tante e belle testimonianze di vita evangelica su come hanno superato insieme le tante difficoltà economiche per raccogliere la somma necessaria per pagare il biglietto di aereo e le spese di alloggio. Hanno vissuto la comunione dei beni tra di loro – come si racconta dei primi cristiani –, e hanno toccato con mano l’amore personale di Dio per loro attraverso la provvidenza che è arrivata in tanti modi. Arrivando, dicevano di aver trovato la famiglia dei Focolari che non è diversa da quella che hanno lasciato».
Ogni sera si è conclusa in una clima di festa e di gratitudine per la ricchezza delle culture di ciascun popolo rappresentato nella Mariapoli: un vero bozzetto di mondo unito. «L’unità dei popoli non è un’utopia». Questa la costatazione comune. Le persone giunte dalle varie isole, si sono fermate ancora una settimana nel Centro Mariapoli di Melbourne, per momenti di formazione in particolare su temi riguardanti la famiglia. «Ogni giorno è una gara di amore reciproco e ogni attività si fa con impegno e gioia; si continua a costruire un pezzo di mondo unito – concludono – . In Australia c’è un detto: “Dalle piccole cose nascono quelle grandi”. Siamo certi che, con Gesù in mezzo a noi, frutto del vivere il comandamento dell’amore reciproco, nasceranno cose grandi». Pagina Facebook: Phillip Island Mariapolis 2016 (altro…)

Noorjeahan Majid, Premio Klaus Hemmerle 2016
«Il nostro grande sogno – dichiara Noorjehan Majid alla cerimonia di premiazione avvenuta il 22 gennaio in Germania alla presenza di autorità civili e religiose – è poter curare il milione e mezzo di persone del nostro Paese ammalate di Aids. Finora ciò è avvenuto per 300.000, delle quali 70.000 bambini. Inoltre, attraverso l’apposita terapia, è stato reso possibile a più di 60.000 madri infette di dare alla luce dei bambini sani». Anche se il traguardo è ancora lontano, questi lusinghieri risultati fanno ben sperare, proprio per l’impegno di persone come Noorjehan e la sua équipe, che operano nel programma Dream promosso dalla Comunità di Sant’Egidio. Noorjehan Majid è musulmana credente. Come donna di fede, il suo operato non si limita al campo medico. La sua attenzione è far incontrare cristiani e musulmani fra loro, affinché insieme si possa contribuire al cambiamento di una mentalità che ancora oggi emargina e stigmatizza i portatori del virus. Il suo “costruire ponti” nella molteplicità delle culture e tradizioni, unendo gli uomini tra di loro proprio in nome dell’umanità, «è un segno potente – esprime nel suo messaggio Maria Voce, presidente dei Focolari – di quanto possano contribuire le donne del continente africano allo sviluppo umano ed etico della società». Il premio, istituito nel 2004 e assegnato ogni due anni a personalità distintesi come “creature ponte” – fra cui il prof. ebreo Ernst-Ludwig Ehrlich (2004) e il patriarca ecumenico Bartolomeo I – quest’anno ha voluto dare riconoscimento all’azione di una donna musulmana, definita da Annette Schiavan, ambasciatrice tedesca presso la Santa Sede, “buona samaritana del nostro tempo”. Da un articolo di Klaus Hemmerle (1980): Siamo creature ponte, tese dall’infinito alla polvere. Solo in questa tensione siamo uomini. Ma questa tensione si conserva soltanto perché vi è Uno che è Dio e polvere: Gesù Cristo. Egli ci invia, Egli vive in noi. Egli viene a noi in ogni singola persona. Da: La Luce dentro le cose – meditazioni per ogni giorno. A cura di Erich Strick, Città Nuova 1998, pag. 127 Galleria di foto (altro…)
Italia: al Comune di Asti il premio “Chiara Lubich per la fraternità”
Asti, comune piemontese famoso nel mondo per i suoi vini, e antico insediamento pre-romano, vanta un altro primato: quello di essere il primo comune italiano ad aver inserito nello Statuto Comunale il principio di Fraternità tra i principi ispiratori: «Il Comune di Asti considera il valore della Fraternità quale condizione dell’agire politico, nella condivisa consapevolezza che la diversità è una ricchezza e che ogni persona eletta in questa istituzione è soggetto a cui riconoscere pari dignità e rispetto ed è quindi chiamata ad anteporre il bene della comunità agli interessi di parte, sia personali, che di gruppo e di partito». È il testo votato all’unanimità il 19 febbraio 2015 e che ha meritato al Comune il premio, ritirato a Roma dal sindaco Fabrizio Brignolo lo scorso 22 gennaio. Come si manifesta nella pratica cittadina l’ispirazione a questo principio? Al conferimento del Premio il sindaco di Asti ha ricordato come la comunità astigiana sia molto attiva in progetti che declinano in maniera concreta il valore della fraternità: il tema dell’accoglienza dei profughi con progetti individuali; un sistema di servizi sociali che mira a coinvolgere i destinatari in progetti di recupero dell’autonomia lavorativa e sociale, per fare alcuni esempi. Tutto semplice allora nella vita politica del Comune? Nient’affatto. «È pur vero che non verranno azzerate le nostre diversità politiche, ideali e culturali – afferma un consigliere comunale – è pur vero che non mancheranno ancora nel nostro dibattito politico-amministrativo, momenti di tensione e di conflittualità. Ma è altrettanto vero che, da oggi, abbiamo un richiamo e uno strumento prezioso in più, che ci stimola a ricercare un terreno di condivisione, su cui esercitare un sereno approccio di fraterna costruzione. È certamente una sfida difficile che, con fiducia, accogliamo e con coraggio intendiamo vincere». Il premio dell’associazione Città per la Fraternità è stato consegnato lo scorso 22 gennaio dalla presidente Milvia Monachesi, sindaco di Castelgandolfo, insieme ad Alba Sgariglia e João Manuel Motta del Centro Chiara Lubich del Movimento dei Focolari, nel corso del convegno “Si può normare la fraternità?”, moderato dal giornalista Gianni Bianco, nella Sala capitolare del Pio Sodalizio dei Piceni (rivedi la diretta). Importanti gli interventi del prof. Filippo Pizzolato (Università Bicocca, Milano) e di Tiziano Vecchiato (direttore scientifico della fondazione Zancan, Padova), e la tavola rotonda con esperienze a confronto dei Comuni che hanno inserito il Principio di fraternità nel loro statuto: Asti, Bra, Grottaferrata e Rocca di Papa. Ecco i destinatari del Premio:
- Menzione d’onore speciale alla Città di Rocca di Papa, da cui è partito il progetto di città unite per la Fraternità, per il progetto: «Dal buio alla luce: “i mercoledì al borgo”» con la missione di “illuminare le eccellenze e riunire i cuori e le menti” degli abitanti – italiani e di altre nazionalità – di Rocca di Papa.
- Menzione d’onore al Comune di Tolentino per il Progetto “Tolentino città per la fraternità” e la realizzazione della “Cena della fraternità”, tradizionale appuntamento con la collaborazione delle associazioni di volontariato e della cittadinanza, il cui ricavato è stato destinato per situazioni territoriali di povertà.
- Menzione d’onore al Comune di Grottaferrata per l’inserimento nello Statuto comunale del valore della Fraternità quale condizione dell’agire politico, approvato con voto unanime del Consiglio Comunale il 27 aprile 2015.
https://www.youtube.com/watch?v=cEtFoAdo6IE https://www.youtube.com/watch?v=P9bfpKF30Wk (altro…)

Giovani controcorrente
«Sono africano e sto studiando nel Nord Italia. Qualche tempo fa avevo letto su una rivista un articolo, in cui l’autore diceva che una “notte” sta pervadendo la cultura occidentale in tutti i suoi ambiti, portando a una perdita degli autentici valori cristiani. Sinceramente non avevo capito molto il senso di questo scritto, finché non mi capitò un fatto che mi fece aprire gli occhi. Era sabato pomeriggio. Alcuni ragazzi, miei vicini di casa, mi propongono di uscire con loro e di trascorrere una serata insieme. Vogliono fare qualcosa di diverso. Siamo in sei o sette. Per iniziare, andiamo a ballare in un locale. All’inizio mi diverto, mi dicono che ho la musica nel sangue, che so ballare bene. Ben presto però mi accorgo che intorno a me alcuni ballano senza alcun rispetto né per se stessi né per gli altri. Non ballano per puro divertimento, ma per lanciare messaggi ambigui. Dentro di me avverto una voce sottile, che mi chiede di andare controcorrente e di ballare con dignità e per amore. Dopo qualche ora, i miei compagni propongono di cambiare locale. Mi fido di loro, in fin dei conti sono miei amici, e accetto. Entriamo in un altro locale. Il tempo di rendermi conto dove sono, tra musica ad altissimo volume, luci psichedeliche e un odore acre che entra forte nel naso, e rimango subito sconvolto. Questa non è una normale discoteca, qui delle ragazze si prostituiscono. Sono molto deluso e arrabbiato. Senza dire una parola mi giro ed esco dal locale. Uno dei miei amici mi insegue. Mi insulta, mi dà del ritardato. Non gli rispondo. Passano pochi minuti, ne esce un altro, questa volta non per insultarmi, ma per darmi ragione. Infine un altro amico si sfila dal locale e anche lui mi dà ragione. Rimango sorpreso, avevo creato una catena di controcorrente. Senza aver parlato né degli ideali cristiani in cui credo, né di Dio, gli altri mi avevano visto e avevano capito. Passa qualche mese. Non pensavo più da un pezzo a quell’episodio. Un giorno un ragazzo, che era stato con noi quella sera, viene da me, mi dice di essersi pentito e di non voler più frequentare quel tipo di locali. Rimango sbalordito. Evidentemente Gesù stava lavorando il suo cuore. Questa esperienza mi ha aiutato a capire più radicalmente la necessità di rischiare e di dire “no” a certe proposte del mondo, perché è la nostra testimonianza che colpisce le persone, anche se a volte non ce ne accorgiamo». (Yves, Camerun) Da “Una buona notizia, gente che crede gente che muove”, Chiara Favotti, Ed. Città Nuova 2012 (altro…)

Roma – Incontro con Maria Teresa e Ruggero Badano, genitori della beata Chiara Luce

Dopo la laurea a Sophia
Sophia e l’inserimento nel mondo del lavoro: una relazione più o meno difficile rispetto ad altri percorsi accademici? Otto anni dopo l’inaugurazione dell’ Istituto Universitario Sophia (IUS), è stata l’italiana Licia Paglione, che insegna Metodologia della Ricerca sociale, a svolgere una prima indagine a partire da questi interrogativi. Alcune osservazioni tratte dal report di ricerca. Il target era costituito dai primi 80 laureati presso lo IUS, coloro cioè che hanno frequentato e concluso un corso di Laurea biennale conseguendo il titolo entro l’anno 2014. Nei primi due mesi del 2015 tale gruppo è stato invitato a rispondere ad un questionario semi-strutturato, elaborato per conoscere alcune informazioni essenziali, relative alle traiettorie professionali e di vita intraprese al termine degli studi a Sophia. Sul totale dei giovani laureati hanno risposto in 61 (75% del totale) provenienti da 30 Paesi del mondo; la loro collaborazione ha permesso di mettere a fuoco il valore che lo studio a Sophia ha avuto nella ricerca di un lavoro. Anzitutto il percorso di studi si è concluso nel periodo previsto di due anni nel 91% dei casi; l’81% dei laureati ha trovato occupazione entro 6 mesi dalla laurea, il 96% entro un anno. Oggi hanno un’attività lavorativa stabile il 51% dei laureati, un’occupazione temporanea il 26% di essi; nel 62% dei casi si tratta di un lavoro a tempo pieno, nel 26% di un lavoro part time, mentre per il 13% dei casi rappresenta una seconda attività. La maggioranza dei laureati (63%) svolge attualmente incarichi in ambiti di responsabilità nelle imprese, nelle amministrazioni pubbliche, nelle università e in altre agenzie culturali, nel no-profit: il 28% sono liberi professionisti, imprenditori, consulenti; il 7% sono dirigenti e funzionari di grado elevato, il 28% lavorano nell’ambito scientifico-culturale della formazione e della ricerca. L’efficacia del percorso formativo, rispetto all’attuale collocazione lavorativa, pare confermata: più di due terzi dei laureati (68%) pensa che il percorso offerto dallo IUS sia coerente con il lavoro che svolge. Tale efficacia viene messa in relazione con alcune specifiche capacità trasversali, che i laureati ritengono di aver conseguito o rafforzato nel periodo degli studi a Sophia. Descrivono in particolare la capacità di interagire in un contesto “plurale” sotto il profilo culturale e disciplinare, di trattare un problema integrando prospettive e competenze diverse, di gestire situazioni di conflitto lavorando in sinergia con altri attori sociali e culturali, promuovendo soluzioni innovative. Da notare, infine, che nessuno dei laureati si è pentito del percorso scelto: il 72% sarebbe favorevole a ripercorrerlo in toto, mentre il 28% lo rifarebbe suggerendo alcune modifiche. Tra queste, viene in rilievo la carenza di stage e tirocini accessibili nel corso del biennio. Priorità presa di mira dagli Uffici dell’Istituto competenti. “Interessante anche l’analisi dei punti di forza – commenta Licia Paglione – : studiare a Sophia significa soprattutto coinvolgimento in un percorso di scoperta e maturazione della propria identità ‘in relazione’, un percorso che comprende e valorizza le risorse intellettuali e allo stesso tempo investe la dimensione psicologica e affettiva, spirituale e operativa, e spinge ciascuno all’impegno”. (altro…)

Youth for a United World initiative in the Philippines
Negros Oriental State University is located in Dumaguete City, in the central part of the Philippines. It would be just like any other university in town if not for the Youth for a United World who are enrolled among its students. With the desire to share with their fellow students the precious pearl that they had found, they came up with the idea of registering the Y4UW (Youth for a United World) officially in the university as a bona fide association whose membership is open to all students. It is now constituted with a core group of about 10 officers and a membership of about 25 students. The officers receive a monthly formation from the local leaders of the Youth for a United World and the New Humanities. They hold a monthly General Assembly at which all the members meet to listen to the “Word of Life”, share their experiences and discuss other business. When they launched the #OpenYourBorders initiative, 250 students together with the President and the Vice President of the University got to know more about Y4UW. Last November 29 to December 3, the Negros Oriental State University celebrated its Foundation Day. The Y4UW association came up with the idea of putting up a booth which they called “The Room”. This was inspired by real-life escape games which are a type of physical adventure games in which players are locked in a room with other participants and they have to use the elements of the room to solve a series of puzzles, find clues, and escape the room within a set time limit. It was a great success. A good number of young people flocked into “The Room” to play the game. It was a good opportunity to meet many young people for the first time and to explain to them the life and the ideal of the Youth for a United World. The gen and the other members of the association wrote: “We were happy to hear common praises like ‘Wow, what a clever idea!’ or ‘I want to be a part of this group!’ Hearing things like that just made all the struggles and challenges worthwhile. We hope to do it again in the very near future.”
Parola di vita – Febbraio 2016
Chi non ha visto un bambino piangere e gettarsi nelle braccia della mamma? Qualunque cosa sia successa, piccola o grande, la mamma asciuga le sue lacrime, lo copre di tenerezze e poco dopo il bambino torna a sorridere. Gli basta sentire la sua presenza e affetto. Così fa Dio con noi, paragonandosi a una madre. Con queste parole Dio si rivolge al suo popolo rientrato dall’esilio di Babilonia. Dopo aver visto demolire le proprie case e il Tempio, dopo essere stato deportato in terra straniera dove ha assaporato delusione e sconforto, il popolo torna nella propria patria e deve ricominciare dalle rovine lasciate dalla distruzione subita. La tragedia vissuta da Israele è la stessa che si ripete per tanti popoli in guerra, vittime di atti terroristici o di sfruttamento disumano. Case e strade sventrate, luoghi simbolo della loro identità rasi al suolo, depredazione dei beni, luoghi di culto distrutti. Quante persone rapite, milioni sono costretti a fuggire, migliaia trovano la morte nei deserti o sulla via del mare. Sembra un’apocalisse. Questa Parola di vita è un invito a credere nell’azione amorosa di Dio anche là dove non si avverte la sua presenza. E’ un annuncio di speranza. Egli è accanto a chi subisce persecuzione, ingiustizie, esilio. È con noi, con la nostra famiglia, con il nostro popolo. Egli conosce il nostro personale dolore e quello dell’umanità intera. Si è fatto uno di noi, fino a morire sulla croce. Per questo sa capirci e consolarci. Proprio come una mamma che prende il bambino sulle ginocchia e lo consola. Bisogna aprire gli occhi e il cuore per “vederlo”. Nella misura in cui sperimentiamo la tenerezza del Suo amore, riusciremo a trasmetterla a quanti vivono nel dolore e nella prova, diventeremo strumenti di consolazione. Lo suggerisce anche ai Corinti l’apostolo Paolo: «consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui siamo consolati noi stessi da Dio» (2 Cor 1, 4).

Chiara Lubich: santità di popolo
In seguito alla domanda presentata il 7 dicembre 2013 dal Movimento dei Focolari al Vescovo di Frascati, Mons. Raffaello Martinelli, il 27 gennaio di un anno fa si è aperta la Causa di Beatificazione di Chiara Lubich. «L’unico nostro desiderio è quello di offrire alla Chiesa e all’umanità il dono che Chiara è stata per noi e per moltissime persone», aveva detto la presidente dei Focolari Maria Voce in quell’occasione. «Accogliendo il carisma che Dio le dava (…) Chiara si è profusa perché questa via di vita evangelica fosse percorsa da molti, in una determinazione sempre rinnovata ad aiutare quanti incontrava a mettere Dio al primo posto e a “farsi santi insieme”. Il suo sguardo e il suo cuore erano mossi da un amore universale, capace di abbracciare tutti gli uomini al di là di ogni differenza, sempre proteso a realizzare il testamento di Gesù: “Ut omnes unum sint” (che tutti siano uno)».
Durante quest’anno, il Tribunale Diocesano ha ascoltato decine di persone ritenute in grado di contribuire a fare conoscere più pienamente possibile la vita e il carisma di Chiara. Tra i testimoni ci sono molti dei primi e delle prime compagne di Chiara, autorità religiose e civili, familiari, persone di altri Movimenti, di altre Chiese e di diverse convinzioni. Ricordiamo questo primo anniversario con uno stralcio dell’intervento pronunciato da Chiara nel 1987 a Loppiano, nel quale sottolinea la “santità di popolo” o “santità collettiva” che nasce dal carisma dell’unità. «Siamo sempre in cammino per realizzare la nostra santificazione. Senza questo obiettivo, del resto, la vita avrebbe poco senso perché Dio, che ci ha creati, ci ha pure chiamati alla santità. Tutti gli uomini devono perseguire questa mèta. È universale, infatti, la chiamata alla santità. […] Tutti dovrebbero raggiungere la propria perfezione. E chi vi si impegna raggiunge tale traguardo camminando per vie diverse.

Teramo: musulmani e cristiani in dialogo
Tutto ha avuto inizio nel 2002, quando la comunità locale del Movimento dei Focolari ha conosciuto Mustapha Baztami, Imam della comunità di Teramo. Un uomo di Dio colpito dalla spiritualità dell’unità da diventarne infaticabile diffusore. Da allora sono seguiti tanti momenti in comune con approfondimenti e riflessioni, come ad esempio la famiglia vista dal Corano e dalla Bibbia, per poi condividere cibi e sapori e vedere colori e profumi mescolarsi in un tutt’uno, come le persone che li assaporano. Ma la vera sfida è riuscire a fare insieme – musulmani e cristiani – l’esperienza della fraternità. Un giorno accade un gravissimo incidente a sua moglie. I prolungati ricoveri, anche in altre città d’Italia, permettono alla comunità focolarina di stringersi in maniera forte, proprio da fratelli. È come una gara d’amore fra chi dà e chi riceve, e che diventa humus fertile per altre iniziative come l’ideazione di un concorso letterario “Diversi… ma uno”, che da quindici anni li fa lavorare gomito a gomito in un impegno settimanale che dura tutto l’anno. «L’essere figli di Dio è ciò che ci unisce – afferma Donato dei Focolari –. È questo che dà la libertà di prendere il microfono e raccontare la propria storia, o semplicemente sorridere per una battuta, oppure lasciando cadere qualche lacrima senza vergogna». «I vostri occhi mi guardano senza pregiudizi», dichiara una donna musulmana.
Nel territorio gli effetti di questo dialogo non passano inosservati. Un’associazione cattolica invita Mustapha e Donato ad intervenire ad un seminario islamo-cristiano. Tutto sta andando per il meglio, ma le posizioni di alcuni partecipanti sulla donna nell’Islam creano forti tensioni in sala. Mustapha e Donato decidono di intervenire raccontando di come la loro amicizia sia fondata sulla reciproca volontà di amarsi al di là della cultura e della religione. Ricercando ciò che unisce piuttosto che ciò che potrebbe dividere. «La mia vita è profondamente cambiata – afferma Mustapha – da quando ho conosciuto Chiara Lubich, donna cristiana, bianca e occidentale. Lei mi ha insegnato ad amare tutti e a farlo per primo». Da quel momento il seminario prende un’altra piega. Uno degli organizzatori va ad abbracciarlo dicendogli: «Fratello, ho capito che la ragione dell’uomo è nulla rispetto all’amore». Viene l’estate e con essa la voglia di una gita in montagna le due comunità insieme con le famiglie al completo. Appena arrivati alla meta, gli uomini musulmani scaricano semola, carne, ortaggi, spezie, pentole e stoviglie, e le donne prendono posto nella cucina di una canonica. Anche i cristiani non sono da meno: pane casareccio, olive all’ascolana, gallinella in gelatina. Nella normalità di una giornata tra amici, ogni momento ha il suo posto: il gioco dei bimbi, lo scambio spirituale, il tè, il cus-cus, gli assaggi, la passeggiata. Sebbene non programmato, ogni attimo è prezioso per continuare e consolidare un’amicizia che man mano si fa più profonda. Il giorno dopo, Mustapha manda un messaggio: «… chiediamo all’Altissimo di continuare ad illuminare i nostri percorsi comuni». E quando il vescovo deve fornire in Prefettura i dati sui rapporti della sua diocesi con la comunità islamica, riferisce di questa esperienza di dialogo vero. (altro…)

Ungheria: Festival “Spazio Aperto”
È Szeged, città al sud dell’Ungheria, ad ospitare nel parco cittadino “la più grande manifestazione dell’anno, gratuita e all’aperto”, il Festival Spazio Aperto, come annuncia il comunicato stampa. Il Festival si è caratterizzato per il gran numero di partecipanti e per le performance. Ma quale è stata la novità in questo evento? «Quando alcuni anni fa hanno annunciato la prima volta una possibile manifestazione cristiana a livello cittadino, non si pensava che un ambizioso progetto potesse realizzarsi nel nostro Paese», scrive Új Város, rivista dei Focolari in Ungheria. «Non era il sogno di una persona sola, ma del gruppo ecumenico dei pastori di quella città. Un sogno che un anno e mezzo fa ha cominciato a prendere corpo, coinvolgendo diverse associazioni religiose, civili e politiche», fino a dare forma, dal 25 al 27 settembre scorso, al Festival. Come afferma Orsolya Szlaukó, pastoressa evangelica: «A Szeged, il gruppo ecumenico dei pastori ha lanciato l’idea di organizzare qualcosa che annunci il cristianesimo. Il logo a quattro colori ed anche tutto il Festival ha preso spunto da un Salmo: “Il Signore mi trasse fuori al largo” (Sal, 18). Lo abbiamo sognato e realizzato per fare un dono agli abitanti di Szeged, mostrare unite le chiese cristiane e i valori di queste comunità». «La nostra missione si rivolge alla città e non solo alle nostre comunità», afferma uno degli organizzatori. «Il nostro ruolo era di assicurare lo svolgimento, non di essere in primo piano», afferma Sándor Tari, altro organizzatore. «Durante il Festival ognuno ha trovato il programma a lui adatto, dai giovani agli anziani», continua la pastoressa. «Abbiamo dato spazio a concerti, tavole rotonde, ludoteche e stand di diverse organizzazioni». «I 60 stand disseminati come casette lungo il viale del parco, hanno formato quattro quartieri cittadini in cui mostrare ai visitatori le iniziative in atto: un elettricista che ha tenuto un laboratorio per bambini, uno stand sanitario nel quale sono passate 700 persone, donazione del sangue, professori universitari che hanno svolto lezioni. Le parrocchie e le comunità ecclesiali hanno intrattenuto i passanti con una grande varietà di iniziative creative».
Sándor Tari ha lavorato per un anno intero all’allestimento dell’area stand. «Lo scopo era che fosse presente ogni settore della città: gli agricoltori, gli operai, la cultura, la sanità… La condizione richiesta agli espositori era di essere aperti all’amicizia con gli organizzatori e tra loro. Vi hanno partecipato anche la Polizia e i Vigili del Fuoco». Sándor racconta che tra i progetti c’è anche quello di continuare e probabilmente una simile iniziativa si potrà ripetere tra due anni. «Mi è piaciuto molto il clima di famiglia, con tanti genitori e bambini», ha detto un padre di famiglia. Ma anche i giovani avevano di che scegliere tra le varie band che si sono avvicendate sul palco, tra cui il Gen Verde, Hillsong e gruppi musicali ungheresi. «Qui c’è un’atmosfera che non si trova tutti i giorni e ascoltandoli suonare si può avvertire la pace in fondo al cuore», diceva un giovane. Il vescovo evangelico Péter Gáncs, alla domanda di TV Duna sul perché avesse ritenuto importante parteciparvi, ha risposto: «Già mi è piaciuto il titolo del Festival, Spazio Aperto. Alle volte ho l’impressione che le chiese abbiano paura di uscire. 25 anni dopo il cambiamento del regime vediamo che le persone non entrano facilmente in chiesa. Dobbiamo uscire noi. Per questo ho molto apprezzato questo metterci insieme ecumenico per uscire nelle piazze, sulle strade». Fonte: Új Város n.1/2016 (altro…)
Argentina: Misael e il suo sogno di pace
«Insegno in una scuola cattolica della mia città, Salta, nel nord dell’Argentina – racconta Gabriela Carral –. All’inizio di ottobre del 2015, avevo incontrato Misael, un alunno di 10 anni, dopo un momento di preghiera tra ortodossi e cattolici per la Pace in Siria. In quel momento, la foto del piccolo siriano, Aylan, aveva suscitato grande commozione attraverso i mass media. Misael mi ha confidato che avrebbe voluto fare qualcosa per la pace nella nostra scuola, aggiungendo che ciò che più di tutto lo faceva soffrire era sapere che tanti bambini erano rimasti orfani a causa della guerra. Ci siamo dati appuntamento nel momento della ricreazione e mi ha detto che stava partecipando alla vita della comunità ortodossa e che era convinto che avremmo potuto pregare insieme per la pace: cattolici e ortodossi. Alcuni giorni dopo, mi ha mostrato un volantino che teneva nella sua cartella. Il testo diceva: “La Siria siamo noi, preghiamo per la pace”. Sono rimasta sorpresa nel vedere che un bambino, in mezzo a quasi 800 alunni tra elementari e medie, avesse così presente il dolore di gente che soffre a migliaia di chilometri di distanza. Facendo eco al suo desiderio, l’ho incoraggiato ad esprimerlo lui stesso ai dirigenti della scuola. È nata così la proposta di organizzare una preghiera ecumenica per la pace. Per la prima volta la parola ecumenismo risuonava nei corridoi di questa scuola, tra i dirigenti, gli insegnanti, gli studenti. Per concretizzare questa iniziativa, mi sono messa in contatto con un religioso dell’istituzione che condivide con me l’ideale di contribuire a realizzare la preghiera di Gesù: “Che tutti siano uno”. Abbiamo anche coinvolto p. Adolfo, della Chiesa Ortodossa di Antiochia e, insieme, abbiamo organizzato ogni particolare della celebrazione. In un secondo momento si è aggiunta anche la Chiesa Luterana, dato che la nostra comunità educativa accoglie un giovane volontario tedesco luterano. Poi è stata la volta del presidente dell’Unione Siriano-Libanese della città, del console della Germania e la vice-console dell’Italia, un rappresentante del Ministero dell’Istruzione, alcuni organi di stampa e altre scuole.
Il primo passo del progetto di Misael, è stato quello di costruire la pace nei nostri rapporti quotidiani, e questo ha dato vita a tante esperienze nuove vissute tra i ragazzi, ai quali abbiamo proposto anche l’iniziativa dei Giovani per un Mondo Unito: il Time Out. Così il 18 novembre, sullo sfondo degli attentati a Parigi, questa iniziativa è diventata, oltre ad un momento di preghiera per la pace nel mondo, anche una testimonianza di unità. Attraverso l’omelia dei celebranti, abbiamo conosciuto alcune storie di cristiani in Siria e in Africa; le intenzioni per la pace sono state espresse da una ragazza della Gioventù Ortodossa; una signora ha recitato il Padre Nostro in arabo e le bandiere dei diversi paesi ci hanno dilatato il cuore, facendoci sentire membri dell’unica famiglia umana. È stata insomma una celebrazione che ha lasciato nel cuore di tutti il sapore di un qualcosa che non avevamo mai sperimentato prima in modo così forte: rapporti fraterni, legami impensabili. I dirigenti della scuola l’hanno definita una giornata storica. “Ringraziamo Dio della nostra libertà – concludevano i ragazzi presenti – e ci impegniamo a non schierarci né da una parte né dall’altra, ma a stare dal lato della pace”». A cura di Gustavo Clariá (altro…)

Per l’unità dei cristiani
«Fra i cristiani è successo come in una coppia di sposi. Nella vita di coppia le difficoltà sono inevitabili. Solo che se c’è l’amore, esse servono a mantenere e far crescere l’unità. Quando l’amore non c’è i problemi diventano un ostacolo insuperabile e si segnalano come motivo della separazione. Però in realtà non sono i problemi che hanno distrutto la famiglia, ma la mancanza di amore. Così fra le Chiese. La divisione è avvenuta non solo per motivi religiosi o teologici, ma anche – e spesso soprattutto – politici, economici, culturali. Nella misura in cui crescerà l’amore, la disunità diventerà insopportabile e i problemi si supereranno. Penso che un giorno le varie Chiese, senza abbandonare la propria tradizione e tutte quelle espressioni legittime che hanno sviluppato attraverso la storia, potranno partecipare, quando Dio vorrà, a un Concilio riunificatore per poter far sì che la Chiesa, pur mantenendo tante espressioni, sia una. Per adesso è forse prematuro, ma Dio in un giorno può farci vivere mille anni. Sarebbe un avvenimento che toccherebbe profondamente anche tutti i membri delle grandi religioni». Da “COLLOQUI” – Pasquale Foresi – Città Nuova 2009 – pag. 155-156-161 (altro…)

Sportmeet in India
«Lo sport può davvero cambiare il mondo e renderlo più unito». Patsy Furtado, un’allenatrice di hockey di Mumbai, che da ragazza ha giocato nella squadra nazionale indiana di hockey, parla con forte convinzione che deriva da un’esperienza altrettanto forte vissuta con i bambini di strada di questa immensa metropoli. Nel 2005 ha incontrato i Focolari e il progetto di Sportmeet attraverso un evento di Run4unity. La sua passione per lo sport e l’esperienza di unità che ha vissuto quel giorno hanno acceso in lei il desiderio di unire le forze con altri allenatori che la pensano come lei, e di contribuire a cambiare il suo ambiente, dove si vedono spesso i bambini vivere sulla strada. Aveva appena avuto modo di conoscere una casa per indigenti con 240 bambini, che la società spesso mette da parte. Ha avuto allora l’idea di cominciare ad allenarli in diverse discipline sportive: calcio, basket, hockey, atletica…Così ha iniziato tutte le mattine alle 6,30 con una sessione di allenamento di un’ora. Al principio erano presenti 20 ragazze e 30 ragazzi, senza scarpe né abbigliamento sportivo adeguato; oggi, invece, in quella casa ci sono diverse squadre, e tutti i bambini indossano scarpe sportive, con le attrezzature giuste e uno zaino personale per lo sport. Nel 2007 i ragazzi hanno iniziato a gareggiare nelle competizioni interscolastiche di Mumbai e la squadra di calcio under-12 è arrivata all’ottavo posto tra oltre 300 scuole. Questo risultato è stato anche riportato dall’Hindustan Times, uno dei principali quotidiani di Mumbai, con il titolo “United We Stand”. Elencando le numerose realizzazioni di questo progetto, Patsy sottolinea il fatto che il comportamento dei bambini è notevolmente migliorato: lo sport ha insegnato loro ad essere disciplinati e, dopo aver praticato qualche sport, tutta la loro energia si è incanalata nel modo giusto. Considerando che è naturale essere violenti e aggressivi nell’ambiente dal quale provengono, stanno acquistando nuova sicurezza cominciando ad avere rispetto di sé, a curare meglio la propria igiene e prendersi su delle responsabilità. Professano varie religioni ma non ci vedono differenze fra loro: i bambini giocano insieme come una squadra.
Nel 2009 si è tenuto il primo seminario su Sports4Peace a Mumbai. Promuovendo il dado con le 6 regole che educano alla pace attraverso lo sport, questo progetto ha catturato l’attenzione di vari allenatori ed altre persone impegnate nell’ambito sportivo a Mumbai ed altre città dell’India. “Play well”, “Hang in there”, “Look out for others”: semplici regole che sono entrate nella vita di molti giovani e adulti amanti dello sport, spingendoli ad applicarle con passione nelle loro discipline. L’idea dello sport in funzione dell’educazione alla pace è diventata parte integrante di attività culturali interreligiose promosse da diverse università, nonché in eventi diocesani di Mumbai e Pune, una città vicina conosciuta proprio per le sue numerose università. Sports4Peace è stato presentato nelle successive edizioni di Run4Unity anche a Nuova Delhi e a Mumbai nella Settimana Mondo Unito internazionale tenutasi nel maggio 2015. In quell’occasione è stato installato, sempre a Mumbai, un dado di Sports4Peace, permanente, nel giardino pubblico sul lungomare di Bandstand,: ricorda a tutti che lo sport, vissuto e giocato bene, può aiutare a promuovere la pace e la fraternità universale. Gustavo Clariá (altro…)
Intervista a Giuseppe Maria Zanghì
In queste pagine è contenuta l’ultima intervista, realizzata poco prima della sua morte (23 gennaio 2015), a Giuseppe Maria Zanghí. È un testo che contiene confessioni intime e riflessioni a volte inaspettate: dalla crisi della cultura europea all’oggi del Movimento dei Focolari, dal ruolo delle donne nella Chiesa alla sua personale esperienza con la filosofia. Soprattutto, è la storia di un uomo fedele al carisma di Chiara Lubich per oltre sessant’anni. Giuseppe Maria Zanghí (1929-2015), primo direttore della rivista «Nuova Umanità» e, insieme a Chiara Lubich, tra i membri fondatori della Scuola Abbà, centro studi del Movimento dei Focolari, è stato autore per Città Nuova di Dio che è Amore. Trinità e vita in Cristo (1991, 20043); Notte della cultura europea (2007, 20074); Gesù abbandonato maestro di pensiero (2008); Occidente la mia terra. Storia, società, politica alla luce del paradigma trinitario (2008). L’Autore, Marco Martino, è laureato in Scienze politiche all’Università di Roma «La Sapienza», ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Filosofia politica presso la stessa Università. Attualmente è professore incaricato di Filosofia politica presso l’Istituto Universitario Sophia.

Trento: il Centro Mariapoli Chiara Lubich compie 30 anni
“Questa casa costruita sulla roccia ci ricorderà con il suo nome (Parola di Vita) la casa sulla roccia di cui parla Gesù. Vengono venti e bufere, ma non crolla”, disse Chiara Lubich il 24 maggio 1986 inaugurando il Centro Mariapoli della sua città natale. 23 gennaio 2016: giorno di festa al Centro, oggi a lei intitolato, per ricordare trent’anni di storia, testimonianza, dialogo e comunione, alla luce del carisma dell’unità. L’evento si apre con il messaggio di Maria Voce ed un video che ripercorre questi 30 anni di storia. Seguono alcune testimonianze della presenza locale del Movimento in campo civile ed ecclesiale ed i saluti dell’arcivescovo di Trento mons. Luigi Bressan, del sindaco Alessandro Andreatta e di altre autorità. Dopo trent’anni, il Centro di Cadine ha tenuto fede alla propria vocazione: quella di essere un luogo di incontro e di formazione per quanti desiderano impegnarsi a irradiare la vita del Vangelo e a riportare con l’amore reciproco la presenza di Dio nel mondo. Un po’ di storia. Negli anni ‘70 il Movimento dei Focolari, diffuso nella regione, avverte la necessità di un centro di formazione. Dopo varie infruttuose ricerche, ci si concentra su Trento. Fatta partecipe di questo pensiero, Chiara risponde: “L’ho sempre pensato lì: è una città scelta da Dio”. Pochi mesi dopo in tutto il Movimento si vive la Parola di Vita: “Vendete ciò che avete, datelo in elemosina”. Il desiderio di mettere in pratica questa Parola del Vangelo spinge Nostra Fadanelli, aderente del Movimento, a donare 9 ettari di bosco proprio per la costruzione del Centro Mariapoli. Si affida il progetto a Carlo Fumagalli, focolarino architetto, che, con la consapevolezza di edificare un Centro nella città dove il Movimento è nato, ripercorre i passi della sua storia a Trento e nella valle di Primiero, riproducendo alcuni particolari nell’architettura della costruzione. Il progetto viene presentato all’allora arcivescovo di Trento, mons. Gottardi, il quale dice: “Questo deve essere un ‘monumentum’ a Chiara Lubich, logicamente quando lei sarà in Paradiso. E sarà il miglior monumento se, a riguardo della storia di Trento, sarà… una Mariapoli con sapore anche ecumenico”, riallacciandosi al mandato ecumenico alla città di Trento espresso da papa Paolo VI nel 1964. E conclude: “Voi avete questa missione!”. Da quel momento si mette in moto la generosità di ciascuno nel Movimento, ognuno con le sue possibilità e con l’inventiva di chi costruisce la “propria” casa. Ad ottobre 1980, mentre sono in corso le pratiche, arriva la notizia che a Roma si sta cercando una casa per il Centro Mariapoli internazionale. Tutti d’accordo si decide di donare tutto quanto raccolto fino a quel momento: una somma importante che lascia stupita Chiara stessa. Sembra una pazzia, ma al momento dei permessi per iniziare la costruzione arriva una nuova consistente somma, più di tre volte quella data, che fa sperimentare le promesse del Vangelo: “Date e vi sarà dato”. Nel 1982 si inizia così la costruzione della parte giorno: l’ingresso, le sale riunioni, la cucina e la sala da pranzo. Tanti vogliono collaborare, dando tempo e forze, e nell’ultimo anno di cantiere circa 800 persone si alternano contribuendo per tutti i lavori artigianali, di finitura e di manodopera. Memorabile il lavoro di pavimentazione a porfido della strada e del piazzale, ultimato la notte prima dell’inaugurazione. Il 24 maggio 1986, alla presenza di circa 2.000 persone, tra cui i rappresentanti delle più importanti chiese presenti in Europa, Chiara stessa inaugura il Centro Mariapoli, sottolineandone la vocazione formativa ed ecumenica, e intitolandolo “Parola di Vita”.
Dopo la morte di Chiara, avvenuta nel 2008, il 24 gennaio 2009, con una cerimonia di grande rilievo ecumenico, alla presenza di Maria Voce, succeduta a Chiara quale Presidente del Movimento dei Focolari, e di molte personalità civili e religiose, il Centro viene intitolato a Chiara Lubich. In questi 30 anni decine di migliaia di persone sono state ospiti del Centro, in gran parte membri del Movimento, ma non solo, dato che esso ha aperto le porte anche ad incontri promossi dalla Diocesi, da Movimenti Cattolici e da altre realtà associative laiche del territorio. Il Centro ospita, in particolare, convegni, scuole di formazione, gruppi vari del Movimento provenienti da tutto il mondo, che vengono per ripercorrere, a Trento e nella Valle di Primiero, l’esperienza dei primi tempi, quando tutto è iniziato. Quella che il Centro testimonia, come agli albori del Movimento, è l’urgenza di tenere viva una “palestra di dialogo” tra i singoli, tra i popoli, tra le chiese e tra le grandi religioni per ridare spazio alla fraternità. (altro…)

Comporre un popolo cristiano
«Con i fratelli e sorelle delle varie Chiese, sforzandoci nel vivere insieme il Vangelo, conoscendoci, rafforzando il nostro amore reciproco, abbiamo scoperto quanto siano grandi le ricchezze del nostro patrimonio comune: il Battesimo, l’Antico e Nuovo Testamento, i dogmi dei primi Concili che condividiamo, il Credo (niceno-costantinopolitano), i Padri greci e latini, i martiri e altro ancora, come la vita della grazia, la fede, la speranza, la carità, e tanti altri doni interiori dello Spirito Santo. E oltre a ciò ci unisce la spiritualità dell’unità. Prima vivevamo come se tutto ciò non fosse realmente vero e non ne eravamo coscienti del tutto. Ora ci rendiamo conto che sono invece le condizioni per poter realizzare un dialogo particolare: quello della vita. Per esso noi ci sentiamo già una famiglia; sentiamo di comporre fra noi “un popolo cristiano” che interessa laici, ma non solo, sacerdoti, pastori, vescovi, ecc. Ovviamente, c’è ancora da comporre la piena e visibile comunione fra le nostre Chiese, ma possiamo già essere così. Non è un dialogo della base che si contrappone o giustappone a quello dei cosiddetti vertici o responsabili di Chiesa, ma un dialogo al quale tutti i cristiani possono partecipare. E questo popolo è come un lievito nel movimento ecumenico, che ravviva fra tutti il senso che, essendo cristiani, battezzati, nella possibilità di amarci, tutti possiamo contribuire alla realizzazione del testamento di Gesù. Anzi vogliamo sperare che altre forme di dialogo, come quello della carità, del servizio comune, della preghiera, quello teologico, possano venire potenziate dal “dialogo della vita”». Dal volume CHIARA LUBICH L’unità (a cura di Falmi/Gillet) – Città Nuova 2015 pagg. 89-90 (altro…)

#riscaldiamolasiria
«Un contatto della comunità del Movimento dei Focolari, ai confini con la Siria, ci ha messo al corrente della critica situazione che si trovano a vivere. In Siria fa molto freddo adesso, non hanno come riscaldare la casa e gli indumenti adatti per sopportare le basse temperature. Non hanno neanche la possibilità di comprarli, sia per difficoltà economiche sia perché a causa dell’embargo non arriva questo tipo di indumenti. Dopo un rapido confronto tra di noi abbiamo capito che potevamo, e volevamo, fare subito qualcosa per questi fratelli. Tramite un gruppo facebook, che tiene in rete tutti i giovani dei Focolari in Italia, abbiamo allargato questa richiesta d’aiuto a tutti, diffondendola con l’hashtag #riscaldiamolasiria. La soluzione più immediata per andare incontro alle loro esigenze era quella di spedire un pacco con i vestiti adatti. Abbiamo iniziato noi giovani dall’aprire i nostri armadi fino ad organizzare punti di raccolta in tutta Italia per raccogliere gli indumenti. La generosità di ognuno non si è fatta attendere! Con l’aiuto anche della parte adulta del Movimento e di tutte le comunità, nel giro di qualche giorno, molti pacchi stanno raggiungendo la Siria. All’inizio il nostro entusiasmo nell’aiutarli sembrava frenarsi per gli elevati costi di spedizione, ma dalle varie notizie da tutta Italia in tempo reale, siamo riusciti ad identificare la tariffa più economica e sicura. Il nostro aiuto non si vuole fermare qui, continueremo ad essere presenti concretamente per loro con tutti i mezzi a nostra disposizione! Per ora faremo arrivare in Siria il necessario, e il resto andrà a chi ha più bisogno nelle nostre città». Maria Chiara De Lorenzo (altro…)

Aquisgrana – Premio Klaus Hemmerle 2016
Nella motivazione del premio il riconoscimento al suo lavoro e al lavoro della comunità di Sant’Egidio nella lotta contro l’AIDS, e alla capacità, come donna musulmana, di creare in modo eccezionale ponti tra cristiani e musulmani, dimostrando con la sua vita che una convivenza pacifica e una collaborazione efficace tra cristiani e musulmani è possibile. Tra i presenti alla cerimonia di conferimento anche Annette Schavan, ambasciatrice tedesca presso la Santa Sede, che terrà la Laudatio. In memoria della persona e dell’eredità spirituale del Vescovo cattolico di Aquisgrana, Klaus Hemmerle (1929 – 1994) il Movimento dei Focolari conferisce un premio a personalità che si distinguono come “costruttori di ponti” di dialogo tra le chiese, le religioni e visioni del mondo. Il premio viene assegnato ogni due anni. www.fokolar-bewegung.de Progetto DREAM (altro…)

India: Progetto Ilanthalir
Il 2 febbraio padre Susai Alangaram celebrerà i 25 anni del suo sacerdozio. Era sacerdote da sei anni a Tiruchirapally, Tamil Nadu, lo stato più a sud dell’India sull’oceano indiano, quando si è lanciato in un progetto con lo scopo di alleviare dalla povertà i bambini della sua parrocchia. Anni addietro aveva conosciuto il Movimento dei Focolari e si era impegnato a vivere e testimoniare l’unità con altri suoi compagni sacerdoti, in una società paralizzata dal problema delle caste. Con due suoi amici ha iniziato così un progetto di sostegno a distanza per 50 bambini, dandogli il nome di Ilanthalir, che in lingua Tamil significa “teneri germogli”, a ricordare la tenera cura necessaria per la crescita e lo sviluppo di questi bambini. Oggi i bambini poveri in vari villaggi di cinque distretti del Tamil Nadu ricevono il sostegno di Ilanthalir, su un territorio che va da 125km a sud di Tiruchirapally a 70km a nord. Dopo lo tsunami del 2004 sono stati adottati alcuni bambini di due villaggi sulla costa, che ora stanno studiando all’Università.
Il clima nel paese è molto caldo e i monsoni sono imprevedibili, rovinando spesso le coltivazioni e creando povertà tra i contadini. Quest’anno ci sono state alluvioni nel nord e siccità al centro. La povertà è la causa della diffusa analfabetizzazione e del lavoro minorile, essendo la prima preoccupazione di tante famiglie indigenti quella di guadagnare qualcosa per il sostentamento e non quella di educare i figli. Ilanthalir cerca di assicurare ai bambini le prime necessità, sponsorizzando i loro studi fino a quando trovano un impiego e possono così assistere le proprie famiglie. Quest’anno 456 bambini beneficeranno direttamente del sostegno a distanza di Famiglie Nuove e altri 300 riceveranno assistenza da Ilanthalir.
Appartenendo a varie religioni ci si assicura che tutti i bambini festeggino insieme le principali festività come Diwali (la festa della luce), Pongal (la festa della raccolta), Natale, ecc. Il mese di ottobre è dedicato alla cura dell’ambiente, e ogni centro organizza programmi per piantare alberi, pulire luoghi pubblici, ecc. Ciò che colpisce nell’esperienza di Ilanthalir è l’impatto della spiritualità dell’unità in un contesto che altrimenti si presta a favorire una cultura di sopravvivenza e isolamento. La Parola di Vita dei Focolari, un commento che suggerisce come vivere le frasi del Vangelo, viene tradotta in lingua Tamil e diffusa tra i bambini e i loro genitori, che una volta al mese si incontrano a condividere come cercano di viverle rinnovando il loro impegno. Ogni anno si vive insieme una giornata di Mariapoli con circa 300 persone a Tiruchirapally, promuovendo uno scambio fraterno tra tutti. L’impegno dei bambini di Ilanthalir di vivere in questo modo con i loro piccoli atti d’amore li trasforma in agenti di unità nelle loro famiglie e nei loro ambienti, portando nuova speranza per molti.
https://vimeo.com/155416704 (altro…)