Lug 9, 2012 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Sono una maestra elementare e spesso vengo mandata a insegnare nei villaggi di montagna. Qui, nascosti in territori remoti e impervi, vivono anche gruppi di terroristi che si proclamano liberatori del popolo. Mi era già capitato di imbattermi in quei drappelli, ma ero scappata, trovando un nascondiglio fra le rocce. Una volta, purtroppo, non sono riuscita a nascondermi in tempo. Mi hanno rapita e trascinata al loro campo. Durante quegli interminabili giorni in cui sono rimasta segregata, sono stata sottoposta più volte a lunghi interrogatori. Nonostante la paura, ho cercato di rispondere con molto rispetto, dicendo sempre la verità. Uno di loro, in particolare, ha cercato per ore di indottrinarmi sulla loro ideologia, voleva convincermi a sposare la loro causa. Quando mi ha chiesto cosa ne pensassi, non ho voluto commentare. Il giorno seguente, al ripetersi del suo discorso, ho obiettato che occorre prima cambiare se stessi se vogliamo trasformare le strutture di potere che ci sembrano ingiuste.
“A cambiarci è l’amore che ognuno ha per l’altro”, ho cercato di spiegargli. Forse le mie parole lo hanno toccato, forse gli hanno ricordato principi in cui aveva creduto. Fatto sta che dopo questo interrogatorio mi ha lasciato andare. Da quel giorno ho sempre continuato a pregare per quell’uomo e i suoi compagni. Recentemente, con mia sorpresa, l’ho riconosciuto in televisione, mentre davano la notizia di un terrorista che aveva consegnato le armi ai militari, lasciando il suo gruppo». Nelda, Filippine. Tratto da “Una buona notizia”, Ed. Città Nuova, Roma, pp. 56/57 Il volume si presenta come un contributo propositivo alla Nuova Evangelizzazione, in vista del Sinodo di ottobre. Contiene 94 brevi storie provenienti da tutto il mondo. (altro…)
Lug 8, 2012 | Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria
«La nostra storia – racconta Lucia – comincia 42 anni fa quando abbiamo deciso di condividere il nostro cammino. Frequentandoci, però, abbiamo scoperto di non pensare allo stesso modo, soprattutto nel campo religioso: io avevo la fede, lui no. All’inizio, non mi sono preoccupata; non credevo che questo avrebbe influenzato la nostra vita futura insieme. Invece, il primo scontro lo abbiamo avuto quando, rimasta incinta, bisognava decidere se portare avanti la gravidanza o no. «Ero troppo giovane – continua Tonino – per pensarmi come padre e marito; ero ancora studente, avevo tanti progetti per il futuro, ed ora mi ritrovavo a dover prendere una decisione che ti cambia la vita! A malincuore ho accettato la determinazione di Lucia di tenere il nascituro e di celebrare il matrimonio in Comune. Durante la gravidanza tutto è andato bene ma, appena è nata la bambina, mi sono sentito di nuovo schiacciato da un’enorme responsabilità tanto da fuggire da tutto e tutti. «All’improvviso mi sono ritrovata sola – anche se i miei genitori non mi hanno mai abbandonata -, con una bambina da crescere. Gli anni successivi furono all’insegna della sofferenza, soprattutto quando lui decise di chiedere la separazione. «Volevo vivere la mia vita – conferma Tonino –. Ottenni la separazione e, successivamente, il divorzio. Ero nuovamente libero. Molto spesso, però, mi ritrovavo a pensare a loro, e fu così che maturai la decisione di ritornare sui miei passi. Ricominciai a corteggiare la mia ex moglie e a vedere mia figlia. Ben presto sentimmo il bisogno di una nostra casa, della nostra intimità, per ricostruire la famiglia. Accettai anche di celebrare il nuovo matrimonio in chiesa. «Quegli anni pieni di sofferenze e tormenti ormai facevano parte del passato – ricorda Lucia. Avevamo una nuova vita e anche una seconda figlia, Valentina. Con la sua nascita è cominciato un periodo di maggiore serenità, dovuto sia ad una conquistata sicurezza lavorativa ed economica sia al fatto che, pian piano, cominciavo ad accettare di vivere la mia vita accanto ad una persona così diversa da me. Dopo qualche anno all’improvviso, nella nostra famiglia, a stravolgere tutto, è arrivato il Movimento dei focolari! Valentina, invitata da un’insegnante, aveva conosciuto le Gen4, le bambine dei Focolari. E’ iniziato per lei, e successivamente per noi, un cammino diverso.
«Mi toccava accompagnare Valentina agli incontri delle Gen4 – spiega Tonino. Quando andavo a riprenderla era sempre contenta e, appena entrata in macchina, si scusava del ritardo (mi faceva aspettare sempre almeno mezz’ora) e cominciava a raccontarmi la sua bella serata. Contaminato da questo suo entusiasmo e dalla festosa accoglienza che tutti nel Movimento – pur non avendo io nessun riferimento religioso -, mi riservavano, sono diventato anch’io un componente di questa famiglia. Inizialmente mi sono inserito nel gruppo degli “amici del dialogo”, formato da persone di convinzioni diverse. «Qualche tempo dopo anch’io – incuriosita che un movimento cattolico accettasse mio marito non credente –, cominciai a frequentarlo, e man mano che approfondivo la conoscenza della spiritualità focolarina tante domande trovavano risposta. Di strada insieme ne abbiamo fatta; tante barriere sono state abbattute. Ho imparato ad ascoltare, senza la paura di perdere me stessa, e a dare spazio al silenzio interiore ed esteriore per accogliere e capire l’altro. «La nostra diversità, non solo religiosa – sottolinea Tonino –, non ha affatto ostacolato il nostro percorso di vita insieme. La scelta di Valentina, di diventare focolarina, non mi ha trovato impreparato, avendo condiviso tanto con lei; il rapporto tra noi non si è minimamente scalfito, anzi, si è maggiormente consolidato, a differenza di Lucia che, seppur all’inizio, non l’ha accettata di buon grado. «Per me, non è stato subito facile accettare la scelta di Valentina – confessa Lucia. Avrei voluto che facesse prima altre esperienze, come per es. avere un fidanzato, un lavoro, in modo da poter confrontare le due realtà e decidere serenamente. Lei invece sentiva fortemente che quella era la sua strada. Ormai sono otto anni che è in focolare, sempre più convinta. Ora sono contenta di averla assecondata: pur essendosi consacrata a Dio, non trascura mai il suo rapporto con tutta la famiglia. «Ringrazio Chiara Lubich e tutta la comunità di cui faccio parte – conclude Tonino –, per aver dato a me e a tutti coloro che condividono il mio stesso pensiero, l’opportunità di rafforzare questo desiderio di unità per seguire un cammino basato sui valori fondamentali della fraternità e dell’amore verso il prossimo.» A cura del Centro internazionale per il dialogo tra persone di convinzioni non religiose (altro…)
Lug 5, 2012 | Chiara Lubich, Chiesa, Spiritualità

Teresa d’Avila
«Ci sono due donne che, a conoscerle meglio, si rivelano in una speciale sintonia con l’obiettivo riformatore di Benedetto XVI più che mai convinto che tutto, nella Chiesa e nella società, debba ripartire da Dio quale migliore garanzia per superare l’attuale crisi culturale, economica e religiosa. Teresa d’Avila e Chiara Lubich hanno speso la propria vita in epoche diverse per questo comune ideale, contribuendo anche con gli scritti a una comprensione più genuina della vita cristiana. Sono due donne che hanno trovato un ampio ascolto nella Chiesa cattolica. Averle presenti oggi nell’urgenza che si avverte di far giungere nuovamente la fede al cuore della gente, è di particolare aiuto. La loro attualità deriva, tra l’altro, dall’essere state entrambe paladine di un rinnovamento spirituale originato nel clima di due importanti concili riformatori: Teresa nell’alveo di Trento (1545-1563) nel secolo del Rinascimento; Chiara confermata nella sua intuizione dal Vaticano II (1962-1965) a metà Novecento. Nella scia di questi concili la santa carmelitana e la fondatrice dei Focolari hanno avviato esperienze di vita cristiana benefiche per tanti fedeli e per l’intera Chiesa. Maestri di spiritualità tra i più accreditati vanno sempre più convergendo nel riconoscere sia l’attualità del pensiero di Teresa e Chiara, sia la complementarietà delle vie da loro proposte per l’imitazione di Cristo e la santificazione nella vita quotidiana. La forza di questo pensiero consiste nella fede vissuta per amore e con amore smisurato per Dio e per il prossimo, l’unico segno davvero efficace per la credibilità del Vangelo agli occhi dei nostri contemporanei.» Fonte: Osservatore Romano on line, 4 luglio 2012 (leggi tutto) Articolo integrale: Bruno Moriconi, “Una spiritualità sempre attuale” Correlati: Jesus Castellano Cervera, Il castello esteriore, Città Nuova Ed., 2011. (altro…)
Lug 4, 2012 | Chiara Lubich, Ecumenismo, Spiritualità
Il Movimento dei focolari ricorda il Patriarca di Costantinopoli Athenagoras I con speciale gratitudine, per il rapporto privilegiato con Chiara Lubich che ha incontrato 25 volte. A quaranta anni dalla sua scomparsa, il Movimento ha promosso momenti di commemorazione ad Istanbul – dove Sua Santità il Patriarca Bartolomeo I ha accolto una folta delegazione –, e a Padova, dove il metropolita d’Italia e di Malta, Gennadios, ha salutato i partecipanti con un messaggio. Chiara Lubich scrisse su Avvenire del 13 gennaio 1972: «Athenagoras può dirsi il prototipo della Chiesa d’Oriente; ma, ravvisando in lui una delle più eccelse personalità cristiane attuali, vi si può scorgere un simbolo della Cristianità intera, sofferente per le secolari divisioni che l’hanno trafitta e anelante alla perfetta unificazione. È una delle figure dell’epoca presente che appartengono ormai alla storia e alla Chiesa (…). È stato questo interesse comune che l’ha spinto un giorno a chiamarmi a Istanbul, avendo saputo che lavoravo con il Movimento dei focolari per l’ecumenismo. Era il 13 giugno 1967. Mi ha accolto come se mi avesse sempre conosciuta. “L’aspettavo!”, ha esclamato e ha voluto che gli narrassi i contatti del Movimento con luterani e anglicani. “È una gran cosa conoscersi – ha commentato – siamo vissuti isolati, senza avere fratelli, senza aver sorelle, per molti secoli, come orfani! I primi dieci secoli del cristianesimo sono stati per i dogmi e per l’organizzazione della Chiesa. Nei dieci secoli seguenti abbiamo avuto gli scismi, la divisione. La terza epoca, questa, è quella dell’amore”. « Mi ha chiesto di mantenere il contatto. Ricordo che non tanto le parole dettemi in quella prima udienza mi avevano impressionato, quanto la sua figura, l’atmosfera sopranaturale che l’avvolgeva e che in genere notano tutti coloro che l’avvicinano. E soprattutto, il suo cuore: un cuore così grande, così profondamente umano da suscitare in me la domanda quanti altri nella vita ne avessi conosciuti così. (…) «In un’altra occasione mi ha mostrato un suo messaggio indirizzato anche in particolare al Movimento dei focolari. Tra l’altro vi si legge: “I tre incontri con Paolo VI a Gerusalemme il 5 gennaio 1964, qui a Istanbul il 25 giugno 1967 e a Roma il 26 ottobre 1967, che costituiscono il segno sorprendente e glorioso del trionfo dell’amore di Cristo e dalla grandezza del Papa, ci hanno definitivamente messo, con fermezza di fede e di speranza, nella via benedetta per la realizzazione della volontà di Cristo, cioè l’incontro di nuovo nello stesso calice del suo sangue e del suo corpo”».
Qualche tempo dopo, parlando di lui, Chiara ha confidato: «C’era un profondissimo rapporto col Patriarca anche perché conoscevo molto bene Paolo VI. Poiché era possibile per me avere un contatto personale col Santo Padre, mi sono trovata ad essere involontariamente un mezzo attraverso cui il Patriarca poteva comunicare ufficiosamente con il Papa.»[1] Due giorni dopo la sua dipartita, Chiara ha scritto una lettera alle giovani generazioni del Movimento dei focolari: «Abbiamo in Cielo un grandissimo protettore del nostro Movimento. L’ultima relazione che mostrai a Lui, due mesi fa, fu quella sulle giornate gen con le impressioni dei partecipanti. Mi disse: “Sai chi sono i gen?” e continuò: “Amo”, alludendo alla canzone “Ama e capirai”. Vorrei che questo fosse il testamento che Egli lascia al nostro Movimento, il continuo appello che Egli ci rivolge ora dal Cielo. Da quando ho saputo che è partito, una domanda mi risuona nell’anima: “Perché cercate tra i morti colui che vive?” (Lc 24,5) Sì, vive e noi lo sentiamo. Parto per essere accanto al suo corpo mortale fino all’ultimo. Lo saluterò per tutti voi. Gli dirò la vostra gratitudine per averci amato così tanto, per aver creduto e operato – fino all’impossibile – per l’unità. Lo pregherò di starci vicino sempre e suggerirci: Ama!»
[1] Da Chiara Lubich; L’avventura dell’unità, Intervista di Franca Zambonini, Torino 1991, p.127
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Lug 4, 2012 | Chiesa, Focolari nel Mondo, Senza categoria
«Sono arrivata a casa da mia madre, poche ore dopo la prima grossa scossa di terremoto. Abbiamo cercato di capire cosa fare, come organizzarci per la notte… ogni pochi minuti ci sembra di dover scappare! E come fare con le persone sole che vivono nel mio stesso palazzo? Con un po’ di coraggio, le invito tutte ad uscire insieme, a sistemarci per la notte presso la palestra comunale vicina, dove la Protezione Civile sta allestendo un Centro di accoglienza. Intorno a noi un centinaio di sguardi persi, bambini e neonati in lacrime, anziani in carrozzella… Taccio, perché chi soffre ha una sensibilità particolare che non ha bisogno di tante parole. Le persone sentono l’amore attraverso piccoli atti concreti. È quello che cerco di fare quella notte. Ma dentro il cuore si spacca in due.Arriva un momento in cui ogni parola sembra inutile: come spiegare che la mia terra – mai si sarebbe detto – ha ingoiato la vita di persone che, fino a ieri, avevano un’esistenza tranquilla e senza troppi sussulti, nonostante la crisi? La terra continua a tremare. Il tempo scorre inesorabile e lentissimo, la notte sembra non finire mai. E così i giorni successivi, ogni attimo… Dopo aver sistemato l’appartamento per la caduta di un mobile e la rottura di altri oggetti di poco valore, convinco finalmente mia mamma ad allontanarsi dalla zona “rossa”, a sistemarsi da mia sorella a circa 150 Km di distanza. Poi una seconda scossa, la mia città natale è ora una città fantasma: molte case distrutte, migliaia le persone che dormono fuori casa, nelle tende o lontano. E la terra continua a tremare. A Modena una maestra racconta: “Questa mattina, mi sono trovata sotto la cattedra a stringere sul pavimento il braccio del bambino che si trovava più vicino a me, e che tremava, mentre gli altri mi chiamavano e io non potevo che dire loro: state tranquilli. Venti secondi sono un soffio, ma possono diventare un’eternità. Qualcuno piange, ma escono tutti dietro a me. Ci si aggrappa a poche cose certe, all’altro che si ha a fianco. In mezzo al giardino, tra gli alberi, i genitori arrivano alla spicciolata, le facce terree che cercano l’unica cosa rimasta salda nel terremoto: le facce dei loro figli.”
Ho negli occhi la tristezza e gli sguardi sconsolati delle persone che conosco del mio paese, degli anziani soprattutto, e dei bambini … e anche dei sacerdoti che non hanno più una chiesa in piedi: Gesù Eucaristia è stato il primo sfollato, da tutti i paesi colpiti. Le chiese di mattoni non ci sono più, ma il primo mattone da ricostruire siamo noi. La domanda a cui rispondere: c’è qualcosa nella vita che non trema? Cosa vuole dirci il Signore con tutto questo? Alle volte la sua è una scrittura “illeggibile”. Ci vuole fede, e se ne basta un pizzico per “spostare le montagne” chiediamo che possa davvero “fermare le pianure”! C’è qualcosa che non trema? Sì, Dio Amore. Tutto può crollare, ma Dio resta. Intanto arrivano messaggi da tutte le parti del mondo, da amici, parenti: siamo con voi, preghiamo per voi, siamo lo stesso corpo e quando una parte soffre tutto il corpo soffre. Sì, siamo una cosa sola e questo dà forza, dà energia e vita nuova! La gente emiliana è forte, tenace e lavoratrice. Ha un profondo senso della solidarietà e della condivisione. Le maestre del mio paese, alcuni giorni dopo la chiusura delle scuole, sono andate nei campi di raccolta e di accoglienza, vestite da pagliacci per fare giocare i loro alunni che avevano passato la notte nelle tende o nelle auto… Stiamo vivendo un tempo di buio, ma c’è anche la speranza che le macerie non siano la parola “fine”.» Sr. Carla Casadei, sfp (altro…)
Lug 3, 2012 | Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni

Máté
Perché partecipi al Genfest? Leandro: “Partecipare al Genfest è stato sempre un sogno,che finalmente può diventare realtà. Voglio entrare nella storia e dire: c’ero anch’io”. Paola: “Ho la convinzione che sarà la punta dell’iceberg di tanta vita! Non uno spot, ma l’espressione di quanto già c’è: un puzzle di vite, potente, che mi ricorderà che non sono sola e che darà coraggio a tutti per continuare a costruire un mondo più unito”. Máté: “Mi sono sposato la scorsa estate con Klari. Il Genfest sarà un’occasione speciale per vivere anche come coppia insieme a tanti altri giovani ed essere dono gli uni per gli altri”. Il titolo Let’s Bridge cosa ha suscitato in te? 
Paola
Leandro: “Costruzione di rapporti, canali di comunicazione. Suscita e mette in moto tutti i mezzi che ho per stabilire un rapporto, che mi spinge verso l’altro”. Paola: “Carica, grinta e speranza!” Máté: “Un ponte é molto grande ed è molto difficile da costruire. Questo titolo mi spinge a non aver paura delle difficoltà: se voglio amare e faccio la mia parte, Dio mi aiuterà, come un ingegnere sopranaturalmente professionale!” Mancano 2 mesi al Genfest: come ti stai preparando e con chi andrai? 
Leandro
Leandro: “Chiedo a Dio nella Messa che tutto vada bene, anche nella preparazione. Dalla regione di San Paolo saremo circa 185”. Paola: “Sono i mesi più intensi e il mio impegno è non far passare giorno senza parlare a qualcuno del Genfest e senza pregare per esso. Tenendo presente però che il Genfest non è il fine. L’obiettivo non è ‘far numero’. La priorità è sempre fissa nell’amare e amare insieme… la caratteristica insomma della nostra vita gen”. Máté: “Mi sto preparando cercando di amare tutti, a cominciare da chi mi sta più vicino: Klari, i colleghi di lavoro, gli amici della squadra di basketball…”. Quale sarà il tuo kit di sopravvivenza nei giorni del Genfest? Leandro: “Zaino, macchina fotografica, qualcosa da mangiare, il mio cellulare connesso alle reti sociali (voglio dire a tutti che sono ad un incontro come questo!) e tante bottiglie d’acqua!” Paola: “Mah, a questo ancora non ci avevo pensato!! Credo che l’intesa con tutti quelli con cui abbiamo lavorato in questi mesi per preparare il Genfest, varranno più di tante parole! Chiara Lubich diceva che non si costruisce nulla di valido senza il sacrificio; e il ricordarci dei giorni vissuti nella preparazione, ci aiuterà nei possibili tentennamenti che verranno e sarà la garanzia che siamo in cordata”. Stralci dell’intervista pubblicata sull’edizione speciale del Giornale Gen 5-6, maggio-giugno 2012.
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The Genfest 2012 project has been funded with support from the European Commission.
This communication reflects the views only of the author, and the Commission cannot be held responsible for any use which may be made of the information contained therein.
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Giu 30, 2012 | Parola di Vita
«A chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha». Quale è dunque il significato di questa frase di Gesù? Egli ci invita ad aprire il nostro cuore alla Parola che è venuto ad annunciarci, e di cui ci chiederà conto alla fine della vita. Gli scritti evangelici ci mostrano come l’annuncio di questa Parola sia al centro di tutti i desideri e di tutta l’attività di Gesù. Noi lo vediamo recarsi di villaggio in villaggio, per le strade, per le piazze, per le campagne, nelle case, nelle sinagoghe ad annunciare il messaggio della salvezza, rivolgendosi a tutti, ma specialmente ai poveri, agli umili, a quelli che erano stati emarginati. Egli paragona la sua Parola alla luce, al sale, al lievito, ad una rete calata in mare, al seme gettato nel campo; e darà la vita perché il fuoco, che la Parola contiene, divampi. «A chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha». Dalla Parola, che egli ha annunciato, Gesù si aspetta la trasformazione del mondo. Di conseguenza, egli non accetta che di fronte a questo annuncio si possa restare neutrali o tiepidi o indifferenti. Non ammette che un dono così grande, una volta ricevuto, possa rimanere inoperoso. E per sottolineare questa sua esigenza, Gesù riafferma qui una sua legge che sta alla base di tutta la vita spirituale: se uno mette in pratica la sua Parola, egli lo introdurrà sempre più nelle ricchezze e nelle gioie incomparabili del suo regno; al contrario, se uno trascura questa Parola, Gesù gliela toglierà e l’affiderà ad altri per farla fruttificare. «A chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha». Questa Parola di vita ci mette in guardia quindi contro una grave mancanza in cui potremmo cadere: quella di accogliere il Vangelo, facendolo magari solo oggetto di studio, di ammirazione, di discussione, ma senza metterlo in pratica. Gesù invece si aspetta da noi che accogliamo la Parola e che la incarniamo dentro di noi, facendola diventare quella forza che informa tutte le nostre attività e così, attraverso la testimonianza della nostra vita, sia quella luce, quel sale, quel lievito che a poco a poco trasforma la società. Prendiamo allora in evidenza durante questo mese una fra le tante Parole di vita del Vangelo e mettiamola in pratica. Arricchiremo la nostra gioia con altra gioia. Chiara Lubich
Pubblicata nel 1996, in
Città Nuova, 1996/12, pp.32-33.
Giu 30, 2012 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
«La mia famiglia vive in Giordania da anni, ma siamo di origine palestinese. Sento sulla mia pelle la tragedia che divide il mio popolo da quello israeliano. Come tutti sanno, la situazione è ancora gravissima. A mio padre, per motivi politici, è vietato da 30 anni tornare in Palestina. Per me è difficile anche semplicemente andare a trovare i miei parenti rimasti a Bethlehem. Alcuni della mia famiglia sono stati in prigione in Israele; altri sono morti a causa della guerra. L’ingiustizia di questa vicenda mi fa male, e siccome la cultura in cui sono nata incoraggia le persone a rispondere alla violenza con la violenza, anch’io avvertivo questa violenza dentro di me e la giustificavo ogni volta che la vedevo negli altri. Sono venuta a studiare in Italia, all‘Istituto universitario Sophia; avevo tante domande… Qui sto facendo una esperienza nuova, forte. Ho scelto l’indirizzo politico e ho cominciato ad entrare in un nuovo scenario: ho scoperto, ad esempio, che il principio della fraternità può essere una vera e propria categoria politica accanto alla libertà e all’uguaglianza. Ho capito che la fraternità è una scelta, una risposta che ripara l’ingiustizia. Qui non si studia soltanto, si dà una grande importanza all’esperienza, e più si vive più si comprende ciò che si studia. (leggi tutto) Fonte: sito ufficiale dell’Istituto internazionale Sophia: http://www.iu-sophia.org (altro…)
Giu 30, 2012 | Senza categoria
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Giu 28, 2012 | Cultura, Focolari nel Mondo, Sociale
Rio +20, la Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile, tenutasi a Rio de Janeiro, Brasile, dal 13 al 22 giugno2012, ha questo nome perché cade a 20 anni di distanza dal “Vertice della Terra” di Rio de Janeiro del 1992. Da allora è stata richiesta la partecipazione di tutti i settori della società, secondo l’idea che lo sviluppo sostenibile non possa essere raggiunto dai soli governi, ma necessiti anche la presenza della società civile. A questi gruppi è chiesto di partecipare in modo attivo e di contribuire concretamente al raggiungimento degli obiettivi della conferenza. La partecipazione del Movimento dei focolari si è svolta con la veste istituzionale dell´Ong New Humanity – che ha lo status consultivo nel Consiglio Economico e Sociale dell´ONU (ECOSOC) –, con il sostegno della casa editrice brasiliana Cidade Nova e del Movimento Umanità Nuova, con i contributi di EdC, Mppu e EcoOne. La delegazione era composta da 28 esperti nel campo dello sviluppo, dell’ecologia, della politica, dell’arte, della comunicazione, dell’economia, dello sport, provenienti da diverse regioni del Brasile, Argentina e Germania. Gli appuntamenti in cui la delegazione è scesa in campo:
- “La forza del business al servizio della società”, conferenza tenutasi il 16 giugno nel “Forum sull’imprenditorialità sociale nella New Economy”, durante un evento parallelo. Si è presentata, tra l’altro, l’Economia di Comunione con l’esperienza dell’imprenditore brasiliano Glaison José Citadin.
- Al Summit dei Popoli (evento promosso dalla società civile in parallelo alla Conferenza Rio +20), il 16 giugno, la scuola di formazione del Movimento Politico per l’Unità (Scuola Civitas), in partnership con altre organizzazioni, ha presentato il Mppu e l’Economia di Comunione.
- Una celebrazione ecumenica promossa dal Consiglio Nazionale delle Chiese Cristiane (Conic), per mettere in luce l’impegno delle chiese cristiane nella salvaguardia dell’ambiente.
- Al side event “The human being: the core of a sustainable city” (L’essere umano, centro di una città sostenibile), il 19 giugno, è stata ripercorsa l’esperienza di oltre 20 anni dell’ONG AVSI nel settore urbano dei paesi in via di sviluppo.
- Infine la partecipazione, dal 20 al 22 giugno, presso il Riocentro Convention Center, alla serie di discussioni e side events in cui la società civile ha affrontato questioni prioritarie nell’agenda internazionale per lo sviluppo sostenibile. Questi eventi si sono verificati in concomitanza con le sessioni plenarie e incontri ufficiali tra i capi di Stato e di governo.
Molti i temi toccati nel quadro dello sviluppo sostenibile: povertà e ambiente, ruolo delle donne, energia alternativa, strategie per combattere il processo di desertificazione, sicurezza alimentare, disoccupazione, accesso alle informazioni, collaborazione scientifica internazionale, popolazioni indigene. E varie sono le considerazioni al termine della Conferenza: perplessità sul documento finale, The Future We Want, per gli obiettivi poco chiari, ma interesse per il coinvolgimento della società civile e del settore imprenditoriale. “La questione della sostenibilità è la più grande opportunità di pensare l’umanità contemporanea nel suo insieme piuttosto che come un mondo frammentato, in conflitto costante e in concorrenza” dichiara Adriana Rocha, brasiliana, artista e pittrice, presidente dell’ONG Afago (São Paulo), membro della delegazione. E Andrés Porta, chimico argentino, professore e ricercatore all’Università de la Plata e membro di EcoOne: “Quello che a mio parere ancora manca è l’ascolto e il dialogo tra le posizioni dei paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo, tra le idee ed i valori del pensiero capitalista e delle popolazioni indigene e di altre minoranze”. Proposta per migliorare: continuare a lavorare con le scuole di formazione dei giovani, come contributo per una base di dialogo anche per gli incontri internazionali su più vasta scala. (altro…)
Giu 27, 2012 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria
Per un dialogo con l’Africa Leggi articolo intero
L’Editoriale di Martin Nkafu Nkemnkia è dedicato all’attuale dibattito sull’Africa. Le rivoluzioni che hanno trasformato alcuni Paesi della fascia mediterranea si aggiungono ai numerosi laboratori politici e sociali che sono in azione nel Continente. La riflessione di Nkafu vuole aprire un dialogo sull’Africa sia con i lettori sia con gli specialisti, a partire dalle crisi istituzionali in atto, guardando alla politica interna e internazionale, e alle migliori forme di collaborazione paritaria possibili per il futuro. La morte come radice della vita È la prospettiva trasmessa dalla riflessione di Anna Fratta, che è stata medico di Chiara Lubich. Una prospettiva fondata non solo sul paradigma costituito da Cristo, morto e risorto, ma che appare inscritto anche in alcuni aspetti del funzionamento biologico dell’essere umano. Leggi l’intervista all’Autrice Focus su Klaus Hemmerle Il teologo Hemmerle (1975-1994), vescovo di Aachen, aveva sviluppato un originale pensiero filosofico e teologico profondamente innestato nel pensiero tedesco degli ultimi due secoli; allo stesso tempo, si era aperto al carisma dell’unità di Chiara Lubich, con la quale strinse un rapporto di rara profondità spirituale, al punto di essere all’origine di una nuova esperienza, in seno al Movimento dei focolari, costituita dal formarsi di un gruppo di Vescovi aderenti alla spiritualità dell’unità. Di Mons. Hemmerle ci parlano Wilfried Hagemann, suo amico fraterno, che tratteggia un ritratto d’insieme della sua figura (Leggi articolo intero) e Viviana De Marco, che approfondisce una della parti più interessanti del suo pensiero, relativa all’originale interpretazione del metodo fenomenologico. Letture Le recensioni riguardano l’ultima opera, L’occhio della mente, di Oliver Sacks (C. Granata) la riflessione sulla costruzione dello Stato italiano di Sabino Cassese (M. Luppi), la presentazione, da parte di Claudio Guerrieri, del libro di Marie Thérèse Henderson, Il velo sottile. Il mistero della musica. (altro…)
Giu 26, 2012 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
Un anno dopo l’inizio dei lavori, in 90 tra giovani e adulti dei Focolari, si ritrovano a Roma per l’assemblaggio dell’evento. Sono autori, produttori, coreografi, costumisti, tecnici, direzione artistica e regia, impegnati da vari mesi nella preparazione del Genfest 2012. A questo punto il programma è chiaro: si delinea durante i tre giorni secondo un percorso che prevede molteplici attività. Da un concerto allo scambio di esperienze e di iniziative, da momenti di preghiera ad un Flashmob, al lancio del progetto United World Project, tutte orientate – come esprime il titolo scelto “Let’s bridge!” – ad un impegno attivo nel costruire ponti di fraternità tra le persone. I 12.000 posti disponibili sono in pratica esauriti. I giovani del Genfest provengono da tutti i continenti, anche se i più numerosi sono gli europei. Significativi i numeri annunciati da Paesi molto lontani dall’Ungheria: fra gli altri, 180 dall’Argentina, 160 dalla Corea. Dal Medio Oriente verranno in 250 e altri 40 dall’Africa. Si moltiplicano ovunque iniziative per raccogliere fondi per coprire le spese di viaggio e di partecipazione. Una comunione dei beni mondiale in atto, permette che siano presenti anche giovani da Paesi più poveri. (http://giovaniperunmondounito.blogspot.it/) Venerdì 31 agosto – Accoglienza ai 12.000 partecipanti sul piazzale dello Sports Arena con stand, spazi artistici e un’area sportiva. La serata sarà trascorsa all’interno dell’Arena con un concerto:
- 21 canzoni originali, scelte tra le 70 composte da giovani di tutto il mondo in risposta al concorso promosso dal Genfest 2012;
- 6 band, da Argentina, Burundi, Costa Rica, Giordania, Italia e Portogallo;
- 1 band formata per l’occasione, con membri provenienti dall’Austria, Brasile, Corea, Filippine, Italia e Slovacchia;
- Su un palco in mezzo al pubblico un DeeJay intramezzerà il programma con i remix inediti delle canzoni storiche dei 9 precedenti Genfest.
Sabato 1° settembre:
- Durante il giorno, all’Arena, si ripercorrono le fasi di creazione di un ponte: “Perché?”, “Fa’ i tuoi calcoli”, “Scavare nel fango”, “Costruire pilastri saldi”, “Raggiungere l’altra sponda”, “Molte vie”.
- Si arriva così al lancio di United World Project, progetto di ampio respiro che in tre fasi ha come obiettivo finale promuovere la creazione di un Osservatorio permanente mondiale sulla fraternità e ottenerne il riconoscimento presso l’ONU.
- La serata vedrà una marcia verso il Danubio che si concluderà con un Flashmob sul Ponte delle Catene, protagonisti i 12.000 partecipanti.
Domenica 2 settembre: Nella piazza della basilica di Santo Stefano, in centro città, Messa cattolica celebrata dal cardinale Péter Erdő, arcivescovo di Budapest. In contemporanea, nelle varie chiese cristiane presenti a Budapest, celebrazioni per i membri delle rispettive chiese. Ai partecipanti di altre religioni e di convinzioni non religiose saranno proposti incontri di scambio, che avranno luogo in uno spazio allestito vicino alla basilica. Saranno 3 i conduttori del Genfest, secondo le 3 lingue ufficiali: un ragazzo ungherese, uno italiano e una giovane keniota per l’inglese. Tutti gli interventi saranno in lingua originale, con traduzione simultanea via radio in 27 lingue. Arrivederci a Budapest e Let’s Bridge! Tu ci sarai? Info: www.genfest.org – Area Stampa
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Giu 23, 2012 | Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
Chiara Lubich ha definito le Gen4 come le “gemmoline” del grande albero del Movimento dei focolari. Nel 1988 ha dato il via a questo evento unico: il loro congresso internazionale. Quest’anno erano più di 400, atterrate senza paura, nonostante l’età, (dai 4 ai 9 anni), da Argentina, Panama, Venezuela e vari paesi dell’Europa. Un vero e proprio congresso: due imprenditori della Cooperativa Loppiano Prima spiegano come vivono per una “nuova economia”e rispondono a varie domande rivolte dalle Gen4. Approfondiscono la vita dei primi cristiani, attraverso giochi e quiz. E poi c’è il grande gioco de “La città invasa dall’Amore”: clown, commesse, quiz, banchieri, sindaco e quant’altro, si ritrovano tutti accomunati da un’unica legge, cercare di “vedere Gesù nel fratello” e capire quali potrebbero essere i bisogni di questa città così particolare.
“Chi mi passa accanto è Gesù” e “L’avete fatto a me”, sono gli slogan di questi giorni. Scanditi da due canzoni composte appositamente per il congresso. La cantano, inventano delle scenette e si crea un mini musical che presentano venerdì mattina, quando la presidente dei Focolari, Maria Voce, viene ad incontrarle. Le fanno alcune domande, ansiose di sapere cosa dirà: “Ciao Emmaus, com’è il Paradiso e com’è l’Inferno?”; “Perché Dio ha creato il mondo?”; “Attraverso la vita dei primi cristiani abbiamo conosciuto i martiri. Anche noi, oggi, dobbiamo diventarlo per Gesù?”; “Come ha capito Chiara che Gesù è fra noi?”; “Potresti spiegarmi cos’è il Focolare?” E altre ancora. Una di loro, il primo giorno ci dice : “Ho nel mio cuore una grande gioia, perché ho sognato che Gesù, veniva in questo congresso, era qui con noi, in mezzo a noi”. Un sogno che si è fatto realtà nei giorni successivi. Nonostante lingue e culture diverse, si capiscono, parlano, inventano giochi da fare insieme, si scambiano doni. Durante la Messa dell’ultimo giorno vengono offerti a Gesù i propri atti d’amore: centinaia di fogli colorati riempiono i cesti posti sul palco. Ci sono anche i cesti dove viene raccolta la loro comunione dei beni per i poveri; il Vangelo che si fa vita.
Prima di andare via, scrivono tante lettere, fanno disegni per Gesù, per Emmaus. Ognuna si esprime a modo suo: “Grazie Emmaus, la giornata di venerdì al Centro Mariapoli è stata fantastica. Spero che il prossimo anno se ci sarà il Congresso a Castel Gandolfo verrai. Questi giorni mi sono divertita molto anche se venerdì ero proprio commossa”. “Sono Miriam del Belgio, ho cinque anni e mezzo ed il mio primo congresso gen4, vengo per la prima volta a Roma!Mi è piaciuto quando ti abbiamo salutato! Mi è piaciuta la giornata passata con te, ho sentito la gioia nel cuore! Tantissimi saluti!”. “Grazie per essere venuta da noi e risposto alle nostre domande! Anche io volevo sapere perché Dio ha creato il mondo e la tua risposta mi è piaciuto molto. Ti saluto con affetto! Eva della Polonia”. Una gen di 5 anni: “Non ho visto mai Chiara, ma lei è nel mio cuore”. Un’altra: “Il 27 Maggio per la prima volta ho ricevuto la Comunione. Quando Gesù è venuto nel mio cuore ho sentito una grande gioia. Adesso sempre quando sono in Chiesa cerco di fare la comunione. Sono molto contenta di essere qui e di amare Gesù sempre, un abbraccio”. “Caro Gesù, io ti voglio un universo di bene! Tu sei il mio migliore Amico!”; “Caro Gesù, vorrei che il congresso iniziasse di nuovo, ma non si può fare., Pensavo che poteva essere noioso e difficile di dormire senza mamma, ma non è stato così!”; “Grazie Gesù, ho fatto tanti atti d’amore, ne ho fatti 7 in tutto. Grazie per la Messa”; “Caro Gesù, ti porterò nella mia città e nel mio cuore, e quando qualcuno litigherà li fermerò”; “Ciao Gesù, ti scrivo dalla terra. L’amore è una cosa importantissima perché tu sei importantissimo. Tu sei il Re della pace e ti vogliamo molto bene perché hai dato la tua vita per noi”; “Gesù, è proprio vero, che in chi mi passa accanto ci sei tu? Ciao, ci vediamo in Paradiso!!!”;“Grazie, Gesù, di questo stupendo congresso, scusami se sono stata un po’ brontolona e un po’ difficile”; “Ti voglio bene Gesù, tanto, e ti vorrei essere sempre accanto e non ti vorrei mai lasciare”. A cura del centro Gen4 (altro…)
Giu 22, 2012 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
“Hanno per protagonisti giovani e ragazzi, famiglie, professionisti, operai, dirigenti, religiose, sacerdoti, che affrontano col Vangelo le situazioni del quotidiano e le sfide della società. Un popolo che crede, vive, muove, coinvolge, nel rispetto delle convinzioni e dell’esperienza altrui, consapevole che ogni persona può dare un contributo alla grande famiglia umana”. Così viene presentato il libro, edito da Città Nuova, a cura di Chiara Favotti. Pubblichiamo, come piccolo ‘assaggio’, una delle storie raccolte in “Una buona notizia, gente che crede, gente che muove”.
«Sono africano e sto studiando nel Nord Italia. Qualche tempo fa avevo letto su una rivista un articolo, in cui l’autore diceva che una “notte” sta pervadendo la cultura occidentale in tutti i suoi ambiti, portando a una perdita degli autentici valori cristiani. Sinceramente non avevo capito molto il senso di questo scritto, finché non mi capitò un fatto che mi fece aprire gli occhi. Era sabato pomeriggio. Alcuni ragazzi, miei vicini di casa, mi propongono di uscire con loro e di trascorrere una serata insieme. Vogliono fare qualcosa di diverso. Siamo in sei o sette. Per iniziare, andiamo a ballare in un locale. All’inizio mi diverto, mi dicono che ho la musica nel sangue, che so ballare bene. Ben presto però mi accorgo che intorno a me alcuni ballano senza alcun rispetto né per se stessi né per gli altri. Non ballano per puro divertimento, ma per lanciare messaggi ambigui. Dentro di me avverto una voce sottile, che mi chiede di andare controcorrente e di ballare con dignità e per amore. Dopo qualche ora, i miei compagni propongono di cambiare locale. Mi fido di loro, in fin dei conti sono miei amici, e accetto. Entriamo in un altro locale. Il tempo di rendermi conto dove sono, tra musica ad altissimo volume, luci psichedeliche e un odore acre che entra forte nel naso, e rimango subito sconvolto. Questa non è una normale discoteca, qui delle ragazze si prostituiscono. Sono molto deluso e arrabbiato. Senza dire una parola mi giro ed esco dal locale. Uno dei miei amici mi insegue. Mi insulta, mi dà del ritardato. Non gli rispondo. Passano pochi minuti, ne esce un altro, questa volta non per insultarmi, ma per darmi ragione. Infine un altro amico si sfila dal locale e anche lui mi dà ragione. Rimango sorpreso, avevo creato una catena di controcorrente. Senza aver parlato né degli ideali cristiani in cui credo, né di Dio, gli altri mi avevano visto e avevano capito. Passa qualche mese. Non pensavo più da un pezzo a quell’episodio. Un giorno un ragazzo, che era stato con noi quella sera, viene da me, mi dice di essersi pentito e di non voler più frequentare quel tipo di locali. Questa esperienza mi ha aiutato a capire più radicalmente la necessità di rischiare e di dire “no” a certe proposte». (Yves, Camerun) Hai anche tu una buona notizia da segnalarci? (altro…)
Giu 20, 2012 | Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
Il giardino del Centro Mariapoli di Castel Gandolfo è un immenso parco giochi disseminato di bandierine, strisce di carta colorata, palloni. Dentro bambini festanti si danno da fare. Si muovono a squadre, tutti insieme, tutti sudati. Ma appena li fermi per chiedere chi sono, da dove vengono, perché sono lì e se sono contenti, ti guardano fissi, fissi negli occhi e ti aprono il cuore senza giri di parole. Con loro ci sono ragazzi un po’ più grandi, i Gen3 e gli assistenti. Ci sono anche mamme e papà. E’ uno squarcio del congresso Gen4 che si è svolto dal 14 al 17 giugno. Erano presenti 400 bambini provenienti da tutta Italia, da diversi Paesi europei ed una ricca e vivace rappresentanza dalla Corea. E’ piaciuto molto lo slogan dell’ incontro: “Un fratello, due fratelli … tanti fratelli”. Perché lo gridano spesso e tutti insieme, ma soprattutto perché lo hanno capito vivendolo in prima persona. Non c’è aria di scuola ma di famiglia. E in effetti l’incontro si svolge a più voci. Anche sul palco, il microfono passa spontaneamente dagli adulti ai bambini, ai ragazzi. Tutti hanno voce in capitolo, dai più piccoli ai più grandi. Tutti danno un contributo: chi nel presentare, chi nel fare i giochi di prestigio, chi nel raccontare, come in una vera famiglia. Anche le focolarine del Centro Mariapoli partecipano a questo grande gioco della vita, raccontando come costruiscono il congresso dietro le quinte. “Una palestra per diventare campioni nell’amare…”. E’ stato l’augurio che Maria Voce ha fatto arrivare ai Gen4 riuniti al congresso. E così è stato. La posta in gioco è alta ma loro ci stanno a percorrere il cammino in quattro tappe: scopriamoci fratelli, diamoci una mano, ricominciamo, incontriamo Gesù in tanti. “Avevo fatto un aquilone di carta ed era venuto molto bene – racconta Nicolà -. Ho incontrato un bambino che non ne aveva, gliel’ho regalato e mi sono sentito felice”. E Marco: “Ero da solo davanti al portiere e invece di fare goal ho passato la palla ad un altro Gen4, perchè lo facesse lui“.
Nelle prime file, ad assistere alle loro giornate ci sono alcuni dei primi compagni di Chiara Lubich, Bruna Tomasi, Marco Tecilla e Bruno Venturini. Ci sono anche i ragazzi più grandi della “Scuola Gen di Loppiano”. Futuro, presente e passato si intersecano con armonia come le radici e la chioma di un albero: a loro i Gen4 pongono domande acute come per esempio quella di Luca di Trento: “Vorrei tanto che non ci fosse più la guerra e la fame, cosa possiamo fare noi Gen4?” O quella di Francesco di Seoul: “Avete incontrato Dio veramente e direttamente nella vostra vita?”. Sul programma, viene indicata la Messa come “incontro con Gesù”. E nel rispetto della liturgia, il sacerdote trova modo e spazio perchè i Gen4 possano presentare i loro atti d’amore, le canzoni animate e ci siano tanti momenti per parlare con Gesù a tu per tu. “Gesù è un punto di riferimento, un amico sempre accanto”, dice serio un Gen4 strappato ad un gioco di squadra. Grande successo infine hanno avuto i molti workshop pensati e ideati con un nuovo approccio alla formazione integrale della persona. “Il consumismo – spiegano i responsabili del Centro Gen4 nel presentare i gruppi di lavoro – (de)forma i bambini fin dai primi anni di vita. Per questo è necessario puntare ad attività che aiutino la persona a diventare protagonista, ad esprimersi in modo creativo, a saper superare degli ostacoli, ad avere accesso alla sua interiorità e a sviluppare il senso del bene comune”. Ed ecco allora le proposte: costruire uno strumento musicale e imparare a suonare; cantare e danzare; sperimentare accostamenti di colori diversi e comporre insieme dei mandala; modellare un pezzo di legno per far nascere un delfino; incantarsi di fronte alle infinite possibilità di comporre dei mosaici e di usare materiali riciclati per costruire aeri, aquiloni e paracaduti. Tornati a casa, i Gen4 hanno lasciato a Castel Gandolfo un segno concreto di amore e di solidarietà: più di 4.000 giocattoli da consegnare a bambini che vivono nelle zone di guerra. (altro…)
Giu 19, 2012 | Focolari nel Mondo
Incontro aperto dei Focolari con Maria Voce e Giancarlo Faletti. (altro…)
Giu 19, 2012 | Centro internazionale, Chiesa, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
“La forte esperienza che l’Irlanda ha vissuto con questo Congresso Eucaristico è una grazia straordinaria che può far cominciare alla chiesa in Irlanda una storia nuova, e in questo siamo tutti protagonisti”, sono le battute finali di Maria Voce all’incontro aperto nella Royal Dublin Society del 16 giugno a Dublino. Poco prima, con Giancarlo Faletti, si erano incontrati con i ragazzi che concludevano nel Congresso Eucaristico il percorso di Run4Unity, portato avanti in particolare nelle scuole. “Qual è il vostro ‘segno matematico’ preferito?” – hanno chiesto i ragazzi. “L’uguale”, ha risposto Maria Voce, “perché in una famiglia, sorelle e fratelli sono tutti uguali”. Giancarlo Faletti ha preferito invece il segno ‘più’: “Ogni persona è un dono di Dio, su ognuno di voi c’è un piano di Dio, e questa è una cosa preziosissima”. Il programma continua con il pomeriggio aperto che vede riunite 300 persone – capienza massima della sala, e gli altri fuori – di cui oltre la metà sono volti sconosciuti ai focolarini irlandesi. Si presentano applicazioni concrete della spiritualità di comunione vissuta nel campo della famiglia, della scuola, della chiesa. Tutto inframmezzato da brani musicali. Ad ogni capitolo segue un momento di dialogo con Maria Voce e Giancarlo Faletti, su come mettere il Vangelo in pratica e rispondere alle molte sfide. “È più facile o più difficile amare il nemico quando si diventa grandi?” domanda una bambina. “Penso più facile – le risponde Maria Voce – perché Dio ha messo una fiammella nel nostro cuore, e la fiammella diventa più grande ogni volta che amiamo. I grandi sono molto aiutati quando vedono un bambino che ama”. Quando la parola va alle famiglie, il discorso tocca la crisi economica: “Come fare a vivere da cristiani di fronte alle difficoltà economiche di molti?”. Maria Voce ricorda l’esperienza di Chiara Lubich all’inizio dei Focolari, a Trento, nella miseria del dopoguerra. Mettendo in moto la forza dell’amore tra le persone, si arrivava a condividere anche i propri beni, o le proprie necessità. Vivendo la frase del Vangelo ‘chiedete e vi sarà dato’, chiedevano e ricevevano. Il problema di uno era il problema di tutti. Nell’amore Dio interveniva. “E questo fa sì che il lavoro e il benessere materiale non diventino un mito, ma un mezzo per amare di più e per far crescere la comunione fra tutti”. L’ultimo round è quello sulla Chiesa e il rapporto con l’autorità. Alla domanda su come vivere l’unità con la gerarchia ecclesiastica, anche di fronte agli scandali degli abusi e alle accuse di copertura, è Giancarlo Faletti a rispondere, ricordando che è l’autorità di Gesù a dover crescere in ogni cristiano. “È stato importante in questo ultimo periodo incontrarmi con molte persone segnate da questa difficile situazione nella chiesa. Ho sentito persone che si sentivano derubate del sacro, che avevano investito tutta la loro vita in un’esperienza di chiesa, e adesso si sentivano traditi. È come aver investito tutto il tuo capitale in una banca, e questa banca fallisce”. “Per me è un appello a vivere in modo più forte il Vangelo – continua –; questo ci consente un dialogo, un clima di amore, che permette anche a chi ha il ministero episcopale di servizio alla Chiesa, di esprimere ulteriormente le sue parole e di guidarne il cammino. L’autorità morale di Gesù vissuta nella Sua parola è di tutti”. Faletti indica l’esempio Santa Caterina da Siena: vissuta in tempi difficili della Chiesa, ha avuto un rapporto diretto col papa, spingendolo a decisioni forti. Ma lo ha potuto fare solo perché la santa ha lasciato “spazio a Dio nella sua vita”. Dall’inviata Maria Chiara De Lorenzo (altro…)
Giu 16, 2012 | Centro internazionale, Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Un luogo di frontiera, Belfast, con il ricordo vivo di una divisione vissuta per anni: i reticolati, i muri, sulle vie principali teatro dei troubles, i disordini degli anni ’70/’90. Proprio sullo scenario di questa storia, dove la lotta politica si è mescolata alla lotta di religione, ha un grande impatto quanto vissuto in questo 14 giugno. Nella Cattedrale di Sant’Anna, cuore della Chiesa d’Irlanda (denominazione ufficiale della chiesa anglicana locale), sono circa 300 le persone che hanno risposto all’invito del reverendo John Mann, Decano della Cattedrale. È stato lui a proporre a Maria Voce di venire a Belfast, estendendo così i confini del Congresso Eucaristico. Erano presenti i leader delle 4 denominazioni cristiane maggiormente rappresentate nell’Irlanda del nord: il presidente Metodista, Rev. Lindsay; il vescovo anglicano di Connor (la diocesi in cui si trova Belfast), Rev. Abernethy; il già moderatore presbiteriano, Rev. Dr Dunlop – che tanto ha operato per la pace nell’Irlanda del Nord; il vescovo cattolico di Down & Connor, Mons. Treanor. Vederli insieme parlava da sé. Importante il patto solenne che hanno sottoscritto con l’impegno ad amarsi reciprocamente come Gesù stesso ci ha amato. Hanno chiesto la grazia dell’unità, di essere capaci di considerare i dolori degli altri come i propri e di condividere le gioie.
Questo “Patto dell’amore reciproco” è stato ripetuto da tutti i presenti. Parla di “sacramento dell’incontro” Ruth Patterson, ministro nella chiesa presbiteriana in Irlanda, per descrivere questo momento: “Mi è sembrato che quanto dicevano stava già succedendo. È un passo avanti verso la riconciliazione”.
Nel suo discorso, Maria Voce ha proposto di vivere una cultura della fiducia, come base per costruire rapporti di fraternità: “In questi giorni ho ascoltato tante storie, conosciuto molte persone. Tanti con le lacrime agli occhi sono venuti a dirmi il desiderio di ripartire da questa fiducia verso l’altro”. Per spiegare come promuovere questa cultura Maria Voce si sofferma su tre elementi, propri della spiritualità dell’unità – l’arte d’amare che si può scoprire nel Vangelo; l’amore reciproco che sboccia in un patto; e Gesù Crocefisso e Abbandonato, modello e chiave dell’amore – costellandoli di testimonianze sia dell’Irlanda che di varie parti del mondo
E come suona tra i presenti la ‘provocazione’ a convertirsi ad una cultura della fiducia? “È il modo per progredire oltre le barriere che ci siamo imposti e che troppo spesso ci circondano” – ha dichiarato il reverendo Mann. Conleth, 14 anni: “Noi giovani non siamo così condizionati dal passato, perciò possiamo vivere per primi la cultura della fiducia verso tutti e su questo costruire una società migliore. Come una fenice che rinasce dalle sue ceneri, vedo in questo una speranza per Belfast e per l’Irlanda del Nord”. “Parto di qui con una grande immensa gratitudine per chi per anni ha vissuto per questa speranza, per chi ha costruito ponti di carità, di rapporto – dichiara il copresidente dei Focolari Giancarlo Faletti. Certamente questa non è un’opera ancora conclusa, ma è un’opera profetica; questo è un luogo simbolo per l’Europa, per l’umanità”. Una di queste persone che ha già vissuto la cultura della fiducia è Gerry Burns. Con la moglie Mary, ad Armoy, un paesino nell’estremo nord dell’Irlanda, a partire dagli anni ’90 ha costituito un’associazione per unire le persone al di là della religione e della politica. Non si sono arresi di fronte alle difficoltà, né quando nel 2000 la loro sede è stata bruciata, né quando venivano visti come traditori dalla loro stessa comunità. Adesso il loro centro è ancora più grande, e le persone convivono pacificamente. Sono molti i progetti in corso. “Dalla spiritualità del focolare – racconta Gerry – abbiamo imparato non solo a superare le differenze, ma che possiamo beneficiare delle diversità”. Dall’inviata Maria Chiara De Lorenzo (altro…)
Giu 16, 2012 | Chiara Lubich, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
«Quando nel 1993 – racconta María Elena González del Paraguay – ascoltai per la prima volta Chiara Lubich parlare sull’Economia di Comunione (EdC), restai molto sorpresa dal fatto che lei invitava a dividere gli utili aziendali in tre parti: per i più bisognosi, per lo sviluppo dell’azienda e per la formazione dei giovani ai valori del progetto basato sulla “cultura del dare” in contrapposizione a quella del solo “possedere”. È stato per me come un maremoto che ha cambiato la mia vita. In quel tempo lavoravo in una banca dove gli utili – come si sa – finiscono nelle mani degli azionisti. Pensai alle mie qualità manageriali delle quali avrei dovuto un giorno rendere conto a Dio e ai fratelli. Allora decisi di partecipare al progetto EdC come il mio modo di dire un “sì” a Dio, mettendo a disposizione le mie capacità in favore di chi mi stava attorno. Ne parlai con i miei quattro figli, ancora adolescenti, e loro mi incoraggiarono ad andare avanti. Non avevo idea da dove cominciare, ma la risposta non si è fatta attendere. Infatti, vedevo attorno a me gli impiegati delle pulizie pagati male, consigliati peggio, non valorizzati… Decisi di iniziare con alcuni di loro un’azienda per le pulizie e trovammo un primo cliente col quale lavoriamo ancora oggi. Il nostro preventivo iniziale non era fatto bene e non bastava per pagare tutti i lavoratori. Ricordo che per tener fede ai contratti assunti, quando concludevo il lavoro in banca, indossavo la tuta e completavo io le pulizie. Per quanto fosse un grande sforzo sentivo dentro la certezza di essere sulla strada giusta.
L’Economia di Comunione mette al centro la persona secondo il principio di fare agli altri quello che ciascuno vorrebbe fosse fatto a sé, cercando – come direbbe Chiara Lubich – che l’amore superi la creatività personale ed il prodotto ottenuto. Certo, non è qualcosa di magico, richiede uno sforzo quotidiano; una ricerca incessante della qualità sotto tutti gli aspetti: amministrativo, operativo, relazionale, della scelta di lavoratori disposti ad aderire a questa visione solidaria dell’economia, ecc. Durante tutti questi anni, nonostante le innumerevoli difficoltà legate alla situazione sociale ed economica del nostro Paese e di tutta la regione, ogni lavoratore ha messo il suo granellino di sabbia e così siamo riusciti a superare ogni momento di crisi. È stato in particolare nei momenti di “tempesta” che ci siamo sentiti sostenuti da Dio, il nostro “socio occulto” – come ci piace chiamarlo – “l’azionista maggioritario dell’azienda”, il quale ci ha indicato passo dopo passo la strada da percorrere, attraverso quella voce interiore, che se uno la vuole ascoltare, è sempre forte e chiara. “Ringrazio tanto la possibilità che mi è stata data di lavorare. Anche mia figlia ha cominciato in Todo Brillo ed ora è stata assunta dalla banca”, racconta Benita S., da 12 anni nell’azienda di pulizie. “Qui mi sento importante – aggiunge M. E. L. Ho avuto tante difficoltà e sempre ho trovato il sostegno dell’azienda e tanta comprensione. I problemi continuo ad averli, ma ora riesco a gestirli. Mi sento cresciuta, vedo e valorizzo il frutto del mio lavoro. Mi sento parte di questa grande famiglia che è Todo Brillo”. Oggi nell’azienda “Todo Brillo” lavorano 600 impiegati e siamo presenti in tutte le città di una certa rilevanza del Paraguay». (altro…)
Giu 15, 2012 | Spiritualità
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„Jesus in der Eucharistie, welche Vermessenheit, welche Kühnheit, von dir zu sprechen, der du in allen Kirchen der Welt die innersten Anliegen kennst, die dir anvertraut werden, die verborgenen Probleme, die Klagen von Millionen von Menschen, die Tränen freudiger Umkehr, um die nur du weißt, Herz der Menschheit, Herz der Kirche. Wir würden lieber nicht von dir sprechen – aus Ehrfurcht vor dieser so großen, unbegreiflichen Liebe – aber gerade unsere Liebe, die jede Furcht besiegen möchte, drängt uns dazu, den Schleier des weißen Brotes, des Weins im vergoldeten Kelch ein wenig zu durchdringen. Verzeih uns diese Kühnheit! Aber die Liebe will erkennen, um noch mehr zu lieben. Wir möchten unseren Weg auf Erden nicht beenden, ohne zumindest ein wenig entdeckt zu haben, wer du bist.” Und wir müssen auch über die Eucharistie sprechen. Denn wir sind Christen und in der Kirche, unserer Mutter, leben und bringen wir das Ideal der Einheit. Kein Geheimnis unseres Glaubens hat aber mit der Einheit so viel zu tun wie die Eucharistie. Die Eucharistie öffnet die Einheit und entfaltet ihren ganzen Gehalt; durch sie vollendet sich die Einheit der Menschen mit Gott und der Menschen untereinander, die Einheit des ganzen Kosmos mit seinem Schöpfer. Gott ist Mensch geworden. Jesus kam auf die Erde. Alles war ihm möglich. Aber es lag in der Logik der Liebe, daß er, der einen solchen Schritt vollzogen hatte, aus der Dreifaltigkeit in das irdische Leben hinein, nicht nur für 33 Jahre auf Erden blieb, auch wenn dieses Leben in göttlicher Weise außerordentlich war. Er fand eine Art und Weise zu bleiben, ja an allen Punkten der Erde durch alle Jahrhunderte hindurch gegenwärtig zu sein in dem Moment, der höchster Ausdruck seiner Liebe ist: Opfer und Herrlichkeit, Tod und Auferstehung. Er ist bei uns geblieben. Seine göttliche Fantasie erfand die Eucharistie. Hier geht seine Liebe bis zum Äußersten. Therese von Lisieux ruft aus: „Jesus, laß mich im Übermaß meiner Dankbarkeit dir sagen, daß deine Liebe bis zum Wahnsinn reicht … “(1) Aber wie kam es dazu? Darüber schreiben Matthäus, Markus, Lukas und Paulus. Lukas schreibt: “Als die Stunde gekommen war, begab er sich mit den Aposteln zu Tisch. Und er sagte zu ihnen: Wie sehr habe ich mir gewünscht, dieses Paschamahl mit euch zu essen vor meinem Leiden! Denn ich sage euch: ich werde es nicht mehr essen, bis das Mahl seine Erfüllung finden wird im Reiche Gottes … Dann nahm er Brot, sprach das Dankgebet, brach das Brot und reichte es ihnen mit den Worten: Das ist mein Leib, der für euch hingegeben wird; tut dies zu meinem Gedächtnis. Ebenso nahm er nach dem Mahle den Kelch und sagte: Dieser Kelch ist der neue Bund in meinem Blut, das für euch vergossen wird“ (Lk 22,14-20). Wäre er nicht Gott gewesen, wie hätte Jesus in so wenigen bedeutungsvollen Worten so neue, unvorstellbare, ja abgrundtiefe Wirklichkeiten ausdrücken können? Sie versetzen uns in Ekstase, weil ihnen gegenüber das menschliche Sein nicht standhält. Jesus, du bist dort, im Tabernakel, du, der einzige, der alles weiß. Du weißt, deine Handlung beim Abendmahl schließt Jahrhunderte der Erwartung ab. Du schaust die unendliche Tragweite deines Wirkens, mit dem du den göttlichen Plan ausführst, den die Dreifaltigkeit vorgesehen hat, jenen Plan, der auf der Erde seinen Anfang nimmt und in die zukünftige Unendlichkeit deines Reiches hineinreicht. Wenn du – so sage ich noch einmal – nicht Gott gewesen wärest, wie hättest du dann so sprechen und handeln können? Doch etwas schimmert durch von dem, was Dein Herz empfand: „Wie sehr habe ich mir gewünscht,” darin liegt unaussprechliche Freude, „vor meinem Leiden” und da umarmen sich Freude und Kreuz, verbinden sich miteinander. Denn was du jetzt tun wolltest, war dein Testament, und ein Testament gilt erst nach dem Tod. Du hast uns ein unermessliches Erbe hinterlassen: dich selbst. Pierre-Julien Eymard sagt: „Auch Jesus Christus will sein Andenken haben, sein Vermächtnis, sein Meisterwerk, das ihn unsterblich macht in den Herzen der Seinen, das fortwährend an seine Liebe zum Menschen erinnert. Er wird es sich ausdenken, es schaffen, es als sein Testament weihen, und sein Tod wird ihm Leben und Herrlichkeit verleihen … Es ist die göttliche Eucharistie.“(2) Dann „sprach Jesus das Dankgebet”. Eucharistie bedeutet: „große Danksagung“’, Die eigentliche Danksagung richtet sich an den Vater, da er die Menschheit geführt und gerettet hat durch sein außerordentliches Eingreifen. Dann nahm er das Brot und den Kelch mit den Worten: „Das ist mein Leib, der für euch hingegeben wird; tut dies zu meinem Gedächtnis. Dieser Kelch ist der Neue Bund in meinem Blute, das für euch vergossen wird.” Das ist die Eucharistie, das Wunder. Die Eucharistie ist nach den Worten von Thomas von Aquin das größte der Wunder Jesu Christi. (3) (Pierre-Julien Eymard sagt) „Alle andern übersteigt es durch seinen Gegenstand, alle überragt es durch seine Dauer. Es ist die fortdauernde Inkarnation, das ständige Opfer Jesu, der brennende Dornbusch, der immer auf dem Altar brennt. Es ist das Manna, das wahre Brot des Lebens, das jeden Tag vom Himmel herabkommt.“(4) Es sind – um mit Ignatius von Antiochien zu sprechen –„aufsehenerregende Geheimnisse, die Gott im Verborgenen gewirkt hat.”(5) Und das II. Vatikanische Konzil erklärt: „Die hl. Eucharistie enthält ja das Heilsgut der Kirche in seiner ganzen Fülle: Christus selbst, unser Osterlamm und das lebendige Brot. Durch sein Fleisch, das durch den Heiligen Geist lebt und Leben schafft, spendet er ja den Menschen das Leben.“(6) Jesus feiert sein Paschamahl als Festmahl. In jedem Haus ist die Stunde des Mahles die Stunde der größten Vertrautheit, der Brüderlichkeit, oft der Freundschaft und des Festes. Das Mahl, bei dem Jesus den Vorsitz führt, wird gefeiert als jüdisches Pascha, das in einer Synthese die ganze Geschichte des Volkes Israel enthält. Das letzte Abendmahl Jesu ist die Erfüllung aller Verheißungen Gottes. Die Elemente, die bei diesem Mahl genannt werden, sind voller Symbolgehalt aus dem Alten Testament. Das Brot als Gabe Gottes und lebensnotwendige Speise galt als Symbol der Gemeinschaft, Erinnerung an das Manna. Der Wein, in der Genesis als „Blut des Weinstocks” bezeichnet (Gen 49,11), wurde in den Opferfeiern dargeboten (Ex 29,40). Er war Symbol der Freude der künftigen messianischen Zeiten (Jer 31,12); der Kelch war Zeichen der Teilnahme an der Freude und der Bereitschaft zum Leiden (Ps 80,6). Er erinnerte an den Bund mit Mose (Ex 24,6). Brot und Wein hatte die Weisheit ihren Jüngern versprochen (Spr 9,1-6). Wie ein jüdisches Familienoberhaupt wiederholt Jesus in seinen Gesten und im „Danksagungsgebet“ den Ritus der Israeliten. Aber dieses Mahl ist unbeschreiblich neu und verschieden im Vergleich zum jüdischen Ostermahl. Das Mahl Jesu wird im Zusammenhang mit seinem Leiden und Tod gefeiert und in der Eucharistie nimmt er zeichenhaft und real sein Erlösungsopfer vorweg: er ist dabei Priester und Opfer. Paul VI. drückte dies am Gründonnerstag 1966 so aus: “…Wir dürfen nicht vergessen, daß das Mahl… ein Gedächtnisritus war. Es war das Ostermahl, das sich alljährlich wiederholen mußte, um den künftigen Generationen die Erinnerung an die Befreiung des jüdischen Volkes aus der Knechtschaft Ägyptens unauslöschlich einzuprägen… Das Alte Testament entfaltet sich in der Treue zum Gedächtnis an jenes erste Osterfest der Befreiung. Jesus ersetzt an jenem Abend das Alte Testament durch das Neue. ‘Das ist mein Blut’, sagt er, ‘das Blut des neuen Bundes’ (Mt 26,28); an das alte geschichtliche und vorausdeutende Ostern knüpft er sein Ostern an… “(7) Athanasius schreibt in bezug auf dieses Osterfest des Neuen Testaments: ” … Nachdem der Feind, der Tyrann der ganzen Welt, besiegt wurde, haben wir Anteil, meine Geliebten, nicht an einem zeitlichen Fest, sondern an dem ewigen und himmlischen. Wir zeigen dies nicht in Bildern, sondern vollziehen es wirklich.“(8) Er sagt weiter, daß wir es nicht mehr feiern, indem wir das Fleisch eines Lammes essen, sondern „wir essen das Wort des Vaters…“(9) Für Athanasius bedeutet das Essen von Brot und Wein, die Leib und Blut Christi geworden sind, Ostern feiern, d.h. aufs neue Ostern leben. Die Eucharistie ist ja das Sakrament der Gemeinschaft mit dem österlichen Christus, mit dem Christus, der tot war und auferstanden ist, der hinübergegangen ist (Pascha heißt Vorübergang), der eingetreten ist in eine neue Phase seiner Existenz, in die Herrlichkeit zur Rechten des Vaters. Jesus in der Eucharistie empfangen bedeutet also, bereits von diesem irdischen Leben an teilzuhaben an seiner Gemeinschaft mit dem Vater. (10) Und die Worte Jesu: “Von jetzt an werde ich nicht mehr von der Frucht des Weinstocks trinken bis zu dem Tag, an dem ich von neuem mit euch davon trinken werde im Reiche meines Vaters” (Mt 26,29), diese Worte, die der bekannte Exeget Benoit als eine “Verabredung im Himmel” auffaßt, geben der Eucharistie den Charakter eines Mahles, das seine volle Verwirklichung nach unserer Auferstehung erhalten wird. Johannes hat seine eigene Weise, von Christus als dem Brot des Lebens zu sprechen. Er berichtet im 6. Kapitel seines Evangeliums, daß Jesus nach der Brotvermehrung und nachdem er auf dem Wasser gegangen war, in der großen Rede in Kapharnaum unter anderem sagt: “Müht euch nicht um die Speise, die verdirbt, sondern um die Speise, die bleibt für das ewige Leben, und die euch der Menschensohn geben wird. Denn ihn hat Gott, der Vater, mit seinem Siegel beglaubigt” (Joh 6,27). Wenig später stellt Jesus sich selbst als das wahre Brot dar, das vom Himmel herabgekommen ist und im Glauben angenommen werden muß: “Ich bin das Brot des Lebens. Wer zu mir kommt, wird nie mehr hungern, und wer an mich glaubt, wird nie mehr durstig sein” (Joh 6,35). Er erklärt dann, wie er Brot des Lebens sein kann: “ Das Brot, das ich geben werde, ist mein Fleisch für das Leben der Welt …” (Joh 6,51 b). Jesus versteht sich bereits als Brot. Das also ist der letzte Grund seines Lebens hier auf der Erde: Brot zu sein, um gegessen zu werden, um uns sein Leben mitzuteilen. “So aber ist es mit dem Brot, das vom Himmel herabkommt: Wenn jemand davon ißt, wird er nicht sterben. Ich bin das lebendige Brot, das vom Himmel herabgekommen ist. Wer von diesem Brot ißt, wird in Ewigkeit leben” (Joh 6, 50-51). Wie kurzsichtig ist unser Blick gegenüber der Sicht Jesu! Er, der Unendliche, der aus der Ewigkeit kommt, hat ein Volk mit Wundern und Gnaden umgeben, er hat seine Kirche aufgebaut und wendet sich nun der Ewigkeit zu, wo das Leben nicht aufhören wird. Wir hingegen beschränken unseren Blick meist auf das Heute, vielleicht noch auf das Morgen dieser unserer kurzen Probezeit, und ängstigen uns um Kleinigkeiten. Wir sind blind im Höchstmaß, ja blind, auch wir Christen. Vielleicht leben wir unseren Glauben, aber ohne volles Bewußtsein. Wir verstehen Jesus, wenn er Worte des Trostes spricht oder eine Weisung gibt, aber wir sehen nicht den ganzen Jesus! “Im Anfang war das Wort”, dann die Schöpfung, dann die Menschwerdung; dann gleichsam eine zweite Inkarnation durch den Heiligen Geist in der Eucharistie, die uns im Leben als Nahrung dient auf dem Weg, dann das Reich mit ihm: wir, vergöttlicht durch seine Person, durch sein Fleisch und Blut, die Eucharistie geworden sind. Wenn man die Wirklichkeit so sieht, bekommt alles seinen richtigen Wert. Alles ist auf die Zukunft ausgerichtet, die wir erreichen, wenn wir, – so gut wir können – versuchen, schon hier die Realität des Himmels zu leben, wenn wir für die Brüder und für die Menschheit da sind mit einer Liebe, die der Liebe Jesu ähnlich ist, der in die Welt kam und Gutes tat. Welch ein Abenteuer wird das Leben in dieser Perspektive! Die Pharisäer diskutieren und Jesus antwortet, erklärt; bestätigt nochmals: “Wer mein Fleisch ißt und mein Blut trinkt, der bleibt in mir und ich bleibe in ihm. Wie mich der lebendige Vater gesandt hat und wie ich durch den Vater lebe, so wird jeder, der mich ißt, durch mich leben” (Joh 6,56). “Der bleibt in mir und ich bleibe in ihm. Hier vollendet sich die Einheit zwischen Jesus und dem Menschen, der sich von ihm, dem Brot, nährt. So vermittelt er dem Menschen die Fülle des Lebens, das in Jesus ist, und das er vom Vater bekommt. Damit verwirklicht sich das Innewohnen des Menschen in Jesus. Albertus Magnus schreibt: “Christus hat uns umarmt in einer Überfülle der Liebe, denn er hat uns so sehr mit sich vereint, daß er selbst in uns ist, daß er in unser Innerstes eindringt… Die Liebe Gottes bewirkt eine Ekstase: mit Recht sagt man dies von der Liebe Gottes, denn sie bringt Gott in uns und uns in Gott. Der griechische Ausdruck ‚ekstasis‘ entspricht dem lateinischen ‚translatio‘, das ist ‚Herausführung‘. Jesus sagt ja: ‘Wer mein Fleisch ißt und mein Blut trinkt, bleibt in mir und ich in ihm’ (Joh 6,57). Er sagt: ‘der bleibt in mir’, d.h. er wird aus sich herausgeführt. Und ‘ich bleibe in ihm’, d.h. ich werde aus mir herausgeführt…. Dies vermag seine Liebe zu wirken, die in uns eindringt und uns an sich zieht, und uns nicht nur anzieht, sondern uns mitreißt, und er dringt in uns ein bis ins Mark.“(12) In diesem wunderbaren Kapitel des Johannesevangeliums bekräftigt Jesus: “Das Brot, das ich geben werde, ist mein Fleisch für das Leben der Welt” (Joh 6,51). Und weiter: “Wer mein Fleisch ißt und mein Blut trinkt, hat ewiges Leben und ich werde ihn auferwecken am letzten Tag” (Joh 6,54). „… für das Leben der Welt.” Die Eucharistie dient also schon in dieser Welt dazu, das Leben zu schenken. Aber was ist das Leben? Jesus hat es gesagt: „Ich bin das Leben” (Joh 11,25; 14,6). Durch dieses Brot nährt er uns mit sich selbst – schon jetzt. „Und ich werde ihn auferwecken am letzten Tag.” Die Eucharistie gibt Leben auch für die zukünftige Welt. Aber was ist die Auferstehung? Jesus hat es gesagt: “Ich bin die Auferstehung” (Joh 11,25). Er ist es, der in uns sein unsterbliches Leben beginnt, das mit dem Tod nicht endet. Auch wenn der Leib vergänglich ist, das Leben, Christus, bleibt in der Seele wie im Leib als Prinzip der Unsterblichkeit. Ein großes Geheimnis ist die Auferstehung/ für alle, die mit menschlichen Maßstäben rechnen. Aber es gibt eine Lebensweise, durch die das Geheimnis weniger unverständlich wird. Wenn wir das Evangelium aus der Perspektive der Einheit leben, erfahren wir z.B., daß die Verwirklichung des Neuen Gebotes Jesu, der gegenseitigen Liebe, zu einer brüderlichen Einheit unter den Menschen führt, die selbst die menschlichen, natürlichen Bindungen übersteigt. Dieses Ergebnis, diese Eroberung, wird dadurch bewirkt, daß man den Willen Gottes tut. Jesus wußte, daß wir, wenn wir seinen unermeßlichen Gaben entsprechen, nicht mehr seine “Knechte” oder “Freunde” sind, sondern seine “Brüder” und Brüder untereinander, weil wir mit seinem eigenen Leben genährt werden. Um diese besondere Art von Familie anzudeuten, gebraucht der Evangelist Johannes ein eindrucksvolles Bild: Weinstock und Reben (Joh 15). Dieselbe Lymphe, wir können sagen: dasselbe Blut, dasselbe Leben, d.h. dieselbe Liebe (die Liebe, mit der der Vater den Sohn liebt), wird uns mitgeteilt (vgl Joh 17,23) und kreist zwischen Jesus und uns. Wir werden blutsverwandt, ein Leib mit Christus. Im wahrsten und übernatürlich tiefsten Sinn nennt Jesus also seine Jünger nach seiner Auferstehung “Brüder” (Joh 20,17). Und der Verfasser des Hebräerbriefes bestätigt, daß der auferstandene Jesus “sich nicht scheut, sie Brüder zu nennen” (Hebr 2,11). Ist nun diese Familie des Gottesreiches einmal aufgebaut, wie kann man da noch an einen Tod denken, der das Werk eines Gottes zerstört, mit allen schmerzlichen Konsequenzen, die sich daraus ergeben? Nein! Gott konnte uns keiner Sinnlosigkeit gegenüberstellen! Er mußte uns eine Antwort geben. Und er hat sie uns gegeben, als er uns die Wahrheit von der Auferstehung des Fleisches offenbarte. Sie ist für den Gläubigen fast kein dunkles Glaubensgeheimnis mehr, sondern eine logische Folge des christlichen Lebens. Sie weckt in uns die unendliche Freude, zu wissen, daß wir uns alle wieder zusammenfinden werden mit jenem Jesus, der uns in solcher Weise vereint hat. Die Offenbarung spricht weiter über die Eucharistie in der Apostelgeschichte. Die Urkirche ist Jesus äußerst treu in der Verwirklichung seines Wortes: “Tut dies zu meinem Gedächtnis.” Von der ersten Gemeinschaft in Jerusalem heißt es ja: „Sie hielten an der Lehre der Apostel fest und an der Gemeinschaft, am Brechen des Brotes und an den Gebeten” (Apg 2,42). Und über das missionarische Wirken von Paulus wird berichtet: „Als wir am ersten Wochentag versammelt waren, um das Brot zu brechen, redete Paulus zu ihnen, denn er wollte am folgenden Tag abreisen; und er dehnte seine Rede bis Mitternacht aus. Dann… brach er das Brot und aß und redete mit ihnen bis zum Morgengrauen. So verließ er sie“ (Apg 20,7‑11). Auch in seinem ersten Brief an die Korinther zeigt Paulus seinen glühenden und sicheren Glauben an Leib und Blut Christi, wenn er schreibt: “Ist der Kelch des Segens, über den wir den Segen sprechen, nicht Teilhabe am Blut Christi? Ist das Brot, das wir brechen, nicht Teilhabe am Leib Christi?“ (1Kor 10,16) Und er beschreibt weiter die Wirkung dieses geheimnisvollen Brotes in denen, die es empfangen: „Ein Brot ist es. Darum sind wir viele ein Leib; denn wir alle haben teil an dem einen Brot” (1Kor 10,17). Ein einziger Leib! Johannes Chrysostomos kommentiert: „…Wir sind dieser selbe Leib. Was ist denn das Brot? Leib Christi. Und was werden jene, die davon essen? Leib Christi. Nicht viele Leiber, sondern ein einziger Leib. Wie nämlich das Brot solchermaßen eins ist, daß man die Körner nicht mehr unterscheidet,… so sind wir eng verbunden: untereinander und mit Christus” (13). Jesus, du hast Großes vor mit uns und du verwirklichst es durch die Jahrhunderte: uns einszumachen mit dir, damit wir dort sind, wo du bist. Für dich, der du aus der Dreifaltigkeit auf die Erde gekommen bist, war es der Wille des Vaters, dorthin zurückzukehren. Aber du wolltest nicht allein dorthin zurückkehren, sondern zusammen mit uns. Und so der lange Weg: von der Dreifaltigkeit zurück zur Dreifaltigkeit, durch Geheimnisse von Leben und Tod, Schmerz und Herrlichkeit. Wie gut, daß die Eucharistie auch “Danksagung” ist! Nur durch sie können wir dir in angemessener Weise danken. Chiara Lubich[:es]
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Giu 14, 2012 | Spiritualità
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Giu 14, 2012 | Focolari nel Mondo
Curryhills (Prosperous, Kildare) – Un dialogo a 360° sui temi che più stanno a cuore al popolo irlandese. Il futuro e le nuove generazioni, la crisi della leadership, la realizzazione della persona umana e l’esperienza del fallimento, il dialogo. E poi sempre più a fondo fino a toccare il rapporto con la Chiesa e con le sue istituzioni gerarchiche, che si è inasprito in tutto il Paese a seguito dello scandalo per l’abuso sui minori. Siamo alla Mariapoli Lieta, a 35 km da Dublino. È qui che Maria Voce, dopo essere intervenuta al Congresso Eucaristico, insieme a Giancarlo Faletti, incontra alcuni gruppi di persone vicine ai Focolari in Irlanda: i responsabili dei vari aspetti del Movimento, un centinaio di persone della comunità, le e i focolarini. Tre occasioni per sperimentare quel clima di famiglia che qui in Irlanda emerge così evidente. All’inevitabile domanda sul rapporto con la Chiesa, che in Irlanda a causa degli scandali ha subito un contraccolpo doloroso e pervasivo, Maria Voce risponde allargando l’orizzonte, e ricorda l’esperienza di Chiara Lubich. In un periodo in cui il Movimento dei Focolari era sotto studio da parte delle autorità ecclesiastiche, e il carisma donato dallo Spirito Santo non veniva riconosciuto, Chiara ha continuato a considerare la Chiesa come una madre, anche negli anni della più grande sofferenza personale. “In lei c’era questo amore di figlia, che le permetteva di accogliere anche i momenti di sofferenza e di viverli con fiducia, e di aiutare tutti quelli che la seguivano a vivere così, e di conseguenza anche tutti noi”. E continua, riportando l’attenzione all’oggi, e all’impegno personale di ciascuno: “Noi sentiamo questo dolore perché ci sentiamo figli. E a tutti fa soffrire sentire dire di tua madre che è brutta, non capisce niente, non sa stare al passo con i tempi. Ci sentiamo feriti nella nostra stessa carne, non in quella di qualcun altro. È quindi una famiglia che soffre per questi difetti, ma che cerca di curarli. Questa ‘cosa brutta’ devo farla diventare bella io con la mia vita. Stando dentro e non scappando fuori. Soffrendo insieme e vivendo perché diventi più bella”. L’invito di Maria Voce è quindi a credere, con Chiara Lubich, che Dio è all’Opera nella sua Chiesa, al di là del nostro essere incapaci di corrispondere. E ribadisce il copresidente, Giancarlo Faletti: “Venendo qui ci siamo resi ancora più conto della grande sofferenza di questo momento, che è anche la vostra. È sacra. Sentiamo dentro di noi il grido di Gesù abbandonato. In questi sbagli, in questi errori c’è proprio Lui”. Suggerisce anche, con decisione, di non prendere per buono solo tutto quello che dicono i mezzi di comunicazione, ma di andare a fondo nel documentarsi, e poi lavorare per la verità. “Forse l’ideale dell’unità è arrivato in Irlanda proprio per questo”, azzarda in finale. Ma “solo stando sulla Croce saremo capaci di dire la verità”, “raggiungendo il cuore delle persone… e portando un filo di vita in questo specialissimo momento”. “Anche se tremano le strutture tradizionali, questo non ci deve spaventare – conclude Faletti – casomai deve mettere in evidenza il primato della vita, la necessità della comunione”. “In questi giorni stiamo fa
cendo insieme un viaggio per capire come essere più chiesa – afferma David Hickey responsabile con Juanita Majury dei Focolari in Irlanda – Oggi abbiamo cominciato un approfondimento che vogliamo portare avanti”. E aggiunge Juanita: “La partecipazione dei Focolari al Congresso Eucaristico si colloca in questa realtà di fede. Credere che abbiamo qualcosa da dire e da dare. Lo facciamo perché amiamo la Chiesa”. Proprio in questi giorni il cardinale Marc Ouellet, legato pontificio per il 50° Congresso Eucaristico internazionale, ha fatto un pellegrinaggio a un santuario storico irlandese, sull’isola di Lough Derg, chiamato “Purgatorio di San Patrizio”. Per i pellegrini, da più di 1000 anni, rappresenta un luogo di riconciliazione. Su quell’isola, il cardinale Marc Ouellet ha incontrato un gruppo di vittime di abusi sessuali. Ha parlato con loro e ha pregato con loro: “Sono venuto qui con la specifica intenzione di chiedere perdono, a Dio e alle vittime, per il grave peccato degli abusi sessuali sui minori. A nome della Chiesa chiedo ancora una volta perdono – ha detto durante la sua Omelia. Ripeto quanto il Papa ha scritto nella lettera ai cattolici irlandesi: “E’ comprensibile che troviate difficile perdonare o essere riconciliati con la Chiesa… Allo stesso tempo vi chiedo di non perdere la speranza”. Prosegue in questa direzione l’ultima domanda della serata: ‘Fallire può essere costruttivo così come riuscire. Che importanza ha l’esperienza dei limiti personali?’ Risponde Maria Voce, “Guai a noi se pensassimo di non sbagliare. Anche l’esperienza dello sbaglio ci fa bene, e ci fa capire meglio gli sbagli degli altri, ci dà la capacità di amare. Ovviamente li dobbiamo evitare, ma senza presumere che ci riusciremo. Senza lasciarci scoraggiare, altrimenti vuol dire che non ci fidiamo dell’amore di Dio. Perché pensiamo che Lui ci misuri come noi misuriamo gli altri, mentre il Suo amore (a differenza del nostro) è infinito”. Ricorda le fabbriche di tappeti di Istanbul, dove ha imparato una cosa: “Le donne che li fanno lasciano sempre un errore, per mostrare che solo Dio è perfetto. Un tappeto perfetto con un piccolo errore”. È la metafora della condizione umana, creature meravigliose, ma fragili e imperfette. Questo ci permette di fare esperienza dell’amore di Dio che va oltre i nostri limiti. Dall’inviata Maria Chiara De Lorenzo (altro…)
Giu 14, 2012 | Focolari nel Mondo
Incontro Ecumenico – 14 giugno 2012 (altro…)
Giu 13, 2012 | Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità

Kevin McKeague e David McConkey
Kevin McKeague e David McConkey sono due dirigenti scolastici che da anni lavorano insieme a diversi progetti. Fin qui tutto ok. Ma la cosa interessante è che il prof. McKeague dirige una scuola cattolica, e il prof. McConkey una scuola protestante, e se vivi a Belfast, nell’Irlanda del Nord, non è proprio la stessa cosa. Le due comunità, per anni, sono state separate, in distinte aree della città, e negli anni dei disordini hanno vissuto nel terrore. “Ho sentito dire da Chiara Lubich che tra i princìpi della rivoluzione francese, il meno sviluppato è la fraternità. Ho visto nel mio incontro con David un’opportunità per costruire ponti e portare nelle nostre comunità un’iniezione di amore” – dichiara il preside McKeague. E i fatti lo dimostrano: nel 2009, in un momento in cui, grazie agli accordi politici, si viveva un momento di pace, improvvisamente la scuola protestante viene attaccata. Nessun ferito, ma grossi danni. I primi a reagire sono proprio gli studenti della scuola cattolica, che organizzano un concerto, “Tutti per tutti”, con l’aiuto dei ragazzi del Movimento dei focolari, poi una manifestazione pacifica a Stormont, la sede del Parlamento Nord Irlandese, e l’incontro di una delegazione mista con la Commissione Parlamentare per l’Educazione. “In seguito a questa testimonianza di unità – racconta il preside McConkey – il Ministero dell’Educazione, che per motivi economici non voleva finanziare la ricostruzione della scuola, ha infine deciso di ricostruirla immediatamente: l’unica scuola nell’Irlanda del Nord a ricevere fondi in quell’anno”. 
Rev Brendan Leahy
La platea che li ascolta è quella riunita per un workshop sull’ecumenismo, nella giornata dedicata a questo tema, durante il Congresso Eucaristico internazionale, in corso a Dublino dal 10 al 17 giugno 2012. Ma di quale ecumenismo si tratta? Lo ha ricordato Brendan Leahy, docente di Teologia sistematica al St Patrick College di Dublino, e membro dell’Irish Inter-church Meeting, introducendo la serata. “Ci sono molti modi per entrare nello ‘spazio’ dell’ecumenismo” – ha affermato, ricordando l’etimologia greca del termine oikumene che contiene la radice della parola “casa” (oikos) – “ L’ecumenismo è costruire insieme una ‘casa’ nell’unica Chiesa di Cristo”. Dialogo ecumenico come vita, quindi e prima di tutto. Partendo dai tesori che i cristiani hanno in comune: le Scritture, il Credo, gli scritti dei Padri della Chiesa, i doni dello Spirito, la testimonianza del Vangelo vissuto. Un ecumenismo basato soprattutto sul considerare l’altro come “parte di me”, come ha scritto Giovanni Paolo II nel 2001, e sul lasciar vivere lo stesso Cristo tra coloro che sono riuniti nel suo nome (Mt. 18,20). E di esempi di vita ecumenica è stata costellata la serata. Oltre alla toccante testimonianza dei due presidi nordirlandesi, ha preso la parola la Rev. Bronwen Carling, sacerdote donna della Chiesa di Inghilterra. Vive adesso a Tipperary, in Irlanda, e anima un gruppo di persone di diverse denominazioni cristiane che si riuniscono periodicamente per un approfondimento e uno scambio sulla Sacra Scrittura, quello che nel Movimento dei focolari si chiama gruppo della “Parola di Vita”: “Cercando di vivere insieme il Vangelo di Cristo abbiamo scoperto di non essere così diversi. Abbiamo scoperto l’importanza dell’ascolto reciproco. È questo che mi ha permesso di partecipare oggi ad un evento così ‘cattolico’”.
La condivisione tra singoli diventa poi condivisione tra gruppi, ed ecco che alcuni portavoce di Movimenti e Comunità di diverse chiese, presenti a Belfast, raccontano la loro esperienza di “Insieme per l’Europa”: sono la Comunità di Corrymeela, di Sword of the Spirit, de l’Arche e il Movimento dei Focolari. “Abbiamo sentito che questa iniziativa che riunisce oltre 250 movimenti e comunità cristiane d’Europa per il futuro del continente, era fatta proprio per l’Irlanda del Nord”. Ed è così che già nel 2007 si svolge un primo appuntamento nella Chiesa d’Irlanda, con 120 partecipanti di 7 diverse chiese. Una luce di speranza che si accendeva a Belfast. E da lì il cammino è continuato, fino ad arrivare allo scorso 12 maggio 2012, quando proprio a Stormont, si sono riuniti oltre 400 ragazzi, provenienti da scuole della Repubblica d’Irlanda e dell’Irlanda del Nord, per correre la staffetta mondiale “Run4Unity” come segno di speranza e di pace. Per arrivare a questo appuntamento le 4 comunità hanno lavorato insieme, coinvolgendo le scuole, e approfondendo la conoscenza reciproca, anche attraverso alcuni weekend nello splendido scenario di Corrymeela, una comunità che ha come scopo proprio l’ecumenismo, la pace e la riconciliazione. “La condivisione tra noi è diventata sempre più profonda, con un forte senso di comunione. Al punto che il nostro stare insieme mi sembrava un’eco dell’ultima Cena, la Cena del Signore, la santa Comunione”, racconta il rev. David Godfrey, accompagnato dalla moglie Heather. Anche Thomas Kerr, della comunità de L’Arche, dove vivono insieme persone con diverse abilità, sottolinea un momento speciale vissuto in questi weekend: il gesto di lavare i piedi gli uni agli altri. Questo, insieme al patto finale di “amarsi reciprocamente come Gesù ci ha amato” ha suggellato il cammino percorso fin lì dai vari movimenti.
E poi avanti: dopo questa serata al Congresso Eucaristico “si fa più chiara la coscienza che l’ecumenismo non è per gli specialisti, ma possiamo viverlo, nel dialogo della vita, dovunque siamo”. Sono parole – quelle di Renate Komorek, dei Focolari, moderatrice del workshop – che fanno eco a quanto vissuto poche ore prima nell’Arena dell’RDS, dove erano intervenuti il Priore di Taizé Frère Alois, e la presidente dei Focolari, Maria Voce, sulla “Comunione in un solo Battesimo”. “Non bastano le conclusioni e le prese di posizione anche avanzate tra i teologi, se poi il popolo non è preparato – ha affermato Maria Voce, fino ad osare: Uniti da questa spiritualità, vorremmo essere lievito tra tutte le Chiese e contribuire ad accelerare il loro cammino verso la piena comunione anche visibile, anche eucaristica”. Dall’inviata Maria Chiara De Lorenzo (altro…)
Giu 13, 2012 | Focolari nel Mondo
Viaggio di Maria Voce e Giancarlo Faletti, 10-17 giugno 2012 (altro…)
Giu 12, 2012 | Spiritualità
Una delle quattro conversazioni tenute da Chiara Lubich tra il 1976 e il 1977. I temi sono stati raccolti nel volume L’Eucaristia, pubblicato da Città Nuova nel 1978. Leggi tutto il testo – sito Centro Chiara Lubich (altro…)
Giu 12, 2012 | Chiara Lubich, Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
In una giornata soleggiata si è svolto, il 9 giugno, il Convegno “Chiara d’Assisi e Chiara Lubich: due carismi in comunione”, evento che viene ad arricchire l’Anno Clariano con cui si vuole fare memoria, nell’VIII centenario, della conversione e consacrazione a Dio di Chiara di Assisi. E attestare l’attualità del suo fascino. Da qui il voler approfondire il rapporto, meglio la comunione fra il carisma di Chiara di Assisi e di Chiara Lubich. Di grande interesse, quindi, la tavola rotonda introdotta dalle parole del sindaco Claudio Ricci e del vescovo di Assisi, mons. Domenico Sorrentino. Una declinazione del tema a più voci. Il prof. P. Pietro Maranesi, OFM Cap., ha riflettuto con passione su “Francesco e Chiara: un carisma, due volti”, sulla dimensione profetica e rivoluzionaria che, di per sé, contesta le consuetudini di un’epoca. Sulla novità dirompente di categorie quali la “misericordia” e la “condivisione” che emergono dalla “conversione” di Francesco. Sul “viaggio” spirituale di Chiara che scopre la sua identità nel “volto” di Francesco: “… senza quel volto io non avrei un volto. Ho trovato Dio attraverso di lui”. Una apertura profetica la loro che, nella società medievale, porta a scoprire l’altro come via per arrivare a Dio. Altri tempi ma stessa operazione quella compiuta da Chiara Lubich. Lo dimostra la prof. Sr. Alessandra Smerilli, F.M.A, con “Il riflesso dei carismi nella storia e nella società”. La realtà di un carisma non è solo “grazia”, “gratuità”, ma sono “occhi che, in coloro che vivono un disagio, vedono qualcosa di bello e grande”. Da qui il fatto che i carismi diventino “apripiste nella frontiera dell’umano che spingono i suoi paletti sempre più in avanti” nella ricerca e nell’impegno. Essi, ancora, sono vie per l’emergere del femminile.
Così è per le due Chiara: quella di Assisi riesce a far approvare nella sua regola l’inedita “altissima povertà”. Quella di Trento immette nella chiesa la grande novità che a presiedere un movimento ecclesiale, con dentro tutte le vocazioni, sia sempre una donna. Con realizzazioni laiche, squisitamente civili (come l’Economia di comunione) che dicono quanto i carismi, ieri come oggi, siano dei volani che contribuiscono ad una società più “umana e bella”. La bellezza, l’estetica, infatti, è insita nell’agire di un carisma. “Chiara d’Assisi e Chiara Lubich: la comunione tra due carismi come sorgente di luce” è il tema di Lucia Abignente del Movimento dei focolari. Il rapporto tra queste due grandi figure di donna si iscrive in quella visione ampia che la Lubich ha dei carismi: fiori diversi nel giardino della Chiesa. Lo sbocciare di essi, in sintonia e in risposta alle esigenze dei tempi, è un progressivo fiorire della Parola: “Cristo dispiegato” nel tempo e nello spazio. “Santa unità e altissima povertà” il carisma della prima; “Unità, di cui chiave è l’amore esclusivo a Gesù Abbandonato”, della seconda. La profonda comunione tra i carismi delle due Chiara è richiamo luminoso per raccoglierne l’eredità e vivere con fedeltà il loro messaggio oggi.
“Claritas”, “clarificare”, parole che, nel linguaggio coniato da Chiara Lubich, invitano ad immettere la luce delle realtà spirituali nelle realtà temporali. E’ la convinzione, con cui si assiste, nel secondo atto, alla dedicazione a Chiara Lubich di un largo di strada nei pressi della Basilica Superiore di San Francesco, il che rimanda ad “allargare lo sguardo” secondo Michele Zanzucchi, moderatore della tavola rotonda. Nell’apportare la sua benedizione al “Largo Chiara Lubich” mons. Sorrentino si augura che sia “richiamo per tutti a considerare ogni strada come luogo di incontro e dialogo con tutti”. E il Sindaco Ricci vi vede “le pietre di Assisi, culla del francescanesimo, ricoperte oggi da un carisma in più, con lo stile dell’essere famiglia in una declinazione economica e sociale”. La giornata si chiude al teatro Metastasio con il musical “Chiara di Dio” di Carlo Tedeschi , un viaggio vibrante di danze, ritmo e musica nella vita di Chiara d’Assisi, eseguito con convinzione da una compagnia di giovani che del suo messaggio si fanno testimoni. di Victoria Gómez (altro…)
Giu 11, 2012 | Centro internazionale
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Giu 11, 2012 | Focolari nel Mondo
10 giugno – 17 giugno: Nel 50° dall’apertura del Concilio Vaticano II, la Chiesa Cattolica in Irlanda ospita il 50° Congresso Eucaristico a Dublino. Per l’occasione sarà presente anche la presidente dei Focolari Maria Voce (altro…)
Giu 11, 2012 | Centro internazionale, Chiesa, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità

Partecipanti al 50° Congresso Eucaristico Internazionale (C) CSC Audiovisivi
Le attese su questi giorni irlandesi sono tante, ma forse non ci si aspettava che la prima giornata del congresso avesse un timbro spiccatamente ecumenico. E invece sì: è una delle caratteristiche più interessanti di questo 50° Congresso Eucaristico internazionale (Dublino, 10-17 giugno), promosso dalla chiesa cattolica, ma che – proprio per il suo tema principale, la comunione – registra un’apertura al dialogo vitale tra battezzati. Già nei giorni precedenti, durante il Simposio teologico (Maynooth, 6-9 giugno), il dialogo ecumenico era entrato in campo per la prima volta in un contesto simile. Hanno parlato esponenti di varie chiese, tra cui il Metropolita Emmanuel (Adamakis) di Francia, presidente della Conferenza Europea delle Chiese, e il Cardinal Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, intervenuto proprio sulla visione ecumenica della relazione tra Eucaristia e comunione ecclesiale.
È in questo contesto che si inserisce l’intervento di Maria Voce, tra i relatori della manifestazione. A precederla è il priore di Taizé, Frère Alois, che – ricordando la storia di Frère Roger Schutz, fondatore della Comunità – ha sottolineato come “la passione che riempie i loro cuori” è proprio l’appello a lavorare incessantemente per “l’unità del Corpo di Cristo”. A seguirla è invece il reverendo Jackson, arcivescovo anglicano di Dublino, con la liturgia della Parola e dell’acqua, per ricordare il comune battesimo. Le parole di Maria Voce sul tema della “Comunione in un solo battesimo” sono di testimonianza, a partire dalla propria esperienza di Vangelo, cominciata quando da giovane studentessa alla facoltà di legge, rimane affascinata da altri giovani che avevano trovato nel vivere le Parole di Gesù una via per la piena realizzazione. È l’esperienza iniziata da Chiara Lubich nel 1943, e che ha coinvolto milioni di persone in tutto il mondo, nella riscoperta del fascino di quelle parole. Cita Lutero, Maria Voce: “Dobbiamo essere certi che l’anima può fare a meno di ogni cosa, fuorché della Parola di Dio”. Parola, tramutata in vita, che dà testimonianza. Ne ha esperienza diretta la presidente dei Focolari, che ha vissuto 10 anni in Turchia, un Paese dove nonostante i segni esterni del cristianesimo fossero assenti, ha potuto “sperimentare la bellezza della famiglia che Gesù è venuto a comporre sulla terra. Nei 70 anni di vita dei Focolari si è sperimentato inoltre che questa spiritualità tipicamente comunitaria ed ecumenica lega chi la vive, in modo da sentirsi un solo popolo cristiano. È il dialogo della vita: “Non bastano le conclusioni e le prese di posizione anche avanzate tra i teologi, se poi il popolo non è preparato – afferma ancora Maria Voce, fino ad osare: Uniti da questa spiritualità, vorremmo essere lievito tra tutte le Chiese e contribuire ad accelerare il loro cammino verso la piena comunione anche visibile, anche eucaristica”. Anche il cardinale Ouellet – inviato da Benedetto XVI come suo rappresentante per questo congresso – ha affermato in questi giorni che il futuro della missione della Chiesa passa attraverso la sua testimonianza di unità e il suo dialogo con tutta l’umanità. E mons. Diarmuid Martin, arcivescovo di Dublino e presidente del Congresso, ha rivolto un pensiero ai giovani irlandesi, aggiungendo che “la Chiesa in Irlanda è sulla strada del rinnovamento”. La giornata ecumenica dell’11 giugno prosegue con una serie di workshop, fra questi: “Il dialogo della vita in una nuova fase dell’ecumenismo”. Lo conduce Renate Komorek, del Movimento dei Focolari, con vari ospiti: Rev. Bronwen Carling, anglicana, due presidi dell’Irlanda del Nord, di una scuola protestante e di una scuola cattolica, che hanno fatto un lungo cammino insieme, membri dell’Arche, di Corrymeela e della comunità carismatica. Aggirarsi fra gli stand della Royal Dublin Society, fra i 20.000 partecipanti che sono passati in questa giornata fa proprio ripensare al “pezzo forte” che ci tiene insieme, per usare ancora le parole di Maria Voce: “L’amore reciproco vissuto, che permette la presenza di Gesù fra più cristiani uniti nel suo nome. Gesù fra un cattolico e un anglicano, fra un’armena e una riformata… Così la Chiesa oltrepassa in certo modo i confini degli edifici di culto e, nella piena comunione fra tutti, si fa più vicina all’umanità di oggi per rispondere a tutte le sue esigenze e domande con quelle risposte che solo il Vangelo può offrire”. Dall’inviata Maria Chiara De Lorenzo
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Giu 10, 2012 | Centro internazionale, Chiesa, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Un Paese ricco di storia, in cui anche il cristianesimo ha radici profonde: risale infatti ai primi secoli dopo Cristo (432) l’evangelizzazione dell’isola ad opera di San Patrizio. Conosciuta per le antiche tradizioni celtiche, per il successo della musica nazionale con gli U2 e tradizionale con i Riverdance, per i grandi autori letterari fra cui quattro premi Nobel, l’Irlanda ha anche vissuto pagine dolorose nella sua storia recente: il dramma della guerra di indipendenza, le violenze tra cattolici e protestanti, e lo scandalo degli abusi sessuali all’interno della chiesa cattolica, ferita ancora aperta. A rileggerle, le parole di Benedetto XVI nella lettera ai cattolici irlandesi del marzo 2010, risuonano ancora forti: “‘Mentre affrontate le sfide di questo momento, vi chiedo di ricordarvi della “roccia da cui siete stati tagliati” (Is 51, 1). Ed è in questo contesto – cioè nel percorso di purificazione e rinascita della Chiesa irlandese – che si situa il 50° Congresso Eucaristico Internazionale (10-17 giugno 2012). Terreno irrigato anche dalla vita e dalla proposta di autenticità evangelica del Movimento dei Focolari, da quando nel 1969, una donna – Margaret Neylon – di ritorno dall’Inghilterra, “contagia” a macchia d’olio tante persone con la nuova vita appena scoperta: l’amore (quello insegnato da Gesù) alla base di ogni azione. Insieme al figlio Eddie, affetto da distrofia muscolare, diventano l’anima della prima comunità focolarina, che attirerà poi la nascita del primo focolare in Irlanda (1971), seguito da un secondo nel 1976. Oggi sono 5 nel Paese e si è sviluppato negli anni anche un centro stabile di formazione, la cittadella “Lieta”. Prende il nome dalla focolarina argentina Lieta Betoño, che con dedizione e amore ha speso 30 anni della sua vita per donare l’ideale dell’unità a tanti irlandesi, fino al 2002, anno in cui si è spenta per un grave male. Molte storie si intrecciano nel ripercorrere le tappe dello sviluppo dei Focolari in Irlanda: tra queste quella di Suor Anna, che nel 1973 decide di portare un gruppo di giovani cattolici e protestanti ad un meeting internazionale: il Genfest. Fra loro c’è Sally Mc Allister, che diventerà la prima focolarina irlandese. Originaria dell’Irlanda del Nord, aveva deciso di abbracciare la lotta armata: nel Vangelo scopre la rivoluzione più grande, che riempie di senso anche il dolore della divisione e delle lotte fratricide della sua terra.
Oggi il Movimento dei Focolari è diffuso a vari livelli e fra persone di tutte le vocazioni; va sviluppandosi il lavoro comune con altri movimenti cattolici, con membri di altre Chiese e con membri della comunità Sikh. Dal 1991, anno di nascita dell’Economia di Comunione, alcune imprese aderiscono al progetto, per esempio: Paul Connolly Optometrist, Nettraffic (Telecomunicazioni) e la scuola di inglese Language e Leisure Internazionale. I Ragazzi per l’Unità hanno realizzato molteplici azioni per riportare pace e speranza nelle loro città: un video in cui presentano le loro attività per ‘colorarne’ gli angoli grigi; la staffetta mondiale ‘Run4Unity’, la cui tappa irlandese si è svolta a Belfast, il 12 maggio 2012, di fronte alla sede del Parlamento dell’Irlanda del nord. Sia Run4Unity, con la promozione della Regola d’oro attraverso lo sport in tante scuole di tutto il Paese, sia il programma per bambini del dado dell’amore, sono diventati dei programmi pastorali per la preparazione del Congresso Eucaristico. Chiara Lubich ha visitato l’Irlanda nel 2004, incontrando il Primate di tutta l’Irlanda Sean Brady, l’Arcivescovo di Dublino, Diarmuid Martin e altri Vescovi, l’allora presidente irlandese Mary Mc Aleese, l’allora primo ministro e Presidente dell’Unione Europea, Bertie Aherne tutte le persone dei Focolari dell’isola. In quell’occasione Chiara ha detto: “Abbiamo bisogno di favorire l’unità, l’unità dei cristiani nel testimoniare la fede in maniera oggi diversa (…) e credo che la testimonianza viva e autentica di vita familiare e di vita di fede è una delle cose più importanti che abbiamo da offrire per il futuro del nostro Paese”. Nel 2012 è la volta di Maria Voce, che dal 10 al 17 giugno, insieme al copresidente Faletti, è in Irlanda, in concomitanza con il Congresso Eucaristico internazionale, dove è chiamata a intervenire con una testimonianza sulla Parola vissuta. Molti sono gli avvenimenti sponsorizzati dai Focolari nel ricco mosaico del congresso: dallo spazio giovani “Chiara Luce”, ai workshop su Economia di Comunione e Chiesa Comunione; dall’incontro aperto, all’appuntamento ecumenico che si svolgerà a Belfast nella Cattedrale anglicana di Sant’Anna il 14 giugno, e che apporterà all’insieme del Congresso Eucaristico un contributo di dialogo fra le chiese. Visita l’Irlanda in Focolare Worldwide! (altro…)
Giu 9, 2012 | Non categorizzato
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Giu 9, 2012 | Focolari nel Mondo, Senza categoria
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Giu 9, 2012 | Dialogo Interreligioso, Spiritualità
«È stato un “pellegrinaggio della Verità”, come Benedetto XVI aveva definito l’evento d’Assisi nel 2011», commenta uno degli organizzatori del quinto simposio promosso a Castel Gandolfo dal Movimento dei focolari. Un centinaio di persone, fra buddhisti e cristiani da provenienze, correnti ed esperienze religiose diverse. I buddhisti, arrivati dalla Thailandia, Giappone, Taiwan, Sri Lanka, Malesia e Corea, rappresentavano diverse correnti del buddhismo: theravada con un gruppo di monaci Thai, mahayana dal Giappone, oltre la Rissho Kosei-kai, associazione buddista che da più di trent’anni collabora con il Movimento dei focolari. Presenti anche membri di scuole tradizionali quali la Tendai-shu, la Nichiren-shu, e la Hosso-shu e il buddhismo cinese rappresentato dalle monache venute da Taiwan, Sri Lanka e Malaysia appartenenti a due nuove associazioni: il Dharma Drum Mountain e il Fo Guang Shan. Dalla Corea, un rappresentante del Won Buddhism.
I cristiani, in tutto una quarantina, provenivano dalla Thailandia, Giappone, Corea, Taiwan, Stati Uniti, Austria, Svizzera, Inghilterra ed Italia, con la partecipazione del cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, e della presidente dei Focolari Maria Voce. “Non solo trovare i punti comuni, ma costruire insieme un mondo pieno d’amore e di compassione, rimanendo fedeli all’identità di ciascuna religione, è l’aspetto straordinario di questo simposio che difficilmente si trova altrove”, ha scritto nel suo messaggio il Presidente della Rissho Kosei-kai, Nichiko Niwano, riassumendo molto bene il clima di profonda fiducia , costruita negli anni, che si respirava nel simposio e che ha coinvolto i nuovi arrivati. Il titolo del convegno “Interpretare e vivere le Scritture per costruire l’armonia e la pace universale”, è stato sviscerato da vari studiosi che si sono alternati nelle diverse presentazioni. Già nella fase preparatoria c’è stata una grande collaborazione sia per il contenuto degli interventi sia per la traduzione in quattro lingue. Tutto questo lavoro ha permesso che dopo ogni presentazione ci fosse il tempo sufficiente per il dialogo che si esprimeva piuttosto come comunione personale dei partecipanti.
Le differenze, non solo fra cristianesimo e buddhismo ma anche fra le varie correnti buddhiste, in questo speciale ambito di profonda spiritualità, non hanno creato difficoltà o tensioni, anzi, sono diventate un prezioso dono reciproco, rinforzando nello stesso tempo la propria fede. “Ascoltando le Scritture di ciascuna religione ho visto che ci sono i punti in comune e le divergenze, ma il simposio è stato un aumento di sapienza per ognuno di noi reciprocamente”, ha detto Phrakhru Suphan, maestro di meditazione Vipassana e abate del Tempio Wat Ram Poeng a Chiang Mai (Thailandia). Un dato da segnalare, l’interesse dei monaci delle scuole tradizionali per i movimenti moderni buddisti. E’ stata apprezzata anche la presenza tra i cristiani di un sacerdote anglicano, un pastore riformato e una laica luterana. Durante l’incontro molti hanno sottolineato “l’atmosfera speciale” che percepivano, tanto da ricordare le profetiche parole di Giovanni Paolo II nel 1986 all’incontro con esponenti delle religioni non cristiane, a Madras (India): “Dio sia presente in mezzo a noi, poiché mentre ci apriamo l’un l’altro nel dialogo, ci apriamo anche a Dio”. (altro…)
Giu 5, 2012 | Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
“Mi chiamo Jay, sono di origine giamaicana e faccio il contabile. Lei è mia moglie Anna ed è insegnante di sostegno. E questi sono i nostri sei figli, che hanno dai 2 ai 12 anni.” Con queste parole la famiglia Rerrie si è presentata al Papa Benedetto XVI, durante la “Festa delle testimonianze” sabato 2 giugno in diretta TV da Milano, durante il 7° incontro mondiale delle famiglie. Per Jay e Anna Rerrie la spiritualità dell’unità li ha aiutati a mantenere saldi i rapporti fra di loro e unita la loro famiglia anche nei momenti di difficoltà. All’inizio del 2006, infatti, quando il mercato del lavoro è entrato in forte crisi, Jay ha dovuto trovarsi un’altra occupazione. Decisi a mantenere vivo tra loro, nonostante gli ostacoli, l’amore reciproco, affrontano questo momento con coraggio, anche se Anna, in attesa del quarto bambino, si chiede con una certa preoccupazione, come si sarebbero sostenuti quando Jay fosse stato licenziato. Decidono insieme che, nonostante la gravidanza, lei potesse tornare ad insegnare, e si trasferiscono in un’altra città dove una scuola aveva accettato la sua domanda. Qui anche Jay trova lavoro in un ufficio dove passa lunghe ore cercando di smaltire le moltissime pratiche inevase, dato che per quattro mesi nessuno se ne era occupato, riscuotendo per questo grande apprezzamento dal suo nuovo capo. A casa però non avviene la stessa cosa. “I bambini piccoli e la moglie a scuola: una ricetta per il disastro!” spiega Jay “Il tempo per stare insieme senza fretta manca sempre di più“. Anna trova difficile accettare questa situazione, essendo cresciuta in una casa dove la famiglia si è sempre riunita per la cena, mentre Jay spesso torna quando tutti sono addormentati. Nel frattempo, sempre in seguito alla crisi, anche questa ditta comincia ad avere delle difficoltà che si traducono, anche questa volta, nel suo licenziamento. La reazione comprensiva di Anna a questa dolorosa notizia è, per Jay, di conforto. Come conseguenza sperimentano una più profonda unità tra di loro. “I due mesi successivi – ricorda Anna – sono stati divertenti e snervanti insieme. Ma è stato fantastico avere Jay a casa!”.
Col passare dei mesi, i loro risparmi si riducono, ma non per questo smettono di credere e di sperare e alla fine, arriva una telefonata. L’offerta di un lavoro migliore, molto più vicino a casa, dagli orari abbastanza compatibili con la vita della famiglia. “Ciò che è importante è cercare di mantenere l’armonia e il rapporto di unità fra di noi con l’amore reciproco. Anche se la vita non è facile. Perenni corse contro il tempo, affanni e incastri molto complicati…– dicono al Papa Anche da noi, negli Stati Uniti, una delle priorità assolute è mantenere il posto di lavoro, e, per farlo, non bisogna badare agli orari e spesso a rimetterci sono proprio le relazioni famigliari.” «Penso di capire questo dilemma… – risponde loro il Santo Padre – Quindi, vorrei qui invitare i datori di lavoro a pensare alla famiglia, … affinché le due priorità possano essere conciliate. … Mi sembra che si debba naturalmente cercare una certa creatività…ma, almeno ogni giorno, portare qualche elemento di gioia nella famiglia, di attenzione, qualche rinuncia alla propria volontà per essere insieme famiglia…. E finalmente, c’è la domenica, la festa…giorno del Signore… anche “giorno dell’uomo”, perché siamo liberi. Questa era, nel racconto della Creazione, l’intenzione originale del Creatore: che un giorno tutti siano liberi. In questa libertà dell’uno per l’altro, per se stessi, si è liberi per Dio. E così penso che difendiamo la libertà dell’uomo, difendendo la domenica e le feste come giorni di Dio e così giorni per l’uomo. Auguri a voi! Grazie ». (altro…)
Giu 5, 2012 | Senza categoria
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[:ot]Wara li tema lill-kotra bil-miraklu tal-ħobż qrib il-baħar ta’ Tiberija, Ġesù qasam bil-moħbi għax-xatt l-ieħor qrib Kafarnahum biex iwarrab min-nies li ridu jagħmluh sultan. Ħafna minnhom xorta waħda bdew ifittxuh u sa fl-aħħar sabu fejn kien qiegħed. Iżda ’l Ġesù ma għoġbitux il-ħeġġa li kienet imqanqla minn interess persunali. Huma kienu għadhom kemm kielu mill-ħobż tal-miraklu, u kienu qed jaraw biss li kisbu l-ikel materjali mingħajr ma fehmu t-tifsira kbira ta’ dak il-ħobż. Dak il-ħobż juri li Ġesù hu l-mibgħut mill-Missier biex jagħti l-ħajja vera lid-dinja. F’Ġesù raw biss wieħed li jagħmel il-mirakli, Messija ta’ din id-dinja, li jaf jipprovdilhom ħafna ikel mingħajr tbatija ta’ xejn. Ġesù ħeġġeġ lil dawn in-nies billi qalilhom: “Tħabtu mhux għall-ikel li jintemm iżda għall-ikel li jibqa’ għall-ħajja ta’ dejjem, dak li Bin il-bniedem jagħtikom”. “L-ikel li ma jintemmx” hu l-persuna nnifisha ta’ Ġesù u hu wkoll it-tagħlim tiegħu, għax it-tagħlim ta’ Ġesù u l-persuna tiegħu huma ħaġa waħda. Jekk inkomplu naqraw ftit aktar ’il quddiem, nindunaw li dan il-“ħobż li ma jintemmx” hu l-istess ġisem ewkaristiku ta’ Ġesù. Għalhekk nistgħu ngħidu li “l-ħobż li ma jintemmx” hu Ġesù nnifsu li jagħtina lilu nnifsu fil-Kelma tiegħu u fl-Ewkaristija. “Tħabtu mhux għall-ikel li jintemm iżda għall-ikel li jibqa’ għall-ħajja ta’ dejjem, dak li Bin il-bniedem jagħtikom”. Ix-xbieha tal-ħobż, kif ukoll dik tal-ilma, ta’ sikwit jintużaw fil-Bibbja. Il-ħobż u l-ilma huma meqjusa bħala l-ikel ewlieni li mingħajru l-bniedem ma jistax jgħix. Meta Ġesù xebbah lilu nnifsu mal-ħobż, hu ried ifisser li l-ħajja spiritwali tal-bniedem ma tistax tgħaddi mingħajr il-persuna u t-tagħlim tiegħu, daqskemm il-ħajja tal-ġisem ma tistax tgħaddi mingħajr il-ħobż. M’għandniex xi ngħidu, il-ħobż li nieklu hu meħtieġ. Ġesù stess kattru b’miraklu għall-folol. Imma mhux biżżejjed il-ħobż waħdu. Il-bniedem, anki forsi mingħajr ma jintebaħ, ġo fih iħoss ġuħ u għatx kbir għall-verità, għall-ġustizzja, għat-tjieba, għall-imħabba, għas-safa, għall-għerf, għall-paċi, għall-ferħ, għall-ħajja li ma tintemmx: ġuħ li l-ebda ħaġa fid-dinja ma tista’ taqta’. Ġesù qed juri li hu biss jista’ jtaffi dan il-ġuħ li hemm f’qalb il-bniedem. “Tħabtu mhux għall-ikel li jintemm iżda għall-ikel li jibqa’ għall-ħajja ta’ dejjem, dak li Bin il-bniedem jagħtikom”. Meta Ġesù wera lilu nnifsu bħala “ħobż tal-ħajja”, hu ma riedx biss jisħaq kemm hu meħtieġ li nitrejqu bih, li jeħtiġilna nemmnu fi kliemu biex niksbu l-ħajja ta’ dejjem, imma Ġesù jrid jimbuttana ngħaddu mill-istess esperjenza tiegħu. Fil-fatt, bil-kliem: “Tħabtu għall-ikel li ma jintemmx” qed jagħmlilna stedina ħerqana. Qed jgħidilna li jeħtieġ immiddu jdejna, jiġifieri nagħmlu minn kollox biex niksbu dan l-ikel. Ġesù mhuwiex iġegħelna nagħmlu xi ħaġa ta’ bilfors, imma jridna niskopruh u nduqu l-preżenza tiegħu. Bla ebda dubju li l-bniedem, bil-ħila tiegħu biss, ma jistax jasal għand Ġesù. Jista’ jasal bi grazzja minn Alla. Madankollu Ġesù l-ħin kollu qed jistieden il-bnedmin biex ikunu lesti jilqgħu r-rigal li jrid jagħtihom: lilu nnifsu. U huwa sewwa sew meta jipprova jgħix kliem Ġesù li l-bniedem jikseb fidi sħiħa fih, u jduq u jara kemm hi tajba l-Kelma tiegħu bħalma jieħu gost b’xi biċċa ħobż friska u bnina. “Tħabtu mhux għall-ikel li jintemm iżda għall-ikel li jibqa’ għall-ħajja ta’ dejjem, dak li Bin il-bniedem jagħtikom”. Il-Kelma tal-ħajja ta’ dan ix-xahar ma titkellimx fuq xi punt partikulari mit-tagħlim ta’ Ġesù (per eżempju l-maħfra, jew li ninqatgħu mill-ġid). Din id-darba qed tressaqna lejn il-qalba tal-ħajja nisranija, jiġifieri lejn ir-rabta persunali tagħna ma’ Ġesù. Jiena nemmen li min beda jgħix Kliemu bis-serjetà jista’ jintebaħ xi ftit li Ġesù hu l-“ħobż” tal-ħajja li għandu l-ħila jissodisfa x-xewqat ta’ qalbu, li hu l-għajn ta’ kull ferħ u dawl tiegħu. Dan speċjalment meta jgħix il-kmandament tal-imħabba tal-proxxmu, li fih jiġbor il-kliem kollu t’Alla u l-kmandamenti kollha tiegħu. Meta tgħix din il-Kelma tista’ tara xi ftit li l-Kelma t’Alla hi t-tweġiba vera għall-problemi tal-bniedem u tad-dinja. Billi Ġesù, “il-ħobż tal-ħajja” jagħti lilu nnifsu għal kollox fl-Ewkaristija, min jgħix Kelmtu, waħdu jħoss il-bżonn li jirċievi l-Ewkaristija bi mħabba u li jagħtiha post importanti f’ħajtu. Issa jmiss li, min għadda minn din l-esperjenza sabiħa, ikollu l-istess ħeġġa li biha Ġesù jqanqalna biex nakkwistaw il-“ħobż tal-ħajja”. Għalhekk jeħtieġ li ma jżommx dak li sab f’ħajtu għalih, imma jgħaddih lill-oħrajn ħalli ħafna nies oħra jsibu f’Ġesù dak li qalbhom fittxet sa minn dejjem. Dan ikun att kbir ta’ mħabba lejn l-oħrajn biex huma wkoll isiru jafu sa minn din id-dinja xinhi l-vera ħajja u jkollhom il-ħajja li ma tintemmx. U x’tista’ tixtieq aktar minn hekk? Chiara Lubich[:]
Giu 4, 2012 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
94 brevi storie, provenienti dai quattro angoli del mondo. Giovani e ragazzi, famiglie, professionisti, operai e dirigenti, religiose e sacerdoti, componenti di un popolo che affronta col Vangelo le situazioni del quotidiano e le sfide della società. Un popolo che crede, vive, muove, coinvolge, nel rispetto delle convinzioni e dell’esperienza altrui, consapevole che ogni persona può dare un contributo alla grande famiglia umana. Una corrente di condivisione che mira a far sperimentare cosa significa avere un solo Padre ed essere tutti fratelli. 229 citazioni, disseminate nel testo, ispirano modi per essere oggi, come duemila anni fa, testimoni credibili della “buona notizia”: il Vangelo.
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Giu 2, 2012 | Famiglie, Spiritualità
Sabato mattina, 2 giugno. Sesto San Giovanni (Milano) accoglie 4.000 persone provenienti dalla Lombardia e zone limitrofe, famiglie aderenti al Movimento dei focolari che partecipano attivamente all’incontro mondiale. Tra gli interventi, quello della presidente Maria Voce, presente anche il copresidente Giancarlo Faletti. «In questi giorni, in cui è messa a fuoco la realtà della famiglia – esordisce Maria Voce – viene da domandarci: Qual è il disegno di Dio su di essa?». Risponde citando Chiara Lubich al Familyfest ‘81 a Roma: «Dio ha creato, ha plasmato una famiglia. Quando si è incarnato, si è circondato di una famiglia. Quando Gesù ha iniziato la sua missione ed ha manifestato la sua gloria, stava festeggiando una famiglia». In riferimento al tema di Milano 2012: Il lavoro e la festa nella vita della famiglia, sottolinea l’importanza del lavoro per la sua fondazione e sussistenza. «A sua volta – afferma la presidente –, anche la famiglia è importante per il lavoro. Con l’educazione alla laboriosità e ai valori tipici di cui la famiglia è portatrice, con quello spirito di cooperazione e solidarietà, suo proprio, con l’importanza della gratuità, della reciprocità, di essere dono l’uno per l’altro, si garantiscono basi solide alla società – anche se sottolinea con forza – l’uomo non è finalizzato soltanto al lavoro. «Per questo occorre che il lavoro sia organizzato e svolto tenendo conto delle esigenze non solo economiche delle persone, ma del loro effettivo e totale benessere. Ecco l’importanza che i tempi del lavoro siano armonizzati con quelli della famiglia». A questo punto, la presidente dei Focolari ricorda che anche Gesù ha lavorato (come Giuseppe e Maria), e che «essi, oltre ad essere stati perfetti lavoratori, ci consegnano anche il vero significato della festa». In questo senso ricorda la pellegrinazione a Gerusalemme… e le nozze di Cana «dove (Gesù), con Maria sua madre, sono andati a festeggiare le nozze di due sposi. (…) Nella vita della Sacra Famiglia c’era sì il lavoro, ma anche la festa, che vuol dire un tempo dedicato al riposo, alle relazioni con gli altri». In riferimento ancora a Chiara Lubich, Maria Voce conclude sottolineando che «In certo modo (Chiara) ci aveva già anticipato i termini di questo binomio: lavoro e festa. E cioè, se vivremo bene i valori della famiglia, anche il lavoro e la festa saranno intrisi di quei valori, diventando così testimoni e costruttori autentici di una società secondo il cuore di Dio». Leggi tutto (altro…)