Movimento dei Focolari

luglio 2008

Hai mai provato una sete d’infinito?
Hai mai sentito nel tuo cuore il desiderio struggente d’abbracciare l’immenso?
O forse: hai mai avvertito nel tuo intimo l’insoddisfazione per quello che fai, per quello che sei?
Se così è, sarai felice di trovare una formula che ti dia la pienezza che agogni: qualcosa che non lasci rimpianti di giorni che se ne vanno semivuoti…
C’è una parola nel Vangelo che fa pensare e che, compresa appena un po’, fa trasalire di gioia. In essa è condensato quanto dobbiamo fare nella vita. Riassume ogni legge impressa da Dio in fondo al cuore di ogni uomo.
Sentila:

“Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la legge e i profeti”

Tale frase è chiamata “regola d’oro”.
L’ha portata Cristo, ma era già conosciuta universalmente. L’Antico Testamento la possedeva. Era nota a Seneca e nell’Oriente la ripeteva il cinese Confucio. E poi altri ancora. E questo dice quanto stia a cuore a Dio: come egli voglia che tutti gli uomini la facciano norma della loro vita.
È bella a leggersi e suona come uno slogan.
Sentila ancora:

“Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro”

Ogni prossimo, che incontriamo nella giornata, amiamolo così.
Immaginiamo di essere nella sua situazione e trattiamolo come vorremmo esser trattati noi al posto suo.
La voce di Dio che abita dentro di noi ci suggerirà l’espressione d’amore adatta a ogni circostanza.
Lui ha fame? Ho fame io – pensiamo. E diamogli da mangiare.
Subisce ingiustizia? Sono io che la subisco!
È nel buio e nel dubbio? Lo sono io. E diciamogli parole di conforto e condividiamo le sue pene e non diamoci pace finché non sarà illuminato e sollevato. Noi vorremmo esser trattati così.

È un handicappato? Voglio amarlo fino a sentire quasi nel mio corpo e nel mio cuore la sua menomazione e l’amore mi suggerirà l’espediente esatto per farlo sentire uguale agli altri, anzi con una grazia in più, perché noi cristiani sappiamo quanto il dolore valga.
E così con tutti senza discriminazione alcuna fra simpatico e antipatico, fra giovane e anziano, fra amico e nemico, fra compatriota e straniero, fra bello e brutto… Il Vangelo intende tutti.

Mi pare di udire un brusio generale…
Capisco… forse queste mie parole sembrano semplici, ma quale mutamento richiedono! Quanto sono lontane dal nostro usuale modo di pensare e d’agire!
Ma coraggio! Proviamo.
Una giornata così spesa vale una vita. E alla sera non riconosceremo più noi stessi. Una gioia mai provata ci inonderà. Una forza ci investirà. Dio sarà con noi, perché è con coloro che amano.
Le giornate si susseguiranno piene.
A volte forse rallenteremo, saremo tentati di scoraggiarci, di smettere. E vorremmo tornare alla vita di prima…
Ma no! Coraggio! Dio ci dà la grazia.
Ricominciamo sempre.
Perseverando, vedremo lentamente cambiare il mondo attorno a noi.
Capiremo che il Vangelo porta la vita più affascinante, accende la luce nel mondo, dà sapore alla nostra esistenza, ha in sé il principio della risoluzione di tutti i problemi.
E non avremo pace finché non comunicheremo la nostra straordinaria esperienza ad altri: agli amici che ci possono comprendere, ai parenti, a chiunque ci sentiamo spinti a darla.
Rinascerà la speranza.

“Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro”

Chiara Lubich

Pubblicata su: La dottrina spirituale, Roma 2006, p. 187.

«Nell’amore di quella nuova famiglia, ho scoperto il vero volto di Dio»

Avevo 6 anni quando mia madre è andata via di casa. Siamo 4 fratelli e con mio padre la vita è diventata sempre più difficile: tornava a casa ogni giorno ubriaco e ci picchiava spesso, senza motivo. Era una vita insopportabile. Un giorno il mio fratello più grande decide di andare alla Polizia per denunciarlo. Il papà va in carcere e noi veniamo messi in un orfanotrofio. In quell’ambiente non trovo pace: difficoltà da ogni parte. Una notte, siamo scappati di nascosto e per qualche tempo abbiamo trovato rifugio da alcuni parenti. Quando l’assistente sociale mi affida ad una nuova famiglia, insieme ad altri due miei fratelli, ero spaventato ancora una volta… E invece, nell’amore di quella nuova famiglia, ho scoperto il volto vero di Dio: Dio Amore. Non l’avevo mai sperimentato. Ora mi rendo conto che questi nuovi genitori ci hanno amato “dando la vita” per noi, dal primo giorno e per sempre. Accanto a loro scoprivo che l’amore sanava piano piano tutte le ferite del mio passato. Ma dove mettere i miei passi? Cosa significava, per me, amare? Un giorno ho ricevuto un invito e ho partecipato ad un grande meeting a Roma. Un’esperienza straordinaria: ho intuito che la mia sete di un ideale grande, un ideale vero per cui vivere, trovava una risposta. Dopo qualche tempo mi attendeva il servizio militare, che in Grecia è obbligatorio. Ero preoccupato, mi sarei trovato di nuovo in un ambiente povero di quei valori che stavo scoprendo. Facendo la valigia, ho preso con me anche un libro di Chiara Lubich che qualcuno mi aveva dato e, nelle lunghe ore di guardia, quando era possibile, lo tiravo fuori dalla tasca e lo leggevo… La luce del Vangelo che Chiara mi spiegava era così forte da sostenermi anche in quei mesi. Anch’io voglio amare in questo modo, senza limiti; voglio imparare meglio l’arte di amare e poi portarla nel mio Paese, in Grecia. Davvero posso dire che “tutto vince l’amore”. (L. K. – Grecia)

Non solo a Sydney

Il tema della GMG – “Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni” (At 1, 8) – invita i giovani a riflettere sul grande dono dello Spirito Santo, sul significato nella propria vita personale ed ecclesiale, ma anche sulla “spinta” evangelizzatrice e missionaria verso i propri coetanei. Come ha sottolineato il papa nel suo messaggio in preparazione a Sydney 2008: «Anche oggi occorrono discepoli di Cristo che non risparmino tempo ed energie per servire il Vangelo. Occorrono giovani che lascino ardere dentro di sé l’amore di Dio e rispondano generosamente al suo appello pressante, come hanno fatto tanti giovani beati e santi del passato e anche di tempi a noi vicini. Voi conoscete le idealità, i linguaggi, ed anche le ferite, le attese, ed insieme la voglia di bene dei vostri coetanei…». Circa 100 mila australiani parteciperanno alla GMG e molti altri si interesseranno agli eventi organizzati a Sydney. I principali saranno la messa di apertura celebrata dal card. George Pell, i Festival della gioventù, che si svolgeranno dal 16 al 18. Ma soprattutto i momenti con Benedetto XVI: il 17 luglio col suo arrivo nella baia di Sydney e la cerimonia di benvenuto; il 19 con la veglia all’ippodromo di Randwick; e la domenica 20, dopo il “classico” pernottamento sotto le stelle, la messa conclusiva. Avvenimenti che come sempre saranno trasmessi dalle tv del mondo intero, anche se, in molti Paesi, come in Italia, in differita, data la differenza di fuso orario di 9 ore con Sydney. Per questo molte diocesi italiane – che potranno inviare in Australia solo dei rappresentanti (circa 15 mila gli italiani iscritti) – vivranno la Gmg nelle piazze delle principali città, collegandosi con Sydney in differita per i momenti salienti dell’evento. Tratto da Città Nuova n. 12/2008 (altro…)

Essere lo ‘specchio’ di Gesù

Le parole di Gesù! Devono essere state la sua più grande arte. Il Verbo che parla in parole umane: che contenuto, che intensità, che accento, che voce! La risentiremo in paradiso. Egli ci parlerà. La Parola di Dio non è come le altre. Essa ha il potere di operare quanto dice. Genera Gesù nella nostra anima e nelle anime altrui. La Parola deve tramutarsi in azione e guidare la vita. In questo modo essa si rivela attraente. Bastano poche lettere e poche regole grammaticali per saper leggere e scrivere, ma se quelle non si sanno si resta analfabeti per tutta la vita. Così chi non assimila ad una ad una le parole del Vangelo,  non sa scrivere Cristo con la sua vita. Bastano poche frasi per formare in noi Gesù. Noi non abbiamo altro libro all’infuori del Vangelo, non abbiamo altra scienza, altra arte. Lì è la Vita! Chi la trova, non muore. Chiara Lubich (altro…)

«Paradiso ‘49»

SOMMARIO

Editoriale

QUESTO NUMERO – di Giuseppe Maria Zanghí – Trent’anni fa Chiara Lubich ha fatto nascere questa rivista, «Nuova Umanità», una delle espressioni, a livello culturale, del carisma dell’unità. Con gratitudine proponiamo ai lettori un primo numero dedicato a lei, accolta per sempre nel Seno del Padre il 14 marzo 2008.

Nella luce dell’ideale dell’unità

“PARADISO ’49” – di Chiara Lubich – In poche, densissime pagine, Chiara Lubich tratteggia l’esperienza mistica avuta, nell’estate del 1949, a sei anni dall’inizio del Movimento dei Focolari. Dopo un periodo di intensa vita evangelica, durante il quale si erano già delineati i punti principali della nuova spiritualità, in questi mesi, che Chiara definirà come il “Paradiso del ‘49”, Dio apre a lei – e, attraverso di lei, al piccolo corpo del Movimento nascente – la piena comprensione del carisma dell’unità e dell’Opera che ne sarebbe nata. LA LUCE DI GESÙ ABBANDONATO – di Giuseppe Maria Zanghí – «Sarà, alla fine, il buio? Niente?»; la domanda intorno al proprio destino è stata posta, da sempre, nelle forme più semplici della riflessione esistenziale, da ogni uomo; ed è, allo stesso tempo, la domanda filosofica per eccellenza, quella che caratterizza la ricerca giovanile dell’Autore al momento dell’incontro con Chiara Lubich. Ella gli apre la strada della conoscenza in Cristo, che trova il suo reale compimento luminoso nella realtà di Gesù Abbandonato. È nella profondità misteriosa dell’Abbandono, infatti, che il carisma di Chiara Lubich indica la soluzione delle contraddizioni umane, l’aprirsi dello sguardo di Dio che è Luce nel buio, Essere nel nulla. Così che il grido di Gesù, il suo “perché”, la domanda nella quale si raccolgono tutti gli umani interrogativi, si manifesta come perfezione d’Amore, e diviene risposta, conoscenza. L’Autore spiega come questa scoperta diventi, in Chiara, una nuova via conoscitiva, capace di generare un metodo e una scuola, la “Scuola Abbà”, che Chiara ha fondato. L’ALBERO E LA CHIOMA: UN PERCORSO DI TEOLOGIA TRINITARIA NELLA LUCE DELLA SCUOLA ABBÀ – di Piero Coda – La novità espressa dal carisma dell’unità in rapporto alla conoscenza di Dio Trinità può essere compresa appieno solo sulla base delle tappe del cammino che ci ha portato all’attuale momento nella comprensione del mistero trinitario. In realtà, la maturazione della coscienza teologica nella conoscenza di Dio Trinità è sempre connessa a un’esperienza spirituale, e cioè all’azione dello Spirito Santo che – come promette Gesù nel Vangelo di Giovanni – «vi introdurrà nella verità tutta intera» (Gv 16, 13). L’esperienza di unità anche a livello intellettuale vissuta oggi grazie al carisma di Chiara, offre il luogo e la chiave per cogliere gli elementi positivi, e cioè i guadagni maturati dalla coscienza cristiana lungo i secoli, mettendoli in unità tra loro: un’unità che non è semplice somma degli addendi, ma qualcosa di nuovo e inedito. Di tutto ciò il presente contributo intende offrire un’esemplificazione maturata in questi anni nel contesto della “Scuola Abbà”. IL PENSIERO “NUZIALE” DI CHIARA LUBICH – di Antonio Maria Baggio – Fin da giovane Chiara Lubich era animata da un profondo desiderio di conoscenza, che ha trasformato la sua vita in una continua ricerca della verità. Questo percorso avviene all’interno di una realtà “nuziale”, costituita dal matrimonio spirituale di Chiara con Dio, dove il Vero viene attinto attraverso un’intelligenza d’Amore. L’esperienza paradigmatica di questa conoscenza avviene nel periodo contemplativo dell’estate del 1949: un evento straordinario che Chiara vive partecipandolo a Igino Giordani e al primo gruppo di focolarine. Il carattere comunitario di tale esperienza contemplativa si accompagna ad alcune rilevanti specificità del carisma dell’unità, sia per quanto riguarda la natura delle nozze spirituali, sia relativamente al modo di conoscere e di vivere che ad esse è collegato. CHIARA LUBICH SCRITTRICE. PRIMI CENNI SULL’ESPRESSIONE LETTERARIA DI UN CARISMA – di Maria Caterina Atzori – La fondatrice dei Focolari ha consegnato alla storia dell’umanità molte pagine, alle quali ha affidato la stessa esperienza mistica da lei vissuta negli anni 1949-1950. Questi scritti hanno una “nuova parola” da dire in ambito linguistico-letterario. È ciò che l’Autrice vuole mettere in luce con lo studio proposto. Apre l’articolo una breve presentazione di Chiara come “voce controcorrente” nel contesto storico-letterario del secondo dopoguerra; si chiariscono quindi le motivazioni che la spinsero a “scrivere” ancora in quel lontano 1949: «Sento in me tanta Luce che non sarebbero sufficienti tanti volumi quanti i fili d’erba del mondo. Che le anime entrino in questa Luce…». Lo studio si concentra poi sul brano scelto e, attraverso una puntuale analisi del significante e del significato, lascia intravedere non solo lo stretto legame che intercorre tra lingua, letteratura e carisma dell’unità negli scritti di Chiara, ma anche quello che, alla luce del carisma dell’unità, potrebbe essere il nuovo ruolo dello scrittore e, per il lettore, un modo “nuovo” di entrare in relazione con la pagina scritta. L’ECONOMIA DI COMUNIONE DI CHIARA. QUANDO UN CARISMA CAMBIA ANCHE L’ECONOMIA – di Luigino Bruni – L’articolo presenta l’economia di comunione come “economia carismatica”, mettendo in luce l’intuizione originaria di Chiara Lubich. L’autore inoltre, a partire dai cardini del carisma dell’unità, individua alcune caratteristiche dell’EdC che la mettono in rapporto con altre esperienze storiche di economia carismatica. La povertà intesa nel senso delle relazioni spezzate, e la comunione come stile di vita che costruisce un nuovo modello di rapporto con i beni, vengono indicati come elementi chiave dell’economia di comunione.

Spazio letterario

CANZONE DEL CORTO CIRCUITO – di Giovanni Casoli – Questa poesia si ispira, in particolare, agli ultimi tempi vissuti da Chiara Lubich.

In dialogo

LA DOTTRINA SPIRITUALE DI CHIARA LUBICH – di Rowan Williams – Una dottrina tutta basata sul Vangelo, quella descritta dal Primate della Chiesa anglicana, e che vede Chiara Lubich, e il Movimento dei Focolari, pienamente radicati in esso. Maria, madre di Gesù e prima discepola, è il modello dei focolarini, gli insegnamenti di Cristo la regola del loro vivere quotidiano. Eppure, osserva l’Arcivescovo di Canterbury, questa spiritualità coinvolge persone di ogni credo religioso e non, determina uno stile di vita capace di incidere profondamente nel tessuto sociale, negli ambienti più diversi (come nella Chiesa, nella politica, nell’economia…). La sfida lanciata da Chiara Lubich è l’unità, quella «che curerà i terribili conflitti criminali tra gli uomini nel mondo intero ». Così l’autore “svela”, in questo articolo, alcuni “segreti” di questa spiritualità, che rendono l’unità una realtà già vissuta da molti, attuale. UNA SPIRITUALITÀ PER IL DIALOGO ECUMENICO – di Joan Patricia Back – Dopo 100 anni di movimento ecumenico tanta strada si è percorsa. Molti problemi fra le Chiese sono stati risolti ma se ne sono affacciati di nuovi. Siamo in una situazione che alcuni chiamano “bivio”, altri “crisi”. Si parla della necessità di una spiritualità ecumenica come via per vivere in unità. Contemporaneamente, diversi ecumenisti propongono una “riconfigurazione”, ove gli attori non siano solo i teologi o i capi delle Chiese ma tutto il popolo di Dio. In questo contesto la vita ecumenica del Movimento dei Focolari, radicata nella spiritualità dell’unità proponente anzitutto un «dialogo della vita», si rivela una risposta tempestiva a queste esigenze. Le implicazioni teologiche derivanti da tale dialogo offrono nuove prospettive per il dialogo ecumenico, secondo l’affermazione del card. Kasper, per il quale l’«ecumenismo dell’amore » e l’«ecumenismo della verità» debbono essere attuati per mezzo di un «ecumenismo della vita».

Libri

In occasione dell’uscita del libro di Chiara Lubich e Igino Giordani, “Erano i tempi di guerra…” agli albori dell’ideale dell’unità, si sono tenute numerose presentazioni del testo. Proponiamo due di questi interventi. In Per Chiara (Trento, 7 dicembre 2007), il prof. Andrea Riccardi sottolinea, in particolare, l’aspetto carismatico dell’ideale dell’unità come risposta ai problemi del nostro tempo. Il prof. Benedetto Clausi, invece (La forza delle origini. Archetipi lucani e paolini nella scrittura di Chiara Lubich, Cosenza, 28 febbraio 2008), fa emergere alcune profonde connessioni esistenti nel testo di Chiara, con gli Atti degli Apostoli e le Lettere di Paolo. Entrambi i testi conservano lo stile immediato e colloquiale dell’intervento orale. XXX, Maggio-Giugno 2008/3, n. 177

«Dio, uomo e natura nella prospettiva cristiana e in quella indù»

«Dio, uomo e natura nella prospettiva cristiana e in quella indù»

Si è concluso il 29 maggio il terzo Simposio Indù Cristiano organizzato dal Movimento dei Focolari con la partecipazione di 13 accademici indiani provenienti da diverse istituzioni (Bharatya Vidhya Bhavan, Mumbai Vidhyapeeth e Somaiya Sanskriti Peetham di Mumbai e Jawaharlal Nehru University di New Delhi) e studiosi del Movimento dei Focolari di diverse nazionalità e discipline. Durante i lavori del Simposio – dal titolo “Dio, Uomo e Natura nella prospettiva cristiana e in quella indù” – svoltosi presso il Centro Mariapoli di Castelgandolfo – si sono approfonditi testi sacri di entrambe le religioni ed esperienze di santi e di correnti di spiritualità con ampi e profondi riferimenti alla spiritualità di comunione ispirata da Chiara Lubich, che gli accademici indiani hanno ricordato con profonda commozione e con una visita sulla tomba, caratterizzata da momenti di intensa preghiera. Assai significativo l’incontro con Benedetto XVI che gli accademici hanno voluto salutare con la loro presenza all’udienza generale per poter “ricevere la sua benedizione nel loro impegno di dialogo”. Molto arricchente anche la presenza del Rav. Joseph Levi di Firenze che ha guidato i presenti ad approfondire il tema all’interno della Bibbia ebraica. L’esperienza di questo simposio – ha sintetizzato il Prof. Suresh Uppadhyaya alla conclusione dei lavori – è stata una conferma che il nostro dialogo va avanti e che sta aprendo strade per la fratellanza universale.” Il Simposio ha concluso un’intera settimana ricca di avvenimenti. La delegazione indiana ha infatti visitato Trento, città natale di Chiara Lubich, dove è stata accolta dal Movimento dei Focolari, dal Sindaco Pacher e da altre personalità nel Salone di Rappresentanza del Palazzo Geremia. In tale occasione si è svolto un dibattito molto vivace sul tema: Da Trento al mondo e dal mondo a Trento: sentieri di fratellanza universale. “È stata l’esperienza di risalire verso Gangotri, la fonte del fiume Gange, sacro a noi indù” ha commentato la prof.ssa Lalita Namjoshi. Un commento molto significativo che ricorda il “Chi beve l’acqua pensa alla sorgente” spesso citato da Chiara Lubich. Il Prof. Uppadhyaya è intervenuto alla presentazione del libro di Chiara Lubich Erano i tempi di guerra, svoltasi a Firenze venerdì 23 maggio, mentre la delegazione ha trascorso due giorni nella cittadella internazionale di Loppiano. (altro…)

giugno 2008

Il testo qui pubblicato è l'ultimo composto da Chiara Lubich. Da ora in poi riproporremo mensilmente suoi commenti alla Parola di Vita, scritti negli anni scorsi.

Quando si ama si vorrebbe stare sempre con la persona amata. Questo è anche il desiderio di Dio, che è Amore. Ci ha creati perché potessimo incontrarlo e non avremo gioia piena fin quando non giungeremo all’intima unione con lui, il solo che può appagare il nostro cuore. Egli è sceso dal cielo per stare assieme a noi e per introdurci nella sua comunione.
Giovanni, nella sua lettera, parla di “dimorare” l’uno nell’altro, Dio in noi e noi in lui, ricordando l’esigenza più profonda manifestata da Gesù nell’ultima cena. “Rimanete in me e io in voi”, aveva detto il Maestro, spiegando con l’allegoria della vite e dei tralci quanto sia forte e vitale il legame che ci unisce a lui.
Ma come raggiungere l’unione con Dio?
Giovanni non ha esitazioni, basta osservare i suoi comandamenti:

“Chi osserva i suoi comandamenti dimora in Dio ed egli in lui”

Sono tanti i comandamenti che occorre osservare per giungere a questa unità?
No, dal momento che Gesù li ha condensati in un solo comando. “Questo è il suo comandamento – ricorda Giovanni subito prima di enunciare la Parola di vita, quella scelta per questo mese -: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato.”
Credere in Gesù ed amarci come lui ci ha amato: ecco l’unico precetto.
Se l’esistenza umana trova il suo compimento nella dimora di Dio tra noi, c’è un solo modo per essere pienamente noi stessi: amare! Giovanni ne è talmente convinto che continua a ripeterlo lungo tutta la lettera: “Chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui”; “Se noi ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi…”. 
La tradizione racconta, al riguardo, che quando egli, ormai anziano, veniva interrogato sugli insegnamenti del Signore, ripeteva sempre le parole del comandamento nuovo. Se gli domandavano perché non parlasse di altro, rispondeva: “Perché è il comandamento del Signore! Se lo si pratica, questo basta.”
Così è di ogni Parola di vita: conduce immancabilmente ad amare. Non può essere diversamente perché Dio è Amore e ogni sua Parola contiene l’amore, lo esprime e, se vissuta, trasforma in amore.

“Chi osserva i suoi comandamenti dimora in Dio ed egli in lui”

La Parola di questo mese ci invita a credere in Gesù, ad aderire con tutto il nostro essere alla sua Persona e al suo insegnamento. Credere che egli è l’amore di Dio – come ci insegna ancora Giovanni in questa lettera – e che per amore ha dato la vita per noi . Credere anche quando egli sembra lontano, quando non lo sentiamo, quando subentrano le difficoltà o arriva il dolore…
Forti di questa fede, sapremo vivere sul suo esempio e, obbedendo al suo comandamento, amarci come lui ha amato.
Amare anche quando l’altro non sembra più amabile, anche quando abbiamo l’impressione che il nostro amore sia inadeguato, inutile, non corrisposto. Facendo così ravviveremo i rapporti tra noi, sempre più sinceri, sempre più profondi, e la nostra unità attirerà la dimora di Dio tra noi.

“Chi osserva i suoi comandamenti dimora in Dio ed egli in lui”

«Eravamo innamorati, mio marito e io, ed era così facile il rapporto tra noi i primi anni di matrimonio. In quest’ultimo periodo però lui è tanto stanco e stressato. In Giappone il lavoro pesa sulle spalle di un uomo come un macigno.
Una sera, tornato dal lavoro, si è messo a tavola per la cena. Ho fatto per sedermi accanto a lui, ma mi ha gridato di andarmene: “Non hai diritto di mangiare, perché non lavori!” Ho passato la notte a piangere, rimuginando di andare via di casa, di separarmi. Il giorno seguente mille pensieri hanno continuato ad assillarmi: “Ho sbagliato a sposarlo, non ce la faccio più a vivere con lui.”
Nel pomeriggio ne ho parlato alle amiche con le quali condivido la mia vita cristiana. Mi hanno ascoltato con amore e dalla comunione con loro ho ritrovato la forza e il coraggio necessari per andare avanti. Sono riuscita a preparare ancora la cena a mio marito. Man mano che si avvicinava l’ora del suo rientro aumentava il timore: come reagirà oggi? Ma una voce dentro era come mi dicesse: “Accogli questo dolore, non mollare. Continua ad amare”. Ed ecco lui  appare sulla porta. Ha portato una torta per me. “Scusami – mi dice – per quanto è successo ieri.”»

      Chiara Lubich

Protagonisti del nostro ambiente

Sono di Hong Kong, una città internazionale che viene chiamata “Shopping Paradise”, perché c’è una pressione molto forte dei mass media che spingono a comprare e avere più cose possibili. Vivendo in questa cultura consumistica tanti giovani pensano che essere liberi vuol dire fare qualsiasi cosa ci viene in mente, avere tutto quello che vogliamo, sempre di più: cose, vestiti, denaro, tempo per noi. Così, per esempio, usiamo il nostro tempo per guadagnare sempre più soldi, per fare shopping e divertirci. Ma io ho capito che questa non è la vera libertà, la vera felicità. Questo tipo di felicità è soltanto un’illusione, perché denaro e cose materiali diventano come la nostra prigione. Il centro della mia vita non può essere solo il mio io, ma posso amare, posso aprirmi agli altri. Allora sento che nasce in me una libertà più grande e vera: gli stretti confini della mia vita si aprono su un orizzonte molte più grande. L’anno scorso, durante le vacanze estive, sono andata con altri Giovani per un mondo unito in un villaggio della Cina continentale per incontrare i bambini che vivono lì, per insegnare l’inglese e giocare con loro. Lì abbiamo vissuto senza tutte quelle cose che ad Hong Kong consideriamo normali: condizionatore, frigo, lavatrice, TV, computer. All’inizio, la mancanza di queste cose ci sembrava limitare la nostra libertà, ma poi l’esperienza con questi bambini è stata così preziosa da poter dire che sono stati loro a farci scuola. Erano felici perché avevano una grande capacità di amare, una grande serenità e apertura agli altri. La loro libertà era profonda, non dipendeva dal denaro e da tante altre cose materiali, ma dalla gioia di conoscersi, di imparare gli uni dagli altri, di fare sport insieme, di inventare cose nuove. Mi ricordo, per esempio, i giochi, i racconti che occupavano le nostre serate, invece di restare seduti immobili davanti alla TV o al computer, come facevo anch’io prima. Conoscere da vicino la vita di queste famiglie mi ha fatto scoprire che il mondo è molto diverso: qualcuno ha di più degli altri e tutti siamo responsabili di questa situazione. Il tempo della mia vita deve servire per fare un mondo unito. Questa esperienza è stata davvero importante. Penso che non la dimenticherò più. (I. C. – Hong Kong) Durante l’ultimo anno dell’Università – ho studiato ingegneria civile in Polonia – con una mia collega abbiamo iniziato a lavorare in una azienda. Quando sono entrata nell’ufficio dove avrei dovuto lavorare, ho subito notato appesa alla parete una foto che andava contro la dignità della donna. La mia collega mi consigliava di non dire nulla, che era già difficile trovare un lavoro e che era meglio non rischiare di perderlo. Io però non potevo rimanere indifferente, significava approvare la mancanza di rispetto verso le donne, e io volevo essere fedele ai miei ideali di vita. Ma cosa avrebbero pensato gli altri colleghi dell’ufficio? La mattina dopo mi sono fatta coraggio e per prima cosa ho tolto dalla parete quella foto. I colleghi non solo non mi hanno disapprovata, ma anzi da quel giorno il nostro rapporto è diventato sempre più profondo e io ho imparato l’importanza di essere protagonista nell’ambiente in cui vivo, senza giudicare nessuno, ma anche senza rimanere indifferente a ciò che succede. (M. T. – Polonia) (tratto dal “Forum sulla libertà” – Loppiano, 1° maggio 2008)

Riempire di luce il cammino

L’Associazione “Levántate y Anda” e l’AMU, ONG del Movimento dei Focolari, hanno lavorato insieme in un progetto di cooperazione ad Igbariam in Nigeria, per contribuire all’installazione del rifornimento elettrico sotterraneo. La popolazione del villaggio di Igbariam (40 Km da Onitsha) è composta da circa 8.500 abitanti di etnia Igbo, nella stragrande maggioranza dedita all’agricoltura di sussistenza. Il villaggio è sprovvisto delle più elementari infrastrutture quali elettricità, telefono, acqua potabile ed è collegato ad una strada statale da una pista di 9 km che durante la stagione delle piogge è praticabile solo da mezzi fuoristrada. Esiste un solo dispensario senza personale specializzato e manca quasi sempre delle più elementari medicine. Per migliorare stabilmente le condizioni di vita della popolazione rurale ed offrire una qualità di vita degna e sostenibile, si è pensato di rendere più efficiente l’utilizzo dell’energia elettrica anche nell’ottica di migliorare la produzione presso i vari laboratori. Per finanziare il progetto di solidarietà per Igbariam, e in memoria di  Miguel Angel, focolarino di Madrid, vissuto 10 anni in Nigeria, dove è morto in un incidente, il presidente dell’ Associazione, appassionato di fotografia, ha scattato foto del giardino botanico di Madrid, organizzando poi con la moglie la mostra “Le quattro stagioni nel giardino botanico reale di Madrid”. Con le foto è stato realizzato un ‘calendario di solidarietà’ che ha avuto presto una rapida diffusione in tutta la Spagna, coinvolgendo anche altre associazioni e gruppi. Finora (maggio 2008) sono stai raccolti € 10.000, e l’azione è ancora in corso (€15.800 è il costo totale del progetto). Così racconta Jesus: “Tanti mesi di lavoro, tanti fatti significativi, nuove persone entrate nei nostri cuori e la gioia di sapere che è stato costruito qualcosa, anche piccola, per cambiare il mondo. A dispetto degli indifferenti e di quelli che pensano che niente possa cambiare, abbiamo visto che tutto cambia nel nostro ambiente se noi cambiamo, ed insieme possiamo far sì che un mondo migliore sia possibile”. Per informazioni scrivere a: alevantateyanda@yahoo.es

Esperienza quotidiana lavorando in carcere

Il sistema penitenziario brasiliano oggi desta curiosità e insieme suscita tristezza e ribellione. Ho iniziato a lavorare nelle prigioni come agente penitenziario, dopo un concorso pubblico. Nei primi mesi ho visto situazioni scioccanti, come un detenuto accoltellato e agonizzante, cose che ancora oggi succedono nelle prigioni. Dopo un po’ di tempo, sono andato a lavorare nel settore amministrativo. Fra i funzionari la maggioranza si limitava a lamentarsi, solo qualcuno collaborava per un’opera di reintegrazione sociale dentro il carcere. Mi sono rivolto a questi e abbiamo cominciato ad agire insieme. Alcuni dei miglioramenti che introducevo – che non rientravano nella quotidianità del carcere – venivano criticati, varie volte sono stato deriso. Questa è stata la prima barriera che ho superato. D’altro canto, ho sempre avuto la fortuna di trovare persone che credevano nel mio lavoro, e a loro sono molto grato. Anche se ora sono nel campo direttivo, l’esperienza che ho fatto insieme ai funzionari di base rimane molto importante per la mia formazione professionale. Ho ricevuto l’incarico di supervisore tecnico e direttore temporaneo del penitenziario di Sorocaba, vicino a San Paolo (con circa 1.300 detenuti). Lì, la maggior parte dei detenuti da rieducare dimostra interesse ad essere reintegrati e facilita il nostro lavoro rieducativo. Lungo la mia vita, ho raccolto valori importantissimi e mi sono accorto che il bene ci procura una qualità di vita imparagonabile, l’ho praticato, esercitato e vissuto, riconoscendo che tutti gli uomini sono uguali. Non ho una specifica religione, ma tutto quello che ha a che fare con il positivo e il bene, mi ha sempre  attratto. Credere nell’essere umano, nella fraternità, mi ha aiutato molto in questo lavoro, come mi hanno aiutato le persone che ho incontrato. Una di esse è Claudiano, responsabile del settore di educazione del penitenziario; è sempre pronto ad aiutare, vuole rinnovare le strutture e riesce a coinvolgere profondamente i carcerati affinché acquistino nuovi valori, come il rispetto per l’altro. E’ stato lui ad organizzare al penitenziario la venuta del “Gen Rosso”, un complesso musicale del Movimento dei focolari che ho così conosciuto, ritrovando ideali comuni. Alcuni flash: ho cominciato a portare il mio skateboard al lavoro in modo che i carcerati potessero usarlo nel cortile, al sole. Un’altra volta mi sono recato per una conferenza in un penitenziario per adolescenti portando con me L., che ha raccontato la sua scelta di lasciare la criminalità e cambiare vita. Io ho raccontato la mia esperienza, di come ho scelto il bene e ho potuto far loro  vedere i benefici che questo comporta. In quei ragazzi è nata l’idea che è possibile iniziare una altra vita, liberandosi dal crimine e dal male. Questa conferenza d’ora in poi farà parte di un progetto, in gemellaggio con il Ministero dell’Istruzione, per le scuole pubbliche, con la finalità di far vedere agli adolescenti come è vantaggioso evitare il male che la vita di strada presenta. Di recente abbiamo incominciato un’esperienza sociale che prevede che i carcerati aiutino diversi tipi di emarginati: bambini abbandonati, persone diversamente abili, malati, anziani, ecc… Nel penitenziario di Sorocaba continuiamo a lavorare per questi progetti, e proponiamo una nuova visione del carcere che mira a migliorare l’ambiente ed i rapporti. La mia vita si é trasformata, dal punto di vista umano e sociale.

Chiara Lubich, anticipatrice del Concilio Vaticano II

Chiara Lubich, mistica, autrice di libri di successo e guida spirituale, è stata la fondatrice e presidente del Movimento dei Focolari, una rete internazionale sul modello di piccole comunità i cui membri, sposati o celibi, si dedicano all’ideale dell’unità fra tutti i paesi, le razze e religioni. Sotto la sua guida, il Focolare si è sviluppato in più di 182 nazioni, ha 140 mila membri e così pure 2.1 milioni di associati, cristiani Cattolici, Protestanti e Ortodossi ed anche membri di altre fedi. Profondamente influenzato dalle rovine della Seconda Guerra Mondiale, il Focolare è stato uno dei cosidetti “nuovi movimenti Cattolici”, che hanno dato nuova fioritura e vigore alla Chiesa durante il pontificato di Giovanni Paolo II e continua adesso con Benedetto XVI. Ma la strada al riconoscimento ufficiale è stata lunga e a volte dura. Nata nel 1920 a Trento nell’Italia del Nord, la Lubich fu battezzata col nome di Silvia ma lo cambiò con quello di Chiara quando, adolescente, è entrata a far parte del Terzo Ordine Francescano. Educata ad una devozione cattolica tradizionale dalla madre, fu altrettanto fortemente influenzata dal padre, di vedute socialiste e anti-fasciste. A Trento, sua città natale, Chiara Lubich a 24 anni, insegnante di scuola elementare, ha dato inizio al movimento con un  gruppo di ragazze, alcune erano le ex-alunne. Nonostante il suo nome familiare – Focolare significa “camino” – la giovane organizzazione ebbe un impatto rivoluzionario nello stagnante cattolicesimo del tempo. Molte delle sue novità – la rivalutazione dell’importanza dei laici, il ritorno alle scritture, una liturgia gioiosa con melodie del tempo, il sottolineare la chiave del messaggio evangelico dell’amore e dell’unità – hanno anticipato la direzione che il Concilio Vaticano Secondo avrebbe preso 20 anni dopo. Negli anni finali della Seconda Guerra Mondiale, Trento, ancora sotto l’occupazione tedesca, fu sottoposta a forti bombardamenti dalle forze Alleate . Con la morte davanti ai loro occhi, la Lubich e le sue discepole, studiando i Vangeli, hanno sentito la spinta ad entrare nel cuore del messaggio Cristiano. Nei rifugi aerei, alla luce di candela, hanno scoperto la biblica frase   che è stata poi loro ispirazione per i seguenti 60 anni: “Che tutti siano uno.” (Giov.12, 21). L’Unità, raggiunta attraverso l’amore reciproco, divenne la parola d’ordine del gruppo da quel giorno in poi. Non sorprende che la pratica di leggere il Nuovo testamento attirò le accuse di protestantesimo e la predilezione per la parola “unità”, generò il sospetto di comunismo. I primi seguaci erano meravigliati che il movimento potesse far fare unità fra persone di Trento e quelle della vicina Bolzano: questo era un risultato imprevedibile in un paese famoso per i suoi campanilismi. Ma ormai la Lubich aveva puntato su un obbiettivo molto più ambizioso. Per lei, “Che tutti siano uno” non poteva che significare l’unità di tutta l’umanità. È stata questa visione e questo punto fisso, il motore della straordinaria crescita della nascente comunità. Alla fine degli anni ’40 il Focolare si era sviluppato in tutta l’Italia; nella seguente decade si è dispiegato attraverso l’Europa e per la fine degli anni ’60 aveva raggiunto tutti i continenti. Ma la Lubich non ha mai visto il suo movimento come fosee di natura solamente spirituale. Già nel 1948, quando fu trasferito il Centro del Movimento a Roma, visitò il parlamento italiano dove incontro Igino giordani, uno dei fondatori del Partito Democratico Cristiano. Giordani, che aveva avuto per tutta la sua vita un’ammirazione per Santa Caterina da Siena, vide in questa giovane donna provinciale la Caterina del 20mo secolo, il cui ideale avrebbe influenzato non solo la Chiesa ma anche il campo politico e quello sociale. Poi negli anni ’50, l’esperto politico divenne un devoto seguace della Lubich e fu da lei considerato come un co-fondatore del movimento. Anche il primo ministro italiano, Alcide De Gasperi, un altro Trentino e uno dei padri fondatori dell’Unione Europea, ne rimase impressionato e ne divenne discepolo. Molto più tardi questo aspetto delle attività della Lubich dette vita ad una nuova scuola di economia – l’Economia di Comunione, che applica la pratica di comunione dei beni del movimento alle imprese economiche – e al Movimento Politico per l’Unità, che incoraggia la collaborazione tra partiti diversi e che ha attirato dei luminary come Romano Prodi, che ha collaborato con la Lubich in vari progetti. Dopo un estenuante esame da parte del pre-conciliare Santo Uffizio, per la maggior parte diretto alla Lubich stessa dal Cardinal Ottaviani, notoriamente conservatore, il Focolare è stato approvato ufficialmente dal Vaticano nel mezzo degli anni ’60. In questo periodo la Lubich fondava nuove branche per sacerdoti, religiosi, seminaristi, giovani, professionisti, famiglie – perfino i bambini ebbero la propria sezione. Iniziò anche a fondare cittadelle modello con l’intento di servire come laboratory per la ricostruzione dellasocietà – oggi ce ne sono 20 nel mondo, anche se la fondatrice prevede che ce ne saranno eventualmente mille. Ancora negli anni ’50, la Lubich con entusiasmo iniziò a lavorare per la causa dell’ecumenismo, allora quasi inimmaginabile nei circoli cattolici. Rapporti con Luterani Tedeschi cominciarano nel 1959, mentre agli inizi degli anni ’60 furono stabiliti i primi contatti con Anglicani della G.Bretagna. Il rapporto personale, molto vicino, col Patriarca Ortodosso di Istanbul, Atenagoras, portò la Lubich ad agire da canale tra il leader Ortodosso e Paolo VI. Più tardi comnciò ad essere coinvolta nel dialogo interreligioso e nel 1994 fu nominata presidente onoraria della WCRP. È stata la prima cristiana e la prima donna a predicare nella Moschea Malcom X ad Harlem, New York, dove nel maggio 1997 si rivolse a 3000 Musulmani, afro-americani. Con permesso speciale dal vaticano, il Focolare è stata la prima organizzazione cattolica ad ammettere membri di altre chiese Cristiane  e di altre fedi nelle loro comunità. Già più che ottantenne, le attività della Lubich, specialmente fuori dal Movimento, aumentarono e e ha ricevuto numerosi premi civici e laure h.c.. Per celebrare il suo ottantesimo anno d’età nel gennaio 2000, in una straordinaria lettera di omaggio, il Papa Giovanni Paolo II, che aveva l’abitudine di chiamarla personalmente al telefono ogni anno il giorno della festa di S.Chiara, l’addita “messaggera dell’unità e dell’amore a molti fratelli e sorelle in ogni parte del mondo”. Tra i suoi premi religiosi c’è il Premio Templeton presentato dal Duca di Edinburgh nella Guidhall nel 1977 e l’Ordine di Santo Agostino, che ricevette dall’Arcivescovo Runcie e Carey. Sebbene il suo movimento fosse, negli anni 40 e 50, all’avanguardia nel Cattolicesimo, alla fine degli anni ’90 si è fermato dottrinalmente nel campo conservatore della Chiesa – una traiettoria non dissimile a quella dell’Opus Dei, una organizzazione che in molti aspetti assomiglia. Nonostante le sue innovazioni, il suo lavoro per l’ecumenismo e la comprensione tra le fedi, la Lubich era nel cuore tradizionalista, inspirata dal passato illustre del cattolicesimo quanto alle sue possibilità future. Giovanni Paolo II scelse le sue parole saggiamente quando la descrisse “una grande Cattolica”. Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, nacque nel Gennaio 1920. Morì il 14 Marzo, 2008 all’età di 88 anni. The Times, 15 Marzo 2008

Rubrica per i lettori, “Di la tua”:

Che Dio bendica Chiara! Porto il suo nome e quello di S.Chiara. Nel 71 sono nata prematuramente e pesavo solo 1kg e mezzo, la mia nonna che credo l’aveva incontrata anni prima, ha pregato e chiesto aiuto a Dio. Viva il Movimento dei Focolari. Chiara, San Francisco, CA Chiara ha influenzato la mia vita e il mio predicare per più di trenta anni. Credo che la sua canonizzazione è solo questione di tempo. Reverendo Robert Bulbrook, Acton, Ontario, Canada Il 18 marzo ero convalescente nell’Ospedale di Siena, dove ho visto alla televisione la S.Messa in Vaticano per il funerale in onore di Silvia (Chiara) Lubich. Sono rimasto volentieri sorpreso dalla presenza di persone di varie denominazioni partecipanti l’avvenimento, non solamente cattolici ma di varia appartenenza religiosa. Fino ad allora non conoscevo chi era Chiara Lubich, ma adesso ho letto su di lei nell’internet, su Wikipedia e adesso sul sito del Times. Ho cominciato a conoscere una grande persona che ci ha lasciato un esempio da seguire. Sono contento di aver letto il vostro articolo e grazie per averlo pubblicato. Grazie ai mezzi di comunicazione come la televisione, l’internet e i giornali si può uscire fuori e conoscere cose grandi che possono ispirare la nostra vita e promuovere uno stile di vita migliore. Cordialmente, Alberto M. Estrada R., Guanajuato, Mexico Ho incontrato Chiara quando avevo 16 anni. In lei ho trovato una madre spirituale che conosceva la mia anima più che le persone a me vicine. Mi ha insegnato che l’Amore e Dio sono una sola cosa! Aveva un messagio speciale per chiunque cerchi delle risposte essenziali per la loro vita! Le risposte di Dio! Dolly, Bogota, Colombia Ho incontrato Chiara quando ero una ragazza, sui 20 anni, e da allora ho fatto parte del Focolare (dal 1966). Lei è stata un dono di Dio per tutta l’umanità nei nostril tempi moderni e ringrazio Dio per averci dato una persona così straordinaria e un gran modello per la Cristianità. Continuerà ad essere un modello per me e per il mondo. Gail Kisheri, Basking Ridge, N.Jersey, Usa Chiara Lubich è riuscita a rimanere fedele alla Chiesa e ai Papi e allo stesso d allargare le frontiere del dialogo e della fraternità in modi precedentemente inimmaginabili. Ci vorranno anni per capire pienamente il suo dono spirituale all’umanità. Edward Duncan, Strathaven, Scotland Ho sempre pensato che il Focolare era una organizzazione irlandese! Adesso sono stato illuminato e in gran misura ravvivato dal fatto che tale realtà è presente in tutto il mondo. James McGarva, Girvan, Scotland Chiara mi ha mostrato la chiave per un cristianesimo che vale vivere, che da una profonda libertà. Myriam, Beirut, Libano Una cattolica di grande ispirazione, Chiara Lubich era una dinamite spirituale – ci ha mostrato come vivere il nostro Battesimo. Carissimo editore, potremmo per favore avere più articoli sul Focolare? Gracy Mendonca, Liverpool, UK Un bel articolo! Grazie. Francisco, Lisbona, Portogallo Abbiamo tanto da ringraziare Chiara Lubich! Con la sua testimonianza ci ha dato un nuovo senso della vita, che nessuno potrà distruggere. Maria Maia, Lisbona, Portogallo Credo che Chiara era generazioni avanti del suo tempo. Ha preparato la strada e mostrata la via da seguire per un mondo unito. La sua grandezza, ora che è morta, verrà in rilievo. Margaret Driver, Welwyn Garden City, UK Il nostro mondo ha bisogno di armonia, solidarietà, e pace – molto di più che solo tolleranza o coesistenza. La vita e il lavoro di Chiara Lubich, dedicato all’unità fra tutti i popoli, non può essere sottovalutato. È stata un grande dono per l’umanità. Steven Rogg, Chicago, Usa Uno degli articoli migliori che ho letto in Inglese, eccetto che ci sono poche cose così innovative e progressiste come prendere seriamente il Vangelo e la tradizione Cristiana, come ha fatto Chiara. Nieves Tapia, Buenos Aires, Argentina Ben detto! Julian T Rowe, York, UK

Maggio 2008

“Dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà”

Gesù Risorto, il Signore, continua, oggi come ai tempi di Paolo, ad agire nella storia, e in particolare nella comunità cristiana, attraverso il suo Spirito. Anche a noi dà di comprendere il Vangelo in tutta la sua novità e lo scrive nei nostri cuori in modo che sia la nostra legge di vita. Non siamo guidati da leggi imposteci dal di fuori, non siamo schiavi costretti da ordinamenti di cui non siamo convinti  e che non condividiamo. Il cristiano è mosso da un principio di vita interiore, che lo Spirito ha posto in lui con il battesimo, dalla sua voce, che ripete le parole di Gesù facendole comprendere in tutta la bellezza, espressione di vita e di gioia: le rende attuali, insegna come viverle e insieme infonde la forza per metterle in pratica. È lo stesso Signore che, grazie allo Spirito Santo, viene a vivere e ad agire in noi, facendoci Vangelo vivo. Essere guidati dal Signore, dal suo Spirito, dalla sua Parola: ecco la vera libertà! Coincide con la realizzazione più profonda del nostro io.

“Dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà”

Ma si sa che, perché lo Spirito Santo agisca, occorre la piena disponibilità ad ascoltarlo, pronti a cambiare la nostra mentalità, se necessario, e poi aderire pienamente alla sua voce. È facile lasciarsi rendere schiavi dalle pressioni esercitate dal costume e dal consenso sociale, che possono indurre a scelte sbagliate. Per vivere la Parola di vita di questo mese è necessario imparare a dire un no deciso al negativo che affiora dal nostro cuore ogni volta che siamo tentati di assuefarci a modi di agire che non sono secondo il Vangelo; imparare a dire un convinto sì a Dio ogni volta che sentiamo che egli ci chiama a vivere nella verità e nell’amore. Scopriremo il legame fra la croce e lo Spirito, come fra causa ed effetto. Ogni taglio, ogni potatura, ogni no al nostro egoismo è sorgente di luce nuova, di pace, di gioia, di amore, di libertà interiore, di realizzazione di sé; è porta aperta allo Spirito. In questo tempo di Pentecoste Egli potrà elargirci con più abbondanza i suoi doni; potrà guidarci; saremo riconosciuti per veri figli di Dio. Saremo sempre più liberi dal male, sempre più liberi di amare.

“Dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà”

È la libertà che ha trovato un funzionario delle Nazioni unite, durante il suo ultimo incarico in uno dei Paesi dei Balcani. Le missioni che gli vengono affidate rappresentano un lavoro gratificante, sebbene estremamente impegnativo. Una grande difficoltà sono i prolungati momenti lontano dalla famiglia. Anche quando torna a casa è faticoso lasciare sulla porta il fardello del lavoro nel quale è coinvolto, e dedicarsi con animo libero ai bambini e alla moglie. Improvvisamente il trasferimento in un’altra città, sempre nella stessa regione, ove è impensabile portare con sé la famiglia perché, nonostante gli accordi di pace appena firmati, le ostilità continuano. Cosa fare? Cosa vale di più, la carriera o la famiglia? Ne parla a lungo con la moglie, con la quale da tempo condivide una intensa vita cristiana. Chiedono luce allo Spirito Santo e insieme cercano la volontà di Dio per la loro famiglia. Infine la decisione: lasciare un lavoro così ambito. Decisione davvero insolita in quell’ambiente professionale. “La forza per questa scelta – racconta lui stesso – è stata frutto dell’amore reciproco con mia moglie, che non mi ha mai fatto pesare i disagi che le procuravo. Da parte mia, avevo cercato il bene della famiglia, al di là delle sicurezze economiche e della carriera e avevo trovato la libertà interiore”. Chiara Lubich

«Il crudo del Vangelo»

SOMMARIO

Editoriale

BENEDETTO XVI E IL CAMMINO DELLA CHIESA CATTOLICA – di Piero Coda – Il presente intervento vuole offrire qualche appunto di riflessione sul cammino della Chiesa cattolica in quest’ultimo periodo, prendendo come termine di riferimento il ministero petrino di Benedetto XVI. Non si tratta di fare una pregiudiziale apologetica di ciò che dice e fa il Papa, ma di cercare di cogliere quanto lo Spirito santo ci indica attraverso tale ministero. Si toccano, in particolare, i seguenti punti: l’invito affabile e insieme deciso a radicarsi nel cuore della fede cristiana; l’interpretazione e la recezione vitale del Vaticano II; il servizio all’unità della Chiesa (il motu proprio Summorum Pontificum sull’uso della liturgia romana anteriore alla riforma del 1970; il rapporto coi Movimenti e le Nuove Comunità ecclesiali; l’impegno ecumenico); il dialogo interreligioso e l’impegno a una nuova proposta culturale in cui prendano forma, da un lato, la novità della fede cristiana e, dall’altro, una risposta pertinente e incisiva alle formidabili questioni che investono oggi l’esistenza umana nel mondo, a livello personale, sociale e globale. XXX (2008/2)176, pp. 141-158

Nella luce dell’ideale dell’unità

IL CRUDO DEL VANGELO – di Chiara Lubich – Questo testo di Chiara Lubich, datato 3 dicembre 1973, è il frutto di una esperienza spirituale fatta da lei in quell’anno, quando, colpita nel fisico da una dolorosa doppia ernia del disco e nello spirito da altre sofferenze, venne ad approfondire una dimensione nuova del Vangelo. Il testo conserva la forma di una conversazione familiare perché così è nato. XXX (2008/2)176, pp. 159-163

Saggi e ricerche

LA NOTTE TEMPO DI PROVA. L’ESPERIENZA DEI SANTI – di Fabio Ciardi – Sotto il simbolo della “notte” viene raccolta una grande varietà di esperienze della tradizione cristiana sul cammino di purificazione per poter giungere all’esperienza piena di Dio. Dopo aver accennato alla simbologia della luce e delle tenebre l’articolo si sofferma sul significato dato dalla Scrittura e dall’esperienza dei mistici alla notte come tempo di prova, passando in rassegna una decina di autori, soprattutto del secondo millennio, da Bernardo di Chiaravalle a Madre Teresa di Calcutta. Infine si domanda il perché della prova, sperimentata come notte. La risposta si articola attorno a quattro motivazioni: la notte costituisce una via per la purificazione dell’anima, così da portarla all’unione intima con Dio; per la sua piena conformazione a Cristo; per consentire una partecipazione alla sofferenza redentrice di Cristo; per poter attuare la missione di generare un’opera nuova nella Chiesa (è la notte che riguarda in particolare fondatori e fondatrici). XXX (2008/2)176, pp. 165-187 IL DONO DELLA DIVINIZZAZIONE NELL’ANTROPOLOGIA TEANDRICA DI MAURICE BLONDEL – di Tomáš Tatranský – L’antropologia integrale di Maurice Blondel, filosofo e teologo francese di una profondissima spiritualità cristocentrica, si basa su una concezione dinamica dell’essere che ha come modello supremo la reciprocità del dono costituente l’Essere di Dio Uno e Trino. L’uomo, creato con un atto kenotico di Dio, è chiamato a superare l’essere puramente naturale che lo forma come un individuo, attraverso il processo della propria personalizzazione che richiede una donazione libera e totale di sé. Aprendosi così kenoticamente agli altri e a Dio, l’uomo ritrova in sé il soprannaturale che plasma il suo “uomo nuovo”. In definitiva, la persona umana è destinata ad accogliere il dono della divinizzazione che opera in essa l’unione teandrica dell’umano con il divino. Elevato così a partecipare alla vita trinitaria e a rivivere i rapporti trinitari anche sul piano orizzontale, l’uomo coopera con Dio all’avvento di un mondo nuovo in cui il “Cristo integrale” unirà a sé tutto il cosmo. XXX (2008/2)176,  pp. 189-224 DALLA FRAMMENTAZIONE ALL’UNITÀ: GENERAZIONI IN RELAZIONE – di Francesco Châtel – In un oggi sempre più frammentato e dalle molte verità, la relazione educativa autentica si presenta quale strada maestra per affrontare il mondo dei giovani.  Pur in un gioco di luci ed ombre, le generazioni di oggi si presentano particolarmente aperte al dialogo e capaci di costruire un mondo più unito. Il pensiero e l’azione educativa di Chiara Lubich e dei Focolari ci offrono stimolanti prospettive che collegano l’osservazione della realtà, le mete e i modi per raggiungerle. XXX (2008/2)176,  pp. 225-233 NORBERTO BOBBIO E IL PROBLEMA DELL’ABORTO – di Anselmo Palini – Tra i grandi meriti del filosofo torinese Norberto Bobbio, considerato il padre della cultura laica in Italia, vi è quello di aver tolto il problema dell’aborto  dalle secche della contrapposizione fra laici e cattolici, per inserirlo nel più ampio contesto dei diritti umani. La lezione di Bobbio è oggi più che mai attuale, in quanto ci ricorda che il diritto alla vita è il primo e fondamentale diritto umano e che, come tale, non può essere disatteso o violato. Secondo Norberto Bobbio, la contrarietà all’aborto e l’affermazione del diritto alla vita non sono essenzialmente posizioni desunte dalla fede, come se fossero un patrimonio dei soli cattolici, bensì hanno a che fare con i diritti umani accertati dalla ragione. Sulla base di una tale impostazione del problema, per il filosofo torinese credenti e non credenti dovrebbero essere uniti nell’impegno per la promozione del diritto alla vita e nel contrasto all’aborto. XXX (2008/2)176,  pp. 235-246

Spazio letterario

«Nuova Umanità» continua nelle sue pagine l’apertura di spazio dedicato alla produzione letteraria. NERI, COME I TUOI – di Stefano Redaelli. XXX (2008/2)176,  pp. 247-260

Per il dialogo

LA RELIGIOSITÀ DEI PRIMI CINESI SECONDO I TESTI DI STANISLAUS LOKUANG – di Philippe Hu Kung-Tze – L’Autore si propone di indagare la religiosità degli antichi cinesi rileggendo alcuni scritti dell’Arcivescovo Lokuang, specialista nella filosofia cinese. In alcuni suoi articoli, l’Arcivescovo prende in considerazione i primi tre libri cinesi: Shang-shu (Libro dei Documenti), Shi-jing (Libro delle Poesie) e Yi-jing (Libro dei Cambiamenti). Secondo l’indagine di Lokuang, questi libri mostrano la presenza nell’antica cultura cinese di una profonda e diffusa religiosità. Dai passi esaminati emerge una idea molto chiara: gli antichi cinesi credevano in un Dio unico, la cui concezione è comparabile col concetto cristiano di Dio. Il risultato dell’indagine può essere utile in funzione della realizzazione delle mete proposte nella Dichiarazione sulle religioni non-cristiane del Vaticano II. Essa inoltre contribuisce a stabilire un ponte per il dialogo con il popolo cinese e  a mostrare come i suoi antenati non sono stati dimenticati dalla rivelazione di Dio. XXX (2008/2)176,  pp. 261-270

Libri

LA FERITA DELL’ALTRO, DI LUIGINO BRUNI – di  Giovanni Casoli – Casoli incentra la sua analisi del libro di Bruni intorno alla scelta, che quest’ultimo compie, di parlare di economia dei rapporti umani alla luce del rapporto con l’altro/Altro inteso come ferita, come trauma salvifico e, per questo, necessario. Bruni discute le diverse visioni che, nel corso degli ultimi secoli, la riflessione economica ha proposto dei rapporti umani, spesso interpretandoli proprio in modo da evitare un vero confronto con la realtà dell’alterità. La lettura che Bruni compie  non evita la durezza della realtà dell’altro, ma scopre, nella ferita, la possibilità di una crescita, di una “benedizione”. A partire da questa prospettiva, Bruni sviluppa una interpretazione dell’economia contemporanea nella quale “eros”, “philìa” e “agape” – concetti rappresentanti i principali atteggiamenti relazionali –  si articolano tra di loro nella composizione di una economia civile capace di bene comune. XXX (2008/2)176,  pp. 271-279 NUOVA UMANITÀ XXX –  Marzo – Aprile – 2008/2, n.176

«Dio, uomo e natura nella prospettiva cristiana e in quella indù»

38 anni di primo maggio

1 maggio 2005«TEMPO DI FRATERNITÀ» “E’ la fraternità universale l’unico orizzonte possibile verso il quale gli uomini e i popoli della terra si stanno muovendo a passi lenti, ma inarrestabili. E’ la fraternità il motore di un mondo in pace, di un mondo unito”. 1 maggio 2004 – «VENTO DI FRATERNITA’ “…non sentiamo forse la necessità di giocare il tutto per il tutto per il trionfo del bene? …tornando in famiglia, oppure a scuola, o in ufficio, dovunque, proviamo tutti ad amare… e soprattutto ad amarci reciprocamente. Il tempo presente ci domanda di fare ogni sforzo per far sorgere il vento della fraternità universale”. 1 maggio 2003 – «PROTAGONISTI DI FRATERNITÁ “Portate nel mondo un incendio d’amore. Sarete così davvero protagonisti di fraternità e, come Maria, ponte fra cielo e terra… ”. 1 maggio 2002 – «IN CORSA PER UN MONDO DI FRATERNITA’» “Che la giornata odierna segni una tappa nel favoloso programma di vedere un giorno quella fraternità universale che è la soluzione di tutti i gravi problemi del nostro pianeta”. 1 maggio 2001 – «POPOLI NUOVI – E’ L’ORA» “…il mondo unito si farà, perché è Lui che lo vuole!”. 1 maggio 2000: MONDO UNITO “…non c’è, ve lo assicuro, avventura più appassionante di quella di avere Gesù fra noi e di seguirLo. Ma occorre amare, amare, amare.” “Nessuno vi superi in generosità e determinazione. Può essere questa l’occasione per eccellenza della vostra vita”. 1 maggio 1999: DIREZIONE MONDO UNITO “Lavorare nella vita che ci è data perché tutti siano una sola cosa mettendo in moto l’amore” “Che questo giorno sia tale da divenire indimenticabile per voi”.

«Dio, uomo e natura nella prospettiva cristiana e in quella indù»

Alla Basilica di Santa Maria Maggiore per il trigesimo della "partenza" di Chiara

Un’anima toccata da Dio”, “che ha lasciato come testamento spirituale l’amore scambievole”. Così il cardinale Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, ha ricordato Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, durante la concelebrazione eucaristica per il trigesimo della sua morte, avvenuta il 14 marzo scorso. A precedere la liturgia brevi testimonianze sul dialogo, di rappresentanti di movimenti cattolici, Chiese diverse e altre religioni. Da tutti la gratitudine e l’impegno a restare fedeli all’ideale dell’unità. Non un’omelia, ma un “Magnificat”, “un rinnovato rendimento di grazie per le grandi opere che Dio ha compiuto nella sua umile serva Chiara“. “Questo vogliamo fare nel trigesimo del suo ritorno alla casa del Padre“, dice il cardinale Rylko, facendosi interprete di tutti. Il Cardinale ripercorre “la vita ricolma di doni naturali e soprannaturali”, della giovanissima maestra di Trento, la cui prima e ultima parola, il 14 marzo scorso, è stata un sì a Dio e ai suoi progetti. Una vita inscindibilmente legata al Movimento dei Focolari che ha portato avanti a partire solo dalla volontà di vivere l’ideale evangelico, dall’amore alla Chiesa, al Papa e ai vescovi di cui si fidava senza riserve. “La Provvidenza la chiamava ad aprire nuovi itinerari di vita cristiana, ma per andare avanti ci voleva coraggio. E lei rispose: “Sì”. Poi il cardinale Rilko torna al cuore del carisma sorgivo del Movimento dei Focolari: credere nell’amore di Dio su ciascuno e amarsi a vicenda perché tutti siano uno. Una unità basata su Gesù abbandonato. Questa, ripete il Cardinale, “è stata e resta la risorsa dell’Opera di Maria” di cui sottolinea “gli straordinari i frutti” nella vita di innumerevoli persone e nel dialogo ecumenico e interreligioso. A confermarlo per altro le molte iniziative civili e religiose nonché gli echi sulla stampa estera seguiti alla scomparsa di Chiara. Tutto porta a dire, conclude il cardinale Rylko, che la si possa annoverare nell’albo delle “grandi donne cristiane del XX secolo“- qui cita, Madre Teresa e Edith Stein –  in cui con forza e bellezza , ripetendo Giovanni Paolo II, si è manifestato il genio femminile. E a chi si chiede “come sarà il futuro senza di lei“, il Cardinale non può che ripetere le parole della fondatrice ”non lo conosco, è scritto in cielo. A noi adempierlo con l’aiuto di Dio come finora e meglio ancora”.

Vivere la Parola cambia il rapporto con Dio e con i fratelli

Ecco l’ultimo pensiero  preparato da Chiara per il Movimento, dal letto di ospedale al Gemelli, poco prima della sua “partenza” e diffuso in questi giorni: «Vorrei questa volta sottolineare il valore del rapporto, dei rapporti tra di noi. Vivendo la Parola, agli inizi, a Trento, è cambiato sia il nostro rapporto con Dio che il nostro rapporto con i fratelli. Così è nata quella che allora chiamavamo “comunità cristiana”. Non dimentichiamo queste origini. Costruiamo la nostra opera su queste fondamenta». Riportiamo qui di seguito alcune sue righe tratte dal primo commento alla Parola di Vita di oltre  oltre 50 anni fa, tuttora   di grande attualità. Ben potrebbero riferirsi al pensiero appena citato, per penetrarlo in profondità e tradurlo in vita. «Le parole del Vangelo forse sembrano semplici, ma quale mutamento richiedono! Quanto sono lontane dal nostro usuale modo di pensare e di agire! Ma coraggio! Proviamo. Una giornata così spesa vale una vita. E alla sera non riconosceremo più noi stessi. Una gioia mai provata ci inonderà. Una forza ci investirà. Dio sarà con noi, perché è con coloro che amano. Le giornate si susseguiranno piene. A volte forse rallenteremo, saremo tentati di scoraggiarci, di smettere. E vorremmo tornare alla vita di prima… Ma no! Coraggio! Dio ci dà la grazia. Ricominciamo sempre. Perseverando, vedremo lentamente cambiare il mondo attorno a noi. Capiremo che il Vangelo porta la vita più affascinante, accende la luce nel mondo, dà sapore alla nostra esistenza, ha in sé il principio della risoluzione di tutti i problemi. E non avremo pace, finché non comunicheremo la nostra straordinaria esperienza ad altri: agli amici che ci possono comprendere, ai parenti, a chiunque ci sentiamo spinti a darla. Rinascerà la speranza». (altro…)

Il coraggio di mettersi in gioco

Il modulo per la domanda di insegnamento che ho davanti mi dice che la vita da studente si è ormai conclusa. La casella in cui indicare la provincia prescelta mi incalza. Meglio restare in questa mia città del Sud, o andare altrove? Mi è richiesta una scelta di vita. Molti miei colleghi scelgono il Nord, per avere maggiori possibilità di lavoro e per allontanarsi da quella realtà che spesso la cronaca nera porta alla ribalta: illegalità, devianza, criminalità. Eppure, tanto mi lega alla mia città! Non solo famiglia, affetti, amici, interessi, ma anche la speranza di poter fare qualcosa, andando controcorrente, nonostante i miei limiti. Mi torna in mente l’esortazione di Chiara ai giovani: “morire per la propria gente…”. L’idea di restare, rischiando di imbattermi in minori occasioni di lavoro ed in ‘scuole difficili’, cresce in me, con un po’ di incoscienza. Ne parlo a casa, con la mia fidanzata, con i colleghi. E’ sera, e domani il modulo va spedito. La scelta è fatta: rimango. In periferia e nelle zone disagiate c’è più possibilità di lavoro, non essendo posti ambiti. Penso: “Che posso farci io in questo quartiere, zona di lotte di camorra, dove si spara e si uccide? Posso amare! Che Dio mi aiuti”. E così indico alcune scuole ‘di frontiera’, accanto a scuole ‘d’élite’. Dio mi farà capire dove mi vuole. Dopo qualche mese vengo nominato con incarico annuale. Incredibile, entro nel mondo della scuola dalla porta principale, col contratto migliore! Il giorno che mi presento a scuola le lezioni sono sospese per atti vandalici perpetrati la notte prima. Capisco subito che Dio mi ha preso in parola: il momento della prova è arrivato. Il contesto è particolare, il disagio sociale si fa sentire. Le giornate si susseguono tra momenti di sconforto in cui tutto sembra non funzionare ed altri in cui gli occhi dei ragazzi si illuminano, mi cercano, perché vogliono emergere e prepararsi un futuro migliore; mi aggrappo a questa speranza, ed il mio patire trova un senso. Non so se ‘resisterò’, perché a volte è proprio dura fronteggiare i bulli, ottenere rispetto, parlare di matematica in questi contesti. Ma so che, attimo dopo attimo, posso cercare di far entrare Dio nelle aule; portarlo nei rimproveri, nei voti, nei colloqui, nelle dispute, nelle spiegazioni, nei silenzi, nelle annotazioni sul registro. Se Lui mi ha voluto qui, c’è un perché. (P.D. – Italia) (altro…)

In ricordo di Chiara che scelse di amare tutti

Il mio primo incontro con la morte è stato bello, grazie a Chiara Lubich. Avevo vent’anni e stavo partendo per le vacanze di Pasqua con la mia amica Maria Rita, che da Ferrara si era trasferita a Perugia, quando mi avvertirono che Maria Rita aveva avuto un incidente in motorino con sua sorella Annamaria, e che Annamaria era morta. Mi precipitai a Perugia in autostop, che in quegli anni era il mio principale mezzo di trasporto, e trovai Maria Rita ammaccata e confusa, ma sorridente. I suoi genitori, Paola e Piero, mi accolsero pieni di grazia: Annamaria aveva ventun anni, era la maggiore dei loro quattro figli e loro dovevano essere straziati, ma irradiavano una luce che non avevo mai visto prima, consolando e accogliendo la processione di amici e parenti che arrivavano a casa. Passai da loro una settimana incredibile, in uno stato di sovreccitazione spirituale ma anche di gioia. Con Maria Rita la sera salivamo all’ultimo piano a trovare i vicini di casa che avevano tre figli che ci piacevano: la loro madre ci rimpinzava di confetti di Sulmona mentre noi suonavamo la chitarra. La mattina invece mangiavamo torta pasqualina con uova e salame, poi andavamo in centro a guardare libri, palazzi, cantando Joan Armatrading. In quella casa si respirava qualcosa che non ho mai più riconosciuto in maniera così tangibile: la forza indistruttibile di una famiglia creata da due persone che avevano scelto di amare tutti. Paola e Piero, i genitori di Maria Rita, erano due Focolarini di Grosseto che si erano sposati e trasferiti a Ferrara perché Piero era ingegnere alla Montedison: non mi parlarono di Chiara Lubich, fondatrice del loro movimento, fino a vent’anni dopo, regalandomi un suo libro per il mio matrimonio, un libro che parlava di Dio con parole che capivo anch’io che mi ero allontanata dalla Chiesa da tanto tempo. Del resto tutti capiscono il linguaggio dell’amore, anche i non credenti, e infatti scoprii che nel movimento dei Focolari ci sono anche trentamila musulmani e centomila non credenti. Chiara Lubich e Madre Teresa di Calcutta sono state le due più grandi creatrici di fede dell’ultimo Novecento, anche se la Lubich, maestra trentina, non ha mai fatto proselitismo. Eppure il suo movimento, nato nel 1943 da un gruppo di amiche che si erano riunite per aiutare gli sfollati, oggi coinvolge due milioni di persone in tutto il mondo. Da quel che ne ho capito io, che sono una bestia, li unisce l’idea che chi si immedesima nella Madre ai piedi della Croce non può che provare sentimenti di cura, affetto e fratellanza per chi incontra sul suo cammino. Chiara Lubich, morta la settimana scorsa a 88 anni, qualche anno fa aveva chiesto e ottenuto da Giovanni Paolo II che sia sempre una donna a guidare i Focolarini, perché il «genio femminile» della sua opera non vada mai perduto.

L’ideale dell’unita’: una genuina forza missionaria

Nell’Ideale dell’Unità che Chiara Lubich visse e seppe proporre alla Chiesa e al mondo brilla la missione evangelizzatrice in tutta la sua meravigliosa bellezza e ricchezza. E’ la profonda convinzione che ho potuto farmi seguendo per oltre mezzo secolo, sia nella mia missione di Hong Kong che in vari altri servizi richiestimi, gli sviluppi della multiforme Opera che Dio ha suscitato per mezzo di questa donna straordinaria. (…) Sono passati quasi 60 anni da quando io ebbi la grazia di incontrare a Roma questa eccezionale esperienza. Da giovane sacerdote missionario (stavo allora studiando missionologia all’Università Urbaniana) fui subito colpito dal contagioso entusiasmo di quanti, nell’Ideale di Chiara, avevano trovato la piena realizzazione del loro impegno cristiano. Ricordo che sentii il bisogno di verificare con il rettore della comunità (P. Mario Parodi) la mia “scoperta”, comunicandola poco dopo con entusiasmo a vari giovani confratelli in occasione della Beatificazione del nostro Martire Alberico Crescitelli. (…) Passarono pochissimi anni e il Movimento giunse anche in Asia. Era iniziato nelle Filippine con un missionario Verbita tedesco, che aveva modellato la sua attività sull’impegno a vivere con la comunità la “Parola di Vita” secondo il modello dei Focolarini. E questi giunsero presto anche ad Hong Kong, con la benedizione del vescovo mons. Lorenzo Bianchi. Nei decenni seguenti, Chiara stessa accompagnò la crescita di quei germogli di nuova vita cristiana in Asia con diverse visite, sia nelle nel Centro Mariapoli di Tagaytay (Filippine), sia in Thailandia dove fu invitata a parlare in vari monasteri e in una università buddhista, sia in Giappone, dove il potente movimento  buddhista Risso Kosei-kai chiese di potersi affiancare ai Focolarini per far crescere nel mondo la consapevolezza della fraternità universale, sia in India, dove importanti istituzioni induiste hanno avviato un proficuo “dialogo di vita” con il cristianesimo grazie alla testimonianza di Chiara. Ed è ancora più significativo che Chiara sia stata  invitata a condividere il suo ideale cristiano in qualificati consessi mondo islamico, come anche fra gli ebrei perfino con persone di convinzioni non religiose, con un orizzonte a 360 gradi. Quel che è certo è che per Chiara non si trattava di “dialogo” semplicemente intellettuale che lascia ognuno nelle proprie convinzioni: per lei era sempre un’opportunità di testimoniare la potenza dell’amore di Gesù nella propria vita. Nella trasmissione televisiva del funerale di Chiara Lubich, si vide un monaco buddista che rendeva omaggio alla sua bara: egli voleva esprimeva la gratitudine di chi da Chiara aveva compreso (come disse) il mistero della Croce di Gesù come segno supremo di amore. E sono circa 30 mila i membri di religioni non cristiane che oggi non esitano a identificarsi con gli ideali umani ed etici proposti dall’Opera di Maria. La mia vocazione missionaria è stata rafforzata dall’esperienza dei Focolarini. E non sono pochi i miei confratelli , che oggi lavorano in Asia e in altri continenti, la cui vocazione è nata o è stata rafforzata dal loro contatto ed esempio. (…) Gli sviluppi dell’Opera di Maria (questo il nome ufficiale della sua opera) sono stati una delle espressioni più significative del soffio di rinnovamento portato nella Chiesa attraverso il Concilio Vaticano II. Penso sia di buon auspicio l’amore che Chiara ha sempre espresso per la Cina, a cui si riferiva come la “Terra Promessa”. Essa mi ha ripetuto più volte la sua convinzione che Dio ha dei grandi disegni sul popolo cinese. Possa ora la sua intercessione affrettare la realizzazione di questi disegni. Da MONDO E MISSIONE – maggio  2008

Il rapporto spirituale tra Chiara e Alcide De Gasperi

  La comune origine trentina era una buona base. Ma solo la fede cristiana e l’amore per il bene comune spiegano l’amicizia spirituale tra la fondatrice del Movimento dei Focolari Chiara Lubich e Alcide De Gasperi. L’incontro tra la giovane maestra trentina e il vecchio politico fu propiziato da Igino Giordani, giornalista, scrittore e parlamentare democristiano. De Gasperi è colpito dalla ragazza che, a soli 23 anni, nella Trento umiliata dalla guerra mondiale ha consacrato la vita alla causa dell’unità. In una lettera del 1953 Chiara Lubich scrive a De Gasperi: «So con quale cristiana simpatia segue il movimento spirituale che Gesù va suscitando e che è partito dalla sua e nostra Trento». Il loro rapporto è fatto di rari incontri, ma di sintonia e intimità spirituale. De Gasperi si confida nei momenti difficili. Nel bel mezzo di un passaggio rischioso del suo VI Governo, quando tre ministri del Psdi abbandonano l’esecutivo pur non togliendo la fiducia, le scrive: «Se non fossi tenuto a partecipare alla responsabilità di quella parte di storia che Provvidenza deferisce al libero arbitrio dell’uomo, me ne starei appartato e rassegnato, comunque, ai voleri di Dio. Ma per il cristiano che intende la politica come estrinsecazione della sua fede e soprattutto come opera di fraternità sociale e quindi di suprema responsabilità in confronto dei fratelli e del Padre comune, quest’angoscioso travaglio diventa un dovere inesorabile». Ma subito l’affetto per la giovane amica prende il sopravvento e l’anziano politico quasi si scusa per aver caricato le proprie difficoltà sulle sue spalle: «Non voglio turbare con questo travaglio mio l’ardore della vostra vita spirituale, che si eleva al di sopra di così tristi temporalità, ma spiegarvi il mio stato d’animo, e nel ringraziarvi del vostro augurio, dirvi quanto mi siano preziose e utili le preghiere di tanti fratelli e sorelle». Per Chiara Lubich l’incontro con lo statista è un segno importante: «Gesù ci ha fatti incontrare», scrive nel 1953, «e non fu certo a caso. Da quel giorno dividemmo spiritualmente con Lei le ansie, i dolori, gli affanni e, pur vedendola di rado, sentimmo in fondo al nostro animo la certezza che Gesù fra noi, uniti nel Suo Nome, Le era accanto e portava con Lei la grave responsabilità». Nell’estate del 1953, dopo la vicenda della “legge truffa”, il Parlamento nega la fiducia a De Gasperi, che va a trovare Chiara. Dopo la visita, la Lubich gli scrive: «Siamo ancor ripieni della gioia che ci ha dato la Sua visita e, com’è suo desiderio, Le mandiamo la canzoncina Ave Chiaropoli cantata nel giorno del mio onomastico. Che gioia averLa fra noi! Per noi, Patria e De Gasperi furono e sono pressoché sinonimi». Per l’unità dell’Italia e dell’Europa – Poi, esprimendo la speranza di un ritorno del leader alla guida del Governo, Chiara declinava il suo ideale religioso in chiave politica: «Ci senta vicini ogni attimo; faccia ogni calcolo di noi: chissà che il Signore non abbia stabilito che dall’unità di noi tutti in Cristo si possa sperare l’unità degli Italiani disgregati in tante idee e l’unità d’Europa». Lungi da nostalgie centriste, Chiara Lubich ha sempre creduto che i politici cattolici non possono fare della fede solo lo strumento di costruzione di consenso. Nel giugno 2000, a Castelgandolfo, in occasione del primo convegno mondiale del Movimento dell’unità per una politica di comunione, ricordando De Gasperi la Lubich disse: «A contatto con lui ci siamo resi conto di quanto può costruire un politico che ama la patria e quanto questo gli possa costare».  

Giovanni Paolo II e Chiara Lubich

L’amore e l’unità nella Chiesa e nel mondo è ciò che più univa Giovanni Paolo II e Chiara Lubich”. Così l’allora segretario personale di Papa Wojtyla Card. S. Dziwisz: Sono venuto al funerale di Chiara – così la chiamavamo tutti noi – per essere con tutto il Movimento dei Focolari, che è presente anche in Polonia. Il 18 marzo abbiamo ringraziato insieme per questa Opera nata dall’ispirazione dello Spirito Santo per costruire con amore l’unità nella Chiesa e nel mondo. Così è stato il carisma di Chiara e così è stato il carisma di Giovanni Paolo II. E’ questo che li  univa. In questo spirito si sono incontrati, con lo sguardo fisso in Cristo: il Cristo del Cenacolo e il Cristo della croce, Cristo Abbandonato. Entrambi hanno affidato la Chiesa e il Movimento alla Madre Santissima – “Totus Tuus”. Che la generazione di GP II, nata nel periodo del suo pontificato e anche che la „generazione nuova” di Chiara vivano questo loro patrimonio comune, arricchendo tutta la Chiesa, e non solo la Chiesa, con la testimonianza dell’unità e dell’amore. Con questa anima sono venuto a funerali per partecipare a questa grande preghiera e ringraziamento. D. Adesso diversi media dicono che Chiara Lubich era la donna  di maggiore influenza nella Chiesa. Come la vedeva Giovani Paolo II ? R. Il Santo Padre apprezzava il genio di questa donna. Lei lavorava nella Chiesa e infuocava  il cuore con la carità. Il Santo Padre lo comprendeva bene, intuiva tutto questo ed era vicino a Chiara. Posso dire che la chiamava personalmente per ogni suo onomastico o s’incontrava con lei. Tante volte l’ha accolta in Vaticano e hanno parlato su diversi argomenti, prima di tutto sull’ecumenismo, sul dialogo con le religioni non cristiane. In tutti questi campi Chiara aiutava il Santo Padre con cuore attento e con la sensibilità del genio femminile a lei proprio. D’altra parte lui appoggiava il Movimento,  è stato sempre vicino, in tutte le circostanze era con lei. D. Si ricorda una nota particolare di Chiara Lubich? D. Lei aveva a cuore l’unità  anche tra i vescovi. La stessa cosa stava tanto a cuore al Santo Padre, che apprezzava tanto l’unità nell’amore a Cristo. Li univa prima di tutto la fede e l’amore a Cristo e alla Sua Madre. Chiara teneva tanto a questo rapporto con il Papa, e il Santo Padre è stato anche fedele a questa – si può dire – amicizia di due persone di Dio. Anche io cercavo di sostenere questo contatto, ci tenevo molto. Anche Chiara era contenta di questo dialogo fedele.

«Dio, uomo e natura nella prospettiva cristiana e in quella indù»

Sorelle nell’amore a Gesù in croce

di Giovanni Coppa, Cardinale  – su L’Osservatore Romano del 4 aprile 2008 Hans Urs von Balthasar pubblicava nel 1950 uno studio su santa Teresa di Lisieux e, nel 1953, uno su Elisabetta della Trinità, riuniti in un volume nel 1970 col titolo Schwestern im Geist, tradotto quattro anni dopo in italiano dalla Jaca Book. Il grande teologo svizzero voleva raffrontare le due straordinarie personalità mistiche del Carmelo della fine del secolo XIX:  “Ambedue – scriveva – cercano di obbedire perfettamente alla propria missione, ma ciascuna delle due deve lasciarsi completare dal messaggio dell’altra. Esse si additano a vicenda, formano le due emisfere, che, messe insieme, costituiscono il mondo spirituale del Carmelo nella sua globalità” (H.U. von Balthasar, Sorelle nello Spirito, Milano 1975 2, p.10). Quasi coetanee, Teresa era morta nel 1897 a ventiquattro anni, Elisabetta nel 1906, a ventisei.

Una profonda affinità spirituale

Un’affinità spirituale profonda unisce, ai tempi nostri, anche le figure di altre due grandi personalità della storia religiosa del secolo scorso, Madre Teresa di Calcutta e Chiara Lubich, anch’esse quasi coetanee:  Gonxha Bojaxhiu, in religione Teresa per la devozione che aveva a santa Teresa di Gesù Bambino, nata nel 1910, morta a ottantasette anni nel 1997; Chiara Lubich, nata nel 1920, e, da poco meno di un mese, chiamata all’eternità, a ottantotto anni. Non si vuole certamente anticipare in alcun modo per quest’ultima il giudizio della Chiesa, ma credo che un loro raffronto spirituale possa essere di grande interesse. Anch’esse hanno corrisposto a fondo alla missione loro affidata dalla Volontà di Dio, come iniziatrici di un solco fondamentale di spiritualità e di azione nelle istituzioni, pur tanto diverse, da esse iniziate; e sono anch’esse complementari per il messaggio che trasmettono con tanta efficacia alla Chiesa del Terzo Millennio. Ed è l’amore a Gesù, assetato sulla Croce, abbandonato nella solitudine assoluta del Calvario per ricondurre gli uomini al Padre in un dono d’amore, incomprensibile fuori della logica di Dio. Nella Veglia pasquale scorsa, Papa Benedetto XVI ha dato un’interpretazione di singolare acutezza e profondità  del passo di Ebrei, 13, 20:  “Il Dio della pace ha fatto tornare dai morti il Pastore grande delle pecore in virtù del sangue di un’alleanza eterna”. (… continua )

Natalia Dallapiccola, la prima che ha seguito Chiara Lubich, ha concluso il suo viaggio terreno

Poche ore prime della “partenza” aveva meditato su una pagina di Chiara, che aveva modellato la sua vita: “Ho una sola madre sulla terra, Maria Desolata… nel suo stabat, il mio stare, nel suo stabat, il mio andare…”. A chi gliel’ha letta, la sua piena adesione e  gratitudine: “Sì, era proprio quello che volevo”. Natalia Dallapiccola era nata in un paesino sui monti trentini, Fornace, il 27 giugno 1924.  Incontra Chiara a Trento, dove vive con la famiglia, nel giugno 1943.  Sta attraversando una crisi profonda in seguito alla morte del padre e all’infuriare della guerra.  Deve interrompere gli studi e lavorare per aiutare la famiglia. “Pian piano la musica, la natura, le amicizie perdevano il loro valore. Mi sono trovata in un buio profondo, sino a credere che l’amore in terra non esistesse”. Chiara la colpisce per l’armonia esteriore e interiore e per le sue parole con cui comunica la sua grande scoperta, “Dio è amore”: “…Ma se l’amore è la cosa più che bella che esiste sulla terra, che cosa sarà Dio che l’ha creato?”.  Dirà lei stessa:  “Mi sentivo portare su, su, in Dio. Vedevo tutta la vita passata con le sue circostanze gioiose e dolorose, come legate dal filo d’oro del suo amore; e nell’anima la certezza che Dio mi amava immensamente. Questo immenso e personale amore di Dio aveva capovolto la mia vita”. Natalia è con Chiara nel primo focolare di Trento, in piazza Cappuccini. Poi la segue a Roma. Nell’Est europeo – Avrà un ruolo determinante, nel 1959, nella fondazione del focolare di Berlino Ovest. Sarà parte del primo gruppo che varca il muro, nel 1962, insieme a focolarine e focolarini medici chiamati dal vescovo di Lipsia a prestare la loro opera nell’ospedale cattolico della città, carente di personale sanitario per le fughe in occidente. Il suo segreto era la fedeltà alla scelta di rivivere Maria Desolata, nel suo  “stabat” ai piedi della croce nel momento in cui Gesù lancia al Padre il grido di abbandono. Riconosceva ed amava il suo volto che si presentava ad ogni passo. Natalia era di sostegno a chi condivideva con lei l’impegno a costruire l’unità in ogni ambiente. Un fatto che  sconcertava e  si  rivelava “contagioso”. Ha sorpreso trovarlo documentato nei rapporti della Stasi, la polizia segreta tedesca: si parla  del  “programma del Movimento ‘Fucolar’ di creare “una forte unità religiosa nonostante le opinioni nazionali diverse”. Era una corrente d’amore che passava da persona a persona. Dialogo interreligioso – Dal 1976 è al Centro del Movimento. Ha la salute seriamente compromessa. Nel 1977 non può seguire Chiara a Londra, dove è invitata a ricevere il premio Templeton per il progresso della religione. Per il sorprendente interesse mostrato al racconto dell’esperienza spirituale della fondatrice dei Focolari da parte dei rappresentanti delle varie religioni presenti nella Guildhall, quell’evento segnerà il momento fondante del dialogo interreligioso che si aprirà nel Movimento. Da Londra Chiara le telefona, affidando a lei questa nuova pagina con una consegna: “Amali!”. E’ ciò che ha fatto in tutte le occasioni, come alle assemblee generali della Conferenza mondiale delle Religioni per la Pace (WCRP), in cui rappresentava Chiara. Sono rapporti profondi che costruisce con vari leader del mondo ebraico, musulmano, induista, buddista ecc. Natalia prepara così gli sviluppi che nasceranno dal loro incontro con Chiara. Formazione spirituale – Sin dall’inizio per la particolare profondità con cui vive la spiritualità dell’unità, svolge un compito importante per la formazione spirituale dei membri del Movimento. Chiara aveva soprannominato Natalia, “Anzolon” (in dialetto trentino significa “angelo”), per l’amore sempre vivo in lei verso tutti, vissuto con la radicalità degli inizi.

Zavoli ricorda la Lubich: «Mistica in tempi di ideologia»

«Una mistica dell’unità “tra cielo e terra”». Così Sergio Zavoli, mostro sacro del giornalismo italiano, parla al Riformista di Chiara Lubich, scomparsa ieri dopo una vita interamente dedicata al movimento dei Focolari da lei fondato prima del Concilio Vaticano II. Un movimento ecclesiale riconosciuto per la prima volta da Giovanni XXIII nel 1962: presente oggi in 87 nazioni, 780 comunità sparse in tutto il mondo, 140 mila membri attivi e oltre 4 milioni di aderenti. Un movimento segnato da tre concetti chiave: unità, pace e dialogo tra popoli e culture. Un movimento che, come ha ricordato ieri il Papa, ha avuto origine da una donna «la cui vita è stata segnata instancabilmente dal suo amore per Gesù abbandonato». Zavoli era amico personale della Lubich: «Per me – spiega – è stata la mistica dell’unità “tra cielo e terra”, cioè di quella trascendenza anche verso il basso, verso la “santa materia” di cui aveva parlato Teilhard de Chardin, il gesuita scienziato e teologo che, in quell’incontro, vedeva il “punto omega” della reciprocità tra Dio e l’uomo». Fu durante la seconda guerra mondiale che Silvia Lubich scelse – come spiegò lei stessa – “Dio amore”. Decise di cambiare il suo nome in Chiara, in onore della santa di Assisi. Allo sconquasso e alla divisione della guerra in atto si trovò a contrapporre, senza averlo preordinato con calcoli o progetti studiati a tavolino, la “spiritualità dell’unità”: Dio è amore e il suo amore deve innervare ogni ambito della società scardinando le divisioni. Tra questi ambiti, quello privilegiato del dialogo tra Chiese cristiane e tra religioni diverse. Una “spiritualità dell’unità” proposta anche al mondo dell’economia, con un’adesione internazionale di migliaia di aziende. Spiega Zavoli: «Non a caso Chiara, tra i mistici moderni, sarà ricordata come la punta più alta dell’ecumenismo, in sintonia con l’“ut unum sint” scelto da papa Wojtyla a simbolo del famoso “spirito di Assisi”, in base al quale può dirsi che da nessuna cattedra e pulpito, da nessuna panca e stuoino, una preghiera – se autentica – può pretendere di salire più in alto di tutte le altre». Spirito di unità, dunque, al centro del carisma della Lubich. Un carisma che Chiara si è misteriosamente “trovato addosso”. Era il 7 dicembre 1943 quando, sola in una cappella, fece a Dio la promessa di donarsi per sempre. Fu il giorno in cui cambiò nome. Fu la data che poi segnò l’inizio del suo movimento ecclesiale. I focolari, secondo Zavoli, «la metafora del vivere (non solo dell’esistere) insieme – cioè spirito e scopo esemplarmente rappresentati dalla famiglia – sono annuncio e ascolto, parola e traduzione, segno e senso dell’opera di Chiara, nella quale non a caso Madre Teresa di Calcutta vide una singolare reciprocità, seppure diversamente manifestata, rispetto alla sua stessa opera». Per Chiara, infatti, «si è trattato di rimettere insieme i frammenti dell’indivisibile, cioè l’uomo, e ricomporre le fratture del condivisibile, cioè la comunità». Chiara fu una donna profetica per il suo tempo. Visse in pieno Novecento. Fece sue le istanze più significative di quegli anni, cambiandole, innervandole di uno spirito diverso, cristiano. «Quando il pensiero di Chiara cominciò a precisarsi – conclude Zavoli – correvano tempi intrisi di ideologia. Si diceva, tra l’altro, che “il comunismo era la parte di dovere non compiuto dei cristiani”; qualcuno spinse l’azzardo fino ad assimilare la predicazione di Chiara, religiosa e laica, a un sentimento sommariamente e ingenuamente comunistico, su cui il bigottismo si esercitò a lungo.  In realtà, il suo “teologo e amico” Piero Coda, presidente dei teologi italiani, cita spesso la frase di Chiara: “Dovete essere, tutti, l’uno la madre dell’altro”. Non era un’astrazione, un abbandono misticheggiante: era la sua religione “tra cielo e terra”. O viceversa».

Rassegna Stampa locale italiana

Oltre 500 gli articoli apparsi sulla stampa regionale in questo mese. La rassegna stampa che segue è quindi del tutto parziale… Chiara profeta, messaggera ed apostola: soprattutto con queste parole è stata disegnata la figura di Chiara per la Chiesa e la società attuale. «Chiara, astro del secolo » (L’Eco di Bergamo, 19.3), «Profeta del dialogo tra le religioni» (La Provincia di Cremona, 15.3; Il Verbano, 22.3), «a lei il Signore consegnò il dono della profezia, lo stesso che riconosciamo nell’esempio di tanti personaggi di cui è ricca la storia di questi duemila anni» (Provincia Granda, 21.3);  «messaggera di pace e dialogo» (L’informazione di Reggio Emilia, 15.3; Gazzetta d’Asti, 21.3), «missionaria dell’unità e dell’ecumenismo» (Bresciaoggi, 15.3). «Un astro lucente dell’amore divino, per una spiritualità che ha precorso i tempi» (La Sicilia, 19.3); «Tra le braccia di Dio l’apostola dell’unità» (L’Ora del Salento, 22.3). «Chiara Lubich non c’è più ma la sua opera resta e si proietta nel futuro come una forza d’amore irresistibile, quella di una creatura che ha fatto della propria esistenza una testionianza evangelica» (Latina oggi, 17.3), «profeta dolce, eroe della carità» (Trentino, 19.3). Di Chiara si dice «una vita all’insegna dell’unità […] i focolari stanno dentro la storia con lo sguardo in avanti. Una spiritualità proiettata su un orizzonte infinito, però con i piedi per terra» (La Voce del Popolo, 28.3), «Un apostolo dell’amore […] missionaria dell’unità e dell’ecumenismo» (L’Arena, 15.3), «messaggera di Unità» (Il Giornale della Toscana, 15.3); «il sogno: l’umanità unita» (La Nazione, il Resto del Carlino, 15.3); «profeta di un mondo migliore […] una grande stella è salita in cielo a indicare la via dell’unità, della fraternità, della pace» (Il Tirreno, 15.3) «testimone di fede ecumenica […] sorella del mondo» (Il Giorno, 15.3; Il Resto del Carlino, 17.3); «vita che testimonia Cristo risorto» (Corriere di Romagna, 25.3); «una vera testimone del nostro tempo che si è prodigata per la pace e la solidarietà» (Il Corriere di Firenze, 18.3). Chiara «portatrice di un rovente messaggio d’amore, infuocata dall’amore di Gesù» (Il Sannio, 15.3). La vita di Chiara è inestricabilmente connessa con quella del Movimento dei Focolari, da lei fondato: «fondatrice dell’Opus Mariae […] che ha vissuto per la comunione nella Chiesa, maestra del dialogo» (Il Centro, 15.3; Il Gazzettino, Calabria ora, 15.3); «fondatrice di un movimento laico che ha come fine la realizzazione dell’unità tra le persone, come richiesto da Gesù secondo il racconto del Vangelo di Giovanni, da cui consegue una precisa vocazione ecumenica oltre che al dialogo in altri settori della cultura» (L’Unione Sarda, 14.3); «la sua forza fu proprio cercare ciò che unisce, costruire ponti e legami […] è un simbolo della costruzione della pace nel mondo e dell’unità dei popoli» (La Voce dei Berici, 23.3); e ancora «la trentina più famosa nel mondo, fondatrice di un movimento antesignano nel dialogo interreligioso e macroecumenico, pure noto per l’economia di comunione» (Trentino, 23.3); «fondatrice del Movimento dei Focolari è stata sicuramente una delle grandi personalità di questi tempi, che ha attraversato e illuminato con la luce del suo carisma. Non c’è stato conflitto, divisione, difficoltà che Chiara Lubich  non sia riuscita ad affrontare costruendo ponti e rapporti di fraternità» (La Repubblica ed. Napoli, 16.3). Chiara ha condotto «una pacifica rivoluzione evangelica […] che l’ha portata al dialogo con chiunque» (Braidese, 22.3); «voce della spiritualità che nutre la fratellanza» (Giornale di Brescia, 15.3). Il profilo femminile di Chiara è stato ripercorso con enfasi. Chiara, «una donna che porta la Chiesa e il Vangelo nel mondo moderno» (Il Giornale dell’Umbria, 15.3, Corriere Adriatico, 15.3; La Provincia di Como, 19.3), «la semplicità di una donna eccezionale, per un amore che valica ogni confine» (Toscana oggi, 23.3); «una grande donna, perché ha saputo fare della sensibilità tipicamente femminile, della disponibilità di ascolto dell’altro e di comunicazione profonda dei sentimenti, un carisma capace di agire nella società e nella Chiesa, e di trasformarle radicalmente dall’interno. Non una rivoluzione armata, non uno scontro di poteri, non la rivendicazione di verità assolute o di ideologie indiscutibili, ma la capacità di aprirsi all’altro, chiunque esso sia, a qualunque religione, credo politico, estrazione sociale appartenga, e condividerne la strada insieme» (L’Adige 15.3); «l’eredità di Chiara è il suo amore» (Verona fedele, 23.3); «luce per il mondo, un impegno per la fratellanza fra tutti i popoli» (Il Popolo di Concordia-Pordenone), «”madre” dei focolarini, una donna al servizio della pace» (Giornale di Sicilia, 15.3), «una madre che non lascia i figli tristi; anzi, c’è la consapevolezza che niente si fermerà» (La Sicilia, 19.3). «Personalità straordinaria, una donna che ha fatto del dialogo e della solidarietà una vera e propria scelta di vita» (La Nazione di La Spezia, 15.3); «Donna di Dio impegnata tra gli uomini» (Corriere delle Alpi, 15.3); «una vita tutta spesa per l’unità» (Il Cittadino di Genova, 23.3). Da più parti si fa riferimento alla santità di Chiara: «Una grande santa del Novecento»; «Santa subito»; «Santa Donna» (Corriere del Trentino, Il Resto del Carlino, Gazzetta del Sud, Il Sannio); «Chiara Lubich, il dono che Dio ha fatto alla Chiesa e al mondo» (L’Eco di Bergamo, 15.3). Questa «figura molto amata, è stata un esempio luminoso» (Gazzetta di Parma, 15.3; Libertà di Piacenza, 17.3; Nuovo Molise, Ciociaria oggi, Il Centro, Il Mattino di Padova, 14-23.3). a cura di Alberto Lopresti

aprile 2008

Infine in noi sarà effuso uno spirito dall’alto; allora il deserto diventerà un giardino e il giardino sarà considerato una selva“. Così inizia il testo da cui è tratta la Parola di vita di questo mese. Il profeta Isaia, nella seconda metà dell’VIII secolo avanti Cristo, annuncia un futuro di speranza per l’umanità, quasi una nuova creazione, un nuovo “giardino”, abitato da diritto e giustizia, capaci di generare pace e sicurezza.
Questa nuova èra di pace (shalom) sarà opera dello Spirito divino, forza di vita capace di rinnovare la creazione, e insieme sarà frutto del rispetto del patto tra Dio e il suo popolo e tra i componenti del popolo stesso, essendo inseparabili comunione con Dio e comunità degli uomini.

“Effetto della giustizia sarà la pace, frutto del diritto una perenne sicurezza”

Le parole di Isaia richiamano la necessità di un impegno serio e responsabile nel seguire le norme comuni della convivenza civile che impediscono l’individualismo egoistico e il cieco arbitrio, favoriscono la coesistenza armoniosa e l’operosità finalizzata al bene comune.
Sarà possibile vivere secondo giustizia e praticare il diritto? Sì, a condizione di riconoscere in tutte le altre persone dei fratelli e delle sorelle e se vedremo l’umanità come una famiglia, nello spirito della fraternità universale.

E come vederla tale senza la presenza di un Padre per tutti? Egli ha già iscritto la fraternità universale, per così dire, nel DNA di ogni persona. La prima volontà di un padre è infatti che i figli si trattino da fratelli e sorelle, si vogliano bene, si amino.
Per questo il “Figlio” per eccellenza del Padre, il Fratello di ogni uomo, è venuto e ci ha lasciato come norma del vivere sociale l’amore vicendevole. È espressione dell’amore rispettare le regole della convivenza, compiere il proprio dovere.

L’amore è la norma ultima di ogni agire, quella che anima la vera giustizia e porta la pace. Le nazioni hanno bisogno di leggi sempre più adeguate alle necessità della vita sociale e internazionale, ma soprattutto hanno bisogno di uomini e donne che ordinino nel proprio intimo la carità. Quest’ordine è giustizia, e solo in quest’ordine le leggi hanno valore.

“Effetto della giustizia sarà la pace, frutto del diritto una perenne sicurezza”

Come vivremo dunque la Parola di vita durante questo mese?
Impegnandosi di più ancora nei doveri professionali, nell’etica, nell’onestà, nella legalità.
Riconoscendo negli altri persone della stessa famiglia che attendono da noi attenzione, rispetto, vicinanza solidale.
Se a base della tua vita, nei tuoi rapporti con il prossimo, metterai la mutua e continua carità (che precede tutte le cose), quale più piena espressione del tuo amore verso Dio, allora la tua giustizia sarà proprio grata a Dio.

“Effetto della giustizia sarà la pace, frutto del diritto una perenne sicurezza”

Un vigile urbano del Sud dell’Italia, per una scelta di condivisione con le persone più disagiate della città, ha deciso di risiedere con la famiglia in uno dei quartieri di nuova formazione: le strade sono sterrate, non c’è l’illuminazione pubblica, non esiste la rete idrica né quella fognaria, di servizi sociali e trasporto pubblico neanche a parlarne.

«Abbiamo cercato di creare con ciascuna famiglia e abitante del quartiere – racconta – un rapporto di conoscenza e di dialogo, tentando di ricucire lo strappo tra i cittadini e l’amministrazione pubblica. Pian piano i circa tremila abitanti del quartiere sono diventati soggetti attivi nel rapporto con le istituzioni pubbliche attraverso un comitato creato appositamente.
Si è giunti ad ottenere dall’amministrazione regionale lo stanziamento pubblico di una forte somma per il risanamento del quartiere, diventato ora un quartiere-pilota, che ha dato vita ad attività formative per i rappresentanti di tutti i comitati di quartiere della città».

Chiara Lubich

“E la Parola divenne carne”: per una catechesi-vita

  Un decisivo salto di qualità del rinnovamento della catechesi è auspicato da tempo nella Chiesa. Diffusa è l’urgenza di passare da una catechesi “su Gesù”, dove sono prevalenti i contenuti dottrinali ad una catechesi  che conduca all’incontro vivo con lui, attraverso un itinerario di maturazione nella fede, lungo tutti gli stadi della vita. E’ questo l’obiettivo del Convegno internazionale per catechisti, promosso dal Movimento parrocchiale dei Focolari. E’ ben espresso dal titolo: “E la Parola divenne carne” – per una catechesi-vita. Vi partecipano oltre 800 catechisti aderenti al Movimento dei Focolari, laici e sacerdoti, dai 5 continenti.  Il convegno, infatti,  è incentrato sulla Parola vissuta che ha caratterizzato sin dagli inizi la vita del Movimento dei Focolari, in sintonia con il prossimo Sinodo dei Vescovi. Questa esperienza ha influito anche sul modo di fare catechesi in cui sono impegnati numerosi membri e aderenti dei Focolari nelle Chiese locali dei diversi Paesi. Da questa esperienza si prospetta la novità e l’apporto che il carisma dell’unità può offrire alla catechesi per renderla sorgente di vita evangelica. Dopo aver tracciato una  panoramica sulla catechesi nel mondo, con interventi dall’Africa, Corea, Argentina, Germania e Italia, grande spazio è dedicato alle esperienze realizzate in parrocchie di vari paesi.  Come quella raccontata da don Innocent Thibaut, del Burundi: vivendo la Parola i catechisti sono diventati veri animatori delle comunità, aiutandole ad essere “famiglia di Dio”, con un influsso anche sulla società civile. Dagli interventi si sta delineando una catechesi che conduce al passaggio da una catechesi come preparazione ai sacramenti e quindi rivolta soprattutto a fanciulli e ragazzi, ad un itinerario permanente di maturazione nella fede che abbraccia tutta la vita; dalla trasmissione prevalente di contenuti dottrinali alla comunicazione di esperienze di fede vissuta; da una catechesi individuale ad una catechesi comunitaria; da una catechesi di “conservazione” ad una catechesi aperta alla dimensione evangelizzatrice e missionaria.

Rassegna Stampa Internazionale

L’universalità del messaggio di Chiara emerge anche dalla vasta eco della sua scomparsa avuta nei media di tutto il mondo. Il prestigioso The Times inglese scrive: «I Focolari sono una rete internazionale formata da piccole comunità, i cui membri, sia sposati che single, sono votati all’ideale dell’unità tra le nazioni, le religioni e le razze. La organizzazione ha avuto un impatto rivoluzionario sulla stagnante situazione della Chiesa del suo tempo. Molte delle sue innovazioni: l’importanza del laicato, il ritorno alle Scritture, una liturgia gioiosa con melodie moderne, l’importanza di amore e unità, hanno anticipato di vent’anni la direzione indicata dal Concilio Vaticano II». Sempre a Londra, The Guardian paragona Chiara Lubich a Madre Teresa di Calcutta. Sono le uniche due donne che hanno avuto influenza sul mondo vaticano fatto di soli uomini. Parte del fascino di Chiara Lubich deriva dal fatto che non fu una tipica leader cattolica. È sempre fuggita da qualsiasi culto della personalità e le persone che si sono unite ai Focolari sono diventate parte di qualcosa che è cresciuto naturalmente». Dalla California, il Los Angeles Times, evidenzia come, sull’esempio di Chiara, «non sia necessario essere preti o suore per vivere una vita pienamente cristiana». Dalla costa atlantica, «invece che scegliere un convento – scrive il The New York Times –, Chiara ha messo in evidenzia l’idea della pari dignità del laicato cristiano. E in una Chiesa dove gli uomini hanno un ruolo predominante, Chiara Lubich, in un’intervista rilasciata nel 2003… ha raccontato che una volta ha chiesto a Giovanni Paolo II se si sentisse a disagio se negli statuti del Movimento dei focolari fosse previsto che il presidente fosse sempre una donna. “Magari!”, rispose il papa». Anche Le Monde da Parigi evidenzia la laicità dei Focolari e la sua apertura al dialogo: «Il carisma e la sua volontà di condividere la sua esperienza con più gente possibile hanno portato i Focolari ad aprirsi al dialogo ecumenico e agli scambi interreligiosi». Un altro quotidiano francese, La Croix, aggiunge: «Chiara Lubich è immersa nel nostro secolo e non ne uscirà più, con una spiritualità di comunione originale e profondamente mariana. Scrisse una volta: “Fare dell’unità un trampolino di lancio per costruirla dove non c’è, e proprio lì realizzarla”». In Brasile Canção Nova Noticias afferma che Chiara è una delle personalità con-temporanee più rispettate: «Ella afferma l’importanza dell’unità come “segno dei tempi”: unità tra le persone, tra le razze, tra cristiani di varie confessioni e tra le re-ligioni. Unità è la parola chiave dei focolarini, il cui obiettivo è dare il proprio contributo a far sì che l’umanità sia una grande famiglia». Commozione anche in Argentina. Nel giornale Los Andes leggiamo che «il governo argentino ha espresso il suo dolore per la morte di Chiara Lubich, considerata una bandiera del dialogo interreligioso in tutto il mondo. Il ministro del culto Guillermo Oliveri, in una nota ufficiale, ha evidenziato come la dimensione spirituale di questa grande donna continua nella testimonianza quotidiana di migliaia di focolarini che continuano la sua opera, per rendere visibile il carisma dell’unità di tutti gli uomini proposta da Dio». Nella Gaceta Tucumán argentina i Focolari sono considerati uno dei più importanti movimenti del cristianesimo sorti nel XX secolo. «È nato – leggiamo – nell’alveo della Chiesa cattolica, però lavora con tutte le Chiese cristiane. La meta dei Focolari è portare lo spirito dell’unità e la fratellanza in tutti gli ambiti della vita umana. La parola focolare viene dalla lingua italiana e significa fuoco. Ci ricorda la sicurezza che offre una famiglia». Sul Philippine Star, nelle Filippine, William Esposo sottolinea l’impatto sociale che ha avuto il Movimento dei focolari con le molte opere realizzate a favore dei poveri, frutto non di un’organizzazione ma di uno stile di vita evangelico: «Chiara se ne è andata, ma ci ha lasciato una preziosa eredità, una vita basata sull’amore che, se vissuto da tutti quelli che l’hanno seguita, crea un cambiamento nelle nostre vite e nella società». Nello spagnolo El País si riconosce il carisma personale della fondatrice dei Focolari: «Tutti avvertono la sua assenza, perché Chiara Lubich, è una delle più grandi figure del cattolicesimo con-temporaneo, capace di mobilitare le masse e con aderenti in centinaia di Paesi». a cura di Aurelio Molé (da “Chiara Lubich” Ed. Città Nuova, Aprile 2008)

Felice Pasqua di Resurrezione

Riportiamo un pensiero di Chiara del 14 novembre 2002, in cui condivide con le persone del Movimento un’esperienza di quei giorni: “un’intuizione, forse una luce che ho ricevuto qualche tempo fa. E’ forse une delle più belle; senz’altro una di quelle che personalmente mi ha toccato di più. Si può intitolare: ‘Conferma della fede'”. La risurrezione di Gesù è ciò che maggiormente caratterizza il cristianesimo, ciò che distingue il suo Fondatore, Gesù. Il fatto che è risorto. Risorto da morte! Ma non nella maniera di altri risorti, come Lazzaro ad esempio, che poi, a suo tempo, è morto. Gesù è risorto per non morire mai più, per continuare a vivere, anche come uomo, in Paradiso, nel cuore della Trinità. E l’hanno visto in 500 persone! E non era certo un fantasma. Era lui, proprio lui: “Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato” (Gv 20,27), ha detto a Tommaso.   Ed ha mangiato con i suoi ed ha parlato ai suoi ed è rimasto con loro ben 40 giorni… Aveva rinunciato alla sua infinita grandezza per amore nostro e s’era fatto piccolo, uomo fra gli uomini, come uno di noi, così piccoli che da un aereo non ci possono neppure vedere. Ma, poiché è risorto, ha rotto, ha superato ogni legge della natura, del cosmo intero, e s’è mostrato, con questo, più grande di tutto ciò che è, di tutto ciò che ha creato, di tutto ciò che si può pensare. Sicché anche noi, al solo intuire questa verità, non possiamo non vederlo Dio, non possiamo non fare come Tommaso e, inginocchiati di fronte a Lui, adoranti, confessare e dirgli col cuore in mano: “Mio Signore e mio Dio”. Anche se non la saprò mai descrivere bene, è questo l’effetto che ha fatto in me la luce del Risorto. Certamente, lo sapevo; sicuramente lo credevo, e come! Ma qui l’ho come visto. Qui la mia fede è diventata chiarezza, certezza, ragionevole, vorrei dire. E ho visto con altri occhi quello che ha fatto in quei nuovi favolosi giorni terreni. Dopo la discesa dal Cielo di un angelo che ha ribaltato la pietra del suo sepolcro e lo ha annunciato, ecco il Risorto apparire per primo alla Maddalena, già peccatrice, perché egli aveva preso carne per i peccatori. Eccolo sulla via di Emmaus, grande e immenso com’era, farsi il primo esegeta a spiegare ai due discepoli la Scrittura. Eccolo come fondatore della sua Chiesa, imporre le mani ai suoi discepoli, per dar loro lo Spirito Santo; eccolo dire straordinarie parole a Pietro, che ha posto a capo della sua Chiesa. Eccolo mandare i discepoli nel mondo ad annunziare il Vangelo, il nuovo Regno da lui fondato, in nome della Santissima Trinità da cui era disceso quaggiù e che nell’ascensione seguente avrebbe raggiunto in anima e corpo. Tutte cose conosciute da me, ma ora nuove perché vere in assoluto per la fede e per la ragione. E perché Risorto, ecco anche le sue parole detteci in precedenza, prima della sua morte, acquistare una luminosità unica, esprimere verità incontrastabili. E prime fra tutte quelle in cui annuncia anche la nostra risurrezione. Risorgerò, risorgeremo. Lo sapevo e lo credevo perché sono cristiana. Ma ora ne sono doppiamente certa.  Potrò dire allora ai miei molti, ai nostri molti amici partiti per l’Aldilà e, forse, pensati da noi inconsciamente perduti, non tanto: addio, ma ARRIVEDERCI, ARRIVEDERCI per non lasciarci mai più. Perché fin qui arriva l’amore di Dio per noi. Non so se ho espresso, almeno un po’, la grazia, la luce che ho ricevuto: una conferma della fede. Che il Signore faccia in modo che l’abbia potuta comunicare a tutti voi che mi avete ascoltato, come conferma della vostra fede. (da un pensiero del 14 novembre 2002)

“L’eroica lezione su che cosa è l’Amore “

  Venerdì santo: la morte di Gesù in croce è l’altissima, divina, eroica lezione di Gesù su cosa sia l’amore. Aveva dato tutto: una vita accanto a Maria nei disagi e nell’obbedienza. Tre anni di predicazione rivelando la Verità, testimoniando il Padre, promettendo lo Spirito Santo, facendo ogni sorte di miracoli d’amore. Tre ore di croce, dalla quale dà il perdono ai carnefici, apre il Paradiso al ladrone, dona a noi la Madre e, finalmente, il suo Corpo e il suo Sangue, dopo averci dati misticamente nell’Eucaristia, gli rimaneva la divinità. La sua unione col Padre, la dolcissima e ineffabile unione con Lui che l’aveva fatto tanto potente in terra, quale figlio di Dio, e tanto regale in croce, questo sentimento della presenza di Dio doveva scendere nel fondo della sua anima, non farsi più sentire, disunirlo in qualche modo da Colui che Egli aveva detto di essere uno con Lui: “Io e il Padre siamo uno” (Gv. 10,30). In Lui l’amore era annientato, la luce spenta la sapienza taceva. Si faceva dunque nulla per far noi partecipi al tutto; verme (Salmo, 22,7) della terra, per far noi figli di Dio. Eravamo staccati dal Padre. Era necessario che il Figlio, nel quale noi tutti ci ritrovavano, provasse il distacco dal Padre. Doveva sperimentare l’abbandono di Dio, perché noi non fossimo mai più abbandonati. Egli aveva insegnato che nessuno ha maggior carità di colui che pone la vita per gli amici suoi. Egli, la Vita, poneva tutto di sé. Era il punto culmine, la più bella espressione dell’amore. Il suo volto è nascosto in tutti gli aspetti dolorosi della vita: non sono che Lui. Sì, perché Gesù che grida l’abbandono è la figura del muto: non sa più parlare. E’ la figura del cieco: non vede, del sordo: non sente. E’ lo stanco che si lamenta. Rasenta la disperazione. E’ l’affamato d’unione con Dio. E figura dell’illuso, del tradito, appare fallito. E pauroso, timido, disorientato. Gesù abbandonato è la tenebra, la malinconia, il contrasto, la figura di tutto ciò che è strano, indefinibile, che sa di mostruoso, perché un Dio che chiede aiuto!… E’ il solo, il derelitto… Appare inutile, scartato, scioccato… Lo si può scorgere perciò in ogni fratello sofferente. Avvicinando coloro che a Lui somigliano, possiamo parlare di Gesù abbandonato. A quanti si vedono simili a lui e accettano di condividere con Lui la sorte, ecco che egli risulta: per il muto la parola, a chi non sa, la risposta, al cieco la luce, al sordo la voce, allo stanco il riposo, al disperato la speranza, al separato l’unità, per l’inquieto, la pace. Con Lui l’uomo si trasforma e il non senso del dolore acquista senso. Egli aveva gridato il perché al quale nessuno aveva risposto, perché noi avessimo la risposta ad ogni perché. Il problema della vita umana è il dolore. Qualsiasi forma abbia, per terribile che sia, sappiamo che Gesù l’ha preso su di sé e muta, per un’alchimia divina, il dolore in amore. Per esperienza posso dire che appena si gode di un qualsiasi dolore, per essere come Lui e poi si continua ad amare facendo la volontà di Dio, il dolore, se spirituale, sparisce; se fisico, diviene giogo leggero. Il nostro amore puro al contatto coi dolore, lo tramuta in amore; quasi prosegue in noi – se lo possiamo dire  – la divinizzazione che Gesù fece del dolore. E, dopo ogni incontro con Gesù abbandonato, amato, trovo Dio in modo nuovo, più faccia a faccia, più aperto, in un’unità più piena. Tornano la luce e la gioia e, con la gioia, la pace che è frutto dello spirito. Quella luce, quella gioia, quella pace fiorite dal dolore amato colpiscono e sciolgono anche le persone più difficili. Inchiodati in croce si è madri e padri di anime. Effetto è la massima fecondità. Si annulla ogni disunità e trauma, fioriscono miracoli di risurrezione, nasce una nuova primavera nella Chiesa e nell’umanità. Come scrive Olivier Clément, “l’abisso, aperto per un istante da quel grido, si riempie del grande soffio della resurrezione.”

“E’ tutto Amore”

Ogni anno, la settimana santa, ci sentiamo avvolti in un’atmosfera speciale. Sono questi infatti i giorni in cui si manifesta più che mai il suo amore per noi, perché  tutto amore  è ciò di cui si fa memoria. Giovedì Santo: Amore il sacerdozio  che possiede un carattere ministeriale, e cioè di servizio e quindi d’amore concreto. Amore l’Eucarestia nella quale Gesù ci ha dato tutto se stesso. Amore l’unità, effetto dell’amore, che  ha invocato dal Padre:  “Che tutti siano uno come io e te“. Amore quel comando che Gesù serbò in cuore tutta la vita, per rivelarlo il giorno prima di morire: “Come io vi ho amato, così amatevi anche voi. Da questo tutti conosceranno che siete miei discepoli, se vi amerete a vicenda“. Non possiamo passare  questo giorno senza un attimo di raccoglimento nel quale diciamo a Gesù tutta l’adesione della nostra anima a quel comando che chiamò “suo” e “nuovo”. Un comando che è eco della stessa vita della Trinità. L’avevamo scoperto ancora a Trento, mentre infuriava il secondo conflitto mondiale. Il Verbo di Dio ci è parso come divino emigrante che facendosi uomo senz’altro s’adattò al modo di vivere di questo mondo. E fu bambino e figlio esemplare, e uomo e lavoratore. Ma vi portò il modo di vivere della sua patria celeste e volle che uomini e cose si ricomponessero in un ordine nuovo, secondo la legge del cielo: l’amore. (altro…)

Dopo l’ultimo saluto

Il funerale di Chiara Lubich, celebrato alla Basilica di San Paolo fuori le Mura, è un evento che per l’imponenza della manifestazione e la partecipazione di tanti volti noti e meno noti ha generato stupore e meraviglia sulla maggior parte delle testate giornalistiche nazionali. Sembra esservi un generale accordo per i 40.000 partecipanti, ma c’è chi si spinge fino a 50.000 (Liberal), per una celebrazione che ha visto «sedici cardinali e quaranta vescovi, cento sacerdoti, esponenti del consiglio ecumenico delle Chiese, ortodossi, anglicani, luterani e appartenenti ad altre religioni» (Osservatore Romano). Fra i partecipanti, i «focolarini di quattro generazioni […] pochi cartelli a denunciare la provenienza, come se tutti abbiano voluto confondersi in un solo gruppo» (Avvenire). C’era «anche tanta gente comune» (il Resto del Carlino, La Nazione), per il saluto a questa «donna di intrepida fede mite messaggera di speranza e di pace», come sottolinea l’Osservatore Romano che riporta in prima pagina la lettera che il Santo Padre Benedetto XVI ha inviato al Segretario di Stato Cardinale Tarcisio Bertone. «Sulla bara di legno chiaro un Vangelo aperto e tre garofani vermigli. Uno spruzzo di colore ben visibile anche da lontano» (Il Messaggero) ««lo stesso tipo di fiori che la Lubich acquistò il 7 dicembre 1943» (Il Tempo) «il giorno in cui iniziò la sua avventura spirituale, arrivata in tutto il mondo» (Avvenire), e che la collocano come figura di un Novecento «costellato di astri lucenti dell’amore divino», come riportano molte testate recuperando le parole del Card. Bertone. «Se in vita questa “mite messaggera di pace”, secondo la definizione di Papa Ratzinger, ha costruito ponti per unire i diversi, radunando ebrei e indù, musulmani e ortodossi, dialogando con tutti, senza preclusioni, lasciando fuori dalla porta le diffidenze, anche da morta la Lubich riesce nell’intento» (Il Messaggero). «Sull’onda di un lunghissimo, interminabile applauso […] hanno preso la parola per una serie di testimonianze, in stile tipicamente focolarino, rappresentanti di religioni orientali, dell’islam, dell’ebraismo, di confessioni cristiane» (Avvenire). È «il “miracolo” di Chiara: religioni unite per l’addio» (Il Messaggero). «Politici e religiosi insieme […] impressionante partecipazione a Roma» (Liberal). Il colpo d’occhio dei politici presenti e raccolti attorno al feretro di Chiara fa da sfondo ai titoli dei giornali che seguono le vicende elettorali italiane. «Funerale di larghe intese. Destra e sinistra fianco a fianco per omaggiare Chiara Lubich» (Il Tempo) e via via si snocciolano i nomi dei parlamentari e degli amministratori presenti: «una platea politica rigorosamente bipartisan» (Il Tempo) perché «l’amore è contagioso. Quando lo capirà anche la politica, cambierà la storia del mondo» (Liberal). Chiara, «una madre» così è stata definita da «un monaco buddista» (Il Messaggero), la cui vita è stata «un canto all’amore di Dio» (Avvenire). «Chiara ha trascorso la sua vita a piantare semi di amicizia in ogni angolo del pianeta […] tra la folla si intravedono copricapi colorati, donne in saari, marocchini col fez e un gruppo di camerunensi con un cappello alquanto eccentrico […] sono arrivati da ogni dove per dirle ancora una volta “grazie”» (Il Messaggero). Testimone di un’«utopia spericolata» (Avvenire) ma al tempo stesso in costante sintonia con il magistero della Chiesa e con i Papi, come rimbalza su quasi tutti i giornali che riportano l’autorevole giudizio contenuto nella lettera del Santo Padre. «Il focolare del Novecento» (Il Foglio) non cessa con la scomparsa di Chiara, e viva presenza sono ancora le prime sue compagne che, dietro al feretro, «camminano tenendosi per mano. A vederle, tutte coi capelli candidi, col cappotto scuro, sembrano sorelle. Sono seguite da Marco Tecilla, il primo focolarino e don Oreste Basso […] l’unico del gruppo che non riesce a trattenere le lacrime» (Il Messaggero). «La sua eredità passa ora alla sua famiglia spirituale» (Liberal), composta da «14 milioni di cuori» tenuti assieme dalla «Parola di vita […] le meditazioni bibliche della Lubich: un tesoro offerto a tutti dal 1944» (Avvenire).  A cura di Alberto Lopresti

“Testimone di Cristo che si è spesa senza riserve”

Una generosa testimone di Cristo che si è spesa senza riserve e che “aveva quasi la profetica capacità di intuire e di attuare in anticipo” il pensiero del Papa. E’ un passo del messaggio di Benedetto XVI letto dal cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone ai funerali di Chiara Lubich, celebrati martedì pomeriggio, 18 marzo,  nella Basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma. Rappresentanti del mondo cattolico ed esponenti di diverse denominazioni cristiane e delle altre grandi religioni, uomini politici di primo piano, hanno dato testimonianza di partecipazione e di amicizia. Oltre 20 mila persone, giunte anche da lontano, si sono raccolte dentro e fuori la Basilica  per dare l’ultimo saluto a Chiara Lubich. Tanta la commozione ma soprattutto una profonda gratitudine per il dono che, attraverso Chiara Lubich, Dio ha fatto alla Chiesa e a tutta l’umanità e gratitudine a lei, per quanto ha dato con la sua vita. All’ingresso del feretro portato a spalla da alcuni focolarini, un applauso interminabile. Sulla bara di legno chiaro deposta davanti all’altare per terra su un tappeto, solo il Vangelo e tre garofani rossi, a ricordo di quei tre garofani che Chiara aveva comprato nel giorno della sua consacrazione a Dio, ancora sola, il 7 dicembre del ’43.  Intense le parole rivolte da Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio prima dell’inizio delle esequie: “Questo momento doloroso è l’occasione di stringersi accanto al Movimento dei Focolari, con tutto il cuore, ma anche di dire, dopo la sua morte, che il suo ideale è per tutti noi, almeno per me, una luce nel tempo che ci aspetta.  Noi tutti diciamo: ‘Grazie, Chiara!’”. Tra le altre, la testimonianza resa dal monaco buddista della Thailandia, Pra Tongrathana:“Io dico sempre, ai membri del Movimento, che mamma Chiara non appartiene più a voi cristiani solamente, ma ora lei ed il suo grande ideale sono eredità dell’umanità intera”. Insieme al segretario di Stato vaticano, il cardinale Tarcisio Bertone, concelebrano 16 cardinali, oltre 40 vescovi e centinaia di sacerdoti. “Ora tutto è veramente compiuto”, esclama all’inizio della sua omelia il porporato: “Il sogno degli inizi si è fatto verità, l’anelito appassionato è appagato. Chiara incontra Colui che ha amato senza vedere e, piena di gioia, può esclamare: ‘Sì, il mio redentore è vivo!’”. Il segretario di Stato rinnova poi subito la partecipazione di Benedetto XVI al dolore dei focolarini, leggendo un suo messaggio: “Tanti sono i motivi per rendere grazie al Signore del dono fatto alla Chiesa in questa donna di intrepida fede, mite messaggera di speranza e di pace, fondatrice di una vasta famiglia spirituale che abbraccia campi molteplici di evangelizzazione. Vorrei soprattutto ringraziare Iddio per il servizio che Chiara ha reso alla Chiesa, un servizio silenzioso e incisivo, in sintonia sempre con il magistero della Chiesa”. Benedetto XVI chiede poi alla Vergine Maria di aiutare la famiglia spirituale di Chiara “a proseguire sullo stesso cammino contribuendo a far sì che la Chiesa sia sempre più casa e scuola di comunione“. Il secolo XX è stato il secolo dove sono nati nuovi Movimenti ecclesiali, e Chiara Lubich trova posto in questa costellazione con un carisma che le è del tutto proprio: “Suscita persone che siano esse stesse amore, che vivano il carisma dell’unità e della comunione con Dio e con il prossimo; persone che diffondano ‘l’amore – unità’ facendo di se stessi, delle loro case, del loro lavoro un ‘focolare’ dove ardendo l’amore diventa contagioso e incendia quanto sta accanto. Missione questa possibile a tutti, perché il Vangelo è alla portata di ognuno: vescovi e sacerdoti, ragazzi, giovani e adulti, consacrati e laici, sposi, famiglie e comunità, tutti chiamati a vivere l’ideale dell’unità: ‘Che tutti siano uno!’”. “A noi, specialmente ai suoi figli spirituali tocca il compito di proseguire la missione da lei iniziata. Dal Cielo, dove amiamo pensare che sia accolta da Gesù suo sposo, continuerà a camminare con noi e ad aiutarci”. Al termine della liturgia funebre per Chiara l’ultimo viaggio da Roma a Rocca di Papa per la sepoltura nella cappella del Centro internazionale dei Focolari. (Adriana Masotti, Radio Vaticana, Radiogiornale – 19 marzo 2008)

"Chiara aveva quasi la profetica capacità di intuire e attuare in anticipo il pensiero dei Papi"

Prendo parte spiritualmente alla solenne liturgia con cui la comunità cristiana accompagna Chiara Lubich nel suo commiato da questa terra per entrare nel seno del Padre celeste. Rinnovo con affetto i sentimenti del mio vivo cordoglio ai responsabili e all’intera Opera di Maria – Movimento dei Focolari, come pure a quanti hanno collaborato con questa generosa testimone di Cristo, che si è spesa senza riserve per la diffusione del messaggio evangelico in ogni ambito della società contemporanea, sempre attenta ai “segni dei tempi”. Tanti sono i motivi per rendere grazie al Signore del dono fatto alla Chiesa in questa donna di intrepida fede, mite messaggera di speranza e di pace, fondatrice di una vasta famiglia spirituale che abbraccia campi molteplici di evangelizzazione. Vorrei soprattutto ringraziare Iddio per il servizio che Chiara ha reso alla Chiesa: un servizio silenzioso e incisivo, in sintonia sempre con il magistero della Chiesa: “I Papi – diceva – ci hanno sempre compreso”. Questo perché Chiara e l’Opera di Maria hanno cercato di rispondere sempre con docile fedeltà ad ogni loro appello e desiderio. L’ininterrotto legame con i miei venerati Predecessori, dal Servo di Dio Pio XII al Beato Giovanni XXIII, ai Servi di Dio Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II ne è concreta testimonianza. Guida sicura da cui farsi orientare era per lei il pensiero del Papa. Anzi, guardando le iniziative che ha suscitato, si potrebbe addirittura affermare che aveva quasi la profetica capacità di intuirlo e di attuarlo in anticipo. La sua eredità passa ora alla sua famiglia spirituale: la Vergine Maria, modello costante di riferimento per Chiara, aiuti ogni focolarino e focolarina a proseguire sullo stesso cammino contribuendo a far sì che, come ebbe a scrivere l’amato Giovanni Paolo II all’indomani del Grande Giubileo dell’Anno 2000, la Chiesa sia sempre più casa e scuola di comunione. Il Dio della speranza accolga l’anima di questa nostra sorella, conforti e sostenga l’impegno di quanti ne raccolgono il testamento spirituale. Assicuro per questo un particolare ricordo nella preghiera, mentre invio a tutti i presenti al sacro rito la Benedizione Apostolica. Dal Vaticano, 18 Marzo 2008

Diffusione televisiva nei 5 continenti

  • Austria – K-TV VorarlbergEuropa • Brasile – Cançao Nova –  – Brasile e Europa • Brasile – Rede Vida • Brasile – TV Aparecida • Brasile – TV Nazaré di Belem • Cameroun – Canal 2 di Douala – aud. Francese – ha diffuso la diretta su: Camerun, Guinea Equatoriale, Gabon, Ciad, Nigeria, Centrafrica, Benin, Togo, Costa d’Avorio, Mali, Burkina Faso, Niger, Senegal • Canada – Salt&light – • Cechia  – TVNOE –  – Repubblica Ceca e Repubblica Slovacca • El Salvador –  Canal 57 • Francia – KTO   – Europa e MedioOriente • Italia – RAIUNO  – Italia, Europa e Medio Oriente • Italia – Rainews 24  –  Europa e Medio Oriente • Italia – Telepace  – Europa, Medio Oriente, Nord America • Italia – Sat2000Europa e Medio Oriente • Italia – SKY • Libano – Telelumière – arabo – tutte le nazioni del  Medio Oriente, delle Americhe e Oceania • Messico – MARIAVISION – audio spagnolo – differita – tutte le Americhe • Messico – EL SEMBRADOR  –  TV via cavo per USA e Messico • Nicaragua – Canal Catolico 45 • Perù – PAX TV • Polonia – TRWAM  – Europa, Medio Oriente e Americhe • Polonia – RADIO  MARYJAEuropa, USA, Canada  Spagna Canal “Popular TV” • USA – BOSTON TV • USA – EWTN per tutti i continenti – audio inglese-francese-spagnolo-tedesco a seconda dei continenti – in diretta e differita, coi seguenti orari: – U.S. & Canada –  Live: 10:00 am Eastern –  Encore: Wednesday 12:00 am Eastern – Europe – Live 15:00 Rome – Encore 23:00 Rome – tedesco, inglese e francese – UK/Ireland – Live 14:00 London – inglese – Africa/South Asia – Live 19:30 IST/14:00 GMT – inglese e francese – Pacific Rim – Live 1:00 am Sydney/10:00 pm Manila – inglese – Encore 7:00 am Sydney/4:00 am Manila – U.S. Spanish – Live: 10:00 am Eastern – Latin America & Spain – Live 15:00 Madrid/10:00 am Eastern – Encore 04:30 Madrid/23:30 pm Eastern • Venezuela – NC TV Canale 11 • Italia – RaiInternational – audio italiano per tutti i continenti extraeuropei, con i seguenti orari: – Amercihe (Nord-Centro-Sud): diretta 14:55 – 16:55  ora di Roma – Australia e Pacifico:  differita 8:15 – 10:15, Sydney time, di domattina 19.3 – Africa e Asia:  leggera differita, 15:30 – 17:30 ora di Roma, 18.3  

L’eredità di Chiara Lubich

L’universalità del messaggio di Chiara rimbalza fra le testate giornalistiche, i network e le varie agenzie: Chiara incarnazione di un «cristianesimo mite» (Osservatore Romano) che ha creato una «famiglia con i confini del mondo» (Il Sole 24 ore), scaturita «dalle macerie della guerra a un’umanità senza confini» (l’Unità). Sorprende la forza umana e spirituale che sgorga da colei che appare come «una piccola grande donna […] una protagonista della storia che propone un cristianesimo mite, aperto e solidale» (il Giornale). «Chiara Lubich, però, era un vulcano […] la sua testimonianza evangelica doveva essere declinata in ogni ambiente, per fare ritrovare tutti attorno al “focolare”. Il fuoco dell’amore per il prossimo la scaldava. Era il suo motore» (Il Messaggero). Un «Fuoco evangelico», un «Carisma fecondo» sottolinea l’Avvenire,  mettendo in rilievo come l’ideale dell’unità rivelato da Chiara abbia tessuto legami di comunione con uomini e donne di diverse culture, confessioni e fedi religiose. «Una vita per gli altri. Una lunga esistenza spesa per intero a praticare il dialogo […] facendo tesoro del Vangelo e del testamento di Cristo. Chiara Lubich, una piccola, grande donna che ha sparso nel mondo il seme della fratellanza» (Corriere della Sera). Lei, una donna che imprime una svolta alla storia della cristianità e della civilizzazione umana con un contributo tipicamente femminile: «donna di un Dio appartato: un carisma femminile e silenzioso. Un’operosità che rifugge dagli scontri e dalle battaglie culturali […] un movimento per il quale vale davvero la massima per cui “fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce” […] così è avvenuto che la foresta crescesse e portasse frutti» (Il Foglio). Chiara, «una figura che con il suo genio femminile ha fatto del Magnificat mariano la Magna Charta di una “rivoluzione sociale” cristiana» (Il Mattino), e in tanti paragonano Chiara alle straordinarie figure della storia della spiritualità, al pari di Caterina da Siena – per esempio – Chiara è «donna minuta ma la sua divina avventura è radicata in 182 paesi» (Il Mattino), e ancora «Signora innamorata di Gesù […] che si dedicò instancabilmente al dialogo interreligioso» e che fece di «unità, pace e dialogo tra popoli e culture i tre pilastri del movimento nato dal desiderio di vivere quotidianamente il Vangelo» (Il Tempo). Chiara visse un’amicizia speciale con Giovanni Paolo II, al quale Chiara rappresentava «una delle forme del genio femminile, di cui amava tanto parlare» (La Stampa). La figura di Chiara è ricordata nella saldatura con la storia del Movimento dei focolari: «il suo è tra i movimenti più innovativi del mondo ecclesiastico […] nato quando Chiara scelse “Dio Amore” come proprio motto di vita» (la Padania). Ma Chiara non è solo i focolari ma «un faro nell’arcipelago dei movimenti ecclesiali laici contemporanei e delle nuove comunità che Giovanni Paolo II definì “dono dello Spirito e speranza per gli uomini» (Il Mattino). È impossibile separare la storia personale di Chiara con quella del movimento che da lei ha preso vita: «piovevano le bombe su Trento» e Chiara «cominciò a dire alle persone che impaurite la circondavano che però c’è l’Unico che nessuna bomba avrebbe fatto crollare, e ha continuato a insegnarlo a quanti, poi, l’hanno seguita» (Avvenire). «Chiara aveva scoperto Dio come l’unico ideale che rimane […] e aveva compreso che lo scopo della sua esistenza era quello di contribuire ad attuare le parole del testamento di Gesù “Che tuti siano una cosa sola”» (il Giornale). «In questa unità d’amore si sostanzia il programma e il carisma dei Focolari» (Avvenire). Il Vangelo vissuto da Chiara non è fatto per essere solo contemplato: in esso è vivo un disegno sociale che si pronuncia come rimedio efficace e storico alle lacerazioni del nostro vissuto: «Chiara Lubich, dalla parte dei poveri», è riuscita a «coniugare le ragioni della fede cristiana con quelle della solidarietà umana», «una donna coraggiosa, forte della sua fede, tra i poveri del mondo, la figlia di un tipografo socialista […] capace di costruire un grande movimento laico nella Chiesa cattolica con l’ambizione di realizzare l’unità» (l’Unità). Chiara «dà il via ad un movimento economico con il progetto dell’economia di comunione che ispira la gestione di oltre settecento aziende di produzione e servizi “for profit” nei cinque continenti, con la destinazione di parte degli utili ai meno abbienti. Si abbozzano le linee di una nuova economia capace di incidere sugli enormi squilibri tra ricchi e poveri» (Osservatore Romano).  «La cultura del dare e la nascita di “Economia di comunione”, 800 imprese che nel mondo investono i profitti per aiutare i poveri e creare lavoro. O, in politica, il “Movimento per l’unità”, cui aderiscono tanti parlamentari» (Corriere della sera). «Santa Chiara», titola a grandi lettere Liberal, che ravvisa che Chiara «è stata come le montagne del suo Trentino: tutta protesa verso l’alto […] e questo le ha permesso di entrare in contatto con tutti: credenti non credenti, cristiani e musulmani, ricchi e poveri. Un dialogo che è una risposta attuale a questa nostra società lacerata»: «la Lubich una maestra del dialogo tra religioni» (la Repubblica) «che apre nel Movimento i dialoghi prospettati dal Concilio Vaticano II. Si riveleranno vie privilegiate per contribuire a comporre in unità la famiglia umana. Si sviluppa il dialogo a tutto campo che mira ad approfondire la comunione, a sanare le divisioni e a suscitare la fraternità» (Osservatore Romano). Le biografie di Chiara che si moltiplicano in queste ore sulle pagine dei quotidiani più importanti rivelano tutte come la sua storia sia inestricabilmente connessa con la spiritualità che in lei si è rivelata: «questa corrente di spiritualità di amore si rivela sempre più universale, perché l’amore e l’unità che sono al cuore sono iscritti nel Dna di ogni uomo. È da questa vita nuova vissuta da persone di ogni età, categoria sociale, cultura, razza e credo che dà vita a un movimento di rinnovamento spirituale e sociale a dimensione mondiale, il Movimento dei Focolari di cui Chiara sarà la guida. Continuamente vi imprimerà nuovo sviluppo, con l’unico obiettivo di contribuire a comporre in unità nella fraternità la famiglia umana, secondo quel progetto divino iscritto nel Vangelo» (Osservatore Romano).

“Che tutti siano uno”: il testamento di Gesù

Chiara Lubich: Il Testamento di Gesù

da «Città Nuova» del 15 dicembre 1959

«Che tutti siano uno»

Se hai l’avventura di portarti in Terra Santa, verso primavera, fra le mille cose che Gerusalemme ti offre alla contemplazione e alla meditazione, una ti colpisce in modo singolare, per quanto ricorda nella sua estrema semplicità. Resistita al tempo e lavata dalle intemperie di duemila anni, una lunga scala di pietra, puntualizzata qua e là di papaveri, rosseggianti come il sangue della Passione, si spiega, quasi un nastro increspato, discendente, limpida e solenne verso la valle del Cedron. E’ rimasta nuda all’aperto, costeggiata da una cornice di prato, quasicché nessuna volta di tempio potesse sostituire il cielo che l’incorona. Di là – la tradizione racconta – Gesù discese quell’ultima sera, dopo la cena, quando, «alzati gli occhi al cielo» gonfio di stelle, ebbe a pregare: «Padre, l’ora è venuta…». Fa impressione metter i propri piedi dove i piedi d’un Dio hanno toccato e tutta l’anima t’esce dagli occhi guardando la volta celeste che occhi d’un Dio hanno guardato. E tale può essere lì l’impressione che la meditazione ti fissa in adorazione. Fu una preghiera unica la Sua prima di morire. E quanto più splende Dio questo «Figlio dell’uomo», che tu adori, tanto più lo senti uomo e t’innamora. Il Suo è un discorso che solo il Padre comprese appieno, eppure lo fece a voce dispiegata, forse perché anche a noi arrivasse un’eco di tanta melodia. 1943. Non si sa perché, ma certo fu così, che quasi ogni sera, radunate le prime focolarine fra loro in cerca dell’amor di Dio, al lume di candela – perché la luce spesso mancava – leggevano quel brano. Era la magna carta del cristiano. Di lì parole ignote a loro brillarono come soli nella notte: notte d’un tempo di guerra. Gesù aveva per tre anni parlato spesso agli uomini: aveva detto parole di Cielo, aveva seminato nelle dure cervici, aveva annunziato un programma di pace, ma aveva offerto il Suo divino patrimonio adattandosi quasi alla mente dei suoi, e le parabole ne sono una testimonianza. Ma ora che non parla alla terra, e la Sua voce è rivolta al Padre, sembra non frenare più la Sua foga. E’ splendido quell’Uomo, che è Dio, e versa – come fontana fluente di Vita Eterna – Acqua che inabissa l’anima del cristiano, perduta in Lui, nei mari sconfinati della Trinità beata. E bello come Lui appariva quell’ultimo discorso: «Io prego per loro, non prego per il mondo… Conserva nel Tuo Nome coloro che mi hai dato affinché siano uno come siamo noi». Esser uno come Gesù è uno col Padre: ma che significava? Non si capiva troppo, ma si comprendeva che doveva essere una grande cosa. Fu per questo che, unite un giorno nel Nome di Gesù, strette attorno ad un altare, chiedemmo a Lui d’insegnarci a vivere questa verità. Egli sapeva che significasse ed Egli solo ci avrebbe potuto aprire il segreto per realizzarla. «… Ma ora io vengo a Te affinché abbiano in sé la pienezza del gaudio». Per quella breve esperienza d’unità che avevamo fatto non s’era forse sperimentata una «nuova» gioia? Era forse quella di cui Gesù parlava? Certo che la gioia è il vestito del cristiano e dentro di noi Qualcuno ci faceva intendere che, per chi segue Cristo, la gioia è un dovere, perché Dio ama l’ilare donatore. «Non domando che Tu li tolga dal mondo, ma che li preservi dal male». Affascinante e nuova – almeno per noi – questa vita: vivere nel mondo, che tutti sanno in antitesi con Dio, e vivervi per Dio in un’avventura celeste… «Santificali nella verità. E prego non solamente per essi, ma anche per quelli che, mediante la loro parola, crederanno in me, affinché siano tutti uno». Ma che cristianesimo avevamo vissuto prima, se eravamo passati accanto l’uno all’altro con indifferenza se non con disprezzo e giudicandoci, quando il nostro destino era fonderci nell’unità invocata da Cristo? Con questi accenti ci sembrava che Gesù gettasse un laccio al Cielo e legasse noi membra sparse, in unità – per Lui – col Padre, e in unità fra noi. E il Corpo mistico si spiegava a noi in tutta la sua realtà, verità e bellezza. «Come Tu, Padre, sei in Me e io in Te, che anch’essi siano uno in noi». Come Gesù è uno col Padre così ognuno di noi avrebbe dovuto essere uno con Gesù e, di conseguenza, uno con gli altri: era un modo di vivere a cui poco o nulla noi prima avevamo pensato: un modo di vivere «alla Trinità»… «Affinché il mondo creda che Tu mi hai mandato». La conversione del mondo che ci circondava sarebbe stata la conseguenza della nostra unità. Era forse per questo che, sin dal primo sorgere del Movimento, molte anime tornavano a Dio, senza che noi ci fossimo curate di convertirle, ma solo di mantenere l’unità fra noi e di amarle in Cristo. «…Io ho dato loro la gloria che Tu hai dato a Me affinché siano perfetti nell’unità e il mondo riconosca che Tu mi hai mandato…». Gli uomini avrebbero creduto a Cristo se noi fossimo stati perfetti nell’unità. Ci si doveva dunque perfezionare in questa vita. Avremmo dovuto posporre ogni cosa all’unità. 1943 era stato anche l’anno della Mystici Corporis: Cristo nel Papa Pio XII riecheggiava il Suo Testamento. Che Gesù, il quale vive nel suo Capo e nel suo Corpo, abbia spinto anche noi a sottolineare l’esigenza dell’unità e a farne un dono a tanti? Unità, unità, tutti uno! In tempi in cui l’idea fondamentale del Cristo stava divenendo, deformata e depauperata del divino, l’idea-forza della rivoluzione atea, Dio aveva voluto forse sottolinearcela nel Vangelo. Non si sa. Si sa solo che il Movimento dei Focolari ebbe quel timbro inconfondibile e che per noi niente ha più valore dell’unità: perché formò il soggetto del Testamento di Colui che vogliamo amare sopra ogni cosa; perché dall’esperienza fin qui avuta essa è ricchissima e fecondissima di frutti per il Regno di Dio, per la Sua Chiesa. «Io ho fatto loro conoscere il Tuo Nome e lo farò conoscere affinché l’amore con cui Mi hai amato sia in essi ed Io in loro». Gesù dopo aver dette queste cose uscì coi suoi discepoli oltre il torrente Cedron… (altro…)

Chiara Lubich ha concluso il suo viaggio terreno

In un clima sereno, di preghiera e di intensa commozione, Chiara Lubich ha concluso a 88 anni il suo viaggio terreno questa notte, 14 marzo 2008, alle ore 2 nella sua abitazione di Rocca di Papa (Roma), dove in nottata di ieri era rientrata per sua espressa volontà dopo il ricovero al Policlinico Gemelli. Per tutta la giornata, ieri, centinaia di persone – parenti, stretti collaboratori e suoi figli spirituali – sono passati nella sua stanza, per rivolgerle l’ultimo saluto, per poi fermarsi in raccoglimento nell’attigua cappella, sostando poi a lungo attorno alla casa in preghiera. Una ininterrotta e spontanea processione. A taluni Chiara ha potuto anche fare cenni d’intesa, nonostante l’estrema debolezza. Continuano a giungere  dal mondo intero messaggi di partecipazione e di condivisione da parte di leader religiosi, politici, accademici e civili, e  da tanta gente del “suo” popolo. (altro…)

Una lunga e feconda vita segnata dall’amore a Gesù Abbandonato

«Ho appreso con profonda emozione la notizia della pia morte della signorina Chiara Lubich, sopraggiunta al termine di una lunga e feconda vita segnata instancabilmente dal suo amore per Gesù abbandonato. In quest’ora di doloroso distacco sono spiritualmente vicino con affetto, ai familiari e all’intera Opera di Maria-Movimento dei Focolari che da lei ha avuto origine, come pure a quanti hanno apprezzato il suo impegno costante per la comunione nella Chiesa, per il dialogo ecumenico e la fratellanza tra tutti i popoli. Ringrazio il Signore per la testimonianza della sua esistenza spesa nell’ascolto dei bisogni dell’uomo contemporaneo in piena fedeltà alla Chiesa e al Papa e mentre ne affido l’anima alla divina bontà affinché la accolga nel seno del Padre auspico che quanti l’hanno conosciuta e incontrata, ammirando le meraviglie che Dio ha compiuto attraverso il suo ardore missionario, ne seguano le orme mantenendone vivo il carisma. Con tali voti invoco la materna intercessione di Maria e volentieri imparto a tutti la benedizione apostolica». Benedictus XVI

L’ultimo saluto a Chiara Lubich in San Paolo fuori le mura a Roma

“Ho appreso con profonda emozione la notizia della morte di Chiara, sopraggiunta al termine di una lunga e feconda vita segnata instancabilmente dal suo amore per Gesù abbandonato”. Così inizia il telegramma a firma di Papa Benedetto XVI giunto questa mattina. “In quest’ora di doloroso distacco”, il Santo Padre assicura la sua spirituale vicinanza “con affetto”,  “ai familiari e all’intera Opera di Maria-Movimento dei Focolari che da lei ha avuto origine, come pure a quanti hanno apprezzato il suo impegno costante per la comunione nella Chiesa, per il dialogo ecumenico e la fratellanza fra tutti i popoli”. Il Papa  ringrazia il Signore “per la testimonianza della sua esistenza spesa nell’ascolto dei bisogni dell’uomo contemporaneo in piena fedeltà alla Chiesa e al Papa”. Benedetto XVI esprime l’auspicio che “quanti l’hanno conosciuta e incontrata, ammirando le meraviglie che Dio ha compiuto attraverso il suo ardore missionario, ne seguano le orme mantenendone vivo il carisma”. Il Papa conclude invocando “la materna intercessione di Maria” e impartendo “a tutti” la sua benedizione apostolica. L’ultimo saluto a Chiara Lubich avrà luogo martedì 18 marzo alle ore 15 nella Basilica romana di San Paolo Fuori le Mura. La cerimonia sarà presieduta dal cardinale Segretario di Stato, Tarcisio Bertone. Sarà trasmessa in diretta via internet e via satellite. Per tutta la mattina c’è stato un continuo flusso di visite nella sua abitazione. La camera ardente sarà allestita questo pomeriggio, a partire dalle ore 16 sino a martedì alle ore 11, presso il Centro internazionale del Movimento dei Focolari a Rocca di Papa (via Frascati 306). Sarà sepolta nella Cappella del Centro Internazionale del Movimento a Rocca di Papa. A Trento il sindaco Alberto Pacher ha proclamato il lutto cittadino.

Chiara Lubich è rientrata nella sua abitazione a Rocca di Papa

Da giorni Chiara Lubich aveva espresso il desiderio di “tornare a casa”. Ieri sera è stata presa questa decisione. Dal Policlinico Gemelli dove era ricoverata per una insufficienza respiratoria che poi si è rivelata grave, è rientrata nella sua abitazione a Rocca di Papa. Come ha dichiarato il prof. Salvatore Valente, titolare della cattedra di Pneumologia del Policlinico Universitario: “Per suo espresso desiderio Chiara Lubich è stata portata a casa”. E assicura: “Continua a ricevere tutti i supporti farmacologici e ventilatori necessari. Purtroppo – aggiunge – allo stato attuale non si rileva alcuna risposta al trattamento applicato”. Sino a ieri pomeriggio Chiara è stata informata dalla sua segretaria personale, Eli Folonari, della corrispondenza arrivata. Questa mattina ha voluto salutare i e le focolarine che con lei hanno dato inizio al Movimento. Chiara continua a ispirare grande serenità. Due giorni or sono ha confidato di aver avvertito la presenza spirituale di Maria. Chiara ha vissuto tutta la vita in profonda comunione con lei. L’Opera da lei fondata infatti porta il nome di Opera di Maria, il nome con cui è stato approvato dalla Chiesa il Movimento dei Focolari. Questi momenti sono accompagnati dall’intensa comunione e continua preghiera di tutto il movimento nel mondo. Si associano anche Andrea Riccardi e Salvatore Martinez che assicurano preghiere della Comunità di Sant’Egidio e del Rinnovamento nello Spirito. (altro…)