Lazio Sud
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Cristina Montoya
Con la caduta del muro di Berlino sembrava tutto risolto. Nessuno immaginava che i muri della diffidenza, dell’odio, del pregiudizio continuavano ad ergersi nella ex Jugoslavia a ostacolare ciò che per tanti anni le comunità dei Focolari lì presenti avevano cercato di costruire: l’unità tra tutti, nonostante la varietà di etnie, lingue, religioni. Diversità che tutti loro erano giunti a percepire come altrettante ricchezze. L’annunciarsi del conflitto è stato un vero shock, ma anche uno sprone per continuare a credere che pur nell’assurdità di una guerra fratricida, l’immenso amore di Dio non veniva meno. «Era l’agosto ‘91 – racconta a nome della comunità di Zagabria Minka Fabjan, esperta di amministrazione e attiva nel campo dell’Economia di Comunione – e tra mille peripezie un gruppo di noi siamo andati a Katowice (Polonia) perché sapevamo che vi avremmo incontrato Chiara Lubich. Lei lì ci ha invitati a testimoniare il Vangelo con tutti i mezzi possibili, di ‘gridarlo sui tetti’. In Croazia già c’erano le prime avvisaglie di guerra: le scuole chiuse, le autostrade bloccate… Fra questi venti di guerra faceva impressione sentire ripetere alla TV e alle radio i nostri messaggi di pace che, seguendo l’incoraggiamento di Chiara, avevamo inviato alle diverse emittenti. Ciononostante le ostilità continuavano ad intensificarsi. Chiara spesso ci telefonava per sentire come stavamo e per incoraggiarci: “Dimostrate con la vostra vita che l’amore vince tutto”. È stata lei a suggerirci una raccolta di firme per la pace: nelle scuole, davanti le chiese, sulle piazze, in Slovenia, Serbia, ovunque. In Croazia, per via degli allarmi, le raccoglievamo nei rifugi. In pochi giorni abbiamo inviato a vari Capi di Stato 65.000 firme». «Nel frattempo le nostre case si riempivano di profughi: erano i nostri parenti, gli amici, ma anche persone sconosciute. Chiara allora ha invitato il Movimento nel mondo a mobilitarsi per inviare aiuti. Nell’autunno è arrivato il primo camion con viveri e generi di prima necessità, un’azione che durerà per anni. Scantinati, case in costruzione, sede della Croce Rossa, sale di conferenze sono stati trasformati in magazzini per smistare ciò che arrivava e condividerlo con vicini di casa e profughi, siano stati serbi, musulmani o cristiani. Facevamo anche 300 pacchi al giorno. Con questi aiuti umanitari siamo riusciti ad aiutare regolarmente 7000 persone». «Sentivamo già la stanchezza, quando nel ’93 papa Giovanni Paolo II ha chiesto di aprire i nostri cuori e le nostre case alle donne bosniache che arrivavano a Zagabria dopo le indicibili crudeltà subite nei lager. Sentivamo che Chiara era al nostro fianco così ci siamo mobilitati tutti. Nel Familyfest ’93 abbiamo lanciato in mondovisione una raccolta fondi che ha permesso di dare casa a 50 famiglie profughe e di aiutare più di 150 donne. Attraverso il sostegno a distanza, sono stati soccorsi anche migliaia di bambini. Alcune di queste donne, vittime di stupro, hanno trovato la forza eroica di portare a termine la gravidanza. In Serbia erano state mobilitati 700 uomini, fra cui tanti del Movimento, per essere arruolati nell’esercito federale. Quando Chiara l’ha saputo ci ha invitati tutti a pregare per loro, affinché avessero la forza di opporsi alla violenza e di non sparare. E le preghiere sono state esaudite: ai ‘nostri’ hanno assegnato un servizio civile». La guerra aveva coinvolto anche Kosovo e Belgrado; nonostante ciò Chiara ha voluto recarsi nella vicina Croazia. Alla domanda di un giornalista (Ottone Novosel per Večernji list, il quotidiano lì più diffuso) se aveva una parola per queste popolazioni, Chiara non ha esitato: «Dimostrate che il miracolo dell’unita è possibile anche tra modi di pensare diversi, tra popoli diversi, tra religioni diverse. È Dio che guida la storia. Questa guerra potrebbe per reazione far suscitare una grande corrente di amore che potrebbe diventare un esempio per tanti e tanti popoli» (12.4.99). Un messaggio, questo della Lubich, di impressionate attualità anche per i tanti conflitti che ancora oggi continuano a deturpare il pianeta e a disonorare la nostra umanità. (altro…)
11-12.3.2016 – Fontem (Camerún) Talleres (música, dibujo, poesía, performance teatral) sobre el tema “Chiara y la paz” preparados por los alumnos de 20 escuelas que han adherido al proyecto “educación a la paz”. La premiación de los mejores trabajos y de los gestos de paz más significativos de los mismos estudiantes. Estarán presentes autoridades civiles, tradicionales y religiosas. 11.3.2016 – Rosario (Argentina) Un congreso en la Universidad Católica Argentina (UCA) en el que se reflexionará sobre el aporte del carisma de la unidad a la educación. Entre las intervenciones estará la de la Prof. Nieves Tapia, coordinadora del Centro Latinoamericanos de aprendizaje del Servicio Solidario (CLAYSS). 12.3.2016 – Garden Grove, California (USA) Santa Misa en la Christ Cathedral celebrada por el obispo Kevin William Vann de la diócesis de Orange. En la tarde, en la Academy Gym, congreso sobre la multiculturalidad con la participación de varias etnias y religiones. 12.3.2016 – Caracas (Venezuela) Presentación de la figura de Chiara como constructora de diálogo y de paz, distinguida con el Premio UNESCO por la Paz 1996. El evento se realizará en el Instituto de Teología para la Educación Religiosa (ITER). Estarán presentes personas de varias Iglesias. 12.3.2016 – Brasilia (Brasil) En el Auditorio de la UNIP (Universidad Paulista), a las 15,30 una presentación de Chiara Lubich, premio UNESCO por la Paz 1996. Seguirán tres momentos de reflexión: construir la paz en las relaciones interpersonales, en el diálogo entre las iglesias y las religiones y en colaboración con los Institutos de Migración y Derechos Humanos (IMDH), con migrantes y refugiados. El boleto para entrar es un Kilo de comida para los emigrantes de Haití. 12.3.2016 – Todi (Italia) A 10 años de la entrega a Chiara Lubich de la ciudadanía honoraria, a las 15,30 en la sala del Consejo, el congreso: “Una economía humanizada”, que permitirá reflexionar sobre el proyecto de Economía de Comunión ideado por Chiara Lubich. Además del alcalde de la ciudad, participarán el presidente de la Región Umbra, el Card. Ennio Antonelli, el prof. Giuseppe Argiolas y dos empresarios: Andrea Cruciani y Antonio Baldaccini. 13.3.2016 – Kinshasa (República Democrática del Congo). En el Aula Magna de la Universidad Católica, ante la presencia de personalidades religiosas (también de otras Iglesias y credos), del mundo de la cultura y del ámbito diplomático, se hablará de Chiara como mujer de paz. Participará en representante de la UNESCO en la República Democrática del Congo. 13.3.2016 – Kikwit (República Democrática del Congo) El alcalde de la ciudad inaugurará el evento en la Escuela de los jesuitas donde estarán presentes autoridades civiles y religiosas, se profundizará el tema de la Paz a la luz del carisma de la unidad. El mismo modelo se utilizará ese mismo día en Goma, Lubumbashi y en otras 16 pequeñas ciudades de la República del Congo. 13.3.2016 – San Salvador (El Salvador) De las 9.00 a las 12.00, mesa redonda en la Universidad Gavidia (auditorio Edificio E) sobre el tema, “La paz que nace del diálogo”. 14.3.2016 – Trento (Italia) En la Fundación Demarchi, presentación del libro de I. Pedrini: “El otro Novecientos: en el testimonio de Duccia Calderari”. La biografía de Duccia, una de las primeras testigos junto a Chiara Lubich del nacimiento de los Focolares, le permitirá a los relatores: Monica Ronchini investigadora, Giuseppe Ferrandi, director del Museo histórico del Trentino, Lucia Fronza Crepaz, ex diputada, profundizar en la figura de Chiara como constructora de paz. 14.3.2916 – La Habana (Cuba) En el Centro cultural Fray Bartolomé de las Casas, presentación de la figura di Chiara en relación a la paz, estará presente el Nuncio Apostólico Mons. Giorgio Lingua. Seguirá un concierto del Grupo de Música Antigua ‘Ars Longa’. 16.3.2016 – Sevilla (España) En el Seminario Metropolitano, el prof Manuel Palma, vicedirector del centro de Estudios Teológicos de Sevilla, hablará de Jesús príncipe de la paz en la espiritualidad de Chiara Lubich. Seguirá un excurso sobre la paz en el Islam presentado por el Imán Allah Bashar de la mezquita del rey Abdul Aziz Al Saud de Marbella, Málaga), quien hablará también de su relación con Chiara Lubich. 13.3.2016 – Lisboa (Portugal) En el Centro Cultural Franciscano, mesa redonda sobre ‘Chiara y la paz’ con miembros de la Comisión Nacional Justicia y Paz (Dr. Pedro Vaz Patto, presidente; Dra. Graça Franco y António Marujo periodistas). 13.3.2016 – Melbourne (Australia) “Construir la paz en el propio ambiente” es el hilo conductor de la celebración que se desarrollará en el Centro Mariápolis con testimonios de acogida a los refugiados. Presentación del documental de Mark Ruse: “Politics for unity: making a world of difference”, el vicario general de la Arquidiócesis Mons. Greg Bennet y líderes de los movimientos eclesiales que trabajan en Australia. 19.3.2016 – Perth (Australia) En la Plaza de Northbridge, estreno de un video clip sobre la Paz realizado por los jóvenes y recolección de firmas para el llamado #Signup4peace. Habrá programas de animación también para los más pequeños. Estará presente el obispo auxiliar de Perth, Mons. Donald George Sproxton.
La spiritualità dell’unità nata da Chiara Lubich ha una forte rilevanza per la pace: risuona con forza questo messaggio dall’evento di Castel Gandolfo (Roma) il 12 marzo scorso, dove 1000 persone si sono riunite per rileggere alla luce di oggi l’eredità di Chiara Lubich nel campo della costruzione della pace. Erano presenti ambasciatori e rappresentanti del corpo diplomatico presso la Santa Sede e presso lo Stato italiano da 20 Paesi: da Marocco, Libia, Benin, Gabon a Turchia e Taiwan, da Argentina, Venezuela, Cuba, Uruguay e Paraguay a USA e Guatemala, a varie nazioni europee, come Ucraina, Lituania, Albania, Slovenia, Portogallo e Malta. Ma l’attualità che si impone al nostro sguardo offre immagini di “una pace violata, spesso derisa”, fino a far pensare che “il vivere in pace non appartenga più alle generazioni del Terzo Millennio”, così Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari, nel suo indirizzo di saluto. Come riannodare allora il filo spezzato nei rapporti tra le persone, tra i popoli, tra gli stati?
“Nella sede dell’Unesco Chiara Lubich offriva un metodo di educazione alla pace”, ricorda Maria Voce. È la spiritualità dell’unità, che mette le basi per la cultura del dialogo. Lo dimostrano le 4 esperienze raccontate subito dopo: dalla semplicità del “dado della pace”, che diventa la base per lo sviluppo di Living Peace, un progetto nelle scuole del Cairo che è arrivato oggi in 300 scuole di 110 Paesi, con il coinvolgimento di oltre 100mila bambini e ragazzi; al dialogo tra musulmani e cristiani in Italia sullo sfondo delle tensioni che attraversano il continente; dalla storia “miracolosa” di Fontem, in Camerun, in cui Chiara Lubich intravedeva il futuro dell’unità tra i popoli, preconizzato dal patto stretto tra i due capi tribù; e ancora il suo grande sogno di influire sulla società attraverso la cultura e il pensiero, da cui la nascita dell’Istituto Universitario Sophia (Loppiano, Firenze).
Dal palco del Centro Mariapoli di Castel Gandolfo ha parlato anche il Gen Verde: le canzoni del nuovo spettacolo On the Other Side – di recente portato in tournée a Hong Kong e Taiwan – vanno tutte in questa direzione. Il sacrificio dei monaci di Thiberine in Algeria, la ninna nanna per la bimba senza nome annegata durante uno dei tanti viaggi della speranza, la voce della verità di Oscar Romero, il vescovo salvadoregno, oggi beato, ucciso per mano criminale, il grido della foresta amazzonica che va impoverendosi: un lavoro, quello del Gen Verde, che vuole mettere basi solide di costruzione della pace, a partire dalle migliaia di giovani coinvolti nei loro workshop. Anch’essi incamminati ad essere, là dove si trovano, “germi di un popolo nuovo, di un mondo più solidale, soprattutto verso i più piccoli, i più poveri”, come ebbe a dire Chiara Lubich all’Unesco, “di un mondo più unito”, senza nascondere il segreto per realizzarlo, il coraggio di sapere patire, di saper accettare la fatica e la sofferenza che questo comporta. “Se più uomini accettassero la sofferenza per amore, la sofferenza che richiede l’amore – aveva affermato allora Chiara – essa potrebbe diventare la più potente arma per donare all’umanità la sua più alta dignità: quella di sentirsi non tanto un insieme di popoli l’uno accanto all’altro, spesso in lotta tra loro, ma un solo popolo”. Maria Chiara De Lorenzo (altro…)
Aleppo, 8 marzo 2016 – Mi sono svegliato alle 4 del mattino per il rumore dei bombardamenti e non sono più riuscito a dormire. Cercavo di non credere alle mie orecchie. No, non è vero Signore! Un’altra volta i bombardamenti! Adesso che si sperava che la situazione cominciasse a migliorare, ché l’elettricità è tornata dopo 5 mesi e l’acqua dopo 45 giorni! Perchè? Questa tregua doveva durare e diventare definitiva! Era una supplica che dal profondo saliva al Signore della Storia chiedendogli aiuto perché si consolidi il cessate il fuoco proclamato solo una settimana fa in tutta la Siria. Ma il rumore degli scontri sulla linea di fronte che divide la città di Aleppo in due, cresceva con esplosioni forti che si sentono molto bene di notte. Nell’attesa dell’alba e del ritorno della calma mentre cercavo di pregare, riflettevo: Certo che tutti vogliamo la Pace, ma ci crediamo davvero, o forse pensiamo che la si acquista a buon prezzo? C’è gente convinta che la guerra sia la via da percorrere! Sono pronti a sacrificare non solo la loro vita ma anche quella degli altri perché ci credono, e ci sono i potenti che ricavano profitto di tutto quello che succede, perciò non vogliono che si fermi la guerra e, anzi, mettono benzina sul fuoco.
E noi, la gente che crede in grandi ideali, in una vita civile e pacifica di rispetto fra le culture e di solidarietà, ci crediamo davvero? E quale prezzo siamo disposti a pagare? Veramente la guerra in Siria non è una piccola cosa. Chi è che ha la forza di distruggere un Paese che 6 anni fa cresceva pieno di vita e di speranze, dove convivevano musulmani e cristiani di diverse confessioni e tante altre etnie in rispetto e pace fra di loro? Sicuramente non sono dei semplici individui. Mi è venuta alla mente una risposta che Chiara Lubich aveva dato nel 2002 ad uno dei nostri amici musulmani che le chiedeva riguardo alla speranza che l’amore e la pace vincano sulla guerra. Ella gli rispose – ricordando gli attentati dell’11 settembre 2001 – che «il terrorismo è frutto di forze del Male con la M grande, contro il quale non bastano le forze umane […]. Occorrono le forze del Bene, con la B grande […] quelle di chi ama Dio. E allora che cosa bisogna fare? La preghiera! Noi dobbiamo congiurarci, tutti noi della fratellanza universale, uniti a pregare che veramente si vinca il terrorismo. Noi lo potremmo fare, Gesù dice che dove due o tre sono uniti nel suo nome, nel suo amore, qualsiasi cosa chiedono la otterranno. E noi siamo molto di più di due o tre […], partire di qua coll’idea: noi insieme ci uniamo tutti a pregare. Ma non basta. La causa principale del terrorismo è questa insofferenza di fronte a un mondo mezzo povero e mezzo ricco. Loro vorrebbero – e non hanno torto – che ci fosse un po’ di più comunione di beni […], un po’ di più solidarietà. Dobbiamo cambiare i cuori. Soltanto se noi facciamo un’opera di fratellanza universale, riusciremo a convincerci e a convincere che bisogna mettere insieme anche i beni, e dapprima cominceremo come popolo, ma poi le idee vanno su, vanno su anche ai capi di Stato. Avere questa sicurezza: che con Dio sono possibili le cose impossibili, che con Dio – incominciando con la fratellanza fra noi – arriveremo anche a questo obiettivo grandioso: di fare di tutta l’umanità veramente una famiglia sola […]. Questo è il nostro obiettivo».
Non ci illudiamo: la Pace dipende da noi. Non possiamo aspettare che gli altri facciano qualche cosa. Siamo anche noi responsabili! Se crediamo davvero che Dio può vincere il Male e che ci ascolta dobbiamo pregare incessantemente il Padre con fede che ci aiuti, altrimenti pecchiamo di omissione. Tutti ricordiamo come due anni fa si sono fermati i bombardamenti sulla Siria grazie all’influenza del digiuno e della preghiera fatti dal Papa e tante altre personalità. E Dio ci ha esaudito! E lo può fare ancora. Facciamolo allora e sempre, affinché avvenga il regno della Pace, non solo in Siria ma su tutta la Terra. CFR: Chiara Lubich, Castel Gandolfo, 3 novembre 2002, risposte agli amici musulmani dei Focolari. (altro…)
«Donna di intrepida fede, mite messaggera di speranza e di pace», così papa Benedetto XVI definiva Chiara Lubich nel messaggio inviato per il suo funerale, otto anni fa. E papa Francesco, all’avvio della causa di beatificazione nel gennaio 2015, esortava a «far conoscere al popolo di Dio la vita e le opere di colei che, accogliendo l’invito del Signore, ha acceso per la Chiesa una nuova luce sul cammino verso l’unità». Così sono centinaia le iniziative nel mondo che ricordano il suo messaggio di pace. Oltre 200 gli eventi promossi dalle comunità dei Focolari in Europa: a Minsk, Bielorussia, una giornata dal titolo Viviamo per l’unità. In Svezia incontri nelle sei città dove sono presenti comunità del Movimento. A Monaco, Germania, il primo “Chiaratag”. A Lisbona, Portogallo, una tavola rotonda su Chiara e la pace con giornalisti e membri della Commissione Giustizia e Pace. A Siviglia, Spagna, il focus andrà su Chiara Lubich, educatrice alla pace, con il contributo dell’Imam Baschar della Moschea del Re Abdul Aziz al Saud di Marbella e di d. Manuel Palma Ramírez, vice direttore del Centro Studi Teologici di Siviglia. A Sarajevo, in Bosnia e Erzegovina, la comunità dei Focolari composta da cattolici, ortodossi, musulmani e persone di convinzioni non religiose raccoglierà nell’incontro Il messaggio di dialogo e di pace il risultato di anni di impegno fianco a fianco. Sarà aperto alla città, con la partecipazione dell’arcivescovo cardinale Vinko Puljić. Una convinzione che attraversa il dialogo in atto anche negli altri Paesi balcanici e che passa dal reciproco riconoscimento di tradizioni e nazionalità. Lo mostra il programma educativo Perle di Skopje, in Macedonia: un asilo, legato all’università, che accoglie bambini delle varie etnie, coinvolge le famiglie e fonda il suo progetto educativo sugli ideali di fratellanza della Lubich. Un’iniziativa del professore Aziz Shehu, musulmano, già ordinario e pro-decano presso la facoltà di Pedagogia. Che si tratti di un processo irreversibile lo hanno testimoniato anche i 110 giovani croati, serbi, ruteni, ungheresi, albanesi e macedoni, con altri della Bulgaria e Romania, insieme per la prima volta agli inizi di marzo, all’insegna di Balcani: noi siamo uno. Numerosi sono nelle Americhe gli incontri, simposi, conferenze e concerti, dalla dimensione spirituale e di preghiera, a quella interreligiosa o ambientale, da New York e San Francisco, negli USA, a Santiago del Cile, passando da La Habana, in Cuba, Neza, nello Stato messicano di Nezahualcoyotl, Caracas, in Venezuela, Rio de Janeiro, in Brasile, Mendoza, in Argentina. Nel Pacifico, significativi gli incontri ad Honolulu, nelle isole Hawaii, e a Noumea, in Nuova Caledonia. A Medellín, Colombia, non c’è famiglia che non abbia perso, in questi 50 anni di conflitto, almeno uno dei componenti. Così anche tra i membri della comunità dei Focolari: tre generazioni con storie come quella di Rosa, che dopo l’assassinio del figlio per mano di un amico, non si abbandona alla vendetta, ma impugna con tutte le forze il coraggio del perdono, lavorando nel centro sociale del quartiere per diffondere riconciliazione, cure, cultura. Progetti di formazione in diverse città della Colombia, Ecuador, Venezuela e Messico vedono l’alternarsi di generazioni di bambini che, diventati professionisti e insegnanti, si assumono il compito della formazione dei nuovi cittadini alla cultura della fratellanza e alla pace. In Australia focus sulla pace e l’accoglienza, con appuntamenti a Canberra, Melbourne, Sydney e Perth, quest’ultimo preparato dai giovani e tenuto all’aperto nella centrale Northbridge Piazza. In Nuova Zelanda incontri a Wellington e Christchurch su Politics for Unity: Making a World of Difference. In Corea del Sud appuntamenti animati da trentuno comunità nei diversi territori per approfondire il legame tra Chiara Lubich e la pace. Nelle Filippine, all’università De La Salle di Manila, il simposio Carisma dell’unità, una eredità senza tempo indagherà nei percorsi che hanno avuto luogo in 50 anni di vita del Movimento dei Focolari nel continente asiatico. In Vietnam, a Vung Tau, 300 persone provenienti da tutto il Paese si raduneranno per più giorni all’insegna della condivisione e della spiritualità dell’unità. In Pakistan sono previsti incontri di spiritualità e Messe per la pace in sette città. Appuntamenti anche in Burkina Faso, Costa d’Avorio, Camerun, Nigeria, Kenya, Uganda per nominare solo alcuni tra i paesi africani coinvolti. In Burundi, nell’attuale situazione di tensione sociale, si raccoglieranno intorno al tema Misericordiosi come il Padre Celeste, siamo costruttori di pace. Nella Rep. Democratica del Congo un collegamento telefonico unirà le grandi città del Paese: Lubumbashi, Goma, Kikwit e Kinshasa. Qui 1500 persone, alla presenza di ambasciatori, membri dell’UNESCO, esponenti di diverse confessioni cristiane, autorità musulmane, rifletteranno su come vivono La pace nella famiglia. In Italia, la presenza diffusa di comunità dei Focolari suscita localmente numerose iniziative. A Roma, 280 giovani si danno appuntamento presso il Parlamento con la presidente della Camera Laura Boldrini, il Ministro degli Esteri Gentiloni e altri parlamentari. Pasquale Ferrara, diplomatico, Michele Zanzucchi, direttore di Città Nuova, Shahrzad Houshmand, teologa musulmana, saranno gli interlocutori per discutere i contenuti di un manifesto con proposte concrete sulla pace, il disarmo e la riconversione industriale. All’università di Pisa una lezione di Antonio M. Baggio nel Corso di Giurisprudenza: L’amore degli amori. Ispirazione religiosa e laicità della politica in Chiara Lubich. Al Palazzo Ducale di Genova un approfondimento della Laudato si’ durante l’evento Le religioni dialogano per la pace e per l’ambiente, con Husein Salah, presidente della Comunità islamica, Giuseppe Momigliano, rabbino capo, Gnanathilaka Mahauswewe, monaco buddista, Andrea Ponta, ingegnere ambientale, Roberto Catalano, centro dialogo interreligioso dei Focolari. Me attraverso te è il titolo di un evento itinerante a Milano, una sorta di “abbraccio” alla città e di interazione tra gruppi diversi. E ancora dialogo, integrazione, perdono per il ciclo di appuntamenti Il mio mondo è come il tuo? …passi per ri-conoscersi. All’auditorium del Centro Mariapoli di Castelgandolfo, Roma, si ritroveranno membri del Corpo diplomatico, accreditati presso l’Italia e presso la Santa Sede, e esponenti del mondo della cultura, accolti dalla presidente dei Focolari Maria Voce, per ricordare Chiara Lubich sotto il profilo La cultura del dialogo come fattore di Pace. In Medio Oriente, mentre i conflitti armati continuano a seminare distruzione e ad uccidere la speranza, le comunità dei Focolari in Siria affermano che «della pace siamo responsabili anche noi. Se crediamo che Dio, Signore della Storia, può vincere il Male e ci ascolta, pecchiamo di omissione se non preghiamo incessantemente Lui, per il quale sono possibili le cose impossibili». Il senso del 14 marzo 2016 sta proprio in questo: far convergere l’impegno e la preghiera di molti, da tanti punti della terra, per rendere il mondo più unito. Parallelamente la Causa di Beatificazione di Chiara Lubich, iniziata il 27 gennaio 2015, sta seguendo l’iter previsto dalla normativa. Molte le persone che ad oggi hanno potuto offrire la loro testimonianza, di diverse Chiese e di convinzioni non religiose. Un mosaico che evidenzia l’esemplarità della sua vita, impegnata con quanti Dio poneva sul suo cammino a «farsi santi insieme». Fonte: comunicato stampa (altro…)
«Reti di luce per abitare il pianeta» è il sottotitolo del convegno sulla città, e il concorso fotografico vuole offrire un viaggio in immagini alla scoperta di luce e ombre dei diversi luoghi dell’abitare.
TEMA ONCITY: reti di luce per abitare il pianeta, inteso come un viaggio fotografico alla scoperta di luce e ombre dei diversi luoghi del vivere. Tre le sezioni: Città in dialogo, Città in azione, Città in rete. MODALITÀ DI PARTECIPAZIONE La partecipazione al concorso è gratuita. È aperta ai fotografi non professionisti di ogni nazionalità, maggiorenni (18 anni compiuti). Ogni partecipante potrà inviare al massimo una foto per ogni sezione. MODALITÀ E TERMINI DI CONSEGNA DELLE IMMAGINI L’invio delle opere, che potrà avvenire entro il 21 marzo 2016 dovranno essere inviate, unitamente alla scheda di iscrizione a: www.oncity2016.net Regolamento
Se dalla capitale dell’Argentina s’imbocca l’autostrada verso il sud, dopo mezz’ora di viaggio si arriva a Plátanos, barrio di periferia con circa 20.000 abitanti. Gente lavoratrice che ha costruito le proprie abitazioni con tanto sforzo e pochi soldi. La parrocchia, intitolata a Santa Elisabetta dell’Ungheria, è molto attiva. Quasi 30 anni fa don Francesco Ballarini, italiano, ha portato lì lo spirito dei Focolari. Oggi sono i laici che continuano a vivere questo spirito di unità insieme ad altre parrocchie della Diocesi. «All’inizio di quest’anno – raccontano – abbiamo organizzato una festa per i bambini della borgata più periferica di Plátanos, i cui abitanti non frequentano molto la parrocchia. Ciascuno era invitato a mettere in comune i propri talenti: chi insegnava a impastare il pane, chi a dipingere, un laboratorio di ceramica, un papà catechista mago, alcune signore del quartiere per preparare il mate (la tipica infusione che si beve nel Cono Sud)». In quest’occasione conoscono una quindicenne al termine di una gravidanza. «Aveva bisogno di tutto. È iniziata una gara di solidarietà per riuscire a soddisfare le necessità sue e del bambino, che è nato dopo pochi giorni. Arrivando a casa sua siamo rimasti impressionati dalla precarietà dell’ambiente: piccolo, senza pavimento, senza finestre, con la porta rotta, dove abitavano oltre lei ed il neonato, 6 fratellini e i genitori. Informata la comunità di questa situazione, sono cominciati ad arrivare tanti aiuti. Siamo già quasi pronti per collocare finestre, porta, una stufa e altre persone hanno offerto la mano d’opera. Alcune signore sono andate ad insegnare a M. come accudire il meglio possibile il bambino. M., che abbiamo conosciuto triste e irascibile, ha cominciato a sorridere. È la carità vissuta insieme che fa questi piccoli miracoli». «Un’altra iniziativa che stiamo portando avanti insieme – proseguono – è il progetto Sachetera: si tratta di fabbricare dei sacchi a pelo con dei sacchetti del latte, per i senza tetto. Come parrocchia vogliamo continuare a sostenere questo progetto e, anche se potremmo lavorare ognuno a casa, preferiamo lavorare insieme: ragazzi, giovani e adulti. In una giornata di forte pioggia, dubitavamo di riuscire a riunirci, ma il pensiero dei nostri senza tetto ci ha spinti a lavorare ancora più sodo».
«Ci siamo poi incontrati a Bernal (altro barrio) con persone di altre parrocchie e con i giovani dei Focolari che portano avanti progetti di aiuto ai bisognosi. Per noi è importante condividere le nostre esperienze con altre parrocchie, anche per non chiuderci solo nella “nostra” periferia e, invece, imparare dagli altri». Quando a settembre si è incendiata – distruggendo tutto – la casa di una famiglia di un quartiere vicino, «ci siamo messi in moto per aiutare, portando il necessario dalle nostre case. Con la comunione dei beni comunitaria abbiamo contribuito alla costruzione delle pareti. Così, con molto entusiasmo, hanno potuto ricostruire la loro casetta. Solo più tardi abbiamo saputo che la famiglia appartiene alla chiesa pentecostale, e lui ne è Pastore. Ci siamo commossi perché l’Amore non ha guardato, ancora una volta, nè alla confessione religiosa, nè alle altre differenze». Nei giorni successivi il Pastore, muratore di professione, si è offerto di intonacare la parete della chiesa destinata alla costruzione di un altare per l’immagine della Vergine di Luján. «Vi ringrazio per l’amore che che avete dato senza chiedere niente – ha detto il Pastore alla comunità cattolica riunita per la messa domenicale alla quale hanno voluto partecipare – mi avete aiutato a vincere i pregiudizi che molti di noi (pentecostali) abbiamo verso i cattolici; anche voi siete miei fratelli». (altro…)
«Non possiamo parlare di evangelizzazione a Fontem senza il Movimento dei Focolari», afferma mons. Nkea davanti alle telecamere a conclusione della sua visita al Centro Internazionale di Rocca di Papa lo scorso 8 marzo. «Chiara Lubich è venuta a Fontem 50 anni fa e ha portato l’Ideale dell’unità. Per questo siamo venuti qui: per ringraziare Chiara e il Movimento per tutto quello che hanno fatto per noi in questi 50 anni. È un pellegrinaggio di ringraziamento». 50 anni fa la Diocesi di Mamfe non esisteva. E Fontem era uno sperduto villaggio nella foresta camerunense, difficilmente raggiungibile. Non si possono capire le parole del Vescovo senza rifarsi un po’ alla storia di questa regione, da qualcuno descritta come un “miracolo nella foresta”. Fontem è la prima delle cittadelle africane: nel 1966 alcuni focolarini medici vi si recarono in aiuto al popolo Bangwa, decimato dalle malattie, con una mortalità infantile del 98%. Pochi mesi dopo la stessa Chiara Lubich li raggiunse: «Quella grande massa di persone radunate in una vasta spianata davanti all’abitazione del loro re, il Fon – racconterà nel 1995 – mi è apparsa talmente unita, e talmente ansiosa di elevazione, che mi è sembrato un popolo preparato già da tempo da Maria per il cristianesimo nella sua forma più integrale e genuina». «I focolarini sono stati creduti, perché hanno fatto a Gesù ciò che hanno fatto ai Bangwa, donando anzitutto la testimonianza dell’amore tra di loro e poi verso tutto il popolo».
Oggi a Fontem sorge un ospedale, Mary Health of Africa, che serve gran parte della regione, e un college, Mary Seat of Wisdom, in cui si formano i ragazzi delle scuole superiori. Sono sorte parrocchie a Menji, Fotabong, Fonjumetaw, cominciate con l’aiuto di sacerdoti focolarini. «Principalmente abbiamo imparato l’amore reciproco e l’unità – dichiara ancora il vescovo Nkea -. Anche io sono Bangwa quindi sto parlando a nome del mio popolo». «Abbiamo imparato il dialogo interreligioso: quello che importa adesso è amarci l’un l’altro, cristiani o no, vivere l’unità fra noi». A rendere omaggio a Chiara Lubich c’era una delegazione composta da vescovi – mons. Nkea e il vescovo emerito mons. Lysinge, nel 50° della sua ordinazione sacerdotale – sacerdoti, suore e molti laici, testimonianza di quella comunione in atto nella diocesi, che entrambi i vescovi auspicano. Ad accoglierla, al Centro Internazionale dei Focolari, la presidente Maria Voce – che ha fatto il suo primo viaggio da neo presidente dei Focolari proprio a Fontem nel gennaio 2009 – e il copresidente Jesús Morán, che visiterà invece la cittadella del Camerun per la prima volta il prossimo dicembre. La visita della delegazione ha dato infatti inizio alle celebrazioni del 50° anniversario dell’arrivo della spiritualità dell’unità a Fontem (1966-2016), celebrazioni che dureranno tutto l’anno. Un momento particolarmente toccante è stato la visita alla casa dove Chiara Lubich ha vissuto negli ultimi decenni. A conclusione una Messa raccolta e solenne nella cappella dove riposa la sua salma.
«Il vostro “pellegrinaggio” qui oggi mostra i frutti di quella prima visita di Chiara, che dava inizio ad un’avventura Divina che nessuno immaginava – afferma Maria Voce nel benvenuto alla delegazione -. Voi siete il frutto della vita di questi 50 anni. Per noi è una grande gioia: ci fa vedere la grande vitalità dell’Africa. 50 anni sono passati, l’augurio adesso è di cominciare un nuovo periodo, speriamo lungo, per offrire a Dio alberi pieni di fiori e frutti maturi». «Con l’Africa – commenta Jesús Morán – viviamo uno scambio di doni: il carisma dell’unità dono per l’Africa, l’Africa dono per tutto il Movimento». Maria Chiara De Lorenzo Leggi anche: Il 50° dei Focolari in Africa La testimonianza del Fon di Fontem Lucas Njifua https://vimeo.com/91699633 (altro…)
Convegno cittadino: Insieme per cambiare la città
Centro Mariapoli “La Pace” Contrada Monte delle Guardie – 82100 Benevento http://www.centrolapace.it c.lapace@tin.it
«Cinque anni fa, prima che esplodesse il conflitto in Siria, con tutta la famiglia avevamo progettato di fare tutti insieme un’esperienza full time alla cittadella internazionale dei Focolari a Loppiano (Firenze). Violet ed io avremmo frequentato la Scuola Loreto nella quale, insieme ad altre coppie da varie parti del mondo, approfondire le diverse tematiche famigliari alla luce della spiritualità dell’unità, mentre i 4 figli si sarebbero inseriti nelle scuole del territorio. Dopo anni di lavoro – sono medico – volevamo ritagliare un anno della nostra vita e dedicarlo a Dio. Ci siamo preparati alla partenza con grande cura e responsabilità, ignari di quello che sarebbe accaduto di lì a poco: l’accendersi dei conflitti nella nostra terra. Nel tempo che rimaneva alla partenza, ho potuto rendermi utile in mille modi, prestando soccorso ai feriti, facendo anche lunghi e rischiosi tragitti in automobile per raggiungerle. Anche la partenza per l’Italia è stata piuttosto avventurosa proprio per i disordini che purtroppo continuavano.
Via via seguivamo con trepidazione le notizie sempre più tragiche che arrivavano e al concludersi del corso, i nostri parenti ci hanno scongiurato di rimandare il rientro. Lascio immaginare l’angoscia con la quale abbiamo preso questa decisione e lo sconforto per non poter fare nulla per i nostri connazionali. Ci sentivamo come un’automobile col motore a mille tenuta ferma a forza. Ma anche rimanere in Italia non è cosa semplice. Davanti a noi non vediamo futuro. Anche se ci troviamo in un ambiente ospitale, per via del non riconoscimento dei titoli non mi è consentito esercitare la professione. Mi sono adattato a fare altri lavoretti come falegname o altro, in attesa di qualche spiraglio.
Ma finalmente ecco l’occasione per fare qualcosa per la mia gente. Vengo infatti a sapere di un progetto di accoglienza per profughi in Slovenia a cura di Medici Senza Frontiere nel quale serviva un medico che parlasse arabo. Così sono subito partito, senza sapere esattamente come sarebbe stato. Arrivando mi sono subito messo a servizio dei tanti che giungono al Centro di accoglienza via mare o dopo un lungo percorso a piedi. Tanti di essi provengono dall’Iran, dall’Iraq, dall’Afghanistan… e tanti anche dalla Siria! A vederli arrivare e poterli accogliere parlando la nostra lingua, è stata per me una forte emozione, le lacrime mi colavano sul viso. Da quel momento non mi sono più preoccupato degli orari del sonno, del mangiare… volevo stare tutto il tempo con loro, alleviare le loro sofferenze, prendermi cura di loro, farli sentire ‘a casa’. Ho ancora nel cuore e negli occhi la prima bambina che ho assistito: piangeva in continuazione, non riuscivamo a calmarla. Visitandola ho capito che aveva solo mal di pancia ed ho cominciato a cullarla e parlarle in arabo… la bimba si è pian piano quietata e si è addormentata fra le mie braccia. Quando gli altri si avvicinavano per prenderla, lei si agitava e non voleva lasciare il mio abbraccio… è stata per me un’esperienza molto forte. Qui l’afflusso è continuo. Arrivano tre treni al giorno con circa 2.500 persone. In soli quattro giorni abbiamo dovuto occuparci di così tanta gente come non era accaduto in un mese. Nel nostro team siamo in sei: gli altri sono tutti del posto. Anche loro si sono subito accorti di quanto sia stato toccante per me veder giungere i miei connazionali in quelle condizioni. Quando li accolgo, dicendo il mio nome (Issa=Gesù), vedo i loro occhi brillare. Per ciascuno di loro vorrei essere un altro Gesù che è lì ad accoglierli, che si prende cura di loro attraverso di me. Questa possibilità che mi è stata data è per me come una risposta di Dio». (altro…)
Centro Mariapoli “Chiara Lubich” – Cadine Strada di Cadine, 33 I-38070 Cadine TN tel. 39-0461-866170 fax 39-0461-866166 Email: info@centromariapolitrento.it WebSite: www.centromariapolitrento.it
«Si potrebbe dire che questa è l’ora della donna: non perché i rotocalchi sciorinano divorzi e pettegolezzi e mode di dive, a non finire, ma perché si sente che nella convivenza, che è frutto della dialettica uomo-donna, oggi necessiti più che mai, la presenza di chi è o sarà madre, naturalmente o spiritualmente. L’organismo sociale patisce come non mai, della carenza della femminilità piena, sana, normale: come se il suo volo fosse fatto di due ali di cui una troppo agitata, l’altra smorta: donde un procedere nel disordine.La coscienza del popolo è che questa sia l’ora della donna; ma d’una donna donna, e non d’una contaminazione o contrapposizione di uomo: quasi uomo femminizzato. La storia degli ultimi secoli, nei quali il tipo dell’uomo forte – del superuomo – è stato forgiato col disprezzo della femminilità, ha risentito dell’eccessiva mascolinità. Non equilibrata dalla femminilità. Difetto eguale e contrario della femminilità non integrata e sorretta da senso virile. Oggi le donne hanno il voto, conquistano posti negli uffici, invadono la vita pubblica. Ma il loro influsso resta scialbo, come prima o peggio di prima: perché entrando nell’agone pubblico, si allineano ai maschi, assimilano le loro ambizioni, si piegano ai loro metodi: diventano maschi a scartamento ridotto. Aggiungono i loro voti, senza discriminazione notevole, a quelli degli uomini sicché il gioco di questi continua come prima, senza il correttivo, senza l’integrazione, senza l’illuminazione dell’altro indispensabile fattore. E si seguita a volare (o a piombare a picco) con una sola ala. Si pensi che cosa sia stato e che cosa è il fascino di Maria: il solo suo nome che significa sublimazione della donna, la donna fatta punto d’innesto del divino nell’umano e come ianua coeli, porta del Cielo, risalita dall’umano al divino. Ora la società chiede la presenza della donna, perché ella porti nella società le istanze della maternità, e cioè della vita; e quindi del nutrimento materiale e morale, dell’educazione, dell’amore nella pace e nel lavoro, della famiglia raccolta nella purezza e quindi della condanna di fazioni e guerre: ché la donna per natura significa generazione di vita e non produzione di morte, per il bene dei figli: e questi sono lo Stato e la Chiesa di domani, sono l’umanità di sempre». (Igino Giordani, Rivista «Fides», 1961) (altro…)
«Abbiamo conosciuto una famiglia di Burundesi che – per la terribile e per lo più sconosciuta situazione attuale di quel Paese – si sono rifugiati come tante altre famiglie, qui a Kampala dove noi abitiamo», ci scrivono dall’Uganda. Il padre è tornato in Burundi per mantenere il posto di lavoro che permette di pagare il non proprio economico affitto della casa ugandese, e il cibo per i loro figli ancora piccoli e per l’ultima nata di appena tre settimane. La madre non ce l’ha fatta a rimanere lì quando hanno ricominciato a sparare in città. Troppo forte è il ricordo di quello che in prima persona lei ha vissuto negli anni ‘90, quando scoppiò un’altra crisi in Burundi. È scampata alla morte miracolosamente, dopo che per due giorni consecutivi il preside della scuola che frequentava è riuscito a rimandare i soldati venuti a cercare lei e altre ragazze, dando loro un po’ di soldi. Ora alle prime avvisaglie di orrori, con tutta la famiglia ha deciso di fuggire lasciando tutto quello che avevano a Bujumbura. Con loro abitano anche altri parenti: in tutto 8 persone. Abbiamo saputo però che l’affitto della casa non comprende l’arredamento e che nel soggiorno avevano solo quattro sedie: che fare? Ci è venuto in mente che forse quattro delle nostre sedie pieghevoli, che usiamo saltuariamente quando a casa siamo tanti, potevano essere sicuramente impiegate in maniera più proficua in quella casa: che almeno ognuno potesse avere una sedia su cui sedersi e mangiare un po’ più comodo. Uscendo di casa abbiamo preso anche 2 zucche dall’orto: piantate quasi per caso, alcuni mesi fa, si sono autorinvigorite dopo l’ultima stagione secca, e si sono più volte rivelate molto utili in varie occasioni in questi mesi! Proprio il giorno prima, inoltre, abbiamo ricevuto in regalo qualche provvista: la Provvidenza in questi mesi non manca mai, ma è proprio condividendo ancora, che quella promessa – “Date e vi sarà dato”- scritta nel Vangelo, si realizza ancora e si moltiplica. E allora aggiungendo due Kg. di zucchero, due di riso, uno di sale e un litro di olio, siamo andati a trovarli. La casa è nuova e pulita, ci sono anche alcune inusuali rifiniture sul soffitto oltre a un bel lampadario, ma nelle stanze non ci sono i letti, solo qualche materasso. Nel soggiorno un piccolo tavolo rotondo di plastica e quattro sedie, una piccola TV nell’angolo, appoggiata a terra, con il cavo antenna che sovrasta, volante, le teste degli ospiti. Non vediamo giocattoli in giro, nè altri mobili. Entriamo con le nostre sedie e trascorriamo due ore molto piacevoli conoscendoci più in profondità, condividendo il passato e le speranze per il futuro. I ragazzi hanno per il momento interrotto gli studi: i più grandi vorrebbero fare l’università, ma in Uganda i costi sono molto alti rispetto al Burundi. Qui è impossibile per loro, almeno per ora. Trovare lavoro inoltre è difficile, la disoccupazione è alta ed essendo stranieri, se non si conosce qualcuno, è praticamente impossibile. Inoltre non parlano il luganda, la lingua locale, e anche l’inglese non è la loro lingua madre. Ma, mi dicono: “…Noi confidiamo in Dio!”. Sono ormai le 7,30 del pomeriggio, dobbiamo rientrare. Ci si saluta. Sono felicissimi di questa visita, ma appena gli diciamo di tenere le sedie, che ce le potranno restituire quando lasceranno la casa, i loro volti si illuminano: tornano a salutare e ringraziare ancora! Prima di salire in macchina, vogliono darci anche la loro benedizione! Tornando a casa, penso che anche 4 semplici sedie e 2 zucche, se donate, possono contribuire a riempire di gioia il cuore di chi riceve e di chi dà…». (S.M. Uganda) (altro…)
«Ciò che non doveva accadere è successo; è scoppiata la guerra terrificante e in tutto il mondo si è col fiato sospeso nel dubbio che essa dilaghi e coinvolga altri popoli». Siamo a poche settimane dall’invasione degli Stati Uniti in Iraq (17 gennaio 1991) in risposta all’invasione delle truppe irachene in Kuwait (2 agosto 1990). Sulle pagine di Città Nuova Chiara Lubich torna a parlare della pace. Quelle che riportiamo sono le sue parole in un editoriale del febbraio 1991. «Nonostante le molte preghiere, Dio ha permesso la guerra. Perché? Perché la volontà di qualcuno responsabile non ha coinciso con la sua, espressa dalla voce corale di coloro che avevano più ragione e che il Santo Padre, la più grande autorità spirituale e morale del mondo, riassume e concentra nei suoi appelli costanti alla pace, all’inutilità della guerra per risolvere ogni problema, ad evitare così le sue conseguenze catastrofiche. Speriamo soltanto che nei misteriosi piani di Dio, egli, col suo infinito amore, sappia e voglia trarre qualcosa di bene anche da questo immenso male. Non lo si meriterebbe, ma conosciamo l’immensità della sua misericordia. Per questo e anzitutto perché la pace ritorni, non smettiamo di pregare. Dovrà essere ancora più intenso il time-out ogni giorno alle ore 12 italiane per chiedere, uniti, la pace. In questo momento, poi, dobbiamo tutti sentirci chiamati a seguire con decisione una linea di vita che corregga, almeno dentro di noi (ma per la comunione dei santi in molti), lo sbaglio che è stato commesso. Gli uomini non hanno fatto la volontà di Dio, del Dio della pace, hanno fatto la loro. Dobbiamo imporci, come non l’abbiamo mai fatto, di compiere perfettamente la sua volontà. «Non la mia, ma la tua volontà sia fatta». Queste parole di Gesù per noi oggi devono assumere un’importanza tutta particolare. Di fronte ad esse ogni altra cosa deve diventare secondaria. Non deve avere tanta importanza nella nostra vita, ad esempio, essere sani o ammalati, studiare o servire, dormire o pregare, vivere o morire. Importante sarà far nostra la sua volontà, essere la sua volontà viva. Così si viveva nei primi tempi del nostro Movimento quando, sullo sfondo appunto di un’altra guerra, lo Spirito ci aveva appena illuminato sul valore delle cose. Di fronte al crollo provocato dall’odio, Dio si era rivelato come l’unico ideale che non muore, che nessuna bomba poteva far crollare. Dio Amore. Era, questa grande scoperta, una bomba spirituale di tale portata, da farci dimenticare letteralmente tutte quelle che cadevano attorno per la guerra. Scoprivamo che al di là di tutto e di tutti, c’è Dio che è Amore, c’è la sua provvidenza che fa concorrere al bene ogni cosa per quelli che lo amano. Coglievamo la traccia del suo amore in ogni circostanza, anche sotto la sferza del dolore. Lui ci amava immensamente. E noi come riamarlo? «Non chi dice Signore, Signore, ma chi fa la mia volontà, quegli è che mi ama». Potevamo dunque amarlo facendo la sua volontà. Vivendo così ci siamo abituati ad ascoltare con crescente attenzione “la voce” dentro di noi, la voce della coscienza che ci sottolineava la volontà di Dio espressa nelle più varie maniere: attraverso la sua Parola, i doveri del nostro stato, le circostanze, le ispirazioni. Avevamo la certezza che Dio avrebbe trascinato la nostra vita in una divina avventura, dapprima a noi ignota, dove, spettatori e attori a un tempo del suo disegno d’amore, portavamo, momento per momento, il contributo della nostra libera volontà. Poco dopo ci faceva intravedere spiragli sul nostro futuro, facendoci cogliere con sicurezza lo scopo per cui il Movimento stava nascendo: attuare la preghiera del testamento di Gesù: «Padre, che tutti siano uno», collaborare a realizzare un mondo più unito. In questo modo possiamo vivere anche ora. Abbiamo avuto un brusco e doloroso cambiamento di vita? Dobbiamo correre nei rifugi tanto spesso, esattamente come in quei tempi lontani? Abbiamo momenti di paura, di angoscia, di dubbio persino che la vita ci sia tolta? O conduciamo la vita di sempre, coi nostri impegni quotidiani, lontani ancora dal pericolo? Per tutti valga ciò che più vale: non questo o quello, ma la volontà di Dio: porci in “ascolto”, metterla al primo posto nel nostro cuore, nella memoria, nella mente; porre, prima di ogni altra cosa, tutte le nostre forze al suo servizio.Rettificheremo così, almeno in noi, lo sbaglio che è stato fatto. Per essa Cristo rimarrà nel nostro cuore e saremo così tutti più compatti, più uniti, più “uno”, condividendo ogni cosa, pregando con efficacia gli uni per gli altri e perché torni la pace». Chiara Lubich: Attualità leggere il proprio tempo, Città Nuova Ed., pag.85-87. Originariamente pubblicato su Città Nuova n. 4/1991 (altro…)
«Un giorno ti dirò, che ho rinunciato alla mia felicità, per te». Le prime parole della canzone degli Stadio, vincitrice dell’ultimo Festival di Sanremo, è una buona occasione per riflettere sulla felicità nostra e su quella degli altri. La nostra civiltà ha messo la ricerca della felicità individuale al centro del proprio umanesimo, relegando sempre più sullo sfondo altri valori e la felicità degli altri – a meno che non siano un mezzo per aumentare la nostra felicità. E così non abbiamo più le categorie per poter comprendere le scelte (che ancora esistono) di chi rinuncia, consapevolmente, alla propria felicità per quella di un’altra persona. […] La felicità ha una storia molto lunga. L’umanesimo cristiano, innovando molto rispetto alla cultura greca e romana, fin dall’inizio ha proposto una visione della “felicità limitata”, dove la ricerca della nostra felicità non era considerata il fine ultimo della vita, perché veniva subordinata ad altri valori, quali la felicità della comunità, della famiglia, o il paradiso. Per secoli abbiamo pensato che la sola felicità degna di essere raggiunta fosse quella degli altri e quella di tutti. La pietra angolare dell’educazione della generazione dei nostri genitori consisteva nel mettere la felicità dei figli prima della loro. Sono numerose come i granelli della sabbia del mare le donne che hanno rinunciato, a volte liberamente, alla propria felicità per consentire ai loro figli di essere felici, o almeno più felici di loro. […]
È stata questa “dinamica intertemporale della felicità” che ha legato e affratellato le generazioni tra di loro, che ha fatto partire gli emigranti per mandare a casa la maggior parte del loro salario amaro, e che spesso li ha fatti ritornare. […] Nell’età moderna questa antica e radicata idea di felicità è entrata profondamente in crisi, e al suo posto si è fatta strada l’idea, che era tipica del mondo pre-cristiano, che la nostra felicità sia il bene ultimo e assoluto, il fine rispetto al quale qualsiasi altro obiettivo diventa ancillare e subordinato. E così, in America “la ricerca della felicità” (1776) veniva proclamato diritto individuale inalienabile, e posto accanto alla vita e alla libertà a formare i tre pilastri della civiltà dei moderni. Il mondo latino e cattolico, invece, più legato alle sue radici medievali, ha continuato a considerare la felicità individuale una parola insufficiente per fondarci la società. […] L’economia contemporanea, con la sua matrice culturale anglosassone, si è sposata perfettamente con l’ideale della felicità individuale. […] Per l’economia, il mondo è abitato soltanto da persone che vogliono soddisfare al massimo la propria felicità. […] Da questa prospettiva, che domina l’economia e sempre più la vita, non è quindi possibile scegliere di ridurre volontariamente la nostra felicità. Solo gli stupidi, si pensa, decidono intenzionalmente di ridurre il proprio benessere. Questa descrizione delle scelte umane riesce a spiegare molte cose, ma è inutile o fuorviante quando dobbiamo spiegare quelle poche, ma decisive scelte dalle quali dipende quasi tutta la qualità morale e spirituale della nostra vita. Quando Abramo decise di incamminarsi con Isacco verso il Monte Moria non pensava certo alla propria felicità […] ma certamente stava seguendo una voce, dolorosissima, che lo chiamava. E, come lui, tanti continuano a salire i Monti Moria della loro vita. I momenti, gli atti e le scelte nel corso della nostra esistenza non sono tutti uguali. […]
Ci sono molte cose buone nella nostra vita che non sono misurate sull’asse della nostra felicità, e alcune neanche sull’asse della felicità degli altri. Le scelte più importanti sono quasi sempre scelte tragiche: non scegliamo tra un bene e un male, ma tra due o più beni. E ci sono anche decisioni nelle quali usciamo dal registro del calcolo. E altri momenti dove non riusciamo neanche a scegliere, ma, forse, pronunciare docili soltanto un “sì”. La terra è abitata da molte donne e uomini che in certi momenti decisivi non cercano la propria felicità. Anche se Aristotele ci ha insegnato che la felicità (eudaimonia) è il fine ultimo, il sommo bene, nella vita i fini ultimi e i sommi beni sono più di uno, e possono entrare in conflitto tra di loro. Molte delle cose grandi e degne della vita si collocano all’incrocio di questi molti beni, ed è lì dove si fanno le scelte decisive. Felicità, verità, giustizia, fedeltà, sono tutti beni primari, originari, che non possono essere ricondotti a uno solo, fosse anche la felicità. Possiamo avere una chiara idea di quale è la scelta che ci farà più felici, possiamo includere in quella felicità quasi tutte le cose belle vita, anche quelle più alte, ma nonostante ciò possiamo decidere liberamente di non scegliere la nostra felicità se ci sono altri valori in gioco che ci chiamano. E magari alla fine scoprire una parola nuova: la gioia, che a differenza della felicità non può essere cercata, ma solo accolta come dono. Chi ha lasciato il proprio segno buono sulla terra, non ha vissuto la vita inseguendo la propria felicità. L’ha considerata troppo piccola. L’ha vista, qualche volta, ma non si è fermato a raccoglierla; ha preferito continuare a camminare dietro a una voce. Alla fine della corsa non resterà la felicità che abbiamo accumulato, ma se resterà qualcosa saranno cose molto più vere e serie. Siamo molto più grandi della nostra felicità. […] Luigino Bruni La voce dei giorni/1 – Leggi il testo intero in italiano (Fonte: Avvenire) (altro…)
Khaled Bentounès, algerino classe 1949, guida spirituale del Sufismo Alâwiiya, è un uomo di pace. Vissuto in Francia fin dagli anni ’60, ha dato vita a numerose iniziative originali e di grande rilievo: dalla fondazione degli Scout musulmani di Francia, all’Associazione Terre d’Europe, dai colloqui internazionali presso l’Unesco per un islam di pace, all’indizione – attraverso l’Associazione Internazionale Sufi Alawita da lui fondata – di una campagna di mobilitazione internazionale affinché l’ONU istituisca la giornata mondiale del “Vivere insieme”. Lo scorso 26 febbraio è stato in visita al Centro internazionale dei Focolari, e si è intrattenuto per un colloquio con la presidente Maria Voce e il copresidente Jesús Morán. Nel corso della visita è stato possibile rivolgergli alcune domande. La prima, a partire dai numerosi progetti di questi anni, riguarda l’oggi. «Per rispondere rapidamente a questa domanda» – a cosa stia lavorando ora – afferma Bentounès, «lavoro a convertirmi ancor più, a convertire me stesso alla visione di un mondo più fraterno, più in armonia, un mondo più giusto; lavoro per questo ‘cerchio’ di fraternità, che possa vederlo prima di lasciare questa terra, che possa veder realizzarsi il sogno che gran parte dell’umanità ha. Non so se lo vedrò, ma almeno ho la convinzione che avrò dato il mio contributo». Sui motivi di speranza, in un tempo in cui la fraternità fra i popoli sembra non avere posto, Khaled Bentounès dice di trovare le ragioni per sperare «prima di tutto nella ricchezza dell’eredità spirituale ricevuta dai miei antenati, in cui la fraternità è imprescindibile. Quando vedo da dove vengo, vedo un unico filo, non interrotto». «Mi capita d’incontrare persone nella politica o nell’economia – aggiunge – che descrivono un mondo che va verso problemi insolubili, ed io dico loro quanto hanno detto i nostri maestri: “Se vi dicessero che domani sarà la fine del mondo, cosa fate? Continuate a piantare e a seminare! Non preoccupatevi troppo!” Quindi, facciamo quello che dobbiamo fare! Piantiamo e seminiamo l’amore, la speranza e la fraternità, qualsiasi cosa avvenga! Anche se domani è la fine del mondo. Finché c’è un minuto, bisogna usarlo. Può darsi domani sarà un altro giorno, un altro mondo. E: perseverare!». Khaled Bentounès, che nel 1986 aveva partecipato all’incontro di Assisi con Giovanni Paolo II e i leader religiosi mondiali per la pace, ha anche una conoscenza dei Focolari che risale ad un suo incontro con Chiara Lubich, negli anni ‘80. Rapporto continuato poi in Francia, fino alla recente collaborazione per l’assegnazione nel 2015 del premio Chiara Lubich per la Fraternità all’associazione “Vivre ensemble à Cannes”, di cui è uno dei promotori.
Quale oggi il rapporto con i Focolari? Quale la sintonia di ideali? «Penso che il tempo – risponde lo sceicco – ha fatto fecondare questa relazione e l’incontro di oggi è anche il frutto del passato. Questa amicizia è rimasta costante. La mia presenza oggi nel Centro internazionale e l’incontro con la presidente Maria Voce e col copresidente conferma che c’è continuità. Abbiamo parlato della fiducia reciproca, del progetto di portare una visione più fraterna al mondo intorno a noi; di come movimenti spirituali di tradizione cristiana e di tradizione musulmana possano operare per portare la loro testimonianza a coloro che desiderano ascoltarli. Non pretendiamo di cambiare il mondo da soli, ma è un fatto che tra tradizioni religiose diverse ci sono certamente dei legami da rafforzare, per camminare insieme, verso un avvenire comune che si costruisce l’uno con l’altro e non l’uno contro l’altro». L’intervista si conclude formulando un sogno: «Ci sono accademie di scienze, matematica, musica, filosofia, militari – confida Khaled Bentounès – e non ci sono accademie di pace. Perché? Non basta l’impegno spirituale. Abbiamo bisogno di insegnarla. La pace non è qualcosa che scende dal cielo, è qualcosa attorno a cui si ‘lavora’. È uno stato esistenziale, una visione del mondo, un comportamento. C’è la pace economica, c’è la pace sociale, c’è la pace politica. La pace riguarda ogni cosa. L’ecologia è una forma di pace con la natura». «Bisogna imparare come fare la pace – continua – Questo è un progetto che mi sta a cuore! Come legare la pace e l’arte, la pace e l’architettura? La pace può essere trasmessa attraverso l’arte, alle generazioni future? Come si può attraverso un’economia solidale creare la condivisione dei saperi, della ricchezza, in modo giusto, al di là dei paesi? Si tratta di un sacrosanto ‘cantiere’! Questa accademia non è una parola, è un lavoro concreto che deve accompagnare le nostre azioni in tutti i campi». «È questa, penso, – conclude – la nostra spiritualità, che nutre la coscienza per andare più lontano e far partecipare tutti». Leggi l’intervista integrale (altro…)
5.3.2016 – Brescia (Italia) Presso l’Università cattolica, convegno “Paolo VI e Chiara Lubich, la profezia di una Chiesa che si fa dialogo”, organizzato con la collaborazione dell’Istituto Paolo VI in continuità alle ‘Giornate di studio’ tenutesi a Castel Gandolfo nel novembre 2014. Fra i relatori: mons. Vincenzo Zani, Segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica; Lucia Albignente, responsabile del settore ‘storia’ del Centro Chiara Lubich; d. Angelo Maffeis, presidente dell’Ist. Paolo VI; Franco Monaco, politico e giornalista; Alberto Lo Presti, prof di Teoria politica all’Istituto Universitario Sophia. 6.3.2016 – Vicenza (Italia) ‘Oltre i confini’, convegno interreligioso presso il Centro A. Onisto – Borgo S.Lucia, 51. Parleranno il vescovo emerito di Aleppo mons. Armando Bortolaso, l’imam delle comunità islamiche del Veneto dr. Kamel Layachi e Rita Moussallem del Centro per il dialogo interreligioso dei Focolari. L’evento si concluderà con un flashmob in Piazza dei Signori. 6.3.2016 – Olomouc (Repubblica Ceca) Nella sala dell’arcivescovado si svolgerà un programma culturale dedicato alla figura di Chiara Lubich come tessitrice di pace. Al termine, in cattedrale, l’arcivescovo mons. Jan Graubner celebrerà la S. Messa. 8.3.2916 – Ischia (Italia) All’auditorium polifunzionale dell’isola, dalle 19, 30 serata sul tema Lavoro e dintorni (dignità, legalità, donna, ecc.). Intervengono Patience Mollè Lobè (ingegnere civile del Camerun), Antonio Diana (imprenditore). Modera Carlo Cefaloni (giornalista Città Nuova esperto problematiche del lavoro). 11.3.2016 – Caserta (Italia) Tra musica, testimonianze, teatro, presso la Reggia di Caserta (dalle 19,30) si terrà una riflessione sul pensiero e la vita della Lubich dal titolo: ‘L’attrattiva del tempo moderno’. Con la collaborazione della Diocesi e della Direzione della Reggia. 11-12.3.2016 – Fontem (Camerun) Workshop tematici (musica, disegno, poesia, performances teatrali) su “Chiara e la pace” predisposti per gli alunni delle 20 scuole che hanno aderito al progetto “educazione alla pace”. Premiazione dei migliori lavori e dei più significativi gesti di pace degli stessi studenti, presenti autorità civili, tradizionali e religiose. 11.3.2016 – Rosario (Argentina) Il convegno presso l’Università Cattolica Argentina (UCA) rifletterà sull’apporto del carisma dell’unità all’educazione. Fra gli interventi la prof. Nieves Tapia, coordinatrice del Centro LatinoAmericano per l’apprendimento del Servizio Solidale (CLAYSS). 12.3.2016 – Garden Grove, California (USA) Messa in Christ Cathedral celebrata dal vescovo Kevin William Vann della diocesi di Orange. Nel pomeriggio, presso Academy Gym, convegno sulla multiculturalità cui intervengono rappresentanti di varie etnie e religioni. 12.3.2016 – Caracas (Venezuela) Presentazione della figura di Chiara come costruttrice di dialogo e di pace, insignita del Premio Unesco per la Pace 1996. L’evento si svolge all’Ist. di Teologia per l’Educazione Religiosa (ITER) presenti persone di varie Chiese. 12.3.2016 – Brasilia (Brasile) Presso l’Auditorium dell’UNIP (Università Paulista) alle 15,30 presentazione di Chiara Lubich, premio UNESCO per la Pace 1996. Seguono tre momenti di riflessione: costruire la pace nei rapporti interpersonali, nel dialogo fra chiese e religioni e, in collaborazione con l’Istituto di Migrazione e Diritti Umani (IMDH), con migranti e rifugiati. Come biglietto d’ingresso è richiesto 1 kg di cibo per gli immigrati di Haiti. 12.3.2016 – Todi (Italia) A 10 anni dal conferimento a Chiara Lubich della cittadinanza onoraria, dalle 15,30 nella sala del Consiglio, convegno: “Una economia umanizzata’, che darà modo di riflettere sul progetto Economia di Comunione ideato dalla Lubich. Oltre al sindaco della città, interverranno la presidente della Regione Umbra, il card. Ennio Antonelli, il prof Giuseppe Argiolas e due imprenditori: Andrea Cruciani e Antonio Baldaccini. 12.3.2016 – Sarajevo (Bosnia Erzergovina) La facoltà teologica terrà una Giornata aperta su Chiara Lubich dal titolo: “Il messaggio di dialogo e di pace”. Saranno presenti anche persone di altre confessioni cristiane, di altre fedi, e di convinzioni non religiose. In cattedrale il card. Vinko Pujic, arcivescovo di Sarajevo, presiederà l’Eucaristia. 12.3.2016 – Castel Gandolfo (Roma, Italia) Alla presenza di personalità ecclesiastiche e civili, presso il Centro Mariapoli (Via De La Salle) alle 17,30 si rifletterà sul tema: “La cultura del dialogo come fattore di Pace”. Oltre a numerose testimonianze, prenderà la parola anche la presidente dei Focolari Emmaus Maria Voce. Alle 18,30 seguirà un’ora di concerto della band internazionale Gen Verde. 12.03.2016 – Solingen (Germania) Centro Mariapoli “Zentrum Frieden”: Con il titolo “Vivere insieme in diversità” l’MPPU (Movimento politico per l’unità) tedesco invita ad una tavola rotonda con politici e amministrativi della città. Seguirà il dialogo con i cittadini sul problema dell’integrazione dei profughi. 12.3.2016 – Genova (Italia) In un percorso di approfondimento dell’enciclica ‘Laudato si’, nella sala del Minor Consiglio di palazzo Ducale si tratterà il tema: “Le religioni dialogano per la Pace e per l’Ambiente”. Interverranno Huseim Salah (presidente della Comunità islamica di Genova), Giuseppe Momigliano (Rabbino capo di Genova) Gnanathilaka Mahauswewe (monaco buddista), Andrea Ponta (ingegnere ambientale), Roberto Catalano (centro del Dialogo interreligioso dei Focolari). 12.3.2016 – Manfredonia (Italia) 7^ edizione del ‘Premio Chiara Lubich Manfredonia’. Saranno presenti Vera Baboun, sindaco di Betlemme e Pasquale Ferrara (diplomatico e Segretario generale dell’ist. Universitario europeo di Firenze). Info 12.3.2016 – Milano (Italia) “Me attraverso te”. Titolo questo che sottolinea come il cercare la pace ci porti vicini all’altro e, al tempo stesso, ci renda più vicini a ciò che siamo veramente. L’evento si compone di tre momenti distinti, ciascuno della durata di mezz’ora che si replicheranno in tre luoghi in orari diversi, per dar modo di partecipare a ciascuno dei tre: Basilica di Sant’Ambrogio, Istituto Figlie di Maria Ausiliatrice, Istituto Gonzaga. Info 13.3.2016 – Bujumbura (Burundi) Presso il Liceo Scheppen de Nayakabiga, dialogo sul tema: “Misericordiosi come il Padre celeste, costruttori di pace”. Fra i relatori l’arcivescovo di Bujumbura mons. Evariste Ngoyagoye. 13.3.2016 – Vung Tau (Vietnam) Nel corso del convegno annuale dei Focolari in Vietnam (la Mariapoli), alla presenza del vescovo mons Joseph Tran Văn Toan, che presiederà la celebrazione eucaristica, presentazione del documentario su Chiara Lubich “Storia, carisma, cultura”. 13.3.2016 – Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo) Nell’Aula Magna dell’Università cattolica, alla presenza di personalità religiose (anche di altre Chiese e di altre fedi), del mondo accademico e di quello diplomatico, si parlerà di Chiara come donna di Pace. Interverrà il rappresentante UNESCO nella Repubblica Democratica del Congo. 13.3.2016 – Kikwit (Repubblica Democratica del Congo) Il sindaco della città aprirà l’evento presso la Scuola dei Gesuiti dove, presenti autorità civili e religiose, si rifletterà sul tema della Pace alla luce del carisma dell’unità. Lo stesso cliché sarà tenuto lo stesso giorno a Goma, Lubumbashi e in altre 16 cittadine della Repubblica Democratica del Congo. 13.3.2016 – San Salvador (El Salvador) Dalle 9 alle 12, tavola rotonda presso l’Università F. Gavidia (auditorium Edificio E) su “La pace che nasce dal dialogo”. 13.3.2016 – Lisbona (Portogallo) Presso il Centro Cultural Franciscano, tavola rotonda su ‘Chiara e la pace’ con membri della Commissione nazionale Giustizia e Pace (dr. Pedro Vaz Patto, presidente; dott.ssa Graça Franco e António Marujo giornalisti). 13.3.2016 – Melbourne (Australia) “Costruire la pace nel proprio ambiente” è il filo conduttore della celebrazione che si svolgerà al Centro Mariapoli con testimonianze di accoglienza ai rifugiati. Presentazione del documentario di Mark Ruse: “Politics for unity: making a world of difference”, presenti il vicario generale dell’arcidiocesi mons. Greg Bennet e leaders dei Movimenti ecclesiali che operano in Australia. 14.3.2016 – Verona (Italia) Al palazzo Gran Guardia assegnazione del “Premio Fraternità Chiara Lubich per una cultura di pace”, presenti Sharharzad Houshmand (teologa musulmana) Giuseppe Milan (docente Università di Padova), Aurora Nicosia (giornalista). 14.3.2016 – Houston, Texas (USA) “Unità nella diversità”. È questo il titolo della conferenza interreligiosa che si terrà alle 19 presso l’Università di St. Thomas, preceduta dalla celebrazione nella cappella di S. Basilio della Messa cattolica celebrata dall’Arcivescovo di Galveston-Houston, mons. Fiorenza. Fra i relatori, oltre all’arcivescovo, l’imam Qasin Ahmed (Istituto Islamico), il rabbino Steve Morgen (Congregazione Beth Yeshurum), Therese Lee (Focolari). Info 14.3.2016 – Manila (Filippine) Nel quadro delle celebrazioni del 50° dell’arrivo dei Focolari in Asia, presso l’Università De La Salle, simposio sul tema: “Il carisma dell’unità un’eredità senza tempo”. Numerose personalità religiose e civili condurranno la riflessione sul contributo di Chiara Lubich all’unità tra le Chiese, tra le religioni e nel sociale, e sulla reciprocità evangelica, caratteristico stile di vita che crea brani di fraternità. 14.3.2016 – Roma – Santuario Divino Amore Ore 18,30 Santa Messa celebrata dal card. João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per la vita consacrata. Info 14.3.2016 – Trento (Italia) Presso la Fondazione Demarchi, presentazione del libro di I. Pedrini: “L’altro Novecento: nella testimonianza di Duccia Calderari”. La biografia di Duccia, una delle prime testimoni accanto alla Lubich nella nascita dei Focolari, darà modo ai relatori: Monica Ronchini ricercatrice, Giuseppe Ferrandi, direttore del Museo storico del Trentino, Lucia Fronza Crepaz, ex parlamentare, di soffermarsi sulla figura di Chiara come costruttrice di pace. 14.3.2916 – L’Avana (Cuba) Presso il Centro culturale Fray Bartolomé de las Casas, presentazione della figura di Chiara in relazione alla pace, presente il nunzio apostolico Mons. Giorgio Lingua. Segue concerto del Gruppo di Musica Antica ‘Ars Longa’. 16.3.2016 – Roma – Camera dei deputati Presentazione di un manifesto con proposte concrete per la pace, il disarmo e la riconversione industriale. A ricevere in Parlamento i Giovani per un Mondo Unito, che insieme al Movimento Politico per l’Unità e le Scuole di partecipazione hanno promosso l’iniziativa, oltre a diversi parlamentari ci saranno la presidente della Camera Boldrini e il ministro degli Esteri Gentiloni. 16.3.2016 – Siviglia (Spagna) Presso il Seminario Metropolitano, il prof Manuel Palma, vice direttore del centro Studi Teologici di Siviglia, parlerà di Gesù principe della pace nella spiritualità di Chiara Lubich. Seguirà un excursus sulla pace nell’Islam tenuto dall’Imam Allah Bashar della moschea del re Abdul Aziz Al Saud di Marbella, Malaga), che parlerà anche del suo rapporto con la Lubich. 18-20.3.2016 –Milano – Fieramilanocity All’interno della fiera internazionale, spazio espositivo del progetto Economia di Comunione nel quale, in modi diversi, verrà presentato il messaggio di pace che la Lubich ancora oggi dà al mondo. Info 19.3.2016 – Perth (Australia) Nella Piazza di Northbridge, screening di un video clip sulla Pace realizzato dai giovani e raccolta firme per l’appello #Signup4peace. Programmi di animazione anche per i più piccoli. Sarà presente il vescovo ausiliare di Perth, Mons. Donald George Sproxton (altro…)
A Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana, che nel novembre scorso papa Francesco ha definito “capitale spirituale del mondo”, «niente è più come prima». Ad affermarlo è Fidelia, focolarina congolese, da sette anni a Bangui, e che dal 2012 e fino al settembre scorso, aveva visto con i suoi occhi il susseguirsi di scontri armati che a più riprese avevano devastato città e villaggi, seminando terrore e morte. Ora le cose appaiono decisamente cambiate ed è pensiero comune che sia stata proprio la visita papale a segnare questa inversione di rotta. «Ovunque – continua Fidelia -, anche nelle province, si parla ‘di un prima e di un dopo’. Ad esempio, domenica scorsa c’è stato il secondo turno di votazioni per l’elezione del nuovo presidente e tutto si è svolto nel migliore dei modi. E’stato così anche durante tutta la campagna elettorale. Eppure, sia l’uno che l’altra potevano essere occasioni di violenza. Invece no. Nessuno qui vuole cedere alla violenza. Dicono che essendo venuto il Papa è come se fosse venuto Dio stesso, e dunque che non si può più tornare indietro. Sentono che il Papa ci ha fatto ‘passare all’altra riva’ e che dobbiamo andare avanti, fino alla pace vera e duratura. Siamo tutti convinti che per giungere ad una coesione sociale dobbiamo vivere il perdono, la misericordia, la riconciliazione. Si avverte che sotto a queste parole c’è un vero cambiamento di mentalità, di comportamento. Anche il modo di parlare gli uni degli altri (i cristiani dei musulmani e viceversa) è cambiato!». Sono espressioni, queste di Fidelia, che trasmettono davvero grande speranza, non solo per la Repubblica Centrafricana, ma per tutti quei punti nella Terra dove è più che mai urgente far tacere le armi per cercare le soluzione nel dialogo.
Fidelia ci porta a conoscere anche altre sfaccettature della realtà Centrafricana. Ci racconta, per esempio, che in un recente fine settimana, con altre tre persone di Bangui ha percorso 400 km per raggiungere la piccola città di Bambio, dove una ventina di anni fa, attorno ad un missionario cappuccino, si era formata una comunità animata dallo spirito dei Focolari. «Abbiamo trovato lì diverse famiglie, tanti giovani, tutti ancora molto motivati – racconta Fidelia -. E anche se padre Umberto era dovuto rientrare in Italia, loro per tutti questi anni hanno continuato a riunirsi per incoraggiarsi reciprocamente a vivere il Vangelo, aiutandosi con un libro di Chiara Lubich che egli stesso aveva loro lasciato». Conoscere questa comunità, che per vent’anni ha saputo mantenere la fiamma del Vangelo accesa, li ha riempiti di stupore e di gioia. Ma non immaginavano che in quel viaggio ci fosse un’altra sorpresa ad attenderli. Nei dintorni di Bambio ci sono alcuni villaggi abitati dai Pigmei. È un popolo caratteristico per la bassa statura, che vive prevalentemente nei boschi e che segue leggi e consuetudini proprie. «Tanti pensano che non sia facile trovare un rapporto con loro – spiega ancora Fidelia – ma dovendo attraversare i loro insediamenti, è stato spontaneo fermarci a salutarli e spiegare perché ci trovavamo da quelle parti. Incoraggiati dalla loro apertura e disponibilità, ci siamo conosciuti, abbiamo dialogato scambiandoci i valori in cui crediamo. Alcuni di loro ci hanno dimostrato grande sensibilità per quanto avevamo detto riguardo alla spiritualità dell’unità. Siamo rimasti d’accordo che a Pasqua saremmo ritornati per continuare nella conoscenza e nello scambio reciproci». (altro…)
La pace come prerequisito a qualsiasi altra azione in favore della Siria: è questo il pensiero di mons. Samir Nassar, arcivescovo maronita di Damasco, presente al convegno dei Vescovi amici dei Focolari dal 23 al 26 febbraio a Castelgandolfo, alla vigilia del cessate il fuoco nel Paese. Per mons. Nassar è la seconda volta sui colli romani per questo appuntamento: e «la prima mi ha dato così tanto che ho deciso di tornare – ha raccontato -. Vengo da Damasco, luogo tormentato dalla violenza e dalla guerra: e questo è un soggiorno che mi permette, con i miei fratelli vescovi e l’attenzione dei Focolari, di vedere più lontano, avere una visione più globale sull’avvenire del mondo, della Chiesa, dei cristiani in Medio Oriente. Quindi è un sostegno fraterno che questo soggiorno mi dà per la vita della mia diocesi». Di fronte alla situazione di guerra che il suo Paese vive, mons. Nassar ribadisce con forza che «la Chiesa di Siria si rifiuta di morire e si aggrappa alla speranza, fatta di segni concreti. Nel 2015 ad esempio abbiamo iniziato a costruire tre cappelle proprio nel momento in cui la gente se ne andava, per dare fiducia ai fedeli nei quartieri periferici in cui la gente non viene più fino alla cattedrale per questioni di sicurezza. Manteniamo la speranza anche attraverso le vocazioni: ci sono giovani preti e seminaristi che arrivano, ed anche questo è un segno di vitalità e speranza per l’avvenire».
L’arcivescovo ha avuto parole di ringraziamento anche per l’opera del Movimento dei Focolari, che continua ad essere presente in Siria nonostante il conflitto: «Davvero il Movimento, in particolare per quel che io vedo a Damasco, fa un lavoro eccellente con giovani, famiglie e bambini – ha affermato – . Incoraggia la gente a vedere il futuro con fede e speranza: e questo è un sostegno per tutte le comunità, un segno dello Spirito che ci aiuta a proseguire su questa strada». A questo proposito, l’arrivo annunciato di una nuova focolarina a Damasco «è un altro segno che in Siria c’è una Chiesa che guarda al futuro e non ha paura di morire. La vostra presenza è un segno di speranza e di rinnovamento e ve ne ringrazio molto». Un segno tanto più importante in un paese in cui «la gente è stanca, vive la guerra, la sofferenza, l’indigenza, e le notizie non sono incoraggianti. La nostra missione come Chiesa e come Focolari è dare coraggio». Riguardo alla comunità internazionale, infine, mons. Nassar constata con rammarico come «il mondo dice di interessarsi molto alla Siria, ma ciascuno lo fa a suo modo: tanto che alla fine nessuno fa veramente gli interessi del Paese». E lancia un appello: «Fermate la guerra. Se la guerra non si ferma, tutto ciò che facciamo è inutile. Riportiamo la pace e poi ricostruiamo tutto il Paese, cristiani e non: tutti i cittadini hanno perso e sofferto molto, e meritano la carità e l’amore della Chiesa. Come papa Francesco stesso dice: i poveri non hanno religione, importa solo l’uomo. Attendiamo prima di tutto dei passi verso la pace, il resto è secondario». (altro…)
«Quando la Segreteria ci ha comunicato che si trattava della laurea n. 100, ho pensato che non poteva che andare così. Ogni laurea ha segnato un momento importante del nostro percorso, ma il fatto che la centesima tesi fosse proprio quella di Akie Otomo, ci ha colpito molto!». A parlare è Judith Povilus, vice-preside dell’Istituto Universitario Sophia (IUS), che ha accompagnato il percorso di Akie Otomo e di Yukie Ohi, due studentesse del movimento buddhista Rissho Kosei-kai che hanno portato a termine il corso di laurea in Fondamenti e Prospettive di una Cultura dell’Unità. Yukie Ohi si è laureata nella sessione estiva, mentre lo scorso 11 febbraio è stata la volta di Akie Otomo. Il successo della sua ricerca è stato salutato da un applauso tra i più calorosi, a sottolineare l’apprezzamento della comunità accademica per il risultato della ricerca. Il soggetto della tesi, una comparazione tra “La Hoza nella Rissho Kosei-kai e la vita di unità nella spiritualità del Movimento dei Focolari”, è andato maturando in un clima di reciproco ascolto e accoglienza con l’attivo coinvolgimento delle due docenti che hanno seguito la candidata in qualità di relatrice e correlatrice, Anna Pelli, docente di Filosofia, e Antonella Deponte, docente di Psicologia. «Il punto focale è di grande interesse: si trattava di indagare come all’interno di realtà aggregative diverse, come la Rissho Kosei-kai e il Movimento dei Focolari, pulsi un analogo ritmo di vita: la comunione. E ciò ponendo in atto due singolari pratiche: da una parte la Hoza, caratteristico “circolo di compassione”, costituito da un gruppo di persone che si ritrovano per condividere i loro problemi personali e trovare aiuto reciproco alla luce degli insegnamenti di Buddha; e dall’altro, la “comunione spirituale” guidata dalle Parole del Vangelo, in cui si rende possibile la condivisione delle esperienze vissute, per camminare insieme verso Dio». Man mano che il lavoro procedeva, si è fatto sempre più chiaro che esso poteva essere compreso solo se collocato nell’alveo di quella profetica esperienza di dialogo scaturita dall’incontro tra Nikkyo Niwano e Chiara Lubich, figure eminenti del XX secolo: il primo, leader buddhista, fondatore della Rissho Kosei-kai, unico osservatore non cristiano al Concilio Vaticano II; e la seconda, personalità del mondo cattolico che ha ispirato un movimento mondiale di rinnovamento spirituale che ha saputo parlare a uomini e donne di fedi e culture diverse. Lungo gli anni, numerose similarità li hanno condotti a collaborare fattivamente a favore della pace e della comprensione reciproca tra gli uomini e i popoli, giungendo a farsi dono della propria peculiare esperienza di fede. Tra l’altro, la tesi documenta la corrispondenza epistolare intercorsa tra loro, riportandone alcuni brani che hanno permesso alla studentessa giapponese di soffermarsi in maniera sorprendente su alcuni capisaldi della cultura dell’unità, che, a suo avviso, aprono profondi spazi di dialogo e di condivisione.
«È su questa radice – commenta la prof. Pelli – che ha preso forma l’intuizione da cui Akie è stata guidata nella sua ricerca. Lungo il percorso, ciascuno ha visto incontrarsi il vero che abita in sé con il vero che abita nell’altro: abbiamo scoperto che tale incontro era qualcosa che in certo modo già ci apparteneva e che, allo stesso tempo, si apriva su prospettive più vaste. Sono convinta che tale esperienza è stata resa possibile grazie a quel luogo privilegiato che è Sophia, nel suo quotidiano tendere a far sì che vita e pensiero, ricerca intellettuale e approccio esistenziale si traducano in un sostanziale convergere verso il bene, attraverso il dono reciproco della nostra diversità». «Sono molto grata per il tempo che ho vissuto a Sophia – Akie ha concluso con queste parole la sua presentazione –. Non solo ho avuto modo di avvicinarmi di più al pensiero di Chiara Lubich che apprezzo molto, ma anche di conoscere più in profondità la vita e il messaggio di Nikkyo Niwano. Ora porterò avanti la ricerca. Vorrei impegnarmi sempre di più nella vita quotidiana affinché con il contributo di tutte le religioni possiamo portare al mondo armonia, unità e pace». Fonte: IUS online (altro…)
«Reinhard, un 55enne austriaco, ci racconta la sua esperienza: «Alcuni anni fa – durante il turno di lavoro alle poste –, vengo accoltellato da un giovane con disturbi psichici: sono 27 i colpi con cui mi ferisce. Il giovane ha smesso solo quando guardandolo negli occhi ormai certo di morire gli ho detto: “Io ti perdono”. Solo allora il giovane ha lasciato cadere il coltello che aveva tra le mani. Gli psicologi sostengono che non ho subito alcun trauma. Mi hanno dovuto operare, ho perso un polmone e cammino grazie alle stampelle, ma sono miracolosamente vivo. Sono in molti oggi che mi invitano a raccontare l’accaduto e il perché ho perdonato: insegnanti, sacerdoti, giovani, cristiani, musulmani e atei. Ho incontrato circa duemila persone finora. E ogni volta non posso non parlare dell’arte di Amare, perché da anni, compreso quel fatidico giorno, ogni mattina lancio il dado dell’amore. Tanti giovani, dopo gli incontri, mi chiedono di approfondire questo modo di vivere. Ogni volta che mi invitano è un’occasione meravigliosa per diffondere l’ideale della fraternità, la Regola d’oro, nella regione del Vorarlberg in cui vivo. Un giovane ateo, qualche tempo fa, mi disse: “Sai, a me la religione non interessa. Ma il tuo modo di vivere mi interessa moltissimo!”». (Feldkirch, Austria) «Una sera, al telefono, abbiamo sentito Lina, una nostra amica che abita a Damasco (Siria). Ci raccontava la difficoltà di vivere in un contesto di guerra: i rischi per i frequenti colpi di mortaio; le difficoltà dovute a carenza di cibo, acqua e vestiti; la continua mancanza di energia e di riscaldamento… insomma, lei non ci chiedeva nulla. Ma ascoltando le sue parole, sentivamo in cuore che quel grido di dolore non poteva rimanere inascoltato… anche se lontani, dovevamo fare qualcosa! Abbiamo subito condiviso questa idea con altri amici… Sin da subito, ci ha sorpreso la quantità di contributi che arrivavano… ciascuno contribuiva come poteva! Famiglie, giovani coppie, adolescenti, bambini, comunità, parrocchie, altre associazioni… Senza accorgercene, era partita una gara d’amore. Ad esempio, una signora ha venduto alcuni oggetti d’oro e ha condiviso l’equivalente in denaro; un ragazzo ha festeggiato il suo compleanno e al posto dei regali ha chiesto un contributo per i suoi fratelli siriani; una famiglia ha condiviso i risparmi di una vita perché “li conservavamo per una occasione speciale! Aiutare qualcuno, lo è!”… Insomma, in poco tempo, abbiamo raccolto €20.000! Grazie a questa cifra, abbiamo potuto aiutare tante famiglie siriane in difficoltà portando loro cibo, vestiti, beni di prima necessità… ma, soprattutto, abbiamo portato loro un abbraccio grande quanto il mondo facendoli sentire non abbandonati a sé stessi, ma parte di una grande famiglia!». (Rossana ed Emanuele, Italia) Fonte: United World Project (altro…)
Dopo aver tratteggiato alcune sfide del mondo attuale – minaccia alla pace e ricerca dell’affermazione della propria identità – Maria Voce offre alcune riflessioni a partire dall’esperienza carismatica di dialogo proposta da Chiara Lubich. È il 26 gennaio, presso l’India International Centre di New Delhi. «Se cerchiamo di cogliere quali sono le caratteristiche specifiche che il dialogo del Movimento dei Focolari propone, la prima ci appare il suo fondamento. Chiara [Lubich] ci ha sempre insegnato a guardare Dio come Padre di tutti e, di conseguenza, a guardare ogni uomo e donna che incontriamo come figlio o figlia sua, e dunque come fratello o sorella nostra. Lei stessa lo rivelava, scrivendo alle sue compagne già nel 1947: “Puntare sempre lo sguardo sull’ unico padre di tanti figli. Poi, guardare le creature tutte come figli dell’unico Padre. Oltrepassare sempre col pensiero e con l’affetto del cuore ogni limite posto dalla natura umana e tendere costantemente, per abitudine presa, alla fratellanza universale in un solo Padre: Dio”[i]. Ricordo con quale gioia Chiara ci ha riferito il commento della nostra carissima sorella, la prof. Kala Acharya, dopo il loro incontro in India nel 2001: “Ognuno era cresciuto chiuso fra le proprie mura ad ammirare il proprio giardino, senza sapere che dall’altra parte di queste mura altissime, ci sono bellissimi giardini da contemplare. È l’ora di buttare giù queste mura e scoprire il giardino dell’altro”. Se questo è il fondamento, il metodo del dialogo che Chiara ci insegna non può essere che l’amore! È un dialogo tra fratelli, quindi un dialogo tra persone, non tra ideologie o sistemi di pensiero. È un dialogo che deve necessariamente essere sostenuto e sostanziato dalla misericordia, dalla compassione, dalla carità, così com’è sintetizzata nella Regola d’Oro [Fai agli altri tutto quello che vorresti gli altri facessesro a te]. L’amore e la misericordia, messe alla base del dialogo, non solo ci permettono di vedere chi ci sta accanto in una nuova luce, ma ci fanno scoprire la diversità, qualsiasi essa sia, come un dono. “Chi mi sta vicino – diceva Chiara – è stato creato in dono per me ed io sono stata creata in dono per chi mi sta vicino. Sulla terra tutto è in rapporto d’amore con tutto: ogni cosa con ogni cosa. Occorre però essere l’Amore per trovare il filo d’oro fra gli esseri”[ii]. Attualmente i contatti, in virtù delle grandissime possibilità offerte dai mezzi di comunicazione, si moltiplicano, ma divengono brevi, effimeri, privi di senso, mentre si frantumano o diminuiscono le relazioni. Solo quando si inserisce nel rapporto io-tu un amore che supera la dimensione puramente naturale, i contatti si possono trasformare in relazioni, cioè possiamo costruire reti di fraternità vera. Ed in questo la religione è chiamata in causa per dare un senso, un’anima, delle risposte vere e soddisfacenti all’umanità confusa, traumatizzata e smarrita di oggi. Ed abbiamo costatato in questi anni il ruolo insostituibile delle religioni per portare i loro seguaci a riconoscersi reciprocamente, a rispettarsi, a collaborare e a diventare protagonisti nel costruire un mondo di pace, dove regnino la giustizia ed il rispetto per la persona umana. Anche Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, ha vissuto ed ha contagiato quanti a lei si ispirano in questa straordinaria avventura, nella quale non basta un amore qualunque, ma è necessario imparare un’arte, come lei stessa l’ha definita: l“arte di amare”. (…) Se tutti viviamo questa “arte”, attueremo anche alcuni principi indispensabili nel dialogo fra le religioni. Ne cito alcuni: Unità nella diversità. È necessario che ogni religione sia accolta in pieno rispetto di tutto ciò che essa considera sacro, secondo la sua tradizione. Proselitismo e sincretismo sono incompatibili con la pace. (…) Reciprocità nei rapporti. Nella condivisione della spiritualità vissuta ciascuno è arricchito non solo senza pericolo di compromettere la propria fede, ma con la possibilità di approfondirla.(…) Uguaglianza nella comune dignità umana. È la chiave per qualsiasi rapporto armonioso di collaborazione nel costruire società democratiche fondate sulla pace. Molti sanno come il carisma di Chiara, può essere riassunto in una sola parola: unità. È la vocazione specifica dell’intero Movimento che s’impegna a viverla quest’anno, nel mondo intero, con particolare intensità: lavorare, impegnarsi su tutti i fronti per contribuire a costruire un mondo unito, a portare l’unità, la pace e la reciprocità in ogni ambiente. Lo esige la fedeltà al nostro Carisma, a quella prima intuizione che Chiara così esprimeva fin dal 1946: “Nel nostro cuore una cosa è chiara: l’unità è ciò che Dio vuole da noi. Noi viviamo per essere uno con Lui e uno fra noi e con tutti. Questa splendida vocazione ci lega al Cielo e ci immerge nella fraternità universale. Niente di più grande. Per noi, nessun ideale supera questo”[iii]». New Delhi, 20 gennaio 2016 [i] C. LUBICH, L’arte di amare, Città Nuova, Roma 2005, p. 29 [ii] C. LUBICH, Scritti Spirituali 1, “L’attrattiva del tempo moderno”, Città Nuova, Roma 1978, 140. [iii] C. Lubich, L’unità e Gesù Abbandonato, Città Nuova, Roma 1984, p. 28. (altro…)
«Con il cessate il fuoco, una notte di calma avvolge tutta la città di Aleppo». Scrive Pascal Bedros, focolarino di Aleppo. «Fino all’ultimo momento nessuno si aspettava che andasse in porto. È un primo mattone per costruire la Pace con il dialogo. Grazie a Dio e agli uomini di buona volontà per questo dono. Un bel dono a tutti i bambini che hanno dormito una notte tranquilla tra le braccia dei loro genitori. Questo week end ci riuniremo ad Aleppo, dopo parecchio tempo in cui non è stato possibile farlo, per un convegno di approfondimento della spiritualità dell’unità dei Focolari, che ci ha tenuto vivi in questi lunghi anni e che illumina anche il nostro impegno sociale». Il cessate il fuoco in Siria, il primo dall’inizio del conflitto nel 2011, negoziato da Russia e Stati Uniti, è entrato in vigore dalla mezzanotte del 26 febbraio. I colloqui di pace potrebbero riprendere il 7 marzo, se la tregua tiene, come annunciato dall’inviato speciale delle Nazioni Unite Staffan De Mistura. Testimonianza della comunità dei Focolari in Siria (maggio 2015) https://vimeo.com/126724992 (altro…)
Scarica il call for papers Nel 1996 Chiara Lubich veniva insignita del dottorato h.c. in Scienze Sociali per aver offerto un forte impulso alla comprensione del dialogo come fattore-chiave per la costruzione e il mantenimento della pace e dell’unità della famiglia umana. Oggi, alla luce di questa esperienza, la teoria e la prassi del dialogo – nota specifica del “carisma dell’unità” di Chiara Lubich – sono un cardine della vita di molte persone di culture e religioni diverse. In un mondo dove le differenze etniche e religiose spesso conducono a conflitti violenti, la diffusione del carisma di Chiara Lubich ha contribuito al dialogo costruttivo tra persone, generazioni, classi sociali e nazioni. Da qui l’idea, promossa dall’Università Cattolica di Lublino, l’Istituto Universitario Sophia di Loppiano insieme al Centro per il dialogo con la cultura del Movimento dei Focolari, di un convegno a partire dall’analisi dei significati di dialogo. Si svolgerà il 3 e 4 giugno prossimi a Lublino, a partire dal call for papers diffuso in questi giorni, e al quale rispondere entro il 30 marzo. I promotori invitano tutti gli interessati a proporre contributi originali che esplorino, da diverse prospettive e pratiche, i percorsi verso il rispetto, la gestione delle differenze, la comprensione reciproca, la risoluzione dei conflitti e la costruzione della pace. Sono state identificate 5 aree di interesse. Sarà data preferenza a quei contributi che offrono un approccio multidisciplinare, provenienti da psicologia, economia, pedagogia, politologia, sociologia e scienze della comunicazione. Le proposte di intervento dovranno avere la caratteristica di colmare il divario tra teoria e pratica. Saranno selezionati solo papers inediti, che portino un valore aggiunto alla comprensione teorica e pratica di conflitto e dialogo. Per registrarsi e per proporre un paper, scrivere a: congresslublin2016@gmail.com AREE TEMATICHE:
È possibile intervenire al convegno con un proprio contributo, rispondendo al seguente call for papers entro il 30 marzo. Tra i relatori principali al convegno:
«Dicembre 1948. Nello studio di mio padre stasera è riunita tutta la crème dell’ambiente cattolico di Rovereto: i presidenti dei giovani di Azione Cattolica, della San Vincenzo, delle Figlie di Maria, del Terz’Ordine francescano, il parroco naturalmente. E ci sono io, diciott’anni, presidente della Gioventù studentesca. L’oratrice è Valeria Ronchetti. C’è qualcosa in lei che mi sorprende: parla di Dio, ma non come ne ho sentito parlare finora da altre persone; non è qualcosa di esterno, di studiato: Valeria lo possiede! Lei esprime qualcosa che le urge dal cuore, e che straripa con forza… Ne resto scioccata. È un racconto di guerra, sono esperienze su quel che ha trovato nel Vangelo con le sue compagne, su come hanno scoperto Dio che è Amore; è un torrente d’acqua viva che mi sommerge. A lume di candela, perché è venuta a mancare la corrente elettrica, un signore attempato e molto serio le chiede un po’ ironico: «Ma non ha paura, signorina, di entusiasmare la gioventù così? E se poi fosse un fuoco di paglia?». Valeria è un tipo veramente entusiasta, tutto fuoco nel parlare e altrettanto nelle risposte. Scatta in piedi e con veemenza dice: «Come? Non si ha paura di entusiasmare la gioventù per lo sport, la musica, la pittura, la montagna, tutte cose belle ma che passano; e si ha paura di entusiasmare per Dio che è l’unico che resta?».
Grande silenzio. Io rimango letteralmente presa. La montagna, la musica, la pittura… Non avevo provato fino ad allora tutto ciò? Quanto di sano e di bello si può avere l’avevo toccato, mi aveva occupato magari per anni, ma nulla mi aveva riempito veramente. In questa ricerca, ero rimasta sempre insoddisfatta. Ma allora è qui il punto, è questo che cerco: è Dio la risposta a quest’ultimo periodo d’insoddisfazione, di solitudine, di confusione nelle compagnie, di attivismo, di noia. Nello studio tutti se ne vanno, salutando Valeria con giovialità e sorrisi. Ma non mi pare che abbiano capito veramente qualcosa di quanto ha detto. Mi chiedo: se lei può avere quello di cui ha appena parlato – e lo si vede in maniera lampante – perché non posso averlo anch’io? E a questo punto mi viene in mente un detto di sant’Agostino: «Se questi e quelli, perché non anch’io?». Tendo la mano a Valeria: «Voglio fare come te, aiutami!». Ci salutiamo e ci diamo l’appuntamento per l’indomani. Incomincia l’avventura». Fonte: Città Nuova online (altro…)
«Sono impiegato e abito a Catanzaro. Partecipando ad un incontro di amici impegnati nel sociale, sono venuto a conoscenza di alcuni giovani stranieri che vivono in un centro di accoglienza profughi, che hanno bisogno di avere delle biciclette per recarsi a lavoro. Mi è venuto in mente che in garage avevo due mountain bike in buono stato a cui tenevo molto, in quanto legate a tanti bei ricordi per le lunghe escursioni in montagna fatte assieme a mio figlio. Senza esitare ho alzato la mano per offrire. Occorreva però superare la difficoltà di farle arrivare a destinazione. Poco tempo dopo vengo a sapere che questi amici organizzavano, per la fine di gennaio, un convegno di tre giorni in un villaggio turistico vicino alle abitazioni dei rifugiati, a cui anch’io sono stato invitato a partecipare. Non potete immaginare quanto grande è stata la mia gioia a questa notizia, potevo trasportare io stesso le bici – tempi e costi zero – e in più potevo consegnarle di persona ai diretti interessati avendo l’opportunità di fare la loro conoscenza. Sorgeva però un’altra difficoltà: le bici erano troppo ingombranti e non riuscivo a farle entrare nel cofano della mia macchina. Non sapendo più come rimediare chiesi a un mio vicino di casa che, commercia in oggetti usati, se mi poteva aiutare a trovare una soluzione. Quando, però, ha saputo che volevo dare le bici a dei rifugiati ha cominciato a dire che era meglio darle a lui che avrebbe potuto ricavarci qualcosa e che non gli sembrava “il caso di aiutare queste persone sconosciute che vengono nel nostro paese a portarci via il poco lavoro che c’é e a creare tanti problemi e tensioni sociali”. Accortosi però che io rimanevo fermo nella mia decisione mi disse che un nostro comune amico disponeva di due porta bici che facevano proprio al caso mio. Sono andato da questo amico, il quale invece si è dimostrato subito disponibile, ben contento di dare i suoi portabici. Tutto andava per il meglio. Il giorno stabilito, 4 giovani rifugiati sono venuti dove si svolgeva il nostro convegno a ritirare le bici. Appena le hanno viste ancora caricate sul tettuccio della macchina mi sono accorto che brillavano loro gli occhi. Forse pensavano di trovare delle vecchie bici arrugginite, invece erano belle, nuove e funzionanti. Sono rimasti veramente contenti e pieni di gioia; poi, timidamente e con grande dignità hanno ringraziato dicendo che loro erano poveri e non possedevano nulla per ricambiare, ma che la stessa sera sarebbero tornati per cantarci i loro canti al suono del tamburo, durante la celebrazione eucaristica. Sono convinto che il rapporto di amicizia che è nato rimarrà…». (Domenico, Italia) (altro…)
Era quanto attendevano gli Ebrei del suo tempo. Gesù cominciò ad annunciarlo appena prese a percorrere villaggi e città: “Il regno di Dio è vicino” (cf Lc 10, 9). E subito dopo: “È giunto a voi il regno di Dio”; “Il regno di Dio è in mezzo voi!” (Lc 17, 21). Nella persona di Gesù Dio stesso veniva in mezzo al suo popolo e riprendeva in mano la storia con decisione e con forza, per condurla alla sua meta. I miracoli che Gesù compiva ne erano il segno. Nel brano del Vangelo da cui è tratta la parola di vita, Egli ha appena guarito un muto liberandolo dal diavolo che lo teneva prigioniero. È la prova che egli è venuto a vincere il male, ogni male e a instaurare finalmente il regno di Dio. Questa locuzione, “regno di Dio”, nel linguaggio del popolo ebraico indicava Dio che agisce in favore di Israele, lo libera da ogni forma di schiavitù e da ogni male, lo guida verso la giustizia e la pace, lo inonda di gioia e di bene; quel Dio che Gesù rivela come “padre” misericordioso, amoroso e pieno di compassione, sensibile alle necessità e alle sofferenze di ognuno dei suoi figli. Anche noi abbiamo bisogno di ascoltare l’annuncio di Gesù: “È giunto a voi il regno di Dio”. Guardandoci attorno spesso abbiamo l’impressione che il mondo sia dominato dal male, che i violenti e i corrotti abbiano il sopravvento. A volte ci sentiamo in balìa di forze avverse, eventi minacciosi che ci sorpassano. Davanti a guerre e calamità ambientali, a stragi e cambiamenti climatici, a migrazioni e crisi economiche e finanziare, ci sentiamo impotenti. È qui che si colloca l’annuncio di Gesù, che ci invita a credere che Egli, già da ora, sta vincendo il male e sta instaurando un mondo nuovo. Nel mese di marzo di 25 anni fa, parlando a migliaia di giovani, Chiara Lubich affidava loro il suo sogno: «Rendere il mondo migliore, quasi una sola famiglia, quasi appartenente a un’unica patria, a un mondo solidale, anzi a un mondo unito». Allora come oggi questo sembrava un’utopia. Perché il sogno però diventasse realtà, li invitava a vivere l’amore reciproco, nella certezza che così facendo avrebbero avuto tra loro «Cristo stesso, l’Onnipotente. E ogni cosa potrete sperare da lui». Sì, è Lui il regno di Dio. Il nostro compito? Fare in modo che egli sia sempre tra noi. Allora, continuava Chiara, «sarà lui stesso che opererà con voi nei vostri Paesi, perché lui tornerà in certo modo nel mondo, in tutti i luoghi in cui vi trovate, reso presente dal vostro reciproco amore, dalla vostra unità. E lui vi illuminerà su tutto il daffare, vi guiderà, vi sosterrà, sarà la vostra forza, il vostro ardore, la vostra gioia. Per lui il mondo, attorno a voi, si convertirà alla concordia, ogni divisione si suturerà. (…) Amore, dunque, fra voi ed amore seminato in molti angoli della terra fra i singoli, fra i gruppi, fra nazioni, con tutti i mezzi, perché sia realtà l’invasione d’amore, di cui ogni tanto parliamo, e prenda consistenza, anche per il vostro contributo, la civiltà dell’amore che tutti attendiamo. A questo siete chiamati. E vedrete cose grandi» [1]. Fabio Ciardi [1]. IV festival internazionale dei «Giovani per un mondo unito» (Genfest), Roma (Palaeur), 31 marzo 1990, CN,34,[1990], 7, pp.34-39. (altro…)
As grandes organizações não governamentais (ONGs), como o Greenpeace, os Médicos sem Fronteiras ou a Oxafam, não formam um mundo à parte protegido do poder e das águas glaciais do mercado. Ao contrário, elas se inscrevem, muito frequentemente, numa larga rede de relações com os Estados, as instituições internacionais e as grandes empresas. Em outras palavras, as linhas de demarcação de ontem tornaram-se espaços compartilhados onde as “multinacionais do bem” colaboram de boa vontade com seus novos vizinhos. Essa face escondida do trabalho que elas realizam é o laboratório de uma vasta redistribuição de papeis entre os atores públicos, a esfera do mercado e a sociedade civil. Deixando de lado as oposições rotineiras e os litígios evidentes, este ensaio analisa a complexidade e a fecundidade do trabalho desenvolvido ao longo dos anos pelas ONGs, seus desafios, levando em consideração as motivações imanentes ao seu surgimento. Os autores Marc-Olivier Padis é chefe de redação da revista Esprit [revista cultural independente da França]. Trabalha no Commissariat general au Plan [instituto de planejamento econômico-financeiro da França] e foi professor de mestrado em Estudos Europeus na Sciences Po. Thierry Pech foi secretário geral do Institut des Hautes sur la Justice (IHEJ) e da République des Idées. Foi diretor geral da Editora Seuil, chefe de redação da revista Alternatives économiques e membro fundador da associação francesa Terra Nova, da qual é diretor geral.
Entre em contato conosco: (11) 4158-8898 vendas@cidadenova.org.br www.cidadenova.org.br
Sono 60 i Vescovi amici dei Focolari radunati in questi giorni a Castel Gandolfo (22-26 febbraio), provenienti da 31 Paesi di 4 continenti: vengono da Siria, Iraq, Libano, varie nazioni sub sahariane, India, Pakistan, Thailandia; ben rappresentato anche il continente americano e l’Europa. Il 24 febbraio i Vescovi hanno partecipato all’udienza generale di papa Francesco in Piazza San Pietro, che nel suo saluto li ha esortati “a tenere sempre vivo nel ministero apostolico il carisma dell’unità, in comunione con il successore di Pietro”. Il Convegno prende le mosse dal disegno di Chiesa tracciato da papa Francesco nella celebrazione del 50° della creazione del Sinodo dei Vescovi: «Una Chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto, nella consapevolezza che ascoltare “è più che sentire”. È un ascolto reciproco in cui ciascuno ha qualcosa da imparare». La scelta del titolo “Chiesa che genera unità” nasce dalla convinzione che, sullo sfondo delle molte tensioni del nostro tempo e della crescente disgregazione, il popolo di Dio è chiamato oggi a contribuire a rigenerare, in maniera vitale, il tessuto dei rapporti a tutti i livelli e in tutti gli ambienti. Novità che deve prodursi innanzi tutto nella vita della Chiesa stessa e che ha la sua fonte nel cuore di Dio misericordioso. Al centro della riflessione di questi giorni c’è la comprensione dell’unità, chiesta da Gesù al Padre (Gv 17), come “dono, impegno e traguardo”. Prospettive che sono state illustrate, nella luce del carisma di Chiara Lubich, da Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari, e dal copresidente Jesús Morán.
Una riflessione interdisciplinare a più voci sul tema della salvezza. Il tema della Salvezza è di grande attualità in un mondo divenuto villaggio globale, nel quale le differenti visioni della realtà e del destino dell’uomo si confrontano. Che cosa ha di specifico la fede biblica e cristiana? Come proporre in modo convincente una dottrina della salvezza che renda giustizia ad affermazioni come: «Cristo è il Salvatore del mondo» (Gv 4, 42)? Come capire il valore universale della persona e del destino di un uomo singolo, per giunta crocifisso, quando la croce rischia d’essere ridotta a un simbolo confessionale? Il volume si articola in tre parti: l’Antico Testamento e il Giudaismo del secondo Tempio; il Nuovo Testamento; il pensiero teologico in dialogo con la cosmologia scientifica contemporanea. In appendice, la nota biobibliografica del biblista Rossé illustra il suo originale percorso e la ricca attività accademica. Di primo piano e di sicuro accredito scientifico, a livello internazionale, gli autori dei contributi. Tra gli altri, per citarne qualcuno, lo storico del giudaismo Paolo Sacchi, gli esegeti Daniel Marguerat, Romano Penna, Mariella Perroni, il cosmologo Piero Benvenuti.
Venerdì 26 febbraio 2016, alle ore 18.00, presso l’Aula Magna delll’Istituto Universitario Sophia, serata dedicata all’esegeta Gérard Rossè – per l’uscita del volume in suo onore.
Dialogano con il biblista, professore ordinario di Teologia biblica presso l’Istituto Universitario Sophia,: Marinella Perroni – Docente stabile di Nuovo Testamento presso il Pontificio Ateneo S. Anselmo (Roma). Franz Sedlmeier – Docente di Antico Testamento presso l’Università di Augsburg. Modera Giovanni Ibba, curatore del volume – Docente presso la Facoltà teologica dell’Italia Centrale e presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose
22 gennaio 1920-14 marzo 2008: sono le date che segnano l’esistenza terrena di Chiara, al secolo, Silvia Lubich. Il giorno della sua morte migliaia di persone si sono riversate sulle strade di Rocca di Papa (dove ha sede il Centro Internazionale del Movimento dei Focolari e dove si trova anche la casa di Chiara) per rendere omaggio alla sua salma, e in numero ancora maggiore hanno preso parte ai funerali, nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura, il 18 marzo. In questi ultimi anni la ricorrenza dell’anniversario è stata occasione per approfondire il pensiero, la vita, e la testimonianza di Chiara Lubich sotto diversi aspetti: il dialogo ecumenico (Chiara Lubich: un carisma, una vita per l’unità dei cristiani, a Trento nel 2011), il carisma dell’unità e i giovani (2012), la cultura (Carisma Storia Cultura, a Roma nel 2013), il dialogo interreligioso (Chiara e le religioni 2014), la politica per l’unità, con eventi in tutto il mondo, nel 2015. Nello stesso anno, il 27 gennaio, si è aperta la sua causa di canonizzazione. Nel 2016 il focus è sulla pace. Chiara Lubich è stata una costruttrice di pace lungo tutta la sua vita, aprendo strade di dialogo a vari livelli, e ricevendo per questo riconoscimenti internazionali, tra cui il Premio Unesco per l’Educazione alla Pace nel 1996. Alla sua spiritualità, tradotta anche in una pratica quotidiana di fraternità, si ispirano le centinaia di azioni che ad ogni latitudine vogliono contribuire ad arricchire il pianeta (in umanità, solidarietà, attraverso la cura del creato), e che sono raccolte nella piattaforma di United World Project (UWP). https://www.youtube.com/watch?v=bGWZw_UymaI A settembre 2015 la presidente dei Focolari Maria Voce, rispondendo a nome del Movimento all’appello di papa Francesco, rilancia un nuovo impegno e mobilitazione per la pace. «Bisogna fare di più», aveva affermato, per muovere i vertici della politica, i circuiti del commercio di armamenti, i decisori delle scelte strategiche, le quali – come comincia a dimostrarsi – possono partire dal basso con la mobilitazione della società civile. Maria Voce, inoltre, ha richiamato i membri del Movimento «a impegnarsi e a convergere maggiormente» per promuovere, insieme a quanti si muovono in questa direzione, azioni rivolte a smascherare le cause della guerra e delle tragedie che affliggono tanti punti del pianeta, con l’obiettivo di porvi rimedio, «mettendo in gioco le nostre forze, mezzi e disponibilità». Il 12 marzo a Castel Gandolfo (RM) – in occasione del 20° anniversario del conferimento del Premio UNESCO per l’Educazione alla Pace a Chiara Lubich, e per l’8° anniversario della sua morte – si svolgerà l’evento “La Cultura del Dialogo come fattore di Pace” con la presenza della band internazionale Gen Verde. L’invito è rivolto agli Ambasciatori presso la Santa Sede, alle autorità civili ed ecclesiastiche. Interverrà la presidente dei Focolari, Maria Voce, e a seguire saranno presentate alcune testimonianze sul dialogo come fattore di pace. Il 14 marzo al Santuario del Divino Amore (RM), alle ore 18.30, verrà celebrata una S. Messa, presieduta dal Card. João Braz De Aviz. In contemporanea, eventi in tutto il mondo ricorderanno la sua figura. (altro…)
https://vimeo.com/155402478 (altro…)
Kolhapur, nel sud del Maharashtra, a metà strada fra Mumbai e Bangalore, è la città che ospita l’incontro con circa 50 mila seguaci e simpatizzanti del movimento Swadhyaya, fondato dal riformatore indù Pandurang Shastri Athawale ed attualmente guidato dalla figlia, Didi. Proprio dall’amicizia fra quest’ultima e Chiara Lubich è nata una consonanza di ideali ed intenti che si è sviluppata negli anni ed è continuata con l’elezione di Maria Voce alla presidenza del Movimento dei Focolari. Dopo i due incontri fra le due donne che sono succedute ai rispettivi fondatori , è arrivato l’invito per Maria Voce, Jesús Morán e la delegazione romana a partecipare alla cerimonia conclusiva di un pellegrinaggio di circa dieci mila coppie del movimento Swadhyay Parivar (la famiglia della conoscenza di se stessi). Queste coppie da anni impegnate nel movimento di rinnovamento indù, avevano trascorso una settimana a contatto con altre famiglie della zona di Kolhapur per portare gli ideali e la dimensione spirituale del loro movimento, visitando anche un importante tempio della zona.
Alla cerimonia conclusiva, tenutasi, in un vasto piazzale al centro della città, dopo alcune manifestazioni folkloristiche, Didi Talwalkar ha raccontato a tutti della sua amicizia con Chiara Lubich. Al termine di una proiezione di immagini che mettevano in rilievo il profondo rapporto fra le due donne, Maria Voce ha portato, come le era stato chiesto, un saluto e la benedizione di Chiara nello spirito del dialogo e della dimensione comune dell’unica famiglia umana, sottolineata anche nei libri sacri indù come vasudhaiva kutumbakan. Un momento di grande intensità ed emozione spirituale, che ha rafforzato il legame fra le due leader dei rispettivi movimenti. Al termine del viaggio emerge come il cammino compiuto in questi anni rappresenti un’esperienza nuova nel dialogo fra seguaci delle religioni dell’India e i cristiani, alla luce dell’incontro con la spiritualità dell’unità. C’è la coscienza di vivere da anni una esperienza di profonda fraternità a livello vitale, ma anche intellettuale, con esperienze preziose di collaborazione sociale. Essa continua ad aprire strade di dialogo e di approfondimento delle rispettive fedi, alla luce del carisma di Chiara, vista come una donna che ha saputo interpretare i segni dei tempi e offrire al mondo uno spirito che può accomunare tutti in un pellegrinaggio verso la Verità. Il dialogo con Maria Voce e Jesús Morán al loro rientro, durante il Collegamento CH in diretta del 13 febbraio, si conclude con una domanda: In questo grande mondo indù dove i cristiani sono appena il 2% su una popolazione che supera ben oltre il miliardo, che impressione riportate? «Di una Chiesa piccola ma viva, vivissima», risponde la presidente. «L’India è un grande dono – aggiunge il copresidente –. Amano molto il pluralismo, e lo vivono in un modo inclusivo. Danno spazio ad ognuno per manifestare esplicitamente la propria fede. Questo è un dono per l’Occidente che, invece, vive il pluralismo in un modo quasi escludente. Un’altra cosa è il silenzio, il silenzio è fondamentale per ogni tipo di dialogo. Senza il silenzio interiore e anche interpersonale, non c’è possibilità di dialogo». «E questo silenzio – conclude Maria Voce – esprime anche l’anima religiosa del popolo indiano. Il dono che possono fare a tutto l’Occidente – come ho detto anche a loro – è di farci riscoprire il senso di Dio, il sentire Dio». Leggi anche: In India: un dialogo di cuori e menti (altro…)
«Le linee del Vangelo di Giovanni, e non solo di quello, convergono insieme nella frase che per me già da molto tempo ha un significato profondo e infinito: «Che tutti siano una cosa sola, come tu Padre sei in me e io in te, perché il mondo creda» (cf. Gv 17, 21). È così che dobbiamo vivere. […] L’Unità della Chiesa, l’unità con coloro che si trovano al di fuori dei confini della nostra Chiesa cattolico-romana, l’unità fra tutti coloro che si riconoscono nella fede nell’unico Dio, il Vivente, e quindi con gli ebrei e i musulmani. Quell’unità fra la Chiesa e la società in cui l’una non si trova accanto all’altra in modo parallelo o non si contrappone all’altra, ma Chiesa e società entrano in un rapporto reciproco, mettendo in luce che l’unità che Dio dona è il lievito per la società, è il lievito che rende libero l’uomo. È l’unità che rende l’uomo pienamente uomo, perché egli può essere uomo in senso pieno solo laddove Dio ha il diritto di essere Dio in senso pieno, e quindi può donarci tutto ciò che vuole donarci. Ed Egli non vuole donarci nulla di meno del Suo intimo mistero: l’unità trinitaria. Ma questo non è un semplice programma, perché con i programmi non si va molto avanti. Deve piuttosto diventare vita […]. Anch’io devo cominciare a vivere questa unità. E per questo motivo confido nel fatto che tutti voi cari fratelli e sorelle possiate aiutarmi, e che possiamo farlo insieme nella reciprocità». Mons. Klaus Hemmerle Fonte: W. Hagemann, Klaus Hemmerle innamorato della Parola di Dio, Città Nuova, Roma 2013, pp. 337-338 (altro…)
El Espinal è un paese in provincia di Salta, al nord dell’Argentina. 35 giovani argentini e paraguaiani, tra i 18 e i 30 anni, si sono dati appuntamento lì, dal 3 all’11 gennaio, per fare insieme delle “vacanze low-cost, ma ad alto livello di unità”, come le hanno voluto chiamare. Hanno aderito, infatti, alla proposta della Pastorale del Turismo – Programma di Sviluppo del Turismo Solidale, portato avanti da quella regione. Si trattava, prima di tutto, di vivere con la comunità e con i giovani del posto, condividendo il lavoro nei campi di tabacco, con gli alveari e le filatrici, ma anche le difficoltà della vita quotidiana, tipiche di una zona rurale: l’acqua fredda, la mancanza di gas, il fango che sembra inseguirti… Primo punto: lasciare da parte comodità e pregiudizi. La Regola d’Oro: “Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te” racchiudeva in poche parole la proposta che i giovani dei Focolari volevano fare alla comunità del posto. Ma come trasmetterla? Prima di tutto attraverso un’infinità di semplici gesti d’amore concreti e poi con un incontro, un cineforum, una gita insieme, un momento di relax, e poi mangiare, ballare e cantare insieme… Ma il messaggio è stato veicolato anche attraverso una scena di teatro che mostrava come sarebbe El Espinal se tutti vivessero questa semplice regola.
E non si sa né come né perché – forse per quel “date e vi sarà dato” che si realizza sempre? – si è innescata una gara d’amore in cui tutti davano il meglio di sé. Racconta Maga: “Come dimenticare Pilar, la filatrice che ha portato il miglior servizio di piatti e posate che aveva per offrirci una buona minestra? E le signore che hanno lasciato da parte le loro faccende per venire a fare il pane con noi? O l’entusiasmo dei ragazzi che hanno voluto friggere per noi delle ciambelle fino a tardi? E le persone che ci hanno ospitato nelle loro case, dandoci tutto quello che potevano per farci sentire a casa? Quante facce nuove: in tutti era Gesù che mi veniva incontro ogni volta”. Ma la cosiddetta vacanza aveva anche un altro scopo, un progetto che porta avanti la Pastorale del Turismo e che consiste nell’aiutare la popolazione a riconoscere il potenziale turistico che possiede. È stato per questo che sono state organizzate delle attività che possono poi trasformarsi in proposte per i futuri visitatori: trekking lungo il fiume, cavalcate, gite in trattore, visite ai luoghi più incantevoli e nascosti de El Espinal. Tra i paesaggi mozzafiato, i bruschi cambi di clima, la pioggia, il sole, gli animali e gli insetti – a volte non tanto apprezzati – di tutti i tipi, hanno potuto realmente “sentire la presenza viva di Dio e il caloroso abbraccio della sua creazione” e anche il rapporto fra i giovani è stato molto arricchente. In poche parole, hanno fatto una vacanza diversa nella bella provincia di Salta, aderendo all’invito di Papa Francesco a vivere il Vangelo nelle periferie. Prima di tornare nelle loro città, si sono scambiati alcune impressioni: “Ho imparato molte cose: ad essere felice con le poche cose che avevamo, a non lamentarmi, a vivere la regola d’oro. Mi sono sentita molto amata e accolta. Tutto mi ha segnato profondamente”. “È stato il modo migliore di iniziare l’anno. Grazie, mi sono riavvicinata a Dio”. “Partiamo con il cuore colmo di storie, esperienze, i loro valori, vita, luce, gioia. Ho riscoperto che, se viviamo insieme per gli altri, tutto il resto viene in sovrappiù”. Ma anche i giovani del posto hanno voluto esprimere in parole quanto avevano sperimentato: “Voi siete i migliori amici che Gesù mi ha dato”; “Ci avete riempito di sorrisi, gioia e pace”. Dominga ha scritto una preghiera che ha voluto condividere con noi: “Grazie Gesù perché sei qui e mi hai fatto il regalo di darmi tanti fratelli. Ti ho scoperto in ognuno di loro. Gesù, insegnaci a sognare cose grandi, belle, cose che ci dilatino il cuore”. (altro…)
https://vimeo.com/155416704 (altro…)
Cinquanta anni fa, il 22 febbraio 1966, approdavano a Manila 5 focolarini inviati da Chiara Lubich in risposta alla richiesta dell’allora Arcivescovo di Manila, il cardinale Rufino Santos. Guido Mirti, Giovanna Vernuccio, Silvio Daneo, Ednara Tabosa e Magdalena Brandao, sono i primi protagonisti dell’avventura dei Focolari in Asia. Da Manila si susseguono i viaggi verso il Giappone, la Corea, Hong Kong, Taiwan, India, Pakistan, Tailandia, Cambogia, Vietnam … fino all’Australia. Il Movimento dei Focolari si è così diffuso nel continente asiatico, portando a quanti incontrava lo spirito dell’unità che lo caratterizza, nonostante l’enorme diversità di culture, religioni e lingue. «Nel 2016, in ringraziamento a Dio per questi cinquanta anni di abbondanti grazie, frutto dell’incontro tra il carisma dell’unità e i nostri popoli, è in programma una serie di eventi», scrivono Ding Dalisay e Carlo Maria Gentile, dalle Filippine. «Alla Mariapoli Pace di Tagaytay (Filippine) – nei giorni 20 e 21 febbraio, si riunirà l’intera famiglia di Chiara presente in questa parte di mondo. Il primo giorno sarà caratterizzato da “un ritorno a casa”, in famiglia; mentre nel secondo si svolgerà una festa di ringraziamento con contributi artistici e culturali, rivisitando la storia di questi 50 anni, per spronarci a continuare, con nuovo slancio, ad offrire il nostro contributo all’unità della famiglia umana. Con l’occasione si presenteranno i centri sorti nella cittadella “Mariapoli Pace” a servizio del Movimento in tutta l’Asia: la Scuola delle grandi religioni (SOR), il Centro Mariapoli, le Scuole per i giovani, il Centro per i Sacerdoti, la Casa dei Seminaristi, i Centri dei Religiosi e delle Religiose, e i Centri Sociali Bukas Palad e Pag-asa. Si prevedono delegazioni dalla Corea, Giappone, Cina, Indonesia, Tailandia, Vietnam, Myanmar, India, Pakistan e Australia. Anche dagli USA parteciperanno alcuni tra i primi membri del Movimento nelle Filippine che si sono ormai stabiliti lì arricchendo la comunità in quel Paese. Ospiti d’onore saranno i protagonisti dei primi tempi dei Focolari in Asia, ora residenti in Italia, Guatemala e Malta». «Il 14 marzo, anniversario della dipartita di Chiara Lubich (22 gennaio 1920 – 14 marzo 2008), – continuano Ding e Carlo Maria – , si terrà un Simposio sul tema: “Carisma dell’unità, eredità senza tempo”. Appuntamento rivolto a personalità ecclesiastiche e civili per riflettere insieme sul contributo del carisma di Chiara Lubich nella vita dei singoli, nelle comunità, nella Chiesa e nella società». «Nelle Mariapoli che si svolgeranno nel corso dell’anno nelle Filippine (a Davao, Cebu e Manila) – spiegano –, una giornata sarà dedicata a far conoscere al più grande numero di persone la vitalità che la spiritualità dell’unità ha portato nei suoi 50 anni di presenza nel continente». «L’Asia è anche la casa di grandi religioni: Buddhismo, Induismo, Islam… Così nel 2017, in Thailandia – concludono – il 50° dei Focolari vedrà un evento di carattere interreligioso: un invito a quanti desiderano unirsi in questo cammino verso l’unità della famiglia umana». (altro…)
Leggi anche: In India: un dialogo di cuori e menti Servizio video Collegamento CH: https://vimeo.com/155395452 (altro…)
Accompagnare gli adolescenti nel loro progetto di vita, la figura dell’educatore, educazione al difficile, una comunità che educa: sono tra i temi affrontati da 400 formatori, non per mestiere ma per vocazione, che accompagnano bambini e ragazzi nell’ambito del Movimento dei Focolari, ad ogni latitudine. Vinca e Make vengono da Melbourne. «Sono originaria di Futuna: un passo più in là e cadi fuori dal mondo! – scherza Make – . Quando sono andata a trovare la piccola comunità nell’isola di Kiribati, i bambini erano dapprima incuriositi dalla presenza di una “straniera”, poi sorpresi dal fatto che giocassi con loro. Ho corso per due ore, anche se non ho più l’età per farlo, e anche se non avevamo nessuna lingua in comune, tra di noi si era creato un rapporto speciale».
Ma qual è il modello educativo di riferimento? Si tratta della persona-relazione, capace di amare e di essere riamata, modello che affonda le sue radici nel pensiero di Chiara Lubich. Il suo riflesso in campo educativo è stato sviluppato da un gruppo di ricercatori nell’ambito pedagogico e dal lavoro della Scuola Abbà e dell’Istituto Universitario Sophia, che per l’occasione ha inviato alcuni dei suoi docenti a svolgere interventi, forum e workshop. Davvero ampia la scelta, e per tutte le fasce di età: percorsi di educazione alla mondialità, tipologia dell’animatore e dinamiche di gruppo, gestione dei conflitti, ricerca su fede e ragione, fino a temi più specifici, come stili di vita e impatto ambientale, gender, dipendenze, mass media. Non sono mancate attività pratiche, da emozioni e danza, a teatro, marionette, palloncini, arte e manualità, video-making, uso della fotografia e dell’immagine.
Una possibilità concreta di “mettere in moto cuore, testa, mani”, sperimentarlo per poi viverlo insieme ai bambini e ai ragazzi. È una delle modalità che sta particolarmente a cuore a papa Francesco, (vedi il recente convegno mondiale sull’Educazione, Roma novembre 2015), e che mons. Vincenzo Zani, Segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica, ha rivolto come invito a tutti i formatori presenti a Castel Gandolfo dal 5 al 10 febbraio scorsi, presentando la visione di Francesco sull’educazione.
Maestro di rischio, audace esploratore, attento regista, tessitore umile di relazioni: si chiede questo all’educatore oggi, non da solo, ma nella rete della comunità dentro la quale opera. Sperimenta il fallimento, ma non si arrende, per aiutare a sua volta a non arrendersi. Soprattutto cerca di essere una persona autentica, un testimone credibile. Spesso si trova a che fare con bambini nei guai, come recita il titolo di un volume che è stato presentato in questi giorni. Sono i bambini che soffrono per le fragilità della propria famiglia, che subiscono violenza… ma qualcuno ha immesso nelle loro storie germi di speranza. È sempre possibile ricominciare, aiutandoli ad attivare quella che in gergo tecnico si definisce resilienza: tirar fuori le proprie risorse migliori per far fronte a situazioni difficili, adattarsi e superarle.
«C’è necessità di acquisire competenze – spiega Arturo Clariá, psicologo clinico argentino – anche nell’ordine sociologico, psicologico, offrendo strategie per lavorare insieme, essere più responsabili nell’accompagnamento, sempre con uno sguardo puntato in alto, al trascendente. A confronto con educatori di tutto il mondo sono emerse problematiche attuali e comuni alle varie culture, nel mondo globalizzato, fino alla mancanza di autostima, al vuoto esistenziale e alla difficoltà nel costruire il proprio progetto di vita. E alle volte non si sa cosa fare. Come far fronte a questa società liquida? L’educatore, non è quello che detiene il sapere, ma il direttore di un’orchestra nella quale ciascuno può suonare il suo strumento, e lui deve trovare l’armonia di ciascuno». Un’educazione, quindi, che esca dai luoghi chiusi, e si trasferisca sul piano emozionale, sociale, dei valori: «Questo – conclude – è lavorare per costruire una cultura di pace, di fraternità». Maria Chiara De Lorenzo Facebook: In Cammino Educarsi per Educare Foto galleria su Google: https://goo.gl/photos/BjmCh1FPnXaxyBQh8 (altro…)
Migliaia di studenti universitari hanno denunciato l’imperante sistema di corruzione nella maggiore università statale del Paese, l’Università Nazionale di Asunción (UNA). Una lunga primavera australe che si è conclusa con le dimissioni a catena delle autorità accademiche e negoziando la riforma di uno statuto concepito nel tempo della dittatura. I giovani universitari hanno sorpreso tutti con la loro serietà ed organizzazione. Durante il mese circa in cui il campus è stato occupato, hanno creato un vero e proprio “Stato alternativo”. Turni di guardia alle porte, controlli a borse e bagagliai affinché non fossero introdotti alcolici, efficienti commissioni per l’alimentazione e servizi essenziali, l’organizzazione di un calendario di lezioni suppletive, con l’aiuto di professori e studenti degli ultimi anni; e ora, con un calendario di esami per non far perdere il semestre a nessuno. Hanno dimostrato, inoltre, l’intelligenza di non farsi strumentalizzare da nessuno. Indicato da molti come figura ispiratrice, Papa Francesco, che aveva incontrato migliaia di giovani nella sua visita al Paraguay. Il suo appello a “fare confusione e poi a organizzarla”, è stato accolto in pieno. Tra gli animatori della rivolta pacifica #UNAnotecalles (“UNA non tacere”), i giovani dei Focolari. La parola ad Alejandra e Cecilia, studentesse di Medicina e Ingegneria, rispettivamente: «Tutto è cominciato con un sit-in di fronte al Rettorato, per dimostrare la nostra indignazione riguardo alle più recenti denunce di corruzione. Ogni giorno si svolgeva una manifestazione pacifica con microfono aperto a studenti, professori e funzionari. Poi si è aggiunta una veglia permanente attorno all’edificio, con sciopero studentesco e l’esigenza delle dimissioni del rettore e dei suoi collaboratori. Il sostegno della cittadinanza, anche attraverso l’invio di alimenti ed altro, ci ha dato la forza per non cedere nella lotta, facendoci capire che era una battaglia di tutti. Dopo 40 giorni abbiamo ottenuto le dimissioni del rettore, di altri 5 funzionari e l’imputazione di altri 38 e poi, le dimissioni di tutti i decani delle facoltà. Per noi è stato fondamentale vivere questa tappa insieme ai gen che studiano alla UNA, e anche con gli altri, che ci facevano sentire il sostegno in vari modi. Certi della promessa di Gesù che se ci uniamo nel Suo nome Lui è con noi, abbiamo cercato che così fosse. Egli ci è stato di luce per difendere i valori evangelici di amore, verità e giustizia, e per superare i momenti difficili che non sono mancati. A volte non era facile contenere la folla che pareva lasciarsi portare dalle emozioni. In quei momenti, quando non era chiaro ciò che fosse più giusto fare, ci cercavamo per capire insieme come comportarci e che scelta promuovere.
Leticia (a sinistra)