Movimento dei Focolari

Il dialogo interreligioso, una esigenza improrogabile

“La Giornata di Assisi è molto molto importante, molto molto urgente. Se prima il dialogo interreligioso si poteva fare, era segno dei tempi, adesso è un’esigenza improrogabile, proprio per le circostanze. Perché c’ è la minaccia anche di uno scontro di culture, di religioni. Non solo. Come ha detto il Papa ed ho pensato anch’io quando sono cadute le torri, qui non si tratta soltanto di un fattore umano come l’ odio, ma qui c’ è di mezzo „la forza delle tenebre“, ci sono forze del male, per cui non basta l’elemento politico, civile, umano, per contrapporsi. Anche quello sarà stato necessario, ma è necessario che si arruolino anche le religioni, che le religioni si mobilitino, perché contro il Male – con la M grande – ci vuole Dio, ci vuole l’aiuto di Dio, l’aiuto soprannaturale. E’ essenzialissimo l’aspetto religioso oggi nel mondo”. (altro…)

Il nascente Polo imprenditoriale di Loppiano laboratorio per un nuovo agire economico

Il nascente Polo imprenditoriale di Loppiano laboratorio per un nuovo agire economico

 

 

La Giunta della Regione Toscana si è impegnata ad inserire nei programmi di sviluppo della Regione il progetto del Polo Imprenditoriale di Loppiano (Incisa Valdarno, FI), riconosciuto come laboratorio di una nuova economia, “modello da proporre e moltiplicare anche al fine di rafforzare e organizzare l’attuazione di una nuova politica di cooperazione allo sviluppo”.

Loppiano incontra gli Imprenditori – Questo progetto verrà presentato nella cittadella internazionale di Loppiano, il 9-10 febbraio 2002, in un incontro a livello nazionale con imprenditori, dipendenti, operatori economici, ricercatori e studenti interessati al progetto di Economia di comunione.

Verranno presentati:
– La cittadella di Loppiano e la sua vita
– Gli ultimi sviluppi del progetto dell’Economia di Comunione a 10 anni dal suo lancio
– Il nascente Polo produttivo “Lionello”

 

 

 

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Udienza del Santo Padre ai Vescovi amici del Movimento dei Focolari

Santo Padre, è un’immensa gioia per noi e un dono speciale del Suo amore di padre che La possiamo incontrare, a 25 anni da quando, nel febbraio del 1977, si tenne il primo Convegno di Vescovi amici del Movimento dei Focolari. In quell’anno i Vescovi, riuniti da Mons. Klaus Hemmerle, allora Vescovo di Aquisgrana, erano 12. Oggi sono varie centinaia a ritrovarsi nelle diverse parti del mondo per approfondire la spiritualità di comunione che è fiorita nel Movimento dei Focolari. E Lei, Santità, come fece anche il venerato Papa Paolo VI, ha sempre incoraggiato questo cammino, lo ha orientato con le Sue parole ed ha provveduto perché i Vescovi amici del Movimento dei Focolari fossero innestati nell’Opera di Maria, come una delle sue diramazioni. Per tutto ciò, Santo Padre, La ringraziamo dal più profondo del cuore! Alla luce dell’indimenticabile Messaggio che Lei ci ha rivolto l’anno scorso, nel Convegno attuale abbiamo fissato il nostro sguardo interiore sull’abbandono di Gesù in croce, “mistero di dolore e di amore, da cui nasce e si rinnova costantemente la Chiesa-comunione come icona vivente della Santissima Trinità” (cf. Messaggio 14.2.2001). Attingendo ai ricchi tesori contenuti nella spiritualità dell’unità, ci siamo immersi in questo mistero come via sicura all’unione con Dio e come sorgente di comunione che spalanca i nostri cuori all’intera umanità. Assieme a Chiara Lubich, in apertura del nostro Convegno, abbiamo chiamato alla nostra mente le luminose indicazioni che Lei, Santità, sin dal 1983 ha dato per la grande impresa della “nuova evangelizzazione”; indicazioni che abbiamo trovato ricchissime e che vorremmo attuare nelle nostre Chiese locali con ardore e decisione, consci che non si tratta qui di un’attività soltanto umana, ma di un’opera da svolgere nello Spirito Santo, forti della presenza di Cristo fra noi (cf. Mt 18, 20; 28, 20). Vorremmo portarLe tutta la gioia di questi giorni suscitata dall’unione fraterna e dalle testimonianze di vita, fra cui quella sull’Operazione “Roma-Amor” portata avanti dai Focolari per rinvigorire la presenza cristiana nella città eterna. Esse ci hanno convinti che dalla spiritualità di comunione vissuta può nascere e dilagare nel mondo una vera e propria cultura dell’unità, capace di irrorare dello Spirito di Cristo i vari ambiti della convivenza umana. E’ con questi sentimenti, Santo Padre, che siamo qui ad esprimerLe il nostro affetto e la nostra gratitudine per l’odierno incontro, e che ora ascoltiamo con cuore aperto la Sua preziosa parola.” (altro…)

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Convenuti a Roma i Delegati dei Focolari di tutto il mondo

Con l’evento straordinario della beatificazione di Chiara Luce Badano, prima giovane dei Focolari ad arrivare agli altari, avvenuta sabato 25 settembre, si è aperto il raduno annuale dei delegati dei Focolari di tutto il mondo. Difficile immaginare un inizio migliore per i consueti primi tre giorni di ritiro spirituale dei delegati provenienti da 78 Paesi in rappresentanza delle 182 nazioni in cui è presente il Movimento. In tutto 345 partecipanti. La presidente, Maria Voce ha esordito dicendo: “Vorremmo ritirarci con Gesù, insieme, per fare un passo nuovo verso la santità”. Il suo intervento iniziale è stata una riflessione sulla Volontà di Dio, secondo punto della “spiritualità dell’unità”, scelto per essere approfondito e messo in pratica in tutto il Movimento durante quest’anno. E due indicazioni da attuare in quest’anno: la tensione alla santità, sottolineata lo scorso 23 aprile da Benedetto XVI in un augurio ai membri del Movimento, quando Maria Voce è stata ricevuta dal Santo Padre; e l’Unità, per “contribuire alla realizzazione della preghiera di Gesù al Padre: ‘Che tutti siano uno’ (cf. Gv 17,21)”, puntando alla fratellanza universale. Fra i vari interventi , intercalati con tanti momenti di comunione gioiosa in sala e nei gruppi di approfondimento, quello del filosofo e teologo spagnolo, prof. Jesús Morán: “Il sì dell’uomo a Dio: alle radici dell’esistenza”, dal quale s’intravvedeva “che la struttura dell’uomo è fatta per dire sì a Dio, un sì che lo rende pienamente persona”,come diceva uno dei presenti. Lo stesso argomento è stato affrontato dalla sociologa brasiliana Vera Araujo, nelle sue ripercussioni nel sociale. La sociologa ha individuato “i luoghi dove si manifesta la Volontà di Dio: nella vita quotidiana, professionale, nei segni dei tempi”, fra altri. E ha evidenziato l’importanza di vivificare con l’amore evangelico tutte le istituzioni, “perché tramite esse è possibile allargare la rete di relazioni davvero umane”. I lavori proseguiranno fino al 17 ottobre con un programma ricco e variegato, con approfondimenti sul tema della formazione, e con aggiornamenti sulla vita del Movimento nel mondo. Uno sguardo particolare al continente asiatico verrà offerto dai suoi rappresentanti, in continuità con quanto vissuto all’inizio dell’anno 2010, in occasione del viaggio di Maria Voce e Giancarlo Faletti in Corea, Giappone, Filippine, Thailandia, Pakistan. (http://www.focolareasiatour.it/) Foto a cura di Thomas Klann (altro…)

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Una storia vissuta e attualissima

« (…) Giovani e famiglie. Dobbiamo prendere sul serio questo accostamento, questo trovarsi insieme, che non può essere solamente occasionale, o funzionale. Ha un senso, un valore umano, cristiano, ecclesiale. E voglio partire non da un ragionamento, ma da una testimonianza, una storia vissuta e attualissima. Penso che tutti voi sappiate che sabato 25 settembre scorso, a Roma, è stata proclamata beata una ragazza italiana di nome Chiara, Chiara Badano.

Vi invito a conoscerla: la sua vita è stata breve, ma è un messaggio stupendo. Chiara è nata nel 1971 ed è morta nel 1990, a causa di una malattia inguaribile. Diciannove anni pieni di vita, di amore, di fede. Due anni, gli ultimi, pieni anche di dolore, ma sempre nell’amore e nella luce, una luce che irradiava intorno a sé e che veniva da dentro: dal suo cuore pieno di Dio! Com’è possibile questo? Come può una ragazza di 17, 18 anni vivere una sofferenza così, umanamente senza speranza, diffondendo amore, serenità, pace, fede? Evidentemente si tratta di una grazia di Dio, ma questa grazia è stata anche preparata e accompagnata dalla collaborazione umana: la collaborazione di Chiara stessa, certamente, ma anche dei suoi genitori e dei suoi amici.

Prima di tutto i genitori, la famiglia. Oggi voglio sottolinearlo in modo particolare. I genitori della beata Chiara Badano sono vivi, erano a Roma per la beatificazione – io stesso li ho incontrati personalmente – e sono testimoni del fatto fondamentale, che spiega tutto: la loro figlia era ricolma della luce di Dio! E questa luce, che viene dalla fede e dall’amore, l’hanno accesa loro per primi: il papà e la mamma hanno acceso nell’anima della figlia la fiammella della fede, e hanno aiutato Chiara a tenerla accesa sempre, anche nei momenti difficili della crescita e soprattutto nella grande e lunga prova della sofferenza, come fu anche per la Venerabile Maria Carmelina Leone, morta a 17 anni. Questo, cari amici, è il primo messaggio che vorrei lasciarvi: il rapporto tra i genitori e i figli – lo sapete – è fondamentale; ma non solo per una giusta tradizione – so che questa è molto sentita dai siciliani. E’ qualcosa di più, che Gesù stesso ci ha insegnato: è la fiaccola della fede che si trasmette di generazione in generazione; quella fiamma che è presente anche nel rito del Battesimo, quando il sacerdote dice: “Ricevete la luce di Cristo … segno pasquale … fiamma che sempre dovete alimentare”.

La famiglia è fondamentale perché lì germoglia nell’anima umana la prima percezione del senso della vita. Germoglia nella relazione con la madre e con il padre, i quali non sono padroni della vita dei figli, ma sono i primi collaboratori di Dio per la trasmissione della vita e della fede. Questo è avvenuto in modo esemplare e straordinario nella famiglia della beata Chiara Badano; ma questo avviene in tante famiglie. (…)

L’immagine dell’albero è molto significativa per rappresentare l’uomo. La Bibbia la usa, ad esempio, nei Salmi. Il Salmo 1 dice: Beato l’uomo che medita la legge del Signore, “è come albero piantato lungo corsi d’acqua, / che dà frutto a suo tempo” (v. 3). Questi “corsi d’acqua” possono essere il “fiume” della tradizione, il “fiume” della fede da cui si attinge la linfa vitale. Cari giovani di Sicilia, siate alberi che affondano le loro radici nel “fiume” del bene! Non abbiate paura di contrastare il male! Insieme, sarete come una foresta che cresce, forse silenziosa, ma capace di dare frutto, di portare vita e di rinnovare in modo profondo la vostra terra! Non cedete alle suggestioni della mafia, che è una strada di morte, incompatibile con il Vangelo, come tante volte i nostri Vescovi hanno detto e dicono!
L’apostolo Paolo riprende questa immagine nella Lettera ai Colossesi, dove esorta i cristiani ad essere “radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede” (cfr Col 2,7). Voi giovani sapete che queste parole sono il tema del mio Messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù dell’anno prossimo a Madrid. (…)

Ed eccoci all’altro passaggio importante, che posso solo accennare: la famiglia, per essere “piccola Chiesa”, deve vivere ben inserita nella “grande Chiesa”, cioè nella famiglia di Dio che Cristo è venuto a formare. Anche di questo ci dà testimonianza la beata Chiara Badano, come tutti i giovani santi e beati: insieme con la famiglia di origine, è fondamentale la grande famiglia della Chiesa, incontrata e sperimentata nella comunità parrocchiale, nella diocesi; per la beata Pina Suriano è stata l’Azione Cattolica – ampiamente presente in questa terra -, per la beata Chiara Badano il Movimento dei Focolari; infatti, anche i movimenti e le associazioni ecclesiali non servono se stessi, ma Cristo e la Chiesa». (…)

Leggi tuttoBenedetto XVI – Incontro con i giovani – Palermo 3 ottobre 2010  (Fonte: www.vatican.va)

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Fraternité avec l'Afrique

L'accès à l'instruction est aujourd’hui un des grands défis qui se posent à l'Afrique sub-saharienne. Les “volontaires” du mouvement des Focolari soutiennent, en collaboration avec l'association Action pour un monde uni (AMU), un projet qui, non seulement, permet d’offrir des bourses d’études, mais a pour objectif de créer des liens de fraternité.

En dépit des stéréotypes, Afrique et recherche scientifique poussée ne sont pas incompatibles. Les résultats du projet “Fraternité avec l'Afrique” sont là pour le prouver. En 2006, à l’occasion des manifestations organisées pour le 50ème anniversaire de leur naissance au sein des Focolari, les “volontaires de Dieu” avaient lancé ce nouveau projet en collaboration avec l’AMU, une ONG qui s’inspire elle aussi de la spiritualité du mouvement des Focolari.

En accordant des bourses d’études à des étudiants ne disposant pas de moyens suffisants, “Fraternité avec l'Afrique” vise à faire en sorte que les Africains puissent utiliser au mieux leurs capacités intellectuelles et leurs qualités de scientifiques et exprimer leur potentiel sans être obligés d’émigrer.

Par des actions de sensibilisation et des collectes de fonds dans le monde entier, le projet encourage ceux qui bénéficient de bourses d’études à rendre des services concrets à leur peuple. Ainsi se créent des liens de fraternité qui préservent la communauté sur place. En effet, ces jeunes s’engagent à travailler dans leur pays pendant au moins cinq ans après avoir terminé leurs études.

Au total, 107 bourses d’études ont été accordées à ce jour à des jeunes des pays d'Afrique sub-saharienne, la majeure partie d’entre eux ayant choisi d’étudier des disciplines scientifiques comme l’économie ou la médecine. “J’ai retrouvé confiance en moi et dans l’avenir”, raconte un jeune étudiant de Nairobi. “Je remercie Dieu du soutien que d’autres jeunes et moi-même avons reçu de “Fraternité avec l'Afrique”, car cela nous aide à comprendre que nous aussi, nous devrons prendre soin des autres quand nous aurons terminé nos études.”

 

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E’ possibile accorciare le distanze?

Poco dopo entro proprio in quella classe ed il panorama coincide perfettamente con quanto mi hanno detto. Pochi alunni, sparsi nell’aula, contro la parete di fondo. Alcuni stesi su due sedie, altri allungati sui banchi o appoggiati sulle braccia, come se dormissero. Saluto in un silenzio opprimente, nessuno risponde.  Provo una grande solitudine, il vuoto dei tavolini che mi separa da loro è simile al vuoto che sento dentro di me. Mi vengono in mente i miei tanti anni di studio, le abilitazioni e gli sforzi. Noto con tristezza che non potranno aiutarmi in questo momento. Non mi lascio scoraggiare: non sarà la mia preparazione professionale a dare loro qualcosa, ma l’amore che potrò offrire. Li invito a sedersi più avanti, dato che siamo pochi, ma nessuno ha intenzione di abbandonare la sua posizione. Vado allora alla cattedra e comincio a spingerla verso i banchi dei ragazzi. Il rumore  risveglia la curiosità di alcuni. Una ragazza mi chiede cosa intendo fare, le rispondo che siccome loro non si avvicinano, io vado verso di loro. Poi comincio a parlare della fatica di lavorare il venerdì pomeriggio. Anche io, come loro, sono stanca, ma, poiché abbiamo fatto lo sforzo di arrivare fino a scuola, conviene approfittarne e continuare il lavoro della lezione precedente. Lentamente si mettono in moto. Ad un certo punto mi accorgo che tutti sono impegnati nel lavoro di biologia, anche quelli che non lo fanno mai. Alla fine dell’ora mi complimento con loro per lo sforzo fatto ed aggiungo che ne sono stata molto contenta. Arriva il giorno della riunione dei professori. Ogni collega presenta il suo punto di vista. Non so cosa dire, perché mi accorgo che il mio intervento non coincide con quello degli altri. Ma dai commenti emerge che ai ragazzi piacciono le ore di biologia, perché la professoressa – dicono –mette la sua cattedra accanto ai banchi. Avendola vicina si sentono accompagnati e lavorano più sicuri e fiduciosi. Alcuni colleghi commentano sottovoce che forse sarebbe una buona idea adottare anche loro questo metodo. Da allora, al mio arrivo in classe, spingo sempre la cattedra con l’aiuto di qualcuno. Adesso però non ho quasi più bisogno di farlo: i banchi davanti iniziano ad essere occupati. (Bahia Blanca – Argentina)

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Les parents de Chiara Badano reçus par Benoît XVI

Les parents de Chiara Badano sont allés voir le Pape afin de le remercier d’avoir béatifié leur fille, lors de la cérémonie qui a eu lieu samedi à Rome. Mais c’est le Pape qui, à l’issue de l'audience, les a remerciés d’avoir rendu possible le témoignage de Chiara. "Nous contemplons et nous touchons du doigt les merveilles de l'amour de Dieu, surpris qu’il ait choisi deux pauvres personnes comme nous pour participer à l’expérience chrétienne contagieuse de notre unique fille", déclarent Maria Teresa et Ruggero Badano.
Le 16 octobre, ils fêteront leurs cinquante ans de mariage. "Chiara, nous l'avons attendue longtemps, lorsque nous n’arrivions pas à avoir d’enfants, se souviennent-ils. Nous avons souffert avec elle à cause de sa maladie et de sa mort mais, à présent qu’elle est béatifiée, nous sommes plus que jamais avec elle dans la joie".
La famille Badano a remis au Pape un mot signé de Chiara, où elle s’en remet à la Vierge et lui demande "la force nécessaire afin ne jamais lâcher".
L’évêque et l’évêque émérite d’Acqui, qui sont à l’origine de l’instruction de son procès en béatification, Maria Voce, présidente du mouvement des Focolari, ainsi que six cents jeunes venus de 42 pays pour la béatification, étaient également présents à l'audience.

Source: L’Osservatore Romano, 30 septembre 2010
 

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Os pais de Chiara Badano encontram Bento XVI

Os pais de Chiara Badano foram até o Papa para agradecer pela beatificação de sua filha, ocorrida no último sábado, em Roma. Mas foi o Papa que, na conclusão da audiência, agradeceu a eles por ter tornado possível o testemunho de Chiara.

“Estamos contemplando e sentindo de perto as maravilhas do amor de Deus, – afirmaram Maria Teresa e Ruggero Badano – surpresos que tenha escolhido duas pobres pessoas como nós para participar da contagiosa experiência cristã de nossa única filha”. No dia 16 de outubro festejarão 50 anos de matrimônio.

“Aguardamos longamente por Chiara – recordam – quando não conseguíamos ter filhos; sofremos juntos pela sua doença e morte, mas agora estamos com ela mais do que nunca, na alegria pela sua beatificação”.
A família doou ao Papa um escrito original de Chiara, no qual ela se confia a Nossa Senhora para ter “a força necessária para nunca desistir”.
Estiveram presentes na audiência o atual bispo e o bispo emérito de Acqui, os postuladores e Maria Voce, presidente do Movimento dos Focolares, com 600 jovens vindos de 42 países para a beatificação.

Fonte: Osservatore Romano, 30 de setembro de 2010
 

ottobre 2010

 

Questa Parola la si trova già nell'Antico Testamento (2). Per rispondere ad una domanda, Gesù si inserisce nella grande tradizione profetica e rabbinica che era alla ricerca del principio unificatore della Torah, e cioè dell'insegnamento di Dio contenuto nella Bibbia. Rabbi Hillel, un suo contemporaneo, aveva detto: "Non fare al prossimo tuo ciò che è odioso a te, questa è tutta la legge. Il resto è solo spiegazione" (3).
Per i maestri dell'ebraismo l'amore del prossimo deriva dall'amore a Dio che ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza, per cui non si può amare Dio senza amare la sua creatura: questo è il vero motivo dell'amore del prossimo, ed è "un grande e generale principio nella legge" (4).
Gesù ribadisce questo principio e aggiunge che il comando di amare il prossimo è simile al primo e più grande comandamento, quello cioè di amare Dio con tutto il cuore, la mente e l'anima. Affermando una relazione di somiglianza fra i due comandamenti Gesù li salda definitivamente e così farà tutta la tradizione cristiana; come dirà lapidariamente l'apostolo Giovanni: "Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede" (5).

"Amerai il prossimo tuo come te stesso"

Prossimo – lo dice chiaramente tutto il Vangelo – è ogni essere umano, uomo o donna, amico o nemico, al quale si deve rispetto, considerazione, stima. L'amore del prossimo è universale e personale al tempo stesso. Abbraccia tutta l'umanità e si concreta in colui-che-ti-sta-vicino.
Ma chi può darci un cuore così grande, chi può suscitare in noi una tale benevolenza da farci sentire vicini – prossimi – anche coloro che sono più estranei a noi, da farci superare l'amore di sé, per vedere questo sé negli altri?  E' un dono di Dio, anzi è lo stesso amore di Dio che "è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato" (6).
Non è quindi un amore comune, non una semplice amicizia, non la sola filantropia, ma quell'amore che è versato sin dal battesimo nei nostri cuori: quell'amore che è la vita di Dio stesso, della Trinità beata, al quale noi possiamo partecipare.
Dunque l'amore è tutto, ma per poterlo vivere bene occorre conoscere le sue qualità che emergono dal Vangelo e dalla Scrittura in genere e che ci sembra poter riassumere in alcuni aspetti fondamentali.
Per prima cosa Gesù, che è morto per tutti, amando tutti, ci insegna che il vero amore va indirizzato a tutti. Non come l'amore che viviamo noi tante volte, semplicemente umano, che ha un raggio ristretto: la famiglia, gli amici, i vicini… L'amore vero che Gesù vuole non ammette discriminazioni: non distingue tanto la persona simpatica dall'antipatica, non c'è per esso il bello, il brutto, il grande o il piccolo; per questo amore non c'è quello della mia patria o lo straniero, quello della mia Chiesa o di un'altra, della mia religione o di un'altra. Tutti ama quest'amore. E così dobbiamo fare noi: amare tutti.
L'amore vero, ancora, ama per primo, non aspetta di essere amato, come in genere è dell'amore umano: si ama chi ci ama. No, l'amore vero prende l'iniziativa, come ha fatto il Padre quando, essendo noi ancora peccatori, quindi non amanti, ha mandato il Figlio per salvarci.
Quindi: amare tutti e amare per primi.
E ancora: l'amore vero vede Gesù in ogni prossimo: "L'hai fatto a me" ci dirà Gesù al giudizio finale (7). E ciò vale per il bene che facciamo e anche per il male purtroppo.
L'amore vero ama l'amico e anche il nemico: gli fa del bene, prega per lui.
Gesù vuole anche che l'amore, che egli ha portato sulla terra, diventi reciproco: che l'uno ami l'altro e viceversa, sì da arrivare all'unità.
Tutte queste qualità dell'amore ci fanno capire e vivere meglio la parola di vita di questo mese.

"Amerai il prossimo tuo come te stesso".

Sì, l'amore vero ama l'altro come se stesso. E ciò va preso alla lettera: occorre proprio vedere nell'altro un altro sé e fare all'altro quello che si farebbe a sé stessi. L'amore vero è quello che sa soffrire con chi soffre, godere con chi gode, portare i pesi altrui, che sa, come dice Paolo, farsi uno con la persona amata. E' un amore, quindi, non solo di sentimento, o di belle parole, ma di fatti concreti.
Chi ha un altro credo religioso cerca pure di fare così per la cosiddetta "regola d'oro" che ritroviamo in tutte le religioni. Essa vuole che si faccia agli altri ciò che vorremmo fosse fatto a noi. Gandhi la spiega in modo molto semplice ed efficace: "Non posso farti del male senza ferirmi io stesso" (8).
Questo mese, dunque, deve essere un'occasione per rimettere a fuoco l'amore del prossimo, che ha così tanti volti: dal vicino di casa, alla compagna di scuola, dall'amico alla parente più stretta. Ma ha anche i volti di quell'umanità angosciata che la TV porta nelle nostre case dai luoghi di guerra e di catastrofi naturali. Una volta erano sconosciuti e lontani mille miglia. Ora sono divenuti anch'essi nostri prossimi.
L'amore ci suggerirà volta per volta cosa fare, e dilaterà a poco a poco il nostro cuore sulla misura di quello di Gesù.

 

Chiara Lubich

 

 1. Parola di vita, ottobre 1999, pubblicata in Città Nuova, 1999/18, p.7.

 2. Lv 19,18.

 3. Talmud Babilonese Shabbat, 31a.

 4. Rabbi Akiba, cit. in Sifra, commentario rabbinico a Lv 19,18.

 5. 1 Gv 4,20.

 6. Rm 5,5.

 7. Cf Mt 25,40.

 8. Cf WILHELM MUHS, Parole del cuore, Milano 1996, p.82.

 

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Maria Voce sull’Osservatore Romano

« (…) Quando, non nascondo con emozione, sabato sera, 25 settembre, ho preso la parola  davanti a quella platea di giovani e giovanissimi che affollava non solo l’Aula Paolo VI, ma anche Piazza San Pietro, m’è parso che ciò che sentivo di dire loro esprimeva il sentire comune. Si avvertiva che Chiara Luce davvero – come aveva detto l’Arcivescovo Angelo Amato al momento della beatificazione al santuario del Divino Amore – «univa armonicamente» questa terra con il Cielo. Abbiamo visto che tutto può cambiare: i nostri rapporti, il nostro modo di vivere la gioia e il dolore, anche quando appare improvviso e tragico. Ho sentito vibrare l’aspirazione più profonda propria dei giovani a vivere per qualcosa di grande, di alto. Che non possono e non vogliono accontentarsi e arrendersi alla banalità. (…) » Leggi tutto (documento pdf ) altri articoli sulla stampa

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Un’economia per un nuovo modello sociale

La scelta del luogo è proprio indovinata: nei pressi di Montevideo, capitale dell’Uruguay, si trova il Centro Mariapoli “El Pelícano”, un posto incantevole per trascorrere un fine settimana di lavoro in un ambiente rilassato. L’evento, dall’11 al 12 settembre, ha radunato oltre 150 partecipanti del Paraguay, Argentina e del Paese ospitante. Imprenditori, studenti, lavoratori, economisti interessati ad approfondire le linee portanti del progetto dell’EdC. Dopo l’illustrazione dell’Economia di Comunione, della sua storia quasi ventennale, toccando gli aspetti imprenditoriali, sociali, accademici, i Poli con le aziende e le sfide attuali,  è seguita una carrellata di esperienze dei protagonisti con la presentazione di alcune aziende che aderiscono all’EdC. María Elena González del Paraguay, alla guida di “Todo Brillo” (Tutto pulito), esordisce: “Non vi parlerò della nostra azienda, ma di quella di un Altro”, in allusione a quel già noto “Socio nascosto” che accompagna gli imprenditori dell’Economia di Comunione, e cioè l’aiuto di Dio. Con semplicità disarmante racconta delle umili origini della sua azienda di pulizie,  della loro fedeltà – anche nei tempi più duri della crisi -, ai valori a cui si rifà l’EdC, di come sono venuti fuori con lo sforzo di tutti. La sua azienda, oggi, fornisce lavoro a 420 impiegati che, per il Paraguay, non è poco. Commoventi le esperienze, alle volte eroiche in un mercato competitivo e talvolta crudele, di due imprese uruguaiane: “Sempre più su”, di produzione di indumenti sportivi, e “Domus Aurea”, impresa edile che raccontano come distribuiscono gli utili in funzione dei bisogni reali dei lavoratori, e di come cercano di vivere la “cultura del dare” pur in mezzo alle ristrettezze. Arriva il turno di 4 aziende argentine: “La Sagrada” (La Sacra), azienda agricola di Buenos Aires che si dedica alla produzione e commercializzazione di prodotti lattei di qualità; dalla città di Mendoza, ai piedi delle Andi, una cooperativa metallurgica e l’azienda di Elettrodomestici Breccia; e, infine, la Dimaco, azienda di cui parlano i 10 impiegati presenti al convegno. In teleconferenza, da Indianapolis (USA), John Mundell, presidente e fondatore di Mundell & Associati, presenta la sua azienda specializzata nella consulenza ambientale. Racconta come cercano di mettere in pratica i punti forti dell’EdC, come fanno la valutazione del impegno degli impiegati in base a questi propositi, del loro rapporto positivo con la concorrenza, la correzione reciproca, vissuta anche con gli impiegati, l’importanza di condividere le esperienze lavorative all’interno dell’azienda come un mezzo per trasmettere i valori dell’EdC e altro. Con grande convinzione, l’imprenditore statunitense afferma: “Le aziende dell’EdC hanno successo, vanno avanti, per i valori che mettono in pratica, e no nonostante quei valori” che richiedono sacrificio,  muoversi nella legalità, andare contro corrente prendendo alle volte decisioni anti economiche, pur di restare fedeli ai valori cristiani. A conclusione del Seminario, uno sguardo alle “nuove sfide che si presentano alle aziende di Economia di Comunione, per incoraggiarci a proseguire la strada intrapresa, per non perdere l’appuntamento con la storia”, come dicono. (altro…)

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Dalla Sardegna, un invito all’unità e al perdono

Il Vescovo Mons. Meloni con Silvana Veronesi e membri della comunità locale.

Martedì 21 settembre,  nel contesto del Congresso Eucaristico diocesano di Nuoro, si è realizzata la giornata dedicata ai movimenti e gruppi ecclesiali preparata dalla consulta diocesana. Presenti più di 500 persone, appartenenti a 40 aggregazioni laicali, nella Cattedrale dedicata a Nostra Signora della Neve. Alla preghiera ed introduzione fatta dal Vescovo Mons. Meloni, è seguito  l’intervento di Silvana Veronesi, che ha così esordito:  “Su invito espressomi dal vostro amato Vescovo di parlare su: “l’Eucarestia fonte di unità nella missione”, offro – per quanto può essere utile – una mia testimonianza, su come il carisma dell’unità  si è manifestato a noi prime focolarine e su come possiamo viverlo nella  nostra  realtà ecclesiale oggi”. “Amare e amarci, perché l’Eucaristia che riceviamo abbia il suo pieno effetto, e attiri la grazia dell’unità con la presenza di Gesù Risorto fra noi”, il nucleo centrale del suo messaggio. Questa testimonianza e forte invito a vivere l’unità, accolto calorosamente dai presenti è stato sottolineato in modo particolare dai responsabili dei movimenti  nei successivi interventi, confermando l’impegno di un cammino comunitario. Al suo arrivo,  Silvana Veronesi aveva incontrato prima di tutto  la comunità dei focolari presente sul posto. E’ stata accolta, domenica 19 settembre con tanta gioia, calore e commozione.  Per due ore di conoscenza e comunione, Silvana ha fatto dono del suo rapporto personale con Chiara Lubich ed ha risposto alle loro domande. “Un pomeriggio di luce e di gioia – come hanno scritto in seguito nel loro messaggio – la tua venuta  ci ha lasciato  nell’anima una sola cosa:  Dio ci ama immensamente. E con la sua grazia vogliamo rispondere con rinnovata generosità”. E’ stata presentata anche l’originale iniziativa “L’ora della pace”, a proposito del perdono. Presa coscienza della difficoltà per la gente di concedere il perdono, nasce un’idea. Così raccontano: “Dieci anni fa quando è stato ucciso un sacerdote, abbiamo capito che non bastava più piangere, condannare, pregare, dovevamo fare qualche cosa in più. E’ nata così l’Ora della pace. Tutta la comunità alle ore 20.00 prega per chiedere al Signore la pace per la nostra terra… s’impegna secondo l’insegnamento di San Paolo: “Non tramonti il sole sulla vostra ira”. Se per qualche motivo spezziamo l’unità con qualcuno facciamo pace in giornata, prima delle ore 20, prima cioè dell’Ora della pace. Con il permesso del vescovo parliamo di questa iniziativa a tutti. Dai sacerdoti ai bambini. Con il programma televisivo A sua Immagine, venuto a Orani per intervistarci, ne abbiamo parlato a tutta l’Italia. S’iniziano a perdonare anche le cose più gravi. Quest’anno grazie ad alcune insegnanti che lavorano ad un progetto di pace nella scuola, l’Ora della pace è arrivata all’ONU”. (altro…)

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“Per voi”

Audio mp3 – Discorso Maria Voce all’Aula Nervi (Vaticano) 25 settembre 2010


Una standing ovation aveva salutato i genitori di Chiara Luce quando sono saliti sul palco dell’Aula Nervi, la sera del 25 settembre, pienissima e con maxi-schermi collegati in Piazza San Pietro.  Sorprendente la testimonianza di papà Ruggero: “Questi sono stati giorni specialissimi,  ma quello che voglio dire adesso è che stando con Chiara abbiamo vissuto momenti eccezionali. Vivevamo in un’atmosfera che non si può spiegare. Questi due anni son stati i più belli della nostra vita, i più benedetti da Dio, perché Gesù ci faceva vivere in una dimensione soprannaturale che ci sollevava da terra.  Come quando si sale sull’aereo, e dal finestrino si vede la terra, le nuvole. Tutti i nostri dolori e quelli di Chiara che erano ancora più grandi, li vedevamo laggiù, non ci toccavano. E’ stato il frutto dell’amore di tante persone che hanno pregato e ci hanno sostenuto.” “Vorrei salutare tutti, ma in particolare i giovani. Questa esperienza vale per tutti, ma la vita lei l’ha offerta per voi, l’ha data per voi!”.  Anche queste parole della mamma della neo-beata Chiara Luce Badano, sono state accolte con un lunghissimo applauso. Nella prima tappa Life (vita) –  130 i giovani attori coordinati da 70 tecnici –  hanno delineato, con musiche, coreografie, esperienze, servizi filmati, la nascita e l’infanzia di Chiara Luce che all’età di 9 anni aveva incontrato la vita del Vangelo, scelto come alfabeto della vita. Nella seconda tappa Love (amore), la crescita e l’adolescenza fino all’incontro con Gesù Crocefisso e Abbandonato, l’amore più grande. Lo sviluppo dello spettacolo è stato arricchito da testimonianze di ragazzi di oggi che hanno evidenziato l’universalità dell’esperienza di questa loro coetanea. Marilisa ha raccontato la dolorosa esperienza della separazione dei suoi genitori e la riconciliazione con il papà dopo 7 anni di silenzi e rancore. Testimonianze arrivate anche da lontano, come quella di una ragazza giordana impegnata nel dialogo con i suoi coetanei musulmani, e quella di un giovane del Pakistan. L’ultima parte della serata Light (luce), la più toccante e profonda,  è stata dedicata alla malattia, all’avventura del farsi santi insieme. «Chiara ha impiegato 25 minuti a dire di sì. Poi si è voltata verso di me col suo sorriso di sempre, raggiante, con uno sguardo proprio pieno di luce.  Non è più tornata indietro”. Così la mamma  ha fatto rivivere il momento in cui Chiara ha avuto l’annuncio della gravità del male. In un filmato del 1989 Chiara Lubich ha proposto con decisione  l’unità come  l’ideale  e Gesù Abbandonato la chiave per costruirlo. Il programma di vita di  Chiara Luce. Risuonano nell’Aula le parole in una lettera alla Lubich: «Ho scoperto che Gesù Abbandonato è la chiave dell’unità con Dio, voglio sceglierlo come mio sposo e prepararmi quando viene. Preferirlo! ». Verso la conclusione è salita sul palco Maria Voce, la presidente del Movimento dei Focolari. Le sue parole interpretavano il comune sentire della folla di giovani: “Adesso partiamo arricchiti e desiderosi di cose nuove, di cose grandi. Abbiamo vissuto momenti forti, fortissimi.  Insieme. Abbiamo scoperto una cosa bellissima: che tutto può cambiare: i nostri rapporti, il nostro modo di affrontare le gioie e i dolori anche quando si presentano d’improvviso, con un volto tragico, che possiamo far nascere una rivoluzione.  Ha un nome: amore. Partiamo con questa forza nuova nel cuore”. (altro…)

Il nascente Polo imprenditoriale di Loppiano laboratorio per un nuovo agire economico

“Cuánta luz en nuestra Chiara”

Como Chiara Luce
Conexión telefónica mundial
Castel Gandolfo, 9 de marzo de 2000

(A cargo de Thomas Klann)

 


Trascripción del vídeo (pdf)

(…) queridos todos:

En nuestro Movimiento – aun en medio de las inevitables pruebas que encuentra en su camino una Obra de Dios – estamos viviendo, en estos últimos tiempos, momentos de una alegría especial por distintas circunstancias.
Una de ellas es, sin duda, el progreso del proceso de beatificación de Chiara Luce Badano, nuestra gen de la región de Liguria, que ya es “Sierva de Dios”. Este proceso, concluida la primera fase en su diócesis, pasa ahora a Roma.

¡Chiara Luce! ¡Cuánta luz en nuestra Chiara! La trasmite sus fotografías, sobre todo del último periodo de su vida.
¡Cuánta luz en sus palabras, en sus cartas, en su vida dedicada a amar concretamente a muchos!
La revista Ciudad Nueva italiana y sus 33 ediciones en el mundo, han empezado a hablar sobre ella. Así podremos conocerla, edificarnos con su vida, contemplarla como modelo de los nuestros y de todos los jóvenes, pero también como testigo, para jóvenes y adultos, de un Ideal vivido con madurez a los 18 años.
No puedo y no quiero anticipar aquí mucho sobre la belleza, grandeza y santidad de su breve vida. Deseo que todos empecemos a conocerla leyendo nuestras revistas o una biografía suya que aparecerá dentro de poco.

Pero algo me gustaría decir.
Una lección, un estímulo deseo extraer de sus convicciones, todas impregnadas de Ideal.
(…) En una de sus últimas cartas, Chiara Luce me revela su decisión – dictada únicamente por el amor y por el Espíritu Santo en su corazón – de querer amar a Jesús abandonado por Él mismo, sin instrumentalizarlo en beneficio propio.
Por lo tanto, amar el dolor por Él, por Jesús abandonado y no porque una alquimia divina, que conocemos, lo transforma en amor.
Y Chiara Luce experimentó muchos dolores, principalmente en la última etapa de su vida terrenal. Pero había comprendido que esos eran perlas preciosas que debían ser recogidas con predilección a lo largo del día.
En el sufrimiento, que le suponía la fortaleza, la paciencia, la perseverancia, la constancia, etc., (todas virtudes necesarias para poder llamarse cristiano en momentos tan difíciles), era allí donde sentía que podía amar.
Era en las “sorpresas” (así llamaba a las repetidas alarmas de su físico) que podía encontrarse con Él, reconocer su rostro, desfigurado y lleno de amor y abrazarlo como una auténtica joven “esposa abrazada estrechamente a un Dios abandonado”.
Por ello, con Él Chiara Luce vivió, con Él ha transformado su pasión en una canción nupcial, visto su deseo de que, cuando su alma santa pasase a la Otra vida, fuera vestida con un traje de novia. Y se ocupó de cada detalle, porque ella, en aquel momento, estaría “feliz con Jesús”. Así afirmaba y quería que dijeran sus padres.
Fue una elección radical de Jesús abandonado la suya. Una elección de lo que hace sufrir y que, si no se ama, puede arrastrar el espíritu en un túnel oscuro.
Sí, una elección de aquello que hace daño.
En estos días, pensando en ella, que se ha presentado en primer plano en el escenario de nuestra vida, recordé una conocida frase de un escrito de 1949, titulado: “Tengo un solo Esposo sobre la tierra”. Dice: “Lo que me hace daño es mío. Mío es el dolor que me acaricia en el presente. Mío el dolor de las almas que están a mi lado…”.

Quizás convenga no llegar a la vigilia de nuestro pasaje a la Otra vida para pronunciarla también nosotros, conscientes de su valor y atraídos por esa dinámica de vida que ella puede suscitar en nosotros.
(…) me invito a mí misma y a todos ustedes a hacer de esa frase una “luz para nuestros pasos” para poder servir de corona a nuestra pequeña santa (como esperamos llamar dentro de poco a Chiara Luce), o “gen realizada”, como probablemente prefieren decir nuestros jóvenes.
Estas palabras: “Lo que me hace daño es mío”, no es más que una nueva versión de lo que ya vivimos: “Eres tú, Señor (=Jesús abandonado), mi único bien”.
Sí, así: “Lo que me hace daño es mío”.
Y, para que no sean sólo palabras, tratemos de acostumbrarnos – al menos durante unos días – a contar cuántas veces en el día las ponemos en práctica, las vivimos. Este método funciona y ayuda mucho.
“Lo que me hace daño es mío”, en mí; en mis límites físicos, morales y espirituales y en los de mis hermanos; en todo tipo de sufrimiento que pasan.
Indirectamente, será una óptima contribución para la santificación no solamente nuestra, sino también de Jesús en medio de nosotros.
“Lo que me hace daño” es mío, más que cualquier otra cosa, como era para Chiara Luce.
¡Ánimo! No dudemos en comenzar.
                           
Chiara Lubich
 

“Quanta luz nesta nossa Chiara”

Castelgandolfo, 9 de março de 2000

 

«Caríssimos todos,

No nosso Movimento, mesmo entre inevitáveis provações que uma Obra de Deus tem de enfrentar, temos vivido ultimamente momentos de alegria especial devido a vários fatores. Um deles é sem dúvida o andamento do processo de beatificação de Chiara Luce Badano (uma gen da Ligúria, que já é “serva de Deus”), que agora passa para Roma, tendo sido já concluído na diocese, onde se terminou um primeiro estudo.

Chiara Luce! Quanta luz nesta nossa Chiara!

Transparece do seu rosto nas fotografias tiradas sobretudo no período final da vida.Quanta luz nas suas palavras, nas suas cartas, na sua vida toda concentrada em amar concretamente muitas pessoas! A revista Cidade Nova italiana e as suas 33 edições no mundo inteiro começaram a falar dela; assim podemos conhecê-la, aprender com ela, contemplá-la como modelo dos nossos e de todos os jovens, mas também como um exemplo, para jovens e para adultos, de um ideal vivido com maturidade já aos 18 anos. Não posso nem quero falar antecipadamente da beleza, grandeza e santidade da sua breve vida. Desejo que todos comecemos a conhecê-la, lendo as nossas revistas ou a sua biografia que será publicada o quanto antes.

Porém desejo comunicar uma ideia.
Quero tirar um ensinamento e um incentivo das suas convicções todas imbuídas de Ideal.
(…) Numa das suas últimas cartas, me confia a sua decisão – ditada unicamente pelo amor e pelo Espírito Santo no seu coração – de querer amar Jesus Abandonado por Ele mesmo e não instrumentalizá-lo para proveito pessoal.
Portanto, amar o sofrimento por Ele, por Jesus Abandonado, e não tanto porque a divina alquimia, que conhecemos, transforma a dor em amor.
Chiara Luce soube o que é sofrer, principalmente na última fase da sua vida terrena. Porém, tinha entendido que eram as pérolas preciosas que devia recolher com predileção ao longo do dia. Era especialmente no sofrimento ínsito à fortaleza, à paciência, à perseverança, à constância, etc. (todas virtudes necessárias para poder ser chamados de cristãos, em semelhantes circunstâncias) que ela sentia que podia amar. Era nas “surpresas” (assim chamava aos repetidos alarmes da sua doença) que se podia encontrar com Ele, ver surgir o Seu rosto, desfigurado e cheio de amor, e abraçá-Lo, como uma verdadeira jovem esposa “estreitamente abraçada a um Deus abandonado”.
Por isso viveu com Ele, com Ele transformou a sua paixão num canto nupcial e quis que, no momento da passagem da sua alma santa para a Outra Vida, lhe vestissem um vestido de noiva, que havia estudado nos mínimos detalhes, pois nesse momento, ela mesma disse, seria “feliz com Jesus”. Assim afirmara e assim queria que dissessem os seus pais.
A sua foi uma escolha radical de Jesus Abandonado; escolha daquilo que faz mal. A dor, quando não se ama, pode arrastar o espírito para um túnel escuro.
Sim, preferir o que faz mal. Nestes dias, ao pensar em Chiara Luce, que de repente apareceu em primeiro plano no cenário da
nossa vida, recordei uma frase de um escrito famoso de 1949, intitulado: "Tenho um só Esposo sobre a terra". Diz: "O que me faz sofrer é meu. Minha a dor que me perpassa no presente. Minha a dor das almas a meu lado…".

Talvez seja melhor não ficar à espera da véspera da nossa passagem para a Outra Vida para repetirmos também nós esta frase, cientes do seu valor, atraídos por aquele dinamismo de vida a que nos pode conduzir.
(…) Convido todos vocês – e eu faço o mesmo – a fazer desta frase uma "luz para o nosso caminho", para podermos acompanhar esta nossa pequena santa (como esperamos poder chamar daqui a pouco a Chiara Luce) ou “gen realizada”, como talvez prefiram dizer os nossos jovens.
De resto estas palavras, «O que me faz sofrer é meu», são apenas outra versão daquilo que já
vivemos: "És tu, Senhor (= Jesus Abandonado), o meu único bem".
Sim, assim: "O que me faz sofrer é meu". E, para que o que digo não se limite a palavras, comecemos por habituar-nos, pelo menos por alguns dias, a contar quantas vezes por dia as colocamos em prática, as vivemos. Este método dá certo e ajuda muito.
"O que me faz sofrer é meu", em mim, nos meus condicionamentos físicos, morais e espirituais e nos irmãos, em todo tipo de sofrimento deles. (…). "O que me faz sofrer" é meu mais do que tudo, como fazia Chiara Luce.
Coragem! Comecemos sem demora!».

Chiara Lubich

Il nascente Polo imprenditoriale di Loppiano laboratorio per un nuovo agire economico

Simpáticamente vuestra Chiara

“Queridísima Daniela:
¡Hola! ¡Sí, soy yo! Como te expliqué, el motivo por el que te escribo es muy, muy trivial: tengo que “despachar” el montón de papel de carta que me regalaron cuando cumplí 18 años. Aparte de bromas, ¡me encanta escribirte y contarte algo de mí!

Desde cuando mis piernas empezaron a “volverse locas” mi vida, como podrás imaginar, cambió radicalmente,
pero no me lamento porque sé que hay quien está peor que yo y después porque vivo en una familia maravillosa. Además mis amigos vienen a menudo a visitarme o me llaman por teléfono (imagina que Giuliano me llama todas las noches).
Esto me hace feliz y el tiempo transcurre veloz.

Con L., seguimos siendo muy amigos… Estoy feliz que terminara así la cosa, porque ¡sobre todo ahora siento más profundamente la importancia de una amistad auténtica! 
Y ahora basta de “confesiones” (que nunca fueron mi punto fuerte)  ¿Y tú? ¿Qué haces? Me contaron historias apasionadas y conmovedoras tristemente concluidas (menos mal…), de amistades perdidas pero no añoradas y de “acercamientos” a pequeños mocosos… En fin, ¡te diviertes!

Ahora me despido y por fa respóndeme.
Ah se me olvidaba: te escribo una poesía que leí en un libro y que me gustó mucho: “El más bello de nuestros mares es el que no hemos navegado. El más bello de nuestros hijos es el que todavía no ha crecido. El más bello de nuestros días todavía no lo hemos vivido. Y lo más lindo que quisiera decirtetodavía no te lo he dicho!”Nazim Hikmet (poeta turco).
Si lo consideras oportuno hazle leer la carta a D. y a A. , estos mensajes son para ellas:
– Para D.: una recomendación,  no estudies demasiado y no pienses en tus numerosos e intensos amores.
– Para A.: espero que hayas vuelto al buen camino, hija, y que no lo vuelvas a perder más pensando en amores maduros casi marchitos”

Simpáticamente vuestra Chiara

Sassello 1989

Tomado de: «Yo tengo todo». Los 18 años de Chiara Luce – de Michele Zanzucchi – Editorial Città Nuova 2010

 
Chiara Luce Badano – Life, Love, Light

Il nascente Polo imprenditoriale di Loppiano laboratorio per un nuovo agire economico

Simpaticamente, Chiara

«Querida Daniela,
Oi! Sim, sou eu mesma!! Finalmente lhe escrevo! Como já lhe expliquei o motivo pelo qual escrevo é muito, muito “equívoco”: na verdade devo “eliminar” os inumeráveis papéis de carta que ganhei de presente nos meus 18 anos. Mas, brincadeiras à parte, estou muito feliz de lhe escrever, assim posso falar um pouco de mim!

Desde quando as minhas pernas começaram a dar uma de “loucas”, como você pode imaginar, a minha vida mudou radicalmente, mas não me lamento porque sei que existe quem está pior do que eu e, além do mais, vivo numa família maravilhosa. E não só, todos os meus amigos vêem me ver muitas vezes, ou então telefonam (imagine que Juliano me liga toda noite). Isso me torna feliz e o tempo passa rápido.

L. e eu continuamos muito amigos… estou feliz que tenha terminado assim, principalmente porque agora sinto ainda mais a importância de uma amizade verdadeira!
Mas agora chega de “confissões” (que nunca foram o meu forte).
E você? O que está aprontando? Alguém me contou de histórias ardentes e apaixonadas que acabaram tristemente (ainda bem…), de amizades perdidas, mas sem arrependimentos e de “inculturações” com a criançada… ok, você se diverte!

Agora me despeço, e me responda, “please”! Ah! Estava esquecendo: mando para você uma poesia que li num livro e gostei muito:
“O mais belo dos nossos mares é aquele onde não navegamos. O mais belo dos nossos filhos ainda não cresceu. O mais belo dos nossos dias nós ainda não vivemos. E o que eu queria lhe dizer de mais belo ainda não lhe disse!” Nazim Hikmet (poeta turco).

Se você achar bom pode mostrar essa carta para D. e A. Estes recados são para elas:
– para D.: por favor, não estude demais e não pense demais nos seus numerosos e intensos amores.
– para A.: espero que você esteja voltando para o caminho certo, filhinha, e que não o perca mais, pensando em amores maduros, diria quase apodrecidos…

Simpaticamente,
Chiara

Sassello, 1989

Retirado de “A clara luz de Chiara Luce” – Michele Zanzucchi – Ed. Cidade Nova
 

Chiara Luce Badano – Life, Love, Light

Il nascente Polo imprenditoriale di Loppiano laboratorio per un nuovo agire economico

Speciale LoppianoLab

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Silvana Veronesi in Sardegna

Silvana Veronesi è stata invitata a dare la sua testimonianza durante il congresso

Nuoro, città centro-settentrionale della Sardegna, si estende su un altopiano ai piedi del Monte Ortobene. Nel Nuorese è ancora presente una diffusa religiosità, che si innesta nella cultura di un popolo dal carattere forte, tenace e radicale. E’ molto viva la devozione alla S. ma Vergine Maria, venerata in numerosi santuari sparsi in tutto il territorio come Nostra Signora della Neve. Una terra “benedetta da Dio”, secondo un’espressione di Chiara Lubich in una sua lettera, del 4 maggio 1949, indirizzata ai primi sardi che hanno accolto la spiritualità dell’unità. Una terra, che porta con sé delle ferite storiche e sociali ancora aperte. In questo contesto la Diocesi di Nuoro si prepara al suo ormai prossimo importante appuntamento: il Congresso Eucaristico diocesano, dal 18 al 26 settembre, indetto dal Mons. Pietro Meloni, Vescovo di Nuoro. “Eucaristia Pane di Vita”, “fonte di condivisione e comunione”, “di spiritualità e servizio”, “Eucaristia e solidarietà”, “Eucaristia, Famiglia e Lavoro”, alcuni dei grandi titoli che guideranno le tematiche di ogni giorno. Martedì 21 sarà dedicato all’Eucaristia come “fonte di unità nella missione”. Per l’occasione Mons. Meloni ha invitato Silvana Veronesi, una delle prime compagne di Chiara Lubich, che offrirà la sua testimonianza, frutto del carisma dell’unità. Il suo intervento sarà il momento centrale di un programma preparato dalla consulta diocesana delle aggregazioni laicali, e sarà rivolto soprattutto agli appartenenti ai numerosi movimenti e associazioni (più di una quarantina), presenti in diocesi. Chiara, nella sua lettera sopracitata, scriveva tra l’altro: “…voi, sardi, darete al mondo un esempio d’amore fraterno, di sostegno vicendevole, di comunità cristiana come nessuno l’ha dato mai”. Che non sia questo evento nuorese un’occasione per dimostrarlo? (altro…)