Movimento dei Focolari
Castel Gandolfo: Congresso aderenti

Castel Gandolfo: Congresso aderenti

Congresso AderentiA Castel Gandolfo (Roma), oltre al congresso per gli aderenti del Movimento dei Focolari che è stato il  27 – 29 gennaio 2017  è previsto dal: 6 – 8 aprile 2017 (da giovedì mattina a sabato dopo pranzo) con arrivo il 4 o il 5 sera (con la possibilità, per le persone che ci hanno chiesto, di partecipare all’udienza del Papa il mercoledì 5 aprile) Il tema dei due Congressi è: “Gesù Abbandonato: finestra di Dio, finestra dell’umanità”. (altro…)

Castel Gandolfo: Congresso aderenti

A Castel Gandolfo (Roma), sono previsti due congressi per gli aderenti del Movimento dei Focolari 27 – 29 gennaio 2017 (da venerdì mattina a domenica dopo pranzo) con arrivo il 26 sera 6 – 8 aprile 2017 (da giovedì mattina a sabato dopo pranzo) con arrivo il 4 o il 5 sera (con la possibilità, per le persone che ci hanno chiesto, di partecipare all’udienza del Papa il mercoledì 5 aprile) Il tema dei due Congressi sarà: “Gesù Abbandonato: finestra di Dio, finestra dell’umanità”. (altro…)

Maria Voce: promuovere la pace a piccoli pezzi

Maria Voce: promuovere la pace a piccoli pezzi

Delegates_MariaVoceMaria Voce, lei è alla direzione del Movimento dei Focolari che organizza il 15 novembre prossimo all’Unesco un incontro dal titolo “Reinventare la pace”. Ci dice cosa fare nei confronti della “guerra mondiale a pezzi” di cui parla Papa Francesco? Si tratta oggi di reinventare la “pace a piccoli pezzi” e favorire dappertutto iniziative concrete, come piccole luci che brillano nel buio? «Le mille piccole azioni di pace che portano avanti quanti si riferiscono al Movimento dei Focolari, se hanno già valore di per sé come quelle di tantissimi altri, fanno parte di un disegno unitario e hanno una visione comune: tendere alla fraternità universale, orientarsi al “che tutti siano uno”: il sogno di Dio [cf. Gv 17,21]. È questo sguardo e questo orizzonte che incoraggia, sostiene e aiuta a ricominciare sempre, al di là delle difficoltà e in mezzo alle sofferenze che l’impegno a costruire la pace richiede». Sono 20 anni che la fondatrice dei Focolari, Chiara Lubich, ha ricevuto all’Unesco il premio per l’educazione alla pace. Il 15 novembre a Parigi questo incontro presenterà le numerose iniziative che il vostro Movimento ha messo in atto per andare avanti sul cammino di una pace concreta. In Terra Santa per esempio – Giordania, Palestina e Israele specialmente – terre fondamentali per la pace nel mondo, che cosa i Focolari stanno intraprendendo per rispondere alla domanda sull’educazione alla pace e che può essere sorgente d’ispirazione anche altrove tra persone di buona volontà? «L’incontro tra culture e religioni che i Focolari promuovono è un’esperienza quotidiana. Non si limita alla tolleranza o al semplice riconoscimento della diversità; supera persino la riconciliazione. Esso crea, per così dire, una nuova identità, più ampia, comune, condivisa. E’ un dialogo a fatti, che coinvolge persone delle più varie convinzioni, anche non religiose, e spinge a prendersi cura dei bisogni concreti, a rispondere assieme alle sfide in campo sociale, economico, culturale, politico. Avviene in contesti colpiti da gravissime crisi, come Siria, Iraq, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Nigeria, e molti altri. E’ così anche in Terra Santa. La convinzione è comune: se c’è un estremismo della violenza, si cerca di rispondere in modo strutturalmente diverso, cioè con l’estremismo del dialogo. Un impegno che richiede il massimo coinvolgimento personale e comunitario, ed è rischioso, esigente, sfidante. Lo vivono ragazzi, giovani e famiglie; cristiani, ebrei e musulmani. Sono persone che si sforzano, prima di tutto, a recidere in se stessi le radici dell’incomprensione, della paura, del risentimento. Un estremismo alimentato, giorno dopo giorno, dal mettere in pratica un’arte: l’arte d’amare». Sul piano del dialogo islamo-cristiano in particolare, cosa vi aspettate da questo incontro all’Unesco del 15 novembre prossimo, soprattutto ad appena un anno dall’attentato del 13 novembre a Parigi? Quale messaggio volete mandare su questo argomento? «Ci aspettiamo che possa portare noi e tanti altri ad una nuova e più radicata presa di coscienza che il disegno di Dio sull’umanità è comporci in una sola famiglia, unita e plurale, che suppone le diversità ma non le contrappone. Una realtà da costruire proprio per la via del dialogo, dove quello islamo-cristiano è sempre più importante e necessario, come i fatti dimostrano, ma non è il solo». Fonte: Vatican Insider (altro…)

Un appuntamento mondiale

Un appuntamento mondiale

Delegates_MariaVocePer la prima volta l’appuntamento mondiale dei dirigenti dei Focolari si è svolto non in un’unica sessione, ma in tre tranche di 10 giorni ciascuna, suddividendo idealmente il pianeta in tre macroaree: Americhe e Oceania; Asia, Africa e Medio Oriente; Europa. Tre eventi svolti in continuità di date e contenuti, cui hanno partecipato, oltre ai due delegati di zona, i responsabili di alcune nazioni o territori e qualche consigliere per aspetti concreti. Una novantina di presenze in ciascuna puntata, uomini e donne in rappresentanza delle innumerevoli comunità che pullulano il pianeta portandovi lo spirito di unità. Ad accoglierli la presidente Maria Voce che sottolinea la ricchezza di questi momenti di mietitura, grati a Dio per la vita generata dal carisma di Chiara Lubich. Ed è lei ad annunciare il tema spirituale scelto per questo incontro e per l’anno che si apre: il mistero di Gesù abbandonato, chiave per realizzare l’unità. «Gesù è venuto sulla terra – ricorda la presidente – per farsi carico di tutti i dolori dell’umanità e per rassicurarci che, con Lui, è possibile passare dalla croce alla risurrezione». Delegates_06Nell’intenso lavoro delle tre tornate è grande la condivisione. Inizia con le istanze di un mondo “giovane” – le Americhe e l’Oceania – fortemente teso allo sviluppo sociale e tecnologico, ma con tante esigenze anche spirituali, specie in America Latina, mentre le altre regioni necessitano di nuove strategie per una crescita anche valoriale. «Ma non si tratta – sottolinea Ray Asprer – di definirle a tavolino, ma di sviluppare la coscienza che sarà lo Spirito Santo a suggerirci il contributo che la società di oggi attende dal carisma dell’unità». «In Oceania – aggiunge Vania Cheng – dobbiamo avvicinarci di più alle popolazioni aborigene e affrontare la sfida della secolarizzazione. Ripartiamo da qui per continuare a seminare con coraggio, convinti che il Vangelo è diffusivo di per sé». «Anche se le sfide non mancano – afferma Gabriela Melo per l’America Latina – le nostre comunità vivono la comunione e la reciprocità. E questo fa crescere la fiducia che l’obiettivo di un mondo unito non è utopia». Delegates_20Molto significativo anche il ritrovarsi delle tre macroregioni Africa, Asia e Medio Oriente, ciascuna investite da problemi di ogni tipo – specie in Medio Oriente – in cui si vive un dramma che appare senza soluzione. Proprio qui, nella terra dove Gesù è vissuto, emerge con forza la necessità, oltre che del sostegno alle popolazioni, di diffondere la “cultura della resurrezione”. «Riguardo all’Africa – riferisce Joseph Assouad – si è evidenziato il grande valore dell’inculturazione. Ogni popolo ha fatto un lungo cammino per scoprire la Verità e noi, andando lì, non dobbiamo credere di costruire da zero!». Mentre Roberto Catalano, parlando del continente asiatico, afferma che esso ha molto da dire al mondo sull’aspetto sociale e politico, e sottolinea l’importanza del dialogo interreligioso nelle diverse aree asiatiche anche col contributo della scuola sulle grandi religioni sorta nelle Filippine ad opera dei Focolari. Delegates_12 (2)Infine l’Europa, dalla Siberia al Portogallo. Un continente da cui il mondo si aspetta unità, valori umani e spirituali, capacità di dialogo, specialmente con l’Islam, realtà di sempre maggiore rilievo nelle sue regioni. «E soprattutto – dichiara Severin Schmit – il mondo si aspetta che l’Europa trovi una degna soluzione al dramma dei profughi». Le sfide sono molte: secolarizzazione, relativismo, nuove generazioni. E richiedono proposte e risposte frutto della comunione tra tutte le componenti geografiche del continente. «Sono problematiche – afferma Margherita Karram – che hanno provocato una crescita di motivazione e una maggiore creatività, mettendo in rete tante persone che, ad esempio in Italia, si attivano per l’accoglienza». Da questi tre incontri sono emersi tanti spunti, tanti stimoli. Molte anche le risposte non ancora trovate. Ma in tutti una grande certezza: continuare ad aprirsi agli altri con fiducia, come papa Francesco suggerisce, certi che, cammin facendo, si apriranno nuove e impensate strade. Jesús Morán, copresidente dei Focolari, ne è convinto: «Alla Maddalena, Gesù dice vai e dì ai tuoi fratelli che io vi precedo in Galilea. Cos’è Galilea? Galilea è il mondo, fuori della Città Santa, fuori dalle mura di Gerusalemme, dove Gesù è morto. È il mondo. Gesù ci precede lì, ci parla lì, nel mondo». (altro…)

Parola di vita: la gioia del perdono

Parola di vita: la gioia del perdono

20161028 perdonoIn carcere «Avevo avuto dei problemi con un altro ragazzo e tutti e due eravamo finiti in prigione. Eravamo nemici, fra noi nessuna possibilità d’intesa. Quando però ho conosciuto più profondamente l’insegnamento di Gesù sull’amore, ho pensato a questo “nemico”. Cosa fare per amarlo? Mi è venuto in mente di condividere con lui un po’ del cibo che mi portano i miei, perché so che a lui nessuno glielo porta. Adesso siamo diventati buoni amici. Un’altra esperienza riguarda l’unico contenitore di cibo che avevo: mi era stato rubato e io sapevo chi era stato. Sono andato dalla persona in questione, ma lui si è rifiutato di darmelo. Non sapevo come fare. Rientrato nella mia cella, ho cominciato a leggere il Vangelo, il mio riferimento per ogni cosa, e ad un certo punto ho letto il brano sul comandamento nuovo. Ecco la risposta! Subito, con tutto il cuore, ho deciso di lasciar perdere e di non pensare più al contenitore. Più importante era amare». (D. J. – Nigeria) La macchinetta del caffè «Al lavoro tutti usiamo la macchinetta del caffè, ma nessuno che si preoccupi di pulirla e ricaricarla. Si sono abituati che lo faccio io. Un giorno una collega dopo aver preso il caffè è venuta a indagare come mai ero sempre così bendisposto verso gli altri. Le ho detto che non mi costava molto e che era l’unica cosa che potevo fare per loro. E lei: «Mi stai dicendo una cosa importante. Mi lamento sempre con mio marito che lascia tutto in disordine e invece devo cominciare anch’io a fare quello che non fa». Da quel giorno l’atmosfera al lavoro ha fatto un salto di qualità». (R. C. – Spagna) Quel figlio “sconosciuto” «Col primo figlio siamo sempre riusciti ad avere un dialogo e a dargli un supporto morale. Col fratello invece, un carattere molto forte, è stato difficile. Trovarsi con un ragazzo adolescente che non vuole comunicare creava malessere a tutti. A scuola poi non s’impegnava e da parte dei docenti ci arrivavano lamentele. Mio marito ed io cercavamo di comune accordo una via per “raggiungere” nostro figlio; ci incoraggiavamo a vicenda nell’amarlo così com’era, mettendo in evidenza i suoi lati positivi anche se ci sembrava di avere in casa quasi uno sconosciuto. Nel frattempo continuavamo a pregare e a bussare alla porta del Cielo perché Dio ci guidasse nel difficile compito di genitori. Poi l’idea, d’accordo col ragazzo, di cambiare scuola. Ha funzionato! Da allora nostro figlio è cambiato in senso positivo: non è più aggressivo, anzi è sempre pronto ad aiutare in casa; a scuola sta ottenendo buoni risultati; ed ha ripreso anche a frequentare la chiesa. Stiamo tutti sperimentando una boccata d’aria fresca». (B.S. – Svizzera) (altro…)

Parola di vita – Novembre 2016

Ci sono momenti nei quali ci sentiamo contenti, pieni di forze e tutto sembra facile e leggero. Altre volte siamo assaliti da difficoltà che amareggiano le nostre giornate. Possono essere i piccoli fallimenti nell’amare le persone che ci sono accanto, l’incapacità di condividere con altri il nostro ideale di vita. Oppure sopraggiungono malattie, ristrettezze economiche, delusioni familiari, dubbi e tribolazioni interiori, perdita di lavoro, situazioni di guerra, che ci schiacciano e appaiono senza via di uscita. Ciò che pesa maggiormente in queste circostanze è sentirci costretti ad affrontare da soli le prove della vita, senza il sostegno di qualcuno capace di darci un aiuto decisivo. Poche persone come l’apostolo Paolo hanno vissuto con tanta intensità gioie e dolori, successi e incomprensioni. Eppure egli ha saputo perseguire con coraggio la sua missione, senza cedere allo scoraggiamento. Era un supereroe? No, si sentiva debole, fragile, inadeguato, ma possedeva un segreto, che confida ai suoi amici di Filippi: “Tutto posso in colui che mi dà la forza”. Aveva scoperto nella propria vita la presenza costante di Gesù. Anche quando tutti lo avevano abbandonato, Paolo non si è mai sentito solo: Gesù gli è rimasto vicino. Era lui che gli dava sicurezza e lo spingeva ad andare avanti, ad affrontare ogni avversità. Era entrato pienamente nella sua vita divenendo la sua forza. Quello di Paolo può essere anche il nostro segreto. Tutto posso quando anche in un dolore riconosco e accolgo la vicinanza misteriosa di Gesù che quasi si identifica e prende su di sé quel dolore. Tutto posso quando vivo in comunione d’amore con altri, perché allora Egli viene in mezzo a noi, come ha promesso (cf Mt 18,20), e sono sostenuto dalla forza dell’unità. Tutto posso quando accolgo e metto in pratica le parole del Vangelo: mi fanno scorgere la strada che sono chiamato a percorrere giorno dopo giorno, mi insegnano come vivere, mi danno fiducia. Avrò la forza per affrontare non soltanto le mie prove personali, o della mia famiglia, ma anche quelle del mondo attorno a me. Può sembrare un’ingenuità, un’utopia, tanto immani sono i problemi della società e delle nazioni. Eppure “tutto” possiamo con la presenza dell’Onnipotente; “tutto” e solo il bene che Egli, nel suo amore misericordioso, ha pensato per me e per gli altri attraverso di me. E se non si attualizza subito, possiamo continuare a credere e sperare nel progetto d’amore di Dio che abbraccia l’eternità e si compirà comunque. Basterà lavorare “a due”, come insegnava Chiara Lubich: «Io non posso far nulla in quel caso, per quella persona cara in pericolo o ammalata, per quella circostanza intricata… Ebbene io farò ciò che Dio vuole da me in quest’attimo: studiare bene, spazzare bene, pregare bene, accudire bene i miei bambini… E Dio penserà a sbrogliare quella matassa, a confortare chi soffre, a risolvere quell’imprevisto. È un lavoro a due in perfetta comunione, che richiede a noi grande fede nell’amore di Dio per i suoi figli e mette Dio stesso, per il nostro agire, nella possibilità d’aver fiducia in noi. Questa reciproca confidenza opera miracoli. Si vedrà che, dove noi non siamo arrivati, è veramente arrivato un Altro, che ha fatto immensamente meglio di noi»1. Fabio Ciardi 1.Chiara Lubich, Scritti Spirituali/2, Città Nuova, Roma 19972, pp.194-195. (altro…)

Famiglie Nuove: cuore allargato

Famiglie Nuove: cuore allargato

La famiglia Ferri

«Abbiamo sempre desiderato una famiglia allargata», raccontano Corrado ed Elisabetta Ferri. Ma per chi ha già cinque figli, di età compresa tra i 10 e i 21 anni, allargare la famiglia acquista tutto un altro valore: significa estendere il proprio cuore ai problemi del mondo, non di certo senza sacrifici. Corrado ed Elisabetta sono sposati da 24 anni e, guardando i loro figli crescere circondati dall’amore che solo il calore familiare sa donare, hanno desiderato aiutare chi quell’affetto non ce l’ha. “Per questo – raccontano – appena le condizioni economiche ce l’hanno permesso, abbiamo aderito ad uno dei progetti SAD (Sostegno a Distanza) dell’Associazione AFNOnlus e abbiamo accolto Athiphong, un bambino thailandese“. Dopo circa vent’anni di sostegno e corrispondenze intense, Athiphong, ormai adulto, ha trovato un lavoro e, grazie agli studi intrapresi, può oggi sostenere la sua nuova famiglia e quella di origine. «Un anno abbiamo potuto arrotondare un po’ la somma inviata per il sostegno, poca cosa in verità, ma è stato toccante apprendere che con quel piccolo extra la famiglia di Athiphong aveva potuto “pavimentare” in cemento l’interno della modesta abitazione, destando l’ammirazione ed il compiacimento anche dei vicini». Ora che Athiphong è indipendente, la famiglia Ferri ha deciso di sostenere una ragazza thailandese. Avendo vissuto questa esperienza ed essendo cresciuti in un ambiente in cui si vive di solidarietà e condivisione, i figli di Corrado ed Elisabetta hanno deciso di mettere insieme tutti i risparmi ottenuti dai compleanni e dalle festività di ognuno, indirizzandoli ad un nuovo sostegno. Questo ha reso possibile l’arrivo di Maleta, uno splendido bambino congolese. «Che sorpresa e che risate ci siamo fatti quando, qualche Natale fa, ci è arrivata la consueta letterina con foto, nella quale Maleta, insieme ad un simpatico gruppetto di coetanei, sfoggiavano orgogliosi le magliette della squadra di calcio italiana di cui tutti noi in famiglia siamo tifosi». È così che il legame familiare non conosce distanze e tutti condividono le vicende, anche dolorose, di Maleta, il quale, trasferendosi in un’altra città con la zia, è stato accompagnato dal ricordo e dalle preghiere dei loro genitori e fratelli lontani. «Ora i nostri figli, tutti insieme, sostengono il piccolo Nzata». A continuare questa straordinaria catena della solidarietà è Edoardo, il secondogenito. Diplomatosi con il massimo dei voti, ha partecipato ad un concorso. Si è aggiudicato il primo premio ed una borsa di studio in denaro di una certa entità: “Noi tutti in famiglia – raccontano Corrado ed Elisabetta – eravamo talmente orgogliosi di lui e dell’ottimo risultato raggiunto con grande sforzo, da insistere affinché tenesse quella somma tutta per sé, perché se l’era meritata. Ma lui ha voluto pensarci qualche giorno e, poi, con un po’ di sorpresa da parte nostra, ci ha detto che avrebbe volentieri destinato la somma ad un bambino, con un nuovo sostegno a distanza, tutto suo. È così che ora nella nostra famiglia è arrivata una bambina dalla Giordania». E concludono convinti: «Crediamo che questo cuore allargato abbia fatto bene a noi e ai nostri figli e che l’amore che si dona ritorni sempre indietro a piene mani». (altro…)

Africa: progetto “Tutti a scuola!”

Africa: progetto “Tutti a scuola!”

Lake KivuRagazzi che studiano seduti su tronchi d’albero, usando come banco le proprie ginocchia. Succede nell’isola di Idjwi, al centro del lago Kivu, nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo. Per la sua posizione è stata usata come piattaforma per i movimenti segreti di diverse truppe militari, nei recenti conflitti che hanno riguardato il Paese. Sull’isola mancano molti servizi tra cui la fornitura di corrente elettrica e i trasporti. Gli spostamenti della popolazione tra l’isola e la terra ferma avvengono principalmente con piroghe che, per la loro instabilità, sono causa di numerosi incidenti e decessi per naufragi e annegamenti. Ciò determina un alto tasso di mortalità: dai dati risulta che in una famiglia su 5 vi è la presenza di una vedova o di un orfano. L’economia dell’isola si basa sull’agricoltura e la pesca. In particolare si coltivano fagioli, manioca, arachidi, soia e caffè. È diffuso l’allevamento di polli, capre, tacchini e maiali. Negli ultimi anni, tuttavia, la produzione agricola è diminuita per diversi motivi fra cui il degrado della qualità del suolo, la scarsa formazione dei contadini, l’assenza di semi e varietà più resistenti alle malattie. Data la situazione economica, molti giovani sull’isola non hanno un lavoro e prospettive professionali. Le quattro parrocchie presenti cercano di rispondere a questo bisogno della popolazione locale. In particolare in quella di Bumpeta, nella parte settentrionale dell’isola, che conta circa 76.000 abitanti. Molto attiva nella gestione di scuole primarie e secondarie, ha ricevuto per questo un riconoscimento dallo Stato congolese. 20161026-01Vista la partecipazione attiva della popolazione per promuovere l’istruzione dei bambini e dei giovani dell’isola, l’AMU ha avviato un progetto che punta con convinzione al futuro del Paese e che si propone di sostenere la parrocchia di Bumpeta nell’equipaggiamento dell’Istituto Cikoma. Si tratta di una scuola superiore ad indirizzo pedagogico e sociale che forma i futuri insegnanti dell’isola. Una scuola dunque che punta al futuro ma che ha a che fare con un presente segnato dall’arretratezza, con una popolazione che stenta ad uscire dalla povertà. La scuola è frequentata da circa 900 ragazzi e ragazze suddivisi in 14 classi. In alcune ci sono banchi fatiscenti, in altre mancano del tutto. In particolare il progetto prevede di dotare la scuola di 308 banchi di cui è sprovvista. Al momento molti studenti usano ancora come sedie dei tronchi d’albero e come tavolo le ginocchia, con la conseguenza di seri disturbi posturali alla schiena e al collo. I banchi saranno costruiti da una fabbrica congolese e in questo modo il progetto contribuirà anche a sostenere le attività produttive locali. La popolazione di Bumpeta partecipa attivamente alla realizzazione del progetto e si farà carico in particolare del trasporto dei banchi sull’isola. Fonte: AMU online (altro…)

Crescere è una straordinaria avventura

Crescere è una straordinaria avventura

CrescereStraordinariaAvventuraApprofondimenti e riflessioni per capire cosa significa crescere oggi, in un tempo globalizzato come il nostro, e cosa significa educare, ribadendo l’urgenza di valori condivisi che illuminino l’uomo e lo aiutino nella costruzione di una personalità in grado di affrontare la complessità del mondo. IL DVD allegato raccoglie 6 lezioni (circa 20 minuti l’una) destinate ai genitori e agli educatori che cercano di gettare una luce sullo sviluppo evolutivo del bambino e del preadolescente. Tra i temi trattati: le sfide educative del presente, lo sviluppo del bambino dalla nascita alla scuola materna, la scuola elementare, gli aspetti psicologici della preadolescenza, gli stili relazionali, l’educazione al sacro e molto altro. Ezio Aceti è psicologo, psicoterapeuta e formatore. Consigliere dell’Ordine degli psicologi della Lombardia, è docente e formatore presso molti enti e associazioni. È autore di numerose pubblicazioni per Città Nuova, tra cui ricordiamo: Nonni oggi. Se non ci fossero bisognerebbe inventarli (2013); Educare al sacro. Una risposta alla crisi della società post-moderna (2011, 20154); I linguaggi del corpo. Per un rapporto armonioso con sé e con gli altri (2007, 20133); Comunicare fuori e dentro la famiglia. Una risposta alle sfide della società (2004, 20155). LA COLLANA: FAMIGLIA OGGI propone riflessioni ed esperienze volte a illuminare le realtà della famiglia in tutti i suoi aspetti, dalla formazione al rapporto di coppia al superamento delle crisi matrimoniali; dal rapporto con i figli al contesto sociale con cui confrontarsi. Città Nuova editrice

L’Ungheria ricorda la rivoluzione del 1956

Quest’anno ricorre il 60.mo della rivoluzione ungherese del 1956. Ricorrenza molto sentita in tutto il Paese e legata anche ad alcuni fatti importanti del Movimento dei Focolari, in particolare allo sviluppo di una delle sue diramazioni: i volontari. Ma gli ideali del ‘56 sono rimasti legati ad una congiuntura che ora fa parte del passato, della storia dell’Ungheria? Oppure celebrare il 60.mo può diventare un’occasione per ravvivare e attualizzare quei valori per i quali hanno perso la vita migliaia di persone? Ecco uno sguardo ai fatti storici, attraverso le testimonianze di persone che ancora oggi s’impegnano nel sociale, fedeli ai valori più genuini perseguiti nel ‘56, a partire da una scelta evangelica. Video multilingue con sottotitoli https://youtu.be/F-m85VMcI8g https://youtu.be/bpxqy-fYHc8 (altro…)

In Nicaragua, frammenti di fraternità

In Nicaragua, frammenti di fraternità

2016-10-Nicaragua-02Dare e ricevere senza misura e con grande generosità. È ciò che i Giovani per un Mondo Unito di Managua (Nicaragua), hanno sperimentato nella loro visita alla piccola comunità del Movimento di La Cal, un villaggio che si arrampica a 1200 metri di altitudine nei pressi di Jinotega, la cosiddetta capitale del caffè. Muniti di alcuni sacchi di vestiario, cibo, medicinali, giocattoli, raccolti con l’aiuto della comunità di Managua, raggiungono dapprima Jinotega (tre ore di pullman); per poi percorrere, con un pick-up, 8 km di una strada che via via diventa sempre più accidentata, al punto che anche il fuoristrada deve arrendersi. Per raggiungere il villaggio rimane ancora 1 km e mezzo di bosco, irto di pietre, crepacci e ripidi pendii, che risultano inaccessibili perfino ai cavalli. E che i giovani devono affrontare a piedi e con i sacchi in spalla, mettendo alla prova la loro forma fisica. «Non si può immaginare la gioia e l’entusiasmo con i quali siamo stati ricevuti», raccontano i giovani i quali, fin dal primo impatto si rendono conto dello stato di precarietà in cui si trova La Cal. Le sue casette, tutte in legno e brulicanti di bambini, mancano di energia elettrica, di acqua corrente e di un presidio medico. Nel villaggio c’è un piccolo negozio con alcuni articoli di prima necessità, una scuoletta con un’unica aula e un unico insegnante e una piccolissima cappella nel caso arrivi qualche sacerdote per la messa. Se non fosse per dei piccoli pannelli solari installati da poco nelle casette, l’intero villaggio sarebbe completamente al buio. 2016-10-Nicaragua-01Con i Giovani per un Mondo Unito c’erano anche due medici. Una di essi, odontoiatra, inizia la giornata con una dimostrazione di igiene orale ad una trentina di bambini, felicissimi di poter usare dentifricio e spazzolini portati dalla dottoressa. All’ora di pranzo una famiglia vuole offrire delle buonissime tortillas ancora calde, mentre i giovani si intrattengono con le persone e fanno giocare i bambini. Nel pomeriggio si parla agli adulti sulla prevenzione della parassitosi. La giornata, molto intensa, si conclude con la lettura della Parola di Vita, un momento di forte spiritualità che coinvolge tutti. Commovente il gesto di un signore che alla fine vuole dare ai giovani la sua benedizione. Segue poi la distribuzione di tutto quanto i giovani avevano portato per loro. Per la notte era stato predisposto un locale opportunamente ripulito ricavato da un ex pollaio. «È stata un’emozione per noi – scrivono – poter rivivere l’esperienza dei focolarini di Trento il cui primo focolare era stato allestito in un ex-pollaio. Al mattino seguente, dopo una buona colazione preparata dalle signore del villaggio, e i calorosissimi saluti di tutti che ci hanno chiesto di ritornare al più presto, siamo ripartiti alla volta di Jinotega. Nella Cattedrale siamo andati a ringraziare Dio per un’esperienza che ci ha così profondamente cambiati, che ci ha fatto conoscere persone generose che con dignità lottano per andare avanti, nella gioia di sentirsi immensamente amate da Dio. E per aver costruito, anche in mezzo a quelle montagne, un frammento di fraternità». (altro…)

3° Summerjob in Slovenia, contro la povertà

3° Summerjob in Slovenia, contro la povertà

20161019-01Il 17 ottobre si è ricordata la Giornata Mondiale contro la Povertà, istituita per iniziativa di Padre Wresinski che, nel 1987, organizzò una grande manifestazione per i diritti umani a Parigi. La povertà assume volti diversi, incarna situazioni, luoghi, intere popolazioni. Non ci si abitua mai al fatto che gli esseri umani non possano godere di una vita degna di essere vissuta. I Giovani per un Mondo Unito della Slovenia, durante l’inverno, si dedicano – tra altre attività – all’organizzazione del “Summerjob”, un campo estivo di lavoro: alla ricerca del luogo, ai vari contatti con i sindaci, vescovi, parroci e persone di una data località, per capire come offrire il proprio contributo durante l’estate in favore delle persone in stato di necessità. Quest’anno la collaborazione con la Caritas locale ha permesso di trovare persone e famiglie che necessitano di un aiuto molto concreto. 20161019-02Si sono dati appuntamento a fine estate, dal 15 al 20 agosto scorsi, a Vrbje, un piccolo villaggio vicino a Celje. Questa terza edizione ha visto l’apertura di nove cantieri. Circa 40 persone si sono impegnate, per sette ore al giorno, in tante attività: come il lavoro nei campi, la ristrutturazione dello spazio esterno di una casa, la costruzione di un pollaio, la risistemazione della casa di un signora invalida, preparare aiuti per le popolazioni della Macedonia colpite dalle inondazioni o imbiancare l’abitazione di una signora che vive in condizioni misere. Si è trattato in particolare di mettere in pratica concretamente la fraternità, tessendo rapporti profondi con la gente del posto, e ridando a molti quella dignità che spesso sentono smarrita. Condividere alcune situazioni cercando di sollevare quanti vivono ai margini della società è una scelta impegnativa, che richiede energie e tempo, ma è soprattutto la scelta di donarsi quella che ha messo in moto l’iniziativa. 20161019-05Significativo quanto ci scrivono alcuni dei giovani partecipanti: «Proprio i lavori più impegnativi ci hanno fatto capire come alla base dell’indigenza ci siano spesso problemi di rapporti. Con una signora, ad esempio, nonostante il nostro lavoro fosse già definito da tempo, abbiamo speso qualche ora del primo giorno  solo per conoscerci, perché lei si potesse fidare di noi. Solo successivamente, ci ha permesso di fare qualcosa nel suo appartamento che necessitava di tutto». Tanto tempo per ascoltare, parlare con tanti e per scambiarsi esperienze, preoccupazioni, progetti futuri. Il tutto vissuto in un clima in cui tutti aiutano tutti, la disponibilità è massima e di conseguenza la gioia è davvero grande. Ma il Summerjob non è soltanto lavoro: la sera si condivide quanto si è vissuto durante il giorno e questi sono i momenti solenni, coinvolgenti, che legano e uniscono sempre più i partecipanti. Scrivono ancora: «Per salutarci, l’ultimo giorno insieme ai “datori di lavoro” abbiamo proposto di prendere un caffè e vedere le foto del campo estivo. È stato davvero inspiegabile quanto si è riuscito a costruire in soli quattro giorni. È stato un momento fortissimo!». In fondo, alla fine, chi riceve è sempre chi dona con gioia. Guarda la pagina facebook del Summerjob Slovenija 2016 (altro…)

Povertà: Una guida per comprendere le cause strutturali della disuguaglianza

Povertà: Una guida per comprendere le cause strutturali della disuguaglianza

PovertàDossier di approfondimento e dialogo su temi di attualità. 112 pagine per conoscere l’argomento e le diverse posizioni in campo. Un accessibile strumento di informazione per non scivolare nelle secche dello scontro ingenuo e demagogico. Rapporti e statistiche ufficiali confermano la progressiva concentrazione della ricchezza nelle mani dell’1% della popolazione mondiale. È un’“economia che uccide” e produce scarti umani. Una guida per comprendere le radici delle diseguaglianze, causa ed effetto di una crisi, non solo economica, che rischia di travolgere la democrazia. Leonardo Becchetti è ordinario di Economia politica presso l’Università di Roma Tor Vergata. Editorialista di «Avvenire», curatore del blog “La felicità sostenibile” di Repubblica.it, presidente del comitato etico di Etica sgr, è autore di numerosi testi. Per Città Nuova ha scritto Oltre l’homo oeconomicus. Felicità, responsabilità, economia delle relazioni (2009). Maurizio Franzini è ordinario di Politica economica presso l’Università di Roma “La Sapienza”, direttore del «Menabò di Etica ed Economia». Alberto Mingardi, giornalista, studioso e scrittore, è direttore generale dell’Istituto Bruno Leoni. Chiara Saraceno, già professoressa di Sociologia della famiglia presso la facoltà di Scienze politiche all’Università di Torino, attualmente è honorary fellow al Collegio Carlo Alberto di Torino. Vittorio Pelligra è professore associato in Politica economica presso l’Università di Cagliari e invited professor presso l’International University Insitute “Sophia”. Città Nuova editrice

All’Unesco, vent’anni dopo, per “Reinventare la pace”

All’Unesco, vent’anni dopo, per “Reinventare la pace”

Invito_Unesco_It_digitaleLe guerre, che lacerano da troppi anni i continenti distanti a un braccio di mare dall’Europa, sono entrate in casa nostra e il terrorismo è l’ultima frontiera con la quale dobbiamo fare i conti. E proprio in Francia, un anno dopo il terribile massacro del Bataclan, si rilancia la scommessa della pace. Il 17 dicembre 1996 a Parigi, Chiara Lubich riceveva dall’Unesco il Premio “Per l’educazione alla pace, in riconoscimento alla sua vita tutta spesa per diffondere e formare alla cultura dell’unità e della pace migliaia e migliaia di persone di ogni credo e latitudine. Il Movimento dei Focolari, presente all’Unesco attraverso la Ong New Humanity, la Direzione Generale dell’Unesco e l’Osservatore Permanente della Santa Sede, insieme hanno avvertito l’esigenza di testimoniare e riaffermare l’impegno per l’unità e la pace, proponendo una giornata ricca di riflessioni e testimonianze articolate in cinque piste principali:  Educazione, Bene comune, Giustizia, Ecologia e Arte. Il tema dell’evento Lo scorso aprile, nella sede dell’Onu a New York, nel suo intervento ad un dibattito tematico ad Alto livello sulla promozione della tolleranza e della riconciliazione, l’attuale Presidente del dei Focolari, Maria Voce ha proposto, per puntare alla pace, la radicalità del dialogo «che è rischioso, esigente, sfidante, che punta a recidere le radici dell’incomprensione, della paura, del risentimento». La sfida del dialogo è quanto mai attuale, punto da cui partire per costruire, giorno dopo giorno, i tasselli del mosaico della pace. Un pianeta dove possano esistere il mutuo riconoscimento delle identità e delle differenze, la ricostruzione di un tessuto sociale lacerato, una nuova attenzione ai bisogni, alla giustizia, alla dignità umana, alla condivisione dei beni. La stessa parola pace attinge il suo senso più profondo dalla radice sanscrita pak che significa legare, unire. Impegnarsi a reinventare la pace, perciò, significa puntare a stabilire legami che richiedono il coinvolgimento di risorse umane, intellettuali, istituzionali. Vuol dire chiamare in causa l’economia mondiale, il diritto internazionale, l’educazione alla pace a tutti i livelli. Valorizzare la diversità culturale, cioè la ricchezza dell’identità dei singoli popoli. Formare le nuove generazioni ad una cultura del dialogo e dell’incontro. Affrontare concretamente il dramma migratorio. Tutelare l’ambiente. Contrastare la corruzione e promuovere la legalità ad ogni livello. Fermare l’incremento delle spese militari e del commercio internazionale degli armamenti. Lavorare per un nuovo assetto di sicurezza, stabilità e cooperazione per il Medio Oriente. Programma e relatori All’evento prenderanno parte rappresentanti del mondo diplomatico, esperti di relazioni internazionali e dei processi di pace ed esponenti di New Humanity e del Movimento dei Focolari. La prima sessione, dal titolo “Chiara Lubich, l’educazione alla pace”, sarà introdotta dal rappresentante dell’Unesco e da Mons. Francesco Follo, Osservatore permanente della Santa Sede.  Seguiranno gli interventi di Maria Voce e Jesús Morán, rispettivamente presidente e copresidente dei Focolari. La seconda sessione, “Cinque percorsi per l’educazione alla pace nei cinque continenti”, seguirà con la testimonianza di buone prassi da tutto il mondo. Nel pomeriggio si svolgerà “Il dialogo, rimedio delle divisioni del mondo”, sessione aperta da Enrico Letta, già Primo Ministro Italiano e attuale Presidente dell’Istituto Jacques Delors. Seguiranno due momenti di confronto su religioni, economia e politica.


Info :   Unesco   –  New Humanity Roma: Tel: +39 06 94798133/+39 338 2640371;  info.unesco2016@focolare.org Paris: Tel: +33 6 73 78 56 64 Email: reinventerlapaix2016@gmail.com (altro…)

Giordani e la pedagogia cristiana

Giordani e la pedagogia cristiana

Igino Giordani«Educare significa accendere una fiamma, e non colmare un otre. Ma se è una fiamma da alimentare, l’uomo va educato a custodire e aumentare calore e luce: ha bisogno di un’educazione, la quale non dura nella sola epoca dell’infanzia, ma si svolge dalla nascita alla morte, e cioè tutto il tratto in cui occorre dar calore e far luce». Giordani fu uno scrittore e un giornalista, un uomo politico, ma fu anche un formidabile educatore. I suoi scritti erano progettati per insegnare, per formare il cittadino alla vita retta e, di fatto, furono molti – del laicato e del clero, nella Chiesa e nella società civile – che si formarono sulle pubblicazioni giordaniane, nel difficile periodo della resistenza culturale al fascismo e poi negli anni della guerra fredda. Giordani viveva e scriveva, scriveva e con ciò insegnava. A suo avviso, l’educazione deve essere un processo universale, coinvolgente tutti i cittadini. Il senso della funzione educativa è quello di trasmettere due principi fondanti la persona: libertà e responsabilità. Ricorrendo a una immagine di Plutarco, per Giordani educare significa accendere una fiamma, e creare le condizioni perché il discente sappia tenerla costantemente viva. Il baricentro del processo educativo, con ciò, si sposta dal docente al discente, e dalla infanzia all’intero arco della vita, verso un’autentica educazione permanente: «Gli educatori sono d’ordine naturale: famiglia e Stato, e d’ordine soprannaturale: Chiesa. Quando gli uni e l’altra collaborano verso il raggiungimento d’un solo ideale, cooperando anzichè urtandosi, l’educazione raggiunge la piena efficacia. Allora individui e masse non stanno inebetiti e neutrali di fronte al proprio destino, ma lo affrontano con coraggio: allora si hanno i periodi epici delle grandi imprese di pace e di guerra, del pensiero e del lavoro. La famiglia non è solo un vivaio o un brefotrofio o un alloggio corporativo: è una chiesa e una scuola. I genitori hanno il diritto da natura, e dunque da Dio, di educare, oltre che di generare e di nutrire, i figli: diritto e dovere, inalienabili, anteriori a ogni altro diritto della società civile. 20161016-01La famiglia educherà se i genitori saranno non solo educati, ma se avranno la coscienza della loro missione di maestri; se sapranno alimentare nelle anime infantili ideali superiori al vitto e alla carriera; se agiranno come piccola chiesa docente. La religione serve anche a ricordare, elevare e proteggere l’obbligo pedagogico della famiglia. E la politica deve fare altrettanto. Lo Stato quindi è l’altro grande educatore: e compie questo suo dovere soprattutto attraverso la scuola. Oggi lo Stato ha le sue scuole, ed ha pieno naturale diritto d’averle. Ma non sarebbe più nel suo diritto se in queste scuole coartasse la coscienza religiosa e pervertisse quella morale; peggio ancora se impedisse alla Chiesa di avere le sue scuole». «In quanto tocca la morale, l’educazione è, o dovrebbe essere, unica, dalla famiglia allo Stato, dalla parrocchia alla professione; l’educazione che trae norma dalla legge di Dio e costruisce su questa le leggi dell’uomo: un’educazione, la cui anima è una fede trascendente che, come tale, strappa gl’individui all’individualismo e li collega tra  loro, per l’impulso della giustizia e della carità. Come è stato detto da un pedàgogo illustre: “la vera cultura sociale è nata sul Golgotha”». (Igino Giordani, “Educazione e istruzione” in La società cristiana, Città Nuova,  (1942) 2010, pp. 108 – 111) (altro…)

Melbourne: insieme agli alcolisti

Melbourne: insieme agli alcolisti

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Kevin Kelly

«Ho pensato di fare qualcosa per gli altri quando ho conosciuto i Focolari. Ho aderito subito alla proposta di dedicare un po’ del mio tempo  al “The way”, un centro di accoglienza per persone alcoliste senza fissa dimora. È gente che ha trascorso una vita sulla strada ed ora è anziana o troppo malandata per affrontare da sola quel poco che resta della vita. Qui conosco Paddy, un giovane irlandese che aveva combattuto a fianco degli inglesi. Come molti ex- soldati non è più riuscito ad affrontare la vita normale e quindi a smettere di bere. In un momento di lucidità mi racconta che non ha mai sparato per uccidere, ma solo mirato alle gambe. Una sera mi rendo conto che sta davvero male e che non avrebbe superato la notte. Chiamo un amico sacerdote che riesce a dargli l’unzione degli infermi. Insieme poi lo laviamo e lo prepariamo per la sepoltura. Prenderci cura di Paddy, che dopo tanta sofferenza è ora nella pace, è per noi come deporre Gesù dalla croce. Lo facciamo con la stessa sacralità. In seguito conosco Peter, un medico dell’ospedale St Vincents col quale condividiamo le esperienze con gli alcolisti. Lui è intenzionato ad aprire un centro non ospedaliero per la riabilitazione dall’alcool e mi chiede se voglio interessarmi della gestione di questa nuova struttura. D’accordo con mia moglie, chiedo 3 anni di aspettativa dal servizio pubblico dove lavoro e inizio una stretta relazione con il personale dell’ospedale per creare le giuste condizioni per aprire il nuovo centro. Dopo molte consultazioni si apre in un vecchio pub a Fitzroy. Il personale è composto da un infermiere con grande esperienza nel settore, alcuni professionisti in vari campi, ma soprattutto da ex alcolisti: persone meravigliose, onesti con se stessi e con gli altri; grazie alla loro esperienza sono di grande aiuto agli utenti, soprattutto nella prima fase di astinenza. 20161014-01Lavorare con loro è un’esperienza davvero interessante. Quasi tutti hanno ottenuto la sobrietà attraverso “Alcolisti Anonimi” ed ora sanno come comportarsi con chi c’è ancora “dentro”. Sono esseri umani speciali, persone che nell’accettazione della loro condizione, sono riusciti ad uscirne trasformandone in positivo la sofferenza. Ad un certo punto ci rendiamo conto che alcuni utenti abituali, persone senza fissa dimora e indigenti, si rivolgono al centro soltanto per smaltire la sbornia, per poi tornare alle loro vecchie abitudini. Questo comportamento, per gli ex alcolisti che investono così tanto per aiutare le persone a recuperarsi, è molto difficile da accettare. Grazie al rapporto fraterno che si è stabilito fra di noi, posso condividere con loro un semplice ma rivoluzionario insegnamento di Chiara Lubich: “vederci l’un l’altro ogni giorno con occhi nuovi, come persone nuove”. La maggior parte dei collaboratori, non senza difficoltà, accetta di far suo questo principio. E gli effetti non tardano ad arrivare: un utente abituale, con il record per numero di presenze, trattato da noi ogni volta come una persona nuova, quando meno ce lo aspettiamo decide di smettere. Si lascia aiutare e, nello stupore di tutti, continua a mantenersi sobrio anche nel lungo periodo, aiutando a sua volta altre persone. Vivere a contatto con gli alcolisti mi dà l’opportunità di condividere la loro sofferenza e il ruolo di essa nello sviluppo delle persone. E anche di testimoniare l’importanza di accettare e di amare ogni persona al di là di come si presenta, dando a ciascuna tutta la fiducia di cui ha bisogno». (altro…)

Gen Verde: Tessendo insieme il futuro

Gen Verde: Tessendo insieme il futuro

Gen Verde_LoppianoLab-01Intonato stavolta alla “powertà”la povertà delle ricchezze e la ricchezza delle povertà – ha riaperto il suo cantiere LoppianoLab 2016, uno spazio dove nessuno è solo spettatore. Col filo della cultura dell’unità si intrecciano persone e istituzioni, idee ed esperienze e si prova insieme a ricucire strappi e a tessere un domani più fraterno nei vari campi del vivere. «Quest’anno – è stata una novità – abbiamo proposto “Giovani in action!”, workshop artistici aperti a chi più di tutti, per condizione anagrafica, è in cerca di un futuro diverso», racconta Mileni del Gen Verde. Così 160 giovani, tra cui italiani e una cinquantina provenienti da diverse parti del mondo coinvolti in un’arricchente esperienza d’interculturalità, hanno collaborato uniti da un clima familiare d’ascolto, fiducia, contatto senza pregiudizi. «Hanno provato – ancora Mileni – a “capire l’esigenza di chi ci sta accanto e non solo la nostra”, come ci hanno detto. E anche: “Possiamo scegliere: o ignorare chi ha difficoltà oppure aiutarlo”; e soprattutto hanno scoperto il miracolo dell’“insieme”, e le ricchezze da condividere poi nella povertà di ogni quotidianità». Quando è stato chiesto loro: «Avete scoperto qualcosa di nuovo con questo lavoro?», hanno risposto: «Abbiamo capito il valore della solidarietà, dell’aiuto reciproco nel lavoro di squadra, il senso di responsabilità davanti al gruppo e di fiducia reciproca anche per raggiungere un migliore risultato». E poi: «il superamento della barriera della lingua o di chi è di un’altra città cercando una comunicazione sincera e attenta. L’affrontare i momenti di scoraggiamento, di fallimento, scoprire il valore della gioia o del cantare, danzare e suonare insieme».  E cosa userai nella tua vita quotidiana di ciò che hai sperimentato qui? Parlano ancora i giovani: «Ascoltare e fidarsi degli altri senza guardare me stesso». Un altro ha detto: «Abbiamo acquistato più fiducia in noi stessi e abbiamo capito che le persone non sono sempre come appaiono dall’esterno. Possiamo eliminare i pregiudizi sfruttando un clima socievole per integrarci meglio con gli altri». Gran finale, la performance insieme ai giovani offerta dal Gen Verde la sera conclusiva, in un Auditorium gremito di circa 900 persone, dove nessuno è rimasto seduto. Ascolto profondo, partecipazione e un’esplosione di gioia per tutti. Qualcuno diceva: «Ho apprezzato lo stile fresco, attuale, coinvolgente del concerto», e poi: «Ho sentito la forza nella diversità, è stato bellissimo. Alla fine avrei voluto dire tante cose, ma sono stato in silenzio. Silenzio per meditare tutti i valori che ci avete trasmesso».

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50 anni dei Focolari in Portogallo

50 anni dei Focolari in Portogallo

La conclusione delle celebrazioni si svolgerà il 5 e 6 novembre a Fátima Domenica 6 novembre, sarà un giorno di Festa alla quale invitiamo tutti gli amici del Movimento dei Focolari convite50anos-dia6 Il programma: 11,30 – Messa | Auditorium del Centro Paulo VI 13,15 – Pranzo 15,30 – Festa commemorativa dei 50 anni del Movimento dos Focolares em Portugal | Auditorium del Centro Paulo VI 17,30 – Conclusione Sarà per noi motivo di grande gioia potere avere con noi la presenza di tanti amici! Iscrizioni : Per il 5 e 6 novembre qui – Solo per il 6 novembre qui   Per ulteriori informazioni:   50anos@focolares.pt tel: +351 263 790 676 (altro…)

Iraq, prove di rinascita

Iraq, prove di rinascita

20161013-01Instabilità politica, precarietà economica, corruzione, estremismo religioso, riduzione dell’offerta educativa. Sono solo alcune delle cause che spingono la popolazione irachena ad una migrazione senza precedenti. Oggi rimanere in Iraq è una scelta davvero difficile. Specie se sei cristiano. Eppure l’Iraq dispone di notevoli risorse naturali e il suo popolo è ricco di umanità e di grande capacità di inclusione. Basti pensare alla pluralità delle culture, di lingue, religioni, alle varie etnie che per secoli hanno saputo convivere in pace. Habitat del patrimonio cristiano fin dalle sue origini, da duemila anni l’Iraq è stata la casa naturale di comunità cristiane molto vive. Con l’imperversare delle guerre sono però diventate, oggi, oggetto di discriminazione e persecuzioni. L’evento più atroce è stato due anni fa, quando estremisti ISIS hanno preso Mossul e tutta la pianura attorno: in poche ore migliaia di cristiani hanno dovuto abbandonare le loro case e, con i soli vestiti addosso, fra mille disagi e pericoli, sono dovuti sfollare e poi emigrare verso la Giordania o il Libano dove hanno trovato asilo in improvvisati campi profughi. Secondo alcune statistiche i cristiani in Iraq erano un milione e mezzo (2003), oggi non raggiungono i 300.000. Anche la comunità dei Focolari ha subito gli effetti devastanti di questa barbarie. Ma sia quelli che hanno lasciato il Paese, sia chi è rimasto – concentrati nelle città di Erbil, Baghdad e Bassura, e a Dohuk – cercano di trasmettere pace ovunque, costruendo ponti di solidarietà. Tuttavia, mentre ai convegni estivi di più giorni tipici dei Focolari, le Mariapoli, in passato c’erano oltre 400 persone, a quello tenutosi dal 9 all’11 settembre di quest’anno erano appena in 40. Ma il calo numerico non ha influenzato il profilo qualitativo, decisamente cresciuto in intensità e profondità, anche perché il tema centrale metteva l’accento sui rapporti interpersonali da vivere all’insegna della misericordia. Ospiti di un convento a Sulaymaniya, vicino al confine con l’Iran, i partecipanti hanno vissuto tre giorni di vere e proprie esercitazioni nell’amore reciproco. Racconta Rula, focolarina giordana del focolare di Erbil: «Abbiamo pregato, giocato, passeggiato in un’atmosfera di famiglia, sperimentando la vera comunione. Nel momento dedicato alla famiglia è scattata una tale condivisione che ha permesso di parlare del rapporto di coppia, della sfida dell’immigrazione, della conciliazione lavoro-famiglia, dell’educazione dei figli… Mentre i giovani, attraverso coreografie, hanno mostrato come diventare ponti l’uno verso l’altro». La Mariapoli ha avuto anche la presenza del vescovo di Baghdad mons. Salomone, che ha infiammato tutti con le sue parole: «Gesù ci chiede di essere lievito per questo mondo. Sono contento che abbiate scelto questa città per incontrarvi perché, anche se siete pochi, sicuramente lascerete qui la tipica impronta di chi è seriamente impegnato a vivere il Vangelo». Il focolare cerca di sostenere quanti sono rimasti, come anche chi si decide per la partenza, proprio perché sa che non è facile, specie per i giovani, vivere senza poter progettare il proprio futuro. «Vediamo che nonostante siano all’estero continua Rula –  vogliono ancora rimanere in contatto. Un giovane, da un campo rifugiati ci ha scritto che la spiritualità dell’unità è l’unica luce che lo sostiene e che il cercare di amare gli altri dà un senso alla snervante attesa che sta vivendo». Fra le tante esperienze condivise in Mariapoli, emblematica quella di un chirurgo di un ospedale pubblico. Poiché i medici non ricevono regolarmente gli stipendi, essi cercavano di programmare gli interventi nel pomeriggio, quando cioè sono a pagamento. Ma lui ha deciso di aiutare il maggior numero di persone possibile e fissa tutti i suoi appuntamenti al mattino. All’inizio i colleghi lo criticavano, ma poi piano piano hanno deciso anche loro di fare come lui. (altro…)

Lionello Bonfanti

Lionello Bonfanti

Lionello_BonfantiLionello nasce il 10 ottobre 1925, a Parma, in una famiglia benestante da cui riceve un’educazione basata sull’onestà e autenticità. Frequenta il liceo negli anni segnati dalla seconda guerra mondiale, nei quali avverte una particolare “attenzione” verso i problemi sociali e civili. Nel ‘43 s’iscrive alla facoltà di Giurisprudenza e si laurea nel ‘47 a pieni voti e con la lode, dopo un periodo d’interruzione che trascorre in prigione per aver aiutato il movimento partigiano. Dopo la guerra si occupa con impegno delle attività formative e culturali della FUCI (Universitari Cattolici Italiani) e delle attività politiche della Democrazia Cristiana, non trascurando l’assistenza ai poveri nella Conferenza di S. Vincenzo. Ma teme l’imborghesimento. Aderisce quindi ad una iniziativa che riunisce giovani desiderosi di un approfondimento spirituale alla luce del Vangelo. Lì viene a conoscenza della spiritualità dell’unità di Chiara Lubich e, nel gennaio del ’50, incontra Ginetta Calliari, una delle prime focolarine. «Ella ci parlò assai semplicemente ma con grande convinzione. (…) Il cristianesimo che mi veniva esposto era così fresco ed affascinante che quasi mi pareva di ascoltare per la prima volta cosa fosse il cristianesimo stesso », ricorda. Insieme a questa crescita spirituale ne segue anche quella professionale: diventa il più giovane pretore d’Italia. Nel ’53 partecipa alla Mariapoli estiva, dove si approfondisce la spiritualità dell’unità. Incontra Chiara Lubich, Pasquale Foresi e Igino Giordani. Sono giorni che segneranno per sempre la sua vita. Li ricorda così: «Quella convivenza, pur essendo di piccole dimensioni, aveva una sua completezza: c’erano vergini e coniugati, sacerdoti e operai. Poteva essere modello della più grande società, avendo in sé una legge di valore universale. Vidi in quel “corpo” di persone unite in Cristo, pur nella povertà dei mezzi materiali, pur composto da persone non prive di difetti e di ingenuità, un organismo in cui il Signore aveva deposto una luce, una legge, una ricchezza destinate a dilagare in tutto il mondo (…)». In quel convegno decide di seguire Dio nel focolare. Nel ‘61 fa un passo che suscita scalpore: lascia la professione (nel frattempo era stato nominato Sostituto Procuratore della Magistratura a Parma) per dedicarsi completamente al Movimento. Il settimanale Gente pubblica un articolo su questo Magistrato che «aveva lasciato la toga per la Bibbia». Nel ‘62 riceve il «Premio della bontà» dalla Regione Emilia.

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Loppiano: Lionello Bonfanti e Renata Borlone

Troviamo Lionello a Roma, alla prima scuola internazionale di Grottaferrata, quindi a Torino e poi nella cittadella di Loppiano nel ‘65 dove, per 15 anni, insegna ai giovani focolarini e dedica tutto se stesso allo sviluppo della nascente cittadella con “l’amore reciproco come legge fondamentale”. Diventa sacerdote nel ’73 e per lui si tratta di «essere al servizio del carisma, essere una trasparenza d’amore, essere “più Gesù” per gli altri». Nell’ ‘81 ricopre vari incarichi al centro del Movimento a Rocca di Papa. Dopo la licenza in Teologia e Diritto Canonico, diventa un esperto di associazioni laicali, svolgendo un’opera preziosa di consulente per la formulazione degli Statuti del Movimento dei Focolari (Opera di Maria), a contatto con i migliori canonisti della Santa Sede. Nell’estate dell’ ’86 gli viene diagnosticato un tumore e spesso gli ritornano alla mente e al cuore alcuni pensieri di Chiara Lubich, specie uno su Maria: «È tutta bella l’Ave Maria in ogni sua espressione, ma oggi io vorrei suggerire di sottolineare con il cuore in modo particolare la duplice richiesta: “Prega per noi peccatori adesso” e “nell’ora della nostra morte”, affinché Maria ci assista con la sua intercessione presso Dio in ogni nostro attimo presente e perché in quel momento importante, che è la morte, sia presente presso di noi in modo speciale». Muore improvvisamente l’11 ottobre. C’è chi l’ha definito “uomo delle Beatitudini”, perché proprio in esse lo troviamo rispecchiato: nella purezza di cuore, nella mitezza, nella misericordia, nella pace, nella fame e sete della giustizia. La frase del Vangelo che ha orientato la sua vita è, infatti, “Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt 6, 33). (altro…)

Senza diritto di cittadinanza – di Silvano Gianti

Senza diritto di cittadinanza – di Silvano Gianti

Senza diritto di cittadinanzaTra autobiografia e cronaca il libro racconta le storie di tanti che vivono ai bordi delle strade in un «anonimato assordante», nel vuoto della desolazione e della sofferenza. A quei tanti, incontrati nei suoi interminabili giri tra le piccole e le grandi città del Nord del Paese, l’Autore prova a dar voce, ricostruendo pezzo dopo pezzo la realtà viva e cangiante delle periferie dell’esistenza. Ne emerge un caleidoscopio di vite vissute e condivise da chi sempre nella pienezza esistenziale per spirito di solidarietà o per senso di giustizia dedica la propria vita a migliorare le condizioni di uomini e donne che il degrado urbano e l’indifferenza della gente hanno privato del loro diritto di cittadinanza. Silvano Gianti è nato a Cuneo nel 1957. Da sempre attento a chi vive in situazioni di povertà e di disagio, ha vissuto in diverse città d’Italia e abita attualmente a Genova, dove lavora per “Città fraterna”, una onlus che sostiene i disoccupati del capoluogo ligure. Ha pubblicato in passato sul «Sole 24 ore» online, dal 1978 scrive sul settimanale diocesano «La Guida» e collabora con la rivista «Città Nuova». La collana Vite vissute: storie di uomini e donne del nostro tempo che hanno scelto, con coraggio e determinazione, di agire per il bene comune. Città Nuova Ed.

Congresso Gen 2 Mondiale

Il Congresso, che è triennale, quest’anno celebra il 50° del Movimento Gen: “generazione nuova” del Movimento dei Focolari. Nel 1966 Chiara Lubich propose ai giovani che facevano parte del Movimento “Una rivoluzione d’amore”, che, espliciterà poi, ha per fine concorrere alla realizzazione del testamento di Gesù: “Che tutti siano uno”. Dall’adesione di migliaia di giovani in tutto il mondo a questo programma, è nato il Movimento Gen. Ora è sparso in tutto il mondo con appartenenti alle più diverse culture, estrazioni sociali, religioni ed anche non professanti un credo religioso. (altro…)

Attivata emergenza umanitaria per Haiti

Attivata emergenza umanitaria per Haiti

Haiti La tempesta più violenta degli ultimi anni che ha investito l’Isola, già così provata, ha causato almeno 900 vittime. Ora incombe un pericolo ancora più grave e cioè le epidemie, e il colera in particolare. Wilfrid Joachim Joseph, referente SAD ad Haiti – sostegno a distanza, portato avanti dalle Famiglie Nuove –  ci fa sapere che nei dintorni di Mont-organisé, zona rurale nel distretto di Ouanaminthe, a Nord-Est di Haiti, «Il ciclone Matthew, dove AFN (Azione Famiglie Nuove) sostiene a distanza tanti bambini, non ha fatto vittime, ma molti danni alle costruzioni. In particolare alle fattorie e alle stalle, con gravi conseguenze dovute alle poche fonti di sostentamento della popolazione che, proprio perché rurale, vive di agricoltura e allevamento”.   Immediatamente il Movimento dei Focolari si è attivato per sostenere con aiuti di ogni genere le vittime di questa grave calamità naturale.  Il “Coordinamento aiuti per le emergenze umanitarie”, segnala i seguenti conti correnti per chi vuole dare il proprio contributo per Haiti, specialmente per le comunità dei Focolari: Azione Haiti (altro…)

Il coraggio di perdonare

Il coraggio di perdonare

Reconciliation by Josefina de Vasconcellos at Coventry Cathedral

Foto: Riconciliazione di Josefina de Vasconcellos (Coventry Cathedral)

La Parola di vita di questo mese ci invita a non rispondere all’offesa con l’offesa  ma – come  suggerisce Chiara Lubich – «con un atto di volontà e di lucidità, quindi di libertà, accogliere il fratello così com’è, nonostante il male che ci ha fatto, come Dio accoglie noi peccatori, nonostante i nostri difetti». Alcune brevi testimonianze: Quel muro è crollato «Ho passato un’infanzia ed una giovinezza molto triste, al punto da non conservare neanche un ricordo positivo. Anche da sposata i rapporti con la mia famiglia d’origine mi lasciavano sempre una profonda amarezza, solo critiche e disprezzo. Non è stato facile dimenticare, ma intanto ho cercato di fare mio il motto evangelico: dare senza attendere la ricompensa. Un giorno i miei genitori sono venuti a passare le vacanze da noi. Ho deciso di andare incontro ai loro gusti, senza aspettarmi nulla. Ho baciato mia madre, cosa che non avveniva più dalla mia infanzia. Lei mi ha abbracciata e le sono venute le lacrime. Ho sentito crollare il muro che ci divideva. E papà il giorno del suo compleanno ha voluto che mettessi la musica da lui preferita e che danzassi con lui. Una grande conquista quest’armonia con i miei!» (Margherita – Svizzera) Un litigio finito in dolcezza «Da mia sorella avevo saputo che i nostri genitori avevano litigato. Da tre giorni non si parlavano e papà rifiutava di mangiare il cibo che la mamma preparava. Arrivata a casa, subito ho avvertito un’atmosfera pesante. Senza fare domande, mi sono messa a servire concretamente sbrigando alcuni lavori;  alla prima occasione in cui mi sono trovata da sola con mio padre, ho cercato di sapere da lui cos’era successo. Si è confidato con me e così anch’io ho potuto dirgli il mio impegno nel cercare di vivere le parole di Gesù. Quando ho accennato al perdono, di cui Lui ci ha dato l’esempio, si è fatto più attento. Alla fine ci siamo messi d’accordo che quando sarebbe tornata la mamma l’avrebbe accolta bene. Dalla finestra della cucina ho assistito alla scena di lei che rientrava e di mio padre che le chiedeva con dolcezza com’era andato il lavoro». (P. F. – Camerun) Un semplice “ciao” «Da un po’ di tempo c’erano incomprensioni tra me e una sorella al punto che ci eravamo tolti il saluto. Un giorno ho deciso di fare io il primo passo per riconciliarci. Ma era tutt’altro che facile: in fondo ero il fratello maggiore, avevo la mia dignità… Dopo una notte agitata, alla mattina in cucina le ho detto “ciao”, ma così sottovoce che lei non ha sentito. Prendendo coraggio ho ripetuto con più forza il “ciao”. Lei è rimasta sorpresa e subito abbiamo fatto pace. Per la gioia e il senso di liberazione mi son messo poi a canticchiare». (Dolfi – Italia) (altro…)

Apertura del V Centenario della Riforma

Where is God in Suffering?

where_is_god_in_suffering_website_coverAuthor: Fr Brendan Purcell

In Where is God in Suffering? philosopher Brendan Purcell considers ways in which we can meaningfully reconcile our faith in God with a world that often appears to be plagued by great tragedy. In this deeply personal and impassioned book, the author explores stories of historical figures and characters in literature whose unyielding faith in the face of great personal suffering provides solace for people today.

From Viktor Frankl and Etty Hillesum, both of whom endured the untold torments of concentration camps, to the terminally ill teenager Chiara Luce Badano, whose trust in God never wavered, Where is God in Suffering? provides an impassioned rejoinder to commentators such as Stephen Fry and Peter Singer who doubt or deny the existence of God. Also included are touching accounts of the lives of friends whom the author has known over the years, and whose great stoicism and faith in adversity will provide inspiration to all those who share in their story.

Orders and enquiries – New City Press

Argentina: gli effetti del “Rischiare”

Argentina: gli effetti del “Rischiare”

2016-10-09-PHOTO-00000048«La festa è stata un’esperienza incredibile! Ha colpito nel segno, nel mio cuore, e ci ha permesso di godere un bellissimo clima di fraternità che aiuta a ricaricare le batterie!». «Mi sono resa conto che posso decidere se restare nella caverna o uscirne. Ho scoperto quanto è importante aprirmi e condividere con altri quello che succede dentro di me». «Nel gruppo di giovani della cittadella ho riconosciuto una grande vitalità, radicalità, gioia, profondità, capacità di affrontare le difficoltà…». «È stata un’esperienza molto bella. Parto con la convinzione che è possibile vivere una vita diversa e che non siamo soli nello sforzo di essere quelli che realmente vogliamo essere e rischiare». Ecco alcune delle espressioni dei mille giovani riuniti, il 24 e 25 settembre scorsi, per la Festa dei giovani 2016, presso la Cittadella Lia – Argentina dei Focolari immersa nella pampa. Si tratta ormai di un appuntamento tradizionale che si ripete ogni anno con la potenza creatrice che i giovani sanno esprimere quando si tratta di trasmettere ad altri gli ideali per i quali vogliono spendere la vita. Quest’anno, all’edizione 2016, attratti dal motto “Rischia, quello che cerchi esiste”, sono arrivati oltre 1000 giovani da Paraguay, Uruguay, Cile, Brasile e da varie città dell’Argentina. In che consiste questa proposta? In un’esperienza di fraternità, che parte dal condividere per 48 ore lo stile di vita evangelico che caratterizza questa cittadella permanente del Movimento dei Focolari, nella quale attualmente vivono 85 giovani di 17 paesi, oltre a famiglie e adulti. Non solo. Si condivide un’esperienza e, attraverso la musica, il teatro e la danza, si mettono in comune anche le attuali problematiche in cui si trovano immersi i giovani: i rapporti familiari, lo studio, i successi e i fallimenti della vita, le dipendenze, i momenti di dolore, e soprattutto l’incontro con un Dio vicino, che ha una risposta personale per ciascuno. Ma l’idea non finisce lì: si cerca di coinvolgere tutti nella costruzione di un mondo unito senza distinzione di fede o di religione. 2016-10-09-PHOTO-00000047Quest’anno il programma prevedeva una combinazione di teatro, musica e testimonianze, il tutto sotto un’immagine emblematica che campeggiava a grande scala all’ingresso della sala nella quale si svolgeva la presentazione, con un cartello che incitava tutti: RISCHIA! Il linguaggio scelto per trasmettere le esperienze e costruire le scene di teatro, era diretto e ha interpellato ciascuno personalmente. Le canzoni, cantate con molta energia e un ritmo coinvolgente, hanno aiutato a fare la sintesi di questo impegno nella ricerca di qualcosa di grande per ognuno. I momento vissuti insieme fuori dalla sala, come la visita alla cittadella, i pranzi, le passeggiate, sono serviti per dar spazio a questo scambio tra giovani latinoamericani che hanno dimostrato il loro desiderio e la loro capacità di costruire un mondo unito, una società per tutti. Alla fine, la proposta lanciata ad ognuno dei partecipanti, di moltiplicare queste spazio di fraternità in ogni angolo del pianeta in cui viviamo. Gli echi non si sono fatti attendere: «Dal Paraguay voglio ringraziarvi perché ci avete fatto vivere giornate indimenticabili. Siamo emozionati e disposti ad accettare la sfida!». «Stamattina, mentre ero sull’autobus per andare al lavoro  –  scrive un altro giovane partecipante – mi tornavano in mente i giorni vissuti insieme e mi veniva voglia di vivere bene la giornata di oggi, di dare quel di più, di rischiare».   Fonte: Cono Sur online (altro…)

LoppianoLab 2016: accogliere il grido degli ultimi

LoppianoLab 2016: accogliere il grido degli ultimi

29418288973_c48e8c63ca_zNon è un errore la scelta della “W” all’interno del titolo ma è una sfida lanciata alle migliaia di partecipanti presenti e a quanti si sono collegati via streaming. Se da una parte c’è un’Italia dove i cosiddetti poveri assoluti sono aumentati del 130% in sette anni, dove ogni giorno le sue coste meridionali fanno da ponte alle centinaia di migliaia di migranti che fuggono dalla miseria e dalle guerre. Dall’altra parte c’è tutta la voglia di mettersi in gioco: volontari, associazioni, giovani che vogliono sperimentare nuove forme di impresa per aiutare le persone dall’emergenza quotidiana. Sì, perché l’impegno (come “dare qualcosa in-pegno”, con le parole di Alberto Frassineti, uno dei fondatori del Polo Lionello), è lo spirito che anima coloro che hanno portato le loro esperienze nel corso delle iniziative in programma per Loppianolab 2016: economia, ma anche politica, welfare, immigrazione, comunicazione, tecnologia e istruzione.  L’iniziativa, che ha visto promotori il  Polo Lionello Bonfanti , il Gruppo Editoriale Città Nuova, l’Istituto Universitario Sophia e la Cittadella di Loppiano, è nata nel 2010 con lo spirito di concretizzare un laboratorio nazionale che mettesse in  moto, come ha augurato nel suo messaggio Maria Voce, Presidente dei Focolari , “le qualità che hanno fatto grandi gli italiani,  la creatività e l’industriosità, l’accoglienza e la solidarietà, la cultura e l’arte”. 29417421254_790b3fde4a_zEsperti del mondo della cultura, dell’economia e della politica si sono alternati nei diversi momenti previsti dal programma, insieme alla tante voci della società civile tramite le iniziative promosse dalle centinaia di associazioni, singoli e comunità, rafforzando e mettendo in rete persone appassionate nel tradurre in prassi idee, progetti, stili di vita. Tre giornate, tre focus per accogliere diverse sfide: quella dell’innovazione tecno-scientifica, dello sviluppo e della povertà per reinventare la pace. E proprio a LoppianoLab sono stati festeggiati due anniversari importanti, il progetto di Economia di Comunione (EdC) per il suo 25° anno di vita  e quello della rivista dei Focolari, Città Nuova, che compie 60 anni. Trenta workshop multitematici, tre dirette via streaming, laboratori anche per bambini e adolescenti: “Loppiano Kids. È tempo di dare” con una serie di incontri sui temi della povertà, della solidarietà e dell’ecologia, e “Loppiano Young” con performance ed esibizioni artistiche curate dalla band internazionale Gen Verde. Jesús Morán,30061539755_311f8c2ac8_z copresidente dei Focolari e filosofo, ha chiuso l’ultimo giorno parlando delle tre sfide che oggi l’umanità si trova ad affrontare, quelle della globalizzazione e della post globalizzazione, la sfida antropologica, del “post umano”,  e per ultima quella umanitaria, del sub-umano, sfida che ci interpella ad elaborare una “cultura della resurrezione”, per assumere fino in fondo il dolore dell’uomo che soffre. La domanda che ci dobbiamo porre  – secondo Morán – è quanto spazio diamo, nella nostra vita, agli ultimi, agli “abbandonati” di oggi? Infine, durante il forum “La ricchezza delle povertà invisibili”, è stata lanciata la proposta di costituire un osservatorio sulla povertà che, sulla base di un piano di lavoro biennale, sviluppi un sistema informativo per monitorare gli effetti degli aiuti dell’EdC a livello globale, e studi  alcuni casi specifici significativi per i risultati ottenuti o le metodologie adottate.   Leggi anche: Città Nuova online: Speciale LoppianoLab Loppiano Economia di comunione (altro…)

Jesús Morán a LoppianoLab

Jesús Morán a LoppianoLab

29978451031_76dd1ba51d_zLa necessità di lavorare per la costruzione di un “noi poliedrico”. Promuovere la cultura del dialogo e dell’incontro per tutelare chi vive in condizioni sub-umane. La storia dell’umanità può essere letta anche come la storia del concetto del “noi”. Questo pronome, secondo quanto spiegato nell’incontro per la pace di Assisi dal filosofo Zygmunt Bauman, inizialmente includeva poche persone e definiva chi non faceva parte del gruppo col pronome “loro”. Il numero di quanti facevano parte del “noi” è andato via via crescendo, fino ad arrivare, in questi anni globalizzati, a poter includere – al limite – tutti, ma aprendo così un nuovo capitolo: come gestire questo “noi”? Partendo dalle parole di Bauman, il filosofo Jesús Morán Cepedano, copresidente del Movimento dei Focolari, nel corso dell’evento conclusivo della settima edizione di Loppianolab 2016, ha sottolineato la necessità di rendere più personale e denso di relazioni questo “noi”. Grazie alla globalizzazione, il “noi” attualmente costituito sembra essere tale solo a livello interpersonale, di convivenza, societario. Certo, è già un bel passo avanti, ha sottolineato Morán, ma è «sfasciato, rotto, ferito», proprio in quanto impersonale, e per tali motivi rischia di essere manipolato. Emerge la necessità, per l’umanità stessa, di compiere un ulteriore passo in avanti. Bisogna “personalizzare” questo noi, conservando la soggettività delle singole persone, ma anche dei popoli e delle culture, cercando di realizzare un «noi poliedrico e non sferico», secondo la terminologia utilizzata da papa Francesco. Dunque, per Morán la questione vera non sarebbe quella di continuare ad espandere il concetto del “noi”, ma di elevarlo, di personalizzarlo. Ma come? L’importante, ha aggiunto, è creare «spazi di personalizzazione del noi e farli dilagare ovunque nel mondo». La stessa cittadella internazionale di Loppiano è, pur nei suoi limiti, un esempio di spazio mondializzato con la personalizzazione del noi, in cui si può essere persone e nel quale non si vive un noi impersonale. «Il futuro dell’umanità si gioca su questo e io sono ottimista – ha affermato –. È un processo molto positivo e cruciale», ma «se non si compie questo passo in avanti il noi si autodistrugge». L’umanità, ha aggiunto il copresidente dei Focolari, complessivamente ha tre grosse sfide da affrontare. La prima è quella della post globalizzazione. Morán la definisce la sfida del “trans globale”: vivere cioè la globalizzazione in modo poliedrico, senza gruppi di potere egemonici, in un contesto di vera comunione, alba dell’uomo-mondo, concetto tanto caro a Chiara Lubich, per arrivare al quale occorre promuovere una cultura del dialogo e dell’incontro. La seconda sfida è antropologica, quella del “post umano”, che richiede – ha affermato il filosofo spagnolo rilanciando l’espressione dell’economista Stefano Zamagni – anche un’operazione culturale notevole. Serve un nuovo umanesimo, processo che richiede da noi esperienza, vita, pensiero e un altro tipo di cultura: quella della differenza. Una cultura capace di pensare la differenza, diversa dal pensiero debole, che è incapace di fare ciò e che porta all’omogeneizzazione. La terza sfida che l’umanità si trova a dover affrontare è quella umanitaria, indicata dall’economista Luigino Bruni. Parliamo, ha detto Morán, del “sub-umano”, di quei milioni e milioni di persone che, cioè, non vivono una vita umana all’interno di quel grande “noi” che è l’umanità. Quella del sub-umano è una grande sfida che ci interpella ad elaborare una cultura della resurrezione, per assumere fino in fondo il volto dell’uomo che soffre. La domanda che ci dobbiamo porre è: quanto spazio diamo, nella nostra vita, agli ultimi? La cultura dell’umanità – ha concluso il filosofo – indica di andare incontro agli “abbandonati” di oggi, alla cultura del sub-uomo. Non si avrà vera unità se non si affronterà, vincendola, anche questa sfida. Di Sara Fornaro Fonte: Città Nuova