Movimento dei Focolari
Anche oggi ho amato

Anche oggi ho amato

«[…]S’avvicina Pasqua e ci sembra che sia appena passato Natale. Ho l’impressione che il tempo fugga velocemente e sento nel profondo del mio cuore – ve lo confido – che mi rassegno a lasciarlo fuggire purché sia tutto amore. Purché cioè la sera di ogni giorno possa dire: “Anche oggi ho amato” […] In questa Pasqua che ci ricorda come Gesù dopo morto è risorto e come anche noi risorgeremo un giorno anche col corpo, vorrei che tutte voi vi impegnaste a poter dire ogni sera: Anche oggi ho amato. […] Noi non sappiamo quanti giorni abbiamo ancora, ma come sarebbe amaro avvicinarci alla morte con pochi giorni vissuti nell’amore. Quale rimpianto! Diremo: “Potevo amare e non ho amato”. Ecco dunque Pasqua a ricordarci che ogni giornata nostra deve essere come una resurrezione: sempre su, sempre pronta ad amare chiunque incontriamo senza guardare se ci piace o meno. Amare, amare, amare . Non stancarci mai di amare. Non smettere mai la nostra rivoluzione. Questo ci darà una grande gioia che ci farà gustare la festa di Pasqua perché è la festa dell’Alleluia. Come i primi apostoli e cristiani andavano a dire a tutti che Cristo è risorto (e quindi anche noi risorgeremo) così chi ci conosce deve poter dire che noi siamo risorte spiritualmente da una vita senza senso ad una vita piena di luce e di fuoco». Fonte: Centro Chiara Lubich (altro…)

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La Fazenda da Esperança e il “carisma” dell’unità

Maria Voce con Nelson Giovannelli

“Fazenda da Esperança”: una storia lunga 30 anni, da quando un giovane, Nelson Giovannelli, mosso dalle parole dell’apostolo Paolo “Mi sono fatto debole con i deboli…”, ha avvicinato un gruppo di giovani tossicodipendenti del suo quartiere col desiderio di fare qualcosa per loro. Nella sua azione è stato assistito fin dai primi passi da Padre Hans Stapel (Frei Hans), dalla cui testimonianza Nelson aveva preso coraggio. Oggi le “Fazendas” si sono moltiplicate in tanti Paesi e svolgono un’azione importante di recupero dalla strada e rinascita a partire dall’insegnamento del Vangelo, al punto che un vescovo brasiliano le ha definite “un santuario della Nuova evangelizzazione!”. Il 15 aprile, in occasione del viaggio di Maria Voce e Giancarlo Faletti in Brasile, si è vissuto un momento di profonda condivisione tra i giovani della Fazenda (oltre i 600 presenti, anche altri collegati via internet dalle 70 Fazendas nel mondo) e i rappresentanti dei Focolari. Apre l’incontro Frei Hans, confidando «l’esperienza di Dio» da lui vissuta con il recente ricovero. Poi musica, qualche tratto di storia degli inizi della Fazenda, esperienze, fitto dialogo. Commozione per le testimonianze presentate da chi è passato dall’inferno della droga. C’è chi, come Mario è giunto alla donazione a Dio, e alla fondazione di nuove comunità in altri Paesi dell’America Latina. Nel dialogo con Maria Voce e Giancarlo Faletti, i giovani hanno scoperto la spiritualità che sta alla radice della loro esperienza di recupero, il carisma dell’unità, che anima la vita stessa dei loro fondatori. È un dialogo in cui i giovani affidano le domande più profonde: sulle cicatrici che lascia l’esperienza passata, su sessualità e castità, e anche sul significato del carisma – inteso come dono attraverso una o più persone, per tutta l’umanità – della Fazenda in relazione all’esperienza di Chiara Lubich. Emerge qui la novità, che ha caratterizzato l’incontro: «Un carisma, frutto del carisma dell’unità – afferma Giancarlo Faletti – mostra la dinamica della vita di Dio in atto, la sua presenza nella storia dell’umanità. Venendo qui oggi stiamo facendo con voi una grande esperienza della ‘produttività” di Dio!’». E Maria Voce: «Pensando al carisma dell’unità – anche dopo aver incontrato qui in Brasile altri carismi che ne sono stati il frutto – lo vedevo come la radice di un albero con molti rami e ogni ramo con tanti frutti, ed ogni frutto mi sembrava un ingrandimento di un particolare». «Se penso alla Fazenda – continua – mi viene in mente il problema della dipendenza dalla droga e dico: è Gesù che ha assunto il dramma della droga, che grida l’Abbandono [del Padre]. Questa opera ha fatto suo solo questo particolare, ma è un grande particolare, e l’ha fatto diventare un’opera meravigliosa. Un’altra opera assume il particolare della carenza di istruzione dei bambini – anche l’ignoranza è assunta da Gesù nell’Abbandono – e dal carisma dell’unità nasce un’opera che fa una pedagogia nuova. Anche se la radice è nascosta e si vedono solo i rami e i frutti, la radice ne gioisce. E i frutti sono grati alla radice». Lo ribadisce Frei Hans, che auspica un intensificarsi della collaborazione reciproca, ed esprime l’esigenza che i formatori siano alimentati, come già avviene in alcune Fazendas, dalla spiritualità dell’unità. «Mi sembra – conclude Maria Voce – che tutti i carismi che stiamo conoscendo e tanti altri che non conosciamo e che nasceranno, stanno dentro al carisma dell’unità, perché legati dall’amore reciproco che fa vedere come è grande il particolare l’uno dell’altro, e insieme contribuiscono a compiere la preghiera di Gesù “che tutti siano uno”. Quindi dico: “Viva la Fazenda da Esperança!”». Approfondimenti sul viaggio di Maria Voce in Brasile su Area Riservata – Notiziario Mariapoli Website: www.focolares.org.br/sitenacional (altro…)

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Pasqua: risorgere a nuova vita amando il fratello

La resurrezione di Cristo che ci fa partecipi della sua vita ci obbliga a non disperare mai. Ci dà il segreto per rilevarci da ogni crollo, è il segno sacro, visibile, della nostra resurrezione. La nostra è una religione della vita: la sola da cui la morte sia stata vittoriosamente e, se noi vogliamo, definitivamente bandita. La quaresima è stata – o doveva essere – anche un esame di coscienza, attraverso cui potessimo contemplare quel che di negativo brulica sul fondo della nostra anima e della nostra società. In molti di noi vige un cristianesimo fattosi ordinaria amministrazione, senza palpiti e senza impeti, come vela senza vento. La resurrezione di Cristo deve essere motivo di rinascita della nostra fede, speranza e carità, vittoria delle nostre opere sulle tendenze negative. La Pasqua ci insegna a sconfiggere il male per rinascere. Rinascere ciascuno, in unità di affetti col vicino, e ogni popolo in concordia di opere con gli altri popoli. Nella grazia divina è la forza per rimuovere ogni forma di male. Gesù pregò – «…affinché tutti siano uno», l’amore culmina nella unità, e la stessa politica come sforzo che unifica è amore in atto, cristianesimo che si fa. E l’amore è la soluzione del dolore e della morte. Dove ci si ama non ci sono padroni e tiranni, ci sono fratelli che si comunicano beni del tempo e dell’eternità. Perciò amiamoci tra noi, rimpiazzando ogni ostilità con la ricerca del fratello, per aiutarci a vivere. Così risorgeremo. Igino Giordani in: Le Feste, Società Editrice Internazionale di Torino, 1954 Segnaliamo: “Un tweet dal passato: IN PRINCIPIO ERA IL NERBO…” Incontro dibattito a Roma, Collegio Capranica, mercoledì 30 aprile 2014, ore 16 e presentazione del libro: IGINO GIORDANI Storia dell’uomo che divenne Foco di Tommaso Sorgi, (Città Nuova, 2014) (altro…)

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Cittadelle nel mondo: Mariapoli Ginetta

La Mariapoli spicca per il verde in cui è immersa, l’armonia delle sue costruzioni. I suoi abitanti, oltre 200, provengono da diversi Stati del Brasile e da vari Paesi: Italia, Congo, Portogallo, Olanda, Germania, Perù, Ecuador. Chiara Lubich sognava, sin dagli inizi degli anni ’60, questi bozzetti di città moderne, non solo con case, scuole, chiese, ma anche con fabbriche, modelli di una convivenza di comunione, regolata dall’amore reciproco. Ed è qui, che nasce il primo Polo imprenditoriale, attuando questo “sogno”. È qui infatti, come molti sanno, che Chiara, nel 1991, lancia un progetto che prospetta una nuova economia, l’Economia di Comunione; e il polo imprenditoriale, quale “laboratorio” di una economia rinnovata, proprio nei pressi della cittadella. Profeticamente ne aveva così delineato il ruolo: “Una cittadella così – annota sul diario – in Brasile, dove il divario fra ricchi e poveri costituisce la piaga sociale per eccellenza, potrebbe costituire un faro e una speranza”.

La fede eroica dei pionieri, e di chi li ha sostenuti, ha calato nella storia questa profezia. Il polo, con le sue 6 imprese, è meta di studiosi ed economisti, ed ha attirato l’attenzione di politici di alto livello: dall’on. Franco Montoro, Consigliere della Repubblica, ex governatore di S. Paolo, al Vice Presidente della Repubblica Dr. Marco Maciel; ad un gruppo di parlamentari di vari partiti, membri della commissione mista per la lotta e lo sradicamento della povertà.

Maria Voce e Giancarlo Faletti vi si trovano per l’ultima tappa del loro viaggio in Brasile. Mentre visitano le aziende del Polo, un’imprenditrice ricorda Ginetta Calliari, una delle prime giovani che avevano seguito Chiara sin dagli inizi, a cui si deve molto per la diffusione del Movimento in Brasile e per il sostegno all’EdC. I due ospiti hanno avuto parole di grande ammirazione e gratitudine per l’attuazione del progetto. Maria Voce sottolinea il segreto del successo: “È la comunione, che precede ed è condizione per la produttività”. Quella comunione che regola i rapporti tra datori di lavoro e lavoratori all’interno dell’impresa, le altre imprese del Polo, tra i Poli nel mondo. La preoccupazione per la risoluzione della problematica sociale aveva spinto, sin dalla fine degli anni settanta, ad interventi diretti, in due aree nei pressi della Mariapoli: a Jardim Margarida che vi sorge proprio di fronte, e al Bairro do Carmo, dove si è stabilito da anni un nucleo di afrodiscendenti. Due centri sociali si dedicano soprattutto ai bambini e adolescenti nelle ore extra scolastiche, sottraendoli al rischio della violenza e della droga che li insidiano. Sorprendenti, i frutti. I cambiamenti nel comportamento, suscitati dalla pedagogia ispirata all’“arte di amare” che caratterizza le diverse attività – dallo sport all’informatica -, contagia anche le scuole comunali e sta suscitando un progressivo interesse delle istituzioni cittadine dando avvio a molte forme di collaborazione. Per produrre il cambiamento, non bastano le azioni, bisogna diffondere le idee tramite i mezzi di comunicazione. È una consapevolezza viva da oltre 50 anni, quando sono nate l’editrice e la rivista Cidade Nova, che hanno l’attuale sede nella Mariapoli. Il gruppo editoriale non è esente dalla crisi che investe l’editoria a causa della rivoluzione digitale. La presidente e il copresidente, ne danno un nuovo impulso. “L’evoluzione del Brasile è velocissima – osserva Giancarlo Faletti – sono indispensabili mezzi culturali che sappiano cavalcare la storia, senza esserne schiacciati, che sappiano leggerla e illuminarla con la luce del carisma dell’unità”. Approfondimenti di questa tappa del viaggio su Area Riservata – Notiziario Mariapoli Website: www.focolares.org.br/ (altro…)

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Auguri di Buona Pasqua

«In questa bellissima terra brasiliana, festa di fiori, di frutti, di vari colori e sapori, tutto parla di vita, di risurrezione, ed è spontaneo fare arrivare a tutti da qui gli auguri più belli di Buona Pasqua. Durante la Settimana Santa, al Santuario Nazionale del Brasile dedicato a Nossa Senhora Aparecida, porterò a Lei i desideri, i dolori e le gioie di tutti e in particolare dei tanti suoi figlie e figli brasiliani che contribuiscono a far crescere la Sua famiglia nel mondo intero». Nella gioia del Risorto, Maria Voce (Emmaus)
È prevista la partecipazione di Maria Voce alla messa di martedì 15 aprile presso il Santuario di Aparecida, alle 9 ora locale (UTC -3), 14 ora italiana (UTC +2). È possibile seguire la diretta di TV Aparecida su: http://www.a12.com/tv-aparecida/institucional/detalhes/tv-ao-vivo

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Dal mondo al Cairo: i video di Living Peace Festival

http://www.youtube.com/watch?v=j7Ittb5TW30 Tailandia, Giappone, Corea del Sud, Filippine, Marocco, Libano, Giordania http://www.youtube.com/watch?v=UEM-sdwEJuE Spagna http://www.youtube.com/watch?v=3dfFLAP67dQ Brasile, Argentina, Stati Uniti http://www.youtube.com/watch?v=B78gHzHYNoI Francia, Lussemburgo, Portogallo, Polonia, Malta http://www.youtube.com/watch?v=Znqnr0zQgBw Italia http://www.youtube.com/watch?v=wwL8RZ2JNR0 Tutte le nazioni partecipanti al progetto http://www.youtube.com/watch?v=mOlw5mMMpNc Leggi anche: Umanità Nuova (altro…)

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Io sono Rwandese

«In questi 20 anni il mio popolo, nella settimana di Pasqua ha sempre celebrato il lutto per le vittime della guerra, ma a livello personale, ciascuno nella propria famiglia, ciascuno nel suo cimitero privato». A parlare è Pina, del Rwanda. 20 anni fa il suo Paese ha contato 800mila morti in pochi mesi, per un’assurda guerra civile. Era il 6 aprile del 1994, quando un missile colpì l’aereo del presidente Juvénal Habyarimana. Nessuno si salvò, e da lì cominciò la guerra preparata da tempo. Pina al momento dello scoppio dei massacri, si trovava nelle Filippine, dove l’aveva portata la sua vocazione a seguire Dio al servizio dei fratelli, animata dalla spiritualità dell’unità conosciuta da ragazza. «Anche la mia famiglia è stata coinvolta – racconta -. Trentanove dei miei sono stati uccisi. Ero in preda allo sconforto. Piano piano mi sono ritrovata vuota di quei sentimenti che fino allora mi avevano riempito l’anima, mi sembrava che niente avesse più senso». Si trasferisce in Kenya per poter seguire più da vicino la situazione, lavorando alla Croce Rossa, e assistere così i feriti e i profughi dal Rwanda: «Ma non riuscivo ‒ spiega ‒ a guardare in faccia le persone dell’altra etnia che avevano partecipato ai massacri». Il dolore è troppo vivo. Un giorno incontra in un corridoio delle persone dell’altra etnia e non può evitare il loro sguardo. L’odio cresce. «Ho pensato alla vendetta, mi sentivo confusa, ero ad un bivio: o mi chiudevo nel mio dolore con la rabbia dentro, o chiedevo aiuto a Dio». Qualche giorno dopo in ufficio riconosce persone dell’etnia nemica che abitavano proprio nella sua città. «Mi riconoscono e si sentono a disagio, cominciano a tornare indietro. Anche loro mi considerano una nemica». La forza del perdono è l’unica arma della riconciliazione sociale. Pina lo sa. Lo ha imparato dal Vangelo. «Con forza ‒ racconta ‒ vado loro incontro parlando nella nostra lingua, senza dire niente della mia famiglia, ma interessandomi alle loro necessità». In quel momento qualcosa si scioglie dentro, e per Pina ritorna un raggio di luce. Dopo un anno, il rientro in Rwanda. A stento riconosce la sorella, l’unica sopravvissuta alla strage. Viene a sapere che l’uomo che aveva tradito la sua famiglia – una persona molto vicina a loro – era in carcere. «Pur nel dolore, e contro le persone che invocavano la pena di morte, è stato chiaro che non potevo fare un passo indietro nella strada aperta verso il perdono». Coinvolge anche la sorella, che aveva assistito al massacro. «Siamo così andate insieme in prigione a trovare questa persona, portandogli sigarette, sapone, quello che potevamo, e soprattutto a dirgli che lo avevamo perdonato. E lo abbiamo fatto». La sorella, Domitilla, adotterà di lì a poco 11 bambini di tutte le etnie, senza distinguere tra i figli naturali e quelli adottati, al punto da ricevere un riconoscimento nazionale. Quest’anno, spiega ancora Pina «per il 20° la novità è voler fare la tumulazione per portare i resti nel cimitero Nazionale insieme Tutsi e Hutu, in altre parole: i Rwandesi». Sono gli eroi della patria . «Per me è un passo avanti ‒ commenta Pina ‒ si torna a come eravamo prima della guerra». L’iniziativa, infatti, è chiamata “Il fiore della riconciliazione” perché porti ancora frutti di pace nella società rwandese. Leggi anche: Il Rwanda ricorda, venti anni dopo, di Liliane Mugombozi su Città Nuova online Il fiore della riconciliazione, di Aurelio Molé su Città Nuova online (altro…)

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Vangelo. Prima di ogni cosa la carità reciproca.

Disoccupato In fabbrica da tempo c’erano sintomi di grosse difficoltà. Ci siamo trovati sulla strada con nessuna possibilità di riparare in tempo con la cassa integrazione o altre provvidenze. Disoccupato, senza far niente in casa, stava subentrando in me un profondo senso di frustrazione, di inutilità. Vivevamo con lo stipendio di mia moglie. Poi, certamente aiutato dalla fede, mi sono detto che potevo dedicarmi ai tanti lavoretti che da tempo mia moglie mi chiedeva. Così mi sono messo a ridipingere porte e finestre, mettere la carta alle pareti… Anche gli altri della famiglia si sono appassionati e mi hanno dato una mano. Non era importante soltanto portare a casa lo stipendio, ma il vero capitale di cui famiglia aveva bisogno era l’amore, e disoccupato o no, potevo amare.  L. R. – Italia Una giustizia umana Nonostante mi sia preparato con le migliori intenzioni, questo lunedì l’udienza è triste e spenta. Alla fine della mattinata sono scoraggiato per questa giustizia talvolta così facile da sbrigare. Sento di dover fare qualcosa. Intanto si presenta l’ultimo imputato. Sembra più vecchio dell’età che ha. È già stato in prigione e stavolta è stato sorpreso con una macchina rubata. Da lui vengo a sapere che, una volta uscito di prigione, lavorava regolarmente; il suo datore di lavoro era soddisfatto. Allora modifico la requisitoria e chiedo al tribunale una pena detentiva da scontare durante le ferie annuali. Così potrà mantenere il suo lavoro. Il tribunale accetta. Pochi giorni dopo, mi telefona un giornalista televisivo sorpreso dal mio atteggiamento. Rispondo che non ho fatto altro che il mio mestiere, utilizzando tutte le risorse della legge. Nel corso del programma quel giornalista ha ripreso il fatto, concludendo così: «Applicando la legge con cuore e intelligenza, si può rendere giustizia umana». A.B. F. – Francia Costruttore di pace Sono un seminarista. Nella difficile situazione dei conflitti etnici nel mio Paese, anche il mio villaggio era diviso. Due le fazioni che si combattevano, nell’assenza delle forze dell’ordine. Pur consapevole dei rischi che correvo, ho chiesto allora a Dio la forza di essere costruttore d’unità tra la mia gente e, superando uno sbarramento di tronchi d’albero sulla strada, sono riuscito a raggiungere uno dei due gruppi che si era rifugiato nei locali parrocchiali. Lì ho chiesto la parola e ho potuto dir loro a cuore aperto quanto fossero inconsistenti le motivazioni di tale odio e divisione. Dopo avermi ascoltato, mi hanno chiesto di parlare anche con l’altro gruppo. Devo essere stato convincente, perché alla fine tutti sono ritornati a vivere insieme.  Gilbert – Burundi Tratto da: Il Vangelo del giorno, Città Nuova Editrice. (altro…)

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“L’hai fatto a me”

La cittadella di Fontem

«Merita oggi dire qualcosa [della storia] di Fontem in Camerun. Il suo titolo potrebbe proprio essere: “L’hai fatto a me”. È una storia che sembra una favola. In una foresta del Camerun vi era un popolo una volta molto numeroso. Era quasi tutto pagano, ma molto dignitoso, moralmente sano e ricco di valori umani. Un popolo naturalmente cristiano, si direbbe. Si chiamava Bangwa, ma ora era decimato dalle malattie. Il 98% dei bambini infatti, morivano nel primo anno di vita. Non sapendo che fare, quegli africani, con pochi cristiani che erano fra loro, si sono chiesti: “Perché Dio ci ha abbandonato?” E hanno convenuto: “Perché non preghiamo”. Allora, tutti d’accordo, hanno deciso: “Preghiamo per un anno; chissà che Dio non si ricordi di noi!” Hanno pregato, giorno per giorno, avendo in mente quest’unico pensiero: “Chiedete e vi sarà dato; bussate e vi sarà aperto”(Mt 7,7). E hanno pregato tutto l’anno. Alla fine vedono però che non è successo niente.
Fontem 19 gennaio 1969. Chiara durante la messa dell’inaugurazione dell’ospedale “Maria Salute dell’Africa”

Fontem, 19 gennaio 1969. Chiara durante la messa dell’inaugurazione dell’ospedale “Maria Salute dell’Africa”

Senza sgomentarsi i pochi cristiani dicono al popolo: “Dio non ci ha esauditi perché non abbiamo pregato abbastanza. Preghiamo un altro anno intero!” Pregano, quindi, un altro anno, tutto l’anno. Passa il secondo anno e non succede nulla. Allora si radunano e si chiedono: “Perché Dio ci ha abbandonati? Perché le nostre preghiere non valgono davanti a Dio. Noi siamo troppo cattivi. Facciamo una colletta, una raccolta di soldi, mandiamoli al Vescovo, che faccia pregare una tribù più degna, affinché Dio abbia pietà di noi”. Il Vescovo si commuove, comincia a interessarsi e va da loro e promette un ospedale, però passano tre anni e l’ospedale non c’è. A un dato punto arrivano dei focolarini medici. E il popolo dei Bangwa vi vede la risposta di Dio. I focolarini vengono chiamati ‘gli uomini di Dio’. Essi capiscono che in questo luogo non vale parlare. Non si può dire in quelle circostanze: “Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi” (Gc 2,16). Occorre rimboccarsi le maniche e operare. E iniziano un dispensario fra disagi inenarrabili. Mi ci sono recata anch’io tre anni dopo. Quella grande massa di persone radunate in una vasta spianata davanti all’abitazione del loro re, il Fon, mi è apparsa talmente unita, e talmente ansiosa di elevazione, che mi è sembrato un popolo preparato già da tempo da Maria per il cristianesimo nella sua forma più integrale e genuina. A quell’epoca il villaggio era già irriconoscibile. Non solo per le strade e le case che erano sorte, ma anche per la gente. Già l’opera precedente dei missionari, che solo raramente potevano visitare la zona, aveva posto delle basi ben solide. Già piccoli nuclei di cristiani erano nati qua e là, come un seme in attesa di svilupparsi. Ma ora il movimento verso il cristianesimo aveva assunto le proporzioni di una valanga. Ogni mese centinaia erano i battesimi di adulti che i nostri sacerdoti, pur rigorosi nella selezione, dovevano amministrare. Un ispettore governativo, che aveva fatto un giro nella regione per visitare le scuole elementari, alla fine ha voluto dichiarare: “Tutto il popolo è fortemente orientato al cristianesimo perché ha visto come lo vivono concretamente i focolarini”. E occorre dire che l’opera di evangelizzazione svolta dai focolarini in quei tre anni era stata quasi solamente un fatto di testimonianza. C’era stato tanto da lavorare, anzi quasi solo da lavorare, e nelle condizioni più difficili: per mancanza di mezzi adeguati, di capacità delle maestranze locali, e per difficoltà di strade e di rifornimenti. Niente riunioni quindi, niente grandi giornate, niente discorsi pubblici. Solo qualche colloquio personale in incontri occasionali. Eppure, ogni domenica il capannone-chiesa si era andato sempre più riempiendo di gente. Assieme al gruppo dei già cristiani, ogni volta cresceva il numero degli animisti che volevano avvicinarsi al cristianesimo. La chiesa straripava ed era più la folla che assisteva dal di fuori che quella stipatissima all’interno. Migliaia di persone ascoltavano la Messa, molte centinaia facevano la Comunione.

1974 – L’inaugurazione della Chiesa con la presenza
del Fon di Fontem

Quella di Fontem per noi è stata una esperienza unica. Ci è sembrato di rivivere lo sviluppo della Chiesa nei primi tempi, quando il cristianesimo veniva accettato da tutti nella sua integralità, senza limitazioni e compromessi. E l’esperienza di Fontem già incominciava ad interessare altre comunità africane, come quelle della Guinea, del Ruanda, dell’Uganda e di Kinshasa nello Zaire[1]. Cosicché Fontem sempre più acquistava la sua funzione di centro pilota per l’onda di un’evangelizzazione caratteristica. Ora Fontem è un paese già grande, con tutto quanto di essenziale esso comporta. Ed è anche parrocchia. I focolarini sono stati creduti, perché hanno fatto a Gesù ciò che hanno fatto ai Bangwa, donando anzitutto la testimonianza dell’amore tra di loro e poi verso tutto il popolo».

Chiara Lubich

Stralcio di una conversazione al congresso del Movimento dei religiosi – Castel Gandolfo, 19 aprile 1995

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[1] Attuale Repubblica Democratica del Congo. (altro…)

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S. Biagio (MN): una piazza dedicata a Chiara Lubich

San Biagio (MN) – Piazza Chiara Lubich

La cerimonia è stata incastonata in una giornata animata da insegnanti ed alunni delle scuole materna e primaria che si affacciano sulla piazza; fin dalla scorso novembre, insieme alla comunità locale dei Focolari, e sostenuti dalla dirigenza scolastica, i docenti si sono impegnati a scoprire e sviluppare con i ragazzi le valenze psico-pedagogiche del “Dado della pace”. Il percorso svolto, gettando il dado e incarnando quindi la proposta dell’arte di amare nel quotidiano, ha permesso di sperimentare occasioni di condivisione. Ai circa un centinaio di alunni della scuola primaria è stata anche presentata la storia di Chiara, suscitando grande interesse; tra loro anche bambini e bambine stranieri e di diverse religioni o confessioni cristiane.

Una giovane lettrice di “Big” (Bambini in Gamba)

Le nuove generazioni , sostenute dagli adulti, sono poi state protagoniste della preparazione del programma del 14 marzo e del suo svolgersi. Dopo il saluto iniziale del Sindaco,  in “un’atmosfera di semplicità e di sacro” – affermano molti presenti – gli alunni hanno presentato la figura di Chiara, proseguendo poi con il Dado e le esperienze di fraternità in atto  e concludendo con la lettura di pensieri sulla pace.  Ogni ragazzo ha avuto la possibilità di apporre la sagoma in cartoncino della propria mano su di un cartellone, ad indicare la responsabilità di ciascuno nell’essere costruttore di unità e di pace. L’inaugurazione ufficiale della piazza accompagnata dall’inno di Mameli e la benedizione della targa da parte del parroco hanno suggellato l’evento. www.centrochiaralubich.org (altro…)

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Un panificio originale

Rio Tercero è una graziosa città della provincia di Cordoba, in Argentina. Situata in una zona agricola e di allevamento di bestiame, verso la metà del 900 ha visto un moltiplicarsi di industrie (tra le più importanti la Fabrica Militar Rio Tercero, tristemente famosa per le esplosioni dolose che vi si sono verificate nel 1995) che ha portato con sé un incremento demografico notevole. Non mancano le sfide sociali soprattutto nei quartieri periferici dove la violenza è all’ordine del giorno per mancanza di lavoro e istruzione. Estela, dentista di professione, ha avuto, 6 anni fa, il compito dal suo parroco di occuparsi della Caritas, con la richiesta precisa di far conoscere la spiritualità dell’unità in questa struttura della Chiesa. Ha iniziato chiedendo la collaborazione di persone di buona volontà all’uscita della Chiesa. Se lo faceva lei, che di tempo ne aveva poco, tra lavoro, figli e nipoti…. altre avrebbero potuto farlo. Con l’equipe che si è costituita va a visitare le famiglie dei quartieri più poveri: in genere giovani mamme con figli o mariti alcolizzati o drogati. Si comincia con la “Tienda”, una boutique dove poter prendere capi di vestiario per tutta la famiglia. Arrivato l’inverno, tutte cercavano coperte calde… ma non erano sufficienti. Si decide di fabbricarle. È iniziato così un laboratorio con 28 giovani mamme. I rapporti sono cresciuti, le donne si sentivano valorizzate e stimate. Estela ha proposto a tutte di cominciare a meditare e vivere ogni mese una parola del Vangelo. Finito l’inverno, nessuno voleva andare via. Che fare? «È venuta l’idea di fare del pane, racconta Estela. Abbiamo iniziato con un forno domestico. Ognuna portava la farina, il lievito e si faceva insieme il pane per la propria famiglia, con alcuni pezzi da vendere, il cui ricavato andava a ciascuna di loro. Ma era troppo poco. Ho informato dell’attività il consiglio pastorale della parrocchia e mi hanno incoraggiata, non solo con le parole, ma con una somma di denaro per comperare un forno più grande. L’iniziativa è stata comunicata a tutti i parrocchiani e la gente ha cominciato a portare la farina. Si è costruito così un ponte di unità tra la gente della parrocchia che sta al centro della città e le donne che vengono dai rioni periferici con i figli perché non avevano dove lasciarli». Ma andare a vendere il pane con i figli dietro non era possibile. Sono nate così attività per i bambini, con programma di appoggio extra curriculare e con attività ricreative svolte dai giovani della parrocchia. «Con il tempo, il rapporto tra mamme e figli è cambiato. Cercavamo di fare apprezzare ai figli il lavoro delle mamme e d’altro canto, anche i figli erano spronati a studiare meglio vedendo lo sforzo della mamma per guadagnare qualcosa». Col tempo l’attività è diventata pubblica: il pane si vende a vari negozi in città e il comune si è interessato, volendo partecipare con un progetto di sviluppo. Risultato: un vero panificio, con 4 grandi forni, le attrezzatture necessarie e una grande quantità di farina. Si dà il via a una micro azienda, dove le stesse lavoratrici ne diventano imprenditrici. Attualmente ce ne sono 4 con la responsabilità del panificio, che serve regolarmente scuole, pizzerie e altri panifici. «Anche se si tratta di una piccola attività – commenta Estela – è comunque una fonte di lavoro; ma la cosa più importante è la formazione integrale fatta con ciascuno e con le loro famiglie». Un lavoro che continua a contagiare altri. (altro…)

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Cittadelle nel mondo: “Mariapoli Gloria”

(C) Caris Mendes - CSC La Mariapoli Gloria, che ora conta un centinaio di abitanti e più di 40 costruzioni, ben si armonizza con l’ambiente circostante. Nasce dalla necessità, avvertita all’inizio degli anni ‘70, di un centro per la formazione delle comunità del Movimento dei Focolari che si stavano diffondendo. La generosità di molti non solo rende possibile la sua attuazione, ma ne promuove uno sviluppo impensato. Una coppia dona un ampio terreno, alcune famiglie vengono ad abitarvi; prende forma così la cittadella. L’area fa parte di Benevides, una piccola città di poco più di 50.000 abitanti. Visibile è la povertà che genera violenza, apre le porte al traffico e consumo di droga. Le prime vittime sono gli adolescenti. Su questo sfondo, la Mariapoli si mostra oasi di umanità. Qui da più di 20 anni c’è la Scuola Fiore e un “Centro Accoglienza” per il dopo scuola. Sono 300 i bambini, che dalla prima infanzia al quinto anno di scuola elementare, trovano, insieme all’istruzione, anzitutto una famiglia, una casa che li accoglie. (C) Caris Mendes - CSCGli operatori del Centro sono tutti ex-alunni. Sono per i bambini veri modelli, perché vivono nel loro stesso ambiente e testimoniano che si può cambiare. Forti le esperienze. G. è tra i giovani al servizio dei più piccoli. Insegna informatica. Vive in uno dei quartieri più violenti, ma i suoi occhi luminosi da soli dicono che l’amore può ricostruire… anche la sua famiglia, dove i rapporti erano inesistenti. “Davanti ad ogni atteggiamento inizialmente violento di molti bambini, dobbiamo scoprire che cosa c’è dietro. Ci mettiamo in ascolto, cercando solo di far sentire loro l’amore. Poi a poco a poco il cambiamento”, racconta la direttrice della scuola, Francesca. Tanto da far dire a un padre, spacciatore di droga: “Ma che cosa c’è qui, che vedo il mio figlio cambiato?”. Un’esperienza che interessa anche la stampa. Una giornalista intervista la presidente dei Focolari, in visita in Brasile insieme al copresidente Giancarlo Faletti. E in quest’occasione Maria Voce risponde: “Ho una grande ammirazione per questo luogo, la Mariapoli Gloria. Qui si costruisce la persona, il futuro del Brasile, si offre una grande possibilità di sviluppo umano, l’esperienza di una vita solidale tra gli alunni e con i professori, le famiglie. Ho un grande desiderio di offrire il massimo appoggio”. (C) Caris Mendes - CSCLa Mariapoli è anche un’oasi di spiritualità che alimenta una vera comunione tra le varie comunità, antiche come il Carmelo o nuove come la “Missione Belém”, impegnata nel servizio dei più poveri, per nominarne solo alcune. Ed è sostegno anche per chi opera nella politica. Lo hanno espresso due consiglieri comunali e alcuni rappresentanti di ordini religiosi e nuove comunità, nel breve incontro con Maria Voce e Giancarlo Faletti.  I due sono arrivati il 31 marzo all’aeroporto di Belém, capitale del Pará, in terra amazzonica, accolti da una grande festa, per la nuova tappa del viaggio in Brasile, nel nord. Nella prima avevano visitato il Nord Est: a Recife, nel Pernambuco, con l’inaugurazione della Cattedra Chiara Lubich, la visita all’opera sociale dell’Isola di Santa Terezinha e la permanenza alla cittadella Santa Maria; poi a Fortaleza, nel Ceará, per l’incontro con i fondatori e responsabili delle nuove comunità del CEU, “Condominio Espiritual Uirapuru”. Approfondimenti di questa tappa del viaggio su Area Riservata – Notiziario Mariapoli Website: www.focolares.org.br/sitenacional (altro…)

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Living Peace Festival al Cairo

Sullo sfondo delle tensioni che segnano l’attualità in Egitto, si apre al Cairo la terza edizione del Living Peace Festival. Nato nel 2011 da un insegnante di inglese al El Rowad American College del Cairo come progetto di educazione alla pace, il Living Peace coinvolge oggi oltre 25.000 studenti in tutto il mondo. Domenica 6 aprile 2014 avrà luogo il terzo appuntamento mondiale. Living Peace è caratterizzato dalla partecipazione in prima persona di studenti e docenti nella creazione di iniziative di educazione alla pace, in una rete mondiale di persone e istituzioni. L’adesione permette a ogni scuola di sviluppare progetti secondo le proprie possibilità, favorendo la creatività dei ragazzi con la consapevolezza di contribuire a una finalità comune. Questo crea una dinamica di partecipazione che entusiasma le diverse componenti della scuola, rafforzando la solidarietà tra allievi, insegnanti, direttori e genitori, con una ricaduta anche sulla società civile. Al Cairo, ad esempio, Living Peace coinvolge ragazzi e insegnati di venti scuole, musulmani e cristiani. In altri Paesi i risultati del progetto vengono presentati alle autorità civili (Uruguay, Spagna, Malta e Lussemburgo) e alla televisione (Corea e Brasile). Ma anche con azioni di strada, dove la scuola coinvolge la città in iniziative giovanili a favore della pace e della fraternità. Di particolare rilievo quelle rivolte a situazioni di crisi, come per alcune scuole del Giappone colpite dallo tsunami nel 2011 e della Siria martoriata dalla guerra. Fin dai primi passi Living Peace ha suscitato interesse da parte di istituzioni internazionali. «Siamo stati invitati al World Peace Forum 2011 a Schengen, in Lussemburgo – racconta Carlos Palma, ideatore dell’iniziativa – per raccontare dei nostri progetti. Da allora abbiamo partecipato ogni anno al Forum e siamo entrati in una rete di rapporti sia con personalità delle Nazioni Unite che dell’Unione Europea, che sostengono e incoraggiano il nostro sforzo a favore della pace». Il Movimento dei Focolari appoggia il progetto attraverso AMU e Umanità Nuova. Per seguire la diretta internet: http://live.focolare.org/ipf (6 aprile 2014, 10:30 CEST, UTC+2).  (altro…)

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Vangelo: famiglia e società

Lidia e Loris, hanno 3 figli di 11, 9 e 6 anni, nati in città diverse, perché dopo il matrimonio, si sono trasferiti prima in Veneto, poi in Alto Adige e in Trentino. Alla proposta del marito di ritornare nella città di origine, Crotone, in Calabria, così reagisce Lidia «Il mio primo pensiero è andato ai figli e alle maggiori possibilità che avrebbero avuto se fossimo rimasti al nord, ma alla fine mi sono convinta: la nostra città sul mare è bellissima, conosciamo persone dalle menti brillanti e i nostri figli, una volta adulti, avrebbero scelto da soli cosa fare». «Proprio perché amiamo la nostra terra, desideravamo cambiarla in meglio! – raccontano – Ci siamo resi conto però che non era possibile mettere in atto nessuna rivoluzione, ma bisognava cominciare dalle piccole cose. Così siamo partiti dal mondo della scuola. Io con i compagni di classe dei nostri bambini, e Loris con i suoi studenti. È insegnante di tedesco, ma il primo impiego a Crotone è stato come insegnante di sostegno. Per iniziare ha contattato l’insegnante della scuola elementare del ragazzo affidatogli per capire meglio le sue problematiche e ha instaurato con lui un rapporto di fiducia, e poi anche di amicizia. Più volte, la sua intermediazione ha risolto seri problemi di comunicazione tra la scuola e i genitori. Inoltre, da quasi 3 anni nella nostra città, gestiamo un centro di aggregazione giovanile. Quando ci siamo trasferiti, Loris ha dato vita alla “Associazione Amici del tedesco” che ha vinto un bando di “Fondazione con il sud”. Ci occupiamo di ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 16 anni, ai quali proponiamo attività ludico-ricreative, ma anche di recupero di materie letterarie, matematica, inglese e italiano per gli studenti stranieri». L’Associazione ha vinto di recente un altro concorso che riguarda la riqualificazione di un bene confiscato alla mafia, a S. Leonardo di Cutro (sul mar Ionio in Calabria). Spiega Lidia: «Diventerà un Ostello della Gioventù, anche ad uso di famiglie che non possono pagare grandi cifre per fare vacanza. Siamo nella graduatoria di un progetto per la formazione di ragazzi che hanno abbandonato la scuola, sostenuto dal Ministero delle politiche giovanili». «Tutto questo pensiamo sia scaturito dall’amore di Dio, probabilmente da un disegno che ancora non conosciamo, ma fondamentale è l’amore reciproco tra me e Loris, perché non è affatto facile lavorare insieme. Siamo molto diversi, e questo è anche positivo, ma a volte è difficile perché vediamo le cose in maniera diversa. Ma poi discussioni e incomprensioni passano e si ricomincia. Il positivo che ne emerge è anche frutto dell’amore che i nostri figli hanno per noi: con tanta pazienza sopportano tutti i nostri via vai, i nostri impegni organizzativi, gli spostamenti. Molto spesso capita che vengano con noi e questo li aiuta a confrontarsi con la parte della società civile più dimenticata, più problematica. È per loro fonte di riflessione e di crescita». Fonte: http://www.famiglienuove.org/ (altro…)

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Spagna: musical sulla vita di Chiara Luce

Circa mille le persone che hanno assistito a Burgos, lo scorso sabato  8 marzo, alla rappresentazione del musical Life, love, light.  Il pubblico è giunto da varie città, come  Santander, Bilbao, Valladolid, Madrid, Asturias, Vitoria, San Sebastián, Pamplona e, soprattutto dalla stessa Burgos, facendo registrare il tutto esaurito nei due spettacoli in programma. Questa è stata la prima volta che si sono realizzati due spettacoli, uno di seguito all’altro e, come spiega Ramón de la Torre, ciò è stato una vera sfida: “dopo l’emozione e l’euforia del primo spettacolo, concentrarsi di nuovo è stato complicato perché non siamo riusciti neppure a salutare il pubblico, ma ne è valsa la pena”. Lo spettacolo, di un ora e tre quarti, ha potuto contare in questa opportunità con la testimonianza di tre giovani del movimento dei focolari: Andrés Sánchez Parody, che ha partecipato anche come aiutante di scena, Ana Guallart, nel complesso e Mar Álvarez, incaricata della coreografia. Vivere il Vangelo giorno per giorno, andare controcorrente e  Gesù Abbandonato sono state le tre esperienze presentate per vivere seguendo il modello della beata Chiara Luce Badano. Entrambi gli spettacoli sono stati resi possibili anche grazie alla Delegazione Diocesana dell’Infanzia e della Gioventù dell’Archidiocesi di Burgos – specialmente per l’appoggio del suo Delegato:  Agustín Burgos – e ai membri del Movimento dei Focolari di Burgos e delle città vicine che hanno incoraggiato e collaborato, anche materialmente, con i giovani rendendo possibile la grande quantità di prove svolte già da diversi mesi prima degli spettacoli. Il Vescovo di Burgos, Mons. Gil, prima della rappresentazione ha salutato tutti coloro che hanno lavorato allo spettacolo e ha impartito loro la sua benedizione. La rappresentazione a Burgos è già la quarta, dopo quelle della GMG a Madrid, e delle Mariapoli di Javier e di Jerez.  La presentatrice, María García, ha affermato che “partecipare al musical non è ripetere sempre lo stesso ogni volta: è farlo vita, perché l’esperienza di salire sul palcoscenico e farti portare da tutti gli altri – attori e pubblico – è molto di più che ripetere un copione o semplicemente fare una performance teatrale”. Il gruppo dei partecipanti, includendo i tecnici, raggiunge i 65 membri, con circa dodici nuove incorporazioni. Mar Álvarez, riconosce che “quando in un progetto ci lavora un gruppo cosi numeroso è difficile che non sorgano conflitti, ma con amore e sapendo chi è che ci guida, tutto è possibile”. I componenti sono giovani e adulti di tutta la Spagna: Girona, Barcelona, Valencia, Elche, Murcia, Sevilla, Madrid, Guadalajara, León, Santander, Burgos y Bilbao. Questo comporta un grandissimo sforzo, sia economico che di tempo, basti pensare ai vari viaggi per incontrarsi, ma, spiega Mar, l’ambiente di famiglia cresce ad ogni spettacolo e anche questa volta abbiamo vissuto un’esperienza cosi piena come quella della GMG. Li vedremo di nuovo? Guarda lo spot dello spettacolo  (altro…)

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“Regenerate”: weekend giovane a Welwyn Garden City (UK)

La ricerca della felicità: come può un tema del genere non interpellare i giovani nel profondo? Da questo presupposto è partito il programma del weekend del 20-21 marzo a Welwyn Garden City, la cittadella inglese dei Focolari, con forte impronta ecumenica. Hanno partecipato giovani diversi tra loro per età, convinzioni, esperienze di fede, nazionalità. Provenivano infatti non solo dalla Gran Bretagna, ma anche da Irlanda e Olanda, e nelle 3 ore di live streaming hanno raggiunto 30 punti del globo, compresa Gerusalemme.  Keynote speaker era il vescovo Brendan Leahy (della diocesi di Limerick – Irlanda), accompagnato da Fabio Tufano (Università di Nottingham – UK) per il workshop su Economia e Felicità, e Angela Manning (psicologa presso l’Hammersmith Hospital di Londra) su Psicologia e Felicità. L’impatto di una persona felice incide non solo sulle persone che la circondano, ma fino a 3 altri livelli: la sintesi di uno studio nell’ambito della psicologia sociale ha destato curiosità, e ha contagiato i presenti. Da qui il motto spontaneo: “facciamo crescere la felicità nel mondo!” Ma quale la radice della felicità? Alcuni dei giovani presenti, che vivono la spiritualità dell’unità, hanno raccontato la loro esperienza, presentando la figura di Gesù abbandonato come radice profonda dell’Amore che porta alla vera felicità. Che impatto una proposta del genere, audace e un po’ sconcertante? Ce lo racconta Facebook: “Da tanto tempo non ho sorriso come in questo weekend!”, scrive uno dei giovani. E un altro racconta:  “Stamattina sono passato vicino ad alcune persone che erano totalmente fuori di testa per via della droga. Mi ha fatto stare molto triste ma dopo mi sono ricordato di Gesù abbandonato e che potevo vivere la mia giornata per loro. Non è cambiato niente in loro, ma sentivo che ho potuto fare qualcosa”. E ancora: “Che gioia trovarmi per caso alla Messa col gruppo Irlandese nel mezzo della grande città (a Soho) . Regenerate continua!”. Rivedi la diretta su: http://www.livestream.com/regenerate2014 (in lingua originale) (altro…)

Aprile 2014

“Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri”

Gesù sta per morire e quanto dice risente di questo prossimo evento. La sua imminente partenza infatti richiede soprattutto la soluzione d’un problema. Come può fare egli a rimanere fra i suoi per portare avanti la Chiesa? Tu sai che Gesù è presente, ad esempio, nelle azioni sacramentali: nella Eucaristia della Messa egli si fa presente. Ebbene, anche dove si vive l’amore vicendevole Gesù è presente. Egli ha detto infatti: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome (e ciò è possibile mediante il reciproco amore), io sono in mezzo a loro” (Mt 18,20). Nella comunità dunque la cui profonda vita è l’amore reciproco, egli può rimanere efficacemente presente. E attraverso la comunità può continuare a rivelarsi al mondo, può continuare ad influire sul mondo. Non ti pare splendido? Non ti vien voglia di vivere subito quest’amore assieme ai cristiani tuoi prossimi? Giovanni, che riporta le parole che stiamo approfondendo, vede nell’amore reciproco il comandamento per eccellenza della Chiesa la cui vocazione è appunto esser comunione, esser unità.

“Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri”

Gesù dice subito dopo: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35). Se vuoi dunque cercare il vero segno di autenticità dei discepoli di Cristo, se vuoi conoscere il loro distintivo, devi individuarlo nell’amore reciproco vissuto. I cristiani si riconoscono a questo segno. E, se questo manca, il mondo non scoprirà più nella Chiesa Gesù. L’amore reciproco crea l’unità. Ma che cosa fa l’unità? “… Siano uno – dice ancora Gesù – affinché il mondo creda…” (Gv 17,21). L’unità, rivelando la presenza di Cristo, trascina il mondo al suo seguito. Il mondo di fronte all’unità, al reciproco amore, crede in Lui

“Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri”

Nello stesso discorso d’addio Gesù dice “Suo” questo comandamento. È Suo e quindi gli è particolarmente caro. Non devi intenderlo semplicemente come una norma, una regola o un comandamento accanto agli altri. Qui Gesù vuol rivelarti un modo di vivere, vuol dirti come impostare la tua esistenza. Infatti i primi cristiani mettevano questo comandamento alla base della loro vita. Diceva Pietro: “Soprattutto conservate fra voi una grande carità” (1 Pt 4,8). Prima di lavorare, prima di studiare, prima di andare a Messa, prima di ogni attività, verifica se regna fra te e chi vive con te il mutuo amore. Se è così, su questa base, tutto ha valore. Senza questo fondamento nulla è gradito a Dio.

“Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri”

Gesù ti dice inoltre che questo comandamento è “nuovo”. “Vi do un comandamento nuovo”. Che vuol dire? Forse che questo comandamento non era conosciuto? No. “Nuovo” significa fatto per i “tempi nuovi”. Di che, dunque, si tratta? Vedi: Gesù è morto per noi. Dunque ci ha amato fino all’estrema misura. Ma che amore era il suo? Non certo come il nostro. Il suo era ed è un amore “divino”. Egli dice: “Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi” (Gv 15,9). Ci ha amato, dunque, con quello stesso amore col quale Lui e il Padre si amano. E con quello stesso amore noi dobbiamo amarci a vicenda per attuare il comandamento “nuovo”. Un amore simile però tu, come uomo o donna, non l’hai. Ma sta’ felice perché come cristiano lo ricevi. E chi te lo dà? Lo Spirito Santo lo infonde nel tuo cuore, nei cuori di tutti i credenti. C’è allora un’affinità tra il Padre, il Figlio e noi cristiani per l’unico amore divino che possediamo. E’ questo amore che ci inserisce nella Trinità. È questo amore che ci fa figli di Dio. E’ per questo amore che cielo e terra sono collegati come da una grande corrente. Per questo amore la comunità cristiana è portata nella sfera di Dio e la realtà divina vive in terra dove i credenti si amano. Non ti sembra divinamente bello tutto questo e straordinariamente affascinante la vita cristiana?

Chiara Lubich

Pubblicata in Città Nuova 1980/8, pp.40-41.

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Dialogo su armonia e bellezza

Un modo indubbiamente originale di spiegare i punti più importanti della spiritualità dei Focolari e del pensiero della sua fondatrice, Chiara Lubich, è stato quello scelto dal giornalista e critico d’arte Mario Dal Bello. Nel «Dialogo su armonia e bellezza» con una carrellata di «capolavori della storia dell’arte europea» descrive l’ideale dell’unità, dato che «il legame tra questa e l’arte è molto stretto – ha affermato –, non a caso Chiara Lubich, davanti alla Pietà vaticana di Michelangelo, pregava Dio di mandare artisti che fossero anche santi. Perché che cos’è la santità se non la perfezione nell’amore, e quindi trasmissione della bellezza di quel Dio che è amore?». Un omaggio reso così dalla città di Udine a Chiara Lubich a 70 anni dalla nascita dei Focolari, e nel 6° anniversario della sua nascita al cielo, ricordando una frase che lei amava ripetere: «Il bello è armonia. Armonia vuol dire altissima unità». Necessaria, però, una premessa: «Tanti cercano di spiegare l’arte, ma è impossibile – ha ammesso colui che, si direbbe, lo fa per mestiere –: è ineffabile, come lo Spirito, affascina senza un perché come quando ci si innamora». Per questo Dal Bello ha iniziato con il ritratto di Gesù di El Greco, «dallo sguardo come quello che si prova per la persona amata, nella quale cogliamo appunto il volto di Dio». Un vedere Dio nell’altro e coglierne l’amore che è, appunto, uno degli aspetti chiave della spiritualità di Chiara Lubich. E se Gesù Buon Pastore, anzi, «bel pastore – ha puntualizzato – ama le sue pecore, anche noi dobbiamo amare il prossimo»: impegno illustrato dallo splendido mosaico del Mausoleo di Galla Placidia a Ravenna, in cui Cristo è rappresentato attorniato dal gregge «vestito di luce e Risorto: lo indica la croce gemmata che porta, simbolo della resurrezione». In virtù di questo amore reciproco poi, Gesù è presente là dove due o più sono uniti nel suo nome: come si può vedere nella Cena in Emmaus di Rembrandt, in cui «Gesù entra nella quotidianità, tanto che i personaggi sembrano non accorgersi nemmeno che lui spezza il pane». Ed è una presenza che fa la differenza nella comunità come si vede nella Trasfigurazione di Raffaello, in cui c’è un forte contrasto tra «il livello superiore, in cui è presente Gesù con Mosè ed Elia, dai colori chiari; e quello inferiore, dove rimangono gli apostoli confusi, in cui prevale il buio». Ad illustrare un altro aspetto della spiritualità di Chiara, l’amore per Gesù abbandonato sulla croce, è il crocifisso di Dalì: «Un Cristo visto dall’alto che sembra chinarsi sull’umanità e attirare tutti a sé. E significativamente non ne vediamo il volto: perché tutti noi siamo nel suo volto». Un’altra figura centrale, poi, emerge – ma solo ad un occhio esperto – dal Giudizio universale di Michelangelo: «Se osservate bene – ha fatto notare Dal Bello – Maria sta guardando un angelo, che solleva i salvati con un Rosario. Maria appare quindi come colei che porta in cielo i cristiani: e infatti il Movimento dei focolari si chiama anche Opera di Maria». Da ultimo, il polittico di Gand opera dei fratelli Hubert e Jan van Eyck , in cui la Gerusalemme celeste dell’Apocalisse attorno a cui è riunita tutta la Chiesa, è rappresentata da una città contemporanea: richiama l’impegno che i Focolari sono chiamati a portare nelle comunità in cui vivono. (altro…)

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L’Isola di Santa Terezinha

Ciò che più mi ha impressionata è stato vedere quel muro. Ma la povertà  è al di là del muro, la ricchezza al di qua.   Perché la ricchezza è l’amore, la capacità di donare, di condividere. Mentre al di là c’è interesse,  competizione…”. Così Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari in questi giorni in Brasile, al momento di lasciare l’Isola di S.Terezinha, un quartiere di Recife, lo scorso 25 marzo.  E  il copresidente Giancarlo Faletti“Oggi siamo stati a scuola, voi siete stati i nostri insegnanti. È stato un dono di Dio che ci spinge a dire: Grazie!”. Il muro a cui Maria Voce si riferisce è stato costruito alcuni anni or sono per non “turbare” con la visione della povertà del quartiere, i clienti dell’imponente shopping costruito dall’altro lato della strada. Quel muro è lì come simbolo della segregazione sociale.

Maria Voce è accolta da Johnson, uno dei rappresentanti della comunità dell’Isola di Santa Terezinha

Ma quali sono i segni della ricchezza di cui parla Maria Voce? Il nome di questo quartiere era “Isola dell’Inferno”, per il grave degrado in cui viveva la popolazione. «Il messaggio del Vangelo, vissuto da persone dei Focolari che da 50  anni hanno condiviso tutto con noi e insieme hanno cercato per noi i mezzi di sostentamento, è diventato qualcosa che ci ha liberati dentro –  ha detto Johnson che ha guidato la visita al quartiere –  e ci ha aperto un nuovo orizzonte,   ci ha resi “soggetti” della trasformazione del nostro ambiente sociale». Nel 1968 infatti un gruppo di persone del Movimento aveva aderito all’invito dell’Arcivescovo di Recife, Dom Helder Câmara,di cercare di trasformare la realtà locale. All’Isola erano giunti così studenti e professori, avvocati e medici, operai e casalinghe che desideravano partecipare alla vita degli abitanti per trovare insieme una soluzione. Gradualmente si forma una comunità, con una profonda coscienza civile. Si costituisce l’associazione degli abitanti dell’Isola che diventano  protagonisti del proprio sviluppo. Con l’apertura democratica del Paese sorgono nuovi sistemi di partecipazione per  discutere col Comune l’impiego delle risorse  finanziarie pubbliche. Molte le conquiste: l’elettrificazione dell’area, la pavimentazione di molte strade; la scuola e il centro sanitario, sorti in collaborazione con insegnanti, medici e infermieri del Movimento, sono assunti dal comune. Lungo sarebbe l’elenco delle conquiste. Johnson con orgoglio ripete più volte: “Abbiamo tutto ottenuto con la forza del dialogo, con la forza della comunità, senza venderci a nessun politico”.    Ultima tappa della visita: il Centro per bambini e adolescenti che li accoglie nelle ore extra scolastiche, togliendoli così dalla strada, a rischio di violenza e droga. Ricevono una solida formazione umana e spirituale, con le più diverse attività  musicali, sportive. Il Centro  è gestito dall’AACA, associazione sostenuta dalla solidarietà di molti, prima di tutto da famiglie brasiliane dei Focolari,  e di altri Paesi. Accoglie i due ospiti un canto dei più piccoli, che ben esprime le ricchezze di questo popolo: “O mio Dio, so che la vita dovrebbe essere ben migliore e lo sarà, ma questo non impedisce che  ripeta: è bella, è bella, è bella!”. “In questo posto  si vede come il seme del Vangelo ha prodotto molti frutti” –  aveva ancora detto Maria Voce rivolgendosi agli operatori del Centro. “Partendo da qui non solo portiamo voi nel nostro cuore, ma  come esempio e stimolo per tutto il Movimento nel mondo”. Leggi gli approfondimenti delle varie tappe del viaggio su Area Riservata – Notiziario Mariapoli Website: www.focolares.org.br/sitenacional (altro…)

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Congo: Vangelo vissuto fra conflitti armati

Nord-Kivu (RDC). Gli abitanti di Rutshuru fino alla sconfitta dei ribelli vivevano, in pratica, come fossero ostaggi. Liberati dalla loro presenza, un centinaio di membri del Movimento dei Focolari si sono potuti incontrare dopo tanto tempo a Rutshuru (Nord-Kivu). In occasione della Mariapoli, sono arrivati anche da Goma e Kinshasa. Scrivono: “Ora, un po’ alla volta, la paura e la tensione sui visi degli abitanti fanno posto ad una nuova speranza”. J. S. lavora in un ospedale come infermiera. Nel suo reparto di ortopedia ha visto arrivare feriti di guerra e casi di grande emergenza. Ecco il suo racconto: «Una sera abbiamo ricevuto nel nostro ospedale una donna. Stavano per nascere due gemelli e la mamma sanguinava molto. Siccome era un caso molto urgente, è stata ammessa direttamente in sala operatoria. I medici hanno fatto di tutto per salvare lei e i suoi due figli. Ma purtroppo quello che si temeva è accaduto: la donna è morta dopo pochi giorni dalla nascita di due figli, una bambina e un bambino. Il padre si è detto incapace di farli crescere senza la loro madre, e poi non aveva i mezzi necessari. Quando il dottore è venuto nel nostro reparto ortopedico e ci ha dato questa informazione, ho sentito una profonda pietà per questi bambini. Mi sono ricordata del punto della spiritualità dell’unità che cerchiamo di vivere in tutto il Movimento quest’anno: l’amore al fratello; e questi bimbi mi sembravano un volto sofferente di Gesù in persona. Mi sono detta che occorreva subito fare qualcosa. Ho pensato: “Cinque mesi fa ho avuto una figlia, perciò non riesco a prendere più di uno dei bambini”. Ma non avevo ancora parlato con mio marito, il quale ovviamente doveva essere d’accordo. Perciò sono andata a casa ed ho proposto ai miei questa adozione. Tutti hanno aderito con gioia! Anche la nostra piccola figlia, vedendo l’altra bambina, non ha più voluto essere allattata al seno… L’abbiamo preso come un segno di benvenuto, da parte sua, alla nuova sorellina. Tre giorni dopo, spinta dal mio esempio, un’altra infermiera si è offerta di adottare l’altro bambino. La mia gioia era immensa! Insieme siamo andate in Comune per regolarizzare le due adozioni. Alla bambina arrivata nella nostra famiglia abbiamo dato il nome: “Speranza”». A confermaMons.Théophile Kaboy, vescovo di Goma, commentava nell’omelia durante la Messa a conclusione della Mariapoli: “L’odio e la morte non hanno mai l’ultima parola”. (altro…)

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Recife: Cattedra Chiara Lubich

Fraternità, non come “un valore romantico o unicamente religioso, ma un appello all’intelligenza, un progetto concreto che assume il rischio della storia”, di un Paese, il Brasile, “segnato da gravi disuguaglianze e nello stesso tempo Paese emergente che occupa una posizione strategica nel mondo”: così il rettore dell’Unicap il padre gesuita Pedro Rubens, all’inaugurazione della Cattedra Chiara Lubich, ne definisce il senso. “Lo studio e l’approfondimento della fraternità, sta attraendo sempre più l’interesse di ricercatori delle più diverse discipline”, aggiunge il prof. Paolo Muniz, direttore della facoltà Asces, partner della Unicap in questo progetto. “Le due università – continua – volgono ora la ricerca al pensiero e all’opera di Chiara Lubich, la quale  oltre ad essere leader spirituale, è anche ispiratrice di nuove luci che illuminano le diverse aree della conoscenza umana”. L’inaugurazione della cattedra si colloca al cuore del viaggio in Brasile della presidente dei Focolari Maria Voce, alla quale è stata affidata la prolusione. Nel suo discorso ha presentato la visione dell’uomo, l’antropologia che scaturisce dalla spiritualità di Chiara, profondamente radicata nella Scrittura. Partendo dalla domanda su chi è l’uomo, Maria Voce ha approfondito la dinamica dell’Amore in Dio Trinità, il suo riflesso nella vita dell’uomo e del cosmo, la chiamata ad essere “Amore-in-relazione”. Ha ricordato che “noi siamo, se siamo l’altro”, che significa “vuoto di sé”, “dono senza misura”. Da qui scaturisce uno stile di vita, continua, “capace di farsi terreno fecondo su cui può germogliare – ha detto Maria Voce – un autentico umanesimo, una concreta fraternità”. Tra le personalità presenti, anche il vescovo di Palmares dom Genival Saraiva, che apprezza come la dimensione sociale del sapere cominci a essere percepita più concretamente anche attraverso iniziative come questa. Il pensiero di Chiara Lubich è approfondito già in varie università, sotto diversi aspetti. Sono 16 i dottorati e lauree Honoris Causa conferiti alla fondatrice dei Focolari, già premio Unesco per l’Educazione alla pace nel 1996 e Premio per i diritti umani del Consiglio d’Europa nel 1998. Per l’occasione, l’editrice Cidade Nova ha pubblicato un nuovo volume dal titolo: “Fraternidade e Humanismo: uma leitura interdisciplinar do pensamento de Chiara Lubich” [Fraternità e umanesimo una lettura interdisciplinare del pensiero di Chiara Lubich] Per approfondire: Testo della prolusione di Maria Voce All’Università cattolica di Recife, la “Cattedra Chiara Lubich su fraternità ed umanesimo” – Radio Vaticana Universidades lançam Cátedra sobre fraternidade e humanismo – Cidade Nova Unicap cria a catedra Chiara Lubich de fraternidade e humanismo – Rede Globo http://www.catedrachiaralubich.org/ Leggi gli approfondimenti delle varie tappe del viaggio su Area Riservata – Notiziario Mariapoli (altro…)

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Vangelo. Generosamente verso l’altro

Il sangue «L’auto davanti a me sbanda, urta un muro e si capovolge. Riesco a frenare. C’è chi si ferma per soccorrere i feriti: una anziana, un bambino e un giovane. Ma nessuno vuole trasportarli in ospedale per timore di essere accusato di aver provocato l’incidente. Quanto a me, anche se la vista del sangue altre volte mi ha fatto perdere i sensi, mi faccio forza e li carico sulla mia macchina. L’ospedale per accettarli chiede un pagamento, ma loro sono senza soldi. Firmo un assegno e mi assicuro che i feriti siano ben sistemati, felice di aver vinto la mia emotività, ma soprattutto di aver fatto qualcosa per dei fratelli». M. S.-Argentina Al di là della stanchezza «Molte volte, arrivando a casa, sento il vuoto lasciato dalla morte di mia moglie e preferisco stare solo, tranquillo, ma sento che devo scordarmi di me stesso e alimentare il rapporto con i miei figli. È difficile essere padre e madre insieme. L’altra sera, tornando a casa, mi sono accorto che tutti erano ancora alzati:  avrei voluto riposare, invece mi son messo a giocare con loro, dimenticando la stanchezza. Con mia sorpresa, uno di loro, col quale il rapporto era stato sempre difficile, mi si è avvicinato con affetto e si è seduto sulle mie ginocchia. Non l’aveva mai fatto». S. R.-Usa Cioccolatini «Ad alcuni carissimi amici avevo portato in dono una scatola di cioccolatini. A loro volta avevano voluto donarmene una più grande: «Per le tue figlie!». Sull’autobus, mentre me ne tornavo a casa, è salita una coppia rom con una bambina di forse cinque anni. La piccola fissava con grande desiderio la mia scatola. All’inizio ho fatto finta di non guardarla. Ma non ero tranquillo. «Gesù, fammi capire cosa devo fare». Proprio in quel momento la bambina si è avvicinata a me tendendo la manina verso i cioccolatini. Non potevo rifiutargliela e glieli ho dati. Ma scendendo dall’autobus mi dispiaceva un po’ tornare a mani vuote. Senonché, appena arrivato a casa, mia moglie mi annuncia che un’amica, passata a salutarla, ha lasciato in dono un grosso cesto pieno di dolciumi. Sono rimasto senza parole, felice». W.U. – Roma Tratto da: Il Vangelo del giorno, Città Nuova Editrice (altro…)

Anche oggi ho amato

Brasile, si parte!

Le tappe del viaggio di Maria Voce Il Brasile è la quinta potenza economica mondiale con 8,5 milioni di km2 e con quasi 200 milioni di abitanti, discendenti dall’immigrazione europea e asiatica, dagli africani arrivati nei secoli scorsi come schiavi e dalle popolazioni originarie, oltre agli immigranti di ogni dove che parlano una sola lingua: il portoghese. Un Paese dalle dimensioni continentali, con condizioni climatiche e geografiche differenti, grandi ricchezze naturali e un forte potenziale di crescita. Un Paese segnato ugualmente da grandi contrasti sociali, che vanno un po’ diminuendo, grazie anche agli sforzi degli ultimi governi. Sono le sfide di una democrazia giovane, di una nazione uscita da una dittatura militare meno di 30 anni fa.

Mariapoli Ginetta

È qui che nel 1991, Chiara Lubich, colpita dai gravi problemi sociali, lancia le basi di una vera rivoluzione nell’ambito economico con l’Economia di Comunione (EdC), progetto oggi conosciuto in tutto il mondo. Ma non è solo nel campo dell’economia che l’esperienza di vita dei Focolari in Brasile si è sviluppata. Essa ha riflessi infatti nel tessuto sociale in vari ambiti: educazione, salute, politica, arte, promozione umana – come testimoniano le esperienze di Santa Teresinha e Magnificat, nel Nordest; e del Bairro do Carmo e del Jardim Margarida, a San Paolo –  così come in diverse discipline. Un esempio è il gruppo di ricerca su “Diritto e fraternità”, attivo dal 2009 nel Centro di Scienze giuridiche dell’Università Federale di Santa Catarina. Varie le attività dei Focolari in tutti gli Stati della Federazione: dalla scuola di formazione politica Civitas a João Pessoa, alle azioni di solidarietà dei Giovani per un Mondo Unito e ai weekend per le famiglie nello Stato di Alagoas; dalle olimpiadi per ragazzi nello Stato del Rio Grande do Sul, al Progetto Unicidade nella Mariapoli Ginetta, che quest’anno celebra il 40° anniversario – solo per nominarne alcune. Ma da dove nasce questa vita? Facciamo un salto indietro. Correva l’anno 1958. A Recife approdano tre focolarini giunti dall’Italia: Marco Tecilla, Lia Brunet e Ada Ungaro. Comunicano la loro esperienza in scuole, università, parrocchie, associazioni, ospedali, famiglie. Dopo un mese, proseguono il viaggio: Rio de Janeiro, San Paolo, Porto Alegre, e quindi Uruguay, Argentina e Cile. Al ritorno in Italia, l’aereo fa uno scalo di emergenza a Recife a causa di un guasto serio, rimanendovi quattro giorni. Tempo sfruttato dai tre per un’infinità di contatti. Nasce così la comunità dei Focolari nel Nordest brasiliano. Sarà la prima di una lunga serie. Con l’arrivo stabile di altri focolarini, nel 1959 si aprono a Recife i primi centri del Movimento. Avviene una grande diffusione dell’Ideale dell’unità nelle metropoli e nei villaggi, tra giovani e adulti, bianchi e neri, ricchi e poveri… con una caratteristica: l’armonia sociale. Sorgono molte opere sociali come effetto della vita radicata nel Vangelo. Nel 1962 si apre un centro a San Paolo. Nascono l’Editrice Cidade Nova e il giornale Cidade Nova. Sorgono altri centri: Belém, 1965; Porto Alegre, 1973; Brasilia, 1978. Oggi ci sono centri in quasi tutte le 27 capitali degli stati federali e in tante altre città. Nel 1965 nasce vicino a Recife la prima cittadella di testimonianza del Movimento, col nome di Santa Maria, a sottolineare l’amore di questo popolo per Maria. Due anni dopo quella di San PaoloAraceli, oggi Ginetta, in ricordo di una delle prime focolarine che ha avuto un ruolo preminente nella diffusione e crescita del Movimento in Brasile. Segue la cittadella di Belém, Gloria, mentre a Porto Alegre, il Centro mariapoli Arnold ha un’impronta ecumenica; e la cittadella di Brasilia è intitolata a Maria Madre della Luce. Chiara Lubich ha sempre dimostrato un grande amore per il Brasile e la sua gente, “un popolo che  somiglia molto a quello che ascoltava Gesù: magnifico, magnanimo, buono, povero, che dona tutto: cuore e beni. La sua prima visita avviene nel 1961, a Recife. Vi ritornerà altre 5 volte. Riceve diversi riconoscimenti pubblici e lauree honoris causa. Nel 1998, la sua ultima visita, inaugura il Polo Spartaco, primo complesso imprenditoriale dell’EdC nel mondo. In questa occasione, uno dei padri del Brasile democratico, il prof. Franco Montoro, rivolgendosi a lei in un discorso tenuto all’Università Statale di San Paolo (USP), ha riconosciuto nel pensiero e nell’opera del Movimento, non solo in Brasile, una testimonianza coerente che ha trascinato milioni di persone. Ha salvato i diritti dell’uomo nel tempo delle dittature e, nel boom della scienza, ha mostrato che l’etica deve guidarci. Ha promosso l’amore, la fraternità universale”. Valori questi che oggi i membri del Movimento sono impegnati a vivere, insieme a tanti altri, in un momento storico che vede il Brasile emergere nel panorama mondiale ed essere protagonista di eventi come la Giornata Mondiale dei Giovani nel 2013 e il Campionato Mondiale di Calcio nel 2014. Website: www.focolares.org.br/sitenacional


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Sophia in Africa. Primi passi

Arrivano da Burundi, Repubblica Democratica del Congo, Costa d’Avorio, Camerun e Kenya. Hanno in comune lo studio all’Istituto Universitario Sophia (IUS) e una domanda: “Se quest’esperienza corrisponde sempre di più alle domande sul futuro dei nostri popoli, perché non immaginare che possa trovare casa anche nel continente africano?” Un’idea che va crescendo di giorno in giorno, finché il 22 febbraio gli studenti dell’Africa sub-sahariana iscritti ai corsi di Laurea e Dottorato dello IUS, si sono dati appuntamento per condividere un progetto. Martine Ndaya del Congo racconta: “Studiare a Sophia non è stata una scelta facile… Eppure, a distanza di pochi mesi da quando sono entrata in aula, posso dire che questa esperienza interdisciplinare e di convivenza multiculturale risponde alle mie aspettative, a quelle più profonde”. Prosegue Pulcherie Prao della Costa d’Avorio: “Tra di noi ci confrontiamo spesso, ci scambiamo impressioni e difficoltà, ci ritroviamo per parlare delle sfide che abbiamo davanti. Per questo, qualcuno ha cominciato a dire: quando ci sarà la possibilità di veder nascere Sophia in Africa?”. Sono numerose le iniziative di formazione superiore intraprese anche in anni recenti nelle diverse regioni del continente, ma non tutte sono in grado di corrispondere ai problemi reali dettati dalla domanda di pace, di sviluppo e di partecipazione delle diverse aree. Anche in Africa le società non sono risparmiate da processi violenti in cui il consumismo e il materialismo lacerano il tessuto morale e culturale.  Un percorso di formazione ispirato all’esperienza di Sophia potrebbe rappresentare, sia sul piano della ricerca che dell’impegno etico e culturale, non solo uno spazio di comunione tra i popoli africani, con la loro diversità e bellezza, ma anche un luogo aperto ai giovani di altre culture per arricchirsi del senso di comunità di cui l’Africa è testimone, dei suoi modelli di partecipazione diffusa, dei suoi coraggiosi percorsi di riscatto.  Melchior Nsavyimana del Burundi, ricordando Nelson Mandela,  afferma che “l’educazione è il più potente motore di sviluppo, è lo strumento più efficace per rispondere alla sofferenza che devasta la vita di tante persone”.  Sophia in Africa: un sogno, ma allo stesso tempo, un processo che comincia. Nel dialogo, sono emerse varie opportunità da cogliere per aprire la strada, senza sottovalutare difficoltà e ostacoli oggettivi. È necessario esplorare le diverse possibilità, coinvolgere tanti, raccogliere disponibilità e tessere sinergie. Per ora, il gruppo promotore allo IUS ha deciso di incontrarsi periodicamente per mantenere vivo l’interesse e portare avanti il programma. E far seguire al primo passo, tanti altri. (altro…)

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Chiara Lubich

Il 7 dicembre 1943, Silvia Lubich, giovane maestra, non avrebbe mai immaginato che tante personalità del mondo civile e religioso (tra cui quattro papi), qualche decennio più tardi avrebbero pronunciato parole assai impegnative sulla sua persona e sulla sua famiglia spirituale.Non aveva nessun’idea di quello che avrebbe visto e vissuto negli 88 anni della sua vita. Non aveva alcuna idea dei milioni di persone che l’avrebbero seguita. Non immaginava che con il suo ideale sarebbe arrivata in 182 nazioni. Poteva mai pensare che avrebbe inaugurato una nuova stagione di comunione nella Chiesa e che avrebbe aperto canali di dialogo ecumenico mai praticati? Tanto meno poteva immaginare che nella sua famiglia avrebbe accolto fedeli d’altre religioni e persone senza un riferimento religioso. Anzi, non aveva nemmeno l’idea che avrebbe fondato un Movimento. Quel 7 dicembre 1943 “Silvia” aveva solo i sentimenti di una giovane e bella donna innamorata del suo Dio col quale stringeva un patto di nozze, sigillato con tre garofani rossi. Ciò le bastava. Poteva immaginare la corona di gente d’ogni età, estrazione sociale e punto della terra che l’avrebbe accompagnata nei suoi viaggi chiamandola semplicemente “Chiara” (nome preso dall’ammirata santa di Assisi)? Poteva mai pensare nella sua piccola Trento che le sue intuizioni mistiche avrebbero aperto una cultura dell’unità, adatta alla società multietnica, multiculturale e multireligiosa? Ha precorso i tempi, Chiara Lubich. Nella Chiesa – lei, donna e laica – ha proposto temi e aperture riprese più tardi dal Vaticano II. Nella società mondializzata ha saputo indicare la via della fraternità universale quando nessuno parlava di avvicinamenti tra civiltà. Ha rispettato la vita e ha cercato il senso del dolore. Ha tracciato una via di santità religiosa e civile praticabile da chiunque, non riservata a pochi eletti. Nel 1977, al Congresso eucaristico di Pescara, disse: «La penna non sa quello che dovrà scrivere, il pennello non sa quello che dovrà dipingere e lo scalpello non sa ciò che dovrà scolpire. Quando Dio prende in mano una creatura per far sorgere nella Chiesa qualche sua opera, la persona scelta non sa quello che dovrà fare. È uno strumento. E questo, penso, può essere il caso mio». E ancora: «Fecondità e diffusione sproporzionate a ogni forza o genio umano, croci, croci, ma anche frutti, frutti, abbondantissimi frutti. E gli strumenti di Dio in genere hanno una caratteristica: la piccolezza, la debolezza… Mentre lo strumento si muove nelle mani di Dio, egli lo forma con mille e mille accorgimenti dolorosi e gioiosi. Così lo rende sempre più atto al lavoro che deve svolgere. Finché, acquisita una profonda conoscenza di sé e una certa intuizione di Dio, può dire con competenza: io sono nulla, Dio è tutto. Quando l’avventura iniziò a Trento, io non avevo un programma, non sapevo nulla. L’idea del Movimento era in Dio, il progetto in cielo». Chiara Lubich è all’origine del Movimento dei Focolari. Nasce il 22 gennaio 1920 a Trento, muore il 14 marzo 2008 a Rocca di Papa, attorniata dalla sua gente. Nei giorni seguenti migliaia di persone, da semplici operai a personalità del mondo politico e religioso, arrivano a Rocca di Papa per renderle omaggio. I funerali si svolgono nella Basilica romana di S. Paolo fuori le mura, incapace di contenere la grande folla accorsa (40.000 persone). Benedetto XVI, nel suo messaggio, definisce Chiara “Donna di intrepida fede, mite messaggera di speranza e di pace”. L’allora Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, presiede la concelebrazione eucaristica insieme a 9 cardinali, 40 vescovi e centinaia di sacerdoti. Di Chiara, risuonano le sue parole espresse un giorno: «Vorrei che l’Opera di Maria, alla fine dei tempi, quando, compatta, sarà in attesa di apparire davanti a Gesù abbandonato-risorto, possa ripetergli: “Quel giorno, mio Dio, io verrò verso di te… con il mio sogno più folle: portarti il mondo fra le braccia”. Padre, che tutti siano uno!». (altro…)

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Il primo anno di papa Francesco

Ad un anno dalla nomina di papa Francesco come vescovo di Roma, alcuni suoi testi e discorsi si presentano come un vero e proprio programma del pontificato: il messaggio per la Giornata della pace, la conversazione con i Superiori religiosi e, in particolare, la sua esortazione apostolica Evangelii Gaudium. L’impronta di papa Francesco è fortemente pastorale, eppure sorretta da una cultura solida e provata; il suo fine è di arrivare a tutti, in particolare alle periferie esistenziali; il suo linguaggio semplice, il suo guardare in faccia le persone, il suo accarezzare bambini e malati sono sostanziali; la sua proposta è non giudicare ma servire. Per Francesco è responsabilità della Chiesa lavorare per la pace nel mondo. Di pari passo con le sue sempre brevi e affettuose omelie lavora senza sosta alla riforma della Curia e per la trasparenza economica della banca vaticana. Preferisce una Chiesa ferita, perché è uscita con audacia, ad una Chiesa chiusa e sulla difensiva, per la paura di sbagliare. Scarica il pdf con l’articolo completo su Nuova Umanità n. 212 (altro…)

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Gratitudine

Ti voglio bene non perché ho imparato a dirti così, non perché il cuore mi suggerisce questa parola, non tanto perché la fede mi fa credere che sei amore, nemmeno soltanto perché sei morto per me. Ti voglio bene perché sei entrato nella mia vita più dell’aria nei miei polmoni più del sangue nelle mie vene. Sei entrato dove nessuno poteva entrare quando nessuno poteva aiutarmi ogniqualvolta nessuno poteva consolarmi. Ogni giorno ti ho parlato. Ogni ora ti ho guardato e nel tuo volto ho letto la risposta, nelle tue parole la spiegazione, nel tuo amore la soluzione. Ti voglio bene perché per tanti anni hai vissuto con me ed io ho vissuto di Te. Ho bevuto alla tua legge e non me n’ero accorta. Me ne sono nutrita, irrobustita, mi sono ripresa, ma ero ignara come il bimbo che beve dalla mamma e ancor non sa chiamarla con quel dolce nome. Dammi d’esserti grata – almeno un po’ – nel tempo che mi rimane, di questo amore che hai versato su di me, e m’ha costretta a dirti: Ti voglio bene. Chiara Lubich Tratto da La dottrina Spirituale  -Città Nuova ed. (altro…)

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Congo: “Amani”, la lingua della pace

«La nostra terra devastata da 20 anni di guerre civili, bambini soldato, violenza, sfruttamento delle risorse naturali; nessuna politica ‘proattiva’… e noi? Giovani che non abbiamo mai conosciuto la pace, possiamo rispondere a questa sfida? E i nostri amici, genitori, autorità regionali… saranno disposti a seguirci in questa folle avventura?». Da questa domanda nasce l’idea di un gruppo di giovani congolesi di realizzare un festival, per portare – attraverso il linguaggio dell’arte – un messaggio che giungesse anche ai vertici internazionali. Una petizione è stata inviata anche al Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon. «La nostra terra è fertile , l’acqua è abbondante, il nostro sottosuolo è un dono di Dio: il Nord del Kivu dovrebbe essere un paradiso. Noi, i giovani, vogliamo partecipare a costruirlo». Dichiarata la mission, e con due anni di preparazione, si è svolto così a Goma (Repubblica Democratica del Congo) dal 14 al 16 febbraio il Festival “Amani” che in swahili significa pace. Davanti ai politici, ai rappresentanti internazionali, ai caschi blu dell’ONU e alle 25mila persone passate da lì, i protagonisti hanno lanciato il loro messaggio, cantando la loro sofferenza e la loro speranza. I giovani del Movimento dei Focolari sono stati tra i promotori e animatori di questo evento. Belamy Paluku, della band “GenFuoco” di Goma, incaricato della gestione dei contributi artistici, racconta: «Il festival è stato la realizzazione di un grande sogno: riunire tante persone e annunciare insieme un messaggio di unità, essendo portavoce delle persone meno considerate nella nostra società. Inoltre gli artisti non solo hanno offerto il loro punto di vista, ma provenendo da Paesi in conflitto tra loro, dallo stesso palco hanno dato una forte testimonianza. Spero che sia l’inizio di una nuova tappa». La preparazione del Festival è stata molto partecipata, davanti e dietro le quinte: c’era chi sfornava “gallette e gouffres”, chi serviva da mangiare, chi distribuiva le bibite, «e tutto questo senza misurare le forze, dando a tutti un sorriso di amicizia» racconta Jean Claude Wenga, responsabile della comunicazione del Festival. «Volevo capire come va avanti la cultura all’estero e come si possono sviluppare i rapporti in questo scambio tra culture – spiega Aurelie, una giovane dei Focolari – per questo ho voluto partecipare». Anche gli adulti non sono rimasti indifferenti: André Katoto, un padre di famiglia della regione del Kivu, afferma: «Amani vuol dire pace. Con questa festa abbiamo voluto celebrarla nella nostra regione». (altro…)

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Portogallo: giovani in azione contro l’emarginazione

Con gli anziani in una casa di riposo. Con i detenuti nella prigione locale. In un istituto di assistenza sociale. Con coetanei diversamente abili in un Centro di educazione speciale. Non sono questi i luoghi in cui  i giovani trascorrono abitualmente il loro tempo. Ma lo scorso 8 febbraio, a Caldas da Rainha, nella regione ovest del Portogallo, un gruppo di un centinaio di Giovani per un Mondo Unito ha voluto dare un segnale alla città, per scuotere se stessi e gli altri dall’indifferenza. Punto di partenza, un meeting presso l’auditorium del Centro sociale Parish, per sintonizzarsi sull’obiettivo: il desiderio di testimoniare l’amore fraterno, convinti che “vivere per un mondo unito” può essere una risposta alle sfide di oggi, ispirati anche dalle esperienze di giovani di altri Paesi. E da lì, in gruppi, si sono recati in diversi punti della città da coloro che hanno più bisogno di aiuto, o dove si poteva lasciare un segno di attenzione per il territorio. Ridipingere i muri del Centro giovanile su richiesta del Comune. Distribuire caffè, biglietti, un sorriso, un saluto ai passanti ignari e sorpresi. È stata una proposta originale per gli abitanti di Caldas da Reinha, contagiati dall’entusiasmo e la convinzione dei giovani. «Se ognuno facesse qualcosa lì dove si trova, tutto potrebbe cambiare», ha dichiarato il vice sindaco Hugo Oliveira. «Sono andato per dare, e ho ricevuto», racconta un giovane di ritorno dalla visita ai detenuti. Tra questi, alcuni hanno espresso il desiderio di essere, anche loro, costruttori di un mondo unito. «Cercherò di perdonare…», «Stabilirò più contatti con la mia famiglia», hanno scritto dopo questa esperienza. Una giornata intensa, che non è passata inosservata, e che ha coinvolto molte realtà. Ma la sfida è appena cominciata, dicono i giovani: «Vogliamo continuare insieme il cammino della fratellanza universale dove abitiamo, a partire dalle piccole cose, nelle nostre famiglie, nei rapporti con gli amici, a scuola, al lavoro». Per puntare poi alle sfide più grandi. (altro…)