Movimento dei Focolari

Tempo del Creato 2023: un fiume di giustizia e pace

Il Tempo del Creato è un tempo durante il quale i cristiani nel mondo si uniscono in preghiera e in azione per prendersi cura della casa comune. Un tempo di grazia che le Chiese cristiane indicano a tutti per rinnovare il rapporto con il Creatore e con il creato, attraverso la meditazione, la conversione e l’impegno comunitario. Questo periodo, che si apre il 1 settembre di ogni anno con una celebrazione ecumenica in occasione della Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato, termina il 4 ottobre, festa di San Francesco d’Assisi, patrono dell’ecologia amato da molte confessioni cristiane. Il tema scelto per questo 2023 è “Che la giustizia e la pace scorrano” e prende ispirazione dalle parole del profeta Amos, “Piuttosto come le acque scorra il diritto e la giustizia come un torrente perenne.” (Amos 5: 24).  La speranza, dunque, è che come un “fiume possente” questi due elementi, giustizia e pace, possano invadere di benessere e bellezza il nostro pianeta. Una sfida certamente che ci mobilita, alla quale ciascuno, come parte del popolo di Dio, è chiamato a rispondere impegnandosi in prima linea e nel suo piccolo, per creare ponti di dialogo, per la giustizia climatica ed ecologica, mettendosi in ascolto delle comunità più colpite dalla perdita della biodiversità. Tante le attività e le iniziative avviate in tutto in mondo in preparazione della giornata di apertura, come quella promossa dal Movimento Laudato Sì, che invita a pregare per la giustizia climatica e condividere questa preghiera con tutti i negoziatori e i leader politici della COP28 (https://laudatosimovement.org/it/prega-con-noi-per-la-giustizia-climatica/ ). Per partecipare all’ Incontro di Preghiera Ecumenica del 1 settembre sarà possibile registrarsi e accedere tramite il seguente link: https://us06web.zoom.us/webinar/register/WN_s6x-_ULjRZWRyzUYGNAhAg#/registration. Per maggiori informazioni visitare il sito https://seasonofcreation.org/it/   https://youtu.be/k5s4vLjFqhc?si=OkbUO-c8R-OFI_lx   (altro…)

Gen Verde: un viaggio all’insegna dell’incontro in terra lusitana

Gen Verde: un viaggio all’insegna dell’incontro in terra lusitana

Due intense settimane di tour per il Gen Verde in Portogallo che, da fine luglio a inizio agosto 2023, da nord a sud del Paese, tra laboratori artistici e concerti, con l’aiuto di tantissimi giovani, ha avuto modo di trasformare la musica in strumento di testimonianza e incontro con l’altro. Sono partite da Braga (Portogallo) per poi dirigersi verso il sud del Paese, in Algarve, e concludere il loro percorso a Lisbona, nel clima festoso e inebriante di una Giornata Mondiale della Gioventù di cui ancora si respira il bellissimo ricordo. È questo il percorso che dal 23 luglio al 4 agosto ha portato avanti il Gen Verde international Performing Arts Group, il gruppo musicale al femminile nato nel 1966 da un’ispirazione di Chiara Lubich, Fondatrice del Movimento dei Focolari. Un tour intenso all’insegna dell’incontro e dell’amicizia e in cui, dopo aver seminato in parole e note, si è davvero raccolto molto in termini di esperienza viva. Ne è un esempio lo Start Now Workshop Project, progetto musicale e artistico pensato per educare alla pace e al dialogo portato avanti dal Gen Verde che ha goduto, a Braga, della partecipazione di un bellissimo gruppo di giovani provenienti da Spagna e Portogallo e della speciale collaborazione del Projeto Homem Braga, specializzato nel trattamento, nella prevenzione, nella riduzione danni e nel reinserimento di persone con dipendenze. “Noi di solito abbiamo un po’ di paura quando invitiamo gente da fuori a conoscere gli utenti del nostro centro- dice uno degli educatori della sede del Projeto Homem Braga dopo l’incontro con le artiste- perché non vogliamo disturbare il loro processo di recupero. Oggi vi ringraziamo per aver diffuso tanta gioia in tutti noi”. “Abbiamo scoperto che la musica, la danza, l’arte davvero possono aiutarci a superare tante barriere, come quella linguistica, culturale- dice un ragazzo spagnolo che ha partecipato al workshop. A volte è difficile remare nella stessa direzione, ci vuole pazienza perché non andiamo tutti allo stesso ritmo, ma una cosa che ci portiamo dietro è la gioia che si trasmette, al di là delle difficoltà. L’amore ci fa superare ogni conflitto”. Al suono di Girl On A Mission (Magnificat), il brano composto dal Gen Verde per la Giornata Mondiale della Gioventù di Lisbona, il gruppo si è spostato a Faro (Algarve- Portugal) dove ha partecipato alle Giornate nelle diocesi che hanno preceduto la GMG, concludendo con un concerto nello Stadio Algarve il 31 luglio; il viaggio è continuato verso la capitale portoghese per un’altra edizione dello “Start Now” al quale hanno preso parte circa 100 giovani che, a conclusione, il 2 agosto, si sono esibiti con le artiste sul palco dell’Auditório da Faculdade de Medicina Dentária di Lisbona gremito di pubblico: “È stato molto gratificante partecipare ad un’attività come questa- dice una ragazza portoghese- perché possiamo imparare e conoscere altri. Abbiamo capito che è importante sia dire la nostra opinione sia, quando necessario, sapere perdere quella idea nel lavoro in squadra. La parola che sintetizza tutto quello che abbiamo imparato è umiltà, per dare all’altro la possibilità di esprimersi”. Imparare a superare le sfide come- dice un’altra ragazza- “quella di saper ascoltare, cogliere le idee degli altri, imparare ad interagire; lasciare andare la timidezza e creare qualcosa di bello, ma insieme”. Marita Alvarez (Argentina), cantante del Gen Verde, ci racconta: “abbiamo trovato tanti giovani che in tanti Paesi hanno partecipato ai nostri laboratori artistici in questi anni, e così abbiamo capito quanto questi rapporti siano stati profondi, veri e duraturi. Dalla Slovacchia, Polonia, Ucraina, alla Spagna, Austria, Germania e Italia, per nominarne alcuni, abbiamo visto questi giovani come leader delle loro comunità, impegnati e pronti a moltiplicare la gioia attraverso il “Magnificat anima mea” che Dio ha fatto nella loro vita”. Nel vivo della GMG, Lisbona si colora di giovani e si fa occasione unica per testimoniare e, allo stesso tempo, sperimentare la vivacità di una Chiesa pellegrina che, da tutte le parti del globo, chiama per nome. Ed è in questo spirito di famiglia che il Gen Verde, ha preso parte al secondo giorno delle catechesi Rise Up organizzato dal Movimento dei Focolari, dove ha cantato e animato la messa insieme ad oltre 7000 ragazzi, per poi concludere il suo viaggio in Portogallo con un concerto, il 4 agosto, ad Alameda Dom Afonso Henriques, in chiusura del Festival Halleluya: “ Mi ha colpito molto l’unità tra di loro – ha detto Jesús Morán, Copresidente del Movimento dei Focolari –  e i giovani erano strafelici, erano tutti coinvolti nel ritmo, nella musica, ma anche nei momenti di profondità, che non mancano nelle canzoni, e i ragazzi sapevano anche raccogliersi. Pensando alla Via Crucis è stato come la ‘quindicesima stazione’, che non esiste però che, come tutti dicono e immaginano,  è il segno della Resurrezione. È stato un canto alla Resurrezione, alla gioia. Credo che questa è la strada giusta per comunicare il Vangelo con linguaggio musicale che tanto piace ai giovani”.  

Maria Grazia Berretta

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In viaggio di nozze alla GMG

In viaggio di nozze alla GMG

Benoît e Chloé Mondou, giovani sposi francesi, hanno scelto di iniziare il loro cammino matrimoniale partecipando insieme alla Giornata Mondiale della Gioventù a Lisbona (Portogallo). “Inizialmente volevamo fare il viaggio di nozze con un tour in Europa, ma quando si è presentata l’opportunità di andare alla GMG, non abbiamo esitato un solo secondo!”. Benoît e Chloé Mondou, si sono sposati in Alta Savoia (Francia), una settimana prima della Giornata Mondiale della Gioventù di Lisbona (Portogallo). Ventiquattro anni lui e ventidue lei, si sono conosciuti sette anni fa in un gruppo scout nel quale sono molto attivi, oggi sono guide volontarie. Benoît conosce la spiritualità dei Focolari fin da bambino e, attraverso di lui, anche Chloé ha iniziato a viverla. E proprio con un gruppo di giovani del Movimento di lingua francese, provenienti da Francia, Belgio e Svizzera sono partiti verso Lisbona. “Non abbiamo accantonato il viaggio in Europa – spiegano – ma ci siamo detti che era davvero importante andare alla GMG. Adesso possiamo dire che ha segnato fortemente una tappa nel nostro matrimonio”. Benoît e Chloé partecipano anche nella loro città ad un progetto sociale nel quale vanno a trovare le persone ospiti nelle case di riposo. “Abbiamo la fortuna di essere stati educati nella stessa religione – spiega Chloé – ma abbiamo anche la fortuna di essere felici nel pregare insieme. Di conseguenza, la partecipazione alla GMG ha dato una dimensione ancora più grande alla fede che entrambi abbiamo. Spesso eravamo separati, poi ci ritrovavamo per la lode o l’adorazione, trovando così momenti in cui pregare insieme”. “Ed era molto forte. – confida Benoît – perché nel quoatidiano non abbiamo veramente l’opportunità di pregare insieme. A Lisbona prendersi del tempo insieme, anche se si era in gruppo, è stato forte. Personalmente credo sia un’esperienza che si dovrebbe fare almeno una volta nella vita. E se in coppia, ancora meglio” Momenti fondamentali quelli vissuti con papa Francesco. “Per me la cosa più importante che il Papa ha detto – dice Chloé – è quando ha ricordato che siamo tutti amati e ognuno così come è, perché quando si fa parte di un gruppo, a volte si tende un po’ di creare la propria personalità per apparire, per essere accettati. Ma in luoghi come quello ci si rende conto che in realtà è così che viviamo gli uni con gli altri, è così che siamo naturali ed è così che Dio ci ama di più”. “Io dalle parole del Papa – continua Benoît – sento di raccogliere una sfida che mi sta a cuore: cercare di essere Gesù. Ha invitato il milione e mezzo di giovani che eravamo a Lisbona a tornare nei nostri Paesi, diffondere la buona notizia, aiutare gli altri e far progredire gli altri con la parola di Cristo”. “Alla GMG – riflette Chloé – ho scoperto un nuovo modo di vivere la mia fede. Ho capito che ci sono tanti modi diversi di vivere la fede e non importa se una persona va a cantare per strada e un’altra preferisce stare da sola in fondo a una chiesa. Occorre che all’interno di una famiglia, tutti trovino il proprio posto e il proprio modo di pregare”. “Siamo ripartititi dal Portogallo con una fede molto cresciuta. – conclude Benoît – Questa esperienza ha reso più grande il desiderio, che già avevamo, di crescere i nostri figli nella fede e di educarli al Vangelo. Dopo il matrimonio religioso avevamo bisogno di questa GMG, del pellegrinaggio, del raccoglimento, della preghiera. Ci ha fatto molto bene”.  

Anna Lisa Innocenti 

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Braga, Portogallo: Vescovi all’insegna della “mistica del noi”

Braga, Portogallo: Vescovi all’insegna della “mistica del noi”

Dopo la Giornata Mondiale dei Giovani di Lisbona si è tenuto dall’8 al 10 agosto 2023, a Braga, nel nord del Portogallo, il Convegno internazionale dei Vescovi amici del Movimento dei Focolari Sull’onda della Giornata Mondiale della Gioventù che ha inondato Lisbona, 87 vescovi da 42 Paesi si sono fermati in Portogallo per riflettere su “La mistica dell’incontro – Contemplazione e missione in un cambiamento di epoca”, al convegno organizzato dai Vescovi amici del Movimento dei Focolari. Il 7 agosto, in viaggio per Braga, la prima tappa non poteva che essere il Santuario della Madonna di Fatima, proprio nel giorno della festa dei due santi pastorelli, Francesco e Giacinta. Coscienti dei cambiamenti epocali che esigono una risposta adeguata anche da parte della Chiesa, a partire dall’8 agosto, per tre giorni, i vescovi hanno voluto riflettere, e mettere in pratica, la “mistica del noi” come risposta alla nuova tappa di testimonianza e annuncio del Vangelo a cui lo Spirito Santo oggi chiama la Chiesa. Con questo intento, hanno ripreso quanto Papa Francesco ha detto nella sua visita a Loppiano, cittadella del Movimento, nel maggio del 2018, dove aveva affermato che il carisma dell’unità donato da Dio a Chiara è uno “stimolo provvidenziale e un aiuto potente a vivere questa mistica evangelica del noi”. Margaret Karram, Presidente del Movimento dei Focolari, e Jesús Morán, Co-presidente, presenti a tutto l’incontro, hanno offerto il loro contributo. Margaret ha invitato i Presuli a “Partire dall’unità per essere e parlare oggi”. L’unità è la vita di Dio, ha ricordato, e noi che la vogliamo imitare siamo invitati a viverla con il dovere di annunciarla coraggiosamente. La comunione in sala che ne è seguita, ha sottolineato la rinnovata fede nell’importanza di cercare l’unità, nella Chiesa e nel mondo, e la successiva condivisione in vari gruppi linguistici ha permesso di approfondire l’argomento. Si può dire che ogni giornata, con i suoi contenuti, ha contribuito a sperimentare la “mistica del noi”: lo scambio con un gruppo di giovani che hanno partecipato alla GMG; le testimonianze dei Vescovi sul percorso sinodale; l’incontro con il dolore e l’attualità delle Chiese particolari. Approfondimenti  A pochi mesi dall’Assemblea Sinodale dell’ottobre prossimo, il Card. Mario Grech, Segretario del Sinodo, e il prof.  Piero Coda, membro del gruppo teologico del medesimo, in collegamento video, hanno dato il loro contributo. Il Sinodo ha lo scopo di farci riscoprire l’unità nell’unico battesimo, allenarci a vivere insieme nonostante le differenze ed insegnarci ad abitare le tensioni nelle quali inevitabilmente ci troviamo. Una tavola rotonda con l’intento di presentare alcune risposte alle problematiche vive nella Chiesa e nelle società oggi ha suscitato numerose domande e interesse: Padre Fabio Ciardi, OMI, ha sottolineato la ricchezza dei carismi nella Chiesa di ieri e di oggi; Francesca Di Giovanni, già sottosegretario dello Stato Vaticano, ha parlato del posto della donna nella Chiesa, che non deve essere soltanto valorizzata per il “ruolo” che deve occupare, ma concepita nel “dono” che è per la Chiesa. Rosinha e Amândio Cruz, sposati, impegnati nelle strutture dell’Arcidiocesi di Braga, hanno poi presentato alcune dinamiche per il rinnovamento della Chiesa e dell’evangelizzazione sostenute proprio dalle famiglie. L’ultimo giorno, Padre Fabio Ciardi, ha introdotto un tema sulle “piaghe” della Chiesa oggi, presentando la luce che Chiara Lubich ha trovato nella scoperta-rivelazione di Gesù Abbandonato che prende su di sé ogni divisione e genera la riconciliazione, base della mistica del noi. Non sono mancati anche i momenti ricreativi e di arricchimento culturale, come la visita al vicino Santuario Bom Jesus do Monte, dove il Card. Francis Kriengsak, Arcivescovo di Bangkok, ha presieduto la celebrazione eucaristica. Poi, di fronte ad un suggestivo tramonto, la comunità locale dei Focolari ha offerto una cena dai tipici sapori portoghesi, accompagnata da coinvolgenti danze tradizionali. A conclusione dell’incontro, nella Messa presieduta dal Card. Lazzaro You, Prefetto del Dicastero per il Clero, i Vescovi hanno rinnovato l’impegno di mettere in pratica il comandamento di Gesù: “amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi” (Gv 15,12).

Carlos Mana

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“Non abbiate paura, fatevi coraggio!”

“Non abbiate paura, fatevi coraggio!”

Queste le ultime parole con le quali Papa Francesco ha salutato i giovani e tutti i partecipanti alla S. Messa conclusiva della GMG 2023.

È difficile descrivere ciò che abbiamo vissuto in questi indimenticabili giorni di grazia. So bene che è un luogo comune dire, in questi casi, che bisogna viverlo per capirlo. Ma è vero! È certamente vero in questa occasione. Ho partecipato a quattro GMG, le prime due e le ultime due, e posso testimoniare che c’è qualcosa che circonda questi giorni che non si può spiegare. Un noto personaggio pubblico portoghese, agnostico e amante del cinema, ha scritto in un articolo di giornale che quello che ha contemplato per le strade di Lisbona in questa rovente estate è stato il più bel film che abbia mai visto. Era impossibile non essere contagiati dall’allegria e dalla vivacità che i giovani giunti nella “città della luce” – e che l’hanno riempita con l’altra luce che portavano dentro di sé – riversavano a torrenti: nei quartieri, nei centri commerciali, nella metropolitana, sugli autobus, nei bar, nelle aree verdi o sul cemento, in piccoli gruppi o in grandi piene umane multicolori, sonore, loquaci, multi-carismatiche, con una simpatia che scaldava il cuore.

Camminando in mezzo a loro, vedevo gli abitanti della città, tra il perplesso e il curioso. Se Lisbona, con la sua magica e indescrivibile bellezza, è stata un dono per questi giovani, essi non sono stati di meno per questa città, che sarà orgogliosa di aver visto un milione e mezzo di giovani riunirsi per celebrare la fede in Cristo, cosa assolutamente inedita.

Straordinario il lavoro fatto dalla Chiesa portoghese così come dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, organizzatore dell’evento”. Così come la città, appunto, e le sue autorità civili. Ma non c’è dubbio che la corona d’alloro sia andata ai giovani. Ma chi avrebbe potuto immaginarlo dopo tre anni di grave pandemia e nel bel mezzo di una crisi istituzionale, come quella che sta attraversando la Chiesa cattolica a causa degli abusi di vario genere! Se oggi la stampa spagnola ha dato risalto al caso di una ragazza con il 5% di capacità visiva che sostiene di aver recuperato la vista nei giorni scorsi, per me il vero miracolo è stata la fede viva di questi giovani, espressa con il loro tipico linguaggio e con un’infinità di gesti audaci e sconcertanti. Infatti, se da un lato hanno mostrato un entusiasmo straripante cantando e ballando, il momento più emblematico ­– tra l’altro il vero centro di questa giornata – è stata ancora una volta l’adorazione eucaristica della veglia: più di un milione di persone si sono inginocchiate senza che nessuno lo abbia indicato per adorare in un silenzio “assordante” Colui che considerano il “cuore del mondo”!

Era impossibile non commuoversi. E in quel momento, il fado regalatoci dalla cantante Carminho ci ha fatto venire la pelle d’oca: “Tu sei la stella che guida il mio cuore/ Tu sei la stella che ha illuminato il mio cammino/ Tu sei il segno che io guido il destino/ Tu sei la stella e io sono il pellegrino”. E ci si chiede: ma quale forza di attrazione può esercitare un piccolo pezzo di ostia su una così grande folla di giovani sparsi su un campo di oltre 3 km di lunghezza (100 campi di calcio).

Si potrebbe pensare che i giovani che si sono riuniti a Lisbona siano brave persone, con una vita in ordine, giovani educati, che non si sporcano con i problemi degli altri. Niente di più sbagliato. Un gruppo internazionale di loro ha faticato per anni per elaborare un quadro artistico di straordinaria bellezza ed efficacia visiva, attraverso un palcoscenico monumentale, una sorta di impalcatura gigante su cui hanno sfilato quali mimi eterei, lasciandosi cadere legati a delle corde e portando la croce da una parte all’altra, su e giù.  La sensazione di vertigine era continua, e la scelta di questo gesto non era casuale: in ogni stazione, con poche note di riflessione orale e molta visualità, veniva espressa con crudezza la vertigine che informa la vita dei giovani d’oggi: dipendenze, mancanza di senso, futuro incerto, disprezzo per la vita, relazioni tossiche. Tutti motivi che la croce portava, o meglio, il crocifisso portava sulle spalle, per essere poi trasfigurati in nuova vita.

Certamente i momenti chiave di questa GMG, come delle precedenti, sono stati gli incontri con il Papa. Un altro elemento sconcertante e tipico di questo evento: perché i giovani amano così tanto i papi, indipendentemente dal loro carattere (dei papi), sia esso tradizionale, intellettuale o riformista?

Ma al di là di questi punti salienti, il programma di questi giorni è stato costellato da molti altri eventi, minori ma non per questo meno significativi, come i concerti musicali nei centri nevralgici della città, gli incontri per nazionalità, la condivisione con persone impegnate nella Chiesa a livello parrocchiale o associativo, e soprattutto le varie catechesi guidate dai giovani stessi e che hanno avuto come relatori principali i Vescovi di diverse parti del mondo. Tutte occasioni per approfondire il motto della GMG: Rise up.

“Non abbiate paura, fatevi coraggio! Papa Francesco sembrava rivolgersi con queste parole a tutta la Chiesa. Perché non c’è dubbio che ci sia bisogno di coraggio. E in questo i giovani sono chiamati a essere protagonisti.

Sono il presente e il futuro di una Chiesa rinnovata dallo Spirito. Una Chiesa che, come Francesco ha ripetuto più volte, vuole essere una casa per tutti, senza esclusioni, e recuperare l’impulso profetico che la impregna. Una Chiesa che cammina con nuova fiducia, quella che trova in se stessa e oltre se stessa: in Gesù Cristo. Una Chiesa che vuole dare ospitalità a tutta l’umanità nell’umanità risorta di Gesù di Nazareth, come dice un noto teologo.

Forse sono un po’ ottimista, ma in questi giorni ho visto una Chiesa giovane che è un po’ al di là della prova, o almeno è fiduciosa di superarla. Me lo hanno insegnato le migliaia e migliaia di giovani che ho incontrato a Lisbona. Non problematizzano, non si fossilizzano nella critica, anzi, qualcosa (la loro purezza, forse, affinata nel dolore e nell’incertezza) li porta a concentrarsi sul centro della fede con il cuore dei semplici. E, come dice il Maestro, di loro è il Regno dei Cieli (cf. Mt 5, 1-12).

Riassumo in tre immagini tutto ciò che ho voluto esprimere in questo articolo: giovani che camminano, che camminano per tutta Lisbona (simbolo del mondo), a volte stremati dal caldo e dalla fatica accumulata dopo notti di poco sonno. Giovani con la vertigine della croce sulle spalle, su cui sono scritte tutte le loro sofferenze. Giovani inginocchiati in adorazione, consapevoli che in un pezzo di pane c’è tutta la vita, una vita che non passa. La Chiesa viva, quella di sempre, quella di oggi, quella del futuro.

Jesús Morán

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Nel cuore della GMG

Nel cuore della GMG

I giovani attendono i prossimi appuntamenti con il Papa a cui si sono preparati da tempo e, in queste prime giornate a Lisbona (Portogallo), hanno partecipato agli incontri “Rise Up”. Scopriamo cosa sono.

Mentre scriviamo, la XXXVIII Giornata Mondiale della Gioventù ha appena fatto il suo giro di boa e le prime 4 intensissime giornate sono ormai parte della vita di oltre mezzo milione di giovani che il 3 agosto 2023 ha accolto Papa Francesco nel cuore di Lisbona (Portogallo), al Parque Eduardo VII, ribattezzato “Collina dell’incontro”, ad indicare la dimensione fondante di questa GMG: la relazione con Dio, con sé stessi e poi con gli altri, per costruire un mondo in pace, sostenibile e fraterno.

Al grido di “Dio ama tutti”, in una Chiesa in cui c’è spazio per tutti, Francesco ha inaugurato ufficialmente la GMG portoghese la cui cronaca quotidiana possiamo leggere nei media. Ciò che invece rischia di passare in secondo piano è il grande lavoro di attualizzazione che la Chiesa, nel senso più universale del termine – fatta dai giovani insieme ai loro educatori, ai sacerdoti e ai Vescovi, alle varie realtà ecclesiali – ha fatto, affinché questa Giornata Mondiale fosse un luogo in cui i ragazzi “si ritrovassero” nelle loro domande, nella ricerca consapevole o meno di Dio per averlo come compagno di vita; nella realizzazione di spazi di condivisione, ispirazione ed ascolto reciproco.

   

“Rise Up” Meetings: spazi per pensare, condividere, farsi ispirare

Senz’altro una delle novità più grosse di questa edizione sono gli incontri “Rise Up”, il nuovo modello di catechesi della Gmg che invita i giovani a riflettere sui grandi temi affrontati durante il pontificato di Papa Francesco: l’ecologia integrale, l’amicizia sociale e la fratellanza universale, la misericordia.Sono 270 incontri svolti in 30 lingue che si ricollegano tutti al tema generale della GMG: ““Maria si alzò e andò in fretta” (Lc 1,39).

Anche il Movimento dei Focolari è stato coinvolto negli incontri Rise Up – 3 appuntamenti di mezza giornata l’unoper i pellegrini di lingua inglese, incontrando in media 5000 giovani al giorno. “Mi sono sentita fin da subito protagonista – racconta Eunice, una gen del team organizzatore – e il tema di questa GMG mi ispira molto: anch’io mi sento spinta ad alzarmi ed andare in fretta, come Maria; sento una forte motivazione a dare di più, a superare limiti, stanchezza e difficoltà, come ha fatto lei quando è andata da Elisabetta. Non si è fermata, ma ha amato”. Agli incontri hanno preso la parola Margaret Karram e Jesús Morán, Presidente e Copresidente dei Focolari, insieme al Card. Patrick O’Malley di Boston (Usa), all’Arcivescovo Anthony Fisher di Sydney (Australia) e al Vescovo Robert Barron di Winona-Rochester nel Minnesota (Usa).

 

I ragazzi della GMG di Lisbona

Fare esperienza dell’amore di Dio e portarlo ovunque ci si trova o ci si sente chiamati è stato il filo conduttore degli incontri scanditi da dinamiche, musica, preghiera e tanta condivisione. “Sentivo che dopo un anno e mezzo di ‘isolamento’ dopo il Covid qualcosa in me era cambiato” – racconta Pete, degli Stati Uniti, alla sua prima GMG. “Ho deciso di venire con i ragazzi della mia Diocesi per mettermi in gioco. Volevo uscire dalla mia zona di confort, conoscere ragazzi di altri Paesi, vedere come loro affrontano i problemi. Ho ancora tante domande, a qualcuna qui ho trovato risposte”.

Anche per i ragazzi della Slovacchia non è stato facile decidere di partire e aprirsi a persone di altre culture e modi di fare. C’è grande attesa per quanto il papa dirà nei prossimi giorni. “Siamo sicuri che le sue parole rimeranno nei nostri cuori per sempre e ci aiuteranno nelle diverse situazioni della vita”.

Questo incontrarsi, riconoscersi fratelli e sorelle è forse il tratto più caratteristico di questo evento; perciò, le testimonianze sono centrali negli incontri Rise Up.

   

La vita vera al centro

Come quella di Lucas, che vive nell’Amazzonia brasiliana. Alla GMG di Panama è rimasto affascinato dalla figura di Gesù e, tornato a casa, si è impegnato in un progetto di aiuto alle comunità indigene della sua terra. Per 15 giorni, con un team di medici, infermieri e psicologi, insieme ad una ventina di giovani portano aiuti, cure e supporto a molte persone lontane dai centri di cura. “Un’esperienza incredibile: quella di donarmi dalla mattina alla sera, senza sosta” racconta Lucas. “Il Progetto Amazzonia mi ha fatto crescere molto come persona. Il primo frutto di tutto questo sono io: sono cambiato, non sono più lo stesso”.

Sofia, argentina, racconta del suo percorso esistenziale di forte ricerca di senso. Ad un certo punto ha conosciuto la figura della beata Chiara Luce Badano il cui sì a Dio, anche nel dolore, le ha dato la forza di donare la propria vita nella strada di consacrazione nel Movimento dei Focolari. E potremmo andare avanti ancora perché le testimonianze raccontate sono molte, come pure le domande che i giovani hanno rivolto ai vescovi e ai leader che hanno parlato.

“Sono venuta con il mio gruppo di amici a questa GMG – racconta Pat, 19 anni, di Sydney – e questo per me è importante perché credo che per riuscire a fare la differenza nel mondo, ma anche per prendere decisioni personali abbiamo bisogno degli altri. La solitudine è un problema di tanti ragazzi della mia età e io voglio fare qualcosa per questo, cominciando con il voler bene ai miei amici e qui ho capito che questa è la strada giusta”.

Sono tante le domande e anche le paure di questi ragazzi, ma non c’è solo questo: questi ragazzi hanno voglia di aprirsi, conoscere; vengono da storie ed esistenze diverse, spesso opposte eppure sono qui incontrare Papa Francesco e per trovare Dio nella propria vita e incontrare amici con cui condividerlo. La GMG di Lisbona è entrata nel vivo del suo viaggio.

Stefania Tanesini

Per leggere gli interventi integrali:

Margaret Karram, Intervento del 2 agosto 2023, Incontro Rise Up, GMG Lisbona (Portogallo) Jesús Morán, Intervento del 2 agosto 2023, Incontro Rise Up, GMG Lisbona (Portogallo)   Margaret Karram, Intervento del 3 agosto 2023, Incontro Rise Up, GMG Lisbona (Portogallo) Jesús Morán, Intervento del 3 agosto 2023, Incontro Rise Up, GMG Lisbona (Portogallo)   (altro…)

Lisbona 2023: “Há Pressa no Ar” inno ufficiale della GMG

Lisbona 2023: “Há Pressa no Ar” inno ufficiale della GMG

Un canto all’unisono per i giovani di tutto il mondo. Padre João Paulo Vaz, sacerdote di Coimbra (Portogallo) è l’ideatore del testo dell’inno della GMG di Lisbona 2023, trasformato in musica da Pedro Ferreira, insegnante e musicista. Due giovani del Movimento dei Focolari (Gen), Lourdes Catalán e Ivan Ho, lo hanno intervistato. Manca davvero poco alla Giornata Mondiale della Gioventù (GMG) 2023 e già tra i vicoli di Lisbona (Portogallo), città dove avrà luogo questo evento globale, è possibile ascoltare la voce dei primi giovani in arrivo cantare “Há Pressa no Ar” (C’è fretta nell’aria), inno ufficiale ispirato al tema “Maria si alzò e andò in fretta” (Lc 1,39). Scopriamo insieme a Padre João Paulo Vaz, sacerdote della diocesi di Coimbra e ideatore del testo, come è nato. Lourdes: Padre João Paulo, cosa rappresenta per lei la GMG e come mai ha deciso di partecipare al concorso per la selezione dell’inno di Lisbona 2023?

Padre João Paulo Vaz: Ho partecipato a ben 6 GMG nella mia vita (Parigi, Roma, Toronto, Colonia, Sydney e Madrid), alcune anche come responsabile della pastorale giovanile della diocesi. Ciascuna di queste ha segnato il mio percorso come uomo, come cristiano e come sacerdote. Sono state esperienze molto intense di fede e di comunione e, alcune cose in particolare, hanno lasciato l’impronta. Una di queste è sempre stata l’inno. Quando è arrivata la notizia che avremmo potuto partecipare al concorso per la realizzazione dell’inno di Lisbona 2023 ne sono stato molto contento, sia per la mia esperienza personale, sia in quanto compositore. Mi ero deciso a presentare il testo ma, a un certo punto, ho scoperto di aver dimenticato di iscrivermi per tempo perché bisognava dichiarare l’intenzione di partecipare, ancora prima di presentare il brano. Quando me ne sono reso conto ero molto triste, ma Dio non mi lascia mai solo. Un gruppo di partecipanti che si era iscritto per tempo e aveva solo pronta la base musicale mi ha chiesto comunque di poter ricevere le mie parole e sono entrato nel concorso. Poco dopo, ho appreso con grande gioia che la mia canzone era stata scelta. Ero felicissimo perché l’ho sentita davvero come una risposta di Dio al mio desiderio.

Ivan: Quale messaggio voleva trasmettere attraverso la composizione di questo inno? Padre João Paulo Vaz: In primo luogo, il messaggio che ho pensato di rivolgere a ciascun giovane è “Cristo è sempre con te, non ti abbandona mai e con Lui potrai amare molto di più”. Per questo, con Lui, “la mia voce si eleva più in alto e tutti la sentiranno”, come spiega la canzone, perché non si ha più paura. L’intero testo va in questa direzione e Maria, protagonista principale di questa GMG, nella semplicità e nell’umiltà della sua figura, rappresenta tutte queste cose: Colei che per prima eleva la sua voce perché porta Cristo con sé; la prima evangelizzatrice che rivela anche a noi, con il suo “sì” e in cammino verso Elisabetta, come portarlo agli altri. Ivan: A Lisbona si attendono tantissimi giovani da tutto il mondo. Come ci si sente a pensare che tutti insieme canteranno questo inno? Padre João Paulo Vaz: È molto importante dire che, dal momento in cui la canzone è stata scelta come l’inno della GMG, non ci appartiene più, non è più nostra. Non sono più le mie parole né la musica creata da Pedro Ferreira. È l’inno della GMG di Lisbona 2023. Io canterò con gli altri: questa sarà la più grande gioia. Lourdes: Se potesse sintetizzare in una o due parole l’inno, quali sarebbero? Padre João Paulo Vaz: la prima è “profondità”, che significa scoprire chi siamo, scoprire Cristo in noi e vivere a partire da lì; la seconda è “coraggio”, per essere la presenza di Dio nel mondo, per annunciare la vita. È in queste due parole che, a mio avviso, fiorisce l’esperienza della fede. Ivan: Qual è il suo messaggio personale per i giovani di oggi? Padre João Paulo Vaz: Vorrei usare le parole di Papa Francesco, pronunciate in uno dei video promozionali della GMG in cui invita ad andare avanti senza paura, costruire un mondo migliore ed essere protagonisti. Abbiamo tanto bisogno che i nostri giovani diano più valore al mondo, che tornino ai veri valori. È necessario abbandonare la paura ed essere consapevoli che sono loro stessi, i giovani, coloro che costruiranno un futuro migliore. E allora, caro giovane, non puoi star fermo ad osservare il mondo dalla poltrona: devi alzarti e andare, come Maria. La GMG, e questa in particolare, è un’opportunità per dire che ci credi e che sei disposto a fare quello che Dio ti chiede; più di ogni altra cosa, ti dice che non sei solo in questo. Un intero mondo di giovani e il Papa sono pronti a camminare insieme a te.

 Lourdes Catalán e Ivan Ho

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Una Chiesa-Comunità: in cammino verso la GMG di Lisbona

Una Chiesa-Comunità: in cammino verso la GMG di Lisbona

La 37esima Giornata Mondiale della Gioventù (GMG), che si terrà dal 31 luglio al 6 agosto 2023 a Lisbona (Portogallo), è ormai alle porte e tanti sono i giovani che si preparano a vivere questo evento globale insieme al Papa. Varie le iniziative promosse così come numerose sono le persone che, ormai da mesi, lavorano con dedizione a  questo momento di vera famiglia per la Chiesa. Ecco alcune testimonianze. È tutto pronto. Il sole è alto sulle sette colline di Lisbona (Portogallo) e la brezza dell’oceano porta con sé un’aria di novità e di attesa: la GMG è alle porte e i giovani di tutto il mondo stanno arrivando. Dopo mesi di preparazione e dopo aver toccato varie tappe del Paese, lo scorso fine settimana la Croce del Pellegrino e l’Icona della Madonna “Salus Popoli Romani”, simboli della Giornata, sono finalmente giunti a Lisbona e si è pronti ora ad accogliere i primi giovani in arrivo per le “Giornate nelle diocesi” che si svolgeranno dal 26 al 31 luglio 2023  nelle 17 diocesi del Portogallo continentale e delle isole. Un modo per preparare i pellegrini e le comunità ospitanti ad entrare nell’evento e viverlo in pienezza. “Quando ci è stato comunicato che la GMG si sarebbe tenuta a Lisbona, abbiamo accolto la notizia con immensa gioia. Sono sicuro che sarà un’occasione di grazia per ciascuno dei partecipanti, così come per il nostro Paese. Nel mio caso, sento di dover essere aperto alle sorprese che lo Spirito vuole comunicare” dice  Padre José Cardoso de Almeida, parroco di Sátão, nella diocesi di Viseu,  sacerdote volontario del Movimento dei Focolari. Lui che ha avuto modo di  vivere in prima persona l’attesa e l’entusiasmo di varie GMG, ha sentito subito la chiamata, come tantissimi volontari, a mettersi all’opera nell’organizzare la Giornata che si sarebbe svolta proprio “in casa”, motivando i giovani e accogliendo coloro che sarebbero arrivati da varie parti del mondo: “Quest’ultimo anno è stato un periodo di incontri frequenti. Sono state organizzate tantissime attività per aiutare a sostenere le spese di coloro che avevano maggiori difficoltà nel partecipare. Come ‘piccolo costruttore’ di questa GMG insieme a molti, ho contribuito a motivare alcune famiglie ad aprire le loro porte a giovani stranieri nelle “Giornate nelle diocesi”. Nella nostra zona accoglieremo circa 3.000 giovani, in particolare, francesi. Poi partiremo per Lisbona e darò una mano per il sacramento della Riconciliazione, durante l’evento”. Un’esperienza concreta che suggerisce quanto il mettersi a servizio generi innumerevoli frutti nelle varie comunità. “Come la scoperta della bellezza di lavorare insieme – racconta ancora P. José. Penso che i giovani di oggi abbiano bisogno di scoprire che il segreto della felicità sta nell’amore vero, e nell’ esperienza, come dice Papa Francesco, di ‘uscire da se stessi’ ed ‘essere con e per gli altri’. Questa è la vera unità”. Ed è in questo “uscire” che ritroviamo la figura della Vergine Maria,  pronta ad “alzarsi e partire in fretta”, come annuncia il motto di questa  GMG, in cammino verso l’incontro con Elisabetta. Un “invito all’incontro con Gesù vivo nella famiglia, nel lavoro, nella vita sociale e politica” spiegano da Lisbona, Ana e José Maria Raposo, della parrocchia di Nossa Senhora da Conceição dos Olivais Sul. Volontari di Dio nel  Movimento dei Focolari,  Ana e José sono sposati da 45 anni, hanno cinque figli e quattro nipoti e sono una delle tante famiglie portoghesi che ospiteranno in casa propria i giovani che prenderanno parte alla GMG. “Perché i giovani, come Maria, vivano la loro vocazione, è necessario credere e renderli protagonisti, senza dimenticare l’intergenerazionalità – ci dicono;  è necessario credere che già oggi si cambia il mondo se si cambia il cuore, se si libera la mente, se si esce dalla propria zona di comfort, se ci si guarda intorno e si vede Gesù in tutti; è necessario credere che il mondo unito è possibile”. QQ Un’esperienza che guarda a questo tempo cosi fragile, guarda all’altro e prende vigore grazie anche alla testimonianza concreta  di chi, questa certezza d’amore, vuole metterla al servizio anche nell’ “accoglienza” che, continuano Ana e José, “significa essere una famiglia per chi arriva. È stato spontaneo per noi unirci subito all’accoglienza dei giovani pellegrini che parteciperanno alla GMG. Abbiamo sempre accolto nella nostra casa chi ne aveva bisogno perché di passaggio, in viaggio e gli ultimi mesi sono stati anche l’occasione per rivedere alcuni aspetti e riorganizzare gli spazi in modo che i giovani che arrivano si sentano realmente a casa”. La Giornata Mondiale della Gioventù continua a rivelarsi, ancora oggi, un grande evento della Chiesa che, intorno al Papa e i giovani di tutto il mondo, si fa “Comunità”. Ed essere, come afferma Padre José Cardoso de Almeida “un laboratorio del Regno di Dio stesso e l’ immagine di quella fraternità universale che deriva dal Vangelo”.

Maria Grazia Berretta

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Vangelo Vissuto: la credibilità dell’Amore

“Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa” (Mt 10, 42) è la Parola di vita di questo mese ed è la missione alla quale ciascuno di noi, proprio come i discepoli, è chiamato: essere testimoni credibili dell’Amore di Cristo, nella concretezza di quei gesti che sono parte della nostra quotidianità; un Amore circolare, che con gioia si dà e con sorpresa si riceve in abbondanza. Al parcheggio Al parcheggio avevo trovato l’auto nuova che mi aveva prestato mio padre, graffiata. Cosa fare? Dispiaciuto per il dolore che gli avrei dato, pensavo alla spesa da affrontare per farla riparare, quando sul cruscotto notai un piccolo oggetto calamitato con questa scritta: “…gettando in Lui ogni vostra preoccupazione perché Egli ha cura di voi”. Provai a fare così. Ed ecco un senso di pace, ciò che occorreva per capire cosa fare. Mentre ero così assorto, sento bussare al finestrino. Una signora chiede di parlarmi. Era lei che aveva strisciato la macchina ed era andata via sperando di farla franca, ma il rimorso l’aveva fatta tornare indietro. Ora, insieme al numero di telefono, dava la sua disponibilità a risarcire il danno. Stupito e grato le raccontai come avevo trovato pace leggendo quella frase sul cruscotto. E lei, pensierosa: “È stato proprio Lui a farmi tornare”. (Z.X. – Croazia) Il posto giusto Quando sono stata trasferita all’Unità di vigilanza intensiva, mi sono resa conto che la mia missione di medico sarebbe stata messa lì alla prova, e al tempo stesso sentivo che quello era il “mio” posto. Durante gli anni della mia professione, non mi era ancora capitato di lavorare in un reparto del genere dove ogni giorno il dolore della gente si presenta nelle forme più tragiche: incidenti gravi, problemi neurologici… e in genere di persone giovani. In breve, non mi sentivo sicura di essere all’altezza. Mi dava forza però l’idea di mettermi al servizio di Gesù che si identificava anche in loro: “L’avete fatto a me”, aveva detto. Dopo sei mesi di lavoro in quel posto, la direzione dell’ospedale mi ha proposta come responsabile del reparto. Le motivazioni di tale incarico: la mia capacità di integrazione con i colleghi, il mio atteggiamento di calma e pace, il mio agire professionale. Trovandomi il giorno dopo in cappella, ho ringraziato Gesù: erano state le sue parole a farmi essere quello di cui gli altri avevano bisogno soprattutto lì, in quel luogo. (J.M. – Spagna) L’esame Preparavo un esame impegnativo all’università quando è passato a trovarmi in collegio un amico che attraversava un momento difficile con la sua ragazza. L’ho accolto e mentre gli preparavo una cena ci siamo messi a parlare. Il pensiero dell’esame mi assillava ma provavo ad accantonarlo per concentrarmi nel dare ascolto al mio amico, talmente alterato e addolorato da non rendersi conto che il tempo passava ed era anche ora di andare a dormire. Alla fine, gli ho offerto ospitalità per la notte. Era veramente tardi e non avevo neanche la forza di aprire il libro. L’indomani la sveglia ci è stata data da una telefonata: un collega mi avvisava che ero atteso all’esame. Ancora mezzo addormentato, mi sono preparato in fretta per uscire, mentre l’amico rimaneva a dormire. Tutto mi sarei aspettato tranne di riuscire a superare quell’esame! Felice, torno nel mio alloggio, dove trovo sul tavolo un foglio: «Non so come ringraziarti. Mi hai dimostrato che valgo. Mi hai dato nuova forza. Vorrei anche io essere “tutto per gli altri”. (G.F. – Polonia)

A cura di Maria Grazia Berretta

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno IX – n.1° luglio-agosto 2023) (altro…)

Il nuovo libro di Jesús Morán: “Fedeltà dinamica”

Il nuovo libro di Jesús Morán: “Fedeltà dinamica”

Intervista all’autore sull’ultima opera letteraria. Un libro pensato per dare speranza, per mantenere una fede intatta nel carisma dell’unità. Alcune domande al Copresidente del Movimento dei focolari sul suo ultimo libro, edito da Citta Nuova, dal titolo “Fedeltà dinamica”. Jesús, partiamo dal titolo: “Fedeltà dinamica”… Ho voluto usare l’espressione che Papa Francesco ha utilizzato nel suo discorso ai partecipanti all’Assemblea del Movimento dei focolari nel 2021. Lì ha parlato di fedeltà dinamica. Secondo me è un pensiero molto vicino al concetto di fedeltà creativa. Col vantaggio che “dinamica” fa riferimento al concetto greco dynamis che vuol dire forza di movimento. Quindi, fedeltà dinamica è una fedeltà in movimento, che non è statica e questo è molto caro a Papa Francesco. Quando ha parlato a noi in altre occasioni ha sottolineato che i movimenti devono essere proprio “movimento”. Allora mi sembrava che questo titolo fosse più vicino a quanto oggi viviamo nella nostra realtà…  Il libro è diviso in capitoli. Il primo: “tastare il polso del tempo”. Quali le prospettive del carisma dell’unità di Chiara Lubich per l’oggi? Come attualizzare l’identità e la storia del carisma? A me sembra che il carisma dell’unità di Chiara Lubich sia sempre attualissimo. Per quello che riguarda la sinodalità, Papa Francesco sta insistendo nel riscoprirci come popolo di Dio in cammino, dove tutti siamo protagonisti. Sinodo vuol dire “camminare insieme”. Lui vuole una Chiesa dove tutti danno il meglio di sé come parte integrante del popolo di Dio, corpo di Cristo. Ecco, io penso che il carisma dell’unità di Chiara Lubich possa portare molto in questo senso, con la sua spiritualità di comunione, la spiritualità dell’unità. D’altra parte oggi ci sono tanti conflitti, guerre, polarizzazioni massicce dappertutto – nel campo politico, morale, sociale – e forse come non mai si assiste a contrapposizioni quasi irriconciliabili. Credo che anche qui il carisma dell’unità possa contribuire molto con la sua trama dialogica. Quindi oggi il carisma dell’unità va attualizzato, riscoprendo la sua vera identità, andando all’essenziale, al nucleo fondante del carisma. Questa attualizzazione richiede la messa in pratica di due momenti, non in senso cronologico, ma nel senso profondo. Da una parte ascoltare i segni dei tempi, le domande del mondo, della società contemporanea. Dall’altra andare a fondo, pescare in tutte quelle risorse che il carisma ha, alcune delle quali non sono state nemmeno espresse. A me piace molto questo concetto di esprimere l’inespresso che è dentro di noi. È così che si attualizza l’identità. In una fedeltà dinamica. Insieme al processo di purificazione della memoria che stiamo vivendo in questa fase post-fondazionale, penso che siamo pronti per compiere questo passo.  L’attualizzazione di un carisma si realizza con il contributo di tutti e con un cambio di mentalità, una forma mentis. Oltre all’aiuto dello Spirito Santo, cosa possiamo fare per attuare ciò? Senza dubbio l’aiuto dello Spirito Santo è fondamentale perché siamo nel contesto di un’opera di Dio. Ma per attualizzare il carisma ci vuole intelligenza. Non nel senso accademico. Più nel senso di sapienza. Ci vogliono talenti e competenze per ascoltare il grido dell’umanità. È importante cosa si dice nel documento dell’Assemblea Generale del 2021: oggi la domanda dell’umanità che dobbiamo ascoltare è il grido di Gesù Abbandonato. Quindi, oltre lo Spirito Santo, serve l’intelligenza del carisma e la Sapienza che viene dalla vita. E non è un esercizio a tavolino, un esercizio accademico. Si può cogliere il grido di Gesù Abbandonato quando si è a contatto con la sofferenza dei nostri contemporanei. Cos’è la “teologia dell’Ideale dell’unità”? Perché è importante per la fedeltà al carisma? L’ha detto Chiara Lubich stessa, che per il futuro del Movimento dei focolari e del carisma sarebbe importante la teologia. Questo vuol dire approfondire il carisma dell’unità alla luce della Rivelazione, da dove è scaturito, e della ricerca teologica. È un esercizio di intelligenza del carisma che è fondamentale, altrimenti non si incarna e soprattutto, non si universalizza. Senza la teologia dell’ideale il carisma rimane dentro il Movimento. Con una teologia dell’ideale dell’unità il carisma può andare anche fuori, oltre che trovare un fondamento solido. La teologia dell’Ideale dell’unità aiuta a capirlo bene per poter trasmetterlo alle generazioni future. La vita e la testimonianza va sempre prima, ma anche questo lavoro è decisivo. La teologia dell’Ideale dell’unità previene di possibili deviazioni. Il kerigma originale, racchiuso nei Vangeli, ha necessitato dell’arduo lavoro dei Padri della Chiesa, grandi teologi, per essere salvato nella integrità.  Con l’attualizzazione non si rischia di far perdere al carisma la sua identità? Al contrario. È proprio la non attualizzazione che fa perdere l’identità al carisma, perché l’identità di un carisma è sempre dinamica e creativa. Si tratta di essere sempre gli stessi senza essere mai lo stesso. Questo è quello che ho cercato di esprimere. La staticità appunto fa perdere l’identità del carisma perché gli fa perdere la connessione con la realtà. Per me questo è chiarissimo: ci vuole un’attualizzazione costante affinché il carisma mantenga la sua identità. E questo Chiara l’ha fatto durante tutta la sua vita. Il secondo capitolo: “la casa della conoscenza di sé”, prende spunto da una lettera di Caterina da Siena. Qui scopriamo i nostri limiti, i fallimenti, l’autoreferenzialità, il volto di Gesù Abbandonato. Cosa possiamo fare per superare la “prova della conoscenza di sé? Il secondo capitolo è fondamentale in questa fase che stiamo vivendo, in cui abbiamo dovuto fare i conti con i nostri difetti, i nostri errori nell’incarnazione del carisma. Cosa possiamo fare per superare la prova? Bisogna viverla fino in fondo, perché si tratta di riconoscere che noi non siamo all’altezza del carisma. Nessuno di noi è all’altezza del carisma. Da qui scaturisce non un senso di sgomento, bensì una nuova fiducia in Dio, nello Spirito Santo, autore del carisma. Quindi la prova della conoscenza di sé si supera accettando l’umiliazione di non essere all’altezza e deponendo tutta la nostra fiducia in Dio. Il terzo capitolo: “il discernimento alla luce del carisma dell’unità”. Il Papa ci chiede di diventare artigiani del discernimento comunitario. Come procedere? E soprattutto, il carisma dell’unità di Chiara Lubich è un carisma in discernimento? Per Papa Francesco, discernimento e sinodalità vanno a braccetto, sia quello individuale che comunitario.  È un processo molto delicato, perché richiede intelligenza, ma soprattutto ascolto dello Spirito Santo. Il discernimento chiede tutto a noi e tutto a Dio. E questo non è semplice, non è un esercizio di consenso. È andare a fondo nel cercare la volontà di Dio in ogni momento. Credo che il dinamismo tipico del carisma dell’unità, che noi chiamiamo Gesù in mezzo, cioè di meritare la presenza di Gesù fra noi, sia un esercizio di discernimento. Chiara Lubich lo ha spiegato molto bene: per meritare questa presenza ci vuole un distacco completo da noi stessi, un metterci in ascolto dello Spirito Santo. Ci vuole l’amore reciproco. Addirittura Chiara ha sviluppato l’idea dei rapporti trinitari, che trasformano il discernimento comunitario in un “discernimento trinitario”. Quando puntiamo ad avere Gesù in mezzo a noi, facciamo un’esperienza trinitaria, con tutte le debolezze, le fragilità della nostra umanità, corporeità, psicologia. Però la facciamo ed è lì che avviene il discernimento. Questa prassi dei rapporti trinitaria possiamo leggerla alla luce della grande idea di Papa Francesco del discernimento e della sinodalità.  Nel libro parli di due deviazioni: “il sequestro dell’Uno” e “la dissoluzione dell’Uno”. Cosa sono e come evitarle? Queste tentazioni sono davvero due deviazioni della spiritualità dell’unità. Nella prima succede che qualcuno si impadronisce della mission della Comunità e addirittura della mission di ciascuno. C’è qualcuno che centralizza tutto, che senza rendersi conto prende il posto dello Spirito Santo nella dinamica di unità. In questo caso si sequestra il “noi”, il necessario perché ognuno possa fiorire e dare il suo contributo. Qui si verificano gli abusi di autorità, abusi di coscienza, abusi spirituali ed è quindi un rischio forte. Nella dissoluzione dell’Uno succede il contrario, si perde lo spirito di Comunione. Prevale un individualismo esagerato. Se prima qualcuno si impadronisce del noi, in questo caso sparisce il noi e subentra l’individualismo di tutti. La vita di comunità diventa un’organizzazione dove ognuno cerca il suo spazio, la sua realizzazione personale. Anche qui sparisce lo Spirito Santo che è dinamismo della vita cristiana. Come evitarle? Ci vuole un momento di autocoscienza: capire gli errori fatti. Contemporaneamente, tornare al Vangelo vissuto e a un’autentica vita di unità. Soprattutto penso con l’umiltà, la capacità di decentrarsi, l’amore all’altro, il pensare che la persona è sempre un assoluto che non può essere in nessun modo annullato. Quindi penso che la soluzione sia un plus di amore, verità, trasparenza e donazione concreta nella vita di unità, nella vita di comunione. L’unità è un dono dello Spirito, nessuno può sequestrarla col suo potere né dissolverla col suo individualismo. L’unità è una esperienza di Dio che prende tutti noi stessi. Rendiamoci conto. In ultimo, cosa possiamo fare affinché tutti questi argomenti nel libro non rimangano solo buone intenzioni? Penso che sarebbe utile parlarne in comunità. Fare dei momenti in cui leggere alcuni passaggi, dei ritiri ed esaminare la nostra vita alla luce di queste indicazioni. Il libro è pensato per dare speranza, mantiene una fede intatta nel carisma dell’unità, e nel caso si sia smarrita, recuperarla. Mi auguro che mettendo in comune le esperienze si possa ripristinare una vita autentica lì dove non c’è più, perché in tanti posti la vita fiorisce, c’è generatività, ci sono tante cose belle.

Lorenzo Russo

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Partecipare / presiedere / decidere

Partecipare / presiedere / decidere

 Sabato 24 giugno 2023 si è svolto a Loppiano (Incisa Valdarno, Firenze), un seminario teologico dal tema «Partecipare/presiedere/decidere. Radice sacramentale e dinamica comunionale nel cammino del popolo di Dio in missione». Oltre una trentina di studiosi hanno accolto l’invito del Centro Evangelii Gaudium (CEG) del Istituto Universiario Sophia a elaborare una proposta di revisione del diritto canonico al fine di riequilibrare – come esorta il documento di base (Instrumentum laboris) della XIV Assemblea del Sinodo dei Vescovi – «il rapporto tra il principio di autorità, fortemente affermato nella normativa vigente, e il principio di partecipazione». Poiché «non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali – ci assicura papa Francesco – devono essere risolte con interventi del magistero» (Es. ap. Amoris laetizia, n. 3), risulta decisivo l’ascolto del sensus fidelium dell’intero popolo di Dio (pastori e fedeli) nella varietà delle culture che lo compongono. Il dialogo tra teologia e diritto risulta, dunque, animato da un sincero processo di inculturazione senza del quale si corre il reale rischio di porre le basi di una inosservanza pratica dei principi generali enunciati dalla chiesa. «Il punto – sottolinea il prof. Vincenzo Di Pilato, coordinatore accademico del CEG – è proprio questo: come rendere effettiva la partecipazione attiva di tutti i fedeli all’interno delle nostre assemblee sinodali? Resterà solo consultiva? O sarà anche deliberativa? Ciò significherà giungere a una trattativa per una “concessione” giuridica o “riconoscere” la capacità decisionale del soggetto collettivo dell’agire ecclesiale così come emerge dall’ecclesiologia del Vaticano II e del magistero postconciliare? E sarà, pertanto, necessario un aggiornamento del Codice di diritto canonico?». Nel saluto iniziale ai partecipanti il card. Mario Grech, Segretario generale del Sinodo, ha evidenziato come il cammino sinodale entra in una nuova fase: esso è chiamato a diventare dinamica generativa e non semplicemente un evento tra gli altri. Non si può, infatti, ascoltare lo Spirito Santo senza ascoltare il popolo santo di Dio in quella “reciprocità” che lo costituisce “Corpo di Cristo”. In questo legame comunionale prende così forma quella particolare metodologia della conversazione nello Spirito, ben descritta in occasione della presentazione dell’Instrumentum laboris. Di qui la necessità – richiamata a più riprese dal card. Grech – di meglio articolare il principio della restituzione. In altre parole, ciò significa che l’unità del processo sinodale è garantita dal fatto che esso ritorna dove esso è partito, alla Chiesa particolare, ed è un momento importante del “riconoscimento” di quanto maturato nell’ascolto di ciò che lo Spirito dice oggi alla Chiesa. Il cammino sinodale sembra porsi, dunque, come un significativo momento della vita ecclesiale, capace di stimolare e attivare lo slancio creativo e di annuncio evangelico che viene dalla riscoperta della relazione con Dio che innerva la relazione tra i credenti, e anche come un segno per un contesto culturale in cui alberga un grido silenzioso di fraternità nella ricerca del bene comune. Se nella relazione “I problemi della sinodalità tra ecclesiologia e diritto canonico” del prof. Severino Dianich, è emerso il recupero dell’ecclesiologia paolina dell’essere-corpo di Cristo e la valorizzazione della co-essenzialità dinamica dei doni gerarchici e carismatici; per il prof. Alphonse Borras, questo punto di svolta necessita di una esplicitazione canonica, che delinei una prassi procedurale flessibile, capace di accompagnare i processi decisionali e di partecipazione attraverso i vari organismi già previsti (consiglio episcopale, presbiterale, pastorale diocesano, pastorale parrocchiale…). Su questa linea si è posto il cardinale Francesco Coccopalmerio, già presidente del Pontificio consiglio per i testi legislativi, nel suo intervento “Sinodalità ecclesiale: è ipotizzabile un rapido passaggio dal consultivo al deliberativo?”. A suo parere è possibile rinvenire nel diritto canonico una chiara definizione di sinodalità, intesa come “comunione di pastori e fedeli nel compiere l’attività di riconoscere qual è il bene della Chiesa e nella capacità di decidere come attuare il bene individuato”. Al termine del seminario, è stata avanzata da molti la proposta di mettere a disposizione i risultati raggiunti attraverso la pubblicazione degli interventi. Il CEG è al lavoro affinché questo avvenga entro settembre come ulteriore contributo al prossimo Sinodo.

Antonio Bergamo

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Premio Seelisberg 2023 a Joseph Sievers

Premio Seelisberg 2023 a Joseph Sievers

Nell’ambito dell’evento di apertura della conferenza internazionale dell’International Council of Christians and Jews (ICCJ) a Boston (USA), domenica 18 giugno, il Prof. Joseph Sievers ha ricevuto il Premio Seelisberg 2023. La nostra intervista al suo rientro a Roma. Il Premio Seelisberg si ispira e vuole fare memoria dell’innovativo raduno che ebbe luogo nel piccolo villaggio svizzero di Seelisberg dal 30 luglio al 5 agosto 1947 per affrontare gli insegnamenti cristiani rispetto alla discriminazione verso ebrei e l’ebraismo. Questo evento è ampiamente riconosciuto come l’inaugurazione della trasformazione nelle relazioni tra ebrei e cristiani. Il Premio Seelisberg viene assegnato ogni anno (dal 2022) dal Consiglio internazionale dei cristiani e degli ebrei (ICCJ), che ha avuto origine dalla conferenza di Seelisberg, e dal Centro per la teologia interculturale e lo studio delle religioni dell’Università di Salisburgo. Vengono omaggiate persone che hanno svolto ruoli importanti attraverso i loro percorsi di studi e insegnamento nel promuovere il riavvicinamento tra ebrei e cristiani. Il Prof. Dott. Joseph Sievers (Premio Seelisberg 2023), è nato in Germania e ha iniziato i suoi studi all’Università di Vienna e all’Università Ebraica di Gerusalemme. Ha conseguito un dottorato di ricerca in Storia Antica presso la Columbia University (1981) e una Lic. Teol. della Pontificia Università Gregoriana (1997). Ha insegnato presso CUNY, Seton Hall Univ., Fordham Univ. e altre istituzioni negli Stati Uniti, in Italia e in Israele. Dal 1991 al 2023, ha insegnato Storia e letteratura ebraica del periodo ellenistico presso il Pontificio Istituto Biblico di Roma, dove è stato professore ordinario. Inoltre, dal 2003 al 2009 è stato Direttore del Centro Cardinal Bea per gli Studi Giudaici presso la Pontificia Università Gregoriana. Dal 1965 è membro del Movimento dei Focolari, con il cui Centro per il Dialogo Interreligioso collabora dal 1996. Ha pubblicato diversi libri e numerosi articoli, soprattutto nell’ambito della Storia del Secondo Tempio (in particolare Flavio Giuseppe) e le relazioni ebraico-cristiane. Con Amy-Jill Levine ha curato The Pharisees (Grand Rapids, MI: Eerdmans, 2021; traduzione italiana Milano, San Paolo, 2021; traduzione tedesca prevista per il 2024). Professor Sievers, cosa ha significato per lei ricevere questo premio? È stata una grande sorpresa e quando mi hanno chiesto di dire qualcosa sulla mia esperienza ho provato una grande gratitudine guardando indietro, ripensando a tutti i momenti, a tutte le persone incontrate, alle situazioni in cui ho potuto esserci e a volte essere di aiuto. Una grande gratitudine e, al tempo stesso, una responsabilità per il presente e il futuro. Nel suo discorso in occasione della cerimonia di conferimento del Premio dice: “Le difficoltà possono aiutarci a capirci meglio. Le difficoltà possono unirci”. Nella sua lunga esperienza in questo dialogo, cos’è stato più difficile e cosa invece sorprendente a tal punto di dire ancora oggi “Si può fare”? Ci sono stati vari momenti difficili, ma uno che ricordo in modo particolare è quando dovevamo organizzare un incontro di dialogo a Gerusalemme nel 2009. Qualche settimana dopo un conflitto, un’operazione che ha portato tanti morti e feriti. Poi nello stesso periodo c’era stata anche la situazione del vescovo (Richard Nelson) Williamson che negava l’olocausto. C’erano difficoltà da tutte le parti che rendevano molto difficile un dialogo aperto. Tuttavia, siamo riusciti a fare questo incontro. Siamo andati avanti e sono stati momenti di comunione molto forti, spirituali, al di là di tutti i problemi. E poi mi chiede anche le cose che sono state possibili, nonostante le difficoltà? E certamente non è stato facile organizzare un convegno sui farisei e poi pubblicare un libro. C’erano vari punti in cui mi sembrava la strada fosse sbarrata. O per ragioni economiche o perché qualcuno non era d’accordo con quello che si voleva fare, o perché sembrava impossibile avere un’udienza col Papa, per un convegno di questo tipo… Invece collaborando, ed è stata veramente una collaborazione, specialmente con una collega ebrea, ma anche con altri, è stato possibile risolvere questi problemi per dare qualcosa che fosse basato su studi seri ma si indirizzasse a situazioni concrete anche nelle chiese, nelle parrocchie. Certamente c’è stato un successo che non ha avuto subito degli effetti dappertutto, ma per esempio un Vescovo mi ha scritto “ecco, adesso dobbiamo cambiare tutto il nostro insegnamento sui farisei e sull’ebraismo nei seminari”. Questo già è qualcosa. In che modo la sua appartenenza al Movimento dei Focolari ha inciso su questa esperienza? Senza il Movimento dei focolari probabilmente non sarei entrato in questo ambito.  È venuto dal Movimento la spinta a studiare le lingue della Bibbia e poi da questo è venuto tutto il resto. Sono entrato in focolare proprio il 28 ottobre 1965, era un giovedì. Io sono arrivato in focolare a Colonia (Germania) con la mia bicicletta, portata in treno con le due valigie la stessa sera in cui a Roma al Concilio, stavano approvando Nostra aetate (Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane). E questo per me ha sempre avuto un grande significato, legando l’impegno nel Movimento con quello per il dialogo. È stato chiamato anche a collaborare ufficialmente nel dialogo della Chiesa Cattolica con gli ebrei… Sì. Dal 2008 sono Consultore della Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo, commissione della Santa Sede. E ho partecipato a diversi incontri dell’ ILC a Buenos Aires, Città del Capo o ancora Budapest, Madrid, Varsavia, Roma … E si fanno dei passi in avanti? Un passo è già essere aperto a incontrarsi, a parlarsi e anche a superare le difficoltà nel percorso. A volte è meglio affrontare tutto con una cena insieme piuttosto che con delle lettere infuocate. Si fanno dei passi e certamente c’è molto di più da fare, c’è da espandere la rete. Cioè, la maggior parte dei cristiani e la maggior parte degli ebrei non sono coinvolti, a volte non sanno nemmeno che ci sono questi rapporti, che c’è questo cammino insieme. C’è ancora molto da fare per rendere conosciuto questo e applicarlo. Una cosa che ho imparato molto dai rapporti con gli ebrei è che le domande sono a volte più importanti delle risposte. E cioè io non devo e non posso pretendere di avere tutte le risposte e quindi non posso affrontare l’altro come qualcuno che ha trovato tutte le risposte e si rivolge a lui o a lei da una posizione di superiorità. La mia posizione è quella di essere un cercatore insieme. È questo, in modo più drammatico quando si affronta il tema della Shoah, dell’Olocausto, che è da affrontare insieme prima o poi. Una cosa essenziale è guardare, essere il più sensibile possibile agli impegni e alle necessità dell’altro. E poi essere anche aperti, e se si sbaglia si può sempre ricominciare se l’intenzione è giusta: entrare in punta di piedi nell’ambiente dell’altro, non con l’atteggiamento di chi dice “io so tutto”. Come ultima cosa, nel ricevere questo premio, oltre a sentirsi grato, c’è qualche stimolo per Joseph Sievers? Eh, sì. Per esempio, ci sono alcune domande aperte e questo mi stimola ad affrontarle di più. E forse addirittura mi dà un po’ di autorevolezza per poterle affrontare con certe persone. Non so se questo avverrà, ma è anche uno stimolo per portare avanti questo lavoro, che non è finito, che non sarà mai finito ma dove qualche passetto si può fare insieme.

Carlos Mana

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Partecipare / presiedere / decidere

Partecipare / presiedere / decidere

Sabato 24 giugno 2023 si è svolto a Loppiano (Incisa Valdarno, Firenze), un seminario teologico dal tema «Partecipare/presiedere/decidere. Radice sacramentale e dinamica comunionale nel cammino del popolo di Dio in missione». Oltre una trentina di studiosi hanno accolto l’invito del Centro Evangelii Gaudium (CEG) del Istituto Universiario Sophia a elaborare una proposta di revisione del diritto canonico al fine di riequilibrare – come esorta il documento di base (Instrumentum laboris) della XIV Assemblea del Sinodo dei Vescovi – «il rapporto tra il principio di autorità, fortemente affermato nella normativa vigente, e il principio di partecipazione». Poiché «non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali – ci assicura papa Francesco – devono essere risolte con interventi del magistero» (Es. ap. Amoris laetizia, n. 3), risulta decisivo l’ascolto del sensus fidelium dell’intero popolo di Dio (pastori e fedeli) nella varietà delle culture che lo compongono. Il dialogo tra teologia e diritto risulta, dunque, animato da un sincero processo di inculturazione senza del quale si corre il reale rischio di porre le basi di una inosservanza pratica dei principi generali enunciati dalla chiesa. «Il punto – sottolinea il prof. Vincenzo Di Pilato, coordinatore accademico del CEG – è proprio questo: come rendere effettiva la partecipazione attiva di tutti i fedeli all’interno delle nostre assemblee sinodali? Resterà solo consultiva? O sarà anche deliberativa? Ciò significherà giungere a una trattativa per una “concessione” giuridica o “riconoscere” la capacità decisionale del soggetto collettivo dell’agire ecclesiale così come emerge dall’ecclesiologia del Vaticano II e del magistero postconciliare? E sarà, pertanto, necessario un aggiornamento del Codice di diritto canonico?». Nel saluto iniziale ai partecipanti il card. Mario Grech, Segretario generale del Sinodo, ha evidenziato come il cammino sinodale entra in una nuova fase: esso è chiamato a diventare dinamica generativa e non semplicemente un evento tra gli altri. Non si può, infatti, ascoltare lo Spirito Santo senza ascoltare il popolo santo di Dio in quella “reciprocità” che lo costituisce “Corpo di Cristo”. In questo legame comunionale prende così forma quella particolare metodologia della conversazione nello Spirito, ben descritta in occasione della presentazione dell’Instrumentum laboris. Di qui la necessità – richiamata a più riprese dal card. Grech – di meglio articolare il principio della restituzione. In altre parole, ciò significa che l’unità del processo sinodale è garantita dal fatto che esso ritorna dove esso è partito, alla Chiesa particolare, ed è un momento importante del “riconoscimento” di quanto maturato nell’ascolto di ciò che lo Spirito dice oggi alla Chiesa. Il cammino sinodale sembra porsi, dunque, come un significativo momento della vita ecclesiale, capace di stimolare e attivare lo slancio creativo e di annuncio evangelico che viene dalla riscoperta della relazione con Dio che innerva la relazione tra i credenti, e anche come un segno per un contesto culturale in cui alberga un grido silenzioso di fraternità nella ricerca del bene comune. Se nella relazione “I problemi della sinodalità tra ecclesiologia e diritto canonico” del prof. Severino Dianich, è emerso il recupero dell’ecclesiologia paolina dell’essere-corpo di Cristo e la valorizzazione della co-essenzialità dinamica dei doni gerarchici e carismatici; per il prof. Alphonse Borras, questo punto di svolta necessita di una esplicitazione canonica, che delinei una prassi procedurale flessibile, capace di accompagnare i processi decisionali e di partecipazione attraverso i vari organismi già previsti (consiglio episcopale, presbiterale, pastorale diocesano, pastorale parrocchiale…). Su questa linea si è posto il cardinale Francesco Coccopalmerio, già presidente del Pontificio consiglio per i testi legislativi, nel suo intervento “Sinodalità ecclesiale: è ipotizzabile un rapido passaggio dal consultivo al deliberativo?”. A suo parere è possibile rinvenire nel diritto canonico una chiara definizione di sinodalità, intesa come “comunione di pastori e fedeli nel compiere l’attività di riconoscere qual è il bene della Chiesa e nella capacità di decidere come attuare il bene individuato”. Al termine del seminario, è stata avanzata da molti la proposta di mettere a disposizione i risultati raggiunti attraverso la pubblicazione degli interventi. Il CEG è al lavoro affinché questo avvenga entro settembre come ulteriore contributo al prossimo Sinodo.

Antonio Bergamo

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Alluvione Emilia-Romagna: la speranza che resiste al fango

Alluvione Emilia-Romagna: la speranza che resiste al fango

Dopo quasi un mese e mezzo dalle alluvioni che hanno colpito le regioni di Marche ed Emilia-Romagna (Italia), il racconto dell’esperienza personale di Maria Chiara Campodoni, focolarina sposata, insegnante ed ex consigliere comunale del Comune di Faenza, fortemente colpito da questo disastro. L’alluvione che ha colpito Marche ed Emilia-Romagna (Italia)  circa un mese e mezzo fa ha causato la perdita di 15 vite umane, migliaia di sfollati  e l’esondazione di ben 23 fiumi. Ad oggi è stato registrato l’allagamento di circa 100 comuni. Le numerose frane hanno colpito i piccoli produttori, decine di chilometri quadrati di terreni agricoli e allevamenti sono stati distrutti dalla potenza dell’acqua, insieme a ponti e strade. I contributi raccolti dal Coordinamento Emergenze del movimento dei Focolari, AMU e AFN sono  al momento 182.000 euro. In collaborazione con APS Emilia-Romagna, si è costituito un comitato locale per l’emergenza che ha individuato alcune zone di intervento: Cesena; Sarsina; Faenza; Castel Bolognese; Ravenna. Si sta procedendo alla raccolta delle necessità della popolazione colpita, soprattutto attraverso il rapporto personale e attraverso la compilazione di moduli in cui ciascuno dichiara il danno subito e la richiesta. Tra le tante persone colpite, Maria Chiara Campodoni, focolarina sposata, insegnante ed Assessore allo Sport dal 2010-2015 e Presidente del Consiglio Comunale di Faenza 2015-2020, che ci racconta il dramma di questa esperienza ma anche la speranza necessaria per poter andare avanti. Maria Chiara, come avete vissuto questo momento? A Faenza ci sono state due alluvioni. A casa nostra l’acqua è entrata la prima volta il 2 maggio per 30 cm. Era nel pomeriggio, con la luce ed in casa eravamo io e un figlio. L’abbiamo presa all’inizio quasi come un’ avventura, ma quella stessa notte ho preferito che mio marito, che nel frattempo era in giro a recuperare gli altri due figli dalle attività sportive, non rientrasse, perché fuori c’era molta più acqua che dentro e noi abbiamo solo porte finestre al piano terra. Farli rientrare in casa avrebbe significato fare entrare anche molta più acqua. Per cui loro sono andati a dormire dai nonni e noi abbiamo provato a portare al piano superiore alcune cose, abbiamo cenato nelle camere e siamo andati a letto. Anche i vigili del fuoco che erano passati di lì ci avevano tranquillizzati, dicendoci che più di così la situazione non sarebbe peggiorata. Il giorno dopo il livello dell’acqua tra dentro e fuori era uguale e allora, in accordo con mio marito, abbiamo deciso di uscire di casa. Quando 15 giorni dopo hanno iniziato a consigliare di evacuare i piani terra perché stava per risuccedere, tutta la città si è messa in allerta e ha capito che doveva mobilizzarsi perché sarebbe stata qualcosa di una portata maggiore. E cosa è accaduto la seconda volta? La seconda alluvione, quella in cui siamo scappati, è arrivata di sera. Verso le 20:30 si è rotto l’argine del fiume proprio sopra casa nostra e noi, fino a quel momento, siccome eravamo attrezzati con una pompa dentro casa, non eravamo usciti convinti di poter controllare il flusso delle pompe, tenere l’acqua bassa anche con l’aiuto di sacchi di sabbia. Invece nel giro di 20 minuti l’acqua è arrivata al primo piano, ha raggiunto i 3 m in pochissimo tempo e lì ci siamo trovati intrappolati. Abbiamo chiamato i soccorsi che ci han subito risposto dicendo che sarebbero arrivati, ma nel frattempo quel pomeriggio aveva già esondato il fiume Savio a Cesena, quindi la protezione civile, i vigili del fuoco, che fino al giorno prima erano tutti a Faenza, erano già un po’ più sparsi nelle varie zone. Oltretutto nella mia via la corrente era così forte che i mezzi a motore sono riusciti ad entrare solo alle 04:00 di notte e noi non saremmo riusciti a resistere fino a quell’ora. I vigili ci dicevano di andare sui tetti, ma non abbiamo il lucernaio, quindi voleva dire andarci da fuori, galleggiando. La situazione era veramente pericolosa. (Nella foto la freccia indica il livello raggiunto dalle acque) A un certo punto un cugino di mio marito, sapendo dai social che il fiume aveva rotto l’argine proprio a casa nostra, l’ha chiamato e gli ha chiesto se fossimo già fuori. Dalla voce ha percepito che eravamo in pericolo e siccome è un atleta, ha fatto surf da ragazzo, si è messo la muta, ha preso la sua tavola e si è buttato nella corrente. Ha nuotato fino a casa nostra e spingendo il surf, uno alla volta, ci ha caricati su, portandoci in salvo fino alle mura della città, a 500 metri da casa nostra. Cosa hai visto una volta fuori? Immersi nella corrente era cambiata tutta la prospettiva. L’ acqua già superava i cartelli delle vie, quindi non sapevi più se fossi sulla strada o nel giardino di una casa. Siamo passati sopra i cancelli, sopra i garage e tanto eravamo alti che a un certo punto mi ha chiesto di aggrapparmi a quello che sembrava un cespuglio, ma in realtà, adesso che lo vedo, era un albero. Io sono stata l’ultima a salvarsi. Bagnati fradici, siamo stati accolti in casa da una signora che ci conosce. Ci ha fatto svestire nel suo bagno, dato vestiti puliti perché anche il freddo quella notte era tremendo e pioveva. Ci siamo riscaldati e poi siamo scappati a 6 km dalla città dove abita mia suocera. Siamo stati davvero fortunati perché tra i primi ad uscire. Soprattutto non abbiamo vissuto quello che poi in tanti ci hanno raccontato dopo, una vera notte di terrore in città. I bambini si sono accorti del pericolo? Si. Ho tre figli di 10, 8 e 6 anni. Il più piccolo a un certo punto continuava a correre dalle scale perché vedevamo alzarsi gradino per gradino l’acqua e mi diceva: “mancano 5 gradini, 4 quattro gradini. Andiamo in terrazzo, dobbiamo scappare” e noi dicevamo “stiamo qui alla finestra, perché fuori piove. Adesso arrivano i vigili”. Insomma, loro si sono accorti e pian piano hanno dovuto metabolizzare, soprattutto il grande. In un’ora noi abbiamo temuto di non farcela. Una volta dalla nonna erano più tranquilli anche se arrivati là hanno iniziato a capire che avevamo perso tutto. Mi dicevano, “mamma ma non abbiamo più gli zaini di scuola, i libri, e adesso?”. Ho spiegato loro che in tanti ci avrebbero aiutati. E così è stato. Come sono stati i primi giorni? Dove avete trovato riparo? Siamo stati un paio di giorni da mia suocera perché non ci si poteva muovere in città. Poi, successivamente, siamo stati accolti da una zia di un amico di mio figlio che vive all’estero e che ci ha prestato per un mese la sua casetta in centro, 10 minuti a piedi da dove abitavamo, quindi con la possibilità di andare e iniziare a spalare. Eravamo stretti, ma veramente è stato un regalo grande e forse me ne sono accorta dopo, quando ho iniziato a sentire i racconti degli altri. Dopo hanno iniziato ad arrivare anche i volontari in tutta la città. Devo dire che a casa nostra, un po’ per il Movimento dei Focolari e un po’ perché mio marito ha vari contatti, sono sempre venuti amici. Sono arrivati da Parma, da Piacenza, dal Veneto e anche chi ha subito il terremoto nell’ Emilia anni fa, ha sentito proprio una chiamata a venire a dare una mano. C’è stato un clima bellissimo, di vero aiuto, ed è in questo clima che, pian piano, ho cominciato a buttar via tutto ma ero davvero serena. Spalare fango è una cosa totalizzante all’inizio, provi a fare del tuo meglio, nella fatica e ti accorgi poi che non sono le cose, gli oggetti che fanno la tua vita, ma tutto il resto. Tuo marito ha anche un ristorante… Sì. Lui dalle telecamere aveva visto che lì l’acqua per fortuna non c’era però aveva bisogno di andare a vedere di persona. Un giorno è partito alle sei del mattino pensando di fare l’autostrada ma anche quella era chiusa. Ci è venuta un’idea: “chiamiamo il vicesindaco, e diciamogli che se ti portano con la protezione civile al ristorante, tu ti metti a cucinare per tutti quelli di cui c’è bisogno”. E lui devo dire che ha accettato volentieri il nostro metterci a servizio, perché gli sfollati li erano già in tanti. Tutte le persone disabili, anziane, le avevano portate via prima per fortuna e le avevano mandate in questo albergo che è molto vicino al ristorante di mio marito, ma che non ha le cucine attive. Quindi mio marito e due dipendenti sono stati un giorno intero al ristorante, hanno fatto 700 coperti tra pranzo e cena. Di questi sfollati c’erano 100 persone, i vigili del fuoco, la protezione civile e siccome il ristorante si trova proprio sulla via Emilia, un punto di passaggio, tante delle persone che erano rimaste bloccate in strada, che avevano dormito in auto senza mangiare, sono arrivate al locale chiedendo aiuto. Tutta la zona di Cesena e Forlì era paralizzata. Adesso come vi organizzerete? Attualmente abbiamo lasciato la piccola casetta che ci ha ospitato. Ci trasferiremo in una casa che abbiamo al mare per un po’ e poi abbiamo preso un appartamento in affitto per 18 mesi in attesa di sistemare la nostra casa. La prospettiva è quella di rientrare a settembre 2024. Poi ci sono tanti punti interrogativi, prima di tutto capire se ci saranno le imprese che riescono a ristrutturare tutte queste case, perché siamo tanti. Parliamo di 12.000 persone fuori casa. 6000 famiglie solo nella nostra città e alcune case, le più vecchie, sono state dichiarate inagibili. Ora le case si devono asciugare. Noi abbiamo già distrutto tutto. Avevamo il parquet e l’abbiamo tolto, i controsoffitti a piano terra son venuti giù da soli quando è scesa l’acqua e con l’aiuto di tanti siamo riusciti almeno a staccare i sanitari. Adesso tutte le mattine andiamo ad aprire le finestre e la sera andiamo a chiuderle per accendere il deumidificatore. Per fortuna c’è l’estate. Se fosse capitato in autunno, sarebbe stato un disagio maggiore. La solidarietà continua? Assolutamente sì ed in varie forme. Ad esempio, all’inizio avevamo pensato di cercare una casa già arredata per non dover fare un doppio trasloco, però ci siamo accorti che la gente ha cominciato a regalare di tutto: armadi, materassi, camere, divani. Abbiamo scelto di prendere una casa vuota da poter iniziare a riarredare con questa provvidenza per poi, tra 18 mesi, riportar tutto a casa nostra, anche perché poi ci saranno sicuramente altre priorità. La gente è proprio contenta di aiutare e devo dire che per me è stata una lezione. Mi ricordo che un giorno, dopo la prima inondazione, avevo la casa sottosopra e la lavatrice rotta. Mi sono detta “io faccio tre buste, una di panni da lavare bianchi, una con i colorati, una con i neri e poi vado a lavorare. La prima collega che mi chiede ‘come ti posso aiutare?’, le dico ‘se sei pronta a tutto questi sono i panni da lavare’”. Non ho fatto in tempo a fare un passo a scuola che le avevo già distribuite. In questi casi si crea un legame più forte con la gente e soprattutto non mi sono vergognata di chiedere aiuto. Abbiamo accettato quanto ci veniva donato e sento che è un modo anche per mettermi a nudo di fronte ai miei bisogni e dire va bene,  ci vogliamo bene così, per quello che siamo. Anche con i vicini si è creato un bel legame. Noi abitiamo lì da quattro anni e mezzo ma non ero mai entrata in tanti giardini dei vicini, perché comunque la vita è frenetica, si corre. Invece adesso si entra, ci si saluta, ci si aiuta. Che fase si apre adesso? È iniziata la seconda fase, quella della creazione di comitati cittadini per iniziare a comunicare con l’amministrazione comunale. Mi sarei tirata fuori subito per varie ragioni, soprattutto per aver ricoperto certi ruoli in passato, poi invece ho capito che senza espormi troppo, ascoltando, rimanendo dentro le chat, aiutando chi è responsabile di questi comitati, posso fare la mia parte. Lo devo ai miei figli che ancora mi chiedono “ma dobbiamo tornare a vivere proprio lì? Costruiamo una scala esterna che ci porta sul tetto la prossima volta?”. C’è bisogno di una cittadinanza attiva che tenga monitorate le situazioni. Ho sentito che anche la mia esperienza dovevo metterla a disposizione, nelle forme giuste, creando il più possibile connessioni, perché adesso, come sempre succede quando c’è da ricostruire, la paura più grande è quella di rimanere da soli. Sei speranzosa? Si, davvero. L’altro giorno dovevamo fare un regalino a questa signora che ci ha ospitato in casa sua per il primo mese e, dato che Faenza è città delle ceramiche, le ho preso una piastrella da appendere al muro con la frase “Le cose belle della vita spettinano”. Mi sono detta che questa è stata una grandissima spettinata, enorme. Ci metteremo anche del tempo a rimetterci in sesto e ce la faremo, ma sento che certe esperienze non le avrei potute fare senza aver vissuto questo momento così duro. Sento davvero di essere arrivata a quel punto in cui guardi all’essenziale, a quello che conta. È stato terribile, ma non riesco a pensare solo al disastro, che l’acqua abbia portato via tutto e sia finita lì. C’è molto, molto di più.

Maria Grazia Berretta (Intervista di Carlos Mana – Foto: gentilezza di Maria Chiara Campodoni)

E’ ancora possibile contribuire con la raccolta fondi per l’emergenza. Se vuoi donare fai click qui

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Giappone: CommuniHeart project

In Giappone, un gruppo di donne di religioni diverse ha dato vita al “CommuniHeart project”, un progetto per la prevenzione al suicidio che punta sulla consapevolezza del sé, la comunicazione e il sostegno di una comunità. Il CommuniHeart project è un progetto promosso da Religions for Peace Japan (World Conference Religions for Peace). https://youtu.be/Bec2PlDCtik (altro…)

Verso un giuramento etico per il mondo digitale

Verso un giuramento etico per il mondo digitale

Il livello raggiunto dalle intelligenze artificiali ci pone davanti a nuovi interrogativi etici: come promuovere uno sviluppo tecnologico a misura umana? Call to action (chiamata all’azione) per sviluppatori e innovatori del mondo digitale. Un orizzonte che ci riguarda tutti. Giugno 2023, Istituto Universitario Sophia: sullo schermo dell’Aula magna una hostess digitale apre con eleganza il seminario Verso un giuramento digitale / Towards a Digital Oath”. Stiamo attraversando una soglia: la preparazione ha preso avvio da tempo, ma l’accelerazione degli ultimi mesi dice qualcosa di nuovo. Promosso da una piattaforma di soggetti – il centro di ricerca Sophia Global Studies, il Movimento Politico per l’Unità, NetOne, New Humanity e Digital Oath -, l’appuntamento vuole affrontare i temi più urgenti del mondo digitale secondo diverse prospettive: filosofiche, tecnologiche, etiche, sociali, politiche, fino a discutere la proposta di un “giuramento” che possa rappresentare per gli addetti ai lavori nel mondo digitale un analogo del Giuramento di Ippocrate per i medici. Dove nasce questa esigenza? Con quali obiettivi? Il mondo tecnologizzato tende a cambiare rapidamente e, sempre più spesso, ad una velocità superiore alla nostra capacità di adattamento. La complessità delle macchine e dei sistemi che strutturano la realtà interviene non solo sul nostro modo di vivere, ma anche sul modo di vedere il mondo e di pensare al futuro. Il livello raggiunto dalle “intelligenze artificiali” – IA, vede emergere, accanto all’entusiasmo per le loro capacità operative, una generale preoccupazione sulle nuove possibilità aperte da questi sistemi e sugli effetti che possono derivare dal loro utilizzo malevolo. La recente diffusione di ChatGPT (novembre 2022) e di tutti i suoi derivati ha avvicinato massivamente le IA al nostro quotidiano, facendo nascere nuove domande di senso legate alla comprensione di ciò che è umano e ciò che non lo è. Nel panorama mondiale l’evoluzione di questi apparati ha prodotto un certo disorientamento, non solo perché il loro utilizzo appare alla portata di tutti, ma soprattutto perché dimostrano di fare qualcosa che prima era appannaggio degli esseri umani, con capacità quantitativamente superiori. Il fatto di trovarci davanti a sistemi che non sono “intelligenti” nel senso umano del termine e che gestiscono la loro base di conoscenza attraverso calcoli statistici non cambia il risultato finale: la sensazione di non essere più autori di scelte fondamentali, sfidati da macchine che sono un po’ meno “strumenti” e un po’ più “compagni di lavoro”. A questi interrogativi, il seminario Verso un giuramento digitale / Towards a Digital Oath” ha aggiunto un tema centrale: interrogarsi sull’etica delle tecnologie significa interrogarsi sull’umano. È parere di molti, infatti, considerare lo sviluppo tecnologico come l’attività umana che più ci caratterizza. Effettivamente le tecnologie digitali, e in particolare le IA, sono quelle che riflettono più di altre, come in uno specchio, il nostro modo di essere e di intendere l’esistenza. Le crisi dell’ultimo secolo (valoriali, ambientali, sociali e politiche) sono strettamente correlate ad esse e ci dicono che allo sviluppo tecnologico deve essere affiancato un impegno educativo altrettanto determinato, in modo che ogni forma di progresso possa essere guidata da una più profonda coscientizzazione etica. Il senso di un “giuramento” per il mondo digitale va proprio in questa direzione. Il programma del seminario d’inizio giugno ha convocato esperti qualificati (link al programma). Dopo una prima panoramica generale sulle tecnologie digitali di oggi, il dibattito ha esplorato rischi e regolamentazioni legati al loro utilizzo in Italia e nell’UE, negli USA, in Brasile e in Cina, intrecciando soluzioni tecnologiche a questioni politiche, riflessioni filosofiche a fenomeni sociali. «È necessario rendere visibile e sottoscrivibile un impegno concreto e universalmente condiviso – spiega Fadi Chehadé, già CEO di ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers) e promotore del “giuramento” per un’etica del mondo digitale, visiting professor all’Istituto Sophia – con cui sviluppatori, tecnici e fruitori delle tecnologie digitali possano ancorare saldamente il loro lavoro su un approccio umano-centrico». Fadi Chehadé ha accompagnato le prime tappe del percorso fin dal novembre 2019, quando un primo gruppo si era ritrovato a Trento (Italia) per dare forma al progetto. In seguito, il gruppo promotore ha coinvolto studiosi in vari Paesi e ha partecipato alla consultazione pubblica promossa dall’ONU per il Global Digital Compact 2024. Oggi lo scopo del Digital Oath è preciso: suggerire linee guida e motivare eticamente gli sviluppatori e gli innovatori del mondo digitale a mettere al centro la dignità e la qualità della vita delle persone e delle comunità, il senso umano dell’esistenza, il rispetto dei diritti fondamentali e dell’ambiente. “La proposta di tradurre, per così dire, il Giuramento di Ippocrate per il mondo digitale – ricordano i promotori del convegno – è già emersa in vari studi internazionali, che sottolineano l’urgenza del tema e la responsabilità di chi crea e gestisce servizi digitali, amministra dati. Il pensiero non va solo alle nuove reti neurali ma anche ai social network, o alle criptovalute… Il nostro lavoro si aggiunge a quello di altre reti: occorre ora unire gli sforzi per una coalizione tra università, settore privato e organizzazioni impegnate nella scrittura di un codice etico, un protocollo di auto-regolamentazione di cui possano beneficiare persone, società e ambiente”. Sul nuovo sito di Digital Oath esiste una prima formulazione del giuramento a disposizione di tutti e le sottoscrizioni stanno arrivando; il testo è aperto a suggerimenti e modifiche con elaborazione progressiva. Il sito riporterà a breve anche le registrazioni e i documenti del Seminario. Anche se la strada è certamente in salita, a camminare siamo in tanti: è un orizzonte che ci riguarda tutti.

Andrea Galluzzi

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Ecumenismo: Sinodalità e Primato nel secondo millennio e oggi

Ecumenismo: Sinodalità e Primato nel secondo millennio e oggi

La Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa ha tenuto la sua quindicesima sessione plenaria dall’ 1 al 7 giugno 2023 ad Alessandria d’Egitto, ospitata dal Patriarcato greco-ortodosso di Alessandria e di tutta l’Africa, raggiungendo un accordo su un nuovo documento intitolato “Sinodalità e Primato nel secondo millennio e oggi”. La nostra intervista al teologo Piero Coda, presente all’incontro. Mons. Coda, può dirci che momento è stato, chi ne ha preso parte e quale l’obiettivo primario? È stata la 15a sessione plenaria della “Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa” quella che si è svolta ad Alessandria d’Egitto sotto la presidenza del Metropolita Job di Pisidia (Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli) e del Cardinale Kurt Koch (Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani), con la cordiale ospitalità del Patriarca di Alessandria Theodoros II. Si trattava di portare a termine la tappa del dialogo inaugurata dal documento di Ravenna (2007), che prevedeva, dopo la messa a punto del quadro teologico condiviso da Ortodossi e Cattolici circa l’interdipendenza nella vita della Chiesa di sinodalità e primato, l’esame storico della situazione vissuta nel primo millennio, proposto dal documento di Chieti (2016), per giungere alla descrizione della situazione vissuta nel secondo millennio, oggetto del documento approvato ad Alessandria. Per le note vicissitudini che travagliano il mondo ortodosso, il Patriarcato di Russia ha abbandonato i lavori della Commissione. Assenti ad Alessandria anche i rappresentanti dei Patriarcati di Antiochia, della Bulgaria e della Serbia, mentre erano presenti le restanti 10 delegazioni degli altri Patriarcati (Costantinopoli, Alessandria, Gerusalemme, Romania, Georgia) e Chiese autocefale (Cipro, Grecia, Polonia, Albania, Cechia e Slovacchia). In che termini è possibile parlare di Sinodalità in ambito ecumenico e quali le considerazioni emerse guardando anche al passato? Il tema è illustrato nell’Introduzione: “Il presente documento considera la travagliata storia del secondo millennio (…) s’impegna a dare per quanto possibile una lettura comune di questa storia e offre agli Ortodossi e ai Cattolici l’opportunità di spiegarsi vicendevolmente circa vari punti, così da promuovere la reciproca comprensione e fiducia che sono requisiti essenziali per la riconciliazione all’inizio del terzo millennio”. Il risultato è un’intelligenza più chiara e condivisa delle ragioni che hanno portato – non di rado per motivi di natura storico-politica più che teologica – a incentivare una distanza che non solo ha impedito ai tentativi di riconciliazione fatti lungo i secoli di giungere a buon fine, ma ha esasperato l’interpretazione polemica nei confronti dell’altra parte e l’irrigidimento apologetico della propria posizione. Da registrare la messa in valore dell’apertura a una situazione nuova segnata dall’avvicinamento che si è prodotto nel XX secolo: il che propizia una più pertinente valutazione dell’effettivo significato e peso teologico di quanto ancora impedisce la piena e visibile unità. Quali le prospettive future? Il documento sottolinea che sono decisivi il “ritorno alle fonti” della fede e la strategia del dialogo della carità tra le “Chiese sorelle” promosso, nella scia del Vaticano II, da Paolo VI e dal Patriarca Athenagoras. Anche l’odierno impegno della Chiesa Cattolica, voluto con tenacia da Papa Francesco, a riscoprire e riattivare il principio della sinodalità stimola la speranza. Verso dove puntare lo sguardo? Il documento precisa che “la Chiesa non è correttamente compresa come una piramide, con un primato che la governa dall’alto, ma neppure è correttamente compresa come una federazione di Chiese autosufficienti. Il nostro studio storico della sinodalità e del primato nel secondo millennio ha mostrato l’inadeguatezza di entrambe queste visioni. Similmente, è chiaro che per i Cattolici la sinodalità non è meramente consultiva e per gli Ortodossi il primato non è meramente onorifico”. L’interdipendenza tra sinodalità e primato, dunque – questo il punto fermo acquisito –, è “un principio fondamentale nella vita della Chiesa. Esso è intrinsecamente relazionato al servizio della Chiesa a livello locale, regionale e universale. Tuttavia, il principio dev’essere applicato in specifici contesti storici (…) ciò che è richiesto nelle nuove circostanze è una nuova e corretta applicazione dello stesso principio”. Questa perspettiva spiana il terreno per il prosieguo del cammino e l’apertura di una fase nuova.

Carlos Mana e Maria Grazia Berretta (foto: ©Dicastero per la promozione dell’Unità dei cristiani)

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Vivere la preghiera

Entrare nella preghiera significa ritrovare il centro dell’incontro tra l’io e la presenza di Dio nella nostra vita. Chiara Lubich, Don Pasquale Foresi e Igino Giordani, attraverso parole che si fanno oggi sempre più attuali, tracciano le linee di una spiritualità civile, di tutti, vissuta nelle strade delle città di tutto il mondo.    Mi sono resa conto che i tempi moderni richiedono una preghiera un po’ particolare. Un tempo si pensava che il mondo e il cosmo fossero fermi, fissi. C’era quindi da trovare Dio attraverso le stelle, attraverso i fiori, attraverso la contemplazione, la pace, l’unione con Dio, momenti di raccoglimento, di preghiera in Chiesa, davanti al Santissimo…  Adesso hanno invece visto che tutto il mondo è in evoluzione, è in cambiamento: tutto cambia, l’uomo si trova dentro in questo movimento, è ingaggiato in questa corsa verso la perfezione. E allora non può più star fermo a contemplare, deve esser partecipe con Dio di questa evoluzione, di questa creazione.  Per cui tutto quello che fate, alla scuola, in ufficio, in fabbrica, è un costruire, con Dio creatore, il mondo, portare avanti il mondo. Però noi lo dobbiamo portare avanti con questo sentimento: che noi partecipiamo alla creazione di Dio; quindi, che la nostra opera è un’opera sacra; noi siamo un braccio di Dio creatore che va avanti, costruisce il mondo.

Chiara Lubich (Castel Gandolfo, 25 febbraio 1989 in “Il Respiro di Dio” a cura di Fabio Ciardi, Città Nuova, 2022, p.122-123)

  Una forma di preghiera, molto importante, si può avere nel lavoro. Penso soprattutto agli operari delle fabbriche, a tutte le persone che durante il giorno sono sopraffatte da una fatica che toglie quasi la facoltà stessa di pensare e quindi, in certo senso, anche di pregare. Se con una semplice intenzione al mattino si offre l’esistenza quotidiana a Dio, si vive profondamente, durante tutto il giorno, in rapporto con Dio. E penso che quando alla sera questi lavoratori, anche se per pochi istanti perché stanchi, potranno raccogliersi con Dio, troveranno l’unità con lui: la trovano perché hanno vissuto tutto il loro lavoro in relazione a lui. E questa è appunto la cosa più importante: essere nel giusto rapporto con lui.  Ed è questo in fondo ciò cui l’umanità è aperta a sentire oggi: che cioè tutto l’universo e quanto in esso si compie, religiosamente sia inteso e si possa trasformare in una grande preghiera che dal mondo si leva a Dio.

Don Pasquale Foresi (in “Dio ci chiama. Conversazioni sulla vita cristiana” Città Nuova, 2003, p.116)

  Stamane m’è parso d’essermi avvicinato a Dio. Mai, credo, l’avevo sentito più vicino. La mia gioia è stata, ed è, grandissima. Sento d’aver trovato l’accesso libero per andare a Lui; e mio proposito è di non più allontanarmi. Ho vinto, per la grazia di Dio, gl’impedimenti che mi tenevano aggrappato alla terra. Ora sono in terra e abito in cielo (la mia ambizione è immane, ma la misericordia di Lui è maggiore. Lo amo tanto. Non m’intralciano più gli impulsi di vanità, di preferenze nelle amicizie. Vado direttamente a Dio, scartando questi cenci. Possono gli uomini tradirmi, calunniarmi, uccidermi: ma ho Dio; e amo loro, senza dipender da loro. Sono di Dio. Non mi serve altro.

Igino Giordani (in “Diario di Fuoco”, Città Nuova, 1992, p.196)

https://youtu.be/phX4yQqQNWQ   (altro…)

SPARKS (il podcast): storie di changemakers che camminano tra noi

SPARKS (il podcast): storie di changemakers che camminano tra noi

È stato pubblicato oggi il primo episodio del nuovo podcast prodotto dallo United World Project. Racconta storie di changemakers che hanno deciso di avviare una nuova attività, ispirati da una scintilla che li ha spinti ad agire per migliorare la loro società.

Una scintilla può ispirare il cambiamento

Oggi, 16 giugno 2023, United World Project è felice di presentarvi il suo nuovo podcast in inglese: Sparks (Scintille). In ogni episodio vi racconteremo storie di changemakers provenienti da varie parti del mondo che hanno dato vita a un progetto, un’azienda o un’attività, dopo essere stati ispirati da una “scintilla”: una piccola luce che ha contagiato tante altre persone. Ognuno di loro ci porterà nel suo Paese, per immergerci nella sua cultura e raccontarci come è iniziato il suo progetto. Non bisogna essere Greta Thumberg o Ghandi per poter dare avvio a un cambiamento. Crediamo che ognuno di noi possa fare la differenza. Forse basta solo una scintilla.

Il primo episodio: Giving back to society one jar at a time 

Restituire alla società, un barattolo alla volta. Tutti noi abbiamo grandi sogni. Quello di Mabih era lavorare alle Nazioni Unite e per anni ha fatto di tutto perché questo potesse realizzarsi. Ma non è andata come sperava. Nel 2019 si è resa conto che il sogno che stava inseguendo per poter aiutare gli altri, forse era un suo personale desiderio per potersi affermare in società. E così, lasciando che quel sogno potesse trasformarsi, la sua vita è cambiata in modi che non aveva mai immaginato prima. Oggi Nji Mabih è una piccola imprenditrice, ha 38 anni e vive in Camerun. Per continuare a leggere l’articolo, clicca qui. Per ascoltare subito la puntata su Spotify, clicca qui!  Se invece preferisci ascoltare il podcast su altre piattaforme, trovi “Sparks” anche su Apple Podcast, Google Podcast, Amazon Music e Audible. Buon ascolto!

Laura Salerno

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Vangelo Vissuto: “Vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi” (2 Cor 13, 11)

Lasciare che Dio abiti in noi: è questo il punto di partenza per custodire e testimoniare nella gioia il valore inestimabile dell’unità e della pace, nella carità e nella verità; per arricchirsi ed essere semi di bene e di fratellanza per il mondo. Senza misurare l’odio Vivo in una cittadina dell’Ucraina al confine con la Slovacchia. Da noi non arrivano bombe, ma le loro tremende conseguenze: sfollati con i loro bisogni, necessità di torce e candele, medicine, coperte… Un grande buio è calato nella nostra terra. Le notizie di chi tradisce, di chi si arricchisce in queste drammatiche situazioni, di chi sfrutta gli altri, degli sciacalli… sono all’ordine del giorno: il male quando trionfa non ha regole, non ha limiti. Ma nonostante tutto, accade qualcos’altro: la gente di qui si sente partecipe del dolore altrui e cerca soluzioni. Nelle famiglie è tornato il bisogno del calore, della protezione, della solidarietà. Assisto a questo paradosso di una guerra del male e del trionfo del bene. Ci raccontiamo la storia di Chiara Lubich e delle sue prime seguaci: anche loro hanno cominciato durante una guerra e non hanno misurato l’odio, ma acceso il bene, poi dilagato dappertutto. Veramente le forze del male non prevarranno. La nostra gratitudine è una vera preghiera che si alza fino al cielo come un canto di lode al Dio che è Amore. (S.P. – Ucraina) Una catena d’amore Nella sala d’attesa del mio negozio, tra le clienti lo scambio di notizie è consuetudine e poiché da tempo non vedevo un’anziana, la signora Adele, che periodicamente veniva da noi, ho chiesto sue notizie a una di loro. Così sono venuta a sapere che Adele era gravemente malata e, spinta dal desiderio di rivederla un giorno ho deciso di farle visita.  Ho ritrovato la signora Adele, sola e senza parenti, in uno stato di completo abbandono e subito ho messo in circolo una richiesta di aiuto, ricercando qualcuno che potesse farle compagnia subito tre clienti hanno risposto impegnandosi positivamente. È nata una bella gara finché il figlio di una di loro si è dato da fare per farla ricoverare in una casa che assicurava assistenza e cure. Anch’io mi sono offerta per prestare il mio servizio come parrucchiera non solo per Adele ma per tutte coloro che avessero voluto. La storia di Adele mi ha dimostrato che basta cominciare con atti concreti di carità; la catena dell’amore si snoda poi velocemente ed efficacemente. (F.d.R. – Italia) Una scuola di solidarietà Nel deserto, fuori dalla città dell’Egitto nella quale mi trovo, vivono 1000 persone malate di lebbra. Fino a qualche anno fa nessuno sapeva di questa colonia. Siamo andati a verificare la situazione e abbiamo scoperto che mancavano di tutto. Neanche i medici andavano a trovarli. Presi accordi con la Caritas, abbiamo aperto il nostro gruppo ad altri giovani cristiani e musulmani con i quali andiamo lì nei giorni liberi dal lavoro. Due di noi, studenti di medicina, si occupano dell’assistenza medica, per cui si sono aggiornati sui metodi di cura della lebbra. Altri hanno messo a disposizione il loro tempo per dipingere le case e renderle più abitabili. Un giovane giornalista ha pubblicato alcuni articoli su vari giornali e riviste in modo da informare e sensibilizzare al problema quante più persone possibile. Soprattutto ci siamo accorti che i malati di questa colonia hanno bisogno di qualcuno che li ascolti, ciò che per loro è quasi più importante delle medicine. Questa esperienza è diventata per noi una vera scuola: ci fa capire come ciascuno di noi può dare il suo contributo per gli altri. (H.F.S.- Egitto)

A cura di Maria Grazia Berretta

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno IX – n.1° maggio-giugno 2023) (altro…)

World Meeting on Human Fraternity: la fraternità come opera condivisa

World Meeting on Human Fraternity: la fraternità come opera condivisa

Il 10 giugno 2023 si è svolto in Vaticano il World Meeting on Human Fraternity, incontro internazionale sulla fraternità umana al quale il Movimento dei Focolari ha preso parte insieme ad altri movimenti ecclesiali, organizzazioni internazionali e associazioni. In rappresentanza della Presidente dei Focolari, Margaret Karram, alcuni focolarini tra cui Christian Abrahao Da Silva, che ci racconta le sue impressioni. Promuovere un processo partecipativo, per aiutare a riscoprire il significato della fraternità e costruirla insieme attraverso il dialogo, la conoscenza, momenti di incontro, parole e gesti condivisi. È con questo obiettivo che lo scorso 10 giugno si è tenuto il World Meeting on Human Fraternity, incontro internazionale in Vaticano sulla fraternità umana, promosso dalla Fondazione Fratelli Tutti e dalla Basilica Papale di San Pietro, sotto il patrocinio del Cardinale Mauro Gambetti, Arciprete della Basilica Papale di San Pietro in Vaticano, Vicario Generale di Sua Santità per la Città del Vaticano. L’evento ispirato all’Enciclica Fratelli Tutti ha goduto della presenza di vari Premi Nobel per la Pace, personalità della scienza, della cultura, del diritto, delle associazioni ed organizzazioni internazionali, che hanno avuto il compito di elaborare una “Chiamata all’impegno per la Fraternità Umana”. Il documento letto da due premi Nobel, Nadia Murad e Muhammad Yunus, durante il Festival che si è tenuto in piazza San Pietro nel pomeriggio è stato successivamente firmato dal Segretario di Stato, Cardinale Parolin, a nome di Papa Francesco e dal gruppo che ha elaborato il documento. Christian Abrahao Da Silva, focolarino che ha partecipato al Meeting, ci racconta che momento è stato. Christian, cosa ha significato per te partecipare a questo momento mondiale dedicato alla fraternità? È stato un grande onore prima di tutto. Io ed un’altra focolarina, Corres Kwak, siamo stati chiamati a rappresentare la Presidente dei Focolari, Margaret Karram e l’intero Movimento, durante questo evento dallo scopo nobile, quello di promuovere la fraternità e l’amicizia sociale tra le persone e tra i popoli, come antidoto alle molte forme di violenza e di guerre in corso nel mondo. L’incontro si è svolto in due momenti: quello di mattina che ha avuto luogo nell’antica aula del sinodo, con la presenza di rappresentanti di diversi movimenti ecclesiali e associazioni. Invece, al pomeriggio, si è svolto un grande Festival in piazza San Pietro con collegamenti fatti da varie piazze del mondo. In che modo si sono aperti i lavori? Durante la mattinata abbiamo partecipato a due tavoli di lavoro in cui è stato chiesto di rispondere essenzialmente a due domande: “cosa facciamo concretamente per raggiungere la fraternità sociale e la fraternità ambientale?” E ancora “esiste un noi?” Sono stati momenti molto belli e partecipativi. Si è molto parlato del concetto del giardino in riferimento al giardino dell’Eden, espresso da Papa Francesco in “Fratelli tutti”. Le parole più pronunciate sono state: compassione, responsabilità (politica ed economica), condivisione, promozione integrale, riconoscimento di ogni persona umana, cura, accoglienza. Una vera esperienza ecclesiale con la speranza che possa allargarsi e testimoniare capillarmente la necessità di riscoprire e rinsaldare la fraternità umana. Cosa vi ha colpito particolarmente? Oltre al gruppo dei premi Nobel per la Pace, quello dei movimenti ecclesiali e associazioni, c’era anche un gruppo di 30 giovanissimi studenti, provenienti di varie scuole italiane, accompagnati dai loro insegnanti di religione, che avevano partecipato ad un concorso con elaborati artistici di vari tipi, esprimendo con creatività la tematica del Meeting. La loro presenza donava un tocco importante di impegno delle nuove generazioni nell’educazione alla fraternità. Inoltre, le esperienze raccontate sul palco del Festival nel pomeriggio, quelle di alcuni artisti che hanno condiviso gratuitamente e con gioia i loro talenti, sono state un grande contributo. Cosa il Movimento dei Focolari porta a casa dopo questo momento? Papa Francesco rilancia la fraternità come un nuovo paradigma antropologico su cui ricostruire gesti e leggi perché “la fraternità ha qualcosa di positivo da offrire alla libertà e all’uguaglianza” (Fratelli tutti, n. 103). Questo spunto ci ha fatto venire in mente un intervento di Chiara Lubich intitolato: “Libertà, uguaglianza… che fine ha fatto la fraternità?”. Ecco, questo è stato uno di quegli eventi che ci richiamano a buttarci sempre più al centro del nostro carisma dell’unità. Inoltre, spiegando l’idea dell’evento, il Cardinale Gambetti ha davvero toccato il cuore, definendo questo momento insieme “processo ed esperienza, come una prima tappa per aiutare a riscoprire il significato della fraternità e a costruirla culturalmente perché́ essa non si dà̀ biologicamente, la fraternità ha bisogno di incontro e di dialogo, di conoscenza e di parole e gesti condivisi, di linguaggi comuni e di esperienza di bellezza”.

Maria Grazia Berretta

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In preghiera per la salute di Papa Francesco

Come è noto all’opinione pubblica, ieri, 7 giugno, Papa Francesco è stato operato al Policlinico Gemelli di Roma. Il Pontefice è “in buone condizioni generali” ed è sereno. Ringrazia dei messaggi di vicinanza che gli arrivano da tutto il mondo e chiede di continuare a pregare per lui. Anche Margaret Karram gli ha fatto arrivare le preghiere e l’affetto suo e di tutto il Movimento dei Focolari.  

Rocca di Papa, 08 giugno 2023

Santità, carissimo Papa Francesco,

stiamo seguendo con trepidazione gli aggiornamenti sull’intervento che ha subìto ieri e gioiamo delle recenti confortanti notizie sul suo stato di salute. Uniti a tutta la Chiesa, l’accompagniamo con la nostra preghiera e con l’offerta anche da parte delle comunità del Movimento nel mondo. Le assicuriamo che continueremo a sostenerla, chiedendo al Padre il suo pieno ristabilimento, perché possa proseguire il suo così prezioso ministero.

Le giunga il mio saluto più affettuoso e quello del Movimento dei Focolari!

Filialmente,

Margaret Karram

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50 anni di Loppiano Prima: amore al creato e profezia in cammino

50 anni di Loppiano Prima: amore al creato e profezia in cammino

Il 27 e 28 maggio si è tenuto a Loppiano (Firenze-Italia) un appuntamento per celebrare l’anniversario della nascita della Cooperativa Loppiano Prima. A 50 anni da quel 19 maggio 1973, giorno in cui fu costituita, l’evento è stata un’occasione unica per ricordare i momenti fondativi, fare il punto sul cammino compiuto e rilanciare l’attività produttiva e commerciale con uno sguardo aperto al futuro. Condividiamo l’intervista a Maria Ghislandi e Giuseppe Marvelli, tra i primi soci fondatori. “Senza memoria non c’è futuro. Ritornare alle radici è perciò determinante e in questa sosta vogliamo mettere in rilievo il nostro continuo impegno a recuperare, rinverdire e declinare nel presente, le ispirazioni fondative e le scintille di profezia consegnate nel tempo da Chiara Lubich alla Cooperativa”. Con queste parole Beatrice Vecchione, attuale Presidente della Cooperativa Loppiano Prima, ha dato inizio all’evento celebrativo dal titolo L’amore al creato, una profezia in cammino, un momento speciale per ricordare i 50 anni della fondazione della Cooperativa che si è svolto il 27 e 28 maggio 2023 presso l’Auditorium di Loppiano, la cittadella internazionale dei Focolari vicino Firenze (Italia). Un weekend di scambio e condivisione con uno sguardo all’ecologia integrale, che ha svelato il cuore di questa esperienza precorritrice dell’agricoltura ecologica proprio durante la Settimana Laudato Sì. “La Loppiano Prima– continua Beatrice Vecchione- ha una sua fisionomia e tipicità che il titolo ben sintetizza ed evoca perché si tratta indubbiamente di 5 decenni di “amore al creato e di una profezia in cammino”, profezia di cui, andando alle radici, racconta anche Raffaella Pinassi Cardinali, pioniera  e da sempre punto di riferimento per la cooperativa agricola, che nasce nel 1973 sull’onda di una sfida, quella di dare supporto alla costruzione e allo sviluppo della cittadella di Loppiano. A partire dal 19 maggio di quello stesso anno, con 8 soci fondatori desiderosi di mettere a frutto i terreni che erano stati donati dalla famiglia Folonari al Movimento dei Focolari sulle colline del Chianti, nel Valdarno fiorentino, Loppiano Prima è una cooperativa ad azionariato diffuso che conta oggi 3.256 soci. Come precisato nello Statuto, “non ha finalità speculative ed è retta da principi di mutualità prevalente”. Inoltre: “suo fine precipuo è il conseguimento dell’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini, nonché il concorrere nel dare attuazione alla fraternità universale”. È così che, negli ultimi 50 anni, sui terreni incolti, che erano stati abbandonati a causa dell’emigrazione di tanti contadini nel dopoguerra, la Cooperativa Loppiano Prima si è resa protagonista di un’esperienza peculiare di agricoltura ecologica ante litteram, che ha messo al centro l’umanità, la natura e la loro relazione. Un soggetto attivo e operante all’interno di Loppiano ma presente nel territorio e per il territorio, frutto della generosità, della tenacia e della passione in particolare di tantissimi volontari di Dio del Movimento dei Focolari che, 50 anni fa, hanno sentito la chiamata a rispondere a questa profezia di Chiara Lubich: dare Dio con il lavoro; frutto soprattutto della fede di chi ha creduto e ha voluto prendersi cura di questo sogno che oggi riceviamo in eredità: amare il creato, facendo della propria vita testimonianza vera di Vangelo. Condividiamo il racconto di Maria Ghislandi e Giuseppe Marvelli, due tra primi soci fondatori di Loppiano Prima.

Maria Grazia Berretta

https://youtu.be/IQzEiEkzwAQ (altro…)

Guatemala: una cappella ecumenica al Centro Educativo Fiore

Guatemala: una cappella ecumenica al Centro Educativo Fiore

Di recente è stata inaugurata una Cappella Ecumenica presso il Centro Educativo Fiore (CEF), situato a Mixco (Città di Guatemala). I direttori Maresa Ramírez e Luis Martinez ci raccontano come è nata l’idea realizzata in concomitanza alla Pentecoste quando nell’emisfero sud si celebra la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. “Non ci concentriamo solo su una denominazione cristiana, ma cerchiamo ciò che ci unisce all’interno della cristianità. Ecco perché la nostra cappella è ecumenica, vogliamo che nessuno si senta al di fuori della famiglia del nostro Centro Educativo, vogliamo includerci a vicenda”.  Con queste parole Maresa Ramírez, spiega l’obiettivo della nuova cappella ecumenica realizzata nel Centro Educativo Fiore (CEF), situato a Mixco (Guatemala), del quale è direttore generale insieme a Luis Martinez, che è il direttore amministrativo. Da 10 anni il Centro accoglie bambini di diverse confessioni cristiane e, in seguito alla pandemia, il numero è man mano aumentato. La cappella fa parte del percorso formativo della scuola che si basa sul processo educativo, fisico-emotivo e spirituale. La cappella presenta diversi elementi che cercano di creare una relazione con Dio tenendo conto dell’età dei bambini che frequentano la scuola. Così ci racconta Luis Martinez: “Il progetto della cappella include processi ludici, utilizzando giochi per avvicinare i bambini a Dio e avere un rapporto con Lui. Ad esempio, abbiamo collocato dei tubi che dall’ingresso della cappella si muovono verso la Croce, in modo che il bambino, qualora senta il bisogno può inviare un messaggio segreto a Gesù. Poi, le nuvole servono a creare l’atmosfera del cielo, perché noi mettiamo Dio in relazione con il cielo.  I bambini sono il pezzo forte e quando fanno il loro ingresso in questo luogo subito si crea un rapporto divertente e allo stesso tempo serio”. La scuola offre ai bambini questo spazio che possono raggiungere quando sentono il bisogno di trascorrere un momento con Dio. Nella materia dell’Educazione alla fede e ai valori, i bambini si esercitano nella realizzazione di origami e così possono scrivere i loro atti d’amore, e metterli lì, offrendoli a Gesù, “sulla base di ciò che Chiara Lubich ha insegnato ai bambini: dopo aver fatto un atto d’amore, farne come un piccolo pacchetto e inviarlo verso il Cielo”. La collaborazione è stata fondamentale per il momento dell’inaugurazione, poiché il dialogo tra il Movimento dei Focolari in Guatemala e il Consiglio Ecumenico Cristiano del Guatemala è ampio. “Abbiamo costruito un rapporto con ognuno di loro, in particolare con il Vescovo cattolico, Monsignor Valenzuela. Parlando con lui ci siamo resi conto di quanto la presenza di questa cappella sia importante, poiché nella realtà ecumenica guatemalteca il dialogo è qualcosa di necessario” afferma Luis Martinez. A questi contatti basati sulla fraternità si sono unite persone provenienti da 7 Chiese cristiane e circa 25 persone hanno partecipato all’inaugurazione della cappella. Il programma dell’inaugurazione è stato organizzato tra il Centro Educativo Fiore e Monsignor Valenzuela e comprendeva salmi, lettura della Parola e diverse preghiere di benedizione e lode. Gli studenti hanno partecipato recitando una preghiera per la pace. “È stato un momento molto bello – conclude la direttrice Ramírez – chi è intervenuto ci ha detto che i bambini, nel nostro percorso formativo, vengono messi al centro e che siamo la prima scuola del Paese ad avere una cappella ecumenica”.

Diego Santizo

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Indonesia, il dialogo come stile di vita

Indonesia, il dialogo come stile di vita

Il viaggio in Asia e Oceania di Margaret Karram e Jesús Morán, Presidente e Copresidente del Movimento dei Focolari, è giunto al termine. Ecco alcuni aggiornamenti su quanto vissuto nella tappa conclusiva: l’ Indonesia Panongan (Indonesia), 17 maggio 2023 – Sono le 8.00 di mattina nella parrocchia cattolica di S. Odelia, a circa due ore da Jakarta. L’Arcivescovo Ignatius Suharyo, Cardinale della capitale indonesiana, ha invitato i rappresentanti del governo e delle forze dell’ordine, della municipalità, dei villaggi e i capi religiosi musulmani, buddisti e indù, a presentare alla Presidente e al Copresidente dei Focolari un progetto sociale pilota, realizzato in ampia sinergia tra tutte le suddette forze della società civile, per la città di Tangerang/Banten. Con più di due milioni di abitanti, questa è la terza area più popolosa ad ovest di Jakarta, la capitale dell’Indonesia, che con tutte le città satellite raggiunge quasi 30 milioni di abitanti. Si tratta di una zona in cui c’è grande sviluppo, ma anche disuguaglianze economiche e la popolazione dei villaggi è povera, lavora nei campi di riso, vive dei prodotti della terra e di piccoli allevamenti di galline, capre e qualche mucca. Il territorio, a stragrande maggioranza musulmana, fa parte della parrocchia. Padre Felix Supranto – “Romo Felix” per tutti (“romo” significa “padre” in bahasa, la lingua ufficiale del Paese) è il dinamico parroco di S. Odelia con il dono di saper mettere insieme le persone. Fa gli onori di casa, insieme ai molti parrocchiani che negli anni ha coinvolto nei diversi progetti sociali. “Il dialogo che facciamo qui con i fratelli di diverse religioni è concreto – spiega il Cardinale – guarda alle necessità della gente. C’è bisogno di case, di sviluppare opportunità lavorative, di portare l’acqua nei villaggi. Stiamo lavorando per questo ‘insieme’ ed è importante che la Presidente e il Co-presidente dei Focolari siano venuti fino qui a vedere quello che potrebbe essere un modello di dialogo anche al di fuori dall’Indonesia. Il motto del nostro Paese è ‘unità nella diversità’ ed esprime molto ciò che siamo e come affrontiamo le sfide”. “Siamo onorati di avervi tra noi – dice padre Felix a Margaret Karram e Jesús Morán– per condividere il cammino che stiamo facendo. Fino ad oggi abbiamo costruito 12 case per aiutare i poveri ed è questo lavorare insieme che ci fa fratelli, pur nelle nostre diversità”. La giornata prosegue con la visita ad una scuola con ragazzi dai 6 ai 15 anni, a diversi villaggi in cui, grazie ai fondi raccolti, si è potuto portare l’acqua, iniziare un allevamento di mucche, capre e pesci gatto, dove il valore aggiunto è proprio il pieno coinvolgimento di tutti: istituzioni e gente del posto. La visita alla Madrassa – una scuola islamica – è l’ultimo appuntamento di questa prima giornata “sul campo” che ci mostra il carattere comunitario e solidale, vera forza di questo Paese. Bhinneka Tunggal Ika – siamo diversi, ma siamo uno Bhinneka Tunggal Ika, “Siamo diversi, ma siamo uno” è infatti il motto dell’Indonesia, iscritto sullo stemma nazionale che raffigura un’antica divinità, l’aquila giavanese. Il Paese dei record Con le sue 17.000 isole e gli oltre 300 gruppi etnici, ciascuno ricco di una propria vivace tradizione culturale, l’Indonesia è un Paese dalle molte diversità. E oggi la popolazione è orgogliosa di presentarsi al mondo come un esempio di tolleranza e convivenza tra diverse culture e religioni. Un esempio su tutti: la moschea Istiqlal (dell’Indipendenza) a Jakarta è la più grande del Sud-est asiatico. Si trova esattamente di fronte alla cattedrale cattolica   durante le più importanti feste cristiane come il Natale, la moschea garantisce il proprio supporto, fornendo                                                                                                       parcheggi ai fedeli cristiani; viceversa, per le festività islamiche. In Indonesia c’è la più alta biodiversità del pianeta, ma la deforestazione e lo sfruttamento delle risorse mettono a rischio la preservazione di questi ambienti naturali con gravi effetti. La ricchezza economica è distribuita in modo diseguale e si calcola che 27.000 famiglie milionarie (lo 0.1% della popolazione) posseggano più della metà della ricchezza del Paese. Anche se non è facile avere statistiche accurate, si conta che la popolazione attuale sia di 273 milioni, facendone il quarto Paese più popoloso al mondo. È il Paese con la popolazione musulmana più alta al mondo (86,1 %); i cristiani di diverse Chiese sono il 10,53% e l’appartenenza religiosa è riportata sulla carta d’identità. I focolarini nel Sud-est asiatico e in Pakistan Jakarta, 19 maggio 2023 – Guardando i focolarini della zona dell’Sud-est Asia e Pakistan che sono arrivati a Jakarta per ritrovarsi con Margaret Karram e Jesús Morán, viene in luce tutto il potenziale del continente asiatico e cioè l’incontro possibile tra popoli e culture molto diversi tra loro: dalla Tailandia al Myanmar, dal Vietnam all’Indonesia, a Singapore, alla Malesia. Molti sono collegati via web, come i focolarini del Pakistan, ma la distanza non impedisce una comunione profonda in cui emergono sia le sfide dell’inculturazione nei singoli Paesi, che la forza dell’unità, capace di raggiungere i più diversi ambiti. L’attenzione è alta durante il momento di domande e risposte con Margaret Karram, Jesús Morán, Rita Moussallem e Antonio Salimbeni (responsabili per il Dialogo interreligioso dei Focolari). Le focolarine di Ho Chi Minh (Vietnam) domandano come diffondere la spiritualità dell’unità in questo tempo in cui è difficile interessare le persone, i giovani in particolare. “In questo viaggio in Asia e Oceania – spiega Margaret – ho capito che il modo che abbiamo usato fino ad oggi per offrire la spiritualità dell’unità deve cambiare, perché la società è cambiata. Viviamo tutti così ‘connessi’ gli uni agli altri che occorre trovare il modo di presentare le varie vocazioni non ciascuna per conto suo, ma le une accanto alle altre, magari quando ci si incontra come comunità del Movimento a livello locale, poi sarà Dio a parlare al cuore di ciascuno, a chiamare alle diverse strade.  Vedo che ciò che tocca il cuore delle persone è l’attenzione personale, costruire rapporti veri, fatti di amore disinteressato. Devono trovare in ciascuno di noi un fratello, una sorella, un amico. Solo quando avremo costruito un rapporto, potremo invitarli a conoscere la spiritualità del Focolare”. “A volte ci sembra di non avere i metodi adeguati per interessare le persone alla spiritualità dell’unità – prosegue Jesús sulla stessa linea – ma attenzione a cedere alla tentazione di adeguarci alla corrente del mondo per essere accettati a tutti i costi. Dobbiamo stare nel mondo, perché è bello, l’ha creato Dio. Ma il contrasto con il mondo dobbiamo sentirlo; è cristiano sperimentarlo, perché noi apparteniamo ad una verità, quella di Cristo, che va al di là del mondo”. Il dialogo come stile di vita Jakarta, 20 maggio-Yogyakarta, 21 maggio 2023 – “Da febbraio 2021 la nostra vita in Myanmar è cambiata completamente. La mia regione è quella in cui il conflitto è più grave. Nessuno dovrebbe sentire le esplosioni dell’artiglieria e dei bombardamenti aerei, non è umano. Radicati in Dio e concentrati nel vivere nel presente – perché non sappiamo se ci saremo domani – continuiamo a portare alla nostra gente amore e nuova speranza. Capisco ogni giorno di più l’invito di Gesù: ‘Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici’ (Gv 15,13)”. A parlare è Gennie, birmana, che lavora per un’agenzia umanitaria che si occupa degli sfollati, che dal colpo di stato sono oltre un milione. La sua è una delle testimonianze che hanno raccontato la vita e le sfide delle comunità dei Focolari nel sud-est asiatico al forum “Il dialogo come stile di vita”, che si è tenuto in partnership con l’università cattolica di Jakarta “Atma Jaya”. Presenti circa 290 persone provenienti, oltre che da varie parti dell’Indonesia, da vari Paesi del Sud-est asiatico. Atri 300 erano collegati in streaming dal Pakistan e da altre parti. Al centro delle testimonianze raccontate c’è la cultura del dialogo che è vissuta in queste terre su base quotidiana, diventando uno stile di vita, anche economico, come racconta Lawrence Chong di Singapore. Dal 2004 dirige un’azienda di consulenza gestionale con altri due soci, un metodista e un musulmano, secondo i principi di Economia di Comunione. “Oggi siamo presenti in 23 Paesi e il nostro lavoro è realizzare un cambiamento, incidere sul sistema economico e migliorarlo, sulla base dei principi dell’interdipendenza e dell’amore reciproco”. Dopo la festa in cui i diversi popoli presenti hanno aperto le porte alla grande ricchezza culturale e alla varietà delle tradizioni, Margaret Karram e Jesús Morán hanno risposto ad alcune domande e hanno condiviso le loro prime impressioni di questo viaggio. “L’Asia è il continente dove sorge il sole, mentre noi veniamo dall’Europa, dove il sole tramonta – dice Jesús -. In Asia e in Oceania abbiamo trovato una Chiesa molto viva, come pure la presenza delle diverse religioni e noi siamo stati immersi in questa luce che abbiamo trovato nella profonda umanità delle persone. Noi abbiamo ricevuto tanta speranza per la Chiesa, per l’Opera di Maria. Questa speranza non deluderà se questi popoli resteranno fedeli a sé stessi. Naturalmente abbiamo visto anche i problemi: povertà, conflitti, guerre. Dunque, è vero che il sole sta sorgendo in queste terre, ma abbiamo davanti a noi anche una grande sfida: che il Vangelo sia anche portatore di un messaggio di liberazione per questi popoli” Il Nunzio apostolico, Mons. Piero Pioppo, venuto a celebrare la S. Messa, augura che la parola dell’unità e della comunione possa fiorire e diffondersi in questo mondo che ne ha estremo bisogno.  Le radici del movimento in Indonesia Anche a Yogyakarta Margaret e Jesús sono stati accolti dalla comunità dei Focolari con la tradizionale danza di benvenuto. L’incontro è stato un viaggio nella ricchissima cultura e nelle tradizioni giavanesi e l’occasione per conoscere le radici e lo sviluppo del Movimento in Indonesia dove, dopo diversi viaggi dalle Filippine a partire dalla fine degli anni ‘80, il focolare è arrivato nel 2004 a Medan. Ma nessuno dimenticherà mai il 2006, l’anno del terribile terremoto che ha fatto migliaia di morti, con epicentro sull’isola di Giava, nella regione di Yogyakarta, dove si trova ora il focolare. Bapak Totok, uno degli animatori della comunità locale, racconta come il Movimento dei Focolari, insieme alla gente del posto, si siano rimboccati le maniche per aiutare nella costruzione di 22 “Pendopo” (centri comunitari in altrettanti villaggi) e un progetto sociale. Sono stati un segno di pace e di unità anche tra persone di fedi religiose diverse. Università islamica Sunan Kalijaga: in dialogo per promuovere la fratellanza Yogyakarta, 22 maggio 2023 – Con i suoi 20.000 studenti, l’università “Sunan Kalijaga” è un importante centro accademico nazionale di studi islamici e dal 2005 ha anche un Centro culturale per il dialogo interreligioso. Davanti a 160 studenti, docenti e membri della comunità locale dei Focolari, Margaret Karram, insieme Rita Moussallem e Antonio Salimbeni, partecipano al Seminario “In dialogo per promuovere la fratellanza”. Un tema che risuona in modo del tutto speciale qui, dove il dialogo “esce” dalle aule universitarie o dai forum di studio, poiché è allo stesso tempo la sfida e il fondamento della società indonesiana. “La presenza dei leader del Movimento dei Focolari è importante – spiega la prof.ssa Inayah Rohmaniyah – perché ci permette di fare un passo in più: non guardare solo all’Indonesia, ma diventare insieme costruttori di un mondo rinnovato dai valori della fraternità che stiamo vivendo, qui, oggi”. Le domande degli studenti si concentrano sulla strategia del dialogo per combinare diversità culturali e religiose anche in situazioni di conflitto sociale. “A volte parliamo molto delle difficoltà e poco delle ricchezze che queste diversità portano in sé,  risponde Antonio Salimbeni-. “Innanzitutto, siamo esseri umani, fratelli e sorelle, per questo è importante essere aperti, capire la religione dell’altro dalla sua prospettiva; provare a pensare come un musulmano pensa, come un indù pensa, vedere il mondo come l’altro lo vede”. Il viaggio si conclude, ma un mondo si apre 45 giorni di viaggio, 5 Paesi visitati, alcune migliaia di persone incontrate – 1.500 solo nell’ultima tappa indonesiana. Dopo aver conosciuto popoli e culture molto diverse, toccato con mano le sfide, ma anche la vitalità della Chiesa in Paesi dove il cristianesimo è minoranza, visto il dialogo tra persone di religioni diverse in atto nel quotidiano e capace di dar vita a risposte concrete ai problemi sociali ed economici dei popoli; condiviso la vita delle comunità dei Focolari in questo pezzo di mondo, il primo viaggio ufficiale di Margaret Karram e Jesús Morán in Asia e Oceania volge al termine. Non è facile fare bilanci così a caldo, ma la domanda arriva puntuale. Margaret condivide alcune impressioni negli ultimi appuntamenti pubblici: “Sento fortemente che Dio sta chiedendo al Movimento, in Asia in particolare, ma anche in tutto il mondo, di fare un passo importante. Il dialogo deve diventare il nostro stile di vita, il nostro modo di agire in ogni momento. Non possiamo continuare a fare come prima, guardare solo al nostro Movimento e fare le nostre attività. È arrivato il tempo di uscire fuori, lavorare con altre organizzazioni, con persone di diverse religioni, come si fa già qui. Allora corriamo, non c’è tempo da perdere! Questo viaggio mi ha dato ancora una volta la conferma che l’unità e la pace nel mondo sono possibili. A volte guardando il mondo oggi con le guerre, le ingiustizie, mi veniva da dubitare. Ma in tutti i Paesi che abbiamo visitato ho incontrato moltissime persone impegnate a realizzare una società diversa, a costruire ponti, anche con grande sacrificio. Sono loro che mi hanno dato la certezza che insieme potremo fare la differenza e dare il nostro contributo”.

Stefania Tanesini

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Terra Santa: carismi in comunione per una nuova Pentecoste

Un’occasione unica, per conoscersi, condividere e per riscoprire la bellezza di essere, insieme, testimoni della Risurrezione. È quanto hanno potuto sperimentare i Movimenti ecclesiali e le nuove comunità presenti in Terra Santa nel cammino fatto insieme a partire dalla Pentecoste di un anno fa. Comunione, partecipazione e missione: sono le tre parole chiave legate al Percorso sinodale avviato nell’ottobre del 2021. Papa Francesco, proprio inaugurando questo cammino, ha invitato la Chiesa Universale ad essere Chiesa dell’ascolto, della vicinanza ed è proprio in questo contesto, nello specifico nella fase locale del Sinodo, che i Movimenti ecclesiali e le nuove comunità presenti in Terra Santa, su invito del Patriarca dei latini di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, hanno trovato il modo di ascoltarsi, incontrarsi, lavorando in comunione per la realizzazione della Veglia di Pentecoste 2022. Un’occasione speciale in cui ciascuno ha sperimentato la gioia di sentirsi un solo corpo nella Chiesa, animato e rinvigorito dal soffio dello Spirito Santo. Nel contesto sociopolitico e culturale della Terra Santa, la possibilità di generare “unità”, imparare dal carisma dell’altro e mettere il proprio a servizio di tutti. “Credo che la prima cosa da fare per sentirsi un unico corpo – ha affermato Mons. Pierbattista Pizzaballa – sia parlare, comunicare, ascoltare soprattutto. Ascoltare non significa soltanto udire, significa cercare di mettersi, in attesa dell’altro, dove l’altro diventa il soggetto, non io il soggetto, ma l’altro”. La Pentecoste inaugura il tempo della Chiesa che, nel suo pellegrinaggio incontro al Signore, riceve costantemente dallo Lui lo Spirito, lo stesso che la raduna nella fede e nella carità, la santifica e la manda in missione. In occasione della Pentecoste 2023 condividiamo il racconto di questa esperienza di comunione.

Maria Grazia Berretta

Guarda il video https://youtu.be/fJQjL4iz2D8 (altro…)

Emergenza alluvione: notizie dall’ Emilia-Romagna

Emergenza alluvione: notizie dall’ Emilia-Romagna

L’ondata di maltempo che nelle ultime settimane si è riversata sull’Italia ha colpito nello specifico le regioni dell’ Emilia-Romagna e delle Marche. Ad oggi tantissime le persone che continuano a lavorare nel fango in sostegno di intere comunità sfollate che a causa dell’alluvione hanno perso tutto, come ci raccontano dall’Emilia-Romagna. Avviata anche una raccolta fondi da parte del Coordinamento Emergenze del Movimento dei Focolari. È emergenza climatica quella che ha colpito nelle ultime settimane Emilia-Romagna e Marche, due regioni del centro-nord Italia. Una catastrofe che, ad oggi, conta 15 vittime, circa 23.000 sfollati e diverse città messe completamente in ginocchio, sommerse dall’acqua a causa dei tanti fiumi esondati. Ingenti i danni alle abitazioni, ai mobili, alle automobili, così come quelli alle attività lavorative, allevamenti e colture. In Emilia-Romagna il centro più colpito finora è stato quello di Faenza che in una notte è finito quasi completamente sott’acqua per via della rottura degli argini di diversi fiumi. “Diverse famiglie sono state evacuate- raccontano dalle comunità del Movimento dei Focolari della zona- in particolare una famiglia con tre bambini, tratti in salvo quando ormai l’acqua era arrivata al primo piano della loro abitazione. Questa stessa famiglia, il giorno dopo ha potuto, nonostante avesse perso tutto, mettere a disposizione il loro ristorante, attività di famiglia, raggiunto con i mezzi della protezione civile, preparando il pranzo caldo per centinaia di persone evacuate”. Una assistente sociale di Faenza, membro dei Focolari, racconta: “Giorni fa, di sera, sono stata in Comune, sede del Centro Operativo per l’emergenza. È stata un’esperienza difficilissima emotivamente. Se ci penso mi viene da piangere (…) chiedo a Gesù la forza per poter fare ciò che ė meglio per ogni persona”. In un’altra località, Cesena, il fiume Savio è esondato e le abitazioni attigue sono state allagate. Dove è stato possibile, e grazie ad una tregua della pioggia, i primi volontari hanno iniziato a lavorare. Nella città di Cesenatico la situazione è diventata problematica. Il mare ha invaso le spiagge, gli stabilimenti balneari e le strade. Nei dintorni di Bologna, invece, ci sono tanti piccoli paesi ancora allagati, le persone sono tutte sfollate. È crollato un ponte che ha completamente deviato verso l’interno il letto del fiume e “ci vorrà tempo – afferma chi si trova sul posto- ma gli aiuti saranno sicuramente necessari”. “L’acqua non viene assorbita dal terreno – raccontano da queste aree – continua a piovere e si muove come un’ondata e arriva, a seconda dei livelli del terreno, in modo imprevedibile”. Anche il sud della Romagna, tra Ravenna e Rimini, la situazione è precipitata così come nelle località di Russi e Lugo. Altri membri del Movimento dei Focolari ci fanno sapere: “Noi nella località di Bagnara di Romagna abbiamo avuto 20 cm al piano terra, garage e tavernetta sono pieni d’acqua. Ma stiamo bene”. Una catastrofe che, nonostante le enormi difficoltà ancora da fronteggiare, non ha frenato il desiderio di tante persone di agire concretamente per ricostruire. “Il bello- raccontano- è che una delle cose da gestire sono le innumerevoli disponibilità di aiuto che riceviamo. In molti offrono case e ospitalità e stiamo attivando una squadra che gestirà le domande e le numerose offerte. Anche la Comunità Islamica locale, in contatto con il Movimento dei Focolari ha dato disponibilità ad accogliere o a portare avanti delle azioni congiunte”. Continua anche la raccolta fondi straordinaria avviata dal Coordinamento Emergenze del Movimento dei Focolari  a sostegno della popolazione di Emilia-Romagna e Marche, attraverso le ONLUS Azione per un Mondo Unito (AMU) e Azione per Famiglie Nuove (AFN). I contributi versati verranno gestiti congiuntamente da AMU e AFN per avviare azioni di ricostruzione. È possibile donare online sui siti: AMU: www.amu-it.eu/dona-online-3/ AFN: www.afnonlus.org/dona/ oppure attraverso bonifico sui seguenti conti correnti: Azione per un Mondo Unito ONLUS (AMU) IBAN: IT 58 S 05018 03200 000011204344 presso Banca Popolare Etica Codice SWIFT/BIC: ETICIT22XXX Azione per Famiglie Nuove ONLUS (AFN) IBAN: IT 92 J 05018 03200 000016978561 presso Banca Popolare Etica Codice SWIFT/BIC: ETICIT22XXX CausaleEmergenza Emilia-Romagna e Marche Per tali donazioni sono previsti benefici fiscali in molti Paesi dell’Unione Europea e in altri Paesi del mondo, secondo le diverse normative locali. I contribuenti italiani potranno ottenere deduzioni e detrazioni dal reddito, secondo la normativa prevista per le Onlus   (altro…)

FormaT: formare gli animatori dei giovani

Il Movimento dei Focolari mette in pratica i richiami ad una formazione integrale e permanente degli incaricati della formazione dei giovani espressi nella esortazione apostolica post sinodale “Christus Vivit” e nel documento finale dell’Assemblea dei Giovani dei Focolari FormaT è un progetto – nato nel 2019 – su richiesta dei giovani del Movimento dei Focolari per una formazione continua per i formatori delle nuove generazioni. Durante quell’anno una rappresentanza di giovani a livello internazionale si radunò a Roma per un’assemblea di lavoro. Tra le varie indicazioni emerse, due punti meritano una speciale attenzione: fornire ai formatori gli strumenti per accompagnare i giovani in modo integrale e/o aprirsi ad esperti, secondo necessità particolari o momenti della vita dei giovani e insegnare ai formatori anche l’uso di metodi e linguaggi innovativi e accattivanti per la comunicazione della vita e la trasmissione del carisma dell’unità, coinvolgendo i giovani nel dare il loro contributo e i loro feedback. I giovani chiedevano quindi di avere incaricati della formazione meglio formati, in modo da accompagnarli integralmente, con strumenti adatti ai tempi odierni e con l’uso di metodologie e linguaggi accessibili, aggiornati ed efficaci. Questo in piena sintonia con le istanze espresse anche durante il Sinodo dei Giovani, raccolte nell’Esortazione Apostolica post-sinodale “Christus Vivit”, come pure dal Patto Educativo Globale promosso da Papa Francesco. Nasce così il programma FormaT per offrire una risposta concreta alle esigenze dei giovani sparsi nei vari Paesi e della Chiesa. “Sapienza, passione, preghiera, creatività, apertura, disponibilità, ascolto e accompagnamento per amore.  Sono parole incisive, essenziali, profonde! Basterebbero queste per capovolgere il nostro modo di formare ed accompagnare! – ha affermato Margaret Karram, Presidente dei Focolari durante la presentazione di FormaT a marzo 2023 -. Accompagnare e formare sono due aspetti di un’unica realtà, cioè ‘camminare’ insieme. Stare accanto ai giovani è prima di tutto una grande scuola di reciprocità, che ha il fondamento nel dono d’amore di sé, che apre all’altro braccia e cuore, in una dinamica relazionale che incoraggia la loro crescita a livello personale e in rapporto con gli altri. Se dedichiamo tempo e attenzione alle persone, chiunque esse siano, ci accorgeremo della loro sete di amore, di comprensione, di verità, di testimonianza nella quotidianità”. E Jésus Morán, Copresidente dei Focolari, in quella stessa occasione, ha osservato: “Ho avuto una lunga esperienza con giovani, ragazzi e ragazze: come professore di filosofia e religione, come assistente, come formatore nella pastorale universitaria. Ma prima ancora di questo sono stato un giovane del Movimento – nel mio caso un gen – che ha ricevuto una formazione. E ricordo bene quanto tempo hanno ‘perso’ con me i miei assistenti. Ore e ore di colloqui. (…) Un formatore deve essere una persona preparatissima, ma non deve fare leva sulla sua preparazione, ma sulla sua vita. (…) Dite che un formatore ha bisogno di tanta unione con Dio. Io lo personalizzerei un po’ di più: ha bisogno dell’umanità di Gesù, il suo cuore, la sua mente, le sue mani. A volte penso che a un buon formatore basterebbe l’eucaristia quotidiana. E poi lasciar fare a Lui.” Il modello ‘FormaT’ FormaT è un modello di formazione con 3 attributi espressi in 3 ‘T’: ‘T’ = trinitaria: formazione che abbia il timbro e lo stile dei rapporti di reciprocità che si ispirano alla vita di un Dio uno e trino. Si tratta di una formazione che mira all’ascolto, all’accoglienza, all’esperienza performativa e che abbia l’amore concreto e disinteressato (che genera la reciprocità) come regola di base; ‘T’ = integrale: formazione umana, spirituale, culturale, aperta ed inclusiva, che mira a fornire gli strumenti per affrontare le questioni calde oggi presenti e per crescere integralmente; ‘T’ = formazione non solo teorica ma performativa e attiva, che generi impatto positivo e cambiamenti in chi la riceve e nell’ambiente attorno. La metodologia di FormaT, prende spunto principale dalla ricchezza di vita e pensiero presente nella spiritualità dell’unità e dell’esperienza vissuta coi giovani sin dalla nascita del Movimento nel 1943, arricchendosi altrettanto dalle esperienze di ciascuno, in modo da tirar fuori i talenti nascosti negli incaricati della formazione e di non sprecare i doni presenti in quelli che “non vengono solitamente interpellati”. Si tratta di una metodologia inclusiva, esperienziale, rigenerante e performativa.

Lorenzo Russo

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Benedetti dubbi: un podcast per esplorare le nostre domande

Benedetti dubbi: un podcast per esplorare le nostre domande

Il 23 maggio 2023 è in arrivo il primo episodio di “Benedetti dubbi”, il nuovo podcast creato dai giovani del Movimento dei Focolari. Scopriamo insieme agli ideatori, Tommaso Bertolasi e Laura Salerno, come i dubbi possano essere davvero una “benedizione” per conoscere meglio noi stessi e gli altri. A cosa siamo chiamati? Quale la strada migliore da seguire dinanzi a uno dei tanti bivi che la vita ci mette davanti? Conosciamo noi stessi e, soprattutto, dove hanno nascosto l’antidoto contro le paure? Sono le domande, quelle che sommergono la nostra quotidianità, le protagoniste di “Benedetti dubbi”, il nuovo podcast pensato per i giovani e dai giovani, in uscita il 23 maggio in lingua italiana. Per saperne di più abbiamo pensato di intervistare gli ideatori di questo progetto, amici tra loro da tempo, Tommaso Bertolasi, ricercatore in filosofia presso l’Istituto Universitario Sophia (Loppiano – Firenze), e Laura Salerno, giovane del Movimento dei Focolari, studentessa di lettere e autrice. Laura, come è iniziato questo percorso? Tutto è partito nel 2018. Sia io che Tommaso eravamo in Argentina e ci siamo incontrati ad un convegno per giovani del Movimento dei Focolari. Lui, in quanto filosofo, era stato chiamato come relatore per parlare di libertà. Io l’ho ascoltato e mi è piaciuto molto. Nel corso degli anni lui ha continuato a occuparsi di dialogare con e per i giovani, tanto che ha deciso di raccogliere alcuni dei contenuti in un libro, dal titolo “L’ultima ora della notte”, che uscirà per Città Nuova ad agosto 2023. E lì l’idea: “Ma se esce un libro, perché non fare anche un podcast che tratti gli stessi contenuti?” E così un po’ di mesi fa mi è arrivata una telefonata con la proposta di aiutarlo a dar vita a questo progetto. Tommaso, perché proprio un podcast? Le idee alle volte sono come un cocktail: vengono fuori dall’unione di varie cose. E con “Benedetti dubbi” è stato così. A un certo punto mi sono trovato tra le mani vario materiale che avevo preparato, spesso con i giovani, per incontri, laboratori e dialoghi. Di lì l’idea di non limitare allo spazio di un incontro temi importanti come libertà, scelte, fragilità, vocazione, ma di poterli offrire a tutti. Mi sembrava, però, che si potessero esplorare anche altri linguaggi e altri luoghi e così ecco il podcast. Avevo il desiderio di creare un format più adatto ai giovani, che ormai fanno fatica a leggere. O almeno, leggono dopo che li hai convinti che ne vale la pena.  In tutto questo lavorio un ulteriore elemento è dato dalla GMG che ha dettato un po’ i tempi di questa operazione. Mi pareva bello che dal Movimento dei Focolari potesse uscire una proposta anche per chi si prepara ad andare a Lisbona. Uscirà sulle principali piattaforme per podcast (Spotify, Apple Podcast, Google Podcast) un episodio a settimana per 6 settimane. Laura, a che fascia di età è rivolto? Nello specifico abbiamo pensato al target 18-30 anni e per questo motivo le tematiche principali sono le domande, le fragilità, la libertà, le relazioni, la ricerca del proprio posto nel mondo. Tutto cercando di vedere il dubbio come una cosa positiva, come un trampolino per vivere più a fondo e con più consapevolezza quello che ci accade. Tommaso, come avete stabilito gli argomenti da affrontare per ciascun episodio? La mia idea iniziale era quella di replicare i contenuti del libro, facendone un po’ una parafrasi. Lavorando con Laura, però, mi rendevo conto che le sue domande portavano la conversazione su altri territori, che i giovani a cui lei pensava erano anche i suoi compagni universitari che non necessariamente si riconoscono in un determinato credo religioso. Capivo che Laura aveva delle domande profonde che in parte erano sue, in parte rispecchiavano il suo mondo di relazioni: era da quelle domande che bisognava partire per intessere un discorso che puoi a fare giovani adulti. Quale è stata, per te, Laura, la puntata più complicata? Credo che la puntata più complicata sia stata la prima. Tutti e due eravamo un po’ emozionati, e poi dovevamo introdurre il podcast, far capire perché secondo noi è così importante farsi delle domande, senza però vivere nell’ansia e sommersi delle paranoie. Una cosa divertente è che, quando abbiamo registrato i primi episodi, io ero molto raffreddata e avevo avuto la febbre pochi giorni prima. Tutto capita sempre al momento giusto! Ma ce l’abbiamo fatta, anche grazie al super team che ci ha sostenuti durante la registrazione. Tommaso, che contributo ha lasciato la vostra esperienza personale nella realizzazione di questo percorso? Ho imparato molto da tutte le persone che con competenze diverse hanno lavorato a questo progetto. Davvero la realizzazione di “Benedetti dubbi” è stata un’operazione collettiva. Per essere aggiornati anche su altri progetti che già abbiamo in programma, rimanete collegati ai canali del Movimento dei Focolari.  Ed aspettiamo anche i vostri feedback dopo l’ascolto, nei box su Spotify, sui nostri social (@Y4UW e Movimento_dei_focolari) o  via mail (ufficio.comunicazione@focolare.org).

Maria Grazia Berretta

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Emergenza alluvione in Emilia-Romagna e Marche

Il Coordinamento Emergenze del Movimento dei Focolari ha avviato una raccolta fondi straordinaria a sostegno della popolazione di Emilia-Romagna e Marche, due regioni del centro-nord Italia, colpite da gravi alluvioni, attraverso le ONLUS Azione per un Mondo Unito (AMU) e Azione per Famiglie Nuove (AFN). I contributi versati verranno gestiti congiuntamente da AMU e AFN per avviare azioni di ricostruzione (molti hanno subito danni alle case; ai mobili; alle auto, essenziali per il trasporto e le attività lavorative; ingenti anche i danni ad allevamenti e colture…) È possibile donare online sui siti: AMU: www.amu-it.eu/dona-online-3/ AFN: www.afnonlus.org/dona/ oppure attraverso bonifico sui seguenti conti correnti: Azione per un Mondo Unito ONLUS (AMU) IBAN: IT 58 S 05018 03200 000011204344 presso Banca Popolare Etica Codice SWIFT/BIC: ETICIT22XXX Azione per Famiglie Nuove ONLUS (AFN) IBAN: IT 92 J 05018 03200 000016978561 presso Banca Popolare Etica Codice SWIFT/BIC: ETICIT22XXX CausaleEmergenza Emilia-Romagna e Marche Per tali donazioni sono previsti benefici fiscali in molti Paesi dell’Unione Europea e in altri Paesi del mondo, secondo le diverse normative locali. I contribuenti italiani potranno ottenere deduzioni e detrazioni dal reddito, secondo la normativa prevista per le Onlus (altro…)

Con la famiglia dei Focolari in Australia

Con la famiglia dei Focolari in Australia

Siamo arrivati alla tappa australiana del viaggio di Margaret Karram e Jesús Morán, Presidente e Copresidente dei Focolari, un continente con straordinarie ricchezze culturali ed una famiglia dei Focolari variegata e multiculturale.

Da Suva a Sydney

Arrivo a SidneyIn questo viaggio Margaret Karram e Jesús Morán hanno coperto grandi distanze in ogni senso, basti pensare al “salto” dal Giappone alle Isole Fiji. Lo stesso è accaduto il 9 maggio scorso con il volo per l’Australia, dove i villaggi di pescatori della costa meridionale delle Fiji hanno lasciato il posto a quel gioiello scintillante che è la città di Sydney. Le luci del suo iconico porto risplendevano mentre il nostro aereo volteggiava sulla città, che mostrava orgogliosa la sua bellezza.

A darci il benvenuto in molte lingue, in questa metropoli multiculturale, c’era la variegata comunità locale dei Focolari. Provengono dalla Corea del Sud, dalle Filippine, dalla Cina, da Hong Kong, dal Libano, dal Sudan, dall’Iraq, dalla Siria, dal Bangladesh, dal Brasile e, naturalmente, dall’Australia. Sono cattolici, melchiti, caldei, anglicani; i focolari di Sydney seguono anche le città di Brisbane, la capitale australiana Canberra e le zone circostanti.

Incontro con l’arcivescovo di Canberra

Il contatto con la Chiesa locale è sempre una priorità di ogni tappa. In un incontro profondo e pieno di humor, monsignor Christopher Prowse, attuale Arcivescovo di Canberra, ha messo in luce la vita di Mary MacKillop, la prima santa australiana. “Se fosse viva oggi, si sentirebbe molto a suo agio con i Focolari”, ha detto l’Arcivescovo, evidenziando il suo lavoro per il dialogo tra le religioni. Ci ha portato sulla sua tomba e ha pregato affinché, come lei, il carisma dell’unità possa fiorire come una rosa e diffondere il suo profumo in questa terra.

L’arte, porta aperta sulla cultura aborigena

Ad una mostra di arte aborigena contemporanea presso la Galleria d’arte del New South Wales

L’arte apre sempre una finestra importante su una cultura indigena, ma per comprendere cosa si sta osservando, la presenza di una guida è fondamentale. Ad accompagnarci ad una mostra di arte aborigena contemporanea presso la Galleria d’arte del New South Wales c’è Alexandra Gaffikin, volontaria inglese che vive a Sydney, con una vasta esperienza nel settore dei musei e del patrimonio culturale.

Le pitture su corteccia, ad esempio, rappresentano storie, ma anche mappe, atti di proprietà e regolamenti. Possono essere tridimensionali, con sotto strati che rivelano persino fonti d’acqua sotterranee. Nella cultura aborigena queste opere d’arte, che originariamente erano dipinte sul corpo umano, sono collezioni viventi che si tramandano da millenni.

Una visita a Sydney

Nonostante gli impegni prefissati, Margaret Karram e Jesús Morán sono riusciti a ritagliarsi anche un po’ di tempo per visitare Sydney, salendo su uno dei tanti traghetti verso “Circular Quay” e l’iconica Opera House. La vista è spettacolare!

Culture diverse, la novità di camminare insieme

Questa visita è stata un’opportunità per i focolarini di tutta la regione – provenienti anche da Perth, Wellington in Nuova Zelanda e dalle Fiji – di ritrovarsi per alcune sessioni significative. È un tempo di riorganizzazione per il Movimento e, di conseguenza, culture molto diverse (si pensi a Corea, Giappone e l’area di lingua cinese, per esempio) si ritrovano a collaborare direttamente.

“Penso che finora non abbiamo capito gli aspetti positivi di tutto ciò, anche se il processo non è stato facile. Credo che vedremo le conseguenze tra qualche anno perché ci sta aiutando ad abbattere davvero tutte le barriere… prima di tutto nei nostri cuori, e le barriere tra le nazioni…

“Se vogliamo avere la pace, dobbiamo averla prima di tutto tra noi focolarini e nelle comunità. Dobbiamo guardare agli altri Paesi come fossero il nostro Paese e scoprire che possiamo essere questa “famiglia collegata (…)”.

“Non dobbiamo dare agli altri la nostra ricchezza, ma aiutarli a scoprire la loro”.

Margaret Karram

Una presenza speciale, nonostante le sfide della salute

Un momento particolarmente significativo è stato quello in cui tre focolarine sposate, gravemente malate, hanno potuto salutare tutti a distanza.

“Voglio solo assicurarvi la mia unità – ha detto una di loro. – Mi ero prenotata ed ero pronta a venire, ma ho dovuto cambiare programma, perché Dio aveva in serbo qualcosa di diverso per me”.

“È bello perché sento che sono dove Dio vuole che sia, anche se non è dove io vorrei essere”, ha detto un’altra.

Fisicamente non posso correre, – ha detto la terza – ma dentro di me ho una gran voglia di farlo, sono così emozionata. L’entusiasmo non ha età”.

Il benvenuto dell’Australia

Ali Golding

La cultura aborigena in Australia è la più antica ed ininterrotta al mondo e risale ad almeno 60.000 anni fa. Il protocollo corretto per qualsiasi evento o incontro in Australia prevede di iniziare con il “benvenuto nel Paese” da parte di un anziano aborigeno, ovvero un riconoscimento formale dei custodi tradizionali di questa terra.

Quando la comunità dei Focolari si è riunita da tutta l’Australia, abbiamo avuto il privilegio di avere tra noi Ali Golding, conosciuta come “zia Ali”, che ha dato il benvenuto a tutti. È un’anziana del popolo Biripi, cresciuta in una missione aborigena. Per oltre 20 anni ha vissuto poi in un sobborgo di Sydney e negli anni ’80, Ali è stata una delle prime assistenti educative aborigene. Nel 2004 ha conseguito il diploma in Teologia.

Ha partecipato a diversi forum locali, nazionali e internazionali, tra cui il New South Wales Reconciliation Council e l’Australians for Native Title and Reconciliation. Un grande contributo per la comprensione e l’approfondimento della cultura e della storia indigena.

La presenza di Ali al nostro evento ha certamente rafforzato l’apprezzamento per questo “tesoro nazionale” e per il ricco patrimonio aborigeno. “È stata una delle accoglienze più sentite che abbia mai sperimentato – ha detto Ali Golding -. Qui ho sentito lo spirito del Creatore”.

Il miglior incontro di tutto il viaggio (finora)

Margaret Karram e Jesús Morán hanno avuto un incontro dinamico e profondo con quasi 30 giovani. Quando è stato chiesto loro di parlare delle sfide, non si sono tirati indietro, ma hanno parlato apertamente dell’indifferenza che affrontano tutti i giorni con i loro coetanei. Non sono molti e le distanze sono enormi.

Margaret Karram ha raccontato i suoi primi anni di vita gen ad Haifa con la sorella e di come abbiano iniziato in pochi, ricevendo il giornale “Gen” per posta. Era orgogliosa di come avevano iniziato e diceva di esserlo in egual modo dei presenti per essere andati avanti nella loro vita gen.

Anche Jesús Morán ha incoraggiato i giovani, rassicurandoli che è positivo condividere le loro difficoltà. “Questo è stato il miglior incontro di tutto il viaggio – ha detto alla fine -. Mi è piaciuto molto”.

Una ricca esperienza

Margaret Karram e Jesús Morán con i gen 2 e le gen 2

Intervistati su come vivono il dialogo e la fraternità in situazioni di conflitto, Rita Moussallem e Antonio Salimbeni, Consiglieri al Centro Internazionale per l’Asia e l’Oceania, hanno attinto dalla loro esperienza personale.

“Nella mia esperienza di dialogo con persone di altre religioni ho capito che siamo insieme a camminare verso Dio”, ha detto Antonio. E Rita: “Il dialogo è un incontro. Ciò che è veramente importante è incontrare l’altro e scoprire che l’amore scaccia la paura”.

Imparare il “bodysurf” (spirituale)

Il surf è uno degli sport nazionali in Australia ed è molto praticato anche sulla costa di Sydney, con giovani e meno giovani che indossando la muta, prendono la tavola per andare a caccia di onde. Anche il “bodysurfing” è molto diffuso; le persone cavalcano le onde dell’oceano anche senza tavola. Uno spettacolo straordinario!

Incontro con la comunità dei Focolari

Ma per arrivare dove ci sono le onde migliori, bisogna prima affrontare quelle potenti che ci arrivano contro: quelle che non vorremmo cavalcare, quelle per cui non siamo pronti.

“Qualcuno mi ha spiegato la dinamica di questo sport e subito mi è venuto in mente il nostro amore per Gesù abbandonato” ha detto Margaret.

Quelli che praticano bodysurfing si immergono in profondità, sotto le onde in arrivo che non vogliono cavalcare, talmente in basso da poter toccare la sabbia sul fondo. In questo modo, evitano di essere travolti dalla potenza dell’oceano. Una volta che l’onda è passata, tornano in superficie per trovare un’onda da cavalcare.

“Come loro non combattono le onde, allo stesso modo non si ‘combattono le prove’, ma si va in fondo al cuore, riconoscendo Gesù in ogni dolore e, continuando ad amarlo si risale, trovando la luce attraverso l’amore”

T. M. Hartmann

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Vangelo Vissuto: “Amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda” (Rm 12,10)

In queste parole di San Paolo, la fratellanza è una chiamata al bene, alla vita che viene dal battesimo e questa consanguineità nell’amore ci permette di guardare all’esistenza dell’altro come dono prezioso per noi. ll voto Ero in terza liceo scientifico e avevo un’interrogazione importante di fisica. Mi sono messa a studiare d’impegno, sicura che il giorno dopo sarei stata interrogata (mancavo soltanto io di tutta la classe ad avere il voto di fine quadrimestre). Poco dopo la mia sorellina viene a chiedere un aiuto per il suo studio. Lì per lì faccio resistenza, ma subito dopo mi viene in mente quello che raccomanda San Paolo: gioire con chi gioisce, piangere con chi piange. Così mi sono messa a studiare con mia sorella. C’è voluto tutto il pomeriggio perché lei si sentisse preparata e quindi ho potuto appena aprire il mio libro di fisica. L’indomani sono andata a scuola con un po’ di batticuore, ma convinta che Dio sarebbe intervenuto in qualche modo. Entra il professore e comincia a interrogare altri compagni. Alla fine della lezione gli chiedo come mai non mi ha chiamata. Lui guarda il registro e mi dice: “Ma tu ce l’hai già il voto ed è anche un buon voto”. Sapevo bene di non essere mai stata interrogata, quindi l’aveva messo lui forse per qualche mio intervento che avevo fatto. (S.T. – Italia) Come affrontare la giornata Un uomo su una sedia a rotelle chiedeva l’elemosina presso i carrelli del supermercato. All’uscita, l’ho avvicinato e, dopo aver scambiato qualche parola con lui, l’ho invitato a scegliere dalla mia spesa ciò di cui aveva bisogno. Felice, ha preso qualcosa e iniziato subito a mangiare. Nel salutarlo ho avvertito in me una gioia che mi ha poi aiutata ad affrontare le sfide di una giornata iniziata pesantemente. Da quel semplice fatto ho realizzato che fare un atto d’amore concreto è un buon inizio di giornata. Ho cominciato a fare così, vincendo tante abitudini e sorprendendo non solo mio marito, ma soprattutto i figli che non tengono conto di quello che ricevono perché pensano che tutto sia loro dovuto. Una sera, la notizia della grave malattia di uno zio aveva creato un grande silenzio tra tutti in famiglia. Il nostro primogenito che frequenta l’università ha chiesto cosa potessimo fare per lui. Ha risposto la figlia più piccola: “Dobbiamo fare come la mamma che mette amore in tutto quello che fa. Sarà questo a farci scoprire di cosa ha bisogno lo zio”. (L. D. F. – Ungheria) Adele “Bipolarità”… Non avrei mai immaginato che Adele, la mia cara compagna di scuola, avesse una malattia così seria. Era stata sua madre a spiegarmelo. Dopo un periodo in ospedale, in certe giornate, quando il suo centro sembrava instabile, lei stessa non capiva cosa le succedesse. Le medicine dovevano trovare un loro equilibrato effetto e ci voleva tempo. Ma io non cambiavo l’affetto e la stima verso lei. Mi stupì il giorno in cui mi chiese di recitare il rosario. Sembrava che nella preghiera la sua concentrazione fosse perfetta. Da quel giorno cominciammo a leggere libri di spiritualità, oppure storie che avessero un contenuto positivo. L’impressione era che la mia amica capisse tutto più profondamente di me. Quando affrontavamo certi argomenti vedevo in lei un altruismo senza confini. Insieme ci inserimmo in un gruppo di volontariato per i poveri. Adele riprese vita, equilibrio, coraggio. Sapeva stare vicina a chi era nel bisogno più di ogni altro. L’esperienza con lei mi ha reso più evidente che la vera realizzazione della persona è nella carità. (P.A.M. – Italia)

A cura di Maria Grazia Berretta

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno IX – n.1° maggio-giugno 2023)   (altro…)

Trame d’amore: un progetto per coltivare i buoni sentimenti

Trame d’amore: un progetto per coltivare i buoni sentimenti

Si è tenuta il 12 maggio scorso, presso il teatro Cuminetti di Trento (Italia) la premiazione della terza edizione del concorso per le scuole “Una città non basta. Chiara Lubich cittadina del mondo” per il quale sono stati realizzati 136 elaborati. Condividiamo con voi l’intervista a Cinzia Malizia, maestra della Classe 1° A dell’I.C. Camerano – Giovanni Paolo II – Sirolo (Ancona-Italia) che si è aggiudicata il primo premio nella sezione scuola primaria. “Trame d’amore”: è questo il titolo dell’elaborato grafico-multimediale vincitore per la sezione primaria della terza edizione del concorso nazionale per scuole 2022-2023 “Una città non basta. Chiara Lubich cittadina del mondo”, promosso dal Centro Chiara Lubich in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione e del merito, la Fondazione Museo Storico del Trentino e New Humanity del Movimento dei Focolari. A realizzare questo video, i bambini della 1° A dell’I.C. Camerano – Giovanni Paolo II – Sirolo di Camerano (Ancona-Italia), guidati dalla loro insegnate, Cinzia Malizia. Maestra Cinzia, come è venuta a conoscenza di questo concorso? Come si evince dal video che abbiamo realizzato la mia è una classe molto vivace, a tratti anche complessa e difficile da gestire. Nonostante siano bambini di 7 anni, mi hanno dato molto da fare e, essendo anche un po’ figli del Covid, notavo una certa fatica ad entrare nei loro sentimenti, a tirar fuori le cose “buone”, i buoni gesti e le buone parole. Mi sono chiesta: “come posso arrivare al cuore di questi bimbi?”. Ho iniziato a cercare qualche progetto, qualche concorso tra quelli del Miur (Ministero dell’Istruzione e del Merito) che potesse essere utile, soprattutto qualche figura che potesse essere di esempio. È così che è arrivata Chiara Lubich, una figura di cui avevo sentito parlare ma che conoscevo poco. Ho iniziato a leggere la sua storia e, man mano, insieme ai bimbi, abbiamo costruito un percorso con l’obiettivo di far riscoprire loro soprattutto quella curiosità, quello stupore, quella meraviglia che purtroppo nella società di adesso sembrano perduti. Su cosa avete lavorato in particolare? Con loro ho voluto lavorare tanto sulle emozioni, per capire bene cosa avessero dentro. Abbiamo affrontato la paura, lavorato sulla rabbia, sulla gioia e sono uscite fuori tante esperienze. Hanno iniziato a parlare, ad esprimersi a modo loro, e quello che era il punto debole della mia classe si è trasformato in un vero punto di forza. “Dalla paura abbiamo trovato il coraggio” si ascolta nel nostro video e loro per primi hanno capito quanto faccia bene al cuore chiedere “scusa”, dire “grazie” o “buongiorno”. Quindi sento che quella distanza iniziale sta cominciando ad accorciarsi. Non è che adesso i bambini siano cambiati radicalmente, sono sempre quelli che non stanno fermi, che urlano, che non rispettano le regole, ma cominciano ad esserci dei gesti che sono piccoli ma al tempo stesso sono grandi perché parte di un percorso fatto insieme. Chiara Lubich in questo è stata una guida, una figura rassicurante, quasi una “nonna”, che con i suoi messaggi d’amore, di speranza e con il suo esempio ha davvero lavorato per creare un mondo migliore. Anche semplicemente il guardare all’altro con amore, sempre, a prescindere dalla estrazione sociale, religione, dal colore della pelle o la cultura li ha colpiti molto. Ne hanno fatto esperienza in classe, con il loro compagno musulmano e questo vuol dire coltivare i buoni sentimenti, sperare in una società diversa. Noi insegnanti non possiamo arrenderci. Questi bimbi hanno tanto da dare. Come hanno reagito i bimbi quando hanno saputo di aver vinto il primo premio? Erano euforici, davvero felici. Abbiamo lavorato mesi e mesi e credo proprio che lo meritino. Purtroppo, non siamo riusciti a trovare i mezzi per poter andare tutti a Trento alla premiazione. Con alcuni ci siamo collegati mentre i bimbi in presenza erano 6, accompagnati dalle rispettive famiglie che con grande gioia si sono messe a disposizione con i propri mezzi per il viaggio. Anche loro sono stati molto felici di questo progetto, abbiamo lavorato tanto insieme, talmente insieme che alla fine dell’anno faremo una recita proprio sulle emozioni. I genitori stessi hanno collaborato costruendo buona parte di tutte le maschere che indosseranno i bambini e alcune di queste le abbiamo anche portate alla premiazione. Quindi il nostro viaggio non finisce qui. La preside, la Dott.ssa Flavia Maria Teresa Valentina Cannizzaro, all’inizio mi diceva: “maestra, sono così piccini, capiscono quello che lei dice?” e io spero di sì, se non altro hanno sentito e sentire cose buone non fa mai male. Credo che sia importante che i bimbi capiscano che prima ancora di essere capaci, ciò che conta è essere buoni, avere una bontà d’animo che ci permette di cambiare le cose al meglio. Credo che l’esperienza di Chiara Lubich li abbia davvero aiutati. CONCORSO NAZIONALE “Una città non basta, Chiara Lubich cittadina del mondo”! – IC “CAMERANO – GIOVANNI PAOLO II – SIROLO” (iccamerano.edu.it)

Maria Grazia Berretta

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I Focolari nel Pacifico, una sola famiglia

I Focolari nel Pacifico, una sola famiglia

Le isole Fiji sono state la terza tappa del viaggio in Asia e Oceania di Margaret Karram e Jesús Morán, Presidente e Copresidente dei Focolari. In questa regione del Pacifico la spiritualità dell’unità si è diffusa dalla fine degli anni ’60.

Nonostante siano arrivati alle Isole Fiji il 3 maggio 2023, dobbiamo dire che la tappa in Oceania del viaggio di Margaret Karram e Jesús Morán è iniziata ufficialmente solo due giorni dopo, con la cerimonia del “Sevusevu”, con più di 200 persone, tra cui i rappresentanti della Chiesa locale. Questo ha sancito il loro ingresso e quello della delegazione del Centro che li accompagna nella comunità ecclesiale e sociale figiana.

Sevusevu: il dono dell’accoglienza

Isole Fiji_cerimonia del “Sevusevu”

Isole Fiji_cerimonia del “Sevusevu”

Con la cerimonia del “Sevusevu” – che significa “dono” – chi arriva nell’arcipelago viene accolto e da quel momento non è più visitatore, ma parte della comunità e membro, con tutti i diritti e privilegi di camminare sul suolo figiano. La Presidente e il Copresidente dei Focolari hanno ricevuto preziose ghirlande e la radice della Kava, un derivato della pianta del pepe, dal significato ancestrale. I due “candidati” sono stati presentati alla comunità dagli “araldi”, che hanno parlato in loro vece. Hanno poi bevuto tutto d’un fiato la bevanda ricavata dalla Kava e ricevuto il “Tabua”, un dente di balena dal significato sacro: è l’oggetto più prezioso della cultura figiana, offerto loro come segno della più alta stima e onore.

Le tradizioni nel Pacifico: radici del presente e del futuro dei popoli

Fin da subito si coglie che nel Pacifico le tradizioni sono elementi vitali e attuali; non sono relegate ad un passato che non ha nulla a che vedere con la vita quotidiana delle persone, ma costituiscono il fondamento del loro stile di vita. Rispetto, accoglienza, reciprocità, solidarietà sociale, un legame profondissimo e antico con la natura, sono i valori che le tradizioni continuano a trasmettere.

“Margaret Karram, Jesús Morán e la delegazione dei Focolari sono arrivati in un momento particolare della vita delle Isole Fiji – spiega Peter Emberson, figiano, consulente multilaterale e analista politico per il governo di Fiji e le Nazioni Unite, cresciuto nel Movimento fin da giovanissimo -. L’attuale governo è più aperto e democratico e vedo la visita di Margaret Karram e Jesús Morán  come parte di questo processo di rinnovamento sociale e politico. Ci sono due domande che qui nel Pacifico poniamo sempre ad una delegazione ufficiale che approda sulle sponde delle nostre isole: ‘Da dove vieni?’ e ‘Perché sei venuto?’ Al ‘Sevusevu’ Margaret Karram ha preso la parola davanti al popolo figiano e ha offerto il suo impegno e quello del Movimento dei Focolari per costruire l’unità anche qui. È una risposta identitaria, che dice molto del contributo che il Movimento può dare al nostro Paese. E questo costruisce fiducia”.

Una regione ancora troppo poco conosciuta

Isole Fiji

Isole Fiji

L’Oceania è un continente poco conosciuto e anche se, in senso territoriale, è il più grande del globo, in termini di massa terrestre è il più piccolo. Oltre all’Australia e alla Nuova Zelanda, comprende la regione del Pacifico, composta da 26 tra stati nazionali e territori. I principali gruppi etnici sono i melanesiani, i micronesiani e i polinesiani. In totale, l’area del Pacifico conta una popolazione di 16 milioni di persone enegli ultimi 100 anni le Isole Fiji (quasi un milione di abitanti), sono diventate il cuore politico ed economico della regione, con un panorama religioso vario. Il Cristianesimo è la fede più praticata, seguito dall’Induismo e dall’Islam. Il cattolicesimo è arrivato nel XIX secolo e ad oggi i fedeli sono poco più di 82.000.

Padre Soane Fotutata, segretario della Conferenza Episcopale del Pacifico (CEPAC), durante una cena in focolare, ha chiarito le sfide sociali, ma anche ecclesiali di questo vasto territorio in cui la Chiesa cattolica è presente con 14 diocesi. Ha spiegato che la crisi ecologica è una minaccia esistenziale per le persone e le comunità. Si manifesta con l’innalzamento del livello del mare, l’acidificazione degli oceani, la siccità, le inondazioni e gli eventi meteorologici estremi divenuti più frequenti. Poi ci sono piaghe sociali come l’emigrazione economica e climatica che sta spopolando molte isole; la prostituzione, l’alcolismo, la povertà a cui anche la Chiesa locale sta cercando di rispondere.

2022: l’arrivo dei focolari a Suva

È in questo contesto ecclesiale che un anno fa si sono aperti i focolari femminile e maschile a Suva, la capitale delle Isole Fiji. La loro presenza, infatti, è anche legata a un progetto sostenuto da Missio Scotland e Missio Australia, per collaborare alla pastorale diocesana per i giovani cresimandi e post-cresimandi con un programma che punta a sostenere la trasmissione delle ricchezze culturali tra le generazioni. “Al nostro arrivo – raccontano Lourdes Rank, brasiliana e Stephen Hall, neozelandese – l’Arcivescovo ci ha chiesto di essere prima di tutto a servizio della Chiesa e di inserirci nelle sue attività e progetti. Ci siamo impegnati nella catechesi, con i giovani e nella vita delle nostre parrocchie. Un approccio che è risultato molto positivo: ora siamo veramente parte della vita ecclesiale e abbiamo iniziato a costruire rapporti con diversi sacerdoti, religiosi e laici”.

A questo proposito, il vicario generale dell’Arcidiocesi di Suva, Mons. Sulio Turagakacivi ha espresso gratitudine per il servizio che i focolari svolgono nella Chiesa locale. Ringraziandolo, Margaret Karram ha detto che: “Possiamo imparare dalla Chiesa di qui come vivere il processo sinodale e come mantenere la freschezza dell’incontro del Vangelo con la cultura e la società locali”.

A Futuna il primo seme della spiritualità dell’unità

Ma il primo seme della spiritualità dell’unità nel Pacifico è stato piantato alla fine degli anni ’60 da Sr. Anna Scarpone, missionaria marista sull’isola di Futuna. Il primo focolare del Pacifico si è poi aperto a Numea (Nuova Caledonia) dal 1992 al 2008, accompagnando la nascita e la crescita di una vivace comunità locale. Oggi i focolari delle Isole Fiji sono “casa” per tutte le comunità del Movimento della regione del Pacifico, che sono presenti – oltre che in Nuova Caledonia e nelle Fiji – a Kiribati, Wallis e Futuna, con alcune persone che conoscono la spiritualità anche in Papua Nuova Guinea, Samoa e Vanuatu.

Per la prima volta insieme

Isole Fiji-Margaret Karram e Jesús Morán con alcuni membri della comunità dei Focolari

In occasione della visita di Margaret Karram e Jesús Morán  le comunità si sono incontrate a Suva per alcuni giorni; è il loro primo incontro in uno dei Paesi del Pacifico e tanti gesti, come l’accoglienza e il valorizzarsi reciprocamente, dicono la consapevolezza da parte di tutti della preziosità di queste giornate. Ritrovarsi come famiglia dei Focolari, per questi popoli, non significa solo fare una comunione spirituale, ma contribuire alla vita quotidiana – che prevede la cucina, la preparazione della liturgia della Messa, i canti e le danze – offrendo ciascuno il proprio “dono” umano e culturale che incontra quello dell’altro.

Anche qui Margaret Karram e Jesús Morán  hanno incontrato i focolarini e le focolarine in una mattinata di comunione profonda e hanno potuto vivere diversi momenti con la comunità, come i pasti, la Messa e tanti momenti di dialogo semplice. La condivisione delle esperienze, poi, ha permesso loro di conoscere le sfide e l’impegno del Movimento nel Pacifico. In Nuova Caledonia la comunità è impegnata nel servizio alla Chiesa e, a livello sociale, a creare spazi di unità tra le diverse componenti etniche di cui il popolo è composto. A Futuna e Kiribati la Parola di Vita è centrale, generando esperienze di perdono e riconciliazione nelle famiglie e progetti sociali al servizio delle donne e dei più bisognosi. A Fiji la comunità sta crescendo e condivide con i focolarini l’impegno al servizio della Chiesa.

Run4Unity alle Fiji: camminare insieme

Il 6 maggio è stata la giornata di Run4Unity e Margaret Karram ha dato il via alla staffetta mondiale dal Pacifico, dove sorge la prima alba al mondo. Insieme ai Ragazzi per l’Unità presenti, con Jesús Morán  ha piantato due alberi tipici delle Isole Fiji: “l’albero del sandalo nativo e il citrus che, per crescere, hanno bisogno l’uno dell’altro”, ha spiegato. “Il sandalo ha il profumo e il citrus, che è un agrume, gli fornisce tutte le sostanze nutritive di cui ha bisogno. È un meraviglioso esempio in natura di cura reciproca. Questo è ciò che gli abitanti delle isole del Pacifico vogliono dire a tutti noi: l’unico modo per dare il nostro prezioso dono, l’unità, è camminare insieme, prendendosi cura l’uno dell’altro. In questo modo possiamo trasformare il nostro mondo”.

Un messaggio che richiama quella che forse è la caratteristica principale di queste isole: la vita comunitaria, come emerge nel pomeriggio e nella serata del 7 maggio all’incontro di Margaret Karram e Jesús Morán  con la comunità dei Focolari. “Sono venuta qui per esservi vicina e condividere la vostra vita almeno per qualche giorno – ha detto Margaret a tutti -. Ciò che ho trovato qui è molto vicino al mio cuore e alla cultura da cui provengo, che incoraggia il rispetto per le persone e la lingua altrui e il senso di famiglia. Anche voi siete pochi, ma non preoccupatevi: ciò che importa è vivere il Vangelo e portare l’unità a chi incontriamo. Quanto avete condiviso in questi giorni mi ha colpito molto: ci avete dato Gesù con il vostro amore, l’ospitalità e l’accoglienza. Ma ascoltandovi, ho capito che la perla più preziosa che possediamo è Gesù abbandonato per il quale abbiamo lasciato tutto e che è il segreto per amare tutti”.

“Le esperienze di perdono che avete raccontato mi hanno toccato profondamente – ha continuato Jesús – e dicono che vivete il Vangelo, perché il perdono è la più grande novità che contiene. Il perdono non è umano, solo Gesù in noi può perdonare, e voi avete raccontato questo con una purezza unica”.

Alla domanda su che cosa spera per il futuro del Movimento in Oceania, Margaret Karram ha risposto dicendo quello che si augura per tutto il Movimento nel mondo, cioè che si diventi sempre di più una famiglia non chiusa in se stessa, ma aperta, che dialoga per realizzare la preghiera di Gesù al Padre, come ha sognato Chiara Lubich.

Riprendendo la parola, ha infine aggiunto: “Vorrei ancora dire che per contribuire a realizzare l’unità ogni Paese, cultura o continente non deve perdere la propria identità. Dobbiamo restare noi stessi. Questo sarebbe un grande dono per tutto il Movimento e anche per il mondo: essere noi stessi, con le nostre ricchezze e contraddizioni, e vivere il carisma dell’unità senza eliminare ciò che siamo”. L’applauso che è seguito diceva la riconoscenza delle persone per essersi sentite comprese.

Iniziata con la cerimonia del “Sevusevu”, questa visita non poteva che concludersi con altrettanta solennità. La cerimonia di addio, “I-Tatau”, sembra quindi chiudere un cerchio: in lingua figiana gli araldi che parlano a nome di Margaret e Jesús ringraziano la comunità e chiedono, a loro nome, il permesso di congedarsi; mentre lo speaker che parla a nome della comunità figiana concede loro di partire e augura un viaggio sicuro nella speranza di rivedersi ancora.

La serata-concerto che le comunità del Pacifico hanno preparato è una “expo” straordinaria delle espressioni artistiche dei popoli presenti, dove le danze e i canti dicono il loro legame profondo con la terra e la natura, la fierezza delle proprie tradizioni e il desiderio di condividerle.

Ma ciò che resterà impresso in tutti, crediamo, è il saluto che si sono scambiate le comunità della Nuova Caledonia e di Fiji: seduti gli uni di fronte agli altri, hanno intonato ciascuna il proprio canto di addio, si sono salutati con la mano guardandosi negli occhi, come chi lascia un fratello di sangue.

“Ti assicuriamo che saremo una sola famiglia – dicono a Margaret Karram – e, pur con le nostre debolezze, faremo di tutto per custodire Gesù in mezzo in Oceania”.

Stefania Tanesini

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Ecumenical Youth Festival

Ecumenical Youth Festival

Ecumenical Youth Festival nasce  dal cuore di molti giovani cristiani e ha come motto “Camminare tutti insieme nella luce di Cristo”. L’evento si è svolto a Timisoara (Romania), capitale europea della cultura, dal 1 al 7 maggio 2023. L’evento Una vera e propria festa in cui i giovani sono protagonisti e in cui ciascuno è testimone della fratellanza che si genera dall’incontro con Cristo. É questo il cuore dell’ Ecumenical Youth Festival, il festival ecumenico che si è svolto dall’1 al 7 maggio in Romania, a Timisoara. La motivazione dell’evento è nata dopo la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani del 2022, da un gruppo di giovani di 6 diverse confessioni: cattolica romana, greco-cattolica, ortodossa rumena, servita, luterana e calvinista. Il vescovo romano-cattolico József-Csaba Pál racconta che i 14 mesi di lavoro insieme sono stati “una vera scuola di unità”. Il programma del Festival è stato ricco di incontri  conferenze, dibattiti e laboratori momenti arricchiti anche da un bellissima processione ecumenica, dalla visita alle chiese e ai musei delle varie  confessioni di Timisoara. Non sono mancate le attività di svago come quelle che si sono svolte nel parco Carmen Sylva, la serata giovanile a Casa Kolping e la gita in barca sul fiume Bega. Il gruppo Insieme per l’Europa, è stato coinvolto in un workshop con la partecipazione di 100 giovani sul tema della partecipazione cittadina e della trasformazione della città. Una iniziativa importante  parte del Progetto Dialogue. Il 6 maggio, il gruppo Gen Verde si è esibito in concerto nella Sala Capitol della Filarmonica del Banato a Timisoara. Una rappresentazione frutto del  progetto Start Now: 5 giorni di workshop di danza, canto, percussioni e teatro che hanno coinvolto  i giovani rumeni di diverse confessioni nella realizzazione dello spettacolo al quale erano presenti circa 850 spettatori La città Timisoara è stata scelta come Capitale culturale d’Europa per l’anno 2023. La città di oltre 300.000 abitanti rimane fedele al suo spirito, ospitando attualmente 21 culture e 18 religioni. In un’atmosfera accogliente, questo luogo riunisce comunità culturali diverse, tra cui romeni, tedeschi, ungheresi, serbi, croati, italiani, spagnoli e bulgari.    “Timisoara è il luogo dove si può vivere al meglio l’ecumenismo”, spiega la giovane ortodossa, Cezara Perian. La città prende ispirazione dal suo passato (ha ospitato la prima biblioteca pubblica con sala di lettura nell’Impero asburgico o la prima proiezione cinematografica), esplorando al contempo il potere trasformativo della cultura per plasmare il suo futuro. Timisoara è una città facile da percorrere, con oltre 40.000 studenti, un vivace settore creativo e una serie di accoglienti istituzioni culturali. La ricchezza della trama urbana, che comprende oltre 10.000 edifici storici, spazi pubblici generosi e quartieri storici con identità distinte, unita allo sviluppo di corridoi blu-verdi lungo il Canale Bega, rende la città attraente per le famiglie, il trasferimento di professionisti da tutto il mondo, ma anche per gli spiriti liberi che viaggiano con lo zaino in spalla in Europa. I giovani Durante questi giorni del Festival camminando per le strade di Timisoara,  numerosi erano i giovani che indossavano la maglietta caratteristica dell’evento. Diversi hanno partecipato come volontari, organizzando pranzi pubblici, passeggiate e attività in tutta la città.Il giovedì 4 maggio, ragazzi e ragazze  di diverse confessioni, insieme alle loro comunità e ai sacerdoti, hanno tenuto una processione che ha toccato come tappe ben  4 Chiese. Partendo dalla chiesa greco-cattolica Sfânta Maria Regina Păcii, 300 persone hanno occupato le strade di Timisoara cantando l’inno del Ecumenical Youth Festival. La prima tappa è stata la Parohia Reformată Timișoara, della Chiesa riformata,  dove i  i giovani hanno potuto camminare in silenzio e in preghiera, sollecitati dai messaggi sui muri che incoraggiavano la riflessione. Arrivati alla Mitropolitană Orthodoxă Cathedrala, i partecipanti alla processione hanno pregato insieme e hanno assistito a un coro lirico ortodosso. Infine, alla Cattedrale Romana Cattolica San Giorgio, tutti hanno deposto le loro candele formando un cuore davanti alla chiesa. Ciobotaru Luca Paul, giovane romano-cattolico condivide: “In questo festival ecumenico rinnoviamo la nostra fede, collaboriamo e non lasciamo che le nostre credenze ci dividano”. Due donne di passaggio in città hanno chiesto cosa fosse quella manifestazione. Sono rimaste colpite perché, in quanto giovani  ortodosse, hanno riconosciuto che le candele utilizzate provenivano dalla loro tradizione nonostante non conoscessero i  i canti . Quando hanno capito che si trattava di una processione ecumenica, si sono chieste: “Ma come è possibile che ci siano così tanti cristiani insieme?”. Questo è il messaggio di unità nella diversità che l’evento ha inteso trasmettere.

Ana Clara Giovani

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Assemblea continentale America Latina: una chiamata ad essere ascoltati

Assemblea continentale America Latina: una chiamata ad essere ascoltati

Le Assemblee regionali della fase continentale del Sinodo 2021-2024 si sono concluse con l’Assemblea del Cono Sud, tenutasi a Brasilia nel mese di marzo 2023. Condividiamo alcune riflessioni su questo percorso da parte di membri del Movimento dei Focolari che hanno partecipato anche all’Assemblea conclusiva.    “Dal momento in cui ho saputo della mia elezione, oltre alla grande gioia di poter partecipare, ho sentito una grande responsabilità, quella di poter essere un vero canale attraverso il quale lasciar passare lo Spirito Santo”. Sono le parole di Mercedes Isola, volontaria del Movimento dei Focolari eletta come laica dai Vescovi della regione di La Plata (Argentina) per partecipare alla Assemblea continentale per il Sinodo del Cono Sud che ha avuto luogo a Brasilia (Brasile) presso la sede del CNBB (Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile). Uno spazio di grande condivisione dove è stato possibile riscoprire – continua Marcedes – la “dignità battesimale che ci rende tutti fratelli, popolo di Dio, corresponsabili nella missione, indipendentemente dalla vocazione di ciascuno. Le ‘comunità di discernimento’, composte da persone di diverse realtà e vocazioni, sono state la conferma di questa realtà: lo Spirito Santo soffia in tutti, senza distinzioni”. L’incontro, al quale erano presenti oltre 200 persone, è iniziato con l’ingresso delle immagini della Vergine Maria, patrona di ogni Paese, alle quali sono stati affidati i lavori di questa Assemblea, che ha visto riuniti brasiliani, cileni, uruguaiani, argentini e paraguaiani. Nella diversità di ciascun popolo la bellezza del singolo che, in dialogo con l’altro, si fa costruttore della vera sinodalità. “Aprirsi a una Chiesa con maggiore partecipazione dei laici, inclusiva, trasparente, coerente nella sequela di Gesù e concreta nel suo servizio e missione, sono solo alcuni dei punti che sono stati affrontati e approfonditi in quei giorni – ci racconta Eliane de Carli, focolarina sposata del Brasile. “Questa esperienza – continua – fatta da una pratica che si chiama ‘conversione spirituale’, ci ha fornito una comunione molto profonda nei gruppi di lavoro. Inoltre, la ricchezza di questa internazionalità ci ha permesso di conoscere le sfide della Chiesa in ogni Paese, alcune molto simili tra loro”. Una settimana di intenso lavoro che si è trasformata in esperienza di vita. È quanto si percepisce anche dalle parole di Marise Braga, Focolarina brasiliana: “la giornata iniziava con un momento di preghiera, organizzato ogni giorno da un Paese diverso.  Per l’elaborazione del documento finale e sulla base dei questionari raccolti nei vari Paesi nella fase locale, era necessario che in gruppo si rispondesse a tre domande sottolineando le luci che emergevano da quei report, evidenziando le ombre, le tensioni e le sfide di determinate tematiche in ciascun Paese e, infine, riconoscendo le priorità da affrontare nel Sinodo”. Il ruolo delle donne nella Chiesa è stato uno dei temi ricorrenti durante questa Assemblea Continentale nel Cono Sud, una questione che sta acquistando sempre più importanza insieme alle problematiche giovanili che necessitano di essere affrontate. “Prima della Messa conclusiva di questa fase sinodale, i giovani hanno chiesto di parlare – dice Mercedes Isola. È stato molto forte sentire dalla loro bocca il perché i loro amici non sono più nella Chiesa. I giovani stessi hanno chiesto una maggiore apertura, una Chiesa che permette a tutto il popolo di Dio di essere protagonista, a porte aperte come dice Papa Francesco”. Un’ esigenza che sembra accomunare tutti i continenti in questo processo sinodale e che, come ha sostenuto padre Pedro Brassesco, segretario aggiunto del Celam (Consiglio Episcopale latinoamericano e dei Caraibi) ci spinge ad  “apprendere un nuovo modo di essere Chiesa”. “La Chiesa, ci ha chiamati ad essere ascoltati – conclude Marise – non solo i Vescovi, ma tutto il popolo di Dio. Spesso c’è bisogno di invertire la piramide per conoscere cosa c’è in fondo, ma per vedere i frutti di questo lavoro è necessaria la pazienza. Forse i nostri figli, nipoti e pronipoti potranno goderne. Ora stiamo piantando un seme, ma dobbiamo avere speranza. È un primo passo, verso una Chiesa più vicina”.

Maria Grazia Berretta

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Giappone: aprite il cuore a tutti!

Giappone: aprite il cuore a tutti!

Il viaggio in Asia e Oceania di Margaret Karram e Jesús Morán, Presidente e Copresidente del Movimento dei Focolari, continua verso le isole Fiji dopo aver concluso la seconda tappa in terra nipponica. Ecco qualche aggiornamento sul loro soggiorno in Giappone. ありがとう    Arigato           Grazie 思いやり        Omoiyari        Attenzione verso l’altro 健康                Kenko            Salute 平和                Heiwa            Pace 美しさ           Utsukushisa  Bellezza 正直                Shojiki”           Onestà  

Secondo un’indagine della TV nazionale nipponica NHK, sono queste le sei parole più amate dai giapponesi. Descrivono bene l’anima di questo popolo e il valore che dà all’armonia nella vita sociale e con la natura. Ed è nella ricchissima cultura del Giappone che Margaret Karram e  Jesús Morán, Presidente e Copresidente del Movimento dei Focolari, insieme alla delegazione del Centro del Movimento, si sono immersi, per la seconda tappa del viaggio nella zona dell’Est Asia dal 25 aprile al 2 maggio 2023.

La Chiesa in Giappone: ricreare la comunità

Ad aprire loro le porte del “Paese del Sol levante” è l’arcivescovo di Tokyo, Mons. Tarcisius Isao Kikuchi, che definisce la Chiesa cattolica locale “piccola e silenziosa”. I cristiani sono 536.000; lo 0.4% su una popolazione di 130 milioni dove le religioni buddista e shintoista sono maggioritarie, ma stabilire quale sia quella principale è difficile, visto che molti giapponesi le seguono entrambi e vi è quindi la tendenza ad accomunare diversi elementi di varie religioni. Ha spiegato che lo stile di vita attuale sta portando ad una disgregazione della famiglia e questo provoca nelle persone solitudine e alienazione. “C’è bisogno di ricreare la comunità – ha detto – e il Focolare può essere un aiuto per la Chiesa. Vi incoraggio a far conoscere la vostra spiritualità prima di tutto ai vescovi (in Giappone sono 16), perché, attraverso di loro arrivi alle comunità”.

Con la visita a Mons. Leo Boccardi, Nunzio apostolico a Tokyo, il discorso è proseguito: in Asia i cristiani non sono che il 2%. Qual è dunque il loro ruolo? Anche il Nunzio incoraggia i Focolari a diffondere il carisma della fraternità. “In Giappone c’è ordine, rispetto tra le persone – spiega – ma c’è anche molta indifferenza. La pandemia ha lasciato una ferita aperta: dobbiamo recuperare i rapporti”.

 “Ho visto la chiesa nascente”, aveva scritto Igino Giordani (Foco), già nel 1959, cogliendo la sacralità della storia cristiana di questo Paese, quando andò a Tokyo, su invito delle Suore Canossiane. Fu lui a gettare il primo seme della spiritualità dell’unità in questa terra. I focolari arriveranno solo nel 1976 e ’77 ed oggi sono tre, a Tokyo e Nagasaki, mentre la comunità conta circa un migliaio di persone sparse nelle cinque isole principali dell’arcipelago giapponese.

Tra modernità, tradizione e sete di spiritualità

Otto giorni, però, sono davvero pochi per conoscere nel profondo l’anima di un popolo, per questo ogni incontro e scambio è prezioso per Margaret Karram e Jesús Morán , come pure la visita ad alcuni luoghi di Tokyo come il Santuario shintoista Menji Jingu o il quartiere ultramoderno di Shimbuya. È così che il Giappone mostra il suo volto multiforme: è uno dei Paesi tra i più avanzati del pianeta, eppure saldamente legato alla tradizione. La società è molto omogenea e privilegia il bene comune rispetto all’individuo. Il popolo è dotato di sensibilità, delicatezza e attenzione verso l’altro ed anche di grande capacità lavorativa e senso del dovere.

I giapponesi sono guidati dal “sentire del cuore” che sa cogliere dai fatti concreti ciò che è essenziale. Ed è significativo che i primi ad incontrare la Presidente e il Copresidente dei Focolari siano stati proprio i giovani del Movimento, i Gen. Con loro hanno trovato una bella sintonia, raccontandosi reciprocamente, in un clima di semplicità e famiglia. La stessa profondità di rapporti e comunione che hanno sperimentato anche negli incontri con le focolarine e i focolarini e le volontarie e i volontari.

Gesuiti e Focolari insieme, segno di speranza per il mondo

Il 29 aprile l’ateneo cattolico di Tokyo, Sophia University, ospita l’atteso simposio “Can we be a sign of hope for the world?” (Possiamo essere un segno di speranza per il mondo?), a cui Margaret Karram e Jesús Morán  sono invitati come relatori. Il seminario propone un incontro d’eccezione tra due carismi, quello “storico” di Sant’Ignazio, che ha portato il cristianesimo in Giappone nel XVI secolo e il carisma di Chiara Lubich. Al centro ci sono i temi del dialogo e dell’unità in un contesto sociale e religioso assetato di spiritualità. Gli altri oratori sono i padri Renzo De Luca, provinciale dei Gesuiti in Giappone, Augustine Sali e Juan Haidar, docenti presso l’università.

Dagli interventi emerge tutta la potenzialità di questa sinergia. Margaret Karram apre, dicendo che la speranza è ciò di cui l’umanità ha più bisogno e la si può ritrovare mettendo in atto il dialogo senza stancarsi mai, anche con chi è molto diverso da noi.  E conclude: “I piccoli e grandi sforzi di dialogo che ciascuno di noi può compiere, di relazioni sentite e calorose, sono la solida base su cui costruire un mondo più fraterno”.

P. De Luca spiega come il dialogo sia parte del DNA dei cristiani giapponesi fin dagli inizi. “Durante le persecuzioni non hanno ricambiato la violenza ricevuta con altra violenza, per questo i Papi li hanno presentati al mondo come modello”. P. Sali riflette sulle sfide della Chiesa giapponese di fronte alla secolarizzazione che deve trovare nuove modalità di dialogo per offrire la spiritualità cristiana alla comunità globale.

E il Cammino sinodale che la Chiesa cattolica sta compiendo – spiega Jesús nel suo intervento – può essere una risposta, ma è tale solo se animato dalla comunione. “Comunione e sinodalità portano naturalmente ad un nuovo impulso nel dialogo, sempre più necessario data la crescente polarizzazione delle società a tutti i livelli”.

P. Haidar torna sul tema della speranza e assicura che “Non abbiamo motivo per perderla, perché il bene è più forte del male e Dio è sempre dalla parte del bene”.

Qualcuno dei partecipanti al simposio definisce questo riflettere insieme, Gesuiti e Focolari, come una “reazione chimica” che può produrre nuova vita. “Ho capito che per dialogare occorre coraggio, perseveranza e pazienza; soprattutto devo iniziare a farlo in prima persona”.

“Aprite il cuore a tutti”, la consegna di Margaret Karram alla comunità dei Focolari

“Siamo qui perché vogliamo condividere quello che abbiamo ricevuto in dono da Dio” dicono Natzumi e Masaki, aprendo l’incontro della comunità dei Focolari in Giappone, quello stesso pomeriggio. C’è gioia ed emozione nel ritrovarsi per la prima volta in presenza, dopo quasi tre anni e mezzo, in seguito alla pandemia. Le testimonianze dicono la grande fedeltà nel vivere il Vangelo nel quotidiano in un contesto sociale spesso ostile, per l’indifferenza o la distanza sociale. Una volontaria tocca un punto sfidante per tutti i cristiani in Giappone: la difficoltà nella trasmissione della fede, specialmente alle nuove generazioni. “Se vivi la Parola – risponde Jesús Morán – puoi stare sicura che stai trasmettendo Gesù. Noi vorremmo ottenere risultati, ma a Gesù questo non interessa perché Lui vuole toccare le persone con la Sua vita. DiamoGli tutto, poi Lui raccoglierà ciò che vuole e come vuole”.

“Avete un messaggio per la comunità dei Focolari in Giappone?” È l’ultima domanda a sorpresa per la Presidente e il Copresidente-.

“Il messaggio è il dialogo – risponde la Karram -. V’incoraggio ad una nuova apertura del cuore verso tutti. È vero che qui i cristiani sono una minoranza, ma la nostra vocazione, come membri dei Focolari, è andare verso gli altri con coraggio e aprire nuove strade per costruire la fraternità e un mondo in pace”.

“Il nostro specifico è vivere l’unità – continua Morán – per questo ciascuno di noi è in piena vocazione. Siamo ‘sacramento dell’amore di Dio’ per gli altri, come dice Chiara Lubich. Che nessuno si senta solo, ma andate avanti insieme, perché la fede si vive insieme”.

In visita alla Rissho Kosei-kai: siamo un’unica famiglia

Il 1 maggio scorso, 42 anni dopo Chiara Lubich, anche Margaret Karram e la delegazione dei Focolari che l’accompagna, entrano nella grande aula sacra del Centro della Rissho Kosei-kai (RKK).

È difficile descrivere la gioia e la commozione, visibili sui volti di tutti: è l’abbraccio tra fratelli e sorelle che da molti anni camminano insieme. Un calore espresso dal Presidente Nichiko Niwano e della figlia Kosho.

La Rissho Kosei-kai è un movimento buddista laico, fondato nel 1938 dal reverendo Nikkyo Niwano. Conta circa un milione di fedeli in Giappone, con centri in diversi Paesi.  È molto attivo nella promozione della pace e del benessere attraverso azioni umanitarie e di cooperazione. Nel 1979 Nikkyo Niwano vede Chiara per la prima volta. “Ho incontrato una persona straordinaria con cui posso vivere in comunione” dirà di lei. Da allora il rapporto tra i due movimenti non si è mai interrotto. “Oggi siamo qui come un’unica grande famiglia – dice Margaret Karram nel suo indirizzo di saluto ai numerosi presenti e a quanti seguono la cerimonia via Web – ciò che sta più a cuore a tutta l’umanità è il valore supremo della pace. (…). Insieme possiamo essere un segno di speranza nel mondo; insieme, come un’unica famiglia, i nostri due Movimenti possono essere piccole luci che brillano nella società, vivendo la compassione e l’amore, che sono le nostre armi più potenti”.

“Oggi è un giorno che non dimenticheremo – fa seguito Nichiko Niwano – di cui essere grati perché i nostri movimenti si incontrano: sono fratelli e hanno così tanto in comune”. “E’ il dialogo tra noi a renderci tali – prosegue la figlia Kosho, futuro successore alla presidenza della RKK – ringrazio mio nonno Nikkyo Niwano che ha fatto del dialogo e dell’incontro il fondamento della mia vita”.

“Abbiamo vissuto una mattinata di raccoglimento e sacralità – conclude la Karram – e porto con me quanto ho imparato grazie a voi: essere sempre grata di quel che ricevo in dono. Rinnovo l’impegno dei Focolari ad andare avanti insieme per realizzare il sogno di un mondo migliore”.

 

Stefania Tanesini

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Settimana Mondo Unito 2023: #DARETOCARE – Osare prendersi cura, delle persone e del Pianeta

Settimana Mondo Unito 2023: #DARETOCARE – Osare prendersi cura, delle persone e del Pianeta

Giunta alla sua 28esima edizione, dal 1 al 7 maggio 2023, torna la Settimana Mondo Unito, il laboratorio ed expo globale di azioni e iniziative per la fraternità, l’unità e la pace tra le persone e i popoli, promossa dalle comunità del Movimento dei Focolari in tutto il mondo. Il 1 maggio l’inaugurazione, in diretta Youtube, dalla cittadella internazionale dei Focolari di Loppiano (Italia). Il 7 maggio la conclusione con la staffetta mondiale “Run4Unity”, sostenuta e promossa dalla Piattaforma di Iniziative Laudato Si’ del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale della Santa Sede.   Una comunità di Pont-à-Mousson, in Francia, convertirà lo sport e i chilometri percorsi in alberi da piantare nella parrocchia gemella in Burkina-Faso. Proprio lì, a Bobo Dioulasso, i Giovani per un Mondo Unito del Sahel cammineranno lungo le strade della città, per ripulirla dalla plastica, con cui costruiranno una simbolica “montagna della pace”. A S. Mauro Pascoli, in Italia, ragazzi e adulti, insieme promuovono sport ecologici per sensibilizzare alla cura dell’ambiente e raccogliere fondi per procurare attrezzature sportive ai giovani ciclisti in Ucraina. A Palawan, nelle Filippine, centinaia di persone puliranno le spiagge pubbliche, per curare la natura e la salute dei loro concittadini. Spiegano: “Crediamo che oggi più che mai, l’unità e la fraternità possono essere raggiunte solo se ci prendiamo cura, se ci prendiamo la responsabilità di occuparci insieme del pianeta, con azioni concrete, cominciando da dove siamo”. Dal Paraguay all’India, passando per il Togo, il Benin, il Libano, fino all’Australia, sono centinaia le iniziative come queste, di piccole e grandi dimensioni messe in campo con le stesse motivazioni ideali. È quello che succede ogni anno, in tutto il mondo, per celebrare la Settimana Mondo Unito. Sette giorni di laboratorio ed expo, promossi dalle comunità del Movimento dei Focolari nel mondo in sinergia con altri movimenti, associazioni, istituzioni locali che ne condividono i valori, per sensibilizzare l’opinione pubblica alla pace, alla cura dell’ambiente, alla conversione ecologica, alla cura integrale della persona che parte dalla fraternità concreta. Tema principale della 28° edizione è la cura dell’umanità e del pianeta. Si intitola infatti: “Dare to Care: le Persone, il Pianeta e la nostra conversione ecologica”. Temi resi ancora più urgenti dal presente che viviamo, con gli effetti catastrofici della crisi climatica e il proliferare di disumani focolai di guerra e conflitti un po’ ovunque nel Pianeta. Le iniziative che durante l’anno si attivano nel mondo su questi temi, trovano in questa settimana una vetrina in tanti appuntamenti, virtuali e in presenza, diversi a seconda dei luoghi e delle comunità che li promuovono: expo, rassegna di eventi culturali, laboratorio di dialogo e idee, azioni solidali o ecologiche, eventi sportivi.  Se localmente si punta a incidere sull’opinione pubblica dei rispettivi Paesi, l’obiettivo internazionale è di illuminare di speranza la Casa Comune, partendo dalla perseverante e instancabile azione del popolo che si impegna per costruire la fraternità. Partner principale della Settimana Mondo Unito 2023 è il Movimento Laudato sì. La Settimana Mondo Unito è co-finanziata dall’Unione Europea attraverso il progetto AFR.E.SH”.

Gli eventi internazionali della Settimana Mondo Unito

 La sera del 30 aprile, alle 21.00, ora italiana, si attenderà l’inizio della Settimana Mondo Unito con il concerto “The reason we care” (la ragione per cui ce ne prendiamo cura), della band internazionale Gen Rosso, trasmesso dal loro canale YouTube ufficiale (https://youtube.com/@GenRossoOfficial). Il concerto è frutto degli ultimi anni di lavoro della band che, attraverso la musica, ha portato avanti attività di accoglienza e formazione con giovani profughi e migranti in Bosnia-Herzegovina e Libano. Il 1 maggio alle 12.00, un grande spettacolo, intitolato “Common Ground, me you and us“, trasmesso in diretta mondiale dal palco dell’Auditorium della cittadella di Loppiano (Italia), inaugurerà la 28sima edizione della Settimana Mondo Unito. La proposta? Riscoprire il valore della cura, del prendersi cura di sé e dell’altro, delle relazioni che ci legano e del rapporto con la Madre Terra. Nel programma, le testimonianze di giovani changemaker, italiani e di vari Paesi del mondo, impegnati in rete e, spesso, coraggiosamente controcorrente, nella cura delle persone e dell’ambiente, per il bene comune dei loro popoli. Come Mimmy del Burundi che, nell’ambito della lotta contro l’inquinamento della plastica, è stata eletta ambasciatrice “plastica zero”, perché, con la sua associazione, trasforma la plastica in lastre ecologiche e pianta alberi nel Parco Nazionale di Rusizi. O Ivan, che a Damaguete, nelle Filippine, con la sua comunità, si prende cura del suo popolo attraverso l’impegno in favore dell’ambiente marino e piantando mangrovie, perché dice: “Essendo uno dei Paesi più poveri dell’Asia, la pesca è un mezzo di sostentamento di molti. La nostra gente ha bisogno del mare per sopravvivere, per la vita quotidiana”.  La diretta sarà visibile sul sito www.unitedworldproject.org. Sabato 6 maggio sarà la volta di Peace Got Talent, evento artistico promosso dalla rete “Living Peace International” che, prendendo spunto dal noto format televisivo, darà spazio a giovani talenti impegnati nel promuovere la pace attraverso la musica, il canto e la danza. Ogni pezzo in gara è frutto ed espressione di progetti informali di educazione alla pace. Tra le scuole e i gruppi partecipanti, anche quelli provenienti da Ucraina, Siria, Russia, Myanmar, Congo: Paesi toccati dalla guerra e dai conflitti armati, che non hanno voluto rinunciare a portare i loro canti e le loro voci di speranza. La diretta sarà trasmessa sul sito www.unitedworldproject.org. Domenica 7 maggio, più di 200.000 adolescenti, giovani e famiglie in molti Paesi e centinaia di città parteciperanno a “Run4Unity”, una staffetta mondiale che unirà in modo trasversale etnie, culture e religioni per costruire la pace e piantare alberi. Sostenuta e promossa dalla Piattaforma di Iniziative Laudato Si’ del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale della Santa Sede, Run4Unity 2023 è guidata dai ragazzi del Movimento dei Focolari. I partecipanti di tutte le età si prenderanno cura del proprio corpo attraverso l’esercizio fisico e si prenderanno cura della Terra scambiando i chilometri percorsi o i minuti di esercizio con alberi da piantare in tutto il mondo (https://www.teens4unity.org/run4unity).  Run4Unity prenderà il via dalle Isole Fiji, cioè dal primo fuso orario che dà inizio ad un nuovo giorno con un Paese ecologicamente simbolico, perché già fortemente colpito dal cambiamento climatico. Da lì, i giovani si passeranno il “testimone” virtuale da un fuso orario all’altro attraverso una serie di videoconferenze nelle 24 ore successive, per concludere con le comunità della California.  I partecipanti correranno, faranno jogging, cammineranno o parteciperanno a eventi sportivi locali, alcuni dei quali si svolgeranno in luoghi simbolo della pace, ai confini tra Paesi o comunità in conflitto o in posti ecologicamente significativi, per testimoniare l’unità e la pace. Tra i partecipanti ci saranno alcune delle 1000 scuole della Laudato Si’ in tutto il mondo, impegnate nell’educazione ecologica attraverso la Piattaforma di Iniziative Laudato Si’, come pure gruppi e scuole che fanno parte del Progetto Living Peace International. Tutti gli eventi locali della Settimana Mondo Unito 2023 sono consultabili alla pagina: https://www.unitedworldproject.org/uww2023/.

Tamara Pastorell (Foto: Pixabay)

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Vangelo Vissuto: la vera amicizia

Un legame profondo in cui non c’è in gioco solo il nostro destino ma anche il destino dell’altro, la sua storia. È questa l’amicizia vera: un bene gratuito, a fondo perduto; una relazione autentica dove ciascuno, nel sostenere l’altro, alla fine ritrova sempre sé stesso. L’amico in difficoltà Stavo andando al lavoro in auto quando per la strada ho adocchiato un ex collega di università. Gli ho dato un passaggio e lui durante il tragitto mi ha raccontato i suoi problemi: a causa del Covid, aveva perso il suo lavoro di cameriere; inoltre, l’alloggio dove abitava era privo di acqua calda e di elettricità, perché non aveva pagato le bollette. Spontaneo il mio invito a farsi la doccia e lavare i vestiti da me, quando ne aveva bisogno. Lui ha accettato ben volentieri. Un giorno è venuto come al solito, non stava bene, ma non ha avuto il coraggio di dirmelo. Dopo due giorni, ho scoperto di avere il Covid. Quando l’amico l’ha saputo, ha capito che era stato lui a contagiarmi, per cui non se la sentiva di tornare a lavarsi da me. Io però l’ho rassicurato che non avevo niente contro di lui, e abbiamo ricominciato a frequentarci. Se ho trovato la forza di andare incontro a questo mio fratello, è stato perché come cristiano mi sento chiamato a fermarmi per cogliere le esigenze e i bisogni del prossimo, per aiutarlo e amarlo come Gesù ci dice nel Vangelo. (Steve – Burundi) Matrimonio in crisi Dal Brasile, patria del suo “grande amore”, Brigitte mi aveva scritto che suo marito, diventato alcolista, aveva abbandonato lei e i tre figli. Col consenso di mio marito decisi di andarla a trovare. Anche se il viaggio era una spesa pesante per la nostra economia, il desiderio di essere vicina a questa amica di lunga data prevalse. Ritrovai Brigitte distrutta, delusa, disorientata; si chiedeva perché quella sorte: lontana dalla patria e dai parenti, sola, fallita in tutti i sensi. Parlammo della possibilità di un ritorno in Francia. Lei però non vedeva positivo per i figli il totale allontanamento dal padre. Potevo capirla. Per la sua economia, mentre ero lì, contattai la casa editrice dove lavoro, che le affidò delle traduzioni in francese. Ma il vero dono per Brigitte, ed anche per me, fu che, ricordando la nostra gioventù, ripensando alle domande sulla fede e al desiderio di costruire un mondo più umano, sembrò che quel sogno si rianimasse. Finalmente lei stessa individuò il modo più concreto di impegnarsi per gli altri, una via verso la ricostruzione. Ripartii rinfrancata. (J.P. – Francia)

A cura di Maria Grazia Berretta

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno IX – n.1- marzo-aprile 2023) (altro…)

Burundi: Jean Paul – la certezza dell’amore di Dio

Jean Paul è un giovane burundese che nel 2015, in un momento di ripetuti conflitti interni nel Paese, subisce un agguato che mette in serio pericolo la sua vita. Un’esperienza in cui il dolore viene trasformato dalla fede e sorretto dall’amore di tanti nel mondo, diventando così terreno fertile dove testimoniare concretamente l’amore di Dio. https://www.youtube.com/watch?v=I1X3Mgzmvcc&list=PL9YsVtizqrYvw5ZXc6BHbs8vczVhp5xz6 Copyright 2023 © CSC Audiovisivi (altro…)

DIALOP: dialogo tra cristiani e sinistra europea in cerca di un vero cambiamento

DIALOP: dialogo tra cristiani e sinistra europea in cerca di un vero cambiamento

Da quasi dieci anni si è avviato un progetto di dialogo tra socialisti/marxisti e cristiani europei che porta il nome di DIALOP. Abbiamo incontrato alcuni dei protagonisti di questo dialogo pochi giorni fa, in  visita al Centro Internazionale dei Focolari a Rocca di Papa (Italia) “Penso che con l’elezione di papa Francesco la situazione sia cambiata completamente, sostanzialmente. Non solo per la Chiesa cattolica, ma anche per tutte le forze filosofiche e culturali che si sentono in opposizione al neoliberismo. Perché quello che insegna il Papa è – direi – un modo di unire, che è contrario al consumismo individuale. Questo porta il Papa e le parti della Chiesa che lo seguono in una posizione vicina alla posizione della sinistra, che cerca di enfatizzare i valori collettivi comuni”. Così si esprime Walter Baier uno degli esponenti di DIALOP, un progetto di dialogo tra socialisti/marxisti e cristiani, che coinvolge intellettuali, accademici, politici, attivisti e studenti di diversi Paesi europei. “Crediamo che il dialogo sia il modo migliore per realizzare un vero cambiamento e lavoriamo per trasformare il mondo in un posto migliore in cui vivere”, dicono. L’esperianza di DIALOP ha avuto inizio durante l’udienza privata che papa Francesco ha concesso a due politici di sinistra: Alexis Tsipras della Grecia e Walter Baier dell’Austria, insieme a Franz Kronreif del Movimento dei Focolari, il 18 settembre 2014. In quell’occasione la conversazione si è incentrata sulla crisi ambientale e sulla crisi sociale mondiale. Al termine dell’udienza papa Francesco li ha invitati ad avviare un dialogo trasversale, capace di coinvolgere gli strati più ampi della società e soprattutto i giovani. “Rappresento il partito della Sinistra Europea da tre mesi – si presenta Baier -. Sono un principiante. Il Partito della Sinistra Europea è ora composto da 35 partiti provenienti da 27 Paesi europei. I Paesi appartengono all’Unione europea e direi che la nostra comprensione dell’Europa deve essere veramente molto più ampia che guardare solo alla parte privilegiata dell’Europa, se lo vogliamo. Prendiamo sul serio il paneuropeismo, che dobbiamo comprendere, cioè l’Europa non solo è diversa, ma è anche lacerata da profonde divisioni sociali ed economiche. E una delle richieste fondamentali della sinistra dovrebbe essere quella di realizzarlo. Raggiungere un tenore di vita dignitoso in tutte le parti d’Europa per la nostra famiglia. Qualcosa che abbiamo imparato anche attraverso l’essere insieme ai nostri amici cristiani in dialogo è il consenso differenziato e il dissenso qualificato che sono davvero un metodo molto, molto utile”. Cornelia Hildebrandt appartiene a Trasform! Europe di fronte alle guerre in corso non dubita: “L’affermazione di papa Francesco che ogni guerra è un fallimento della politica è condivisa da noi di sinistra. In questi tempi ricchi di conflitti, pensiamo, che il dialogo non sia solo una necessità urgente, ma un imperativo categorico. Ci vuole tutta la nostra forza per imporre una pace sostenibile contro la distruzione dell’ambiente, le condizioni di vita delle persone contro l’imbarbarimento”. Dialogare significa accogliere l’altro nella propria casa. É diventare ospite dell’invitato. Non è solo uno strumento, ma un incontro costante, un percorso di esperienza intellettuale e spirituale condivisa, in cui la peculiarità dei rispettivi partner non scompare, ma si dispiega e si sviluppa più chiaramente. Con questi incontri, gli opposti diventano complementari. Ed è proprio Hilodebrandt che spiega il concetto del consenso differenziato e del dissenso qualificato: “Adottiamo e adattiamo un metodo che viene utilizzato nell’ecumenismo tra le Chiese cristiane. Le affermazioni di base formulate in modo incoerente della società umana e del mondo devono formare una solida base. Affinché i partner possano parlare e agire insieme, le dichiarazioni di base comuni devono fare esplicito riferimento a testi originali per essere compatibili con le rispettive tradizioni della Chiesa cattolica e della sinistra di Transform! Europe e oltre. E poi si tratta di formulare domande con precisione. E da qui può partire la ricerca di dichiarazioni chiare comuni, che rispecchino la propria tradizione e si arricchiscano”. Angelina Giannopoulou, è una giovane greca di Tranform! Europe, che con decisa veemenza racconta la propria esperienza di camino in Dialop e sottolinea l’importanza della presenza giovanile, per il presente ed il futuro di questa realtà. Fa inoltre presente anche il “Progetto DialogUE”, in collaborazione con la Comunità Europea e un consorzio di 14 Organizzazioni della società civile, che avrà uno spazio importante alla Giornata Mondiale della Gioventù a Lisbona (Portogallo) con una giornata dedicata alla comunicazione che vedrà la partecipazione di politici, esperti e giovani. Seguiranno in altri momenti altri simposi su ecologia e politiche sociali. “Non possiamo adattarci alla situazione in cui ci troviamo oggi in Europa e nel mondo, penso che questa sia la vocazione più forte di Dialop” conclude Walter Baier.

Carlos Mana

Per maggiore informazione e accedere al “DIALOP Position Paper” si può visitare il sito di Dialop (https://dialop.eu/). (altro…)

La regola della vera fratellanza

In occasione della Giornata dedicata alle buone azioni, condividiamo il messaggio di Pace e di speranza racchiuso nella “Regola d’oro”, lanciato da Chiara Lubich ai tantissimi ragazzi riuniti al Colosseo in occasione del Supercongresso dei Ragazzi per l’unità, il 26 maggio 2002. https://youtu.be/rYJMco7Tkis (altro…)

Vangelo Vissuto: “Rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra” (Col 3, 2)

Per un cristiano la Risurrezione è un fatto concreto, qualcosa che accade, un incontro che cambia ogni umana prospettiva; è l’evento che ci ricorda che la nostra cittadinanza è in cielo ed è lì che la nostra vita deve puntare, in alto, testimoniando li dove ci troviamo quei valori che Gesù per primo portò sulla terra. L’altro come qualcuno da amare Studio medicina e frequento il quarto anno. Nell’ambiente dell’ospedale il malato quasi sempre viene utilizzato come oggetto di studio. Ognuno è un “caso”, rappresenta una malattia. Di solito durante le lezioni pratiche ogni paziente viene esaminato da trenta studenti. Quanto a me, ho fatto presto a rendermi conto che per il paziente una simile norma può risultare scomoda e molte volte dolorosa, per cui quando toccava a me prendere parte alla lezione replicavo: “No, non vado, il malato ha già sofferto molto. Non mi piacerebbe essere trattata così. Quando arriverà il prossimo paziente, sarò la prima ad esaminarlo”. I miei compagni controbattevano che facendo così non avrei mai imparato e non sarei mai diventata un buon medico, ma dopo, senza che io lo sapessi, hanno proposto loro stessi al professore titolare che ogni paziente venisse esaminato soltanto da cinque studenti al massimo. Tutta la classe ha voluto firmare la richiesta e il professore è stato d’accordo. La conclusione è che con questo metodo s’impara meglio e i malati si sentono rispettati. (Regina – Brasile) Aprire una finestra A volte una caduta con frattura alla spalla ti cambia improvvisamente la vita: vacanze, occuparmi dei nipoti, fare le spese… Tutto ora ricade su mia moglie che da quando è in pensione ha anche smesso di usare l’auto. Un giorno la nipotina, con la quale tante volte abbiamo fatto un gioco che consiste nel cercare il positivo nel negativo, mi chiede dov’è il positivo in questa immobilità non voluta. Rispondo che la mia nuova condizione mi sta facendo scoprire che prima facevo tante cose trascinato come un pezzo di legno in un fiume. Esiste sempre un’altra possibilità oltre a quella programmata, come una finestra nuova che si apre nella tua camera e ti mostra un paesaggio che prima non vedevi. La nipotina tace pensierosa. Poi, come svegliata da una scoperta, riprende: “Nonno, ho una compagna di classe con un brutto carattere. Oltre a dire parolacce è sempre arrabbiata con tutti. Tutti evitiamo di parlare con lei e si è creato una specie di muro che la isola. Forse anche io devo aprire una finestra verso di lei”. Non potevo sentire parole più belle. (H.N. – Slovacchia)

A cura di Maria Grazia Berretta

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno IX – n.1- marzo-aprile 2023) (altro…)

Movimento dei Focolari e abusi, un deciso impegno per la tutela della persona 

Proponiamo l’intervista realizzata da Adriana Masotti di Vatican News a Joachim Schwind, focolarino e membro del Consiglio generale al Centro Internazionale dei Focolari.   È stato pubblicato nei giorni scorsi sul sito internazionale del Movimento il primo resoconto sui casi di abuso su minori e adulti vulnerabili e su quelli di tipo spirituale e di autorità avvenuti al suo interno. Oltre ai dati sulle segnalazioni, presenta le misure di riparazione, le nuove procedure d’indagine e le attività di formazione alla tutela integrale della persona. Nell’intervista, Joachim Schwind, focolarino sacerdote e membro del Consiglio generale, spiega il cammino intrapreso “Vi scriviamo per dare un resoconto pubblico sui dati relativi alle segnalazioni e sulle misure che abbiamo intrapreso come Movimento dei Focolari, a causa della piaga degli abusi sessuali su minori e persone vulnerabili e abusi di coscienza, spirituali, di autorità su adulti, che ha colpito anche noi”. Così, in una lettera aperta pubblicata sul sito del Movimento, la presidente Margaret Karram e il copresidente Jésus Morán presentano il primo report sulla gestione dei casi di abuso accaduti all’interno del Movimento. Il documento, che avrà cadenza annuale, arriva ad un anno dall’incarico affidato nel 2020 a GCPS Consulting di indagare sui gravi casi di abuso sessuale ad opera di un ex focolarino francese, J.M.M., caso che ha dato il via ad una presa di coscienza del problema e quindi alla decisione di dare inizio ad un percorso, su più fronti, per garantire la prevenzione e la salvaguardia integrale della persona in tutti gli ambiti e ambienti in cui si svolgono le attività dei Focolari e per contrastare questo crimine. Le vittime al centro: la richiesta di perdono Nella lettera, presidente e copresidente chiedono innanzitutto perdono a ciascuna vittima a nome di tutto il Movimento. Esprimono alle vittime e ai sopravvissuti una profonda gratitudine, come anche alle famiglie e alle comunità coinvolte, non solo in Francia, ma in tutti i Paesi dove sono emersi casi di abuso, perché grazie alla loro collaborazione e soprattutto al coraggio nell’affrontare e portare alla luce questi crimini, il Movimento oggi sta portando avanti con maggiore consapevolezza nuovi impegni e procedure riguardo la tutela delle persone. Le persone che hanno subito abusi occupano in questo processo un posto centrale e prioritario. L’ascolto, la richiesta di perdono, l’offerta di aiuto e il percorso riparativo sono il punto di partenza. La nuova Commissione Indipendente Centrale Il resoconto si compone di diverse parti e presenta i dati relativi agli abusi pervenuti alla Commissione per il Benessere e la Tutela della Persona (CO.BE.TU.) dal 2014 anno, della sua costituzione e dunque della raccolta sistematica delle segnalazioni, fino a dicembre 2022. Un’altra sezione è dedicata alle misure messe in atto o in fase d’implementazione, in risposta alle raccomandazioni dell’indagine indipendente di GCPS Consulting. Nel testo si annuncia che, a partire dal 1° maggio 2023, per la gestione delle segnalazioni entrerà in carica la Commissione Indipendente Centrale e terminerà il compito della CO.BE.TU. Il resoconto presenta inoltre il “Protocollo per la gestione dei casi di abuso nel Movimento dei Focolari” e le “Linee di sostegno e riparazione finanziaria in caso di abusi sessuali su minori/adulti vulnerabili”. E’ previsto infine un Organo di Vigilanza nominato dalla presidente e formato da almeno cinque membri esterni al Movimento. Alcuni dati presentati nel resoconto Secondo i dati riportati nel testo pubblicato il totale delle segnalazioni di abusi ammonta a 61. Quanto alle vittime: 17 denunce si riferiscono a adulti vulnerabili, 28 a giovani tra i 14 e i 18 anni, 13 a meno di 14 anni, 2 segnalazioni riguardano il possesso di materiale pedopornografico. 66 il totale degli autori di abusi di cui 63 uomini e 3 donne. 20 dei responsabili di abusi accertati sono stati dimessi, 9 sottoposti a sanzioni, altri casi sono ancora pendenti. Infine, 39 casi sono avvenuti in Europa, 15 nelle Americhe, 3 tra Asia/Oceania e 4 in Africa. Per il capitolo sugli abusi sessuali, di coscienza, spirituali e di autorità nei confronti di adulti, le segnalazioni sono state 22, 31 gli autori più alcuni non ancora identificati, 12 sono uomini e 19 donne. La distribuzione delle segnalazioni per area geografica vedono: 16 casi in Europa, 3 nelle Americhe, 2 in Africa e 1 tra Asia e Oceania. Una rete per l’accoglienza e l’ascolto delle vittime All’interno del Movimento dei Focolari verranno rafforzate o istituite le Commissioni locali per il benessere e la tutela dei minori e delle persone vulnerabili con la presenza di professionisti negli ambiti del sostegno psicologico, legale, pedagogico e formativo, con il compito di accogliere denunce, testimonianze e di avviare i procedimenti d’indagine. Le commissioni locali potranno offrire anche un punto d’ascolto per chiunque desideri condividere la propria esperienza di abuso, violenza, disagio di vario tipo, avvalendosi anche – se richiesto – di una consulenza per un percorso successivo. In alcuni Paesi, come in Francia, in Germania e in altre nazioni, questi punti di ascolto sono già attivi. Inoltre, verrà istituita una Commissione disciplinare centrale, composta in maggioranza da professionisti esterni, al fine di valutare la responsabilità dei dirigenti del Movimento dei Focolari nella gestione degli abusi di vario tipo. Schwind: una vergogna che richiede un grande cambiamento Joachim Schwind è un sacerdote del Movimento dei Focolari, teologo e giornalista di origini tedesche. E’ membro del Consiglio generale del Movimento e co-responsabile della Commissione incaricata per la realizzazione delle raccomandazioni del rapporto redatto da GCPS Consulting. Ai nostri microfoni ripercorre quanto è stato fatto sulla questione degli abusi, a partire da quell’indagine, e descrive come i responsabili e le comunità del Movimento hanno vissuto ciò che è emerso: Qual è stato il punto iniziale di questo nuovo percorso a tutela della persona? Da che cosa si è partiti? Non so se parlare di un punto iniziale, ma piuttosto di un punto decisivo. E quello è stato senz’altro, un anno fa, la pubblicazione del rapporto della società inglese GCPS che ha indagato su questo caso di abuso in Francia. Non era il punto iniziale perché già dal 2011 erano in atto delle misure, ma assolutamente insufficienti, insoddisfacenti. Invece questo rapporto ha provocato un grande shock e una grande vergogna in tutto il Movimento, per l’estensione, per la durata di questo caso, per il numero delle vittime, ma anche per il fallimento nella nostra gestione di questa situazione, nel coordinamento delle nostre strutture organizzative e governative. Ed era importante la scelta di pubblicare questo rapporto “senza se e senza ma”, anche se qualcuno avrebbe desiderato discutere alcune parti, però per noi significava accettare l’umiliazione che conteneva questo rapporto, accettare il fatto che non siamo meglio di altri. Però va detto che alla base di questo non stava la nostra scelta, ma il coraggio delle vittime che avevano fatto la denuncia e che avevano segnalato quanto era accaduto. Deve essere stato molto doloroso venire a conoscenza di casi di abusi sessuali perpetrati all’interno del Movimento. Quali sono state le prime reazioni? Quali in particolare le reazioni dei responsabili del Movimento a livello centrale? Certo, come ho detto è stato profondamente doloroso, scioccante e vergognoso. Le prime reazioni sono state quelle di riconoscere i fatti, di chiedere perdono. Questo l’avevano già fatto l’allora presidente, Maria Voce, nel 2019 e l’ha fatto di nuovo l’attuale presidente, Margaret Karam e il nostro co-presidente Jésus Morán. Dire poi quali sono state le reazioni di un Movimento mondiale non è facile, perché siamo diffusi in tutto il mondo, in tutti i contesti culturali e perciò abbiamo vissuto tutto il ventaglio di reazioni che possono esserci: shock, incredulità, vergogna, però anche ricerca di giustificazioni. C’era chi cercava di spiegare la situazione come un caso singolare, dicendo che gli autori erano malati, che queste cose non ci toccano, o che non riguardavano il proprio Paese ecc… C’era la rabbia, la rabbia dei genitori che avevano affidato al Movimento i loro figli, le loro figlie. Ci sono state alcune persone che sono uscite dal Movimento, altre che volevano andare a fondo di queste situazioni, c’era chi sentiva di dover fare qualche cosa e poi di “voltare pagina”. E in questo contesto è stato molto indicativo quanto ci ha detto il nostro co-presidente in un incontro, che “questa pagina va letta fino in fondo prima di girarla”. Davanti a questa realtà, quali sono state le decisioni prese, prima di tutto riguardo alle denunce che erano arrivate? La prima cosa che abbiamo fatto al livello di responsabili è stato un pellegrinaggio insieme, con una liturgia di richiesta di perdono, di riconciliazione davanti a Dio. Abbiamo creato una Commissione, della quale sono membro, che aveva il compito di specificare le misure da intraprendere. Abbiamo cercato in tanti, a partire dalla presidente e dal co-presidente, il contatto con le vittime, e anch’io personalmente devo dire che i contatti con le vittime e i sopravvissuti sono state le cose più preziose di tutto questo percorso. La decisione forse più importante è stata poi quella della riforma della Commissione indipendente che ha avuto il compito di indagare sui casi di abuso. E in quella riforma la parte più evidente e più importante è che d’ora in poi ogni abuso sessuale verrà segnalato alle autorità giudiziarie. Nei Paesi dove c’è l’obbligo di denuncia la segnalazione viene fatta immediatamente appena arriva da noi e, dove la legge non lo prevede, si fa una specie di indagine e di accertamento sulla verosimiglianza, fatta questa, viene passata anche lì la segnalazione alle autorità giudiziarie. Poi, con la riforma di questa Commissione, abbiamo cercato di accelerare le procedure, sempre pensando alle vittime che non devono aspettare troppo tempo una volta che hanno preso il coraggio di segnalare. Abbiamo cercato anche di liberare questa Commissione da altri compiti, in particolare quello della formazione, per garantire un percorso più veloce di tutte le procedure, mentre la formazione passa ad una Commissione apposita. Poi abbiamo creato in diverse nazioni punti di ascolto per rendere più facile procedere alle segnalazioni, perché spesso non è così facile prendere il coraggio per farlo. L’altro fronte di impegno è stato quello della prevenzione degli abusi e della formazione alla tutela integrale della persona di tutti gli appartenenti al Movimento. C’è stata in questo una mobilitazione importante…. Certo, quello della prevenzione è il punto forse più importante e in questo contesto ci ha aiutato anche qualche esperto esterno, perché dopo la pubblicazione del report GCPS, eravamo tentati di cercare di realizzare tutto, però c’era anche il rischio di perderci un po’ nel mare delle misure che intendevamo intraprendere. E ci è stato consigliato di concentrarci prima di tutto sul fatto di creare degli ambienti sicuri nel Movimento, cioè che gli spazi del Movimento, gli incontri, i posti, i luoghi siano spazi sicuri. Certo, la sicurezza al 100% non esiste mai, però si deve aumentare a tutti i costi l’attenzione e la sensibilizzazione di tutti e questo richiede formazione, formazione, formazione. La nostra scelta è stata non solo quella di continuare la formazione per gli stessi formatori, gli educatori e gli animatori, che era già in atto, ma di creare percorsi di formazione per tutti i membri del Movimento e abbiamo lanciato la sfida molto ambiziosa che entro due anni ogni membro del Movimento dei Focolari deve aver fatto almeno un corso base per la prevenzione e la protezione dei minori contro gli abusi sessuali. Non solo abusi di tipo sessuale su persone vulnerabili, ma anche spirituali e di autorità. Anche di questo si parla nel resoconto pubblicato. E qui entriamo in un ambito forse più sottile, più difficile da decifrare. Che cosa può dirci a questo proposito? Come si configurano e ci sono state denunce in merito a questo? È molto importante parlare di abusi spirituali, di autorità, di potere, di coscienza. Importante perché gli abusi sessuali quasi sempre sono abusi di potere. Allora il problema che sta alla base non è la questione della sessualità, ma proprio l’abuso della coscienza, l’abuso spirituale, l’abuso di dipendenze legate al potere. Ed è vero, come dice lei, che è molto difficile decifrare che cosa è abuso spirituale. Già il termine non è ancora chiaro e ben definito e penso che questo si rispecchia anche nei numeri relativamente bassi di casi di questo tipo che abbiamo pubblicato nel nostro resoconto. C’è un percorso da fare che è iniziato e in questo ci aiuteranno i punti di ascolto dei quali ho già parlato. Poi ci sono anche persone che hanno sofferto un abuso di potere e che non vogliono fare una segnalazione presso una commissione, ma che chiedono proprio di parlare con chi ha fatto loro del male. Chiedono mediazione, colloquio, magari anche un percorso di riconciliazione. E poi ci sono altri che non hanno ancora trovato il coraggio di denunciare. In tutto questo penso sia molto importante un cambiamento di cultura e per noi c’è stato un momento molto significativo quando, nel settembre scorso, i responsabili del Movimento di tutte le zone del mondo si sono incontrati nel nostro Centro internazionalee insieme con il Consiglio generale, e per diversi giorni abbiamo parlato delle nostre esperienze, abbiamo preso noi il coraggio dell’ascolto, il coraggio della parola e abbiamo cercato di creare una nuova cultura di apertura, di ascolto, di racconto. Poi anche lì ci vuole formazione, distinzione del foro interno e foro esterno, come consiglia il Papa alla Chiesa, formazione alla coscienza, formazione alla prevalenza assoluta della dignità umana. Sappiamo che il potere porta sempre un rischio, allora il nostro è un percorso che è iniziato e lo stiamo ancora raffinando. Vanno riviste le procedure di scelta dei responsabili e ora c’è molto più coinvolgimento della base nella scelta dei candidati e poi va realizzata anche l’alternanza nei ruoli di governo. Che cosa significa per il Movimento dei Focolari rendere pubblico ciò che riguarda la questione abusi? Avrebbe potuto anche scegliere di non farlo… Quale il messaggio che si vuol lanciare? Io non direi che vogliamo lanciare un messaggio con questo resoconto, perché questo potrebbe sembrare che vogliamo curare la nostra immagine. Penso che prima di tutto dobbiamo chiedere perdono ad ogni persona che ha sofferto per l’inadeguatezza delle nostre forme di governo, di controllo, di responsabilità. E poi dobbiamo ringraziare coloro che hanno trovato il coraggio di denunciare e di farci sentire anche la loro rabbia. A loro soprattutto, con la pubblicazione di questo resoconto, vogliamo dire che non l’hanno fatto invano e che il cammino della nostra conversione e riparazione è solo iniziato ma durerà. E penso che uno dei segnali più forti di questo resoconto stia nel semplice fatto che è l’inizio di una serie perchè ci siamo impegnati a pubblicare d’ora in poi ogni anno una tale relazione. E questo permette alle vittime e all’opinione pubblica di seguire e di controllare il nostro percorso e anche all’interno del nostro Movimento, e questo fatto ci costringerà a non mollare mai.

Adriana Masotti – Città del Vaticano

Fonte: Vatican News (altro…)

Il frutto della Redenzione

Gesù è risorto. Buona Pasqua! A partire dal racconto del Vangelo, Igino Giordani, ci svela la dimensione fraterna della risurrezione. Gesù, risorgendo dalla morte, apparve alle donne, venute al sepolcro; e disse loro: – Non temete; andate ad annunziare ai miei fratelli… E, così, nel momento conclusivo, diede ai discepoli il nome definitivo: quello di fratelli. Fuori della morte, nella gloria, definì così il rapporto con gli uomini. Come allora si presentò, tuttora si presenta, da fratello: il primogenito. Risorgendo, aveva vinto la morte e recuperato la fraternità. Era venuto in terra per ristabilire la paternità del Padre; era disceso all’inferno per vincere il nemico degli uomini; ora dichiarava la ricostituita fraternità dei figli, nella famiglia di Dio. Siamo tutti nella redenzione e siamo dunque tutti fratelli. Se non ci portiamo da fratelli, siamo fuori della redenzione.

Igino Giordani

Igino Giordani, Il fratello, (I edizione Città Nuova 2011 – III edizione, Figlie della Chiesa 1954). (altro…)

“Vieni, Signore Gesù!”

Nel cuore della Settimana Santa pubblichiamo questo pensiero di Chiara Lubich tratto da una conferenza telefonica del Giovedì Santo del 1989. Oggi è Giovedì Santo, un giorno specialissimo per noi. Esso ci ricor­da diverse realtà divine che stanno al cuore della nostra spiritualità, sic­ché ogni anno, alla sua ricorrenza, avvertiamo tutto il fascino di questo giorno e non è raro che qualcosa di paradiso investa la nostra anima. Come infatti non sentire il nostro cuore dilatarsi se il Giovedì Santo sottolinea in tale modo il Comandamento nuovo di Gesù, l’unità, suo testamento, l’Eucaristia, suo straordinario dono, e il sacerdozio che la rende possibile? Soffermiamoci allora oggi con immensa gratitudine su questi straordinarissimi misteri fondamentali per ogni cristiano e per noi in particolare. E domani sarà Venerdì Santo. Anch’esso ci porta nel cuore del cristianesimo e della nostra spiritualità: Gesù muore, muore abban­donato. Non vi sembra questo il momento di affrontare, in qualche modo, un tema che oggi, in un mondo così com’è, preso dal consumismo e da altri mali, nessuno o ben pochi sono disposti a trattare, e cioè l’ar­gomento della morte? Noi lo dobbiamo fare per coerenza col nostro Ideale che insegna come affrontare ogni momento della vita e, quindi, anche il passaggio all’altra, quella eterna. E lo trattiamo rimanendo nell’ambito della preghiera, nostro ar­gomento preferito in queste ultime settimane. Esiste una preghiera brevissima anch’essa, stupenda. Lo Spirito l’ha posta sulle labbra della Sposa, la Chiesa, ed è di­retta allo Sposo, Gesù. Si conclude con essa l’Apocalisse, l’ultimo dei nostri libri sacri. Dice così: “Vieni, Signore Gesù!”[1]. “Vieni, Signore Gesù!”. Questa preghiera potrebbe essere la nostra pensando, attenden­do, preparandoci alla morte. Sì, perché noi abbiamo o dobbiamo avere un concetto nostro ed esatto della morte: essa non è la fine, ma l’inizio; l’incontro con Gesù. E ancora: essa non è facoltativa: è nel programma di tutti; un giorno arriverà per tutti, è volontà di Dio per tutti. Sì, è volontà di Dio per me, per noi, per ognuno. Bisogna saperla accogliere allora come tale, come volontà di Dio. Ma come accettiamo noi in genere la volontà di Dio? Abbiamo capito che la volontà di Dio, qualunque essa sia, è l’e­spressione dell’amore di Dio per noi. Non è logico né giusto allora accettarla unicamente con rasse­gnazione, ma occorre vedervi ciò che di meglio può capitarci. Per cui, noi ci sforziamo di vivere in modo che la volontà di Dio sia la nostra. E ci impegniamo a viverla non solo con tutto l’amore, ma con en­tusiasmo, perché sappiamo che, per essa, siamo incamminati in un’av­ventura divina, in parte nota, in parte da scoprire, e compiamo così il disegno di Dio su di noi. È da questo modo di affrontare la volontà di Dio, infatti, che si distingue un focolarino, perché è su questo punto che è avvenuta la nostra conversione, che ha cambiato rotta la nostra vita. (…) “Vieni, Signore Gesù!”. (…) Ma questa preghiera va bene anche per altre occasioni. Si può dire: “Vieni, Signore Gesù!” attendendo la santa Comu­nione. La possiamo dire prima di un incontro con qualche persona o gruppo in cui vogliamo assolutamente amare lui. E prima di adem­piere ogni altra sua volontà. “Vieni, Signore Gesù!”. Guardando a te, l’amore, nostra vocazio­ne, sarà senza timore. Nell’attesa della tua venuta, costruiremo bene questa vita e, appe­na si aprirà l’altra, ci tufferemo nell’avventura senza fine. Tu hai vinto la morte. E per questa preghiera avvertiamo che tu, sin d’ora, l’hai vinta anche in noi, nel nostro cuore. “Vieni – allora – Signore Gesù!”, sempre, in tutti noi.

Chiara Lubich

(Chiara Lubich, Conversazioni, Città Nuova, 2019, pag. 357/9) [1] Ap 22, 20. (altro…)